Diario di Viaggio in Birmania

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Diario di Viaggio in Birmania
Diario di Viaggio in Birmania
Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Claude Levi-Strauss ha detto che “esplorare non significa tanto coprire
una distanza in superficie, ma studiarla in profondità: un episodio
fuggevole, un frammento di paesaggio o un’osservazione colta al volo,
possono costituire l’unico mezzo per comprendere e interpretare delle
zone che altrimenti resterebbero prive di significato…”
Viaggiare è una droga che prende l’animo e devo dire che io ho sempre
viaggiato per “amore del viaggio”.. poi esistono dei luoghi che, più di altri,
da sempre mi hanno affascinato, stimolato la fantasia, l’immaginazione e
di conseguenza il desiderio.. la Birmania, Myanmar in lingua birmana, un
paese da scoprire nei suoi aspetti più autentici, era uno di questi luoghi
di magica suggestione.
Sono partita con mille speranze ed anche se Steinbeck ha detto che le
persone non fanno i viaggi, ma sono i viaggi che fanno le persone.. io ho
organizzato il mio viaggio nel sacro luogo del buddismo tra templi dalle
cupole d’oro.. attraverso un paesaggio che mi hanno detto avrebbe
cambiato misteriosamente colore ad ogni ora e alla sera si sarebbe tinto
di rosso…
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
L’aereo si inclinò virando, si
tuffò in picchiata e rollò
pesantemente fino a fermarsi
sulla pista dell’aeroporto. Tirai
un sospiro di sollievo, ero
finalmente
arrivata
in
Birmania, a Rangoon..
L’avevo aspettato da tanto
questo viaggio in questa terra
che, come una donna un po’
ritrosa, si era fatta molto
desiderare. Poi finalmente si
era concessa, con slancio, con
partecipazione,
facendomi
gustare
tutte
le
sue
meraviglie,
la
sua
arte,
avvolgendole anche con una
sorta di velato mistero.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Quando il portellone dell’aereo si è aperto e la scaletta ha toccato terra sono stata
investita da un caldo secco, piacevole, quasi sensuale.. durante il trasbordo in Hotel mi
sono guardata intorno ed ho apprezzato la lussureggiante vegetazione, la raffinatezza
dell’architettura nei palazzi, nei templi che esprimevano la profondità di una religione
viva e sentita.. tutto mi ha subito coinvolto tanto da farmi sentite già “a casa”!
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Ed allora incurante della stanchezza di un viaggio un po’ massacrante sono partita con
una piccola e ossequiosa guida locale alla scoperta di Rangoon e delle sue meraviglie.
Posta ai piedi della collina di Singuttara, la città non assomigliava proprio alle chiassose,
disordinate e ribollenti di vita, città asiatiche.
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Il suo centro aveva mantenuto l’aspetto anglo-indiano… strade che si chiudevano ad
angolo retto, bordate di marciapiedi, lussureggianti giardini e imponenti edifici
amministrativi. Ma al di là dell’apparente maestosità di quegli scheletri architettonici,
Rangoon, a mio avviso, evidenziava anche le impronte lasciate dallo scorrere inesorabile
del tempo: lo stucco dei muri e le pitture alle pareti dei palazzi si stavano sgretolando...
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...i negozi erano tutti abbastanza squallidi
e per la strada bighellonavano uomini
avvolti nel lungyi, la lunga gonna, e donne
col viso infarinato di bianca cipria, la
polvere ricavata dalla corteccia di Tanaka.
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La vita di questa città sembrava
articolarsi attorno agli edifici
religiosi, ai grandi santuari buddisti
e tra le tante pagode luccicanti
d’oro, svettanti al cielo con i loro
stupa dorati, simbolo di una
religione e di una fede intensa, ci
siamo fermate presso la “Pagoda
Kyank Htat Gyi” che, a dire il vero,
non era una vera e propria pagoda,
quanto
piuttosto
un
enorme
stanzone
circondato
da
alti
porticati dove troneggiava un
Buddha disteso, in riposo, di ben 70
metri!
Il monumento colorato comunicava
una sorta di piacevolezza ai molti
fedeli inginocchiati o raccolti in
preghiera oppure in qualche angolo
distesi ad imitare il riposo della loro
divinità!
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Dalla sua imponente mole il dio pareva
guardarmi con una serena ironia ed anche
forse con una punta di compassione
perchè noi, poveri mortali, dovevamo
ancora raggiungere la via della salvezza,
mentre lui, comodo e tranquillo, era alla
soglia del suo eterno nirvana!
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Bonzi di ogni età, dalla testa calva e il lungo abito rosso scuro se ne stavano seduti a
leggere testi sacri, altri giravano per lo stanzone, e sorridevano alla gente.. si avvertiva
intorno un’atmosfera familiare di tempi perduti che trasmetteva anche un senso di
emozionante calore.
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Dopo questa visita la guida mi ha portato in un’altra pagoda più artistica ed interessante,
quella di Botaung Paya risalente a duemila anni fa dove erano venerati due capelli di Buddha,
raccolti in una teca e visibili solo agli eletti!
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Distrutta nel ’43 la pagoda fu
poi in parte ricostruita..
all’esterno appariva simile ad
una pagoda classica, dorata,
con il solito stupa dorato
simile ad un imbuto capovolto,
ma all’interno mi ha sorpreso
per
la
sua
originale
essenzialità..
..stanze semi vuote, stretti
corridoi splendenti per gli
specchi, più precisamente per
i mosaici di vetro, che
coprivano
interamente
le
pareti, e poi piccoli angoli di
preghiera dove chi voleva
starsene isolato a parlare con
il
proprio
dio
poteva
tranquillamente farlo.
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Ma Rangoon non sarebbe Rangoon senza la pagoda dello Shwedagon, edificata sulla collina di
Singuttara dove, secondo la leggenda si venerava Buddha da duemilacinquecento anni, da
quando due mercanti avrebbero portato dall’India otto cavalli di Buddha che poi lasciarono
in un grande tempio.. da allora si sono succedute altre costruzioni fino a quel grande Stupa
che oggi troneggia circondato da reliquari più piccoli.
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L’attuale pagoda, potenza tutelare
della città, gioiello finissimo e
fantastico, dopo i vari terremoti
risaliva alla metà del XV secolo e il
grande stupa dorato, sfolgorante
a dismisura, sotto il sole, si
stagliava evidente dalla cima della
collina contornata di alberi di
cocco.
Anche Somerset Maugham quando
l’ha vista, ne era rimasto
impressionato..“ si alzava superba,
splendente nel suo oro, come una
speranza improvvisa nella notte
buia
dell’anima..”
aveva
poi
scritto...
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...ed in effetti lo spettacolo che mi è apparso è stato incredibile: una vera giungla, quasi
disordinata di pagode, stupa di varie dimensioni, tabernacoli, reliquari, statue dorate di
Buddha e al centro.. regina incontrastata, maestosa, splendente la Pagoda d’oro!
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Non riesco a ricordare i luccichii
continui di oro, di marmi raffinati,
di specchi che abbagliavano i miei
occhi tanto che non sapevo dove
posare lo sguardo..
...tutto appariva messo alla rinfusa,
senza
un
preciso
ordine
architettonico, eppure, nel suo
insieme, il luogo aveva una sua
espressione
unitaria:
era
una
continua lode al dio, era la sua casa,
voluta dai fedeli che l’avevano,
pezzo per pezzo, edificata in suo
onore.
E i pinnacoli, simili a fitti alberi di
una sacra foresta si protendevano al
cielo, quasi a richiedere la grazia
delle via che avrebbe portato al
nirvana.. erano ricchi di oro e
rilucevano perché questo lusso si
meritava il padrone di casa!
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Di fronte al mio entusiasmo “estetico”,
la guida mi aveva spiegato che lo
Swedagon era alto 110 metri e
circondato da 64 pagode, inoltre era
stato placcato con 8688 foglie d’oro e
ancora… l’edificio era dominato da un
ombrellone ornato da 5448 diamanti e
più di 2000 pietre preziose.. queste
erano le cifre.. magari approssimative,
ma quello che mi colpiva era il fatto
che questo sfoggio di ornamenti
preziosi non disturbava nessuno..
...anzi era motivo di vanto, di orgoglio e
vedevo attorno allo stupa e all’interno
gente che camminava, pregava, si
inginocchiava, accendeva bastoncini
d’incenso.. si riposava persino nelle
piccole sale.
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Mi sono con curiosità seduta anch’io ad
osservare quella massa di fedeli.. molti oltre
alla preghiera facevano riti particolari e per
richiamare l’attenzione del dio su di loro..
suonavano la Maha Ganda, l’enorme campana
più antica della città.. oppure lavavano,
servendosi di piccole ciotole colme dell’acqua
della purificazione, le piccole statue di
Buddha.
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Ho visto anche alcuni fedeli
seduti, in raccoglimento, al
centro di un’enorme stella..
formulavano desideri e poi
sollevando delle particolari
pietre, e verificavano la
realizzazione di ciò che
avevano chiesto.. anch’io,
senza capire bene il rituale
ho cercato di imitare i
locali.. ma forse Buddha non
mi ha molto ascoltato..
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Mentre il sole tramontava tra
le guglie colorando il cielo di
rosso intenso, sono tornata in
hotel
accompagnata
dalle
immagini del volto sereno del
Buddha
che
esprimeva
l’annientamento di tutte le
sofferenze che si raggiunge
mediante la soppressione delle
passioni!
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Il giorno dopo, partita di buon mattino ho attraversato in auto un paesaggio un po’ piatto con
estese piantagioni di alberi della gomma, noccioli, palme poi man mano si entrava nella regione
dei Moon, l’atmosfera intorno è diventata più pittoresca ed interessante. Mi sono fermata a
Kyaik-to, un piccolo paese che serviva soprattutto come punto di partenza per i pellegrinaggi
alla roccia d’oro di Kyaik-tiyo, dove ho visitato il mercato locale.
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Mentre aspettavo una specie di corriera-camion che mi avrebbe portato al campo base
per la salita al monte della roccia d’oro, ho passeggiato attraverso le povere bancarelle
del mercato dove allegre donne dell’etnia Moon, dalle guance cosparse con la polvere di
Ranaka, mi sorridevano comunicative.
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Poi con grande difficoltà, spintonandomi tra una folla incredibile sono riuscita a salire sul
camion che per una buona ora ha trasportato tutti i pellegrini al campo base di Kin-Pun…
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In quella corriera vecchia e traballante che arrancava su una strada sterrata tossendo
sfacciatamente ad ogni terribile cambio di marcia, tanto da fare quasi compassione,
sobbalzavo ad ogni buca, pigiata in modo inverosimile tanto da non rotolare da nessuna
parte.. per me quello, oltre che un pellegrinaggio, era una vera e propria avventura.
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Arrivata al campo base di Kin-Pun, confusa tra migliaia di pellegrini, ho affidato ad una gerla,
portata in spalla da un forzuto ragazzino, la piccola sacca per la notte, e poi ho iniziato, con la
mia fedele guida, a salire, ma che dico?... ad arrancare faticosamente sotto un sole cocente,
su, sempre più su per una stradina che non aveva alcun riparo, all’ombra di qualche albero
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Era una vera e propria penitenza per il caldo e la sete.. ogni tanto cercavo conforto all’ombra
di una bancarella che vendeva oggetti votivi.. ero spossata e guardavo con una punta di invidia
alcuni locali che si facevano trasportare, comodamente seduti o sdraiati su lunghe portantine.
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Arrivata alla meta, dopo essermi
sistemata nel piccolo e semplice
hotel per pellegrini dislocato in
tante casette di legno poste a
terrazzamento sulla collina, mi sono
diretta verso la “Roccia d’Oro”.
Kyaik-Tyio, nel linguaggio moon
significa
“Pagoda
sulla
testa
dell’eremita” e c’è una ragione per
tale nome.
Narra una leggenda che il Buddha
durante una delle sue numerose
visite in questo luogo aveva donato
una ciocca di tre dei suoi capelli a
Taik Tha, un vecchissimo santo
eremita il quale lo aveva conservato
per secoli… poi lo aveva donato al re
Tissa a condizione che trovasse una
roccia con la forma della sua testa e
su di essa doveva costruire una
pagoda.
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Il re Tissa, con l’aiuto dei Nat ( di cui la
principessa naga Shwe-Nan-Kyi oggi viene
adorata in un apposito tempietto all’ingresso
della zona sacra ) trovò la roccia in fondo al
mare. Essa fu poi trasportata in cima allo
strapiombo, dove è ora, con una nave, che in
seguito si trasformò in pietra. Anche la nave
è poi divenuta una sacra reliquia, “la pagoda
della nave di pietra”, col nome di
Kyankthanban.
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Durante il mio breve soggiorno come pellegrina a Kyaik-Tyio mi sono soffermata a lungo ad
osservare quella roccia di granito coperta di foglie d’oro, veramente spettacolare, una
roccia sospesa su un baratro che sembrava sfidare la gravità.. tanto che appariva sempre
sul punto di rotolare giù per la collina... ma non sarebbe caduta perché i tre capelli del
Buddha lo avrebbero impedito!
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Tutte le foglie d’oro incollate dai
devoti
che
la
rivestivano
interamente, riflettevano, giocando,
tutti i raggi del sole.. era uno
spettacolo unico di giorno quando le
foglie d’oro luccicavano come tanti
magici specchi, e anche di sera
quando un’illuminazione soffusa,
creata da centinaia di candele
accese dai pellegrini, emanavano su
tutto il luogo sacro un’atmosfera di
religiosità profonda.
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Questa roccia non donava solo la
luce e la suggestione, aveva il
potere
di
confortare,
di
esaudire sogni e desideri, di
sanare lo spirito.
Tutti
stavano
serenamente
inginocchiati ai suoi piedi.. la
profonda religiosità si vedeva
nei volti delle donne e degli
uomini, con il capo chino fino a
toccare terra, essi pregavano o
forse parlavano con il loro dio,
deponevano poi fiori secchi,
cibo, accendevano candele o
bruciavano bastoncini d’incenso
nella zona sacra antistante la
roccia.
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E intorno si spandeva un forte profumo aromatico che penetrava nel cuore e confondeva…
spingendo inconsapevolmente ad uno stato di calma serenità, e allora gli occhi si posavano
sulla pagoda dorata e si restava a guardarla, affascinati dalla apparenza così insignificante,
e in realtà così importante…che serata fantastica ho vissuto!
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E tra i molti i fedeli le sagome ieratiche dei bonzi buddisti dominavano il paesaggio, si
mischiavano alla folla in preghiera, e le loro figure si stagliavano soprattutto al tramonto,
simili a divinità, contro la roccia dorata… ispiravano soggezione e rispetto, invitavano alla
meditazione in un luogo che appariva fuori dal mondo, in cui lo spirito pareva rifugiarsi con
piacere per sfuggire all’opprimente, caotica, realtà quotidiana.
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Alzando poi gli occhi al cielo vedevo
le stelle risplendere, infinite e
luminose come mai in Europa riuscivo
più a vedere, e mi veniva in mente un
antico proverbio inuit: “ non sono
stelle, ma aperture dove i nostri
cari ci sorridono per rassicurarci
che
sono
felici”
mi
sentivo
commossa
da
tutta
quella
atmosfera, nel più profondo del
cuore!
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Alzata di buona ora, ho salutato il sorgere del sole sulla roccia d’oro, ho osservato per
l’ultima volta i pellegrini offrire cibo e fiori a Buddha, ho raccolto la mia sacca ed ho ripreso
il cammino in discesa, molto meno faticoso, fino a Kin-Pun dove mi aspettava il grosso
camion traballante che mi avrebbe riportato nella piana di Rangoon.
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Qui mi aspettava la visita di Pegu, una delle
vecchie capitali, culla della civilizzazione
moon, ricca di testimonianze della sua passata
gloria. A Pegu sono subito andata a visitare la
pagoda di Shwemawdaw (la Grande Pagoda
d’oro di Dio), un bell’esempio di architettura
siamese, un po’ più alta della decantata cugina
diretta di Rangoon, arricchita anch’essa con
una profusione d’oro, di piccole pagode e di
sacrari...
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Molto suggestivi i “Chinthe” bianchi, che stavano a guardia delle scalinate che conducevano
poi all’ingresso della pagoda. Essi maestosi e terribili erano incaricati di tenere lontani gli
spiriti malefici.. stranamente avevano in bocca un buddha seduto.
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Alle spalle di Shwemawdaw sono salita poi alla collina di Hintha
Gon dove c’erano i resti di un’antica pagoda con un’altra statua
di un buddha miracoloso con un’aureola di lucine tremolanti poco
mistiche.
In un altare della pagoda alcune statue ricordavano la leggenda
sulla fondazione della città di Pegu: nel 573 due principi moon,
discepoli del buddha videro una femmina di Hansa (un raro
uccello mitologico) reggersi sul dorso di un Hansa maschio, in
un’isola al centro del grande lago.
I principi interpretarono questa visione come un messaggio
celeste per cui fondarono la città proprio in riva al lago!
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Ma Pegu mi riservava altre sorprese come lo Shwethalyaung Buddha, adorato in tutto il paese
come il più bello dei Buddha distesi.. ben 55 metri di lunghezza. Mi hanno spiegato che il dio
rappresentava la felicità totale alla vigilia del suo ingresso nel nirvana.. era infatti sorridente
e beato, dorato e verniciato a dovere, dato che era stato nascosto sotto un mucchio di terra
nella giungla per anni e anni durante i terremoti e la distruzione ripetuta di Pegu.
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Prima di tornare a Rangoon non poteva mancare anche la visita di un altro monumento
spettacolare, la pagoda di Kaikpun che ospitava le statue di quattro buddha, alti 30 metri,
appoggiati ad un pilastro quadrato e con i visi rivolti ai quattro punti cardinali..
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...una statua, quella del Buddha Kassapa,
ha subito gravi danni e mi hanno narrato
la leggenda, dato che qui leggende e
mitologia erano di casa… che quattro
sorelle parteciparono alla costruzione
dell’edificio e fu profetizzato che se
una di loro si fosse sposata, una delle
statue sarebbe crollata. I fedeli
credono che il crollo della statua di
Kassapa Buddha punti il dito verso una
delle sorelle che non aveva rispettato il
voto di verginità.
Tutti questi monumenti imponenti a
dismisura, attestavano oltre che la fede
e la devozione anche il desiderio di
grandiosità perché il buddha doveva
essere necessariamente ripreso in
dimensioni gigantesche data la sua
superiorità in tutti i sensi rispetto agli
uomini.. e quindi anche fisica!
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Il giorno dopo sono partita alla volta di Bagan, la perla delle centomila pagode.. ci sono
paesaggi al mondo che ti conciliano con la vita, che ti fanno sentire in pace con te stesso,
paesaggi che non ti stancheresti mai di ammirare e che ad ogni sguardo ti fanno scoprire
qualcosa di nuovo..
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...la piana di Bagan era uno di questi paesaggi, un’immensa pianura da cui si ergevano come
funghi, le sagome di centinaia e centinaia di templi. Con l’immaginazione impegnata nella
contemplazione di quella distesa infinitamente varia e illimitata, avvertivo la sensazione di
trascendere il contingente, diventando quasi insensibile al presente...
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...le cupole dorate dei templi, coniche, imprecise o svettanti al cielo, gli stupa, sembravano
fondersi con l’armoniosa linea dell’orizzonte… erano eleganti, leggeri, si tingevano di rosa al
tramonto e risplendevano sotto i raggi del sole, erano tutte costruzione dedicate a Buddha!
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Prima di affrontare la religiosità nella
piana dei templi mi sono concessa una
passeggiata rilassante attraverso le
bancarelle coloratissime del mercato di
Nyaung U, il nome locale della città di
Bagan..
...mi sono tuffata in un affresco di vita
reale, tra frutta, verdura, disposte per
terra o su banchetti di legno, venditrici
sorridenti che tenevano in braccio i loro
frugoletti.. oltre agli oggetti decorativi
in legno laccato per i turisti, mi
interessava vedere quel disordine nel
vendere, nel comprare, quel vocio di
contrattazione che non capivo, ma che
mi pareva melodico e musicale..
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Ma l’arte mi richiamava all’ordine e lasciato il mercato ho iniziato la lenta scoperta dei vari
templi della piana di Bagan.. alcuni erano ben conservati, altri risentivano del tempo,
qualcuno poi era addirittura ridotto a un cumulo di ruderi, eppure da tutti traspariva non
solo una forte religiosità, ma anche il ricordo della passata grandezza. Ed era proprio
questo profondo misticismo ad essere respirato ovunque, non solo tra le sagome chiare dei
templi, ma anche nella stupenda campagna che li avvolgeva, che tentava quasi di sopraffarli..
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Non mi sarà possibile elencare tutti i templi e le pagode che ho visitato, ma cercherò di
ricordare quelle che mi sono rimaste più impresse.. il tempio di Thatbyinnyu noto come “il
Tempio dell’Onniscienza” con accanto la pagoda Tally.. questo era uno dei tanti templi in stile
birmano con una struttura vuota a forma di cubo. Si racconta inoltre che ogni 10.000 mattoni
usati nella costruzione del tempio ne veniva messo da parte uno e la piccola pagoda Tally fu
costruita, con precisione architettonica con quei mattoni messi da parte.
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Un altro tempio era quello di Htlominlo, nello
stesso stile, al cui interno mi ha colpito la
bellezza serafica di un enorme buddha
dorato.
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Molto originale e diverso dagli altri mi è apparso il tempio di Upali Thein o “Sala delle
Ordinazioni”, eretto nella seconda metà del XIII secolo..
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... all’interno i soffitti e le pareti erano stati decorati con splendidi affreschi raffiguranti
scene tratte dalla vita di buddha.. purtroppo la maggior parte di quelle pitture è andata
distrutta dopo il terribile terremoto del 1975..
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E poi ancora il tempio di Seinnyet Ama e la vicina Pagoda Nyima attribuiti alla regina
Seinnyet che visse nell’XI secolo, il bianco e snello tempio di Nagayon..
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Per interrompere quello che potrebbe
essere un infinito elenco di questi
magnifici templi devo dire che
varcando la soglia ed entrando nei vari
sacrari, più o meno in rovina, sono
rimasta
stupita
dalla
raffinata
ricchezza artistica.
Le statue del Buddha erano tante, in
ogni tempio, all’apparenza parevano
simili, eppure ognuna aveva una
propria originalità, un qualcosa che me
la faceva apprezzare e allora mi
soffermavo a guardarle, studiandone
le varie posizioni del corpo e delle
mani…
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Nel tempio di Ananda, per esempio, il più bello ed il più elegante della piana, che già mi
aveva affascinato all’esterno con la sua cupola dorata e i vari pinnacoli che le facevano da
contorno, sopravvivevano degli altari con quattro bellissime statue di Buddha eretto,
statue maestose, ma mistiche…
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Guardarle era un piacere, emanavano potenza, ma anche pace, parevano invitare alla preghiera,
al distacco dalla realtà, alla rinascita in un’altra dimensione e alla speranza di un eterno nirvana!
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L’ultima pagoda della giornata che si
stava concludendo, è stata quella di
Minglazedi, uno dei grandi Stupa
eretti nel 1264, che si elevava
altissimo e ben visibile da lontano, su
tre terrazze che poggiavano su una
struttura quadrata.
Arrancando a fatica a causa degli
altissimi gradini, che mi ricordavano
vagamente le piramidi maya, sono
salita fino alla terrazza superiore e la
fatica è stata ricompensata da una
vista spettacolare sulla piana, sulle
centomila pagode, una distesa di
templi,
una
foresta
incantata
monumentale
costruita
dall’uomo
secoli e secoli fa ed ancora viva ed
ammirata.
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Mentre il sole mi riscaldava e la
bellezza mi circondava, la mia
mente ha preso, come al solito, a
vagare attraverso la storia
passata e presente..
La bellezza del passato cancellava,
forse solo apparentemente, i vivi
problemi del presente, legati ad
una povertà ancestrale, orgogliosa
e sofferta, all’oppressione di una
casta militare dominatrice e di un
clero che tentava invano di
ribellarsi… i birmani hanno sempre
voluto mantenere viva la loro
identità
culturale,
le
loro
tradizioni, il loro pensiero, dato
che era l'unico valore che nessuna
dittatura poteva loro togliere.
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Prima del tramonto del sole, la guida ha proposto una gita in barca lungo le acque
dell’Irrawaddy per poter gustare oltre all’arte e all’architettura birmana, anche la bellezza
del paesaggio e della vita lungo il fiume.
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Avvolto nel silenzio della sera, il grande barcone ha iniziato lento a solcare le acque del
fiume.. la riva scorreva davanti ai miei occhi e scene originali si avvicendavano: donne che
dopo una giornata di lavoro, si lavavano, altre che sciacquavano i panni, bambini che
sguazzavano felici urlando e ridendo...
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...e infine anche carri trainati da buoi, carichi di contenitori d’acqua che venivano a fare il
pieno al fiume..
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Oltre alla mia altre barche solcavano
quelle acque calme, ci incrociavamo e
cercavamo di comunicare con saluti
calorosi e sorrisi.. e poi è arrivato il
tramonto
e
il
grande
astro
rosseggiante ha iniziato a scendere
sprofondando all’orizzonte, la sua luce
si rifletteva in un cangiante rosso
intenso, nell’acqua del fiume, creando
dei fantastici riflessi.
Ad un certo punto ho avuto persino la
sensazione di vedere due globi
incandescenti e brillanti, uno in cielo e
uno sulla superficie liquida del fiume..
tali da suscitare non solo stupore e
meraviglia, ma anche venerazione..
Mi sentivo vicina agli adoratori di Aton
o a tutti coloro che avevano fatto del
sole una vera e propria divinità.. quella
luce infuocata era pura poesia,
invadeva i miei occhi, ma penetrava
anche nel mio animo come un balsamo!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Il giorno dopo è ripresa la visita alle pagode, una più bella dell’altra, tutte inneggianti al
Buddha, frutto della maestria degli antichi architetti. Abbiamo iniziato dalla pagoda di
Shwezigon, simile ad una campana d’oro appoggiata su uno zoccolo quadrato, un grande
Stupa dell’XI swecolo.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
All’interno di quel luogo sacro, mi sono piaciuti i 37 Nat, presidiati addirittura da un
soldato armato che controllava che non venissero rubate le ricche offerte. I Nat erano
simpatiche divinità, grandi e piccole, che occupavano un grande spazio nella vita spirituale
birmana.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
All’ingresso del tempio vegliavano i tradizionali, colossali leoni… più grandi erano, più potevano
mettere in fuga i demoni malevoli.
Nella penombra dei templi, al riparo dal caldo secco, ma
snervante, si avvertiva, anche se tutto era in rovina, la freschezza e la calma che potevano,
da sole, favorire la meditazione.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Nella grotta del re Kyaunzittha, con una torcia ho cercato di vedere i bellissimi affreschi, i
mosaici, purtroppo molto deteriorati e poi ho ascoltato la storia cruenta del re Kyaunzittha
che aveva fatto condannare a morte l’architetto che gli aveva edificato il tempio di Ananda
perché non potesse più riprodurre una tale opera d’arte..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
E ancora più avanti un’altra leggenda legata al tempio di Dhammayangyi, chiamato anche
“tempio maledetto”, perché il re crudele aveva promesso di far assassinare tutti i muratori
se tra i mattoni posati fosse riuscito a far passare un ago!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Durante le varie visite.. che elencare diventerebbe nozionistico, mi è rimasta impressa la
Pagoda di Manuha, il re moon portato a Bagan come prigioniero..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
...lo spazio interno del tempio era
totalmente occupato da
giganteschi
buddha dal sorriso triste, volutamente
imprigionati in una posizione scomoda.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
I vari Buddha non potevano muoversi,
chiusi tra le quattro pareti, il soffitto e
il pavimento.. parevano non avere spazio
nemmeno
per
respirare,
erano
soffocati, prigionieri in una specie di
cella.
Era difficile anche guardarli, bisognava
piegare la testa e il loro triste sorriso,
vecchio più di mille anni, penetrava nel
cuore, trasmettendo una sensazione di
disagio, perché ricordava la sofferenza
di un re che aveva perso la libertà e che
aveva voluto ricordare al suo popolo
tutta la pena di una simile condizione.
L’emozione che ho provato dinanzi a
questa evidente sofferenza è stata
grande!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ad un certo punto la storia, le notizie, hanno lasciato il posto alle impressioni: niente più
nomi o leggende, salita su un carrettino birmano ho assaporato solo il piacere di lasciar
vagare lo sguardo tra le pagode, grandi o piccole, ricche o rovinate, cesellate o semplici..
tutto osservavo, mentre il cavallo trotterellava veloce lungo la pista polverosa.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Mi hanno detto che i Birmani avevano un debole
per i templi più maestosi, anche se erano i
peggio conservati, ma per me la scelta risultava
difficile.. dall’alto dei resti della pagoda di
Shwesandaw non me la sono sentita di fare una
scelta.. tutti erano stupendi e al tramonto ho
vissuto per la seconda volta l’esperienza di uno
spettacolo meraviglioso.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Lasciata Bagan mi attendeva il lungo
viaggio alla volta di Mandalay… Devo
dire che ogni spostamento in auto
prevede un certo tipo di stanchezza,
di disagio fisico e quando poi dura sei
ore si arriva esausti alla meta.
Nel lungo percorso da Rangoon a
Mandalay ho invece avuto modo di
gustare non solo la bellezza del
paesaggio ricco di fiumi, pianori e
palmeti, ma anche, nelle brevi soste,
di apprezzare le immagini di vita vera,
il contatto umano con la gente, le
donne in particolare, sempre curiose e
pronte a comunicare.
Diario di Viaggio in Birmania
Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Sono arrivata così a Mandalay, il vero
cuore della Birmania, ultima capitale
reale, fondata dal re Mindon nel 1857 e
abbandonata poi dagli inglesi che le
hanno preferito Rangoon…
...e prima che le ombre calassero del
tutto sono salita al tempio della collina
per godere del suggestivo panorama
sulla città.
In quella pagoda, luccicante di specchi,
piena di fedeli ho trovato, con mia
grande sorpresa, quattro buddha dorati
illuminati
con
lucine
particolari,
intermittenti.. come fossero addobbi
per un albero di Natale.. un aspetto un
po’ kitch della religione!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Per fortuna il tramonto su Mandalay è stato eccezionale .. il sole rosso e abbagliante
sembrava dirci che la sua bellezza non poteva essere guastata da nessun particolare
ornamento! L’aria era ancora abbastanza calda, la sentivo avvolgermi il corpo ed io la
respiravo profondamente e in quella ora serale mi riempiva i polmoni e anche la mente,
richiamandomi il profumo, oltre che dell’incenso, anche delle belle cose ancora possibili!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Adagiato sulle rive dell’Irrawaddy sorgeva il villaggio di Mingun, accessibile solo dal fiume.
Ho dunque preso da Mandalay, il giorno dopo, il traghetto, in una specie di porticciolo
caotico e disordinato dove barcarozzi, zattere, imbarcazioni di ogni tipo se ne stavano
ammassate tra gente che urlava richiami vari, che mangiava, che si lavava.. che viveva
praticamente in barca.. una vita intensa e pittoresca, quasi d’altri tempi!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Comunque un breve viaggio attraverso quell’arteria palpitante di attività, di traffico mi ha
portata al villaggio, un luogo idilliaco – pastorale con strade in terra battuta solcate solo da
carretti.. un luogo che non mi aspettavo.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Subito il trasbordo sul simpatico carretto agreste, trainato da pacifici buoi, mi ha portato
di fronte alla bianca Pagoda Settawya. L’edificio accecava quasi per il suo candore latteo..
era una vera meraviglia!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Una scalinata conduceva, attraverso pinnacoli, merletti, ed enormi statue ieratiche tutte uguali,
fino alla cripta superiore dove, mi hanno detto, era conservata un’impronta di marmo del piede di
Buddha.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Anche la famosa Mannara Gyl, meglio conosciuta come la Pagoda
di Mingun, mi è piaciuta. Da lontano sembrava un grande tumulo,
con la base di uno stupa gigante.
Il re Bodawpaya la voleva immensa per custodire uno dei denti
del buddha.. reclutò pertanto migliaia di schiavi dai territori del
sud, ma durante le varie guerriglie locali, i lavoratori
scapparono.. forse perché c’era anche una superstizione che
diceva: “quando la Pagoda sarà finita, il paese andrà in rovina!”
ma il re si sentiva un buddha, non volle credere alla profezia e
tentò di finire l’opera.
Che successe poi? Prima un disastro economico, poi un terribile
terremoto, realizzarono l’antica superstizione… ora restava solo
la struttura di base a troneggiare maestosa!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
A nord di Mingun, oltre il villaggio dopo essere andata a vedere quella che i birmani
definiscono la “Campana più vecchia del mondo”, mi ha poi molto colpito la altrettanto bianca
Pagoda Hsinbyume, un cesello di pizzi e merletti di pietra...
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
...un vero ricamo architettonico che vorrebbe, nella struttura ricordare l’immagine del
Monte Meru, con sette terrazze concentriche, con parapetti a forma quasi di onde, scale,
corridoi… e tutto conduceva allo stupa posto al centro.. anche questo tempio risplendeva
per la sua colorazione bianca tra il verde della campagna che lo circondava.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ritornando in traghetto a Mandalay lungo l’Irrawaddy mi sono attardata ad osservare
l’intensa attività lungo il fiume, il trasporto del legname sulle zattere e i grossi bufali al
lavoro.. un mondo primordiale.. che mi ha portato indietro negli anni.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
A Mandalay non poteva mancare la visita del Kyaung Shwe Nandaw, il monastero in legno ed
oro, un tempo facente parte del palazzo reale, l’unico sopravvissuto alle varie devastazioni.
Questo monastero era ricco, oltre misura, di incisioni in legno.. ogni spazio disponibile
pareva occupato da decorazioni o strati, un po’ rovinati, di oro. Mi hanno detto che un tempo
il monastero aveva le pareti interamente rivestite d’oro!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Da qui la visita al Palazzo Reale di
Mandalay, costruito sul modello
della cosmologia buddista con al
centro il Monte Meru.. era d’obbligo.
Del magnifico palazzo, che formava
un perfetto quadrato esteso ed
imponente, orgoglio della città,
l’ultima guerra non aveva lasciato
sopravvivere che i larghi fossati, le
mura merlate e le porte fortificate,
sormontate da strutture in legno…
per cui non mi ha particolarmente
colpito.. mi dava l’impressione di una
ristrutturazione
anonima
e
abbandonata e per di più una parte
fungeva da quartiere generale
dell’esercito birmano.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Suggestivo invece, per attestare il ruolo religioso di Mandalay, il Kuthodaw Paya, con quello
che veniva chiamato “il libro più grande del mondo”, composto da una foresta di 729 pagode
Pitaka costruite nel 1872 durante il quinto sinodo buddista, riunito dal re Mindon.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Le pagode ospitavano, una per una, le stele di marmo sulle quali era stata incisa, da un gruppo
di 2400 monaci, la versione definitiva del credo buddista. Il re si preoccupava di diffondere
così la fede e, nello stesso tempo, di abbellire la sua capitale.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Nei pressi di Kuthodaw Paya ho visto
altre
templi,
stupa,
monasteri
significativi, ma tra tutti voglio
ricordare la Pagoda Sandamuni, ai piedi
della collina di Mandalay.. anche qui
bianche piccole pagode con i loro
leggiadri pinnacoli eretti verso il cielo,
contenevano i vari commentari alle
regole buddiste.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
La Birmania era una continua scoperta.. John Cady aveva scritto : “questa terra avvolge i suoi
ospiti in una sorta di incantesimo che essi non riescono a spezzare, nemmeno se lo vogliono!” ed
io mi stavo rendendo conto della veridicità di questa affermazione. Il sole stava calando ed
aveva tinto di rosso il cielo evidenziando il delicato ed artistico profilo delle pagode bianche...
Diario di Viaggio in Birmania
Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Nella Pagoda Kyanki-Tawgyl, ho
ammirato
l’enorme
buddha
di
marmo, una statua di una serena
bellezza, sorridente, levigata, che
invitava, come quasi tutte le
immagini del buddha, ad una
piacevole calma interiore.
Ogni giorno venivo a contatto con
una nuova bella manifestazione della
religiosità birmana.. i buddha si
susseguivano sempre uguali, eppure
con qualcosa di diverso e la gente si
inginocchiava davanti a quelle
enormi statue di pietra, con
un’intensità che mi commuoveva,
pregava in totale comunicazione col
dio e sperava di ottenere grazie..
... tutti erano talmente raccolti da
non rendersi conto di chi li
osservava,
dei
turisti
che
fotografavano.. invadendo il loro
spazio spirituale.
Diario di Viaggio in Birmania
Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Prima di lasciare Mandalay per un’altra
escursione sono salita alla Pagoda Maha
Muni dove, tra le tante immagini del
buddha, troneggiava una statua dorata che
mi hanno detto, risaliva, secondo la
tradizione, al tempo dello stesso Buddha.
Era enorme, brillante d’oro, perché i fedeli,
esclusivamente
i
maschi,
potevano
avvicinarsi e attaccare le foglie d’oro..
simbolo non solo di devozione, ma anche
pegno per esaudire i loro desideri
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Arrivata poi alla città di Amarapura, un tempo nota come “la città dell’immortalità”, la più
giovane tra le antiche città imperiali, mi aspettava la visita al Monastero di Nahagandoyon.
Qui ho trovato un ambiente molto raccolto: i monaci stavano consumando, in totale silenzio, il
loro pranzo.. per cui li abbiamo osservati senza disturbarli. La loro vita si svolgeva come quella
dei monaci benedettini, imperniata “sull’ora et labora” con l’aggiunta in più di molti momenti di
studio e di meditazione.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Stavo immergendomi in un mondo per me irreale, che odorava di incenso e di antico, che
risuonava della melodia dei cembali, di gong e campane di pagode… eppure così reale e vivo.
Ero arrivata a Sagaing, il centro della fede buddista e subito sono salita sulla collina fino alla
suggestiva Pagoda U Min Thonze dove 45 statue di Buddha se ne stavano serene a
semicerchio e parevano godere indisturbate del caldi raggi del sole.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Quella luce intensa valorizzava le tinte
pastello delle statue e di tutte le
decorazioni. Entrando poi nelle varie sale,
mi sono apparsi altri buddha tutti uguali,
una serie ripetuta fino all’ossessione,
questa volta dorati, sempre sereni,
dall’espressione indecifrabile ormai lontana
dai sentimenti e dalle passioni del mondo.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Accanto a questa meraviglia di colori, stava
la Pagoda Sun U Ponya Shin, che quasi
scompariva con il suo grande ma semplice
stupa dorato.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ma da questa collina che dominava la piana sacra, ricca di stupa e pagode, il mio sguardo si
protendeva anche all’Irrawaddy serpeggiante e sinuoso che creava, quasi a gara con la
bellezza dell’arte voluta dall’uomo, profonde e pittoresche insenature naturali.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Scesa dalla collina non potevo non
visitare la Pagoda Kaumghmudaw,
la più famosa di Sagaing, per il
fatto di ospitare il “dente di
Kandy” del Buddha e la miracolosa
ciotola del re Dhammapala.
La guida mi ha maliziosamente
spiegato che la forma arrotondata
a uovo della pagoda, in stile
cingalese, (un emisfero perfetto),
secondo la leggenda, copiava la
forma dei seni perfetti della
moglie favorita del re Thalun!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ripreso il viaggio, lungo la strada per Monywa mi sono fermata all’antica Pagoda di
Thanboddhay, del 1300, ma ricostruita nel nostro secolo… serviva addirittura come
riparo per i profughi birmani durante l’ultima guerra. All’ingresso due enormi elefanti
bianchi facevano da solerti , ma a mio avviso, benevoli guardiani…
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
...mi ha colpito il tripudio di colori, di stucchi, di oro, perfino eccessivo delle varie
costruzioni del complesso che è stato paragonato al Boroboudur di Giava..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
...l’interno poi era da mozzafiato, alle pareti, sulle colonne stavano 582.357 (così mi hanno
detto) piccole figure di buddha scolpiti, seduti in piccole nicchie che sembravano ceselli. Tra
queste figure, altre giganti arrivavano quasi a toccare il tetto..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Più avanti ho ammirato da lontano l’enorme suggestivo Buddha reclinato, splendente sotto
il sole, tra il verde della vegetazione che lo circonda, con i suoi 100 metri di lunghezza.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ma il vero spettacolo che mi ha riportato al profondo misticismo della religione buddista è
stata la visita al Body Ta Htaung, chiamato anche “Parco dei Buddha”. Originariamente i
monaci avevano creato questo complesso, accanto al Buddha reclinato, decisi a piantare
1000 alberi Bo per inserire sotto ogni albero un’immagine di Buddha. Il risultato ha dato
vita ad uno spettacolo grande e splendido..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ho camminato tra la sabbia e la sterpaglia ed ho
guardato con rispetto quelle statue poste in quel
recinto sacro, alcuni allo scoperto, altri che
spuntavano tra le piante.. Buddha era spesso solo
in meditazione oppure attorniato dai discepoli..
attorno si avvertiva il silenzio della saggezza,
l’anima di un mondo fatto di regole, di vita
semplice, di pace..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Proseguendo poi il mio percorso spirituale attraverso il mondo buddista, mi hanno portato,
con una vecchia auto scassata su una strada dissestata, a visitare un altro luogo, a mio
avviso, magico ed unico, proprio nei dintorni di Monywa: le grotte di Po Win Daung, un’antica
zona sacra dove, scavate nella roccia, sorgevano delle grotte-santuari con 400.000 immagini
del Buddha.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Questi antichi piccoli templi sparsi in varie collinette erano delle suggestive nicchie nella
roccia.. a piedi nudi su quella pietra fredda e al buio entravo in quegli antri ed ero stupita
nello scoprire la bellezza e l’arte di quelle statue, distese, sedute, nuove o ormai distrutte
dal tempo e dagli agenti atmosferici..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
...statue ed affreschi si susseguivano in
quel luogo sperduto, nel silenzio e nella
solitudine di un mondo che invitava a
rimanere in raccoglimento. Sentivo il
bisogno di congiungere le mani e restare
così, sgombrando la mente da qualsiasi
pensiero. Volevo assimilare totalmente
l’energia che pareva provenire da quelle
sacre pietre.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ma il trascorrere del tempo era
inesorabile.. mi attendeva ancora
la visita alle colline di Shwe Ba con
altri diversi templi nella roccia. La
loro struttura ricordava un po’
Petra o Medain Saleh, ma questi
avevano, a differenza di quelli
giordani e arabi, un che di vistoso,
erano
troppo
colorati,
con
decorazioni eccessive.
Ricordo, per esempio il tempio a
forma di elefante bianco che
sembrava avvolgerlo, soffocandolo
quasi..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Risalita in auto mi sono preparata al lungo tragitto
verso un’altra città imperiale, la mitica Ava, “la
città delle gemme” o come dice l’etimologia Shan
del suo nome, “l’entrata del lago”, capitale dopo
Sagaing dal 1364 al 1841. Dopo aver oltrepassato
il lungo e moderno Ava Bridge mi sono
letteralmente intruppata in riva all’Irrawaddy,
per poter traghettare su una zattera tenuta
insieme da due barconi.. stipata tra la folla e i
camion.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Sbarcata sulla riva opposta mi aspettava uno spettacolo veramente d’altri tempi, carri
trainati da cavalli attendevano per portare i visitatori all’antica capitale.. altri carri e
carretti vari carichi di legname, di fieno trainati da solerti buoi attestavano un’economia
agricola che mi hanno detto, povera, basata esclusivamente sulla coltivazione del riso.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Il luogo era disabitato con qualche
casa disseminata qua e là dove gli
occupanti della zattera si sono
diretti, disperdendosi in modo
veloce.
Sul carretto a mia disposizione,
attraverso un piccolo sentiero, tra
la polvere sollevata dagli zoccoli
del cavallo, sono entrata in Ava
Vecchia un’oasi di pace arcaica!
Solitarie rovine facevano capolino
tra le sterpaglie come piccole
gemme un po’ rovinate dal tempo:
la torre di Guardia Nanmyin molto
pendente, un resto dell’antico
palazzo reale, ormai privato del
suo antico splendore, con il capo
reclinato in segno di dignitoso
abbandono.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Una prima sosta è stata al vecchio monastero di Bagaya Kyaung, costruito interamente in tek,
anche questo un po’ in rovina, ma così scuro e fresco era pervaso da un’atmosfera assai
suggestiva. Mi hanno spiegato che i monaci del monastero oltre ad essere molto cordiali, facevano
studiare i bambini del luogo in modo che potessero imparare almeno a leggere e scrivere.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Più avanti tra i resti di stupa e mura sono arrivata al Maha Aungmye Bonzan, costruito in
mattoni decorato di stucchi, maestoso e anche ben conservato. Si narra che fu fatto
costruire dalla moglie del re Bagyidaw per un abate che doveva essere il suo amante… anche
allora erano più che vive le varie tresche amorose!
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Mentre il sole stava volgendo al tramonto una corsa veloce mi ha portato ad Amarapura ed
al ponte, sul lago Taungthaman, il famoso U Bein, lungo 1,2 Km costruito con le assi di tek di
Ava, dopo il trasferimento della corte ad Amarapura.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ho impiegato 15 minuti per attraversarlo e appoggiata poi a quelle assi traballanti ho
guardato con emozione oltre le scure acque del lago, ho guardato lontano e con sempre
religioso stupore, ho seguito il veloce calare del sole sui templi dell’antica città di
Amarapura.. in quel momento magico, non avrei mai voluto essere in un altro luogo!
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Tornata a Mandalay, il giorno dopo, mi sono imbarcata per andare a nord, nel misterioso paese
degli Shan, verso il lago Inle, ultima tappa di questo favoloso viaggio.
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La terra degli Shan, è sempre stata una regione
difficile, circondata da alte vette, da gole
profonde e selvagge, abitata da uomini
indipendenti e fieri, poco disposti a tollerare il
governo di Rangoon, quindi spesso in
agitazione…. ne ho parlato diffusamente in un
“destinazione” di questo sito, per cui accenno
brevemente alla conclusione di questo viaggio
attraverso la Birmania.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ricordo in particolare la bellezza del mercato di Kalaw dove le varie etnie Shan si erano
riunite ed avevano creato un’atmosfera di pittoresco colore.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Da lì ho raggiunto la città di Pindaya per visitare prima la Shwe Ohn Hmin, un insieme
grandioso di stupa e pagode, suggestivo, immerso nel verde di una pianura che circondava
il piccolo lago di Pindaya..
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Ho visitato le famose grotte in un’atmosfera
fresca e frizzante dato che mi trovavo su un
altopiano.. le ho trovate mistiche, magiche,
oltraggiosamente pittoresche con le migliaia
di immagini di Buddha, statue antiche e meno
antiche, grandi e piccolissime… di nessuna si
sapeva la provenienza, ma erano tutte
affascinanti e poste negli angoli più impensati,
ammassate o inserite in piccole nicchie
naturali.
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Attraverso i regni di Buddha in uno scenario senza tempo
Con queste immagini legate ad un mondo particolare, che vuole
mantenere vive le proprie tradizioni, la propria religione, si è
concluso il mio lungo viaggio, ricco di emozioni e di curiosità..
Come ha già detto qualcuno, anch’io mi sono sempre sentita
cittadina del mondo e quindi desiderosa di conoscerlo, di
capirlo.. e rileggendo le parole di Mark Twain sento non solo il
desiderio di ricordare e trasmettere quello che ho visto, ma
anche di ripercorrere altri lidi lontani… egli infatti ha scritto:
“Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto
che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime.
Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete, con le vostre vele, i
venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.”