Istituto MEME: Resoconto di una esperienza di Arte Terapia in

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Istituto MEME: Resoconto di una esperienza di Arte Terapia in
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
RESOCONTO DI UNA ESPERIENZA DI ARTE TERAPIA
IN CONTESTO SCOLASTICO
Scuola di Specializzazione: Arti Terapie
Relatore: Dott.ssa Roberta Frison
Contesto di Project Work: Istituto P. Gobetti di Scandiano
Tesista specializzando: Elisa Bioli
Anno di corso: secondo
Modena, 6 giugno 2009
Anno accademico 2008-2009
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Elisa Bioli - SST in Arti Terapie (secondo anno) A.A. 2008/2009
Indice dei contenuti
1. Premessa …………………………………………………………... 4
2. Logica dell’integrazione scolastica …………………………......... 5
2.1.
Alcune definizioni …………………………………………. 5
2.2.
Breve storia dell’integrazione scolastica …………………... 6
3. Arte e benessere …………………………………………………… 9
3.1.
Concetto di salute ………………………………………….. 9
3.2.
Arte terapia, cos’è ………………………………………... 11
4. Applicazione dell’arte terapia …………………………………... 14
4.1.
Arte terapia e scuola ……………………………………… 14
4.2.
Arte terapia a scuola: handicap …………………………… 18
5. Il gruppo ………………………………………………………….. 21
5.1.
Il gruppo in arte terapia …………………………………... 24
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6. Osservazione in arte terapia …………………………………….. 26
7. Progetto ………………………………………………………....... 29
7.1.
Introduzione al progetto ………………………………….. 29
7.2.
Luogo di svolgimento ……………………………………. 32
7.3.
Modalità e tempi …………………………………………. 34
7.4.
Problemi incontrati ……………………………………….. 37
7.5.
Relazione sui ragazzi ……………………………………... 38
7.6.
Roberto …………………………………………………… 39
7.7.
Gianpaolo ………………………………………………… 41
7.8.
Doriano …………………………………………………… 43
7.9.
Renato ……………………………………………………. 45
7.10.
Alberto …………………………………………………… 47
7.11.
Simone …………………………………………………… 48
7.12.
Valeria ……………………………………………………. 50
7.13.
Daniele …………………………………………………… 52
7.14.
Silvia ……………………………………………………... 55
7.15.
Sara ………………………………………………………. 58
8. Bibliografia …………………………………………………………. 60
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“L’arte adempie, per il bambino disabile,
la stessa funzione che ha per tutti gli uomini:
creare una zona di vita simbolica,
che permetta la sperimentazione di idee e sentimenti,
di portare alla luce la complessità e le contraddizioni della vita,
di dimostrare la capacità dell’uomo di trascendere il conflitto,
di creare ordine dal caos infine di dare piacere”
(E. Kramer)
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1.
Premessa
La mia esperienza di quest’anno è partita da questo concetto, sulla base
del quale ho strutturato il laboratorio di arte terapia con i ragazzi disabili presso
l’istituto superiore Gobetti di Scandiano.
Tale ambito di tirocinio mi ha portato ad approfondire il tema dell’arte
terapia applicato ai disabili ed alla scuola in generale, come intervento educativo
e preventivo, dove educativo assume il significato di “e-ducere”, cioè portar
fuori.
L’arte terapia in ambito scolastico potrebbe assumere la funzione di luogo
protetto dove poter esprimere e sperimentare, insieme ai materiali, anche i
sentimenti, per poterli meglio conoscere e gestire, non solo per i ragazzi disabili
a cui sono generalmente riservate questo tipo di esperienze, ma anche e
soprattutto ai ragazzi così detti “normali” che potrebbero beneficiare di tali
attività.
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2. Logica dell’integrazione scolastica
2.1 Alcune definizioni
Secondo la teoria della disabilità, in accordo con le indicazioni date
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, vengono stabilite le seguenti
definizioni:
Malattia: si intende la condizione o l’anomalia che sta alla base del
processo morboso.
Menomazione: indica il danno funzionale che deriva dalla malattia.
Disabilità: si intende la riduzione delle capacità dell’individuo di far
fronte alle richieste, fattegli in relazione al suo ruolo sociale come conseguenza
della sua menomazione.
Handicap: si riferisce al correlato sociale della disabilità, la persona risulta
meno competitiva rispetto agli altri ed a causa di questo sarà probabilmente
esposto ad ulteriori frustrazioni e fallimenti.
La riabilitazione riguarda quell’insieme di azioni ed interventi volti ad
alleviare le menomazioni, la disabilità e gli handicap degli individui ed a
migliorare nei limiti del possibile, la loro vita.
Secondo la definizione data dalla legge 104 del 1992 “è persona
handicappata colui che presenta una menomazione fisica, psichica o sensoriale
stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di
relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di
svantaggio sociale o emarginazione.
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2.2 Breve storia dell’integrazione scolastica
Secondo i dati raccolti dalla direzione didattica di Modena dall’anno
scolastico 1999\2000 all’anno scolastico 2006\2007, la popolazione scolastica è
andata aumentando nelle scuole di ogni ordine e grado, e con essa ha avuto un
incremento anche la presenza di alunni portatori di handicap all’interno
dell’istituzione scolastica.
Gli alunni disabili hanno esigenze particolari e richiedono una
programmazione differenziata rispetto al resto della classe.
Se fino agli anni ’50 vigeva all’interno delle istituzioni la logica
dell’esclusione, dell’isolamento e della vergogna, basta pensare a quanti disabili
fisici si trovavano rinchiusi nei manicomi, negli anni ’60 si è passati alla logica
della medicalizzazione in cui il disabile era considerato un malato da guarire,
per giungere alla logica dell’inserimento nella prima metà degli anni ’70,
facendo propri i valori che attingono ai fondamentali disegni ispiratori della
carta costituzionale.
La legge 517 del 1977 ha sancito l’inizio della logica dell’integrazione
degli alunni disabili all’interno della scuola, che si è perfezionata con la legge
104 del ’92 che stabilisce la logica del diritto, della personalizzazione e della
“speciale normalità”.
Tra i principali provvedimenti legislativi per l’integrazione risulta
fondamentale il “Documento Falcucci” del 1975 in cui si stabilisce che “la
scuola appare la struttura più appropriata per far superare la condizione di
emarginazione, in rete con l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali
finalizzati all’identico obiettivo”, e che “la scuola può contribuire all’opera di
prevenzione e di recupero precoce”.
Per realizzare ciò si rende necessario un nuovo e variegato concetto di
apprendimento, che valorizzi tutte le forme espressive, l’ingresso di nuovi
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linguaggi nella scuola, forme di integrazione che prevedono la presenza di
insegnanti specializzati.
La sentenza n.215 del ’87 ribadisce ed amplia questi concetti affermando:
- compito della Repubblica è rendere effettivo il diritto a frequentare le
scuole;
- uguaglianza di tutti i cittadini;
- dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il
pieno sviluppo della persona;
- tutti i cittadini trattati allo stesso modo;
- i diritti all’educazione e all’istruzione sono diritti fondamentali delle
persone in situazione di handicap;
- la scolarizzazione è uno strumento di recupero;
- la capacità ed il merito vanno valutati secondo parametri adeguati alla
situazione di disagio;
- la scuola deve rispondere con maggior attenzione al maggior bisogno di
istruzione e di educazione.
Secondo una lettura pedagogica di tale sentenza:
- il minorato non deve essere considerato irrecuperabile;
- non si deve badare solo all’apprendimento ma anche all’integrazione;
- la scuola è uno strumento di recupero;
- l’isolamento è negativo per la formazione della persona;
- gli impedimenti alla scolarizzazione, cioè all’apprendimento e
all’integrazione, non devono permanere per le carenze delle strutture di sostegno
predisposte dalla scuola;
- la famiglia deve essere aiutata.
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La lettura giuridica e pedagogica dell’integrazione scolastica
sono
riassunte nella legge 104 del 1992, le cui finalità sono il rispetto della dignità
umana, il raggiungimento della massima autonomia e partecipazione, il recupero
funzionale e sociale, il superamento dell’emarginazione.
In essa viene data una definizione di persona handicappata e ne vengono
sanciti i diritti, in particolare il diritto all’educazione ed istruzione (art.12).
Il diritto all’educazione ed istruzione è garantito nelle scuole di ogni
ordine e grado, dagli asili nido alle università in classi comuni; inoltre
l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della
persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e
nella socializzazione.
L’esercizio del diritto all’educazione non può essere impedito da difficoltà
di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse
all’handicap.
Questa legge evidenzia un cambio di paradigma nella valutazione della
disabilità, si passa da un modello medico in cui la disabilità veniva considerata
una malattia da curare in contesti prevalentemente medici, ad un modello sociale
in cui i disabili vengono considerati cittadini con diverse abilità che non
debbono subire discriminazioni ed avere pari opportunità, nel trattamento sono
coinvolti tutti i settori della società ed è fondamentale l’inclusione sociale.
All’interno di tale sistema l’arte terapia si pone come strumento di
integrazione e di riduzione dell’handicap connesso alla disabilità.
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3. Arte e benessere
3.1 Concetto di salute
Secondo la classificazione dell’OMS, “la salute dell’uomo è una
condizione di perfetto benessere fisico, mentale e sociale e non significa soltanto
assenza di malattia”.
Risulta evidente che tale condizione di “perfetto benessere” è
difficilmente raggiungibile, però questa definizione amplia il concetto di salute
non solo come difesa dalla malattia, ma si propone di rinforzarla e promuoverla
nel senso del miglior funzionamento possibile, ossia dell’attuazione di tutte le
potenzialità psicofisiche insite in ogni individuo in rapporto al suo ambiente, in
una concezione olistica dell’individuo.
Nella società attuale, con l’aumento del tempo libero, il miglioramento del
livello medio della qualità della vita, dello sviluppo culturale e della presa di
coscienza della soggettività individuale, la ricerca individuale della salute è
diventata sempre più una ricerca di benessere psicofisico, che si ottiene
appellandosi alla propria creatività ed all’ampliamento del sé.
Ogni persona, a prescindere dall’età e dalle abilità, ha bisogno di
riaffermare sé stesso e di comunicare con gli altri. Il non poter esprimere
interamente sé stessi porta le persone a soffrire, e molti non lo fanno perché non
sanno di avere qualcosa da dire, però per potersi integrare nella collettività e
raggiungere degli scopi, fra cui il proprio benessere, l’uomo deve esprimersi.
Il diritto ad esprimersi e produrre la propria impronta creativa si può
considerare come indice di salute dell’individuo, in quanto ogni impronta
creativa lasciata riafferma il sé e comunica “Io ci sono, ed ho qualcosa da
esprimere”.
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L’arte si rivela un mezzo privilegiato per ottenere questi risultati, e non
deve essere considerata una attività riservata soltanto a chi risulta artisticamente
dotato, in quanto l’attenzione non si focalizza sul prodotto finito, ma sul
processo creativo che ha portato alla sua realizzazione.
L’arte terapia attraverso l’uso dei materiali e la loro sperimentazione
permette a chiunque di esprimersi, di lasciare la propria traccia creativa.
Attraverso il reintegro dei processi artistici all’interno di un contesto
sociale si può favorire lo sviluppo di una persona sana in una società sana, e
questo comporta non solo il benessere del singolo ma quello di tutta la società.
L’arte non può essere considerata una medicina, tuttavia, coinvolgendo le
emozioni può nutrire lo spirito,
motivare una persona a voler migliorare,
crescere e guarire. Incoraggia le persone a fare qualcosa perché vogliono farlo e
non solo perché qualcuno decide che per loro è utile.
All’interno dell’atelier di arte terapia non si ricerca il valore estetico del
prodotto, ma il suo valore simbolico, ognuno attraverso il mezzo artistico ha
l’opportunità di elaborare creativamente il proprio vissuto e di trasmetterlo agli
altri. Ogni persona possiede un potenziale autorigenerativo enorme, che spesso è
sufficiente stimolare appena, e le tecniche utilizzate in arte terapia hanno questo
scopo, oltre a migliorare la comunicazione tra corpo e mente.
Il privilegiare, nella civiltà occidentale, gli aspetti cognitivi e razionali
rischia di impoverire, se non addirittura atrofizzare, le risorse legate all’emisfero
destro del cervello, quello che regola la attività più arcaiche, come la fantasia, la
creatività, le intuizioni, le percezioni sensoriali ed i segnali corporei.
Tutto questo patrimonio, scarsamente utilizzato, trova il modo di
esprimersi per lo più inconsciamente, per cui riappropriarsene, consapevolizzandolo, è già di per sé terapeutico.
Attraverso un disegno si può contattare l’aggressività, manipolando la
creta si può facilitare la regressione e favorire una graduale riappropriazione
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della tenerezza, con la musica si può accedere a emozioni profonde rimosse, con
la poesia si possono integrare cuore e ragione. Tutto quanto attiene l’arte e la
creatività contribuisce a facilitare uno stato di benessere.
3.2 Arte terapia cos’è
Le arti-terapie non sono interventi magici, non sono solo terapie
alternative, non sono semplicemente tecniche di rilassamento, non sono
esperienze ludiche o di intrattenimento in cui fare arte o musica insieme. Esse
rappresentano interventi strutturati in una situazione terapeutica precisa con
regole ben definite.
La particolarità di tali tecniche è l’utilizzo del materiale artistico con
l’intento di favorire processi di comunicazione in pazienti che spesso hanno
difficoltà ad usare il linguaggio verbale.
L’idea di base, quella che le arti in qualche modo possano avere un potere
terapeutico, è molto antica, basta pensare alla funzione catartica nella tragedia
greca, alla danza e ai rituali che accompagnano la pratica degli sciamani, al
potere dei suoni per influenzare i comportamenti umani ed animali.
La storia scientifica delle arti-terapie inizia, invece, quando il rapporto tra
arte e terapia cessa di essere occasionale ed è inserito all’interno di un contesto e
di una situazione terapeutica definita.
I primi interventi di arte terapia vengono proposti all’interno delle
istituzioni psichiatriche, per risvegliare e costruire un tramite tra la realtà interna
dei pazienti ed il mondo esterno.
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I principi base dell’arte terapia sono:
- presenza di un ambiente relazionale;
- uso di materiali artistici come mediatori;
- attivazione del processo creativo;
- attivazione di risorse emotive e relazionali.
L’essenza dell’arte terapia consiste nel creare qualcosa, il “Processo
Creativo” ed il prodotto finale sono le basi dell’arte terapia.
Il processo creativo avviene principalmente nel preconscio, ed indica tutto
quello che avviene nel corso della produzione artistica, quale materiale usiamo,
cosa avviene nel tempo, quanto e come ci siamo, se ci sentiamo in difficoltà,
bloccati o viceversa se ci troviamo in una situazione piacevole. Il processo
creativo è il manifestarsi di una realtà individuale interiore, la creazione di una
immagine è il processo conscio di dare forma ad emozioni inconsce.
Il processo artistico facilita l’emergere di esperienze interiori e di
sentimenti che possono essere espressi in una forma non verbale, i materiali
offrono uno strumento tangibile attraverso cui creare un ponte tra coscienza ed
inconscio.
In arte terapia la relazione è sempre di tipo triangolare: la relazione tra
l’arteterapeuta e la persona (o il gruppo) è mediata dalla presenza di materiali e
dell’immagine che viene creata.
L’arte utilizza strumenti della realtà esterna per facilitare il manifestarsi
delle emozioni ed una loro integrazione, per favorire il raggiungimento di una
maggiore consapevolezza di sé e sviluppo personale, e per fornire strumenti per
affrontare i conflitti emotivi.
L’immagine creata è intesa come la rappresentazione di vissuti emotivi
difficilmente esprimibili con le sole parole e come ponte di comunicazione sia
con sé stessi che con gli altri.
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Ciò che ci interessa non è tanto il prodotto finito, quanto il fare, l’agire, il
capire che rapporto c’è tra il segno e chi lo produce nel momento stesso in cui
viene prodotto.
Lo scopo dell’intervento non è produrre opere d’arte apprezzabili dal
punto di vista estetico, ma di stimolare, far emergere i lati creativi presenti in
ogni individuo.
Attraverso il suo lavoro creativo, il bambino può identificarsi con sé
stesso, anche se ciò che produce è esteticamente insignificante.
L’arte si rivela un mezzo potente per accrescere la capacità di
comunicazione, offre all’individuo la possibilità di esprimersi e di comunicare il
proprio vissuto non attraverso le forme consuete di comunicazione, ma
attraverso il linguaggio artistico.
Attraverso il disegno, la drammatizzazione, la verbalizzazione, la libera
espressione dei propri affetti, viene permessa l’esternazione dei propri conflitti
in una condizione rassicurante e protetta che difende dall’angoscia e dai sensi di
colpa ed aiuta ad entrare in contatto con la propria condotta manifesta, a cogliere
i motivi ed il senso del proprio comportamento, al fine di contrastare le
esperienze negative vissute e poterle correggere.
Questo modo di comunicare con gli altri e con il terapeuta, permette di
scaricare le proprie pulsioni aggressive, proprio perché esse trovano
nell’espressione grafica una forma di mediazione, realizzando così un maggiore
distacco emotivo e permettendo l’accoglimento e la condivisione di tratti del
proprio carattere, altrimenti negati o respinti.
L’arte terapia favorisce l’integrazione dei tre livelli dell’esperienza:
emozione, azione, pensiero; e quando praticata all’interno di un gruppo
favorisce l’integrazione tra la persona ed il gruppo.
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4. Applicazioni dell’arte terapia
L’arte terapia trova applicazione in diversi ambiti: clinico, socioeducativo, formazione.
In ambito scolastico può essere utilizzata con gli studenti, bambini o
adolescenti, per favorirne la crescita sul piano emotivo e relazionale, prevenendo
l’insorgere di comportamenti a rischio di sviluppo psicopatologico e \ o di
emarginazione sociale.
Con gli insegnanti e gli operatori scolastici, per incrementare le loro
capacità di entrare in relazione con i bambini e con gli adolescenti sul piano
della comunicazione non verbale e per prevenire l’insorgere di fenomeni di
burn-out.
Con i genitori, per arricchire le loro competenze sul piano della relazione
con il bambino e l’adolescente, fornendo appositi strumenti comunicativi e di
gestione delle emozioni.
4.1 Arte terapia e scuola
L’arte terapia può avere un’importante valore educativo, se per educare
intendiamo “e-ducere”, tirare fuori, infatti essa rappresenta un processo che fa
emergere la coscienza attraverso la pratica espressiva, dell’osservazione e della
comparazione.
Attraverso le arti terapie si può realizzare una pedagogia dell’esperienza
corporea, cioè un’educazione a sentire, a percepire.
Per la sua valenza educativa, l’arte terapia si può applicare nel campo
della prevenzione, ed uno dei luoghi dove si dovrebbe fare prevenzione è la
scuola.
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La scuola rappresenta uno dei principali luoghi di differenziazione dalla
famiglia, è il posto dove il bambino fa delle esperienze non interamente
completate e mette le fondamenta delle esperienze necessarie per la costruzione
della futura identità.
La scuola è anche il luogo in cui il bambino e l’adolescente passano la
maggior parte del loro tempo, e dove quindi si possono individuare le situazioni
di disagio.
La crescita è caratterizzata da fratture e discontinuità, da gratificazioni e
frustrazioni, da desideri e da aspirazioni. Gli educatori scolastici devono fare in
modo che i bambini ed i ragazzi possano elaborare concretamente le
contraddizioni dei vissuti emotivi ed affettivi tipici dell’età.
Il lavoro creativo e la possibilità di canalizzare l’esperienza attraverso il
gioco, permettono di costruire un ponte reale tra interiorità ed esteriorità, tra
conscio ed inconscio. L’arte terapia permette al soggetto di vivere ed esprimere
il suo spazio interiore e permette di far affiorare alcuni nodi conflittuali senza
avere necessariamente delle conseguenze sgradevoli e poco gestibili, dunque per
lui inaccettabili.
Può succedere che con la scolarizzazione i potenziali creativi dei bambini
vadano persi. Questo può accadere non solo a causa del normale processo
evolutivo del bambino, ma anche per fattori culturali che privilegiano
l’espressione intellettuale, a scapito di modi più diretti di entrare in relazione
come quello dell’espressività.
La scuola potrebbe avere un ruolo importante nel salvare e valorizzare lo
spazio creativo. L’uso dei materiali artistici, poiché si prestano a molteplici
trasformazioni ed usi, costituisce uno stimolo costante alla sperimentazione, i
bambini imparano non solo a conoscere ed usare gli oggetti del mondo che li
circonda, ma anche a farlo in modo personale, sulla base delle proprie fantasie e
curiosità, dei propri percorsi creativi.
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L’arte provoca il risveglio dell’immaginario sopito, del desiderio, del
voler esserci.
Nei disegni spontanei emergono paure, fantasie, pressioni interne ed
esterne che rivelano i punti di forza e debolezza dell’Io, meccanismi difensivi
normali e patologici, e altri significativi aspetti dell’identità.
Il disegno di ogni bambino è un racconto emotivo e psichico di qualcosa
che il bambino vive e prova e decide di esplicitare. Quando rappresenta la realtà,
solo apparentemente il bambino si rifà alla realtà esterna, egli ripropone la sua
realtà affettiva e come la vive, se con leggerezza o pesantezza. Il bambino
attraverso il disegno interpreta gli eventi della sua vita ed esprime il suo disagio,
anche quando apparentemente non è presente.
“L’arte svolge un ruolo potenzialmente vitale nell’educazione dei nostri
bambini. Disegnare, dipingere, o costruire, costituiscono processi nei quali il
bambino fonde elementi diversi del suo ambiente per ottenere un tutto nuovo e
significativo. Nel processo di selezione, di interpretazione e di rielaborazione di
questi elementi, egli ci dà ben più di un quadro o di un modellato, ci dà una
parte di sé stesso: ci rivela come pensa, come sente e come vede. Per il bambino
questa è un’attività dinamica e unificatrice” (Lowenfield, 1967).
Per quanto riguarda l’adolescenza, è un periodo di precarietà e di
disorientamento, in cui i cambiamenti avvengono attraverso conflitti e delusioni,
espressi spesso in maniera violenta ed angosciante. Le tematiche conflittuali
riguardano il corpo che cambia, lo sviluppo dell’identità, la riorganizzazione del
mondo interno, la trasformazione dei valori morali, la modificazione delle
relazioni intersoggettive con lo spostamento dell’interesse dalla famiglia al
gruppo dei coetanei.
Proporre le arti terapie agli adolescenti significa proporre loro un modo
diverso per nominare, riconoscere, ripensare e riprodurre le esperienze emotive
attraverso le parole, con un dipinto, con un tema musicale, con un movimento.
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Tutto questo avviene in uno spazio protetto, non occasionale,
intenzionale, dove i ragazzi possono liberare il potenziale emotivo ed affettivo,
dove viene loro offerta l’opportunità di fare, di mettersi in gioco, di assumere un
rischio senza però dover rischiare troppo, con il vantaggio e lo scopo di poter
trasferire in altri contesti il risultato dell’esperienza, e di individuare nuove ed
efficaci opzioni di comportamento per il futuro.
Le arti terapie aiutano nella regolazione delle emozioni, e per questo sono
indicate per gli adolescenti. Per controllo delle emozioni si intende, anche in
ambito scolastico, il controllo delle manifestazioni comportamentali, cioè
dell’aspetto esteriore, evidente ed osservabile, del modo in cui le emozioni
vengono espresse. Quando si chiede a qualcuno un miglioramento della capacità
di autocontrollo, gli si chiede di passare da una forma spontanea e diretta di
comunicazione delle emozioni ad una più mediata, intenzionale, codificata e
quindi socialmente accettabile. Le arti terapie si collocano a metà tra
l’espressione spontanea e quella codificata delle emozioni, permettono il
passaggio da un tipo di espressione all’altro, favorendo una riflessione ed una
elaborazione dell’esperienza emozionale.
L’arte terapia dovrebbe trovare spazio in ogni ordine di scuola, dovrebbe
integrare il percorso scolastico come attività di accompagnamento e sostegno
dello studente nel suo processo di crescita e trasformazione.
Attraverso l’arte terapia si favorisce l’espressività, il benessere, la
comunicazione, si può dare rilevanza al mondo degli affetti, dell’emotività, delle
pulsioni, che, nei contesti di relazione quotidiana trovano difficoltà di
espressione,
si
favorisce
la
conoscenza
reciproca,
si
può
facilitare
l’apprendimento di alunni disabili, e favorire l’integrazione all’interno del
gruppo classe, soprattutto dove sono presenti alunni portatori di handicap fisici o
psichici.
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4.2 Arte terapia a scuola: handicap
In ambito scolastico l’arte terapia viene spesso proposta come attività di
laboratorio per i ragazzi disabili.
A questo tipo di utenza l’arte terapia può dare un sostegno affettivo e
socio-culturale. Lo scopo generale dell’intervento è quello di promuovere
l’autostima e l’espressione di sé, oltre che di migliorare le abilità motorie e la
salute fisica ed emozionale dei partecipanti.
Inoltre le attività artistiche permettono di ampliare le possibilità di
partecipazione sociale mediante lo sviluppo di competenze specifiche, e quindi
ridurre l’handicap.
Le attività di arte terapia sono adatte per qualunque persona,
indipendentemente dal grado di compromissione cognitiva e funzionale, e
possono portare risultati inattesi di miglioramento dell’attività cognitiva,
motoria, grafo motoria, costruttiva.
Questo perché l’arte terapia, attraverso il divertimento dato dall’uso dei
materiali, stimola le parti sane delle persone, che sono presenti anche se inattive.
Il divertimento è un fattore di motivazione essenziale per favorire il
superamento delle proprie limitazioni.
L’arte ha lo straordinario potere di coinvolgere le persone e motivarle a
superare i loro limiti.
Aiutare la persona a riscoprire le proprie potenzialità creative permette, da
un lato, di ampliare il campo di azione personale, dall’altro di scoprire
un’attività ludica e soddisfacente sul piano personale.
Il “fare arte” è una esperienza buona e generalmente gradita, che può
essere utilizzata ad ogni età per ricostruire l’integrità dell’Io minacciata da un
trauma, da una malattia o da una sofferenza. L’opera artistica costituisce una
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vittoria dell’Io sulle forze distruttive dell’inconscio, ed è per questo che il “fare
arte” rafforza nell’individuo il senso di identità.
La creatività è una componente misteriosa della mente umana, la
letteratura e la ricerca suggeriscono che l’attività creativa è fonte di opportunità
di scoperta di sé e di sviluppo personale, e l’esperienza artistica comporta un
notevole coinvolgimento emotivo e lo sviluppo di capacità di vedere e sentire
profondamente.
Insegnando alle persone a vedere ciò che le circonda, ad esprimere le loro
emozioni e affermando che loro, e soltanto loro, possono tracciare quei
particolari segni sulla carta, si dà loro una maggiore opportunità di conoscere sé
stesse e di affermare il loro diritto di essere rispettate e di volersi bene.
Questo è molto importante con i ragazzi disabili che a causa del loro
handicap presentano insicurezze personali ed una scarsa autostima.
Inoltre, con le arti visive, attraverso la conoscenza dei materiali e
l’esperienza con il disegno e la pittura, si fornisce uno strumento di esplorazione
interiore che ognuno può fare proprio e può utilizzare senza l’intervento di altre
persone, vengono fornite le risorse potenziali per continuare a lavorare e creare,
si arricchisce il potenziale creativo della persona.
A seconda del grado di disabilità si possono strutturare interventi diversi.
In caso di disfunzione motoria, in cui non necessariamente ci sia una
compromissione della capacità ideativa o percettiva, l’intervento può avere
come obiettivo l’evoluzione delle capacità grafo motorie coinvolte nella
produzione grafica.
Il fine del lavoro sarà la riduzione dell’handicap legato alla difficoltà a
compiere materialmente i movimenti necessari per creare un’opera, e favorire
una graduale acquisizione del controllo volontario della grafo motricità,
espressamente finalizzato alla produzione di opere pittoriche.
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Attraverso l’uso di tecniche specifiche e di appositi esercizi di grafo
motricità, che possono essere proposti a tutti per aumentare la creatività, si
potranno vedere miglioramenti nell’estensione dei tratti continui ed un maggior
controllo nell’uso dei materiali, che possono essere il preludio ad un maggior
controllo motorio anche in altri ambiti della vita quotidiana.
In questi casi l’arte terapia si rivela una attività gradita perché svolta in un
contesto ludico e divertente, ed il superamento dei propri limiti avviene in modo
quasi spontaneo, perché i movimenti necessari sono una conseguenza e non il
fine dell’attività.
In caso di ritardo mentale, in cui è possibile una compromissione della
creatività, mentre restano intatte le capacità realizzative, il lavoro si focalizza
sulla capacità di creare un’immagine, di visualizzarla nella mente, e quindi di
realizzarla.
Il ritardo mentale comporta difficoltà nell’attenzione protratta, limiti nella
capacità di elaborare programmi ideativi complessi, forme di rigidità e
perseverazioni. Tali limiti possono in parte essere superati grazie alla plasticità
del sistema nervoso centrale, che è in grado di riorganizzarsi per sviluppare
specifiche funzionalità se l’ambiente produce stimoli adeguati.
L’attività di arte terapia cercherà di favorire il contatto percettivo con
l’ambiente, e sviluppare l’osservazione di oggetti, stimolando la sperimentazione di diversi materiali.
Quando la persona avrà esercitato la capacità di rappresentare
graficamente l’immagine mentale, si potrà stimolare la motivazione creativa.
Questo esercizio coinvolge le funzioni attentive, percettive e cognitive,
stimolando la persona a sviluppare un comportamento coordinato, frutto
dell’integrazione di tutte le funzioni psichiche.
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5. Il gruppo
L’individuo, fin dalla nascita e per tutta la vita fa parte di una
organizzazione interpersonale complessa: il gruppo famigliare, il gruppo sociale
di appartenenza, il gruppo culturale, il gruppo scolastico, il gruppo amicale…
Quindi l’individuo non può essere visto come un’entità isolata, ma come
“nodo” di una complessa rete di interazioni che coinvolgono tutte le persone con
cui viene in contatto.
Come afferma Walton “Se la meta primaria è quella di socializzare una
persona, di aumentare le sue capacità a formare relazioni adeguate con gli altri,
la terapia di gruppo sarà il trattamento di elezione”.
Il gruppo terapeutico si presenta come uno spazio sociale protetto, nel
quale il soggetto può sperimentare e vivere l’incontro con l’altro in modo meno
conflittuale ed ansiogeno, imparando ad intraprendere delle relazioni più
armoniche e soddisfacenti, in cui scompaiono le sensazioni di alterità ed
estraneità e si sperimenta il senso di appartenenza, la condivisione, la
reciprocità.
La protezione del gruppo è garantita dalla presenza del conduttore, che
permette la sopravvivenza sia dell’individuo che del gruppo stesso, guida ed
incrementa le relazioni tra i partecipanti, e rende i contenuti accessibili a tutti.
Il gruppo come spazio sociale cerca di riprodurre la realtà esterna con
tutte le sue problematiche, apportandovi dei cambiamenti.
Nella situazione gruppale la persona ha la possibilità di manifestare,
riconoscere, decodificare e quindi modificare i propri modelli comportamentali
grazie soprattutto al feedback, positivo o negativo, che il gruppo gli rinvia in
conseguenza del suo comportamento.
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All’interno del gruppo avvengono dinamiche e mutamenti che non sono
determinati solo dalla sommatoria delle caratteristiche dei singoli membri, ma
che sono anche il risultato di aspetti che sono intrinseci al gruppo stesso e che
sono determinati da come i diversi membri si integrano e si mescolano tra di
loro, costituendo quella che viene definita “cultura o atmosfera di gruppo”.
Lewin la definisce “pressione di gruppo, Bion “mentalità di gruppo” e Foulkes
“matrice di gruppo”.
La situazione di ogni gruppo è specifica e non è riproducibile in altri
contesti, nonostante le somiglianze.
Poiché il desiderio di appartenenza al gruppo è una delle forze che hanno
maggiore influenza sull’individuo, egli sarà spinto a modificare il proprio
comportamento quando questo sarà in contrasto con la “cultura di gruppo”, ed
acquisirà dei modelli relazionali e comunicativi più corretti che lo faranno
accettare dal gruppo rinforzando il suo senso di appartenenza e quindi la sua
autostima.
Attraverso la partecipazione ad un gruppo terapeutico si fornisce la
possibilità di vivere un’esperienza collettiva che bilancia i vissuti precedenti di
rifiuto ed emarginazione in cui il paziente non compreso e rifiutato, rafforzava
l’interiorizzazione di una immagine negativa di sé. Infatti uno degli elementi che
caratterizzano il gruppo è il concetto winnicottiano di “holding”; essere accolto,
accettato, sostenuto ed incoraggiato non solo dal conduttore, ma anche dal
gruppo stesso.
I gruppi terapeutici generalmente sono aperti, autocentrati ed eterogenei.
Questo significa che i pazienti che abbandonano vengono sostituiti, che
l’attenzione è focalizzata sull’hic et nunc e le persone possono manifestare
liberamente tutto ciò che gli viene in mente, e che i componenti presentano
caratteristiche differenti tra loro.
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L’eterogeneità facilita l’apprendimento di nuovi modelli e lo sviluppo di
interazioni personali, spingendo la persona a modificarsi per raggiungere uno
stato di minore dissonanza dal gruppo.
La diversità è dinamica, noi apprendiamo per differenze, infatti la
differenza veicola informazioni, favorendo, nel movimento, l’incontro con
l’altro e quindi con parti diverse di sé, mentre l’uguaglianza produce
rispecchiamento che porta ad un atteggiamento contemplativo e non di
cambiamento.
Secondo Yalom i fattori terapeutici tipici della struttura gruppale sono:
- informazione: la condivisione di problematiche riduce l’ansia derivante
dal caos interno;
- infusione di speranza: deriva dall’interessamento e dal confronto con il
resto del gruppo;
- universalità: di problemi;
- altruismo: l’aiuto reciproco ed il senso di utilità producono un
incremento dell’autostima nel singolo;
- riepilogo correttivo del gruppo primario familiare: consente di
modificare i comportamenti disfunzionali;
- sviluppo di tecniche di socializzazione;
- comportamento imitativo: facilita i processi maturativi;
- apprendimento interpersonale;
- coesione di gruppo;
- catarsi: intesa come forte espressione di affetti.
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5.1 Il gruppo in arte terapia
Nell’ambito di una seduta di arte terapia, il lavorare in gruppo,
impegnandosi in una attività espressiva comune, ha una significativa funzione
socializzante, in quanto consente di modulare e graduare il rapporto con gli altri,
ponendosi in relazione ad essi attraverso l’apprendimento ed il rispetto delle
regole del setting. Il soggetto infatti può lavorare mantenendo la distanza e
successivamente, attraverso il disegno (esposizione della propria opera,
osservazione del lavoro degli altri, confronto dei risultati), ridurre tale distanza
avvicinandosi a relazioni comunicative con gli altri.
Paola Luzzatto descrive tre tipi di gruppo in arte terapia, anche se spesso
nella pratica clinica molti gruppi si situano in posizioni intermedie:
- lo studio aperto;
- il gruppo ad interazione simbolica;
- il gruppo interattivo-analitico.
Lo studio aperto è un tipo di gruppo che privilegia la comunicazione intrapsichica, facilitando il dialogo dell’utente con sé stesso. Ognuno lavora da solo
ma con la sicurezza di essere parte di un gruppo.
I partecipanti possono liberare le loro capacità immaginative e creative,
esprimendo pensieri ed emozioni del loro mondo interiore, sentirsi visti ed
essere accettati, in un ambiente protetto che facilita il processo creativo.
Lo studio aperto ha una connotazione quasi materna, un ambiente che
accoglie, accetta, permette delle trasformazioni, influisce beneficamente sullo
stato mentale del paziente e sull’alleanza terapeutica.
In questo tipo di gruppo i partecipanti possono entrare ed uscire
liberamente dalla stanza, ognuno lavora in solitudine e dopo gli elaborati
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vengono appesi alla parete e guardati insieme al terapeuta, questo è il momento
del sentirsi visti e rispettati.
Nel gruppo a interazione simbolica viene privilegiata la comunicazione
interattiva a livello simbolico, i partecipanti interagiscono tra di loro in modo
indiretto, cioè attraverso la condivisione e l’elaborazione delle reciproche
immagini.
Questo tipo di gruppo comprende sia un dialogo personale con
l’immagine che una dimensione interattiva nel gruppo, cioè l’elaborazione
personale è seguita dalla condivisione in gruppo di ciò che è stato fatto.
Le immagini sono più intenzionalmente auto espressive che nello studio
aperto, ed il tempo dedicato alla loro realizzazione è minore.
L’obiettivo principale è di facilitare la produzione di immagini
significative su cui i partecipanti si possano confrontare.
Ai partecipanti viene richiesta una frequenza regolare.
Nel gruppo interattivo – analitico si privilegia la comunicazione interpersonale dando un ruolo prioritario alla dinamica di gruppo che viene
considerata un fattore terapeutico primario, arricchito dai fattori terapeutici
specifici dell’arte terapia.
L’obiettivo è di offrire un ambiente recettivo, in cui i presenti possano
proiettare all’interno del gruppo, sia attraverso le parole che attraverso le
immagini, emozioni e comportamenti, che possono essere osservati,
riconosciuti, discussi e rielaborati. L’elemento verbale e quello non verbale
possono essere strutturati in due tempi diversi, oppure possono essere gestiti
contemporaneamente.
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6. Osservazione in arte terapia
Quando si parla di osservazione e valutazione bisogna tenere presene che
il ruolo dell’osservatore esterno è impossibile, in quanto il conduttoreosservatore dell’attività si trova inserito in essa, ed è parte attiva della relazione
terapeutica che si instaura. Il dialogo con il terapeuta è sempre presente, anche
se a livello inconscio, e permette al conduttore di accogliere e restituire
l’immagine a chi l’ha creata, in modo che possa da lui essere rielaborata ed
assimilata.
Le valutazioni fatte dal conduttore-osservatore, dipendono dai suoi vissuti
passati, dai suoi pregiudizi, nessuno è esente da queste dinamiche, ed ognuno
vede quello che è già dentro di sé.
E’ importante che il terapeuta sia consapevole dei suoi pregiudizi, e
conosca bene i suoi punti di forza e di debolezza, per questo motivo è
importante che abbia sperimentato in prima persona l’emozione di trovarsi con
un foglio bianco davanti.
Dato che i pregiudizi non sono eliminabili, il conduttore deve astenersi dal
fare interpretazioni, ma deve limitarsi a chiedere alla persona cosa rappresenta
quella immagine, non dovrebbe neanche esprimere giudizi estetici sull’opera,
ma limitarsi a fare domande per farsi raccontare la storia e le motivazioni da chi
l’ha creata, osservando solo quello che c’è o manca nel disegno.
E’importante anche indagare i sentimenti e le emozioni vissute durante la
creazione, ricordandosi che sono validi solo in quel momento ed in quel
contesto.
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Durante l’attività abbiamo deciso di osservare sia le dinamiche di gruppo
riguardanti l’interazione tra i partecipanti e con le conduttrici, sia le dinamiche
di lavoro personali.
L’osservazione è stata effettuata nei seguenti ambiti:
 Rapporto con l’ambiente
- rifiuto;
- accettazione;
- esplorazione, curiosità.
 Comportamento
- adeguatezza;
- isolamento;
- apertura e ricerca di contatto;
- auto od etero aggressività;
- invadenza dello spazio altrui.
 Mobilità
- movimento nello spazio;
- postura;
- stereotipie;
- tono muscolare.
 Comunicazione
- assente;
- affettiva (segnali, contatto fisico…);
- interazione con oggetti e strumenti.
 Rapporto con i conduttori
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- rifiuto;
- ricerca;
- accettazione.
 Modalità di lavoro
- sicurezza;
- indecisione;
- ricerca di aiuto;
- velocità di lavoro;
- concentrazione.
 Rapporto con i materiali
- preferenza per uno o più oggetti o materiali presenti;
- uso ricorrente di una o più modalità espressive;
- colori preferiti;
- qualità tattili ed olfattive dei materiali scelti;
- modo di usare i materiali, se convenzionale o innovativo;
- rispetto per i materiali.
 Rapporto con il foglio
-
tipo
di
foglio
scelto
e
preferito
(dimensioni,
colore,
consistenza…);
- rapporto con lo spazio del foglio.
 Verbalizzazione
- spontanea;
- difficoltà nella verbalizzazione;
- interesse o disinteresse;
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- presenza o meno durante lo svolgimento del compito.
7. Progetto
Il mio progetto di tirocinio di quest’anno si è svolto presso l’istituto
superiore P. Gobetti di Scandiano.
L’istituto raggruppa in un unico plesso scolastico, il liceo, l’I.T.I, l’I.T.C,
l’I.P.S.I.A.
La richiesta di attivare un laboratorio di arte terapia nasce dalle insegnanti
di sostegno che lavorano al suo interno, per variare l’offerta formativa ed
aumentare l’integrazione scolastica dei quindici alunni disabili che lo
frequentano.
Il laboratorio di arte terapia si è svolto dalla fine di gennaio alla fine di
maggio, per un totale di diciassette incontri, dalle 8,30 alle 10,30 del mattino.
I primi dieci incontri sono stati condotti insieme da me e da Daniela,
mentre gli ultimi sette solo da me.
All’attività hanno preso parte dieci alunni, caratterizzati da età, diagnosi e
caratteristiche differenti.
7.1 Introduzione al progetto
Svincolata dalla produzione del “bell’oggetto”, l’arte terapia rende
possibile comunicare e scambiarsi impressioni, ricordi, stati d’animo, immagini.
In questo modo viene data la possibilità di attivare risorse che tutti possediamo,
elaborando e dando forma al proprio vissuto per trasmetterlo agli altri e
trasformarlo creativamente attraverso l’espressione e la rielaborazione di
sentimenti, pensieri, vissuti.
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L’arte terapia porta, in chi la pratica, senso di rilassamento, soddisfazione
per l’opera prodotta, aumento dell’autostima e della partecipazione sociale
attraverso lo sviluppo di capacità artistiche, effetto catartico e calmante
dell’espressione emotiva.
Attraverso l’attività espressiva si può facilitare un lavoro di riabilitazione
dell’immagine del sé, introducendo nei ragazzi il piacere di realizzare dei lavori
e di comunicare con altre persone.
All’interno del laboratorio si cerca di ricreare un clima accogliente in cui
ognuno si senta a proprio agio e si senta libero di esplorare tutti i materiali che
gli vengono proposti per poter entrare in contatto con le proprie emozioni. Si
offre un contenitore che possa assorbire tristezza e dolore, in cui promuovere la
riscoperta di emozioni nascoste e dimenticate, che possono essere espresse
attraverso il gioco e la creazione artistica. Questo risulta molto utile con chi
fatica ad esprimersi verbalmente.
Il laboratorio offre uno spazio creativo come risorsa di gratificante vitalità
in cui ognuno si può sentire capace di realizzare qualcosa di suo e di bello, per
“dare gioia” ai suoi partecipanti.
L’esperienza creativa, oltre a rafforzare il concetto di identità
nell’individuo, sollecita anche funzioni cognitive. Il fare concretamente con la
materia attiva facoltà percettive, di intuizione, di selezione e scelta, suscita il
coinvolgimento ed indirizza verso uno scopo, spinge all’esplorazione e stimola
la ricerca di soluzioni.
L’obbiettivo primario non è la creazione di un qualcosa che sia bello ed
abbia un valore estetico, ma si cerca di favorire la produzione di qualcosa che
sia significativo per la persona, perché gli ha consentito di liberare le proprie
emozioni, paure, preoccupazioni. Per questo motivo l’attenzione del terapeuta si
concentra sul processo creativo, cioè viene data importanza al modo in cui la
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persona si presenta, si muove, si relaziona con gli altri, con lo spazio e con i
materiali.
Lavorando con il processo creativo in un ambiente caratterizzato dalla
massima libertà di azione e di espressione e da un clima giocoso, si possono
ottenere risultati inaspettati che vanno oltre le capacità manifestate in
precedenza.
Gli obiettivi che abbiamo cercato di perseguire attraverso il nostro lavoro
sono stati i seguenti:
- creare un ambiente accettante e non giudicante in cui poter esprimere le
proprie emozioni;
- stabilire la fiducia per favorire la libera espressione dei ragazzi anche su
tematiche per loro potenzialmente emotivamente intense;
- sviluppare la fiducia in sé stessi e l’autostima;
- incrementare la consapevolezza di Sé e l’espressione del proprio Essere;
- favorire la socializzazione, la conoscenza, l’accettazione e l’aiuto
reciproco all’interno del gruppo;
- esercitarsi a verbalizzare in gruppo;
- favorire il rispetto delle regole, dei tempi di lavoro e dei disegni altrui;
- stimolare e potenziare le abilità manuali;
- stimolare, potenziare ed esprimere la creatività e la fantasia;
- esercitare l’attenzione e la concentrazione;
- esercitare l’ascolto attivo;
- favorire l’autonomia.
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7.2 Luogo di svolgimento
Il laboratorio si è svolto all’interno di una delle aule dedicate al sostegno
presenti nella scuola.
L’ambiente è molto grande, con un tavolo al centro attorno al quale
siedono i ragazzi per lavorare.
Oltre che dai partecipanti all’attività l’aula è utilizzata come luogo di
appoggio o di passaggio, anche da altri insegnanti di sostegno, e non era
possibile chiudere la porta per consentire agli insegnanti di monitorare la
situazione esterna.
Questa non è sicuramente la soluzione ideale per un laboratorio di arte
terapia, in quanto l’ingresso di persone nuove nella stanza e la loro permanenza
sono fonti di distrazione, portano i ragazzi ad indirizzare la loro attenzione verso
il nuovo venuto piuttosto che verso il loro lavoro, e li inducono a relazionarsi
con loro invece che con i compagni e le conduttrici.
Abbiamo più volte dovuto chiedere agli insegnanti di fare silenzio, di non
parlare tra di loro o con i ragazzi, spiegando ogni volta il motivo della nostra
richiesta.
Con il tempo siamo state ascoltate e non c’è più stato il via vai e la
confusione che c’era durante i primi incontri.
L’unica distrazione rimasta è stato l’arrivo alle 10 dell’educatore e
dell’insegnante di sostegno di una delle partecipanti.
Inoltre il non avere un luogo dedicato e chiuso per l’attività, rende più
difficoltoso per i ragazzi, scindere l’attività di arte terapia dalle normali attività
didattiche, si attiva più difficilmente il senso di gioco e di libertà che sono
indispensabili per favorire la libera espressione emotiva e l’attivazione della
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creatività. La mancanza di intimità non favorisce la creazione di un sentimento
di fiducia che permette di esternare qualsiasi sentimento ed emozione.
Queste istanze di fiducia, comunione e comunicazione si sono create lo
stesso all’interno del gruppo, ma in tempi più lunghi rispetto a quelli che si
sarebbero avuti in una situazione diversa.
Siccome l’aula è utilizzata quotidianamente per le attività didattiche, i
materiali venivano sistemati all’interno di una scatola alla fine dell’attività, in
modo che non fossero usati in altri momenti, ed i lavori riposti all’interno delle
cartelline su uno scaffale.
Questo tipo di organizzazione rende indispensabile l’uso di una cartellina,
per conservare e garantire la sicurezza di quello che veniva fatto, per evitare che
il lavoro per la cui realizzazione venivano richieste energie fisiche e mentali
fosse incidentalmente rovinato o andasse perso.
I ragazzi venivano coinvolti sia nell’allestimento del piano di lavoro, che
nel riordino.
I materiali erano sistemati al centro del grande tavolo, mentre i fogli erano
su un tavolo più piccolo lì accanto.
I materiali a disposizione erano:
- materiali da disegno: matite dure e morbide, matite colorate, pennarelli,
penne, gomme, pastelli a cera;
- materiali da pittura: acquerelli, tempere, colori a dita, acrilici, pennelli,
spugne, bicchieri e piattini per il colore;
- materiali da costruzione: cartone, plastica, materiali di recupero, carta
velina, forbici, colla, scotch;
- materiali plastici: creta, plastilina;
- supporti per il lavoro: vari tipi di carta e cartoncino, di vari colori e
grandezze.
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La restituzione veniva fatta intorno al tavolo da lavoro.
7.3 Modalità e tempi
Sono state scelte le prime due ore della mattina perché i ragazzi che
usufruiscono del trasporto pubblico per venire a scuola arrivano a quell’ora, e
per avere la possibilità di concludere l’attività prima dell’intervallo, per evitare
di interrompere il lavoro che si stava svolgendo.
Per sopperire alle carenze spaziali, abbiamo cercato di strutturare gli
incontri in modo abbastanza rigido, per creare una cornice temporale che fosse
contenitiva e protettiva, per costruire insieme uno spazio nel quale fosse facile
stare e sperimentare.
Per farlo abbiamo stabilito una suddivisione dei tempi di lavoro, ed
abbiamo chiesto che venisse rispettata sia dai ragazzi che dagli insegnanti, per
evitare che gli insegnanti proponessero ai ragazzi di fare altre cose prima della
fine dell’attività.
Sapere che una esperienza ha dei limiti temporali precisi, consente ai
partecipanti di abbandonarsi ad esperienze regressive, scambi di ruolo, gestualità
e desideri finora tenuti nascosti.
Definire il tempo facilita ad affrontare esperienze nuove limitandone e
controllandone il fattore ansiogeno.
Rispettare i tempi risulta un valido strumento per combattere la
disorganizzazione interiore, e permette di imparare ad apprezzare a fondo le
esperienze che generano vissuti di piacere. Conoscerne il limite stimola il
vissuto del “qui ed ora” e la presenza a sé stessi e permette di prepararsi
gradualmente alla fase di separazione.
La scansione dei tempi da noi scelta è stata la seguente:
8,30\8,45 allestimento del piano di lavoro;
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8,45\9,00 accoglienza e consegna del tema;
9,00\10,00 elaborazione;
10,00\10,15 riordino;
10,15\10,30 restituzione.
Il primo quarto d’ora della mattina serviva a me e Daniela per capire chi
era presente quel giorno e per preparare i materiali per il lavoro che
intendevamo fare. E’ un po’ il quarto d’ora accademico in cui si dà a tutti il
tempo di raggiungere l’aula dopo aver preso il te e tenendo conto degli eventuali
ritardi nel trasporto.
Lo spazio dedicato all’accoglienza è un momento di ascolto reciproco, che
inizia quando tutti sono presenti, in cui si è seduti intorno al tavolo, ed ognuno
può raccontare qualche avvenimento o condividere emozioni e preoccupazioni.
E’ anche il momento in cui viene assegnato il tema della giornata.
Il tema in un gruppo di arte terapia può emergere dalla discussione
iniziale o può essere suggerito dal conduttore. Proporre un tema al gruppo
significa offrire un punto di partenza a chi non ha famigliarità con questo genere
di esperienze, o a chi si sente bloccato dall’ansia.
Per favorire la creatività e lo sviluppo della fantasia, abbiamo chiesto ai
ragazzi quali suggestioni procurasse loro il tema proposto, in modo da stimolare
anche chi ha meno idee degli altri, per favorire la concentrazione ed il pensiero
finalizzato.
Nella maggior parte degli incontri si sono proposti temi di carattere
generale, legati alla stagionalità ed alle tradizioni del territorio, i temi sono stati
spunti per permettere ai ragazzi di raccontare qualcosa di sé, per trovare punti in
comune con gli altri, inventare storie, collaborare.
In altri momenti invece sono stati lasciati i ragazzi liberi di esplorare il
materiale offerto, senza dare indicazioni, permettendo loro di toccare, strappare,
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accartocciare, picchiare, modellare, in modo da far emergere delle forme
dall’inconscio, senza razionalizzare quello che si stava facendo.
Tutti i ragazzi venivano invitati ad indossare un camice per evitare di
sporcarsi durante il lavoro, alcuni avevano un camice proprio, agli altri veniva
fornito da noi.
Prima di iniziare il lavoro ognuno era invitato a scegliere il supporto
cartaceo preferito, e veniva stimolato a farlo in autonomia, per prendere con le
proprie mani la carta preferita e favorendo l’uso delle forbici, per ritagliare un
foglio delle dimensioni adatte alle esigenze di quel giorno.
Anche i ragazzi in carrozzina venivano accompagnati al tavolo dei
supporti per toccare la carta tra cui scegliere, e venivano aiutati a fissarla al
tavolo con lo scotch, cercando, in questa operazione, di ampliare i loro gesti ed
autonomie.
Il tempo dedicato al lavoro è molto lungo, e vista la differenza nella
capacità di concentrazione e nella velocità di esecuzione del lavoro, veniva
concesso, a chi finiva prima, di allontanarsi con il suo educatore, per evitare che
disturbasse il lavoro degli altri. Il permesso di uscire era concesso solo dopo
aver riordinato i materiali usati, e con l’indicazione di rientrare in tempo per la
restituzione.
Durante il riordino ognuno doveva pulire e raccogliere il materiale usato,
secondo le proprie capacità e con l’aiuto di conduttori ed educatori.
La restituzione finale avveniva attorno al tavolo da lavoro, opportunamente pulito, ognuno era invitato a sollevare il proprio lavoro per mostrarlo agli
altri, e dire quello che aveva voluto realizzare, per ricevere dal resto del gruppo
un applauso di sostegno e condivisione. Non tutti erano in grado di spiegare il
loro lavoro, ma si sono dimostrati felici di mostrarlo e soddisfatti di ricevere
l’applauso.
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La difficoltà maggiore in questo momento è stata ottenere il silenzio, sia
da parte dei ragazzi che da parte degli insegnanti che facevano da spettatori, che
però era una condizione indispensabile perché tutti si concentrassero su quello
che vedevano e per manifestare rispetto verso chi, faticosamente, si esponeva
agli altri.
7.4 Problemi incontrati
Le difficoltà maggiori, nello svolgimento di questo progetto, le abbiamo
incontrate nella gestione dello spazio e degli insegnanti, più che nella relazione
con i ragazzi.
Per quanto riguarda i ragazzi, l’interazione con un numero di partecipanti
così elevato rende difficile dedicare a tutti l’attenzione che sarebbe necessaria
per il buon esito del progetto di arte terapia, e rende impossibile calibrare le
sedute sulle esigenze di ogni singolo partecipante per osservare dei progressi
significativi.
La necessità di fornire stimoli fruibili da tutti fa si che le nostre proposte
non fossero sempre accolte da tutti.
Tutti i ragazzi hanno tratto grande beneficio da un punto di vista
relazionale, mentre da un punto di vista più terapeutico ci sono stati livelli
diversi di risultati.
Per quanto riguarda lo spazio, le dimensioni, la necessità di tenere la porta
aperta ed il via vai degli insegnanti, hanno reso più difficoltoso e più lungo il
manifestarsi del clima di gruppo, della concentrazione e del processo creativo.
Con gli insegnanti le difficoltà maggiori le abbiamo avute nel far capire
che cosa fosse l’arte terapia e come si svolgesse l’attività, abbiamo dovuto
chiedere più volte che non interferissero nei lavori dei ragazzi e non creassero,
durante l’attività, una relazione privilegiata ed esclusiva con il loro alunno.
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Inoltre spesso erano proprio loro i principali responsabili della confusione che si
creava nella stanza.
Alcuni hanno capito ed accolto le nostre richieste e si sono limitati a fare
gli osservatori silenziosi, altri hanno deciso di sperimentare in prima persona le
possibilità offerte dai materiali, altri hanno preferito non partecipare più al
laboratorio.
Comunque, nonostante il nostro imbarazzo nell’imporre il silenzio o nel
dire cosa fare o non fare agli insegnanti, dopo i primi incontri la situazione è
notevolmente migliorata.
7.5 Relazione sui ragazzi
Ho deciso di fare un resoconto dell’attività svolta illustrando per ognuno
dei partecipanti quelli che sono stati i cambiamenti ed i risultati ottenuti, sia dal
punto di vista grafico che dal punto di vista relazionale e del comportamento.
lavoro di gruppo: il mare.
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7.6 Roberto
Partecipa solo ai primi 9 incontri, dopo sospende la frequenza perché
rientra la sua insegnante di sostegno che decide di fargli trascorrere le ore
dedicate all’arte terapia svolgendo attività in classe. Non viene lui a comunicare
il cambiamento ma veniamo informate da un’altra insegnante.
Frequenta la classe quarta, ha una diagnosi di sindrome polimalformativa
di Pierre Robin con sordità e ritardo mentale.
E’ un ragazzo timido ed educato, adeguato nel comportamento sia verso
gli altri ragazzi che verso gli insegnanti con cui predilige relazionarsi.
Rispettoso verso tutti e verso i materiali.
Durante le attività ha sempre lavorato con impegno e concentrazione,
privilegiando l’uso di pennarelli e colori a matita. Per usare le tempere ha
indossato i guanti per evitare di macchiarsi. Ha sempre scelto in autonomia il
foglio ed i materiali.
Ha sempre rispettato il tema, anche quando non gli era gradito, magari
facendo più produzioni, una seguendo il tema assegnato, una di suo gradimento.
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Dimostra di essere creativo e fantasioso.
La cartellina.
L'inverno.
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Carnevale.
7.7 Gianpaolo
Gianpaolo è un ragazzo di 19 anni che frequenta la quarta. È in
carrozzina, ha una paralisi cerebrale infantile tipo tetraplegica con deficit
cognitivo medio. Presenta problemi di linguaggio, risponde alle domande con
parole- frase, componendo brevi e semplici preposizioni. Ha difficoltà motorie.
Frequenta la scuola solo tre giorni a settimana, il resto del tempo lo passa
in un centro diurno, ha grosse difficoltà a rimanere in classe dovute al fatto che
non riesce a seguire le lezioni. È stato sempre accompagnato da una educatrice.
Ha preso parte a tutti gli incontri tranne l’ultimo perché era al mare con il
centro diurno.
Ha sempre partecipato con entusiasmo alle attività, contento di stare in
mezzo al gruppo e di far vedere a tutti i suoi lavori, e di creare qualcosa di suo.
Oltre ai disegni sui temi proposti ha fatto anche alcuni regali per la “sua amata”,
oltre a diversi omaggi all’inter, la sua squadra del cuore, di cui canta l’inno
insieme agli altri compagni.
Gli piacciono i colori, preferisce, per le difficoltà manuali, i colori a dita
ed i pastelli a cera, è riuscito anche ad usare le tempere e manipolare la creta.
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Ha bisogno di aiuto per fissare il foglio al tavolo, però riesce ad attaccare
lo scotch, aiuta nel riordino riponendo nella scatola i pastelli a cera uno per uno,
e disponendo gli strumenti in modo che per lui fossero comodi è riuscito ad
usare le tempere.
Il tempo dell’arte terapia per lui è stato importante in quanto è stata
l’occasione per fare qualcosa di concreto in compagnia degli altri ragazzi, prima
erano ore che trascorreva girando senza scopo per la scuola insieme alla sua
educatrice, all’interno dell’atelier ha potuto sperimentare ed aumentare,
attraverso una attività divertente, le sue capacità manuali e la soddisfazione di
realizzare qualcosa di suo in autonomia, per sé stesso e da donare agli altri.
Regalo per l'amata.
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Inter.
7.8 Doriano
Frequenta la classe terza, presenta esiti di idrocefalo congenito derivato,
ritardo mentale grave, doppia emiparesi, tratti autistici e pregressa epilessia,
daltonismo.
Ha partecipato a quasi tutti gli incontri, quelli che ha saltato è stato per
problemi organizzativi legati all’insegnante di sostegno.
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Si è sempre dimostrato contento dell’attività ed impaziente di iniziare il
lavoro. Preferisce i colori a tempera, lavora molto velocemente, realizzando ogni
volta anche quattro o cinque disegni. Non sempre ha rispettato il tema, però con
ogni disegno ha raccontato qualcosa di sé e del suo mondo, il nonno che vive al
mare e che lo porta a mangiare il gelato, l’ambulanza che lo accompagna a
scuola, la musica ed i film preferiti. Gli piace molto mostrare a tutti i suoi
disegni e voleva essere il primo a cominciare e ricevere l’applauso dei
compagni.
Non è riuscito a lavorare in autonomia, forse per la presenza costante
dell’insegnante.
Ha bisogno di essere incoraggiato a continuare il disegno e aiutato e
stimolato ad usare tutto lo spazio del foglio, dopo tre pennellate per lui il
disegno era finito.
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7.9 Renato
Renato è un ragazzo autistico, frequenta la classe terza.
È sempre stato presente a tutti gli incontri nonostante non sia molto
interessato all’attività.
Fatica a rimanere seduto e concentrarsi sul compito, la maggior parte delle
volte gira per l’aula riuscendo a stare insieme agli altri e concentrato sul lavoro
solo per pochi minuti. È sempre accompagnato dall’educatore.
Disegna con le tempere proponendo lo stesso tipo di immagine, a volte ha
portato in forma ripetitiva e stereotipata gli eventi della settimana trascorsa.
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La merenda.
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7.10 Alberto
Alberto è un ragazzo che frequenta la classe prima, ha un ritardo mentale
di grado medio con tratti autistici, stereotipie, deficit di attenzione e grave
disturbo del linguaggio.
Ha sempre frequentato l’atelier, predilige l’uso delle tempere. Ha ripetuto
sempre lo stesso soggetto, usando e tenendo separati due colori. Ha dimostrato di
saper usare le forbici e manipolare la carta e la creta.
Durante l’anno ha aumentato il tempo di permanenza nell’aula dedicato al
lavoro. Non parla, quindi durante le restituzioni si è limitato a mostrare i suoi
lavori rispondendo a semplici domande con un si o un no.
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7.11 Simone
Simone è un ragazzo di 17 anni che frequenta la classe terza, presenta ritardo
mentale.
Ha preso parte a tutti gli incontri. È un ragazzo poco creativo, avrebbe bisogno
di un lavoro specifico sia per aumentare la creatività, sia per realizzare le
immagini. Ha spesso ripetuto i temi degli altri ragazzi, mostrandosi frettoloso e
poco continuativo nella realizzazione. Si stanca in fretta e sparisce dall’aula,
bisogna chiamarlo più volte per sollecitare il riordino e la pulizia dei materiali.
Curioso e contento per la presenza di materiali diversi dai colori, che però usa in
modo stereotipato e convenzionale.
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Si imbarazza quando è oggetto di attenzioni da parte di una compagna, seduttivo
verso gli insegnanti, dispettoso nei confronti di alcuni compagni.
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7.12 Valeria
Valeria frequenta la classe terza e presenta un ritardo mentale di grado
medio con sindrome genetica.
Ha partecipato a tutti gli incontri, aumentando e variando l’uso dei
materiali e dei temi. Molto lenta nel lavoro, le prime volte non riusciva a
completare il disegno, poi ha aumentato la velocità di realizzazione riuscendo in
alcuni casi a fare due immagini, o almeno a finirne una. Si distrae facilmente
dedicando attenzione a quello che succede intorno ed a quello che fanno i suoi
compagni. Collaborativa e disponibile con tutti, durante le restituzioni è
migliorata la capacità di parlare in gruppo.
Cartellina.
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Carnevale.
Film preferito: la sirenetta.
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7.13 Daniele
Daniele frequenta la seconda classe e presenta autismo infantile con
disturbo del comportamento secondario.
È stato quasi sempre presente al laboratorio, per circa metà degli incontri
ha disegnato solo con i pennarelli, riproponendo lo stesso tema con i pianeti e le
faccine e scrivendo elenchi di amici ed insegnanti. In corrispondenza della
Pasqua ha aderito per la prima volta al tema delle uova al cioccolato usando le
tempere.
Conosce i colori e come mescolarli, gli piace farlo sia con le tempere che
con il pongo.
Durante le restituzioni non parla molto dell’immagine, fatica a rispondere
alle domande e ripete più volte la stessa frase. È comunque contento di
mostrarli, accetta di attaccarli insieme agli altri, e riesce a lavorare in coppia con
un compagno.
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7.14 Silvia
Silvia è una ragazza di 19 anni che frequenta la quarta, presenta paralisi
cerebrale infantile e tetraparesi.
Ha partecipato a quasi tutti gli incontri, saltandone uno per assenza da
scuola ed uno per dimenticanza.
Silvia è una ragazza creativa e dotata di fantasia, nel percorso fatto è
aumentata la sua voglia di fare, esprimersi, esplorare e condividere.
Nonostante le difficoltà motorie ha sperimentato con divertimento e
soddisfazione tutti i materiali proposti, provando grande soddisfazione nel
realizzare qualcosa da sola. Spesso chiedeva se quello che stava facendo era
corretto, e si è cercato di farle capire che tutto quello che faceva era giusto, che
l’immagine doveva soddisfarla, e che il nostro parere non era importante.
Nel corso del tempo ha ampliato i suoi movimenti, diventando sempre più
autonoma nel procurarsi il materiale che le serviva.
Durante l’attività ha cominciato a parlare con tutti, ed in più occasioni ha
dichiarato di voler sposare uno dei ragazzi che frequentano il laboratorio. Ha
condiviso con il gruppo i momenti di tristezza e di gioia, e spesso ha dato lo
spunto per cori che coinvolgevano tutti.
Ha sperimentato tutti i materiali, privilegiando quelli che non sporcano.
Spesso alla fine si sentiva affaticata, forse per lo sforzo e l’impegno messo
durante il lavoro.
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La mia famiglia.
Un regalo per la mamma.
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Prato fiorito.
Fiori di plastilina.
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7.15 Sara
Sara frequenta la prima classe e presenta diagnosi di ritardo mentale
medio, disturbi del linguaggio, del comportamento con aspetti oppositivi.
Sara fatica ad accettare le regole e non accetta i divieti, le piace fare
dispetti ai compagni e lascia segni sui fogli degli altri.
Usa moltissimo colore, li mescola tutti insieme creando un marrone che è
stato definito “color Sara”, con cui riempie i fogli creando uno strato spesso.
Spesso sconfina sul tavolo e nel foglio degli altri, come se il suo, per quanto
grande, non fosse in grado di contenerla.
Usa moltissimo materiale, carta, scotch, stelle filanti, se non viene fermata
riesce a consumare tutto quello che le si presenta, creando lavori molto ricchi.
Con il tempo questi comportamenti sono diminuiti, Sara ha imparato a
mettere nel piatto la giusta quantità di colore, ed è riuscita a mantenere i colori
divisi. È riuscita a lavorare in coppia con compagni ed insegnanti, rispettando il
lavoro altrui, ha smesso di invadere il foglio degli altri, i dispetti sono quasi
scomparsi. Oltre alle tempere è riuscita ad usare i pennarelli, ed ha sperimentato
la creta. Purtroppo i tentativi di usare i pennarelli ed usare i colori separati sono
quasi sempre finiti coperti da uno strato monocolore.
Durante le restituzioni non parla, anche per le difficoltà linguistiche, e non
risponde alle domande se non qualche volta ed a monosillabi, cerca il contatto
con le conduttrici da cui accetta limiti e divieti. Mostra le sue opere, e, siccome è
molto timida vuole sempre essere l’ultima, contenta di ricevere l’applauso e
l’approvazione dei compagni.
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Cartellina.
Carnevale.
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Luzzatto Caboara P. (2009), “Arte Terapia, una guida al lavoro simbolico per
l’espressione e l’elaborazione del mondo interno”, Cittadella Editrice.
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Zilzer V., Cossio A. (1997), “L’ombrello a colori”, FrancoAngeli.
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