Monsignor Lefebvre

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Monsignor Lefebvre
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“E
cce Sacerdos magnus, qui in diebus suis placuit Deo, et inventus est
justus. Non est inventus similis illi qui conservavit legem excelsi" (graduale della
Messa dei Confessori Vescovi). Eccoci riuniti attorno alla spoglia mortale del nostro Padre
amatissimo, del nostro fondatore e Superiore generale per lunghi anni, attorno a questo Vescovo
fedele alla sua missione di dottore e pastore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, di
questo missionario infaticabile, di questo padre di una nuova generazione di sacerdoti, di questo
salvatore del Santo Sacrificio della Messa nel suo rito romano autentico e venerabile, di questo
combattente per la Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo: Ecco il sommo sacerdote che
durante la sua vita piacque a Dio. Non se ne trovò uno simile a lui nellíosservare la legge
dell'Altissimo...".
Con queste parole, inizio dell'omelia pronunciata il 2 aprile ai funerali di Mons.
Marcel Lefebvre, apriamo questo nostro articolo che vuole essere un omaggio
filiale ed un tributo di riconoscenza al Vescovo al quale tanto dobbiamo, come
fedeli cattolici e militanti controrivoluzionari. Consapevoli della inadeguatezza
delle nostre parole abbiamo almeno voluto che il titolo fosse di esemplare
chiarezza. Siamo stati abituati per almeno quindici anni a vedere Mons.
Lefebvre definito vescovo ribelle da una stampa laica, nella migliore delle
ipotesi ignorante e disinformata, nella peggiore in mala fede, e dalla stampa
cattolica ufficiale, questa sì certo in mala fede. Mons. Lefebvre è stato invece,
per antonomasia, il Vescovo fedele, l'unico integralmente tale insieme a Mons.
Antonio de Castro Mayer. Fedele alla S. Messa della sua ordinazione
sacerdotale e della sua consacrazione episcopale, fedele al giuramento antimodernista pronunciato in entrambe le occasioni, fedele a tutto ciò che la
Chiesa ha insegnato attraverso i secoli. Non lui, ma gli altri sono stati ribelli, o
meglio traditori. Bollare Mons. Lefebvre come ribelle significa condannare la
fede dei nostri padri.
"Io non sono che un vescovo della Chiesa cattolica che continua a trasmettere
la dottrina. - disse Mons. Lefebvre nell'omelia delle consacrazioni episcopali Io penso che si potranno incidere sulla mia tomba, e ciò non potrà certo
tardare, queste parole di S.Paolo: Tradidi quod et accepi, Vi ho trasmesso ciò
che ho ricevuto, semplicemente questo". Ciò è però bastato a fare di
Monsignore un faro di luce per tanti figli della Chiesa che, sgomenti, si
vedevano sottrarre ogni giorno di più il pane della Verità proprio da chi aveva il
compito di spezzarlo loro e, in cambio di questo pane, si vedevano offrire il
veleno quotidiano del dubbio, dellíerrore, dell'eresia. Il nome di Mons. Lefebvre
è stato per le anime rette un monito e un incoraggiamento a perseverare nella
Fede del proprio battesimo.
..... la Chiesa, un tempo anima dellaContro-rivoluzione, dopo il Concilio
Vaticano II è diventata essa stessa centro di scontro tra Rivoluzione e Controrivoluzione. Mons. Lefebvre, checchè dicessero le calunnie dei giornalisti, non
faceva politica. O meglio la sua unica politica era quella della Regalità Sociale
di Nostro Signore Gesù Cristo. Combattendo per la Tradizione nella Chiesa egli
combatteva anche per la Contro-rivoluzione nella società. Anche qui il suo
modello era S. Pio X, che fulminò di condanna sia i modernisti che i democratici
cristiani. Restaurando il sacerdozio cattolico, Monsignore ha lavorato non solo
per la salvezza delle anime ma anche per la restaurazione della civiltà
cristiana. Ci piace ricondare che alle consacrazioni episcopali del 1988 i1 primo
a baciare l' anello di Monsignore ed a congratularsi per il suo atto coraggioso fu
il Principe Sisto di Borbone-Parma, degno erede del carlismo.
"Voi avete ben meritato della Chiesa"
Queste le parole pronunciate nel 1927 da Papa Pio XI durante uníudienza alla
famiglia Lefebvre. Ripercorrendo le tappe della vita di Monsignore non si può
non ricordare la famiglia da cui provenne. A partire dal 1738 i Lefebvre hanno
dato alla Chiesa una cinquantina dei loro figli, tra i quali un cardinale, diversi
vescovi, numerosi sacerdoti, religiose e religiosi, fra i quali il famoso liturgista
benedettino Dom Gaspar Lefebvre. I genitori di Monsignore ebbero otto figli,
dei quali cinque divennero sacerdoti o religiose.
Sacerdote, missionario, vescovo, delegato apostolico.
L'ambiente familiare, lo spirito del collegio del S.Cuore da lui frequentato, la
vita di preghiera - serviva la Messa ogni mattina alle 5.30 - l'apostolato presso
i malati al quale si dedicava nell'Associazione S. Vincenzo, il suo amore per lo
studio, prepararono la vocazione sacerdotale di Marcel. Entrato al Seminario
francese a Roma, dopo aver regolarmente svolto il servizio militare, Marcel si
laureò in filosofia ed in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Il 21
settembre 1929 divenne sacerdos in aeternum. Ricorderà poi di essere stato
attirato per un certo tempo dalla vita dei monaci cistercensi. Ma la Provvidenza
decise diversamente. Dopo un breve periodo come vicario in una parrocchia
operaia di Lilla, dove si fece apprezzare per la sua fede raggiante, seguendo
l'esempio del fratello Renè, entrò nella congregazione missionaria dei padri
dello Spirito Santo e partì per il Gabon nell'ottobre 1932.
Iniziava così un rapporto tra Monsignor Lefebvre e líAfrica che durò intenso per
trent'anni, fino al 1962, ma non si esaurì certo dopo di allora, tanto che uno
degli ultimi viaggi apostolici di Mons. Lefebvre, nel giugno1990, è stato proprio
in Gabon, dove è fiorente una missione della Fraternità. Appena giunto in
Africa il Padre Marcel fu nominato Professore di Dogma e di Sacra Scrittura al
Gran Seminario di Libreville che raggruppava tutti i seminaristi dell'Africa
equatoriale Francese. Nel 1934 assunse la direzione del Seminario.Tra il 1933
ed il 1947 la popolazione cattolica del Gabon più che triplicò; il paese divenne il
più cristiano dellíAfrica francofona, il secondo di tutto il continente. Quando nel
1945 il Padre Marcel fu richiamato in Francia per assumere la direzione del
seminario dei padri dello Spirito Santo a Mortain, innumerevoli furono le
proteste dei Gabonesi che avevano imparato ad ammirarne lo zelo missionario,
líassoluta dedizione, la pietà.
Nel settembre 1947, a 42 anni, Mons. Lefebvre fu consacrato vescovo e
nominato Vicario Apostolico del Senegal. Un anno dopo viene nominato
delegato apostolico per tutta líAfrica francese: è così il rappresentante della S.
Sede in 18 paesi africani, nei quali vi sono 45 giurisdizioni ecclesiastiche, 2
milioni di cattolici, 1.400 preti e 2.400 religiose. Nel 1955 diverrà il primo
arcivescovo di Dakar, quando in Senegal verrà istituita la gerarchia locale.
Resterà delegato apostolico fino al 1959 ed arcivescovo di Dakar fino al 1962.
Anche i più feroci avversari di Monsignore non hanno potuto altro che lodare la
sua opera missionaria in Africa; perfino la S.Sede non ha mancato di ricordarla
in termini elogiativi nel comunicato diramato dopo la morte di Monsignore. In
11 anni di lavoro come Delegato apostolico le diocesi passarono da 44 a 65. A
Dakar raddoppiò il numero dei cattolici e le chiese da tre divennero 13. Líopera
di Monsignore fu profondamente civilizzatrice nel senso più pieno della parola.
Nellíomelia della S. Messa, per il suo giubileo díoro sacerdotale, Monsignor
Lefebvre ricordò: "ho potuto vedere villaggi di pagani divenuti cristiani
trasformarsi non solo spiritualmente e sovrannaturalmente, ma anche
fisicamente, socialmente, economicamente, politicamente; trasformarsi perchè
quelle persone da pagane che erano diventavano coscienti della necessità di
compiere il loro dovere malgrado le prove ed i sacrifici, di mantenere i loro
impegni e particolarmente gli obblighi del matrimonio. Allora il villaggio si
trasformava poco alla volta sotto líinfluenza della grazia e del santo Sacrificio
della Messa ; e tutti quei villaggi volevano avere la propria cappella e la visita
del Padre. La visita del missionario! Come era attesa con impazienza per poter
assistere alla S. Messa, potersi confessare e comunicare... Delle anime si
consacravano a Dio; dei religiosi, delle religiose, dei sacerdoti si offrivano e si
cosacravano a Lui. Ecco i frutti della S. Messa". Un secolo prima un grande
apostolo della controrivoluzione, il card. Pie, aveva detto: "La questione sociale
non sarà risolta che dalla questione religiosa e la questione religiosa è legata
soprattutto ad una questione di culto."
"Se le nazioni occidentali che avevano il compito di elevare queste popolazioni
non avessero tradito la loro missione e se la Chiesa stessa non si fosse
rinnegata, invece di registrare líinqiuetante progresso dellíIslam, oggi la
maggior parte dellíAfrica sarebbe cattolica", così si espresse Monsignore nel
1987. Questo spiega naturalmente le assurde accuse di razzismo che hanno
perseguitatato Monsignore fin sul letto di morte. Certo è "razzista" ed
"antiecumenico" chi voleva salvare le anime convertendole alla vera religione e
chi faceva bruciare le capanne degli stregoni morti avvelenati dalle loro stesse
pozioni. Oggi non si vuole più convertire: ai mussulmani che vogliono diventare
cattolici si risponde di restare buoni mussulmani, ad Assisi ed in India abbiamo
visto sacerdoti e lo stesso Pontefice sottostare a "benedizioni" tribali ed
induiste. Si è ripetuto fino alla nausea che Mons. Lefebvre era contrario a
nominare vescovi neri. Sempre nel 1987 Monsignore ha spiegato il suo vero
atteggiamento osservando che egli si limitò a raccomandare al prudenza in un
momento in cui per ragioni politiche si volevano a tutti i costi nominare al più
presto vecovi negri, senza accertarsi se ne avessero le qualità. Egli
raccomandava inoltre che prima di nominare degli arcivescovi negri li si
nominase come ausiliari, secondo la prassi delle terre di missione. Egli stesso
consacrò vescovi negri, come monsignor Ndong nel 1961, e lasciò senza alcuna
riserva líarcidiocesi di Dakar al suo discepolo prediletto, uno dei due primi
sacerdoti da lui ordinati in Africa, Hyacinte Thiandoum, oggi cardinale. Ma le
accuse di razzismo sono state credute solo in Europa. Più volte il card.
Thiandoum è intervenuto pubblicamente in difesa di Monsignore. In
uníintervista al mensile "30 giorni" di questo aprile sua eminenza ha parlato del
"lavoro straordinario in Africa" di Monsignore, del suo "passaggio in Senegal"
come "momento davvero storico per la Chiesa e per la società", della sua
"eredità spirituale fondamentale che rimane".
Nella primavera 1985 Monsignore effettuò un viaggio in Senegal e in Gabon,
accolto, non è esagerato dire, trionfalmente dai fedeli, dai vescovi e dalle
autorità civili, incluso il Presidente del Gabon, che gli mise a disposizione
líaereo presidenziale. Vi è veramente da essere razzisti, ma alla rovescia,
pensando a come tanti vescovi europei si straccino le vesti (in genere
borghesi) non appena sentono parlare della Fraternità o di tradizionalisti.
Quando Monsignore lasciò líacidiocesi di Dakar un coro di lodi e di rimpianti per
la sua partenza si levò da tutta líAfrica francofona.
Per concludere questa parte sullíopera di Monsignore in Africa, vale la pena di
citare il giudizio di un prete svizzero, Jean Anzevui, che nel 1976 pubblicò un
libello contro Econe, nel quale non potè però tacere al verità sullíopera
missionaria di Mons. Lefebvre: "durante i suoi trentíanni di apostolato in Africa
il ruolo di Monsignor Lefebvre fu della massima importanza. I suoi compagni
missionari ricordano ancora il suo straordinario zelo missionario che si rivelava
nelle sue eccezionali qualità di organizzatore e di uomo di azione. Egli persuase
vari ordini religiosi che fino ad allora non avevano mostrato alcun interesse per
le missioni ad iniziare un lavoro in Africa. Egli fu responsabile per la
costruzione di un gran numero di chiese e per la fondazione di opere di carità
di ogni tipo...tutti concordano nel riconoscere la sua magnifica carriera, la sua
cortesia, affabilità, la sua naturale e semplice distinzione, la dignità della sua
vita perfetta, la sua austerità, la sua pietà e la sua assoluta devozione ad ogni
compito intrapreso". Eístato chiesto al Cardinale Thiandoum quale fosse il suo
ricordo più commovente di Monsignore: "Quello di un uomo di una devozione
totale, assoluta alla causa di Dio", è stata la risposta.
Pio XII e Mons. Lefebvre: un'armonia ed una comunanza di vedute a tutti note.
Anni di svolta (1962-l969)
Secondo la prassi Mons. Lefebvre, al suo ritorno in Francia avrebbe avuto
diritto alla nomina a capo di una grande diocesi. Ma i vescovi francesi, già
ampiamente inquinati di spirito liberale, gli erano ostili e fu così posto a capo
della piccola diocesi di Tulle. Pur avendo il titolo personale di Arcivescovo, fu
escluso dall'assemblea dei cardinali e degli arcivescovi francesi. Uno dei motivi
dell'opposizione a Monsignore da parte dei suoi confratelli, fu l'appoggio che
Mons. Lefebvre dava al movimento della Citè Catolique, fondato nel 1939 dal
Padre Choulot con lo scopo di diffondere la dottrina sociale della Chiesa e di
combattere per líinstaurazione della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù
Cristo. Nel 1959 fu pubblicato il libro fondamentale della associazione, Pour
quíIl regne di Jean Ousset, con la prefazione di Mons. Lefebvre e di Mons.
Marmotin, Arcivescovo di Reims, all'edizione francese; di Mons. Morcillo,
Vescovo di Saragozza, e di Mons. Gurpide, Vescovo di Bilbao all'edizione
spagnola. Scriveva Monsignore: "Oggi è la vera filosofia che più manca. Se
seguendo i consigli di tutti i Papi dell'ultimo secolo, il clero e gli stessi laici si
sforzassere di conoscere la vera filosofia tomista, i veri principi dell'etica e della
sociologia, non si farebbe più appello nelle costituzioni ai sacrosanti principi
dell' '89, che rovinano le nozioni fondamentali del diritto e della giustizia, non
riconoscendo la legge divina che determina il bene e il male".
Mons. Lefebvre rimase a Tulle per pochi mesi, sufficienti però a dare nuovo,
anche se temporaneo, slancio ad una diocesi in decadenza. Fu infatti eletto per
dodici anni Superiore
Generale dei Padri dello Spirito Santo, ottenendo ben più dei due terzi richiesti
nella votazione. Si trattava della più importante congregazione missionaria
della Chiesa che contava allora 5300 religiosi e 914 residenze in 53 paesi.
Come Superiore Generale Monsignore parteciperà al Concilio Vaticano II dopo
aver fatto parte della sua Commissione preparatoria, chiamatovi da Giovanni
XXIII, che l'aveva anche nominato Assistente al Soglio Pontificio, in segno di
particolare benevolenza.
Al Concilio Monsignore sarà uno dei principali animatori del Coetus
internationalis Patrum, che raggruppò circa 250 padri conciliari che tentarono
di opporsi alla marea liberale. Tra di essi i Vescovi Carli, de Castro Mayer, de
Proenca Sigaud. I cardinali Santos, Ruffini, Siri, Larraona, Ottaviani, Browne
appoggiavano il Coetus pur non volendo farne parte ufficialmente. Il cugino di
Monsignore, il Cardinale Joseph Lefebvre gli disse che i vescovi francesi non gli
avrebbero mai perdonato il suo comportarnento al Concilio. Eppure Monsignore
condusse un opposizione chiara ma non preconcetta. A differenza di Mons. de
Castro Mayer che non sottoscrisse alcuno dei documenti conciliari, Mons.
Lefebvre votò contro la Dignitatis Humanae e la Gaudium et Spes, ma votò a
favore, ingannato come tanti, della costituzione sulla liturgia. Essa prevedeva
la conservazione del latino: Monsignore restò fedele al documento, tradito dal
massone Bugnini con la copertura di Paolo VI.
L'Abbé Berto, suo teologo personale al Concilio, ha ricordato la profonda
dottrina teologica di Monsignore: "Mons. Lefebvre è un teologo, e di molto
superiore al suo teologo - volesse Dio che tutti i Padri lo fossero al suo stesso
grado!- Egli ha un habitus teologico perfettamente sicuro e affinato...Non
assomiglia in niente a quei Padri che, come uno di loro ha avuto la sfrontatezza
di vantarsi pubblicamente, nella vettura che li portava a S. Pietro, prendevano
dalle mani di unperitus il testo già fatto del loro intervento in aula. Neppure
una volta sola gli ho sottoposto una memoria, una nota, un canovaccio, senza
che li abbia rivisti, rovesciati, riesaminati e qualche volta rifatti da cima a fondo
con un assiduo lavoro personale".
Anche le sue lettere pastorali da Dakar e le sue circolari come Superiore degli
Spiritani erano scritte interamente di sua mano. Oggi raccolte in volume, esse
potrebbero servire da modello a qualunque pastore che volesse adempiere
pienamente alla sua missione. Ecco i titoli di alcuni di questi scritti: Lo spirito
sacerdotale; La carità sacerdotale; Vivere secondo la verità; La necessità della
preghiera; Fedeltà alla vita religiosa; Líautorità; Il laicismo; Il comunismo ateo
e materialista; Per restare buon cattolico occorrerà divenire protestante?;
Maria madre della Chiesa; Il sacerdote e nostro Signore Gesù Cristo; Líumiltà.
Uno degli ultimi scritti quale Superiore Generale degli Spiritani ha il titolo
significativo Esto Fidelis.
Nel 1965 il Padre Lecuyer accusa Mons. Lefebvre di autoritarisrno in un dossier
fatto pervenire al Papa. Líaccusatore si discredita da solo facendosi partigiano
del matrimonio dei preti e nel 1966 la S. Sede fa giustizia delle accuse portate
contro Mons. Lefebvre. Ma líanno successivo il Papa Paolo VI decide che anche
i Padri dello Spirito Santo devono "aggiornarsi". Monsignore prepara una
riforma delle costituzioni intesa nel senso che sempre si è dato a questa
parola: osservanza più stretta delle regole. In realtà si vuole imporre la
rivoluzione e la collegialità; non volendo accettarle Monsignore rassegna le
dimissioni sei anni prima della fine del suo mandato. A 63 anni sembra che la
sua carriera ecclesiastica sia finita.
Il miracolo della fraternità (1969-1991)
Monsignore vive a Roma presso il seminario lituano. Eíconsultore presso la
Sacra Congregazione De Propaganda Fide; fino al 1972 sarà presidente della
commissione incaricata di preparare i catechismi africani.
Nella primavera del 1969 un gruppo di teologi riunito sotto la presidenza di
Monsignore elaborò il famoso Breve esame critico del Novus Ordo Missae, che
nel settembre di quell'anno i cardinali Ottaviani e Bacci presentarono al Papa
accompagnato da una loro prefazione. Sono anni di povertà; Monsignore
ricorderà poi di avere avuto appena il necessario per mangiare ed aver girato
per Roma sempre a piedi.
Ma la Provvidenza aveva serbato per l'ultima parte della vita di Monsignore il
compito storico di salvare il Sacerdozio e la Messa cattolici.
La Chiesa ha riconosciuto l'autenticità della visione e delle rivelazioni che la
Madonna ha fatto a Quito, capitale dell'Equador, nel 1634, alla suora Maria
Anna de Jesus Torres; un santuario è stato eretto sul luogo dell'apparizone.
"Così le vocazioni sacerdotali si perderanno, ciò sarà una vera calamità. I preti
si allontaneranno dai loro doveri sacri e devieranno dal cammino tracciato da
Dio. Allora la Chiesa subirà la notte oscura...Prega con insistenza, grida senza
stancarti e piangi senza interruzione con lacrime amare nel segreto del tuo
cuore, domandando al nostro Padre nei Cieli che per amore del Cuore
Eucaristico del suo Santissimo Figlio, per il suo Prezioso Sangue versato con
tanta generosità e per le profonde amarezze ed i dolori della sua Passione e
della sua morte prenda pietà dei suoi ministri e metta fine a dei tempi così
funesti, inviando alla Chiesa il Prelato che dovrà restaurare lo spirito dei suoi
sacerdoti. Questo figlio che io ho caro, colui che il mio Divino Figlio ed io
amiamo di un amore di predilezione, noi lo colmeremo di molti doni, dell'umiltà
di cuore, della docilità alle divine ispirazioni, della forza per difendere i diritti
della Chiesa e d'un cuore con il quale si occuperà come un nuovo Cristo dei
grandi come dei più piccoli senza disprezzare i più sfortunati. Egli condurrà con
una dolcezza tutta divina le anime consacrate al Servizio divino nei conventi
senza rendere loro pesante il giogo del Signore... Questo Prelato e Padre farà
da contrappeso alla tiepidezza delle anime consacrate al sacerdozio ed alla
religione".
Come è noto anche a la Salette la Vergine predisse che Roma avrebbe perso la
fede e sarebbe divenuta sede dell'Anticristo, mentre secondo autorevoli
interpretazioni, anche il terzo segreto di Fatima riguarderebbe la crisi della
Chiesa.
Negli anni 1968-69 alcuni seminaristi francesi si rivolsero a Mons. Lefebvre per
domandargli dove avrebbero potuto ricevere una vera formazione sacerdotale.
Da questi incontri e da altri con sacerdoti e intellettuali cattolici come Bernard
Fay nacque líidea di un Seminario internazionale e la stessa Fraternità
Sacerdotale Internazionale S. Pio X, eretta il giorno di Ognissanti del 1970 da
Mons. Francois Charrière, Vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, con sede in
quest'ultima città. Al decreto di Mons. Charrière seguiva nel febbraio 1971 una
lettera di incoraggiamento del Cardinale Wright, prefetto della Congregazione
per il clero. Ancora nel 1973 il Cardinale Wright raccomandava vivamente ai
giovani con vocazione sacerdotale di entrare ad Econe. Michael Davies, uno dei
più importanti saggisti cattolici contemporanei di lingua inglese, ha scritto: "La
ragione per cui ritengo che l'Arcivescovo Lefebvre occuperà un posto di primo
piano nella storia della Chiesa post-conciliare è che egli ebbe il coraggio e la
preveggeza di prendere misure concrete per salvaguardare la fede tradizionale.
A differenza di molti cattolici conservatori egli vide che era impossibile
condurre una efficace battaglia per l'ortodossia all'interno del contesto delle
riforme ufficiali poiché queste riforme erano orientate esse stesse verso il culto
dell'uomo. L'Arcivescovo si rese conto che la riforma liturgica in particolare
avrebbe inevitabilmente compromesso líinsegnamento cattolico sul Sacerdozio
e la Messa, i due pilastri su cui è costruita la nostra fede.
I riformatori protestanti del XVI secolo si erano anch'essi resi conto che se
avessero potuto minare il sacerdozio non vi sarebbe più stata la Messa e la
Chiesa sarebbe stata distrutta. L'arcivescovo fondò la Fraternità S-PioX con il
suo Seminario di Econe non come un atto di ribellione ma per perpetuare il
sacerdozio cattolico".
In un recentissimo articolo, lo stesso autore riferendosi al nuovo rito di
ordinazione dei sacerdoti, scrive: "La natura deplorevole del nuovo rito di
ordinazione deriva dal fatto che esso non contiene nemmeno un solo
riferimento vincolante al ruolo fondamentale del sacerdote come uomo
chiamato da Dio ad offrire il sacrificio. Nel nuovo rito non è stata mantenuta
alcuna delle preghiere del rito tradizionale di ordinazione che specificavano
inequivocabilmente il carattere sacrificale del sacerdozio cattolico. Non sto
esagerando, non ne rimane una. Thomas Cranmer non avrebbe potuto fare di
meglio. A nome dell' intera Gerarchia dellíInghilterra e del Galles il Cardinale
Heenan scrisse una lettera di protesta a Roma chiedendo di restaurare alcune
delle preghiere tradizionali. La risposta, un vescovo inglese, mi disse, fu un
sonoro "No". Una protesta simile venne fatta dalla gerarchia argentina, ma i
vescovi argentini non ebbero nemmeno la cortesia di una risposta".
Perpetuare il sacerdozio cattolico è lo scopo della Fraternità S. Pio X. "Il
sacerdote è dunque una persona consacrata, marcata di un carattere che la fa
partecipare al sacerdozio di Nostro Signore, allo scopo di realizzare la
rinnovazione del sacrificio di Nostro Signore per la remissione dei peccati e la
restaurazione delle anime nella carità dello Spirito Santo", così si è espresso
Mons. Lefebvre, che in un'altra occasione ha precisato: "Se la Fraternità
Sacerdotale San Pio X ha una spiritualità particolare - io non desidero che
abbia una spiritualità particolare - io penso che se la nostra Fraternità
sacerdotale ha uníimpronta particolare, questa è la devozione al Santo
Sacrificio della Messa". Quella Messa di San Pio V che si voleva assolutamente
distruggere.
Così al Presidente internazionaledi Una Voce che gli chiedeva di autorizzare il
vecchio rito con la stessa liberalità con la quale permettevano le più ardite
sperimentazioni, Mons Benelli rispose che non era possibile perché esso
rappresentava una diversa ecclesiologia. A Jean Guitton che gli chiedeva di
autorizzare la Fraternità ad utilizzare l'antica liturgia, Paolo Vl rispose: "No, se
noi accordiamo laMessa di S. Pio V alla Fraternità Sacerdotale S. Pio X, tutto
ciò che abbiamo conseguito col Concilio Vaticano II sarà rovinato". E' questo
un punto fondamentale non ben compreso da coloro che sono legati alla
liturgia tradizionale per ragioni soprattutto estetiche o sentimentali. La
questione della Messa non può essere disgiunta da quella della crisi generale
della Chiesa post-conciliare, come ha ben spiegato Mons. Lefebvre ne "Il colpo
da maestro di Satana": "Satana ha inventato delle parole chiave che hanno
permesso la penetrazione nel Concilio degli errori moderni e modernisti: la
libertà si è introdotta per mezzo della libertà religiosa o delle religioni;
líuguaglianza per mezzo della collegialità, che introduce i principi
dellíegualitarismo democratico nella Chiesa e, infine, la fraternità per mezzo
dell'ecumenismo, che abbraccia tutte le eresie, tutti gli errori e tende la mano
a tutti i nemici della Chiesa. Il colpo da maestro di Satana sarà dunque la
diffusione dei principi rivoluzionari, introdotti nella Chiesa dall'autorità della
Chiesa stessa, ponendo questa autorità in una situazione di incoerenza e di
contraddizione permanente. Fino a quando questo equivoco non sarà chiarito, i
disastri si moltiplicheranno in seno alla Chiesa. Diventata equivoca la liturgia,
altrettanto avviene per il sacerdozio e per il catechismo: la Fede, che non può
reggere che sulla Verità, si sgretola. La stessa gerarchia della Chiesa vive in un
permanente equivoco fra l'autorità personale, ricevuta col sacramento
dell'Ordine e la Missione di Pietro o del Vescovo, e i principi democratici.
Bisogna riconoscere che l'inganno è stato ben architettato e la menzogna di
Satana utilizzata in modo meraviglioso. Attraverso l'obbedienza la Chiesa si sta
distruggendo con le sue stesse mani e si convertità al mondo eretico, giudeo e
pagano, per mezzo di una liturgia equivoca, di un catechismo ambiguo, pieno
di omissioni e di nuove istituzioni, basate su principi democratici".
Il problema non è quindi solo poter ottenere la libertà di dire la Messa di S.Pio
V. In verità una autorizzazione in tal senso non è nemmeno necessaria e non
andrebbe richiesta, perché significherebbe riconoscere che il vecchio rito
poteva essere ed era stato abolito, due circostanze entrambe non vere... Mons.
Lefebvre ha letteralmente salvato la Messa, il sacerdozio cattolico e la
Tradizione. Tutte le concessioni che il Vaticano ha fatto in questo senso sono
state fatte solo perchè esisteva Mons. Lefebvre ed esisteva la Fraternità. Il
debito di gratitudine contratto con Monsignore anche dai tradizionalisti che si
dichiarano non lefebvriani è indubitabile ed immenso.
Vi sarebbero qui da ripercorrere le vicende dei rapporti tra la Fraternità ed il
Vaticano. E' una lunga storia ampiamente documentata della quale ci
limiteremo ad evidenziare alcuni punti. Fin dal 1972 i vescovi francesi bollarono
Econe come "seminario selvaggio" e brigarono per ottenerne la chiusura. Nel
1974 Mons. Descamps e Mons. Onclin furono visitatori apostolici ad Ecòne. I
due dichiararono di trovare normale líordinazione di gente sposata, di non
ammettere una verità immutabile e di nutrire dei "dubbi sul modo tradizionale
di concepire la Risurrezione di Nostro Signore". Era chiaro che ormai vi erano
due Rome, la Roma di sempre cattolica, e la Roma neo-modernista e neoprotestante manifestatasi con il Concilio ed il post-Concilio. Seguirono la
soppressione della Fraternità e la sospensione a divinis di Monsignore,
entrambe illegali e nulle, anni di contatti con l'ex-S.Uffizio, un incontro con
Paolo VI ed uno con Giovanni Paolo II. Se Papa Montini tenne un
atteggiamento di aspra chiusura verso i tradizionalisti, Papa Wojtyla sembrò
disposto a concedere libertà di operare alla Tradizione, ma nello stesso tempo
suscitò scandalo con un ecumenismo sfrenato del quale la riunione di Assisi di
tutte le religioni fu uno degli esempi più clamorosi. Inoltre, come apparve
chiaro nelle trattative del 1987-88, lo scopo di Roma non era tanto di
riconoscere la Tradizione, ma di imbrigliarla.
Nel corso della sua visita alle opere della Fraternità il Cardinale Gagnon assistè
alla Messa Pontificale celebrata da Mons. Lefebvre; in un'altra occasione egli
definì "tesoro prezioso" colui che in teoria era sospeso a divinis.
La S.Sede rifiutò però di dare garanzie precise sulla nomina entro breve tempo
di un vescovo scelto tra i membri della Fraternità; i tradizionalisti sarebbero
stati in netta minoranza nella commissione mista per gestire i termini
dell'accordo; venne chiesto di far celebrare la nuova messa a S. Nicholas du
Chardonnet. Il trattamento riservato a coloro che avevano abbandonato la
Fraternità o cercato di seguire la via della Tradizione obbedendo però
allíautorità neo-moderniste dava adito a ben poche speranze. Ai conventi di
Flavigny di Fontgombault, ad esempio, non veniva consentito di dire la Messa
di S. Pio V come Messa conventuale.
Monsignore aveva appena ricevuto la lettera di un ex appartenente alla
Fraternità sulla situazione disastrosa in cui era venuto a trovarsi al seminario
Mater Ecclesiae costituito dalIa S. Sede per riciclare i tradizionalisti.Tutte
queste circostanze convinsero M. Lefebvre che per assicurare la sopravvivenza
della tradizione occorreva riservare a tempi migliori un accordo con il Vaticano.
Ancora una volta Monsignore sacrificava la sua fama ed il suo onore per
obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, sceglieva la via della "disobbedienza
apparente" per restare nell'"obbedienza reale". Vir obediens loquetur victoriam
e sul volto di Mons. Lefebvre il giorno delle consacrazioni episcopali non si
leggeva tanto e solo il dolore per la situazione della Chiesa che lo costringeva
ad un gesto che mai avrebbe immaginato di compiere, quanto un senso di
sollievo e di serenità per avere assicurato la sopravvivenza della Tradizione. La
validità della scomunica è stata negata da canonisti e teologi tra i quali il
prof.Geringer della facoltà di Monaco, il Rv.Patrick Valdrini, Preside della facoltà
di teologia dellíIstituto Cattolico di Parigi, il Cardinal Castillo Lara, il Prof. Georg
May presidente del seminario di Diritto Canonico dell'università di Magonza.
Recentemente nella già ricordata intervista a 30 Giorni il cardinal Thiandoum
ha negato che si possa parlare di scisma e di scomunica annunciando che
appena possibile avrebbe fatto celebrare nella cattedrale di Dakar una Messa
solenne di Requiem per Monsignore. La salma di Mons. Lefebvre è stata
aspersa di acqua benedetta dal Nunzio apostolico a Berna e dal Vescovo di
Sion. Ma, ripetiamo, non ci siamo voluti soffermare sulle intricate vicende dei
rapporti intercorsi negli ultimi ventíanni tra il Vaticano e Mons. Lefebvre,
perché sarebbe penoso vedere a quale livello è scesa la Roma post-conciliare.
Mons Lefebvre è stato radiato dall'Annuario Pontificio, ma è stato ed è rimasto
fino alla fine più cattolico di tanti i cui nomi compaiono in quel rosso volume, a
cominciare dai vescovi francesi suoi persecutori, spesso negatori dei dogmi
fondamentali della Fede, promotori della contraccezione, dell'aborto,
dellíomosessualità, profanatori dellíEucarestia.
Parliamo invece del vero Mons. Lefebvre e della sua opera. Ci è stata data dalla
stampa l'immagine falsa di un uomo duro. Quanti lo hanno incontrato sono
stati sempre colpiti dalla sua serenità, dalla sua dolcezza e dalla sua grande
umiltà che erano l'espressione umana della sua incrollabile fiducia in Dio. Nulla
fu "più estraneo al suo Cuore di quella malintesa ed affettata umiltà" che
"compromette la forza dell'autorità" (S. Agostino) o- ancor peggio - si risolve
nell'umiliazione della Santa Chiesa di Dio... La sua umiltà, la sua
mansuetudine, la sua semplicità si armonizzavano in lui mirabilmente con la
coscienza della propria dignità e responsabilità episcopale".
Spesso le grandi cerimonie religiose della Fraternità venivano presentate dalla
grande stampa quasi come dei raduni di estremisti, finché almeno un
giornalista, Beppe Gualazzini de "il Giornale", presente ai funerali di
Monsignore, ha scritto: "Compostezza, non gesto o voce fuori misura, non
manifestazioni di fanatismo. Il canto gregoriano e la liturgia di rito antico è per
essi una straordinaria forza aggregante. E non ricorda, noto, una Chiesa dei
secoli bui, ma quella semplice e solenne delle Messe domenicali della nostra
infanzia". Personalmente ricordo ancora la Messa solenne della domenica
mattina nella mia parrochia alla fine degli anni ë50, inizio ë60. Era una
normalissima chiesa di francescanialla periferia di Milano, costruita dai frati su
pietra in questo secolo e continuamente abbellita. Ricordo benissimo,
nonostante avessi allora dieci anni, le voci dei frati che dal coro dietro l'altare
sembravano letteralmente salire in cielo, il gregoriano così semplice e allo
stesso tempo così solenne, ma anche alcuni canti polifonici che da allora mi
sono rimasti in mente... Ora in quella chiesa líaltare non esiste più, un enorme
altare di marmo è stato letteralmente asportato, lasciando vedere la nuda
abside con la parete di legno; in mezzo vi è una tavola. La somiglianza con una
cappella metodista è strabiliante. Piccolo esempio dello scempio che è stato
fatto delle nostre chiese e della nostra fede, per il quale ci è difficile perdonare
i responsabili, mentre è un dovere di riconoscenza ringraziare Mons. Lefebvre
per avere cercato di opporvisi e per averci dato i mezzi per continuare a
praticare la religione di sempre nei modi di sempre. Andando a S. Nicholas du
Chardonnet si vede quello che erano le nostre parrocchie prima del Concilio,
quello che oggi potrebbero ancora in larga misura essere. Lo stesso si riscontra
in tutte le chiese e cappelle dove viene celebrata la S. Messa di sempre. Si
resta commossi leggendo la lapide che nella chiesa parigina ricorda come "alla
testa del clero fedele Mons. Ducaud Bourget" vi restaurò il Santo Sacrificio
della Messa. Era la domenica 27 febbraio 1977, il parroco stava celebrando il
nuovo rito rivolto vero il popolo, in verità molto scarso, quando vide la chiesa
riempirsi di fedeli guidati da Mons. Ducaud Bourget, cappellano dell'Ordine di
Malta, e dall'Abbé Serralda, che ad un certo punto intonarono il Credo.
Líoccupazione, o meglio la restituizione al vero culto della chiesa, era
compiuta, e da allora S. Nicholas du Chardonnet oltre che parrocchia è il
santuario dei tradizionalisti di tutto il mondo. All'inizio degli anni ë80 Mons
Lefebvre invitò a riprendere dovunque possibile le tradizionali processioni
pubbliche ed i pellegrinaggi. Da allora ogni anno si svolge, non solo a Parigi, la
processione del Corpus Domini e quella del 15 agosto, mentre a Pentecoste vi
è il tradizionale pellegrinaggio da Notre Dame a Chartres (oggi da Chartres al
Sacre Coeur) che ha raccolto fino a 40.000 persone. Anche in Italia si è
instaurata la tradizione di pellegrinaggi come quello da Albano al Divino Amore.
Il 15 agosto1989 50.000 francesi e rappresentanti di altri paesi parteciparono
alla Messa in riparazione dei crimini della rivoluzione francese, alla successiva
processione ed alla Consacrazione della Francia alla Vergine secondo la formula
del Re Luigi XIII. Alla fine della cerimonia un applauso si levò all'indirizzo del
Vescovo che con la sua opera aveva reso possibile quella giornata. "Crescete e
moltiplicatevi...". A vent'anni dalla fondazione della Fraternità, nonostante le
prove e le persecuzioni, le opere di Monsignore parlano da sole. La Fraternità è
presente con propri priorati e residenze in 23 pesi dei cinque continenti, ma la
sua azione si estende in molti altri. Sei sono i seminari internazionali. Solo in
Francia vi sono 36 Priorati, 15 scuole, due università, una casa di riposo per
anziani. Merita in particolare di essere ricordato líInstitut Universitaire Sant Pie
X, con sede a Parigi, fondato da Monsignore nel 1980 su richiesta di numerosi
docenti universitari che desideravano professare integralmente la loro fede nei
loro insegnamenti.
Nella sua carta di fondazione si legge che l'Istituto "si fissa per regola il
rispetto della verità. Si propone di restaurare un insegnamento superiore
libero, cattolico, conforme alla missione educatrice della Chiesa quale l'ha
definita Pio XI (enciclica Divini Illius Magistri)...(i professori) si impegnano a
non dispensare un insegnamento contrario alla dottrina ed alla morale della
Chiesa cattolica...si sforzano di trasmettere nelle migliori condizioni scientifiche
il tesoro della cultura occidentale, di promuovere la fedeltà alla Francia
cattolica e di suscitare l'amore del suo patrimonio intellettuale, morale ed
artistico...si associano alla condanna pontificia del laicismo...intendono
combattere gli errori del liberalismo". Avessero gli stessi principi, e soprattutto
li mettessero in pratica, le università cattoliche "ufficiali"... Líistituto, che opera
in collaborazione con l'università di Parigi IV, dispensa corsi di lettere antiche e
moderne, storia, filosofia e lingue sacre e pubblica una rivista di alto livello,
Vue de haut, che compare a fascicoli monografici e sulla quale scrivono docenti
di molte università francesi.
I sacerdoti membri della Fraternità sono oggi circa 250, i seminaristi alcune
centinaia. Legati alla Fraternità sono conventi di religiosi domenicani,
cappuccini, francescani, benedettini. La sorella di Mons.Lefebvre ha fondato
sette carmeli; vi sono poi le suore della Fraternità, i fratelli, le oblate, il
terz'ordine, oltre a quei sacerdoti meno giovani che collaborano con la
Fraternità. Anche i cristiani dell'est europeo, traditi dall'Ost-Politik vaticana si
sono rivolti a Monsignore, al quale recentemente aveva scritto un vescovo
ucraino per chiedere aiuto nello stampare un catechismo. Fanno capo alla
Fraternità una casa editrice, diverse riviste e moltissimi bollettini locali.
In breve, Mons. Lefebvre ha ricostruito ciò che gli altri avvevano distrutto. Un
giorno dello scorso anno un sacerdote della Fraternità chiese ad un cardinale:
"Eminenza, come spiegare che la Chiesa ufficiale vende i suoi edifici mentre
Mons. Lefebvre li acquista?". Perché líopera di Mons. Lefebvre è benedetta dal
Signore", fu la risposta.
Vi è da pensare con rammarico che la cristianità sarebbe oggi in condizioni
molto migliori se tutta la Chiesa, o almeno altri vescovi, avessero seguito la
strada di Mons. Lefebvre, continuando sulla via della tradizione. La piccola elite
formata da Monsignore, come ha detto il Reverendo Schmidtberger, "è a
disposizione della S. Sede e dei vescovi, ma...è a disposizione escludendo ogni
compromesso ed ogni cocessione agli errori del Concilio Vaticano II e delle
riforme che ne derivano.
"Ho combattuto il buon combattimento"
La malattia che ha condotto alla morte Monsignore lo ha fermato mentre era in
viaggio da Parigi per una riunione dei circoli di tradizione. Vero apostolo della
gente, infaticabile fino allíultimo, Monsignore avrebbe potuto far sue le parole
di S. Paolo: Bonum certamen certavi cursum cosummavi, fidem servavi, ho
combattuto il buon combattimento, ho terminato il mio cammino, ho
conservato la fede (2 Tm,4, 7). Da poco era stata pubblicata la sua ultima
opera, LíItineraire Spirituel, che attendiamo di leggere con la stessa
edificazione con la quale abbiamo letto i suoi precedenti scritti, tra i quali il
fondamento, Ils Líont decournné, summa del pensiero di Monsignore sulla
tragedia della Chiesa conciliare, che ha rinnegato il dogma della Regalità
sociale di Nostro Signore.
Ai funerali, al di là di un sentimento umano di tristezza, dominava la serenità,
la fiducia, un senso di gratitudine per líopera dello scomparso: "Líopera di
Mons. Lefebvre su questa terra è compiuta - terminò la sua omelia il rev.
Schmidtberger - Ora comincia il suo ministero di intercessore nellíeternità. Ha
donato tutto ciò che aveva da donare : la sua dottrina di vescovo, la sua opera
di missionario, il miracolo di una nuova generazione di sacerdoti, un esempio
nella sofferenza e quattro vescovi ausiliari, dispensatori dello Spirito Santo
sulla Chiesa e sulle anime"...
ESTRATTO (con qualche riduzione) DALLA RIVISTA:"CONTRORIVOLUZIONE" MARZOGIUGNO 1991.