Adamo, Eva e gli Dei. Nuove ipotesi sulle origini dell`Uomo

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Adamo, Eva e gli Dei. Nuove ipotesi sulle origini dell`Uomo
N.07 – Luglio 2016
precoce dispersione in Africa e in Eurasia; un balzo
evolutivo che non trova riscontro in altre specie animali.
Adamo, Eva e gli Dei. Nuove
ipotesi sulle origini
dell’Uomo
di Paolo Salvatore Polizzi
E se gli dei fossero esistiti realmente ed avessero creato
l’essere umano, come narrato in diverse mitologie e
religioni ? A questa domanda, da oltre mezzo secolo,
stanno tentando di dare risposte plausibili diversi
ricercatori indipendenti. Dai pionieri come E. von
Daniken, P. Kolosimo, J. F. Blumrich che a partire
degli anni ’60 e ’70 per primi ipotizzarono la presenza
di “antichi astronauti” nel nostro pianeta, ai saggisti
degli anni più recenti come E. Baccarini e M. Biglino ,
da qualche decennio si assiste ad un crescente
interesse per la rivalutazione della storia dell’essere
umano alimentato da libri ma soprattutto da dibattiti,
simposi e informazioni virali via internet.
Generalmente le istituzioni accademiche tendono a
respingere ipotesi molto distanti dai dogmi ufficiali,
opponendo argomenti come la fragilità dei metodo di
ricerca o la carenza dei titoli accademici e delle
competenze specifiche di chi le effettua. Non è questo il
caso del dottor Pietro Buffa, biologo molecolare e
analista bioinformatico dotato di un considerevole
curriculum scientifico professionale (consultabile in
dettaglio su biocode.it) che nel 2015 ha pubblicato il
libro “I geni manipolati di Adamo” per la UNO editori,
nel quale viene esposta la sua teoria neodarwinista.
Il testo propone per l’essere umano una “evoluzione
guidata” ad opera di abitanti di pianeti più evoluti in
visita sulla Terra, analogamente al noto processo
plurisecolare di domesticazione di piante e animali. A
sostegno dell’ipotesi vengono ricordati diversi elementi
significativi come il notevole e rapido aumento della
capacità cranica verificatosi prima in Homo habilis e
poi nuovamente in Homo erectus e sapiens e la loro
La dotazione cerebrale dei primi Homo sapiens risulta
essere analoga a quella odierna e tuttavia per diversi
millenni è servita per condurre un’esistenza non molto
dissimile da quella del precedente Homo erectus fornito
di un volume cerebrale più ridotto. Per l’autore questo
dato implica che l’uomo moderno ha usato per molto
tempo solo una parte del proprio potenziale pur essendo
dotato di maggiori possibilità neuroanatomiche, in
contrasto con quanto previsto dalle teorie classiche
dell’adattamento per le quali è la pressione selettiva
esercitata dall’ambiente a plasmare organi
sufficientemente proporzionati alle necessità ed alle
funzioni richieste. Per ulteriore chiarezza Buffa descrive
l’esempio del motore a reazione montato da qualcuno su
un aereo che però resta inconsapevole della dotazione
ricevuta e quindi continua a muoversi come se avesse
ancora solo un motore da 50 cavalli. Diverse altre
incongruenze vengono presentate come conseguenze del
balzo evolutivo umano come ad esempio la precarietà del
parto naturale, divenuto evento critico a causa delle
dimensioni raggiunte dalla testa del feto umano, e la
comparsa del linguaggio realizzata grazie alla modifica
anatomica della laringe, più bassa in confronto a quella
delle scimmie antropomorfe ma con un aumento del
possibile rischio di morte per soffocamento data la
maggiore vicinanza con l’apparato per la deglutizione del
cibo. L’indagine diviene ancora più avvincente nella
seconda parte del libro dove l’esperto di genetica impernia
la propria analisi sulla storia del DNA spiegando in modo
N.07 – Luglio 2016
comprensibile il possibile scenario realizzatosi con la
riduzione del numero di cromosomi passando dai 48
presenti ancora oggi in tutte le scimmie antropomorfe
ai 46 dell’essere umano. Il meccanismo teorico
attraverso cui si è realizzata questa riduzione è quello
della fusione di due cromosomi (2a e 2b) nell’unica
copia del cromosoma 2 umano; un evento improbabile
in natura ma possibile. Per Buffa la realizzazione
concreta deve aver richiesto la contemporanea
presenza di diversi esemplari con la stessa fusione
cromosomica (quindi individui con 47 cromosomi) che
deve essersi verificata senza danneggiamento per le
informazioni genetiche qui contenute.
Dall’accoppiamento di questi esemplari, forse
imparentati tra loro, potrebbero essere nati i rari figli
sani ma anche portatori di 46 cromosomi; la
probabilità teorica è di un singolo caso ogni 36
discendenti. Questo evento prodigioso secondo l’autore
costituisce solo uno degli elementi della storia
rappresentandone la barriera che ha impedito
l’eventuale accoppiamento con le altre specie di
ominidi presenti nell’habitat e la nascita di prole ibrida
che avrebbe potuto diluire e mescolare i geni di
entrambi, ostacolando la costituzione di uno specifico
corredo genetico umano.
A livello delle sequenze biochimiche del DNA si osserva
che il 98% dei geni umani ha una corrispondenza con
quello degli scimpanzé, mentre sono pochi i geni
modificati e tipici dell’uomo che mostrano però di
possedere ruoli strategici comparendo in modo
repentino. Questi geni vengono denominati HARs
(Human Accelerated Regions) per indicare la loro
“evoluzione accelerata” contraddistinti tramite
aggiunta di ulteriori lettere e numeri.
Le ricerche effettuate nell’uomo ne hanno identificato una
sessantina ma l’esposizione di Buffa si concentra sui più
affascinanti, come quelli collegati allo sviluppo encefalico,
al linguaggio ed al pollice opponibile, fornendo cifre a
confronto e descrivendo in modo sintetico gli esperimenti
e le verifiche a conferma di quanto sopra esposto per
permettere al lettore di crearsi una propria opinione. Le
ipotesi dell’autore traggono sostegno dall’enorme quantità
di modifiche genetiche che si sarebbero accumulate in un
brevissimo periodo a carico della specie umana, come ad
esempio nel caso del gene HAR1, costituito da poco più di
cento geni, che ha subito 18 sostituzioni in pochi milioni
di anni contro le uniche 2 sostituzioni avvenute nei
precedenti trecento milioni di anni. Nel libro viene
ricordato come nello stesso ambiente le specie affini come
le grandi scimmie hanno subito nello stesso lasso di
tempo pochissime modifiche genetiche. Difficile restare
impassibili di fronte agli eventi abilmente tratteggiati dal
genetista Buffa. Questa interpretazione della Genesi è in
grado di suscitare emozioni contrapposte e se un giorno
venisse dimostrata potrebbe generare una reazione
analoga a quella verificatasi con la comparsa delle teorie
di Darwin dove una parte della popolazione la avversò
vivendola come un attacco al nucleo profondo della
propria identità e autostima. In ogni caso la lettura di
questo libro è stimolante e fortemente consigliata.