Comune di Forlì

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Comune di Forlì
Comune di Forlì
CITIZENSHIP AND NEW INCLUSION PROJECT
(Transnational Exchange Programme – PHASE II) VP/2003/023
Riunione di coordinamento transnazionale
Sabato 28 febbraio 2004, ore 9:00
(Centro Donna, Via Tina Gori, 58)
Partecipanti alla riunione:
Claudia Castellucci
Comune di Forlì – Centro Donna
Antonietta Faedi
Comune di Forlì – Centro Donna –
Ufficio Politiche di Genere
Luciana Cervellera
Comune di Forlì – Centro Donna –
educatrice
Anna Martini
Comune di Forlì – Centro Donna –
psicologa
Rita Fioresi
Comune di Forlì – Ervet
Cinzia Ioppi
Regione Emilia Romagna –
D.G. Sanità e Politiche Sociali
Giuliana Mazzotti
Provincia Forlì-Cesena
Paola Santini
Provincia Forlì-Cesena
Donatella Zanotti
Provincia di Ravenna
Fabrizia Fiumi
Tiziana Poggiali
Comune di Imola
Ana Cicako
Associazione Almaterra – Torino
Tiziana Dal Prà
Associazione Trama di Terre – Imola
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Patrizia Randini
Associazione Trama di Terre – Imola
Fatima Daoudi
Associazione Donne del Mondo – Forlì
Fulvia Fabbri
Cooperativa Sociale Sesamo – Forlì
Ermelinda Zaimi
Cooperativa Sociale Sesamo - Forlì
Roberto Brusa
Consorzio Servizi Sociali Imola
Maria Kehagia
DOKPY – Municipal Organisation for
Zafiros Pantermalis
Social Intervention and Health (GR)
Edite Kalnina
Coalition for Gender Equality (LV)
Christiane Canale
Interkulturelles Frauenzentrum S.U.S.I.
Jasmina Barchausen
(DE)
Principali temi all’ordine del giorno:
Sessione A) : CONTENUTI E METODOLOGIA DEL PROGETTO
A1. Cittadinanza e partecipazione delle donne migranti: spunti di riflessione sui
forum come laboratorio di democrazia attiva ed intervento sull'esperienza di
democrazia partecipativa nella città di St. Denis.
A2. Strumenti per l’analisi delle esperienze: dai risultati della prima fase
(indicatori di cittadinanza e di buone pratiche) alla individuazione delle aree
tematiche della seconda.
Sessione B) : GESTIONE E REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
Presentazione delle proposte di budget.
B1. Forme di organizzazione, compiti, ruoli dei soggetti coinvolti.
B2. Verifica della fattibilità di tutte le fasi ed attività.
B3. Strumenti e metodi di valutazione.
B4. Definizione di una carta di intenti e conclusione dei lavori.
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I principali punti emersi nel corso dell’incontro e le decisioni assunte a seguito
della discussione sono quelli di seguito riportati.
Sessione A:
Cittadinanza e partecipazione delle donne migranti Focus sui forum come laboratorio di democrazia attiva
1. Dai risultati della prima fase (indicatori di cittadinanza e di buone pratiche)
all’individuazione delle aree tematiche della seconda:
Il concetto di cittadinanza da semplice criterio giuridico-formale ha nell’ultimo
secolo assunto, in Italia come in Europa, uno spazio centrale nel linguaggio
filosofico e sociologico animando il dibattito politico e definendo i criteri
dell’adesione soggettiva ad un ordinamento: identità e partecipazione, diritti e
doveri a “geometria variabile”.
Ma negli ultimi decenni, i movimenti migratori e la conseguente presenza di
cittadini stranieri nei Paesi dell’Unione, hanno indotto a fare un passo indietro di
fronte all’immagine inclusiva ed espansiva della cittadinanza, riconducendo il
dibattito filosofico e sociologico ad occuparsi del tema in termini più semplici e
netti: il concetto viene semplicemente ricondotto alla posizione di un soggetto
di fronte ad un determinato Stato, rispetto al quale si è appunto o cittadini o
stranieri.
Dunque la questione “cittadinanza e immigrazione” ci ha inevitabilmente
portato a riconoscere una dimensione esclusiva, ovvero a rilevare la presenza
della linea che separa un dentro da un fuori (a questo problema fa riferimento
Sayad, sociologo franco-algerino, quando scrive che “pensare l’immigrazione
significa pensare lo Stato ed è lo Stato che pensa se stesso pensando
l’immigrazione”). Ed è proprio partendo da questa visione che negli ultimi anni,
la posizione dei migranti nelle società occidentali contemporanee viene
sempre più legata alla categoria interpretativa di esclusione.
Ma se il rapporto tra Cittadinanza ed esclusione sociale risulta estremamente
preminente, in termini di analisi ed individuazione delle strategie politiche,
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ancor più incisivo vuole essere il cambio di paradigma interpretativo di
cittadinanza e nuova inclusione.
Partivamo, nella prima fase di Citizenship, dal presupposto teorico che per
avere un concetto pieno di cittadinanza sia comunque necessario innanzitutto
avere sviluppato e godere pienamente dei diritti sociali, ed individuando una
sfera di diritti sociali come abilitanti quelli civili e politici: istruzione/formazione,
sicurezza del reddito, accesso e garanzia ai servizi socio-sanitari, una abitazione
decente ecc.
Inoltre che per poter agire, ovvero attivarsi e godere pienamente dei diritti sia
necessaria la presenza della consapevolezza (interiorizzazione normativa), la
capacità di accesso ai diritti e dunque che vi siano le condizioni necessarie
perché queste si sviluppino ed in terzo luogo la presenza di politiche abilitanti e
azioni positive volte a porre ciascuno su un piano di uguaglianza di
opportunità.
Considerando il termine cittadinanza scisso da una valenza esclusivamente di
tipo giuridico-normativo abbiamo dunque concentrato la nostra attenzione
sulle pratiche di inclusione, partecipazione ed integrazione (del ruolo giocato,
nell’accesso e nell’utilizzo delle risorse di welfare, dal capitale sociale dei
soggetti e dalle reti di supporto/riferimento in cui essi si trovano inseriti e su cui
possono contare; il ruolo di associazioni non profit nella produzione/gestione di
risorse utili a contrastare i processi di esclusione sociale, accanto all’importanza
di individuare i modelli di interazione tipici tra gli attori coinvolti in tali processi
(governo locale, servizi pubblici, associazioni del privato/sociale) per dimostrare
l’importanza delle forme di associazione e partecipazione delle donne migranti
e native, in quanto luoghi di sviluppo delle capacità di accesso ai diritti e quali
luoghi di elaborazione ed emancipazione politico-culturale. Così come dalle
pratiche delle istituzioni si potevano individuare le politiche “positive” ovvero
quelle volte allo sviluppo delle capacità di accesso ai diritti sociali.
La nostra valutazione, dunque, mirava a cogliere in quale misura tali azioni
siano state in grado di incidere sui processi di empowerment femminile e di
mettere in atto, di favorire vere e proprie pratiche di cittadinanza a partire da
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esperienze di base. In particolare modo questo passaggio di analisi ci
sembrava utile per affrontare le dinamiche e i processi di inclusione/esclusione
sociale delle donne migranti, le quali, come la maggior parte degli uomini
migranti, non godono del pieno diritto di cittadinanza, e presentano, però,
rispetto a questi ultimi, altri fattori di vulnerabilità sociale legati al genere e al
ruolo nella migrazione.
Le esperienze pilota individuate sono state classificate in cinque aree
corrispondenti ad ambiti di intervento così accorpati: orientamento sociale,
tutela e assistenza, istruzione/formazione, formazione/inserimento lavorativo,
alloggio.
La ricaduta delle esperienze analizzate in termini di sviluppo delle strategie di
empowerment è stata ricondotta all’:
1. aumento delle capacità di conoscenza della lingua italiana;
2. aumento della conoscenza dei servizi e risorse del territorio/ accesso ai
servizi;
3. aumento dell’autostima personale, l’incontro ed il confronto con altre
donne ha favorito forme di auto-aiuto, sviluppo e riconoscimento delle
proprie capacità, valorizzazione dei saperi;
4. aumento della consapevolezza nelle donne migranti delle loro
capacità/possibilità
professionali
attraverso
la valorizzazione
delle
competenze;
5. rafforzamento della volontà/capacità di partecipazione associativa
delle donne, che ne ha consentito la crescita a livello personale
oltrechè economico/sociale;
6. rafforzamento delle organizzazioni delle donne migranti.
Se nella prima fase l’obiettivo era quello di individuare, abbozzare, i “fattori
abilitanti” alla cittadinanza direttamente o indirettamente discendenti dalle
azioni, dalle attività delle donne migranti, nella seconda fase di lavoro,
5
significativa
e
fondamentale
risulterà
l’analisi
comparativa
e
l’approfondimento delle pratiche abilitanti ai diritti.
I forum, in continuità con il percorso intrapreso nella prima fase, dovrebbero
dunque sorgere sulle esperienze positive (o negative??) del territorio,
esperienze fatte da cittadini, associazioni ed enti locali, con l’obiettivo di
favorire la partecipazione dei migranti (e non solo), e delineare il quadro delle
politiche di accoglienza/integrazione in termini di promozione (o negazione)
dei diritti di cittadinanza (sociali, civili e politici).
-
Diritti civili:
rapporti dei migranti con le istituzioni (assenza o presenza di spazi e operatori
adeguati), in particolare con gli organi di polizia ai quali competono i rapporti
più “assidui” e significativi (assenza o presenza di mediatori linguistici e
consulenza legale nelle questure); pratiche di tutela contro le discriminazioni
(mancata o avvenuta istituzione degli osservatori regionali sulle discriminazioni);
-
Diritti sociali:
l’accesso alla casa, forte elemento di inclusione sociale, minato da
problemi oggettivi (prezzo) e discriminazioni specifiche legate all’essere
migrante; la formazione, la scuola (dei minori e degli adulti), l’inserimento
lavorativo e la valorizzazione delle competenze; informazioni/orientamento
sui diritti; l’accesso ai servizi e pari opportunità di successo; promozione dei
luoghi di aggregazione;
-
Diritti politici:
Istituzione o meno dei consigli degli stranieri o consiglieri aggiunti; diritto di
voto non sulla nazionalità ma sulla residenza; sviluppo di forme di
partecipazione attiva; associazionismo misto; realtà auto organizzate di
migranti.
Questo progetto ha come obiettivo lo scambio di buone prassi tra i paesi
partecipanti e quello ultimo di sviluppare raccomandazioni politiche concrete
sui temi dell’inclusione sociale dei migranti, ma dovrebbe soprattutto divenire
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un laboratorio (di idee e pratiche) di democrazia, dando voce ai protagonisti,
avviando processi di partecipazione attiva dei cittadini a livello transnazionale.
2. Cosa abbiamo appreso dalla Fase 1?
Gli immigrati sono stati incorporati in aspetti della cittadinanza sociale
all'interno del paese di insediamento in modi diversi ma l'attuale legislazione ha
prodotto una gerarchia dei diritti degli immigrati all'assistenza in base al loro
status di immigrazione e cittadinanza.
Il dibattito concettuale sulla cittadinanza tende a riguardare i principi di
partecipazione ma presta poca attenzione alle risorse necessarie per
partecipare attivamente alla vita pubblica. Ciò che spesso non viene rilevato è
il ruolo dello stato nel modellare lo status lavorativo attraverso le politiche
migratorie. Per diversi motivi, le famiglie di lavoratori immigrati possono trovarsi
in uno status irregolare per fattori indipendenti dal loro controllo ed essere
obbligati a risiedere senza accesso all'assistenza ciò che spinge molti di loro
verso la povertà ed il lavoro irregolare.
Si sa poco di come gli immigrati siano stati in grado di accedere ai diritti di
base in molti stati europei e delle strategie da loro utilizzate per superare
l'esclusione da tali diritti. Tuttavia esiste un gap tra diritti formali e diritti sostanziali
di cui beneficiano.
È forse nell'arena dei diritti civili che la cittadinanza formale può avere
maggiore importanza, ma poco si sa al riguardo.
I dati raccolti durante la Fase 1 hanno confermato le ipotesi di partenza
relative al livello innovativo delle pratiche delle associazioni femminili e dei
centri culturali creati ed auto-gestiti da gruppi di donne in Europa. Tuttavia, il
ruolo di queste organizzazioni, la loro identità, i meccanismi di negoziazione a
livello istituzionale e la fusione delle pratiche di cittadinanza con l’influenza sulle
politiche locali dovrebbe essere ulteriormente analizzato. Tali centri ed
associazioni, inoltre, diventano punti di riferimento importanti anche per le
donne native che sono a rischio di povertà ed esclusione.
Altro elemento che dovrebbe essere compreso più approfonditamente
riguarda il valore aggiunto dell’insieme di pratiche e strategie tra donne
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immigrate e native che, in questi luoghi, sperimentano modelli di negoziazione
utilizzati a diversi livelli: privato/pubblico, uomini/donne, background di
partenza/di arrivo, modelli familiari, classi, culture, e guadagnano forte visibilità
e riconoscimento sociale e politico.
Dal nostro lavoro preliminare abbiamo appreso che:
- il lavoro domestico è spesso irregolare, espone le donne ad un lavoro duro e
per lunghe ore, a subordinazione, difficoltà nel vivere la loro maternità in
quanto spesso i loro bambini restano nei paesi di origine, ad ostacoli
all'accesso ai servizi socio- sanitari, ad assenza di qualsiasi tutela del mercato
del lavoro e alla conseguente accettazione delle peggiori condizioni di lavoro.
Ad esempio, i lavoratori domestici continuano ad essere esclusi dalle misure
legislative implementate per facilitare la maternità, a soffrire di sfruttamento ed,
in alcuni casi, di abusi sessuali;
- per le lavoratrici che vivono in famiglia c'è una mancata separazione tra
spazio di lavoro e spazio privato;
- il lavoro domestico è spesso non solo un'occupazione temporanea per le
donne immigrate, ma può diventare una nicchia occupazionale permanente
transgenerazionale per alcuni gruppi specifici;
In tutti i paesi coinvolti nel progetto sono state intraprese azioni da parte delle
istituzioni locali per garantire il permesso di regolarizzare le donne immigrate
che lavorano in questo settore, il che costituisce indubbiamente il primo passo
per un conferimento di responsabilità a queste donne che consente loro di
spostarsi dal lavoro all'interno di un ambiente domestico verso l'esterno, di
vivere con le loro famiglie, di accedere ai servizi socio-sanitari, di ottenere il
ricongiungimento familiare. Ma nonostante il chiaro sostegno a favore della
loro integrazione lavorativa, continua a essere trascurata la loro cittadinanza
sociale e politica.
Che fare nella Fase 2?
Tematiche da affrontare:
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- l’impatto di queste pratiche sulle politiche locali;
- il contributo di questa interazione al concetto di cittadinanza sociale;
- l’impatto delle associazioni sulle strategie di empowerment di donne
immigrate;
- l’analisi sugli aspetti dell’autonomia e della negoziazione con le istituzioni;
- il miglioramento di nuovi modelli di partecipazione che favoriscono
l’interazione tra individui/associazioni/istituzioni.
I dati raccolti durante la Fase 1 mostrano l’importanza delle “azioni di
empowerment” per i processi di cittadinanza, ma occorrono più elementi per
l’identificazione di indicatori di cittadinanza corretti legati al concetto pratiche
femminili/politiche locali.
3. Forum partecipativi: perché, come, in che modo…
I forum partecipativi consistono in veri e propri laboratori di sperimentazione di
democrazia partecipata, momenti di incontro (senza gerarchizzazione fra
nazionalità) fra migranti e native, fra donne e uomini, fra generazioni, fra
società civile e istituzioni. La popolazione migrante possiede potenzialmente
un’alta capacità di “provocare” trasformazioni importanti nei paesi di
approdo, nella organizzazione della vita quotidiana di tutta la società, dei
luoghi di lavoro. Risulta fondamentale che il processo di integrazione non
conduca ad un appiattimento delle specificità. Appare inoltre altrettanto
importante creare esempi di forme di governo diffuso e condiviso della “cosa
pubblica”, forme di coesione sociale.
Anche un tema come la “sicurezza urbana”, ad esempio, può essere
affrontato
rovesciando
i
termini
del
discorso,
impedendo
che
la
frammentazione sociale generi ostilità, conflitti, paure, in particolare fra
popolazione autoctona e migranti.
Occorre porre l’accento su un approccio che incoraggi lo sviluppo delle
comunità locali come strumento di promozione, di partecipazione e possibilità
per le persone emarginate, escluse e/o deluse di contare su sé stesse.
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Uno degli obiettivi prioritari risulta quindi essere la ricomposizione di segmenti
sociali “dispersi” (offrendo loro la possibilità di essere attori sociali), una messa in
relazione del movimento sociale, della società civile con chi ha responsabilità
di governo. Occorre operare insieme per una trasformazione della società, con
passaggi successivi, piccole ma significative azioni concrete, risultati tangibili.
Rivedere le modalità della politica: come coinvolgere coloro che non possono
partecipare tramite il voto (immigrate\i) ma anche coloro (autoctoni) che
sono delusi da una democrazia rappresentativa che di fatto rimane distante
dai bisogni delle\dei cittadini?
A quali domande risponde?
“Se tu (voi) potessi contare come organizzeresti quel luogo, quello spazio
urbano, come cambierebbe il servizio, il quartiere la vita a…, che cosa
proporresti, faresti…?”
Come procedere?
Incontro tra teoria ed esperienza.
Individuare una città, un quartiere, un servizio, uno spazio, un modo di vivere
una città “desiderabile”.
Essere cittadine attive, protagoniste della convivenza, costruire proposte
concrete e realizzabili.
Fare anche dei conflitti un’occasione per valorizzare i diversi punti di vista e
un’opportunità di apprendimento reciproco e di convivenza.
Chi partecipa?
Donne migranti e native di differenti generazioni e condizioni sociali, singole e
riunite in gruppi e associazioni. Donne che vogliono portare la loro esperienza,
esprimere il loro punto di vista, fare sentire la propria voce, accomunate dal
bisogno di esprimersi e di affrontare i problemi.
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Associazioni di sole donne, ma anche miste. La presenza di uomini, in
determinati contesti ed occasioni, è fondamentale se si vuole lavorare sulla
differenza di genere, su maschile e femminile.
Gli interlocutori saranno rappresentati dagli enti locali e dai servizi…. la
presenza di funzionari, amministratori, operatori e dirigenti dei servizi permetterà
di sottoporre e individuare soluzione adeguate e condivise rispetto al problema
affrontato nel Forum.
Quali temi?
A partire dai temi che riguardano la vita delle donne, ci si propone di
intraprendere un percorso concreto coinvolgendo donne e uomini su problemi
inerenti la vita quotidiana nella città.
Quali esiti?
Sono possibili due livelli:
“massimo”: la presenza di interlocutori istituzionali permette di discutere e
avviare le soluzioni al problema individuato;
“minimo”: i problemi e le soluzioni individuate e condivise vengono
presentate in un incontro allargato ad un gruppo più vasto di cittadine e
cittadini e sottoposti ad amministratori, responsabili dei servizi, candidati a
cariche istituzionali.
4. Punti-chiave:
Il punto chiave delle attività del primo anno consiste nell’organizzazione di
forum partecipativi territoriali intesi come esempio di pratica di cittadinanza
attraverso la democrazia partecipata, essi rappresenteranno veri e propri
laboratori di sperimentazione. Al fine di raggiungere tale scopo si procederà ad
identificare le esperienze esistenti a livello di: a) gruppi organizzati di migranti
(e/o migranti e nativi) e b) di luoghi di aggregazione di donne migranti; si
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studieranno i loro meccanismi e si individueranno tematiche rilevanti ed attori.
Sulla base dei risultati che emergeranno dai forum verrà organizzato un
incontro conclusivo transnazionale alla fine del primo anno di attività.
Lo strumento del forum partecipativo non va considerato unicamente in termini
di canale volto a dare voce alla cittadinanza immigrata, bensì anche come
mezzo per una “composizione” sociale dei conflitti o almeno come modo per
promunovere lo scambio di esperienze amministrative su tematiche che
creano conflitto. Pertanto i forum saranno preferibilmente incentrati su queste
ultime.
Esiste una necessità reale di una maggiore mappatura delle realtà connesse
all’immigrazione presenti sul territorio e di momenti comuni di confronto sui diritti
civili e politici delle donne immigrate.
Le donne straniere, i referenti dei servizi e le associazioni interetniche coinvolte
saranno interlocutori delle istituzioni al fine di reinventare modalità di
partecipazione e cittadinanza, l’ipotesi e’ quella di identificare una serie di fili
conduttori tematici che permettano di sollecitare la partecipazione dei diversi
gruppi (forte incontro tra teoria ed esperienza). Il tutto con l’obiettivo prioritario
del consolidamento del capitale sociale presente. A questo proposito si
formeranno comitati composti da donne immigrate che avvieranno intorno ad
un tema individuato un processo per l’elaborazione di proposte contrattate
con l’autorità di riferimento.
Come procedere?
opera di sensibilizzazione (incontrare i gruppi e le istutuzioni, veicolare i
contenuti del progetto)
individuazione degli attori
identificazione dei nodi tematici
lavoro sulle parole-chiave emerse
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negoziazione a livello istituzionale delle soluzioni possibili intorno ad un
tema scelto.
5. L’esperienza di democrazia partecipativa nella città di Saint Denis:
Ved. ALLEGATO I
6. Sollecitazioni e suggestioni partner:
D.O.K.P.Y. (Municipal Organisation for Social Intervention and Health – Città di
Nea Ionia Magnesias, Grecia)
Puo’ risultare utile focalizzare l’attenzione:
a) sulla realtà ROM greca al fine di migliorare gli strumenti di intervento
attraverso il lavoro dei mediatori;
b) sul tema della ricerca di lavoro delle donne immigrate e su come DOKPY ha
operato sul territorio al fine di aiutare queste ultime a trovare un impiego
offrendo orientamento ed informazioni utili;
c) sul tema del carico di cura, DOKPY ha in questo senso creato un doposcuola
per bambini della zona (sia greci che immigrati) ed un luogo di incontro e
scambio tra gli immigrati dell’area e la popolazione greca;
d) sul fatto che i gitani greci sono considerati autoctoni, una serie di azioni di
lobbyng ha portato al voto questa comunità e alla concessione del
documento di identità (con conseguente possibilità di accedere ai servizi).
Coalition for Gender Equality (Riga, Lettonia)
Puo’ risultare utile focalizzare l’attenzione:
a) sul fatto che la Lettonia è paese di partenza di molti immigrati che
raggiungono i paesi occidentali; essa è inoltre diventerà paese di nuova
“frontiera” europea con conseguente necessità di far fronte alla pressione
migratoria dei paesi confinanti che ne rimarranno esclusi;
b) sulla realtà multietnica del paese;
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c) sulle problematiche legate alla difficoltà per gli immigrati ad ottenere la
cittadinanza in un paese di recente indipendenza;
d) sulle campagne di sensibilizzazione da intraprendere;
e) sulla presenza nel paese di esperienze di forum partecipativi organizzati da
ong;
f) sulle differenti minoranze etniche presenti all’interno di una realtà ancora
così poco analizzata.
Interkulturelles Frauenzentrum - S.U.S.I. (Berlino, Germania)
Può risultare utile focalizzare l’attenzione:
a) sul tema DDR / rovesciamento delle frontiere (analogia con l’esperienza
che vivrà la Lettonia);
b) sulle modifiche intervenute nel sistema di polizia;
c) sulle modalità di organizzazione dei forum locali;
d) sui temi da trattare nei forum locali (prime ipotesi emerse nel corso del
brain-storming dei membri del centro s.u.s.i. : accesso al mercato del lavoro,
lavoro nero, accesso ai servizio socio-sanitari, formazione professionale dei
giovani).
Provincia di Ravenna
Può risultare utile focalizzare l’attenzione:
a) sull’organizzazione di un forum tematico sul tema dell’accesso al mercato
delle donne immigrate in particolare ponendosi l’obiettivo di formulare
proposte per un miglioramento delle azioni dei Centri per l’Impiego;
b) sul caso della Lettonia come paese da cui partono le donne migranti al fine
di monitorare cosa muta con l’ingresso nella UE.
Cooperativa Sociale Sesamo - Forlì
Puo’ essere utile focalizzare l’attenzione su alcuni esempi concreti di ostacolo
al diritto sociale di cittadinanza degli immigrati/e:
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a) per fare la Carta di Soggiorno non serve la residenza ma solo il domicilio.
Tuttavia, le Questure spesso chiedono sei anni di residenza. Ci sono voluti
anni prima che la Questura di Forlì "si convincesse" che per la carta sono
necessari solo cinque anni di soggiorno regolare. Non solo per la questura
ma anche per gli altri servizi, compresi quelli sociali, la residenza è un passo
obbligatorio anche se per usufruire dei servizi essenziali la legge non lo
prevede. La residenza è facoltativa e non obbligatoria per i cittadini
stranieri ma rimane indispensabile per accedere ad altri servizi.
b) Molti immigrati non riescono a trovare una casa oppure accade che l'affitto
sia più alto rispetto ai prezzi di mercato. I proprietari non affittano senza la
garanzia del datore di lavoro oppure richiedono che sia la ditta che offre
lavoro all’immigrato a stipulare il contratto, la quale può concederla in subaffitto creando cosi’ una dipendenza totale dei lavoratori verso i datori di
lavoro ecc.
c) Il centro storico, quale prospettiva per il futuro? È vero che molti immigrati
hanno preso in affitto le case che si trovano in centro storico anche in
condizioni disastrose. Un aspetto positivo è che molti servizi sono collocati
nel centro storico e possono essere raggiunti facilmente dalle donne
immigrate che non possono usufruire di un proprio mezzo.
Sessione B:
Gestione e realizzazione del progetto
1. Forme di organizzazione, compiti e ruoli – I livelli di coordinamento :
Team di progetto (“Assemblea”): esso coincide con l’insieme dei referenti di
ciascun partner e prevederà la partecipazione di tutti i referenti nazionali e
stranieri di progetto indicati da ciascun Ente/organizzazione/associazione, i
referenti di progetto del Centro Donna e gli esperti coinvolti. Essi
elaboreranno gli indirizzi sulla base dei quali verranno attuate le azioni e
saranno in generale coinvolti nella raccolta dati, nell’elaborazione di
suggerimenti e sollecitazioni. In particolare, inizialmente ogni partner dovrà
impegnarsi ad indicare i temi sui quali intende lavorare (tematiche su cui si
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e’ già lavorato e/o problemi particolarmente sentiti, esperienze in atto,
testimonianze,
spunti
associazioni/gruppi,
di
inoltre,
riflessione).
svolgeranno
I
rappresentanti
un
ruolo
delle
prevalente
nell’organizzazione dei forum locali laddove sono previsti. Saranno inoltre
direttamente coinvolti nell’organizzazione dei seminari tematici. Il team si
riunirà in questa forma 4 volte in dimensione nazionale e 2 a livello
transnazionale nel coso del primo anno.
Gruppo di coordinamento ristretto: costituisce un vero e proprio “team di
implementazione” esecutivo, responsabile dello sviluppo delle attività
durante tutte le fasi progettuali, definendo programmi di lavoro dettagliati. Il
gruppo definirà contenuti e metodologie in preparazione dei forum
partecipativi e seguira’ lo svolgimento di questi ultimi svolgendo un forte
ruolo di supervisione attraverso visite in loco e una intensa interazione con il
comitato tecnico-scientifico di progetto (composto da rappresentanti di tre
Univesità: Bologna, Exeter, Berlino).
Il gruppo di coordinamento ristretto è costituito:
a)da una figura di riferimento per l’intero progetto (Claudia Castellucci);
b)da una figura responsabile delle mansioni di segretariato (Antonietta
Faedi);
c)dai “consulenti di progetto” coinvolti che si incontreranno sui contenuti
tecnici (nominativi da definirsi al termine della gara di aggiudicazione
indetta dal Comune);
d)dai partner coinvolti nell’organizzazione dei forum e dei seminari;
e)da una figura responsabile della parte finanziaria (Rita Fioresi);
f)da una figura responsabile dell’attività di valutazione (Patrizia Radini).
Comitato tecnico-scientifico: esso procederà a compiere
a) una valutazione in itinere sulle esperienze-pilota di Berlino, Londra e Forlì ai
fini di una modellizzazione;
b) una supervisione scientifica dei materiali che si producono.
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Valutazione: tale funzione verrà svolta internamente al comitato di
progetto. Una proposta di piano di valutazione di progetto viene
presentata ed approvata.
2. L’ATTIVITA’ DI RICERCA-AZIONE
L’attività di ricerca è orientata all’AZIONE (forum, seminari) e al monitoraggio .
--Temi individuati nel corso del meeting
A) DIRITTI CIVILI
1)rapporti con le istituzioni
2)rapporti con la polizia
3)tutela contro le discriminazioni nei confronti delle migranti
B) DIRITTI SOCIALI
1)accesso alla casa
2) inserimento lavorativo
3)informazione/orientamento
4)accesso ai servizi
C) DIRITTI POLITICI
--Proposte per l’organizzazione dei forum
TEMA DEL LAVORO:
1) allargamento UE e nuove norme sull’occupazione e
contrasto con le norme che regolano l’entrata degli
immigrati nel paese di accesso;
2) elaborazione di proposte da inoltrare ai Centri per
l’Impiego
FORUM IN LETTONIA (il primo da organizzare in ordine di tempo):
1) tematiche connesse al prossimo ingresso nella UE;
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2) tematiche connesse alla lotta all’esclusione delle donne
(in parte di quelle migranti);
3) analisi della percezione dei diritti di cittadinanza nella
fase di transizione;
4) monitoraggio di che cosa sta mutando nel paese.
TEMA DELL’ALLOGGIO:
I partner sono invitati ad elaborare proposte tematiche al riguardo.
TEMA DELLA MEDIAZIONE DEI CONFLITTI SOCIALI:
I partner sono invitati ad elaborare proposte tematiche al riguardo.
3. COMPITI RECIPROCI / CARTA DI INTENTI:
Azione
Scadenza
Partner coinvolti
Individuazione da parte di ogni partner
Fine marzo
Tutti i partner
Fine marzo/inizio
Comune di Forlì +
aprile
esperti di progetto
Inizio aprile
Comune di Forlì +
dei TEMI sui quali intende lavorare
(tematiche su cui si e’ già lavorato e/o
problemi particolarmente sentiti,
esperienze in atto, testimonianze,
spunti di riflessione, sollecitazioni),
sintetizzando il contenuto di ciò che si
intende analizzare e su cui si vuole
agire. Sulla base di queste proposte di
contenuti gli esperti elaboreranno una
griglia metodologica;
Elaborazione di una GRIGLIA
METODOLOGICA DI RICOGNIZIONE sul
fenomeno migratorio (raccolta dati);
Definizione delle principali modalità di
esperti di progetto
organizzazione dei forum e dei
seminari
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4. Presentazione delle proposte di budget
Per ciò che concerne la liquidazione delle quote di contributo ai partner di
progetto, quest’ultima avverrà in due tranche, sia il primo che il secondo anno
di attività. Il primo 30% della quota relativa ai primi 12 mesi è stato trasferito ad
ogni partner dopo avere ricevuto specifica richiesta di pagamento scritta.
Ogni partner ha ricevuto via posta elettronica una scheda riassuntiva
concernente la propria quota per il primo anno.
Consegna a tutti i partner del documento
relativo alle regole gestionali
comuni.
La liquidazione della seconda tranche di contributo relativa al primo anno di
attività avverrà alla fine del primo anno di progetto previa presentazione da
parte di ciascun partner di una rendicontazione delle spese sostenute (con
relative pezze giustificative in allegato).
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