L`Hiv é in auniento in 74 po ,`si del mondo. Si

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L`Hiv é in auniento in 74 po ,`si del mondo. Si
L'Hiv é in auniento in 74 po ,'si del mon do . Si allontana
l'obiettivo d i arginare l'epidemia entro il 2030
DI ANDREA BRENTA
L
e nuove statistiche sono più
allarmanti delle cifre ufficiali: l'Hiv non arretra così
rapidamente come annunciato. E senza una maggiore mobilitazione delle risorse, l'ambizioso
obiettivo di arginare in maniera
durevole l'epidemia entro il 2030
non potrà essere raggiunto.
L'allarme è contenuto in un
enorme lavoro statistico realizzato dal Global Burden of Diseases,
un network forte di 1.700 collaboratori, che presenta risultati più
pessimisti rispetto ai dati ufficiali
di Unaids.
Lo studio, pubblicato sul sito
della rivista Lancet Hiv, è stato
presentato lo scorso 20 luglio durante la 2lesima Conferenza internazionale sull'Aids, a Durban, in
Sud Africa. La conclusione è poco
incoraggiante: dal 2005 il numero di nuove infezioni decresce più
lentamente rispetto al decennio
precedente. Non solo: il Global
Burden of Diseases traccia un
quadro a tinte più fosche rispetto
ad Unaids, contando 2,4 milioni
di nuovi casi nel 2015 contro i 2,1
milioni riportati dal Programma
Onu. E sono 74 i paesi che hanno
visto aumentare il numero di infezioni tra 2005 e 2015. Tra questi,
l'Egitto, il Pakistan, il Kenya, le
Filippine, la Cambogia, il Messico
e la Russia.
Le cifre sono discordanti anche
per quanto riguarda la mortalità.
Unaids ha censito 1,1 milioni di
vittime nel 2015, ma Gbd dà un
numero più preciso: 1,19 milioni.
E anche i dati sui sieropositivi non
coincidono affatto: secondo Unaids
sarebbero 36,7 milioni nel mondo,
mentre Gbd ne conta 38,8 milioni.
Infine, per le Nazioni Unite il 46%
degli adulti e il 49% dei bambini
;;
sieropositivi beneficiano di trattamenti anti-Hiv, contro il 40,6%
censito dallo studio del Global
Burden of Diseases.
Come spiegare una simile differenza? Le stime di Unaids si basano su dati forniti in prevalenza dai
vari paesi e su modelli matematici, mentre il Gbd attinge da varie
fonti, tra cui - molto importante e
affidabile - i certificati di morte.
In ogni caso, la verità messa a
nudo da questo nuovo studio è che
il livello attuale dei finanziamenti
non consente di avere un impatto
reale sull'epidemia. «La realtà è
che da dieci anni riusciamo soltanto a tappare le falle», lamenta
Aurélien Beaucamp , presidente
della ong francese Aides. Un'analisi che non si discosta da quella di
Peter Piot, direttore della London
School of Hygiene and Tropical
Medicine: «Questo lavoro mostra
che l'epidemia di Aids non è assolutamente conclusa e che il virus
resta una delle maggiori minacce
per la salute pubblica della nostra
epoca. Il tasso annuale di 2 milioni
di nuove infezioni rappresenta uno
scacco collettivo al quale si deve rispondere con una intensificazione
degli sforzi di prevenzione e con un
investimento continuo nella ricerca sul vaccino contro l'Hiv».
Un rapporto del Financing Global Health, pubblicato lo scorso
aprile, sottolineava che il finanziamento annuale mondiale aveva
raggiunto il picco di 11,2 miliardi
di dollari (10,15 miliardi di euro),
ma era crollato a 10.8 mld di dol-
lari nel 2015. Secondo uno studio
; realizzato lo scorso anno, e pari
a 36 miliardi di dollari la somma
necessaria per sconfiggere l'emergenza Aids entro il 2030. Dunque,
la strada è più lunga di quanto si
pensasse.
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Tra i 74 paesi che hanno visto aumentare il numero di infezioni da Hiv
ci sono Egitto, Pakistan, Kenya, Filippine, Cambogia, Messico e Russia