Investimenti e internazionalizzazione delle imprese [file
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI INVESTIMENTI E INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE IL CASO VIETNAM Relatore: laurea di: Prof. Annamaria Baldussi Mario Boi Tesi di Anno accademico 2005-2006 INTRODUZIONE ……………………………………………...…...……………………………7 1. DALL’INDIPENDENZA AL 1975 …………...……..………………………………….....11 1.1. Il Vietnam del nord: un’economia pianificata ...………….…………………………......12 1.2. Vietnam del sud: un enorme mercato nero ……….…………………..………….………14 2. LA RIUNIFICAZIONE DI DUE SISTEMI ECONOMICI DIFFERENTI .....…….17 2.1. 1979-1981: un piano fallito e l’inizio delle riforme …………………...………………….19 2.2. 1982-1985: un periodo di ripensamenti …………………………………………………..20 2.3. Doi Moi: l’economia di mercato a guida socialista e l’avvio delle riforme ..…...………20 2.4. 1987-1988: la decollettivizzazione ………………………………………………...............21 2.5. 1989-1991: la stabilizzazione ………………………………………………………………22 2.6. 1992-1996: l’età dell’oro …………………………………………………………...………24 2.7. 1997-1999: la crisi asiatica e il duro risveglio …………………………………………….29 2.8. Le conseguenze sociali e politiche della grande crisi …………………………………….31 2.8.1. Le principali questioni economiche ancora irrisolte ……………………………………34 2.9. Analisi dei settori trainanti dell’economia vietnamita…………………………………...37 2.10. Il Vietnam nel mondo: relazioni differenziate; normalizzazione e cooperazione .............con gli ex nemici ………………………………………………………………………….41 2.10.1. Il peso delle vicende indocinese .....................................................................................43 2.10.2. La ripresa dei rapporti con i “fratelli” di un tempo .......................................................45 2.10.3. L’ASEAN ......................................................................................................................46 3. ANALISI DELLA SOCIETA’ …………..……………………………………………........51 3.1. Cause di povertà …………………………………………………………………...............52 3.2.Contraccolpi negativi dello sviluppo: la disparità di reddito e l'urbanizzazione incontrollata ……………………………………………………………………………...…53 3.3. La lotta contro la povertà: i risultati positivi delle riforme economiche .........................55 3.4. I vizi sociali …………..………………………………………………………………..……57 3.5. Una società in trasformazione: l'eredità del confucianesimo …………………...………58 3.6. Popolazione e famiglia ……………………………………………………………………..60 3.7. Le minoranze etniche ……………………………………………………………………...62 3.8. Il ruolo della donna ………………………………………………………………………...64 3.9. La sfera religiosa …………………………………………………………………………...65 3.10. Lo stile di vita ……………………………………………………………………………..67 4. IL VIETNAM VERSO IL FUTURO: PROBLEMI E SFIDE PER IL NUOVO MILLENNIO ………………………………………………...…………………………...……71 4.1. Fornire la canna da pesca ………...……………………………………………………….71 4.2. La politica: un argomento controverso …………………………………………………..73 4.3. Le contraddizioni dell'identità nel mondo attuale: l'apertura all'esterno ……………..77 4.4. Speranze e timori per l'avvenire ………………………………………………………….80 5. INVESTIMENTI ESTERI IN VIETNAM ……………………………………………...83 5.1. Localizzazione degli investimenti ........................................................................................92 5.2. L'import .................................................................................................................................95 5.3. L'export .................................................................................................................................96 5.4. Investimenti esteri, sistema societario e forme di investimento .......................................97 5.4.1. Joint Venture Enterprise (J.V.E.) ....................................................................................98 5.4.2. Impresa al 100% estera (F.O.E.) ....................................................................................99 5.4.3. Contratto di cooperazione d'affari ...............................................................................100 5.4.4. Restrizioni e incentivi ...................................................................................................100 5.4.5. Licenza di investimento e procedure per l'approvazione di un progetto di ………………..investimento ……………………………………………………………………………….101 5.4.6. La normativa sul lavoro ...............................................................................................103 5.4.7. Diritti d'uso sul suolo ...................................................................................................103 5.5. Il sistema fiscale .................................................................................................................104 5.5.1. Imposta sul reddito delle persone fisiche .....................................................................104 5.5.2.Imposta sul reddito delle persone giuridiche ...............................................................104 5.5.3. Imposta sul Valore Aggiunto ......................................................................................105 5.5.4. Imposte varie .............................................................................................................105 5.5.5. Accordo sulla doppia imposizione ...............................................................................107 5.5.6 Trattamento fiscale per le imprese straniere non registrate .........................................108 5.6. Previsioni ........................................................................................................................108 6. UNDICI GENNAIO 2007: L'INGRESSO NEL WORLD TRADE .......ORGANIZATION ……………………………………………………………………..…113 6.1. Vietnam Business Forum .................................................................................................116 6.2. Privatizzazioni...................................................................................................................117 7. ITALIA E VIETNAM ……………………………………..........………………………….119 7.1. Il ruolo dell'Italia ...............................................................................................................119 7.2. Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE)..............................................................124 7.3. Il caso Merloni ...................................................................................................................126 7.4. Il caso Perfetti ....................................................................................................................127 7.5. Il settore turistico ...............................................................................................................129 7.6. Prospettive italiane in Vietnam.........................................................................................132 CONCLUSIONI…………………………………………...............………..……………… …..135 BIBLIOGRAFIA ………………………………………………..........…………………139 INTRODUZIONE “Ciò che si sta verificando in Asia è di gran lunga il più grande sviluppo del mondo, la modernizzazione dell'Asia cambierà per sempre la struttura dell'economia mondo” John Naisbitt Scopo di questo lavoro è l’analisi del quadro attuale del Vietnam, partendo dal sostrato socio-politico, attraverso una dettagliata analisi economica, con riferimento particolare all'investimento di capitali internazionali, specie in relazione alla presenza italiana. L’indagine vuole proporsi come guida agli investimenti in un paese caratterizzato da un’economia in pieno boom, in cui nel 2006 la crescita ha toccato l’8,2%, gli investimenti stranieri sono calcolati dell'ordine di 10,2 miliardi di dollari e si prevede che il 2007 sia il diciassettesimo anno consecutivo di crescita industriale a due cifre. Il Vietnam ha il tasso di crescita più alto del mondo dopo la Cina, merito di diversi fattori: le riforme politiche del doi moi del 1986; la crescita degli investimenti esteri, assistiti e appoggiati dallo Stato a guida comunista; la crescita delle esportazioni; il passaggio da un’economia centralizzata ad un’economia caratterizzata da liberalismo e progresso industriale; l'aumento del numero di aziende private; la sempre maggiore apertura all’esterno culminata con il recente ingresso del Vietnam nel World Trade Organization (WTO). Fondamentale per lo sviluppo è l’alto tasso di alfabetizzazione, che raggiunge livelli di poco inferiori alla media dei paesi occidentali, nonché la presenza di una popolazione molto giovane in cui più del 40% ha meno di diciotto anni e più del 60% ha meno di ventisette anni. A partire dagli anni ’40, nonostante le continue guerre, prima contro i francesi e poi contro gli americani, che assorbivano la maggior parte delle risorse e delle energie del paese, furono poste le basi per la formazione di quella popolazione istruita, civile e progredita che è il vanto e il maggiore capitale del Vietnam di oggi e che rappresenta una chiave di lettura fondamentale ai fini della comprensione del “miracolo vietnamita”. Il Vietnam, inoltre, è ricco di risorse naturali, in particolare di petrolio grezzo, che rappresenta la maggiore esportazione, sebbene la benzina sia per lo più di importazione. Parallelamente è il secondo esportatore di riso e caffè al mondo. Il recente accesso all’WTO, formalizzato l'11 gennaio del 2007 e fortemente enfatizzato dalle autorità vietnamite, è di fondamentale importanza per garantire una crescita duratura e una sempre maggiore integrazione nell'economia mondo. I vietnamiti sono estremamente patriottici e dispongono di uno spirito imprenditoriale molto pronunciato: duro lavoro e determinazione sono elementi caratteristici dell’identità nazionale. La conoscenza attenta e accurata della società è il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi investitore che scelga di destinare i propri capitali all’estero. E ciò vale, in particolar modo, per il vivace mercato vietnamita: l’indagine economica da sola non sarebbe sufficiente a rendere conto di una situazione che va analizzata sotto molteplici aspetti. Un popolo duramente provato, in un passato recente, da una lunga guerra, il quale vive nella storia mondiale il proprio momento di cruciale sviluppo, una “rivoluzione psicologica” inarrestabile scoppiata in tutta l'Asia orientale. “La più importante delle forze profonde che agisce nei Paesi dell'Est asiatico è la crescente consapevolezza degli asiatici orientali che nella storia è giunto il loro momento, che possono finalmente unirsi alla lega delle società sviluppate. Per un europeo o un nord americano è difficile capire l'importanza della rivoluzione psicologica in atto nell'Asia orientale perché non possono entrare nella mentalità asiatica. Le loro menti non sono mai state imbavagliate dal colonialismo. Non hanno mai combattuto contro la convinzione inconscia di essere uomini di seconda classe, mai abbastanza bravi da diventare il numero uno. La crescente consapevolezza che gli asiatici dell'est possano fare qualsiasi cosa altrettanto bene, se non meglio, di altre culture, ha portato ad un'esplosione di fiducia. Questa fiducia è incoraggiata dalla constatazione che il tempo necessario per raggiungere il mondo sviluppato si stia accorciando.” K. Mahbubani Per l’investitore è fondamentale la conoscenza della cultura e dei costumi locali, motivo per cui nella nostra ricerca si è scelto di dedicare grande attenzione all'analisi della società in tutti i suoi aspetti, in quanto un’impresa estera che decida di internazionalizzarsi in Vietnam diventa di fatto un’impresa vietnamita, pur gestita in alcuni casi da stranieri, sia nel caso in cui decida di esportare il proprio prodotto e sia soprattutto nel caso in cui decida di vendere il prodotto nel mercato interno. Partendo dalla storia e dalla analisi delle condizioni del paese nel dopoguerra, si è considerato il complesso di valori socio-culturali e le aspettative che permeano e motivano il comportamento della popolazione. Un paese che vive un momento di transizione, che passa da condizioni di estrema povertà a condizioni di crescita inarrestabile, in cui appaiono di fondamentale importanza gli investimenti esteri, che forniscono il paese di capitali, ma anche delle tecniche e delle tecnologie sviluppate in occidente indispensabili per progredire in maniera rapida. D'altro canto, per le sature economie occidentali la delocalizzazione delle imprese e l'investimento dei capitali in Asia non è che una grande opportunità, oltreché necessaria, dovuta al sempre maggior e temibile grado di capacità competitiva. Nessuna grande impresa capitalistica può ormai sottrarsi alla necessità di operare scelte di forte coinvolgimento produttivo nei nuovi ed estesi mercati in forte crescita degli emergenti Paesi asiatici. Ciò al fine di continuare a crescere e a competere a livello mondiale, sia dal punto di vista del consolidamento economico, sia dal punto di vista dell'aumento della produzione, in un'area del mondo in cui vive circa la metà della popolazione totale e in cui è in atto la più importante e fulminea rivoluzione economica che si sia mai vista nella storia. Ciò deriva anche dal fatto che si è fortemente accentuata la concorrenza tra le imprese del mondo capitalistico, per cui appare necessario indirizzare gli investimenti in tali Paesi, a fronte di mercati nazionali caratterizzati da fenomeni di saturazione nella domanda di beni e servizi. Il decentramento produttivo nei mercati emergenti, specie asiatici, sta diventando una questione essenziale per l'avvenire delle grandi compagnie multinazionali e, più in generale, per i sistemi capitalistici. Il destino delle imprese occidentali dipenderà non poco dalla sfida che proviene dal mercato asiatico. Sfida che a sua volta dipenderà anche dalla capacità e abilità delle multinazionali non solo di esprimersi con nuove modalità organizzative, ma anche con rinnovate strategie nei diversi contesti socioculturali ed istituzionali del mondo asiatico. La conoscenza del sostrato politicosocio-culturale è fondamentale: perciò appaiono più adeguate, soprattutto in fase iniziale, forme di intesa e accordi di cooperazione (joint venture, ad esempio) con le imprese locali. Il prossimo futuro non sarà dell'impresa internazionalizzata sradicata dai contesti nazionali, ma, al contrario, di quella consapevolmente multiradicata. Un'impresa che non tanto miri ad adattarsi ai differenti contesti dell'economia globale nei quali opera, ma piuttosto tenda a coinvolgersi nei medesimi, valorizzandone le forze produttive, superando la logica di tipo "coloniale" che ha a lungo caratterizzato le relazioni internazionali. Non più soltanto impianti e macchine pronti per l'uso, ma sempre più progetti, disegni, conoscenze immateriali che richiedono di essere applicati a specifici obiettivi locali. Sono le specifiche condizioni culturali e sociali di ciascun paese a rappresentare le risorse peculiari nelle quali si deve radicare lo sviluppo economico delle imprese straniere. Il segreto del successo sta nell'impiego delle risorse locali (specie le risorse umane). Solo così si può riuscire a produrre in modo più efficace ed efficiente. Ciò che conta è come si riesce a conseguire la disponibilità del capitale umano e la sua continua formazione ed aggiornamento. "L'economia di domani, è ormai evidente sarà un'economia dell'immaginazione, delle idee. Dove la scommessa si vince o si perde se si è capaci di mobilitare energie intellettuali e talenti. Le nazioni che riusciranno a competere saranno quelle che investiranno nell'intelligenza e nell'immaginazione" J. Lang Da ultimo, si sono considerate le relazioni economiche tra Italia e Vietnam, che nel quadro generale degli investimenti esteri appaiono quantitativamente scarse, ma che sono in costante crescita e che rappresentano per il nostro Paese flussi importanti, in un paese, il Vietnam, caratterizzato da un'economia dinamica. 1. DALL’INDIPENDENZA AL 1975 Fig. 1. Posizione del Vietnam nel mondo. Nel 1954 ebbe termine il colonialismo francese in Vietnam con la vittoria di Dien Bien Phu e, in base agli accordi di Ginevra, il paese venne suddiviso al diciassettesimo parallelo. In seguito il governo del sud, guidato da Ngo Dinh Diem e appoggiato dagli Stati Uniti, rigettò di fatto gli accordi: ne scaturì un sanguinoso conflitto che durò per un ventennio (1954-1975). All’epoca il Prodotto Nazionale Lordo (PNL) del sud era il doppio rispetto a quello del nord con delle differenze strutturali molto evidenti: il nord aveva adottato un modello economico filo-sovietico in contrapposizione al filo-americano sud. 1.1. Il Vietnam del nord: un’economia pianificata Fig. 2. Il Vietnam del Nord. Il nord, Repubblica Democratica del Vietnam, guidato dal Partito del Lavoro (Lao Dong) e dal presidente Ho Chi Minh, adottò un modello di economia centralizzata sull’esempio dell’Unione Sovietica con la relativa collettivizzazione e creazione di fattorie di stato e cooperative agricole; nel 1958 si verificò anche la nazionalizzazione delle aziende private. Sempre nel 1958 iniziò la pianificazione con un primo piano quinquennale che puntava a una rapida industrializzazione del paese, in particolare nel campo dell’industria pesante e del settore energetico (carbone ed elettricità) con l’agricoltura che era considerata al servizio dell’industria. In seguito all’intensificarsi dello sforzo bellico e dei bombardamenti americani la questione economica perse rilevanza e la collettivizzazione si arrestò, se non addirittura arretrò, a favore di una, seppur limitata, liberalizzazione. Il primo ventennio di pianificazione economica non diede risultati positivi: la produzione industriale ristagnava, i prezzi sul mercato parallelo erano superiori a quelli del sistema distributivo statale e i contadini si dedicavano soprattutto alla coltivazione del piccolo appezzamento “privato” che erano autorizzati a mantenere (Tab.1). Tutto ciò creò pressioni inflazionistiche e ingiustizie sociali. Questi risultati furono il frutto e dell’influenza sovietica e dello sforzo bellico contro la potentissima macchina militare americana. D’altro canto, durante tutto il periodo di guerra la Repubblica democratica del Vietnam ricevette cospicui aiuti da parte dell’Unione Sovietica, dei paesi del COMECON (Consiglio di mutua assistenza economica tra i paesi dell'Europa orientale) e della Repubblica Popolare Cinese. Tali aiuti costituivano un indispensabile sostegno in una situazione di conflitto, offrendo uno sbocco alle fabbriche vietnamite, borse di studio a migliaia di tecnici, ingegneri, medici, scienziati e artisti per la loro formazione in Europa orientale e in Cina e, oltre a ciò, le rimesse dei lavoratori vietnamiti in Europa orientale costituirono il capitale iniziale su cui furono poi fondate imprese e attività di successo. Tab. 1. Superficie media pro - capite posseduta nel Vietnam del Nord dalle varie classi di conduttori (in metri quadrati). Prima del 1945 Dopo la riforma agraria Proprietari terrieri 10.980 730 Contadini ricchi 4.200 1.720 Contadini medi 1.450 1.710 Contadini poveri 472 1.390 Contadini senza terra 112 1.370 Fonti: Statistical Yearbook of the Democratic Republic of Vietnam. 1.2. Vietnam del sud: un enorme mercato nero Fig. 3. Il Vietnam del Sud. Nel 1954 il Vietnam del sud aveva sviluppato un’industria di base soprattutto nel settore agro-alimentare, oltre che in quello tessile e della carta, nonché di produzioni pregiate quali la gomma. In particolare, la produzione di riso risultava sufficiente al fabbisogno della popolazione. Solo nel 1970 nell’estremo tentativo di attirare le simpatie della popolazione rurale che appoggiava in massa le operazioni dei Vietcong, il governo tentò, anche sotto la pressione americana, una tardiva riforma agraria che prevedeva la distribuzione delle terre agli affittuari. Nel ventennio fino al 1975 la produzione agricola subì un declino in termini pro-capite soprattutto per quanto riguarda il caucciù e il riso, in precedenza settore trainante, e dal 1965 in poi addirittura merce di importazione. Il governo Diem decise di favorire la produzione di beni di consumo correnti e durevoli: fu avviata la costruzione di infrastrutture a scopi civili o militari; fu incrementata la produzione di tessuti, di materiali chimici, soprattutto insetticidi, di plastica, di carta e di batterie. Anche la produzione della birra e del tabacco registrarono una notevolissima crescita, connessa alla presenza dei soldati americani. Mentre il settore dell’industria agro-alimentare di base e della gomma registrarono una crescita modesta o addirittura un decremento. I servizi costituivano la principale risorsa del sud, superiore alla metà del prodotto nazionale. In particolare il commercio, legato innanzitutto alla comunità cinese nel quartiere di Cho Lon di Saigon. Molte famiglie della borghesia compradora, etnicamente cinesi, esercitavano un monopolio di fatto sulla distribuzione all’ingrosso delle merci, controllandone l’offerta e i prezzi. Numerosi di essi appartenevano alla minoranza cattolica. Durante tutto questo periodo l’economia aveva subito una sostanziale stagnazione. Il terziario fu alimentato anche dall’ingrossamento delle file dei militari e impiegati pubblici, spesso al servizio di istituzioni americane civili e militari. Tuttavia questi servizi generavano nella maggior parte dei casi un reddito effimero, legato all’economia di guerra e alla presenza americana. D’altro canto si verificò un vertiginoso incremento di fenomeni quali il commercio della droga, prostituzione e contrabbando, transazioni di mercato nero, corruzione e traffici illegali di vario genere. Gli squilibri del sistema economico e sociale furono accentuati dall’inurbamento disordinato: sotto la spinta dei rastrellamenti e dei bombardamenti, milioni di abitanti dei villaggi abbandonarono le campagne e la produzione agricola, inserendosi nel precario sistema economico e spesso nell’economia sommersa della città. La percentuale della popolazione urbana raggiunse il 45%, anche in seguito alle operazioni militari americane volte a svuotare le aree sospettate di connivenza con la guerriglia, con la popolazione costretta a vivere nei cosiddetti “villaggi strategici”, controllati dai militari americani o sud-vietnamiti. Le campagne erano sottoposte a bombardamenti a tappeto con defoglianti, armi chimiche di vario genere e bombe incendiarie. Inoltre, l’amministrazione non varò politiche sociali quali una campagna d’alfabetizzazione di massa o di lotta alla disoccupazione. Alla fine della guerra, un quarto della popolazione meridionale era analfabeta, con punte più elevate nelle province del delta del Mekong, oggigiorno una delle aree più sviluppate del paese. La caratteristica più stonata del sistema economico sud-vietnamita era l’esistenza di uno spaventoso deficit della bilancia commerciale, il triplo del Prodotto Nazionale Lordo nel 1974, dovuto alle importazioni di beni di consumo durevoli e correnti, materie prime e anche prodotti agricoli di base precedentemente provenienti dall’interno del paese. Tale deficit poteva essere finanziato solo grazie ai massicci aiuti americani. Un’economia, dunque, artificiale e parassitaria che crollò con la cessazione degli aiuti, a seguito degli accordi di Parigi del 1973 tra Stati Uniti e Repubblica Democratica del Vietnam (Tab. 2). In questo primo capitolo si è scelto di dare riferimenti generali della storia recente del Vietnam (l'indipendenza, la guerra contro i francesi e quella contro gli americani). Si passa ora ad un'analisi politico–economico-sociale del Paese che, seppure duramente provato, è sempre più determinato a lottare e crescere nel lungo cammino che lo sta conducendo alla moderna realtà globalizzata, facendolo diventare uno dei fiori all'occhiello dell'Asia. Tab. 2. Struttura della produzione nel 1975. Nord (Pmn) Agricoltura 29% Industria 40% Servizi 17,5% Costruzioni 13,5% Sud (Pnl) 34% 5% 60% 1% Fonte: Marie Sybille de Vienne, «L’economie du Vietnam (1955-1995)». 2. LA RIUNIFICAZIONE DI DUE SISTEMI ECONOMICI DIFFERENTI Terminata la guerra, le autorità del nord si trovarono di fronte il problema della riunificazione politica, sociale ed economica di un paese frammentato dalla guerra e afflitto da vari problemi. Le infrastrutture tanto al nord quanto al sud erano state distrutte; le perdite umane erano state consistenti: al nord circa un milione tra soldati e partigiani, al sud circa duecentomila soldati mentre le vittime civili circa due milioni. Nel sud venivano inoltre a mancare, a seguito della repressione adottata dalle autorità su suggerimento dei servizi segreti americani, i quadri amministrativi della guerriglia che privarono le autorità del Nord del personale essenziale per il controllo del territorio, della popolazione e dell’economia. Ancora, al sud era necessario reintegrare circa due milioni di persone che avevano tratto sostentamento dalla presenza dei militari americani o erano stati impiegati a ogni livello nell’amministrazione del regime di Saigon. Se pure la temuta rappresaglia nei loro confronti da parte delle truppe di Hanoi non si verificò, le nuove autorità diffidavano di questa potenziale fonte di disordini e resistenza interna e applicarono per alcuni anni misure punitive di vario genere. Ci si ritrovò, dunque, davanti alla necessità di unificare due sistemi totalmente diversi che dovevano imparare inevitabilmente a convivere. Si decise così di adottare nell’intero territorio un unico modello economico, quello dei vincitori, anche per superare qualsiasi differenza anche dal punto di vista del sentimento popolare. Ne conseguì la necessità di integrare un sistema socialista ad economia pianificata basato sulla produzione industriale pesante con un sistema capitalista basato sull’industria leggera. Il modello collettivista del nord fu applicato nella sua versione più rigida che prevedeva l’abolizione totale di ogni residuo di attività privata. A seguito delle elezioni del 25 aprile 1975 l’Assemblea Nazionale del Vietnam riunificato proclamò la Repubblica Socialista del Vietnam con capitale Hanoi e dichiarò in vigore la costituzione già adottata dalla Repubblica Democratica del Vietnam in attesa di adottarne una nuova. Anche il nuovo governo, salvo l’inclusione di esponenti del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), rispecchiava sostanzialmente quello precedente alla riunificazione. Nello stesso anno il Partito del Lavoro assunse il nome di Partito Comunista Vietnamita nell’ambito del Quarto Congresso del partito, durante il quale fu approvato il secondo piano quinquennale che prevedeva un’industria pesante concentrata al nord, mentre il sud avrebbe mantenuto la vocazione all’industria leggera e all’agricoltura. La collettivizzazione del sud fu attuata tramite la nazionalizzazione delle attività commerciali. Nel 1978 le autorità dichiararono illegale il commercio privato, e condussero improvvisamente un’operazione nel quartiere Cho Lon, il quartiere cinese di Saigon cuore delle attività commerciali, nazionalizzando tutte le merci presenti nei negozi. Circa 30.000 famiglie di origine cinese si ritrovarono improvvisamente senza risorse né occupazione. Anche a seguito delle tensioni tra Vietnam e Cina l’unica soluzione possibile, con il consenso delle autorità vietnamite, fu l’emigrazione, che privò il paese di capitale e di esperienza economica. In un primo momento molti lo fecero legalmente, in seguito, con il montare delle tensioni tra i due paesi, in modo illegale e precario: il noto fenomeno dei boat people. Inoltre nel 1978 i depositi bancari furono congelati e i titolari di conto corrente autorizzati a prelevare solo un ammontare limitato di denaro; una successiva riforma annullava definitivamente i depositi di migliaia di famiglie capitaliste, ma anche di ceto medio. Nel 1976, in terreni abbandonati o devastati durante la guerra o in terreni di nuovo sfruttamento, furono create le NEZ, “Nuove Zone Economiche”. Lo scopo era quello di riformare la società meridionale: queste aree avrebbero accolto migliaia di disoccupati del sud oltre ad una parte di popolazione urbana che era stata legata al vecchio regime e decine di migliaia di contadini provenienti dalle zone sovrappopolate del nord (come il delta del fiume Rosso). In questo modo fu incrementata la produzione di riso e di altri beni agricoli, provvedendo al sostentamento della popolazione, al rifornimento dell’industria e all’esportazione. L’obiettivo era anche quello di “rieducare” i contadini del sud. Tra l'altro circa 94.000 persone tra ufficiali dell’esercito e alti funzionari del defunto regime furono internati in campi di rieducazione. 2.1. 1979-1981: un piano fallito e l’inizio delle riforme Il piano quinquennale varato dal Quarto Congresso del Partito Comunista si risolse in un completo fallimento, molto lontano dalle previsioni di crescita troppo ottimistiche e assolutamente fuori dalla portata di una nazione appena uscita da una guerra devastante. Per di più ulteriori eventi bellici, come l’intervento in Cambogia nel 1978-1979, il conseguente conflitto di frontiera con la Cina e l’embargo internazionale (irrigiditosi in seguito agli eventi cambogiani), prima distrussero e poi impedirono la ricostruzione del tessuto infrastrutturale e industriale del paese, assorbendo gran parte delle risorse finanziarie e umane disponibili. Il settore industriale registrò una modestissima crescita, mentre quello alimentare rallentò, costringendo il paese ad aumentare le importazioni di riso. Si verificarono, infatti, negli anni 1977 e 1978 condizioni climatiche eccezionalmente sfavorevoli che portarono alla distruzione di una parte consistente dei raccolti. Nel 1979, davanti a una crisi economica ormai evidente, il partito comunista decise di varare una moderata riforma. Si sviluppò un tentativo di dare la priorità alla produttività rispetto alla collettivizzazione dando così più spazio all’iniziativa delle autorità locali: per esempio, a Ho Chi Minh City fu permessa la ripresa di piccole attività imprenditoriali private, anche se non ancora esplicitamente autorizzate dalla legge. In alcune cooperative agricole furono introdotti dei contratti che permettevano ai contadini di consegnare allo stato una quantità prefissata di prodotto, disponendo liberamente dell’eccesso. Nel 1980 fu promulgata la nuova Costituzione, che affermava il ruolo guida del Partito Comunista. Il ruolo di gestione spettava allo stato mentre quello di “padronanza” al popolo. In campo economico fu ribadita la scelta collettivista e di pianificazione centralizzata. Le riforme proseguirono, comunque, nel 1981, con l’estensione a tutto il paese del sistema di contratti agricoli, in parallelo a quanto avveniva con grande successo in Cina, e l’introduzione nell’industria del sistema dei “tre piani”, in base al quale si riconoscevano tre livelli di pianificazione: le imprese una volta raggiunti gli obiettivi stipulati dal piano erano autorizzate a vendere l’eccedenza per acquistare nuove materie prime, e infine a produrre e commercializzare liberamente “piccole produzioni collaterali”. La riforma, che non faceva altro che riconoscere una pratica che si stava instaurando, ebbe effetti positivi sulla crescita industriale. Venne anche introdotta una prima parziale revisione del sistema dei prezzi, al fine di avvicinare i prezzi stabiliti dal piano a quelli prevalenti sul mercato libero. Infine il commercio estero fu parzialmente liberalizzato. Queste riforme contribuirono anche ad incrementare l’inflazione che già nel 1981 era prossima al 170%. 2.2. 1982-1985: un periodo di ripensamenti Nel 1982 ebbe luogo il Quinto Congresso del Partito Comunista: ne scaturì un periodo di ripensamenti, con la riaffermazione della trasformazione socialista del paese, con la ripresa della collettivizzazione agricola, specie nel delta del Mekong, e un giro di vite nei confronti della piccola imprenditoria privata che stava risorgendo nei centri urbani. La decentralizzazione del commercio estero fu revocata con la chiusura di alcune imprese commerciali soprattutto a Ho Chi Minh City. Si tentò comunque di raggiungere un equilibrio macroeconomico spostando le energie dallo sviluppo dell’industria pesante all’agricoltura e alla produzione di beni di consumo. Parallelamente si verificò la creazione di piccole e medie imprese, che di fatto erano imprese statali da cui si escludeva l’attività privata. Questi timidi tentativi di una linea economica, seppure poco, aperta alle novità costituirono una base per la successiva liberalizzazione che, sebbene lentamente, veniva avviata. Così nel periodo tra il 1982 e il 1985 si assistette a una fase piuttosto altalenante in cui elementi di apertura, quale la decisione di rimandare “temporaneamente” l’abolizione totale del commercio privato, si alternavano, spesso sovrapponendosi, ad azioni restrittive. Questa ambiguità nelle riforme è spiegabile considerando la complessa esperienza storica dei dirigenti del Partito Comunista e la natura collegiale del processo decisionale che aspira in primis al consenso e all’unanimità pur in presenza di opinioni molto discordanti, caratteristica peculiare delle classi dirigenti tradizionali dell’Asia orientale. Dopo un triennio caratterizzato da incertezze, nel 1985 la politica di riforme riprese con maggior vigore: punti cardine furono la storica liberalizzazione dei prezzi e la riforma dei salari, che si basavano, in linea di principio, sulle leggi del libero mercato. Inoltre, veniva abolito il finanziamento automatico delle perdite delle aziende tramite il bilancio statale. Di fatto si trattò solamente di un lento decollo delle riforme: furono liberalizzati unicamente i prezzi di alcuni prodotti e mantenuti diversi ordini di sussidi in maniera abbastanza capillare. L’inflazione raggiunse un livello pari al 700%. 2.3. Doi Moi: l’economia di mercato a guida socialista e l’avvio delle riforme Nel dicembre del 1986 si tenne il Sesto Congresso del Partito Comunista, che lasciò intuire grandi novità a cominciare dalla composizione del nuovo Comitato Centrale e del Politburo. Il riformatore Nguyen Van Linh fu eletto segretario generale. Nel considerare la possibilità dell’introduzione di un nuovo corso economico, le autorità vietnamite furono influenzate dal successo delle riforme avviate in Cina da Deng Xiaoping e dall’avvio della Perestroika in URSS. Non si trattò certo di un cambiamento da big bang sovietico: l’approccio vietnamita è avvenuto in qualche modo con gradualità, soprattutto quando il progresso ha portato inevitabili conseguenze sociali. Si è cercato di conservare un certo livello di “tradizionalismo”. Il congresso manifestò una severa autocritica delle precedenti riforme economiche, in particolare nei confronti del sistema centralizzato e avviò prontamente il nuovo corso chiamato Doi Moi che significa “Rinnovamento”: finalmente le aziende private furono legalizzate e legittimate, alle imprese di stato fu accordata una maggiore autonomia, il sistema di pianificazione statale e sovvenzioni fu gradualmente rigettato. Il nuovo corso individuava come obiettivi fondamentali la crescita delle esportazioni e la difesa dell’industria nazionale, al fine di raggiungere la stabilità macroeconomica e l’equilibrio della bilancia commerciale. Le priorità furono date allo sviluppo dell’agricoltura e della produzione di beni di consumo, ponendo in secondo piano l’industria pesante. L’apertura coinvolse anche la sfera politica, gettando le basi per la costruzione di uno stato di diritto, in cui la legge regolamentasse la vita dei cittadini al di sopra di ogni istituzione. Così gli organismi legislativi eletti dal popolo come l’assemblea nazionale videro gradualmente crescere la loro centralità. Il Vietnam poteva ormai concentrasi sulla crescita economica, lasciandosi alle spalle i sacrifici dei tempi di guerra. 2.4. 1987-1988: la decollettivizzazione L’anno 1987 cominciò con il varo di un “Codice degli Investimenti”, che regolamentava l’afflusso d’investimenti diretti esteri provenienti anche dai paesi capitalisti del “blocco occidentale”, attraverso una accorta politica di incentivi fiscali a favore degli investitori. Inoltre, Fu istituito il “Comitato Statale per la Cooperazione e l’Investimento” (SCCI), organo responsabile della gestione e esecuzione dei progetti di investimento diretti esteri. Infine, ed infine fu promulgata la Legge sulle tariffe di importazione ed esportazione dei beni commerciali, che stabiliva l’abolizione della maggior parte di quote nel commercio internazionale con tariffe comprese tra il 5 e il 10%. Nel 1988 fu avviata la decollettivizzazione, a partire dal settore agricolo: fu permessa l’assegnazione del terreno ai contadini e alle cooperative fu concesso di usufruire liberamente di almeno il 40% della produzione. Furono autorizzate esplicitamente la piccola impresa familiare e l’impresa privata, garantendo i diritti di proprietà di enti e cittadini in questi settori. Furono riconosciuti alle imprese private tutti i diritti propri del libero mercato: diritto al profitto, all’assunzione di lavoratori, all’acquisto di materie prime, alla cooperazione economica con altre unità commerciali o produttive, alle operazioni bancarie e così via. Solo pochi settori considerati strategici restarono chiusi all’imprenditoria privata, mentre altri erano sottoposti a particolari restrizioni o regolamentazioni. Le imprese ebbero l’abilitazione all’esercizio diretto del commercio estero ed a trattenere parte della valuta estera guadagnata; anche se tali pratiche non erano specificate nella legislazione, generando notevole confusione. Sempre nel 1988 ci fu la riforma del sistema bancario: furono create banche commerciali che operavano in maniera autonoma, senza alcun legame con la banca centrale, superando così il sistema monobanca, tipico delle economie pianificate. Tali riforme rappresentarono il necessario punto di partenza ai fini del raggiungimento di un sistema economico di mercato. Tuttavia determinarono anche un’inflazione galoppante e un grave deficit pubblico e di bilancia commerciale che raggiunse il 10% del PIL. Come avveniva in Cina, i prezzi artificialmente bassi sul mercato ufficiale causarono alle imprese di stato notevoli perdite, finanziate attraverso sussidi statali della Banca centrale. Il valore del dong, la moneta vietnamita, sul mercato nero crollò, mentre il valore ufficiale restò sopravvalutato causando una perdita di competitività. Le difficoltà, inoltre, aumentarono a causa dell'oramai cessato aiuto finanziario da parte dell’Unione Sovietica e dei paesi del COMECON. 2.5. 1989-1991: la stabilizzazione Nel periodo compreso tra il 1989 e il 1991, le autorità vietnamite, consapevoli della necessità di raggiungere una certa stabilità macroeconomica e consce dell’inefficacia e dell’inadeguatezza delle precedenti riforme, avviarono autonomamente un programma di stabilizzazione, ispirato alla politica intrapresa dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Si stabilì, in primis, di liberalizzare i prezzi della quasi totalità dei beni. In secondo luogo, si decise di aumentare i tassi di interesse, svalutando conseguentemente il dong: il tasso ufficiale si avvicinò a quello prevalente sul mercato nero e la moneta fu lasciata libera di fluttuare entro un range del 10%. La fiducia del pubblico nella valuta nazionale fu rafforzata anche a seguito della liberalizzazione del commercio dell’oro. Grazie a queste strategie combinate l’inflazione fu immediatamente abbattuta, raggiungendo già nel 1989 un tasso a due cifre, per la prima volta in vari anni. Assolutamente innovativa fu la decisione di lasciare maggiore autonomia alle imprese di stato, nonché la liberalizzazione del commercio estero e la progressiva equiparazione delle aziende statali a quelle private. Questo fu sancito dalla Legge sulle imprese private e dalla legge sulle società del 1990, che fornirono la struttura giuridica per la piena operatività delle imprese non statali. Nel 1991 il commercio internazionale fu ulteriormente facilitato, con l'autorizzazione alle banche straniere di stabilirsi in Vietnam. Pilastro portante del programma di stabilizzazione fu l’incremento delle esportazioni. Fino ad allora il paese, infatti, era dipendente dalle importazioni di quasi tutte le materie prime, inclusi i carburanti, che, in seguito alla cessazione dell’aiuto sovietico, dovevano essere acquistati in valuta pregiata. L’inflazione continuò a decrescere a partire dal 1992, per attestarsi su livelli a una cifra a partire dal 1993. La componente fondamentale del programma di stabilizzazione fu comunque la riduzione del deficit, operata con tagli alla spesa pubblica: taglio dei sussidi alle imprese statali, messa in congedo di mezzo milione di soldati, aumenti dei salari degli impiegati pubblici vincolati all’inflazione. La banca centrale cessò di finanziare l’eventuale deficit di bilancio, destinando nuove energie per l’investimento in settori produttivi. Ancora oggi, comunque, la questione dei sussidi alle imprese pubbliche inefficienti è al centro del dibattito sulla politica economica vietnamita: in presenza di una base imponibile troppo bassa per permettere un consistente gettito fiscale, la vera e propria fame di capitali può essere soddisfatta solo tramite investimenti esteri o domestici. In ogni caso, tra il 1989 e il 1991 in Vietnam si succedettero piccole rivoluzioni economiche che mutarono il volto del modello produttivo vietnamita e posero le basi per la rapida crescita del nuovo sistema. Piccoli big bang furono sapientemente inseriti in un quadro di riforme graduali, ottenendo notevoli successi (Tab. 3). Su queste basi, alcuni autori sostengono che a partire dal 1989 l’economia vietnamita può essere considerata un’economia di mercato. La politica macroeconomica restrittiva mise, tuttavia, in difficoltà due settori che costituivano un fiore all’occhiello del paese: l’istruzione generalizzata e una pur povera sanità pubblica. La gratuità di questi servizi fu abolita, e un limitato salario indusse medici e insegnanti pubblici a dedicarsi ad una seconda occupazione e talvolta ad abbandonare il posto di lavoro. Tab. 3. Tassi percentuali crescita industriale Anno Crescita Statale Non statale Privata industria 6,2 6,2 6,2 -6,5 1986 Mista/estera - 1987 10 9,3 10,9 19,9 - 1988 14,3 15,5 12,9 31,8 - 1989 -3,3 -2,5 -4,3 34,5 - 1990 3,1 6,1 -0,7 10,4 76,2 1991 10,4 11,8 7,4 26,7 45,6 1992 17,1 20,6 9,6 16,9 40,3 1993 12,7 4,6 8,1 4,6 13,7 1994 13,7 14,7 11,2 15,5 12,8 1995 14,5 14,9 13,7 14,5 8,8 1996 14,1 11,9 11,4 11,6 21,7 1997 13,2 10,8 9,5 9,6 10,9 1998 12,1 7,9 6,3 6,7 23,3 Fonte: Annual Statistics 1994-1998. 2.6. 1992-1996: l’età dell’oro La politica di riforme culminò nel 1992 con la promulgazione della Costituzione, che sanciva il diritto alla proprietà privata, e con la riforma del sistema fiscale che permetteva l’avvio di un’economia di mercato. In primis, fu avviata la riforma delle imprese di stato il cui numero fu dimezzato, passando da dodicimila a seimila; le imprese restanti furono chiuse, fuse o accorpate: nell’operazione furono persi circa ottocento mila posti di lavoro (Tab. 4). I sussidi alle imprese restanti furono aboliti, ed esse furono costrette ad operare in base a criteri di economicità in un ambiente di mercato. Fu inoltre approvato un piano di “equitizzazione” delle imprese di stato che non è in senso proprio la via vietnamita alla privatizzazione. Le quote dell’impresa venivano vendute ai dipendenti a prezzo privilegiato, una percentuale restò allo stato e il resto fu immesso nel mercato. L’azienda “equitizzata” assomiglia più ad una cooperativa, o ad un’azienda autogestita, che ad una azienda privatizzata, in cui la proprietà è trasferita ad esterni. Tab. 4. Numero dei lavoratori attivi (in milioni). ANNO 1990 3,3 Totale dipendenti statali di cui: 1,3 Amministrazione pubblica 2 Imprese statali 20,4 Cooperative 6,5 Settore non statale 30,3 TOTALE 1992 2,9 1,2 1,7 18,6 10,2 31,8 1993 3 1,3 1,7 29,8 32,7 1997 3,3 1,4 1,9 0,1 33,7 37 1998 3,3 n.d. n.d. 0,1 34,4 38,1 Fonte: General Statistical Office, Statistical Yearbook. Nel 1995 furono costituite diciotto “corporazioni”, organizzazioni che riunivano imprese statali operanti nello stesso settore, al fine di razionalizzare la produzione industriale attraverso il coordinamento dell’attività dei membri, la definizione dei piani di sviluppo in armonia con le linee guida emanate dal governo, lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo. Tuttavia, i singoli membri mantengono l’autonomia decisionale ed amministrativa. Queste “corporazioni”, talvolta fungono da intermediari per attrarre partners stranieri e investimenti esteri. In questa fase della riforma delle imprese pubbliche, gli economisti vietnamiti si ispiravano ai modelli giapponese (keiretsu) e coreano (chaebol): grandi conglomerati industriali, costituiti da una rete di aziende integrate verticalmente e orizzontalmente, che spaziano dall’industria pesante, a quella leggera, alla finanza, ai servizi. Un modello molto ambizioso per il Vietnam, che, come si sarebbe constatato alla fine degli anni ’90, ha mostrato i suoi limiti anche nei paesi d’origine. Nel 1993, poi, fu approvata una nuova griglia salariale differenziata in base alle mansioni svolte e alle competenze: si accantonò così la politica dell’egualitarismo salariale. Durante questa fase si decise di ridurre il disavanzo della bilancia attraverso una politica di controllo delle importazioni. Politica economica da una parte, politica estera dall’altra: il sistema della porta aperta, inaugurato insieme alle riforme degli ultimi anni ‘80, cominciava a dare i suoi frutti e gli investitori stranieri, pedina chiave del gioco economico, affluivano in gran numero. A rafforzare il processo di riforma arrivò, nel febbraio 1994, l'eliminazione dell'embargo degli Stati Uniti, seguita nel luglio del 1995, dal ristabilimento di normali relazioni diplomatiche con gli USA e con la maggior parte dei paesi occidentali. Introdotto nel 1977, l'embargo aveva tagliato fuori il Vietnam quasi interamente dall'assistenza internazionale, accrescendone così la dipendenza dai paesi socialisti i cui aiuti nel 1989 rappresentavano il 9% del PIL vietnamita e i cui prodotti – quelli petroliferi, i fertilizzanti, il cotone grezzo e l'acciaio – costituivano il 60% dell'import vietnamita. L’ambasciatore americano ad Hanoi, Douglas Peterson, veterano di guerra ed ex prigioniero ad Hanoi giunse in Vietnam nel 1996. La fine delle ostilità commerciali e diplomatiche con gli Stati Uniti incoraggiò la presenza di investitori provenienti da paesi del blocco filo-statunitense, primo fra tutti il Giappone. Fu, inoltre, aperta la strada ad una maggiore assistenza da parte degli organismi internazionali quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Nel 1995 il Vietnam entrò ufficialmente nell’ASEAN, l’associazione dei paesi del Sud-Est asiatico, originariamente fondata per contenere l’espansione del comunismo in Asia orientale ma poi evolutasi in senso più autonomo da ipoteche internazionali. L’ingresso in questa organizzazione, oltre ad assicurare i partner circa l’irreversibilità delle riforme economiche, ha introdotto il Vietnam nell’AFTA (ASEAN Free Trade Area), l’area di libero scambio dell’ASEAN, un mercato di cinquecento milioni di abitanti in una delle regioni più dinamiche del mondo. Tra il 1992 e il 1996 l’economia vietnamita raggiunse tassi di crescita notevolissimi: produzione industriale (Tab. 5) e servizi in prima fila, mentre l’agricoltura registrò tassi di crescita inferiori ma pur sempre positivi (Tab. 6). Il tasso medio annuo di crescita del PIL si avvicinò al 9%, con punte del 9,5% nel 1995 e del 9,3% nel 1996. Il tasso di crescita industriale fu del 14,5% nel 1995 e del 14,1% nel 1996. Il volto stesso del paese, e soprattutto delle aree urbane, mutò notevolmente, tanto da rendere le maggiori città irriconoscibili agli occhi dei numerosissimi emigrati che poco per volta rientravano per visitare parenti, fare affari o stabilirsi nuovamente in Vietnam. Tab. 5. Principali produzioni industriali. Anno 1976 1980 1985 1990 1995 1997 1998 Elettricità in Kwh 3.060 3.600 5.200 8.790 14.665 19.123 21.847 Carbone in ton. 5,7 5,2 5,6 5 8 11 11 Acciaio in ton. 63,8 60,3 61,6 102 470 978 453 Cemento in ton. 744 633 1.503 2.534 5.828 8.019 9.390 Carta in ton. 75 49 79 79 216 263 297 Birra in litri 28 61 87 100 465 581 656 Zucchero in ton. 73 167 402 323 517 649 657 Fonti: General Statistical Office; Statistical Publishing House. Tab. 6. Crescita percentuale dei redditi agricoli 1993-1998. Riso Allevamento e aquicoltura Altri alimenti base Coltivazioni industriali Alberi da frutta Produzioni agroforestali Totale 21,2 52,2 55 65,6 112,3 0,6 41,3 Fonte: Stime World Bank, 1999. In questo periodo, il Vietnam sembrava essere divenuto il nuovo Eldorado per le schiere di uomini d’affari e investitori di tutto il mondo, ma soprattutto dei paesi dell’Asia orientale. Le fonti di capitale estero parevano illimitate e alimentavano la crescita, pur in presenza di infrastrutture carenti, di un quadro legislativo incompleto e di costi notevoli. L’importante era essere presenti per non lasciarsi sfuggire le occasioni offerte da quella che molti ritenevano la nuova “tigre” asiatica. Il Vietnam aveva, però, il suo tallone d’Achille: carenza di capitali forti e conseguente dipendenza dall’afflusso di capitale estero, oltretutto scarsamente differenziato per aree geografiche. Inoltre, gli investimenti nei primi anni d’apertura non erano adeguatamente guidati a causa dell’inesperienza da parte vietnamita; la politica industriale orientata alla grande impresa favorì la costituzione di colossi a capitale misto in assenza di un adeguato approvvigionamento di materie prime, d’infrastrutture e di un mercato. Come in tutta l’Asia orientale, la speculazione edilizia portò alla costruzione di grattacieli, che è ripresa intensamente in seguito alla crisi finanziaria asiatica del 1997. In molti casi, la corruzione prevalse, incoraggiata dalla mancanza di normative certe: casi d’imprenditori stranieri ricattati da funzionari corrotti ma anche vietnamiti in buona fede frodati da “squali” provenienti dall’estero. Per di più la crescita non fu ripartita equamente e il divario tra città e campagne cominciò a ingigantirsi. La disparità tra aree urbane e aree rurali determinò un flusso di migrazione spesso disordinato, verso le città e soprattutto verso Ho Chi Minh City, invasa da schiere di contadini facile preda della delinquenza. Nelle città, il miglioramento degli standard di vita e l’accesso a beni di consumo (Tab. 7) e servizi prima impensabili si accompagnò ad un’ondata di consumismo e individualismo, che ancora oggi costituiscono un grosso rischio nei riguardi dei valori tradizionali tipici della cultura vietnamita. La crescita del Vietnam assumeva sempre più le caratteristiche di una bolla che si allargava a dismisura, fino a scoppiare sotto l’influsso della crisi regionale. Tab. 7. Variazioni nei consumi ad Hanoi per fasce di reddito dal 1992 al 1999 (percentuali possessori del bene rispetto ad appartenenti alla fascia di reddito). Reddito Anno Basso Medio/Basso Medio Medio/Alto Alto Media Cucina gas o elettrica ‘’ Motorino ‘’ TV,videoregistrat ore ‘’ 1992 10 13,3 25,9 27,6 67,7 29,3 1998 1992 1998 1992 41,4 0 40 0 54,9 6,7 58,1 10,3 61,7 14,8 76,5 n.d. 84,6 13,8 81,5 44,8 93,1 51,6 100 58,1 66,6 17,1 71,3 23,3 1998 37,9 61,3 67,6 77,8 96,6 68 Lavatrice 1992 0 3,3 ‘’ 1998 10,3 22,6 Fonte: Vietnam Economic News, n. 34, 1999. 3,7 38,2 13,8 48,1 22,6 75,9 8,8 38,7 2.7. 1997-1999: la crisi asiatica e il duro risveglio Nel 1997 una crisi valutaria e finanziaria di grosse dimensioni si riversò come un ciclone sull’Asia orientale, coinvolgendo le economie più dinamiche e mettendo in grave difficoltà lo stesso Giappone. Le cause di tale crisi sono molteplici e oggetto di dispute da parte di economisti di tutto il mondo. I paesi interessati, a cominciare dalla Thailandia, dalla quale la crisi è partita, si erano eccessivamente indebitati a breve termine all’estero, in presenza di tassi di interesse bassi e un tasso di cambio mantenuto artificialmente stabile. Inoltre, il sistema bancario, di per sé fragile e privo di regolamentazioni severe, aveva concesso troppo generosamente crediti, non curandosi della effettiva sostenibilità dei progetti: nel settore immobiliare, in particolare, accadde spesso che l’offerta superasse abbondantemente la domanda. La corruzione presente in tutti questi paesi aveva causato l’erogazione di crediti agevolati a personalità vicine per rapporti clientelari o familiari a esponenti del governo, da investire in progetti non sostenibili. E’ anche vero che il livello delle importazioni era cresciuto eccessivamente, mentre l’incremento dei costi di produzione e la concorrenza internazionale, in presenza di monete sopravvalutate, avevano eroso le esportazioni causando gravi squilibri di bilancia commerciale, finanziati tramite l’afflusso di capitali. Infine, l’ultimo colpo è stato assestato dagli speculatori internazionali, che hanno attaccato ripetutamente la valuta dei vari Paesi, fino alla resa delle banche centrali, che ne hanno dichiarato la fluttuazione, e hanno precipitosamente ritirato i loro capitali investiti in modo volatile, per esempio in borsa. In Vietnam, la crisi non si era manifestata inizialmente: nel 1997, la crescita era proseguita con un tasso dell’8,8% (Tab. 8), portando all’illusione di aver evitato il pericolo. Il tasso inferiore rispetto all’anno precedente era stato giudicato frutto di un assestamento. Tab. 8. Tassi di crescita del PIL tra il 1991 e 1999 (%). Anno 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 PIL + 5,6 + 8,65 + 8,07 + 8,84 + 9,54 + 9,34 + 8,8 + 5,8 + 4 Industria 9,04 14,03 13,13 14,02 13,94 14,43 13,5 10,3 10,2 Agricoltura 2,17 7,08 3,92 5,1 4 2,7 2,7 3,82 4,43 Servizi 8,26 6,98 9,19 10,2 10,6 10,03 8,9 4,2 3,1 Fonte: General Statistical Office, Thoi bao kinh te Viet Nam. Anche gli investimenti diretti esteri continuavano ad affluire, sebbene non si considerasse che si trattava in gran parte di progetti già negoziati negli anni precedenti. Tuttavia, è innegabile che in Vietnam vi fu un certo isolamento nella fase iniziale della crisi, dovuto a vari fattori: in primis, vi è da considerare il fatto che la maggioranza della popolazione era ed è impiegata nell’agricoltura; inoltre, mancando un mercato di capitali e non essendo la moneta convertibile, la fuga di capitali repentina non poteva avvenire, essendo gli investimenti solo diretti e essendo ogni decisione in materia sottoposta a un lungo processo decisionale. Una situazione macroeconomica abbastanza stabile quindi che, comunque, nel medio periodo non riuscì ad evitar il contagio, complice il grado di apertura economica e di dipendenza internazionale ormai raggiunte. E così nel 1998 si manifestò la crisi: d’altra parte era inevitabile, considerando che il 70% circa degli investimenti diretti esteri del Vietnam proveniva dall’Asia orientale, in particolare dai paesi dell’ASEAN. La crescita si era allentata, la produzione industriale, pur continuando a crescere, si era allontanata dai livelli record del 1995 e 1996; in alcuni settori si era registrata addirittura una stagnazione. La crescita dell’agricoltura e dei servizi aveva subito un forte rallentamento, dovuto alla minore presenza d’investitori e al mancato sviluppo del turismo, precedentemente in gran parte sostenuto da visitatori provenienti da paesi dell’Asia orientale per brevi soggiorni. Come in tutti gli altri paesi il sovra esteso settore edile è stato colpito particolarmente, sia a causa della crisi, sia per il carattere scriteriato degli investimenti effettuati fino a quel momento che avevano creato a Ho Chi Minh City una selva di grattacieli, e ha avviato perfino ad Hanoi (in precedenza affascinante museo vivente di città coloniale francese della prima metà del 900) la costruzione di edifici in stile futuristico. Questi nuovi edifici erano destinati ad ospitare alberghi di lusso, centri commerciali e uffici, trascurando invece un possibile turismo di ceto medio proveniente dall’Asia e anche dall’Europa e le necessità concrete dei numerosi funzionari e dipendenti di ditte straniere e di organizzazioni umanitarie. Ad accentuare la crisi si aggiungeva la perdita di competitività dei prodotti locali sul mercato internazionale, nonché su quello locale: la stabilità del dong rispetto alle altre monete asiatiche rese le merci vietnamite troppo costose rispetto a quelle dei paesi concorrenti, e quindi non solo invendibili all’estero, ma anche minacciate all’interno. Le imprese hanno accumulato scorte invendute e notevoli perdite alimentando pericolosamente il deficit della bilancia dei pagamenti. La situazione fu parzialmente e temporaneamente tamponata dall’intervento delle autorità, attraverso l’introduzione di misure protezionistiche, quali le restrizioni all’importazione di alcuni beni come l’acciaio, la carta, il cemento, le automobili ed altri. Nel 1998, la crescita del PIL è stata pari solamente al 5,8% secondo fonti ufficiali, mentre varie organizzazioni internazionali stimano tassi inferiori al 5%. Anche la crescita della produzione industriale subì un rallentamento, attestandosi sul 12,1% secondo fonti ufficiali, mentre l’agricoltura è cresciuta solamente del 2,7% e i servizi del 4,2%. La situazione peggiorò nel corso del 1999: sia il tasso di crescita del PIL, sia quello di vari settori registrarono un ulteriore decremento. 2.8. Le conseguenze sociali e politiche della grande crisi In riferimento alla crisi asiatica la strategia decisa fu la ricapitalizzazione e la ristrutturazione delle imprese pubbliche potenzialmente efficienti, che dovevano operare secondo criteri di economicità; accorpamento e perfino chiusura di quelle irrecuperabili. Si continuò a incentivare l'afflusso di Investimenti Diretti Esteri (IDE) attraverso l’approvazione di imprese al 100% estere in vari settori, esenzioni fiscali fino ad otto anni, aliquote d’imposta variabili fra il 10% e il 30% secondo il settore e la tipologia di progetto, la possibilità di rimpatrio dei profitti, e notevoli riduzioni di vari costi primo fra tutti l’affitto del terreno, oltre al costo dell’elettricità, dell’acqua e di altri servizi. Tutto ciò rende la legislazione vietnamita sugli investimenti esteri una delle più generose al mondo. Si deve, inoltre, notare che il Vietnam, durante gli anni della crisi, ha continuato a crescere (Tab. 9), seppure con meno vigore rispetto agli anni precedenti: nel 1998, il PIL di vari paesi asiatici quali la Thailandia, la Corea del Sud, le Filippine, la Malaysia e l’Indonesia ha registrato una rilevante recessione o stagnazione (Tab. 10); in altri la crescita è stata prossima allo zero. Solo nel 1999, con l’esclusione dell’Indonesia si è registrata una certa ripresa. In Vietnam, il numero di licenziamenti, per i quali non esistono dati globali precisi, è minimo in proporzione sia agli occupati dell’industria, sia, a maggior ragione, alla popolazione. I progressi sono proseguiti per quanto riguarda la lotta alla povertà e la costruzione di infrastrutture rurali, due questioni cui il governo ha dato la massima priorità; lo standard di vita dei cittadini ha continuato ad aumentare anche visibilmente, pur senza replicare i balzi degli anni precedenti, e quello rurale è quantomeno rimasto sostanzialmente invariato. Tab. 9. Struttura PIL per attività economiche in percentuale. Anno 1990 1993 1997 1998 Agricoltura, pesca, foreste 40,77 29,09 25,77 25,98 Industria e costruzioni di cui: 22,81 28,63 32,07 32,70 - minerario 5,21 5,14 6,30 6,21 - manifatturiero 12,40 14,90 16,48 17,27 - elettricità e acqua 1,37 1,39 2,74 2,84 - costruzioni 3,84 7,20 6,54 6,38 Servizi 36,41 42,28 42,15 41,3 Fonte: General Statistical Office. Tab. 10. Tassi percentuale di crescita in altri paesi ASEAN. Anno 1997 1998 Vietnam 8,8 5,8 Filippine 5,1 -0,6 Malaysia 7,8 -6,4 Thailandia -0,4 -8 Fonte: Central Institute for Economic Management, 1999. Analizzando la situazione scaturita in seguito alla crisi asiatica, emerge un sistema economico vittima di un circolo vizioso: imprese statali inefficienti e con un numero eccessivo di lavoratori, un settore agricolo gravemente sovraffollato, anche in seguito alla progressiva meccanizzazione. Avanzava ed avanza, dunque, la necessità del Vietnam di investire in nuovi ed efficienti settori imprenditoriali, di sviluppare l’industria ed i servizi e creare posti di lavoro. A questo scopo è vitale un forte tasso di crescita, sostenuto dall’afflusso di capitali dall’estero, dalla mobilitazione delle risorse interne e dalla presenza competitiva sui mercati internazionali. Un periodo protratto di crescita rallentata o di stagnazione e perdite in vari settori avrebbe scatenato una crisi occupazionale con notevoli conseguenze sociali. Il governo, preso tra due fuochi, ha proseguito nella politica di riforme graduali, intensificando l’applicazione dei principi di mercato: la reazione alla crisi è andata nella direzione di un maggiore liberalismo. Una situazione economica davvero problematica che ha indotto il Vietnam all’apertura economica totale. Il governo ha così varato numerose misure a favore degli investitori esteri, adempiendo almeno sulla carta alle maggiori richieste espresse da questi ultimi: maggiori incentivi, esenzioni e riduzioni fiscali, minore burocrazia e semplificazione delle procedure, costi inferiori e così via. Se in precedenza erano i vietnamiti a dettare le condizioni e a scegliere tra i numerosi aspiranti investitori che bussavano alle porte, oggi la situazione è rovesciata: le autorità locali sono disposte a concessioni un tempo impensabili pur di attrarre capitali esteri. Per esempio, veniva concessa la costituzione di imprese interamente estere dove in precedenza era vietata. La legislazione vietnamita, è ormai tra le più liberali in Asia. La legge sulle imprese equipara le imprese statali a quelle private, semplifica le procedure burocratiche necessarie all'apertura di un'impresa, ribadendo senza mezzi termini il favore statale per l'imprenditoria privata. Politiche ad hoc ne incentivano la costituzione, costituiscono, con l'aiuto internazionale, fondi di credito agevolato, favorendo la formazione manageriale degli imprenditori e così via. I privati detengono spesso vere e proprie fortune, una massa enorme di capitali resta inutilizzata. La stessa strategia economica di fondo evidenzia uno spostamento radicale, dai colossi differenziati come attività, ma focalizzati sul settore pesante, alla piccola e media impresa specializzata e focalizzata sul settore leggero. La tendenza a costituire "corporazioni", e grandi aziende pubbliche si è arrestata. Il modello delle Keiretsu e dei Chaebol era attraente per gli economisti vietnamiti: grandi gruppi differenziati spesso a partecipazione statale e comunque fortemente guidati dalle autorità economiche, dall'interesse pubblico e talvolta da legami clientelari parevano adatti alla situazione locale e agli obiettivi dei dirigenti vietnamiti. La crisi ha messo in discussione la validità di questo modello; inoltre, poco per volta si è instaurata la convinzione che i colossi industriali fossero troppo costosi in termini di investimenti e tecnologie per essere sostenibili in un paese non ancora industrializzato. L'attenzione si è dunque rivolta a Taiwan, uno dei pochissimi paesi asiatici risparmiati dalla crisi, dove un tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e flessibili ha resistito egregiamente ai problemi che hanno travolto vari conglomerati. Anche l'Italia è diventato oggetto di attento studio, a causa delle analogie presenti con il sistema vietnamita: economia familiare che si è sviluppata creando piccole-medie imprese sempre più dinamiche, presenza di distretti economici e non ultimo di grandi imprese statali o a partecipazione pubblica. Oggi lo sviluppo delle piccole e medie imprese è la parola d'ordine: ne parla ogni rapporto e comunicato del governo, del piano e degli economisti vietnamiti. L’attenzione si è spostata, inoltre, sull'industria leggera, in particolare sulla trasformazione dei prodotti agricoli, lo sviluppo di questo settore sta permettendo di dare sbocco alle abbondanti materie prime rurali e spesso esportate allo stato grezzo senza alcun valore aggiunto o svendute in quanto l'offerta mondiale supera la domanda; inoltre, ha il vantaggio di creare posti di lavoro e nuove professioni nelle campagne, assorbendo sul posto la manodopera espulsa dai campi. Il modello di sviluppo è simile a quello dell'Italia degli anni ‘60: i contadini meccanizzano hanno l'agricoltura; si riduce il fabbisogno di manodopera nei campi, e i lavoratori in eccesso vanno a lavorare nella vicina fabbrica, spesso, come primo passo, una piccola azienda poco più che familiare. Oltre al settore agro-alimentare particolare enfasi si è posta sui settori che producono beni destinati all'esportazione, abbigliamento e calzature in particolare. Infine, la crisi ha avuto il merito di introdurre il principio di competizione internazionale: gli imprenditori locali si sono attivati sia per attirare i capitali esteri sia per incrementare l'esportazione dei propri beni, ponendo maggiore attenzione sulla qualità, sui costi di produzione e sul rispetto dei criteri internazionali. 2.8.1 Le principali questioni economiche ancora irrisolte Le principali questioni ancora da risolvere sono: • "equitizzazione" delle imprese di Stato. Quelle già riformate registrano notevoli successi e profitti; tuttavia, l'operazione procede a rilento anche a causa delle resistenze dei manager che temono di venire esautorati o addirittura licenziati. • sistema bancario, debole e scarsamente progredito, incapace di mobilitare risparmi ed erogare efficacemente il credito. • politica fiscale: la base imponibile è limitata, l'evasione rampante, e il gettito insufficiente a fronteggiare le notevoli spese necessarie per la costruzione d'infrastrutture, la remunerazione degli impiegati pubblici e l'investimento. I tentativi di introdurre imposte moderne, quali l'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), applicata dal 1 gennaio 1999, registrano alterni risultati: il funzionamento dell'IVA è praticamente bloccato in un mondo di minuscoli commercianti abituati a evadere il fisco. Tuttavia, la sua introduzione viene giustamente considerata un passo verso la rinuncia alla preponderanza del settore informale e la costruzione di un'economia moderna. • sopravvalutazione della moneta, con il rischio di determinare delle conseguenze negative sulla competitività, ma difficilmente svalutabile a meno di rischiare la ripresa dell'inflazione, la corsa al dollaro e l'accrescersi dell'onere del debito estero. La lotta alla "dollarizzazione" dell'economia crea un notevole problema, in quanto richiede misure restrittive della circolazione di dollari, che scatenano le proteste degli imprenditori esteri e delle aziende locali attive nell'import-export, mentre negozianti e fornitori di servizi di vario genere espongono impunemente listini in dollaro per i clienti stranieri. Una piena "de-dollarizzazione" sarà possibile solo con la piena convertibilità del dong. • competitività dei prodotti vietnamiti: dal punto di vista dell'economia reale, appare necessario ridurre i costi di produzione (dovuti in parte ad inefficienze e sprechi), investendo nel rinnovo dei macchinari e delle tecnologie e nella formazione dei lavoratori e dei dirigenti, in modo da poter conquistare nuovi mercati e affermare i prodotti locali ancora sull'esterofilo mercato interno. • attenta selezione dei progetti di investimento, specie quando coinvolgono finanziamenti esteri, per non riservare sulle generazioni future l'onere di un debito che sia pure a condizioni favorevoli dovrà essere ripagato. • Infine le autorità vietnamite hanno introdotto una borsa valori a Ho Chi Minh City per sviluppare il mercato azionario nel luglio del 2000. Da un lato, i mercati azionari sono uno strumento per attirare capitali esteri e mobilitare i risparmi locali, dall'altro, la novità espone il capitale a movimenti istantanei e non controllabili di capitali volatili, specie in un mercato altamente speculativo e immaturo come quello vietnamita. La borsa ha un ruolo crescente ma ancora marginale nell'economia vietnamita: solo 50 imprese sono quotate. Alla fine del 2005 è stata varata le prima emissione di titoli del debito pubblico denominati in dollari, per un ammontare di 750 milioni, che servirà a finanziare l'espansione dell'impresa di costruzioni navali statale Vinashin. Il governo prevede di aumentare il ricorso a questi strumenti per finanziare investimenti in alcune imprese di stato in diversi settori, come quello petrolifero, energetico e cantieristico. - Una vasta realtà sommersa Un settore in cui l'economia informale pesa notevolmente (e negativamente) sull'economia ufficiale è il commercio internazionale: - il mercato vietnamita è periodicamente invaso da merci di contrabbando provenienti soprattutto dalla Cina e dalla Thailandia. Questi beni che evadono il fisco, sono venduti a prezzi molto bassi e fanno una concorrenza sleale alla produzione locale, creando seri problemi alle imprese vietnamite. Benché il governo abbia dichiarato guerra al contrabbando, imponendo l'obbligo di marca da bollo sui beni importati legalmente e organizzando grandi indagini e processi con condanne estremamente severe, il salario modestissimo percepito dalle guardie di frontiera incoraggia a chiudere un occhio in cambio di una mazzetta. Il settore informale a questo stadio di sviluppo può avere anche riflessi positivi: oltre a creare ricchezza, offrendo complementi ai salari e permettendo un tenore di vita più elevato, esso assorbe la disoccupazione e incentiva l'imprenditorialità. 2.9. Analisi dei settori trainanti dell’economia vietnamita Microsoft 45 40 42,2 41,7 35 30 25 32,1 32,5 25,8 25,8 40,1 38,7 36,7 38,6 38,2 38,5 39,5 38 40,09 41 38,15 38,1 41,5 38,1 34,5 25,4 Industria e costruzioni 24,5 23,2 23 20 22,5 21,76 20,9 20,4 Servizi 15 10 Agricoltura 5 0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Fig. 4. Struttura del PIL (1997-2006). Valori percentuali, in miliardi di dollari. Fonte: Genaral Statistics Office. Le politiche attuate dal governo hanno permesso di rendere sempre più aperto e competitivo il paese: anche nel 2006 l'economia vietnamita ha continuato il suo momento favorevole, raggiungendo una crescita dell'8,2%, leggermente inferiore all'8,4% dell'anno precedente (Tab. 11). La crescita economica ha accelerato a partire dal 1989, rallentando solamente per alcuni anni sul finire degli anni '90, in occasione della crisi finanziaria del 1997, che colpì tutto il Sud -Est asiatico, a cui le autorità vietnamite seppero dare una risposta, liberalizzando ulteriormente l'economia, continuando ad attrarre capitali stranieri e rendendo la legislazione economica una tra le più liberali dell'Asia. La crescita del Vietnam è sostenuta dalle riforme del governo, da una popolazione giovane e dalle risorse naturali ed economiche di cui il paese usufruisce. L'agricoltura occupa ancora circa il 53% della forza lavoro, pur contribuendo solo al 20% circa del PIL (Fig. 4; Tabb. 11-12). La crescita maggiore riguarda il settore privato, quello degli investimenti esteri e quello statale. Tab. 11. PIL per settori (dal 2001 al 2006). 2001 2002 2003 2004 2005 200 6.89 7.08 7.26 7.7 8.43 8.17 Crescita PIL (%) 0.69 0.93 0.79 0.92 0.82 0.67 Agricoltura* 3.68 3.47 3.92 3.93 4.19 4016 Industria e costruzioni 2.52 2.68 2.63 2.94 3.42 3.34 Servizi 14.786 15.244 15.475 15.703 15.819 15.964 Tasso di cambio (Dong/$) 414 441 490 555 637 725.3 PIL pro-capite (in $ USA) 32.551 35.146 39.641 45.552 52.965 60.999 PIL al prezzo corrente (m$) Agricoltura* 7.565 8.094 8.936 9.934 11.066 12.445 Agricoltura e silvicoltura 6.354 6.760 7.377 8.184 9.020 10.049 Pesca 1.211 1.334 1.559 1.750 2.046 2.396 Industria costruzioni 12.574 13.526 15.646 18.321 21.734 25,328.5 Agricoltura e pesca Industria Servizi 22.7 38.6 38.8 21.8 38.5 39.7 n.d. n.d. n.d. 20.9 41.0 38,1 Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit: Country Report, Ottobre 2006. Il Vietnam è un Paese per tradizione a prevalente vocazione agricola (Fig. 5), nel quale l'industrializzazione, fatta eccezione per poche fabbriche fondate dei francesi, ha avuto inizio soltanto in seguito all'indipendenza. La scarsità di terreni (in una regione caratterizzata prevalentemente da aree montuose e da terre rese sterili dall’impiego di armi chimiche nella guerra contro gli USA) e l'elevata percentuale di agricoltori rendono i campi vietnamiti tra i più sovraffollati del mondo, poco meno di quelli cinesi. Inoltre, la furia degli elementi si abbatte sovente sui cittadini, specie nelle province centrali. Nelle stesse province, strette tra il Mar cinese meridionale e le montagne dell'Annam al confine con il Laos, il poco terreno fertile è divorato dall'avanzamento delle dune sabbiose e dalle infiltrazioni di acqua salmastra, conseguenze del disboscamento. Le due principali pianure dei delta del Fiume Rosso a nord e del Mekong a sud sono invece fertilissime. Il clima temperato dal nord permette la rotazione dei raccolti, mentre il calore tropicale del sud favorisce, oltre al riso (in molte aree si possono ottenere tre raccolti), i frutteti. 400 300 200 100 0 Produzione pro capite annua (in Kg) 1939 1955 1956 1957 1960 1980 1985 1990 1995 277 277,9 337,5 215,5 300 268,2 304 324,4 372,8 Produttività in quintali 13,3 per ettaro risone 15,9 18,6 18,1 18,42 20,8 27,8 31,9 36,3 2000 Fig. 5. Crescita produzione agricola dal 1939 al 1995. Fonti: Statistical Publishing House, Hanoi, 1991-1995; General Statistics Office. Il Paese sta diventando un importante produttore di ananas, mango, canna da zucchero, lichi e agrumi; è oggi tra i primi esportatori di caffè e anacardi al mondo e sta potenziando la produzione di ortaggi. Anche l'allevamento viene incoraggiato, sia per la produzione di carne, e di altri prodotti quali latte, uova e cuoio, sia per alimentare la fiorente industria calzaturiera. Il Governo ha deciso notevoli investimenti nel settore delle trasformazioni alimentari e sta concedendo prestiti e accesso agli aiuti internazionali per dotare le fabbriche che lavorano prodotti agricoli, di macchinari e impianti moderni e ottenere la certificazione di qualità al fine di esportare in Europa. La meccanizzazione dell'agricoltura appare di fondamentale importanza in un contesto di concorrenza internazionale, ma essa non può non creare disoccupazione. Il governo prevede di accogliere la manodopera espulsa dall'agricoltura nell'industria e nei servizi connessi alle trasformazioni di prodotti agricoli, ma il processo è inevitabilmente protratto nel tempo. Infine, l'orientamento verso una produzione agricola meccanizzata e efficiente richiede investimenti, tecnologie ed estensioni che i contadini vietnamiti non possono affrontare singolarmente: si ripropone quindi l'unione in consorzi e cooperative, inizialmente osteggiata a causa dell'esperienza passata negativa, ma oggi considerata attentamente con la formazione delle prime associazioni moderne, basate sulla partecipazione volontaria e sulla messa in comune solamente di quelle fasi o mezzi produttivi non convenienti per il singolo. Il successo del modello cooperativistico adottato in Italia è oggetto d'accurato studio. A partire dagli anni ’90 si è verificato un boom nel settore industriale (di cui il 60% ha riguardato il settore manifatturiero) che costituisce la colonna portante della crescita economica, che ha avuto degli effetti positivi anche nel settore dei servizi e delle costruzioni. Nell’ultimo decennio, inoltre, aumenta lo sfruttamento delle risorse naturali di cui il Paese è ricco: petrolio e gas naturale, in particolare. In crescita anche l’industria turistica: una vera è propria esplosione tra 2000 al 2004 ha visto un incremento superiore al 120% (Cfr. 7.5). - L'agroindustria: uno sbocco per le produzioni agricole A partire dal 1998, un'importanza particolare è stata segnata alla trasformazione dei prodotti agricoli. Tuttavia, la maggior parte dei prodotti sono venduti allo stato grezzo (Fig. 6). Anche l'acquicoltura e la pesca vengono incoraggiate con incentivi e cospicui prestiti statali. Inoltre, si stanno costruendo numerosi impianti moderni per il trattamento e la congelazione del pesce da esportare in Europa e in vari paesi quali il Giappone. Lo sviluppo delle attività industriali basate su materie prime agricole, oltre ad assorbire prodotto grezzo e manodopera, creerà un notevole indotto ed è l'unica possibilità di sviluppare le campagne evitando la fuga degli abitanti. 2000 40 31,5 27,529,230,6 25,5 24,2 21,2 20 17,519,621,221,5 22 10 3,04 3,7 3,8 -0,5 0 1,4 1,6 1 1,9 1,7 2 2,1 0 30 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 1988 1987 -10 Produzione alimentare Esportazioni alimentari Fig. 6. Produzione e esportazione di generi alimentari (in milioni di tonnellate). Fonte: Vietnamese Studies, n.2, 1999. 2.10. Il Vietnam nel mondo: relazioni differenziate, normalizzazione e cooperazione con gli ex nemici A partire dall'inaugurazione della politica della “porta aperta”, il Vietnam persegue attivamente lo stabilimento di relazioni pacifiche amichevoli con tutti i paesi del mondo. Nel 1995 si sono ristabilite piene relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti (che hanno portato al ritiro dell’embargo applicato dalla fine della guerra), a lungo interrotte in seguito al sanguinoso conflitto ventennale che aveva coinvolto i due Paesi. A ciò è seguita un'intensa attività che ha permesso il raggiungimento di un importante obiettivo quale l'intesa preliminare sull'accordo commerciale nel luglio 1999, che una volta ratificato e applicato con la concessione della clausola "della nazione più favorita" (ora di "normali rapporti commerciali") ha aperto al Vietnam un nuovo, importante mercato oltre a nuovi finanziamenti e ulteriori aiuti allo sviluppo. D’altro canto, al contrario di quanto si potrebbe pensare, la popolazione vietnamita non mostra alcuna ostilità nei confronti degli americani: da un lato, essi sono solamente uno dei nemici con cui il Vietnam ha dovuto lottare nel corso della sua storia travagliata; dall'altro, il pragmatismo vietnamita induce a superare le divergenze per trovare utili punti di contatto. Nell'antichità, i governanti vietnamiti scortavano i generali cinesi sconfitti alla frontiera e affidavano loro doni e tributi per l'imperatore: una politica che evitava di ledere l'onore del grande vicino e di attirare possibili rappresaglie, e che poneva i presupposti per successivi scambi economici e culturali: la lettura della storia vietnamita né dimostra i felici risultati. Da tempo del resto le buone relazioni con la Francia sono uno dei cardini fondamentali della politica estera vietnamita. Infatti, i rapporti con la potenza coloniale di un tempo sono molto intensi: oltre ad essere il primo investitore tra i paesi europei e uno dei primi in assoluto, la Francia finanzia vari programmi di cooperazione, fra l'altro nel campo dell'educazione, cultura e formazione. Il Vietnam fa parte della Conferenza Internazionale di Paesi Francofoni. Gli studiosi francesi (economisti, agronomi, storici, geografi) possono offrire ai vietnamiti un grande contributo di conoscenza; in genere, essi lo fanno con spirito di amicizia e mossi da sincero interesse e passione per il Paese. Anche tra i giovani giapponesi il Vietnam suscita un interesse che va oltre i rapporti economici e strategici. Numerosi artisti e studiosi del Sol Levante ne studiano la lingua e ne riscoprono l’arte e le tradizioni, facendole diventare una vera e propria moda in patria. Le relazioni con la Cina sono notevolmente migliorate nel corso degli ultimi anni, con il continuo scambio di delegazioni ad alto livello, avvio di iniziative congiunte e reciproche lodi ufficiali. Il vero nodo da sciogliere, la questione delle isole Truong Sa (Spratley) e Hoang Sa (Paracles) rivendicate da entrambi i paesi è attualmente oggetto di negoziati diventati ancora più intensi in seguito alla scoperta che queste isole sono la parte emersa di un mare di petrolio (Fig. 7). Il Vietnam non può che mirare a relazioni pacifiche con la Cina, da cui storicamente ha sempre dovuto difendersi ma da cui ha anche assorbito notevoli influenze culturali e per millenni ha ripreso il modello politico. Il raggiungimento da parte del Vietnam di relazioni amichevoli con vari paesi e blocchi può rappresentare una sorta di garanzia nei confronti della Cina, come lo fu l'amicizia con l'URSS alla fine degli anni ‘70. La contiguità geografica influenza in modo contrastante anche l'economia: da un lato, la Cina rappresenta un immenso mercato per le merci vietnamite, dall'altro, il contrabbando di vari prodotti industriali causa notevoli difficoltà alle imprese vietnamite. Fig. 7. Arcipelaghi Spratly e Paracel. 2.10.1. Il peso delle vicende indocinesi Le vicende indocinesi sono state il maggior fattore condizionante nella politica del Vietnam dal 1975 in poi. Anche nel corso della lotta rivoluzionaria, la connessione della situazione vietnamita con quella laotiana e cambogiana era stata stretta, a seguito della scelta compiuta dalla Francia alla fine dell'800 di fondere nell'Indocina francese tre realtà diverse tra loro, allo scopo di assicurarsi una vasta colonia economica e strategica e di ridurre il peso in essa della riottosa presenza vietnamita, tanto che il Vietnam era stato artificiosamente diviso in tre colonie diverse (Annam, Cocincina e Tonchino). Questa situazione aveva creato nel corso della lotta antifrancese un legame tra genti eterogenee per storia e cultura: nella successiva lotta contro gli Stati Uniti il rifornimento in uomini e armi non sarebbe potuto giungere dal nord al sud senza il "sentiero di Ho Chi Minh" che percorreva la parte orientale del Laos e sboccava nella regione nord-orientale della Cambogia per entrare nel Vietnam meridionale. Per questa connessione oggettiva di vicende storiche, il Laos e la Cambogia avevano pagato duramente: interferenze sanguinose da parte degli Stati Uniti, le zone impervie del paese furono sottoposte a bombardamenti che hanno sconvolto l'habitat umano e l'ambiente. All'inizio del 1979 il Vietnam decise di compiere in Cambogia quello che, nella più recente interpretazione del diritto internazionale, potrebbe essere considerato un "intervento umanitario" contro un regime che incontestabilmente violava brutalmente i più elementari diritti umani e lo stesso diritto alla vita, non di un'etnia più o meno “estranea", ma del suo stesso popolo. Al Vietnam, che intervenne soprattutto per tutelare le sue frontiere e per salvare gli ultimi superstiti dei comunisti cambogiani di formazione vietnamita, fu, comunque, fatto pagare con la massima durezza quel intervento: il mondo occidentale, dimentico della politica di sterminio messa in atto da Pol Pot, ne sostenne militarmente, economicamente e diplomaticamente la resistenza contro l'intervento vietnamita, guidata da una coalizione condotta sul terreno dai Khmer rossi con estrema crudeltà e una generalizzata pratica di atti terroristici sul territorio. A determinare il sostegno occidentale ai Khmer rossi e a isolare il Vietnam interveniva la logica di quella che poteva essere definita come una nuova fase della guerra fredda, cioè il tentativo statunitense di allearsi alla Repubblica Popolare Cinese contro l'URSS e il Vietnam. In questa logica intervenne anche l'invasione cinese in Vietnam e una violenta polemica tra Hanoi e Pechino che si è venuta allentando soltanto nella seconda metà degli anni '80, quando hanno prevalso le comuni esigenze di due Paesi che continuano ad essere governati da partiti comunisti di affine origine storica. Sullo sfondo del miglioramento dei rapporti tra i due Paesi e i due Partiti e dopo il ritiro delle forze vietnamite dalla Cambogia nel 1989, fu resa possibile una soluzione pacifica del problema cambogiano. Nell'ottobre 1991 si raggiunto un accordo attraverso l'intervento della diplomazia internazionale (mediatori decisivi furono Francia, Indonesia e Giappone) e nel 1993 vi fu in contributo delle Nazioni Unite per organizzare nel paese elezioni generali. Nonostante il radicato sentimento anti-vietnamita diffuso in Cambogia per ragioni storiche, i rapporti tra Cambogia e Vietnam sembrano ora destinati a una crescente collaborazione, anche sulla base del fatto che buona parte della classe dirigente, a ogni livello, è stata formata in Vietnam o con l’aiuto di tecnici vietnamiti. Poche parole sul Laos: questo paese è rimasto dal 1975 un fedele e tranquillo alleato del Vietnam, del quale ha seguito le scelte politiche ed economiche fondamentali nei vari periodi. Oggi la Cina ha vasti interessi e molte infiltrazioni, non sempre lecite, nelle province settentrionali del paese, ma ormai i rapporti tra Hanoi e Pechino non sono più contraddistinti da antagonismo. Lo stesso vale per la penetrazione degli interessi thailandesi nella parte centrale e meridionale di questo paese privo di sbocco al mare, connesse in particolare alla costruzione di opere idroelettriche e di comunicazione sul Mekong. Per il momento il fenomeno non pare preoccupante per il Vietnam, anche se la regolamentazione del Mekong, il suo sfruttamento a scopo idroelettrico e soprattutto la diversione di acque a scopo irriguo potrebbe mettere in pericolo le ricche coltivazioni di riso del delta del fiume, attraverso fenomeni di salinizzazione o altre trasformazioni dell’equilibrio naturale. 2.10.2. La ripresa dei rapporti con i “fratelli” di un tempo Le relazioni tra il Vietnam e i paesi del blocco sovietico, innanzitutto la stessa URSS, si svilupparono progressivamente nel corso della guerra contro gli americani e negli anni successivi. Fino all’attuazione della politica di Perestroika in URSS e alla dissoluzione del COMECON, il Vietnam ricevette ingenti aiuti sovietici, dal punto di vista sia militare, sia economico e nel settore della formazione. La maggioranza della classe dirigente vietnamita di oggi ha studiato in un paese dell’est europeo e ne parla correttamente la lingua. Il fatto che il Vietnam ripagasse in natura, soprattutto in prodotti agricoli, i prestiti agevolati, apriva mercati sicuri. All’inizio degli anni '90 gli aiuti sovietici si interruppero, privando il paese di un consistente sostegno e le imprese dei loro maggiori sbocchi. Mentre i primi ripresero presto da altre fonti, con la normalizzazione dei rapporti con le organizzazioni internazionali, i secondi rappresentarono un problema a tutt’oggi non completamente risolto. Attualmente, il Vietnam sta incoraggiando la ripresa dei rapporti soprattutto commerciali con gli ex paesi del COMECON, basandosi sulle relazioni passate, sulla familiarità tra le popolazioni e sui numerosi cittadini che conoscono molto bene la lingua, la cultura e la situazione della Russia e di altri Paesi dell’Est, per non parlare delle migliaia di vietnamiti che ancora vi risiedono. Le relazioni economiche, ancora limitate, hanno avuto un impulso con l’accordo per la costruzione della raffineria di Dung Quat, siglato nel dicembre 1998. Il partner straniero della contestata prima raffineria del Vietnam è l’impresa russa Zarubezhneft. Del resto, l’estrazione di petrolio vietnamita ebbe inizio grazie all’assistenza sovietica. Dal punto di vista politico, il crollo dell’URSS non ha avuto conseguenze decisive in Vietnam. Come si desume dal percorso temporale delle riforme economiche vietnamite, esse erano state decise prima del lancio della Perestroika: tutt’al più quest’ultima può averle incoraggiate. Un’ulteriore impulso al cambiamento può essere derivato dalla consapevolezza che gli aiuti sovietici sarebbero ben presto cessati. 2.10.3. L’ASEAN Fig. 8. Paesi membri dell'ASEAN (Asia del Sud-Est). L’ingresso nell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) nel 1995 rappresenta un punto di svolta nella politica regionale vietnamita: il Vietnam entra a far parte di un organismo fondato in funzione anticomunista nel 1967 (Fig. 8). Anno che segnò il culmine dell’impegno statunitense nella guerra indocinese. Con alcuni dei paesi membri dell’organizzazione, Hanoi non aveva al momento dell’ingresso nell’organizzazione, relazioni economiche e diplomatiche molto estese. Nel corso del suo sviluppo storico concreto, l’ASEAN aveva modificato profondamente le sue caratteristiche iniziali. Inoltre all’inizio degli anni ‘90 risuonavano spesso tra i primi ministri convocati nelle riunioni annuali, considerazioni legate ai “valori asiatici” e a un percorso, per i paesi dell’Asia orientale, autonomo dalle ipoteche del sistema occidentale. Lungi dall’essere una scelta di campo a favore dello schieramento “filoamericano”, l’adesione all’ASEAN ha ribadito la volontà del Vietnam di non sbilanciarsi eccessivamente anche dal punto di vista economico verso l’Occidente, oltre che di tutelarsi nei confronti della Cina, mantenendo buoni rapporti con entrambi e di inserirsi in un contesto regionale che resta trainante. All’orizzonte si profila anche l’ipotesi di costituire un nuovo blocco in Asia, con motivazioni paragonabili a quelle asserite dal primo ministro della Malaysia, Mahathir Mohammad. Nella visione di Mahathir, i valori asiatici devono affermarsi per combattere l’invasione culturale da parte dei paesi occidentali; inoltre, l’Asia deve contrastare l’eccessivo liberismo economico propugnato dagli Stati Uniti e difendere il proprio modello di economia di mercato a guida statale. Sono concetti che possono presentare pericolose ambiguità ma non sono certo sgraditi ad Hanoi, anche se non è chiaro fino a che punto questa tesi politico-economica del primo ministro malese sia sviluppata sulla base di una generale concezione degli equilibri mondiali e fino a che punto invece costituisca un tentativo di coprire e giustificare di fronte alle pressioni occidentali il carattere repressivo e autoritario del suo potere all’interno. Dal punto di vista politico, l’ASEAN non prevede alcuna integrazione tra Stati membri né alcuna armonizzazione legislativa che vada oltre le normative doganali e poche altre generalmente connesse alla sfera economica; propugna anzi il principio della non-interferenza negli affari interni degli Stati membri. L’ingresso nell’organizzazione di Laos e Cambogia, il primo paese alleato e “fratello”, il secondo avvicinatosi in seguito alle elezioni del 1998, non può che spostare il baricentro dell’ASEAN a favore del Vietnam. Oltre al probabile appoggio da parte di paesi amici, il Vietnam potrebbe acquisire un nuovo status in presenza di paesi più poveri ai quali presta assistenza; inoltre, l’equilibrio dell’ASEAN negli ultimi anni si è spostato verso i paesi meno industrializzati contraddistinti da una complessa economia di transizione. Sicuramente la crisi ha indotto una maggiore coesione tra Stati membri e una presa di coscienza della funzione che questi paesi possono avere in vista di un’assistenza reciproca. Dal punto di vista economico l'ASEAN prevede l'istituzione di un'area di libero scambio, AFTA (ASEAN Free Trade Area), che prevede la progressiva riduzione dei dazi all'importazione e l'eliminazione delle restrizioni quantitative e delle barriere non tariffarie entro il 2012. -La vocazione “non allineata” Benché il significato del “non allineamento” sia stato molto ridimensionato dalla fine dello scontro tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, le autorità vietnamite incoraggiano i rapporti con i paesi neutrali, non allineati e esterni al blocco che fa capo agli Stati Uniti: il paese fa parte del resto del Movimento dei Paesi non allineati, senza porre troppi problemi sulla sua identità nel mondo attuale. Si tratta più che altro di un retaggio storico: quanti rifiutavano l’allineamento ai blocchi sono stati fedeli sostenitori del Vietnam durante la guerra contro gli Stati Uniti e poi nel periodo dell’isolamento seguito al 1978. I Paesi scandinavi, in particolare la Svezia, hanno, ad esempio, una lunga tradizione di amicizia e assistenza al Vietnam; le relazioni con i Paesi africani e medio-orientali, per quanto molto limitate dal punto di vista economico e culturale, sono mantenute amichevoli e salutate entusiasticamente nel corso di visite ufficiali, per il sussistere del comune retaggio anticolonialista. In particolare, è auspicato fortemente l’incremento delle relazioni economiche con i Paesi medio-orientali e del Golfo Persico, potenziali acquirenti di prodotti vietnamiti, soprattutto quelli agro-alimentari e recettori di lavoratori. Il Vietnam mantiene anche relazioni amichevoli, a volte ostentatamente, con quelli che gli Stati Uniti definiscono “rogue states”, paesi “mascalzoni” messi all’indice della comunità internazionale dal punto di vista economico e politico. Le relazioni con la Libia, gli invii di aiuti all’Iraq, o la ripetuta condanna senza mezzi termini del bombardamento della Jugoslavia, tutti sottolineati con grande enfasi dai media, non sono interamente spiegabili nell’ottica della solidarietà tra paesi che in vari modi si richiamano o si sono richiamati al socialismo. Non si parla più oggi di paesi fratelli o di “amicizia speciale”, con l’eccezione del solo Laos, né il Vietnam si associa ideologicamente in modo esplicito ad alcun Paese. Si vuole ribadire l’indipendenza assoluta da blocchi e alleanze, e il perseguimento dell’amicizia con tutti i Paesi, applicando rigidamente il principio della non ingerenza negli affari interni. Il Vietnam, infatti, non si unisce mai alla condanna internazionale di fatti avvenuti all’estero, non critica mai ufficialmente un altro Stato per eventi interni. Infine, è spontanea la simpatia della popolazione e dei dirigenti vietnamiti nei confronti di nazioni sottoposte all’embargo internazionale o addirittura ad un intervento americano. Alle condanne ufficiali dell’intervento Nato in Jugoslavia, si è unito un coro unanime di proteste da parte di semplici cittadini che si sentono vicini alla piccola nazione opposta alla più formidabile alleanza militare del mondo. Nonostante le differenti circostanze, un fattore emotivo interviene a ricordare le circostanze nelle quali il Vietnam si trovò nel 1965. 3. ANALISI DELLA SOCIETA’ Si passa ora ad esaminare e studiare la società, punto di partenza necessario per comprendere la cultura, gli atteggiamenti e gli usi del Vietnam. Ogni imprenditore, per realizzare ed esprimere al meglio la propria attività, deve conoscere e capire le relazioni sociali che sono alla base dei rapporti economici. La popolazione vietnamita, oggi di circa 83 milioni di abitanti (Tab. 13) è in costante crescita e vede notevolmente migliorare nel tempo le proprie condizioni, come attestano i principali indicatori sociali (Tabb. 14-15). Ancora vi è molto da fare ma si sta camminando nella giusta direzione. Le disparità costituiscono certo un grande disagio sociale: tra ricchi e poveri, tra città e campagna. La crescita economica notevole, però, accompagnata da giuste direttive da parte del Governo, quali gli investimenti su Sanità e Istruzione, capisaldi della politica, dovrebbero portare nel giro di pochi decenni a condizioni nettamente migliori. Tab. 13. La popolazione del Vietnam: totale e divisa per sesso (in mil.). Anno Popolazione Maschi Femmine 1975 48 - - 1976 49,2 23,6 25,6 1980 53,6 26 27,6 1985 59,9 29,3 30,6 1990 65,8 32,1 33,7 1995 71,4 34,8 36,6 1999 76,3 37,5 38,8 2000 79 38,8 40,2 2006 83,1 40,9 42,2 Fonti: General Statistical Office, Statistical Yearbooks. Tab. 14. Principali indicatori sociali. 2000 2001 2002 2003 2004 2005 77.6 78.7 79.7 80.9 82.0 83.1 Popolazione(milioni) 234.8 239 242.1 245.7 249.1 252.4 Densità di popolazione per Kmq n.d. 68.2 n.d. n.d. 71.2 n.d. Speranza di vita (in anni) 94 n.d. 96 n.d. n.d. n.d. Tasso di alfabetizzazione (%) 6.42 6.28 6.01 5.78 5.6 5.31 Tasso di disoccupazione (%) 7.95 7.39 7.8 6.84 n.d. 6.2 Ad Hanoi 6.48 6.04 6.73 6.58 n.d. 6.17 Ad HCMC 1,764 1,770 1,754 1,772 1,737 n.d. Ospedali e cliniche 178 191 202 214 230 n.d. Università 2.9 3.8 5.7 7.3 9.9 13.3 Telefoni (in milioni di unità) 3.7 4.8 7.1 9.1 12.1 15.9 Telefoni ogni 100 persone 108 110 109 109 112 108 Indice di sviluppo umano Fonte: VET Research. 3.1. Cause di povertà Un'inchiesta effettuata dal Ministero del Lavoro, Invalidi e Affari Sociali nel 1993 mirava a stabilire quali fossero le cause della povertà agli occhi di coloro stessi quotidiane, consuma risorse e impedisce l'accesso ai mercati, inchiodando le famiglie contadine in un'economia di sussistenza, impedendo di disporre di quel poco di contante che consentirebbe l'accesso alla scuola dei più piccoli; - mancanza di conoscenze tecniche: pur sapendo leggere e scrivere, i contadini mancano di conoscenze tecniche per quanto riguarda la pratica dell'agricoltura. Si stima che solo il 7,3% dei lavoratori rurali ha ricevuto una formazione specifica, e anche su scala nazionale, pur avendo la quasi totalità dei lavoratori un'istruzione di base, solo il 12% ha ricevuto un addestramento formale. L'istruzione limitata non solo impedisce l'applicazione di tecniche moderne, ma influisce negativamente sulla situazione igienico sanitaria, sulla nutrizione e sulla pianificazione familiare. 3.2. Contraccolpi negativi dello sviluppo: la disparità di reddito e l'urbanizzazione incontrollata Un problema notevole nella società vietnamita è la crescente disparità di reddito e standard di vita da campagna a città che continua a richiamare migliaia di persone nei centri urbani. Gli uomini guidano il cyclo, il tipico risciò a pedali, o cercano impiego nei cantieri o come facchini; le donne lavorano come venditrici ambulanti di frutta, verdura o altro, e girano la città con le tradizionali ceste a bilanciere. Sempre più numerosi bambini vendono giornali e cartoline o lustrano scarpe. Si tratta di impieghi occasionali, mal retribuiti e soprattutto illegali: chi riesce a trovare un simile lavoro è già considerato fortunato rispetto a coloro che vivono la piaga della mancata occupazione. Il 90% dei vietnamiti poveri vive nelle aree rurali. La percentuale di poveri cresce vertiginosamente nelle aree remote e montuose, e si avvicina al 100% della popolazione nel caso di alcune minoranze etniche come i H’Mong (popolazioni nomadi di montagna presenti anche in Cina e qui chiamate Miao). Più del 60% della popolazione vietnamita è impiegato nel settore agricolo, tuttavia, l’agricoltura produce oggi soltanto il 20% del PIL del paese. Soltanto l’8,2% di capitali complessivi investiti in Vietnam e il 6% dei capitali investiti da imprese estere sono destinati all’agricoltura. I contadini cominciano ad abbandonare i campi sovraffollati e ricercano fortuna nelle città. Si stima che almeno un milione di persone siano migrate nei grandi centri urbani; tuttavia, non avendo ricevuto alcuna formazione professionale specifica, soprattutto negli ultimi anni di stagnazione economica, esse rischiano di non trovare alcuna occupazione e di vivere di espedienti o di alimentare la criminalità. Il modello economico più diffuso nei villaggi poveri è quello di autoconsumo: coltivazione di una risaia e di pochi ortaggi per l’alimentazione della famiglia. All’agricoltura praticata con metodi arcaici si affianca spesso l’allevamento su piccolissima scala. I proventi monetari di questo tipo di economia sono insufficienti all’accumulazione di capitali da investire per espandere le proprie attività, e spesso anche alla mera sopravvivenza: molte famiglie vedono come unica soluzione la migrazione verso le città. Nei centri urbani la situazione è notevolmente migliore, e in fase di ulteriore miglioramento. Il reddito medio pro capite di Ho Chi Minh City è stimato pari a 1500 dollari all’anno, quello di Hanoi a 1100 dollari all’anno,un livello molto superiore ai 740 dollari circa della media nazionale. Un economista vicino al governo stima che il reddito pro capite annuo delle due città abbia raggiunto rispettivamente 2000 e 1500 dollari, se si include nel conteggio il settore informale. Tuttavia, anche nelle città il divario tra ricchi e poveri sta aumentando, aggravato dall’afflusso costante di migliaia di emigranti dalle campagne. Nonostante gli incentivi previsti per rimediare alla meccanizzazione dell’agricoltura, lo spettro della disoccupazione è ben presente, ed è la motivazione che spiega la lentezza della riforma delle imprese pubbliche e della modernizzazione agricola. Infine, l'introduzione dell'economia di mercato sembra minacciare i pilastri tradizionali del sistema sociale, quali sanità e istruzione: tali servizi oggi sono a pagamento, se si esclude una percentuale di cittadini esonerati dalle tariffe base. In molti villaggi, i bambini abbandonano la scuola per dedicarsi ad attività economiche; alcuni si recano nelle città in cerca di fortuna. Il costo per mantenere uno studente universitario in città è in vari casi superiore al reddito mensile di una famiglia contadina, e le borse di studio sono disponibili soltanto per i più meritevoli, situazione difficilmente raggiungibile per chi venga dalle povere scuole rurali. Le autorità hanno introdotto un sistema di prestiti agli studenti; la banca di Stato per esempio ha stanziato nella fase iniziale trentacinque miliardi di dong, di cui trenta provenienti dal bilancio pubblico: ben più incisive misure sarebbero necessarie per garantire il diritto allo studio. Sempre più medici aprono studi privati attrezzati con strumenti moderni, dove cittadini ricchi si fanno curare in cambio di salate parcelle. I vietnamiti più abbienti cominciano anche ad usufruire delle cliniche internazionali aperte nei maggiori centri urbani, con medici stranieri e standard e prezzi al livello dei paesi industrializzati. Gli ospedali pubblici invece hanno una situazione molto discontinua: a parte le maggiori città, essi sono obsoleti, privi d'attrezzatura e con una situazione igienica disastrosa. 3.3. La lotta contro la povertà: i risultati positivi delle riforme economiche Le distruzioni della guerra, l’embargo internazionale e politiche economiche errate, specie nel settore agricolo, mantennero la maggior parte della popolazione del paese in una situazione di povertà assoluta fino alla fine degli anni ‘80. Secondo stime delle Nazioni Unite, nel 1986 il 70% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà. Del resto, in periodi di conflitto, embargo e guerra fredda, la priorità era stata assegnata alla difesa della patria, con la popolazione chiamata a grandi sacrifici. Solo alla fine degli anni ‘80, con il ritiro delle forze vietnamite dalla Cambogia, fu possibile recuperare l’economia di guerra e dedicarsi al miglioramento delle condizioni di vita. Nello spazio di pochi anni, il tasso di povertà in Vietnam è crollato. Nel 1993, secondo la metodologia di calcolo utilizzata dalla Banca Mondiale la percentuale di vietnamiti che vivevano sotto la soglia di povertà era ancora del 50% circa; nello stesso anno, utilizzando gli indicatori prescelti dal Ministero del Lavoro, Invalidi e Affari Sociali (MOLISA) vietnamita, tale percentuale era compresa tra il 30 e il 35%. La riduzione della povertà è continuata rapidamente negli anni del miracolo economico. Il rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP (United Nations Development Programme) del 1997 pone la percentuale di poveri al 26%, mentre il MOLISA la pone al 18% nel 1998 e al 17% nel 1999. Le riforme hanno avuto il merito di ridurre notevolmente il tasso assoluto di povertà, qualunque sia la metodologia di calcolo utilizzata. La campagna di industrializzazione e il settore dei servizi in espansione creano posti di lavoro; la costruzione di infrastrutture permette il superamento delle difficoltà quotidiane, l’aumento della produttività e l’accesso a nuovi mercati; i progetti di lotta alla povertà, quali l’erogazione di crediti agevolati per l’investimento in attività produttive, permettono concretamente di sottrarsi alla condizione di ristrettezza. Il governo ha investito massicciamente e programma nuovi investimenti per il futuro nella costruzione di infrastrutture urbane e rurali. Nel 1986, solo il 6% delle famiglie rurali utilizzava l’elettricità; nel 1995 il 60% dei comuni era allacciato alla rete nazionale, e alla fine del 1998 il Vietnam ha annunciato con orgoglio che tutti i distretti del paese e l’85% circa dei comuni erano allacciati. Nel 1995 l’88% dei comuni disponeva di una strada carrozzabile, mentre nel 1986 essi erano soltanto il 40%. Il tasso di mortalità infantile è crollato dal 54,8 per mille medio nel 1979-83, al 36 per mille del 1995-96. Praticamente tutti i bambini vengono vaccinati contro le malattie infettive più diffuse. Oggi, il tasso di alfabetizzazione del Vietnam è del 93% circa (Tab. 14), e il 90% dei cittadini ha accesso a cure mediche di base. La popolazione è pronta ad accogliere nuove tecnologie, ad apprendere nuovi processi produttivi; le condizioni di vita vanno migliorando e la lotta alla povertà sta ottenendo ottimi risultati rispetto altri paesi in via di sviluppo, il cui reddito è superiore a quello del Vietnam. Anche nei momenti più cupi, nei periodi di guerra, carestia, difficoltà economiche, il governo del Vietnam ha puntato su sanità e istruzione, i due pilastri principali del suo sviluppo socioeconomico (Tabb. 15-16). Tab. 15. Indicatori sociali a confronto con altri paesi asiatici. Paese Persone Speranza di vita% donne alfabetizzate Pil pro capite Ppp parlamentari Vietnam 93,7% 68 26 $ 1.236 Cina 81,5% 69 21 $ 2.935 Arabia Saudita 63% 70 Nessuna $ 8.516 India 52% 61 7,3 $ 1.422 Bangladesh 38% 57 9,1 $ 1.382 Fonte: UNDP, Human Development Report, 1998. Tab. 16. Frequenza scolastica ai vari livelli per sesso ed etnia. Livello Elementare Intermedio Superiore Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Media 92,1 nazionale 1998 Minoranze 63,8 1993 Minoranze 82,2 1998 90,7 61,3 62,1 30 27,4 - 6,6 - 2,1 - - 36,5 8,1 - - Fonte: World Bank, 1999. Il Vietnam dispone di una classe dirigente istruita e preparata, in genere formata all’estero. Non soltanto la quasi totalità dei deputati eletti all’Assemblea Nazionale dispone di un titolo di studio universitario, ma, a differenza della maggior parte dei paesi in via di sviluppo e della stessa Cina popolare, anche a livello di amministrazioni locali, persino nei villaggi più remoti, i dirigenti politici e amministrativi sono generalmente laureati. 3.4. I vizi sociali Le numerose riforme e l’introduzione di un sistema liberale hanno purtroppo causato numerosi effetti collaterali, in particolare nei centri urbani: criminalità, droga, prostituzione, e vizi già esistenti, quali la corruzione, hanno raggiunto negli ultimi anni dimensioni decisamente preoccupanti. Le prostitute oggi sarebbero 176.000, il 60% delle quali di età inferiore ai 25 anni. Secondo il Dipartimento per la Prevenzione di Vizi Sociali del MOLISA (Ministero del Lavoro, Invalidi e affari Sociali), l'11% circa sarebbero minorenni, e molte sieropositive. Anche la droga sta assumendo dimensioni preoccupanti: inizialmente problema esclusivo del sud americano, divenuto un fenomeno marginale dopo la riunificazione, limitata ad aree rurali e minoranze che tradizionalmente hanno sempre consumato oppio senza entrare nel circuito dello spaccio. Oggi, benché il governo con l'aiuto di organizzazioni internazionali abbia attuato con successo alcuni programmi di lotta alla produzione di droga sulle montagne, l'uso di stupefacenti si sta diffondendo tra i giovani nelle città, soprattutto tra gli studenti. Per quanto riguarda la corruzione, questo male è talmente radicato a livello capillare in ogni strato della società vietnamita, da rendere difficile una soluzione. I salari dei funzionari pubblici sono molto bassi e spesso non sono sufficienti in un paese dove i prezzi e le esigenze sono in aumento: la riscossione di una tassa informale su ogni documento, pratica molto comune, permette di garantire uno stipendio dignitoso. Il governo ha riconosciuto la dimensione del fenomeno e si stanno studiando delle soluzioni, per esempio vietando a parenti stretti di manager pubblici di avviare imprese private, o ai membri del partito di possedere attività economiche in proprio. Ma non è difficile sviare queste norme e un incremento sostanzioso dei salari rappresenta, senza dubbio, l'unica possibile via si fuga, sebbene quasi impossibile, a causa delle limitate risorse del bilancio pubblico vietnamita. Nelle società confuciane, quale quella vietnamita resta almeno in parte, la corruzione è sempre stato oggetto di condanna e di preoccupazione all'interno di una cultura politica, che ignora il garantismo e le esigenze democratiche. 3.5. Una società in trasformazione: l'eredità del confucianesimo Tradizionalmente in tutto il mondo confuciano, la società e la famiglia seguivano modelli rigidamente prestabiliti. L'obbedienza del suddito al sovrano, del figlio al padre, della moglie al marito e del minore al maggiore era considerata parte dell'ordine morale cosmico: ogni infrazione costituiva innanzitutto un'empietà. Il significato etimologico della parola vietnamita "rivoluzione" (cach mang) significa "sovvertire il mandato del cielo". Anche lo Stato era organizzato secondo un modello paternalistico: in cambio dell'obbedienza e del rispetto dei sudditi, il sovrano doveva garantire la sicurezza e il benessere, come un padre con i suoi figli. Il sistema amministrativo e burocratico comprendeva i funzionari imperiali, detti dagli europei "mandarini", nominati in seguito al superamento di un esame conclusivo del corso universitario, teoricamente aperti a chiunque a prescindere dal censo e dalla nascita. Come in Cina si trattava di un sistema strettamente meritocratico, a differenza di quello aristocratico presente in Giappone. Il modello amministrativo ricalcava quello cinese; gli esami per i funzionari si tenevano dopo corsi triennali al Tempio della letteratura, fondato nel 1044 e prima università del Vietnam. A livello locale, esami di grado inferiore laureavano i funzionari di rango più modesto. La dottrina confuciana fu introdotta in Vietnam con la dominazione cinese, soprattutto a partire dall'undicesimo secolo (dinastia Ly), e si amalgamò con le forme preesistenti di società più prossime ai modelli del sud-est asiatico, talvolta sostituendosi, talvolta mitigando alcuni suoi aspetti. Per esempio, la posizione della donna vietnamita nella storia e nella società è ben diversa da quella della donna cinese: le donne vietnamite godevano di vari diritti come quello alla proprietà ed erano parzialmente tutelate nel matrimonio. La storia vietnamita celebra eroine come le due sorelle guerriere Trung, che affrontarono i cinesi nel I secolo d.C. alla testa di un esercito comandato da donne ufficiali, e dama Trieu, che, oltre che essere un'eroina delle guerre di indipendenza contro i cinesi, è ricordata nella letteratura e nei racconti popolari come un esempio di donna indipendente e spregiudicata. I culti popolari delle divinità femminili, prima fra tutte la madre, confermano questa tradizione. La posizione della donna in Vietnam è uno dei segni della durevole sopravvivenza di un corredo antropologico originario, sopravvissuto all’invasione culturale cinese. Il confucianesimo esaltava l'ordine sociale rigido, detestava i sovvertimenti, predicava la virtù, la disciplina, la prevalenza dell'interesse del gruppo su quello individuale: un substrato su cui ben si è inserito il sistema attuale. Con modalità e forme diverse nei diversi paesi e nelle diverse situazioni e vicende storiche, le popolazioni dei quattro paesi influenzati dall’insegnamento confuciano (Vietnam, Cina, Giappone e Corea) hanno anteposto l'interesse pubblico a quello del singolo. Di fondamentale importanza in queste società sono gli ideali comuni: socialisti e indipendentisti, nel caso di Vietnam e Cina; fedeltà alla patria e all'azienda in Giappone. Una visione superficiale della quotidianità in Vietnam non permette di comprendere questa logica di gruppo che può divenire un collettivismo: un popolo tipicamente evasore sul piano fiscale, che non rispetta le file, che passa col rosso e imbroglia quando possibile i clienti nei negozi sembra piuttosto fieramente individualista. Ci si chiede inoltre come un popolo sentimentale, amante della famiglia, dei bambini e delle canzoni romantiche abbia potuto tollerare decenni di guerre atroci con grande spirito di sacrificio. Ma oltre alle apparenze nelle situazioni banali, la fedeltà vietnamita al dovere superiore e ineluttabile (nghia) appare nelle emergenze o nei grandi momenti della vita: accudire un familiare, rinunciare a un amore osteggiato dei genitori, versare i propri risparmi per il matrimonio di un cugino, sono gesti comuni anche nel Vietnam di oggi, i cambiamenti sono limitati alle grandi città. Il rispetto per l'autorità familiare si amplifica nel rispetto di quella nazionale in occasione di iniziative pubbliche in cui il cittadino è chiamato a contribuire alla comunità o a diffondere la patria: tutti, indipendentemente dalle posizioni individuali, si "stringono attorno alla bandiera", pronti a qualsiasi rinuncia. A questo si deve aggiungere la solidarietà tipica della cultura vietnamita, che appare in modo evidente in caso di calamità naturali. In seguito alla terribile alluvione che ha devastato Hue e varie province centrali nel novembre 1999, squadre di volontari, soprattutto giovani studenti, si sono dedicati con entusiasmo allo sgombero delle macerie e a varie iniziative di sollievo e assistenza, lavorando incessantemente per ripristinare i servizi pubblici prima di riparare le loro stesse case danneggiate. Da nord a sud dei cittadini di ogni età e possibilità economiche hanno gareggiato nel raccogliere contributi, mentre le vittime rimaste senza casa venivano alloggiate da amici, parenti e anche da sconosciuti. Nel rispetto del dovere superiore, i vietnamiti difficilmente si abbandonano agli eccessi e al fanatismo che hanno contraddistinto, ad esempio, la rivoluzione culturale in Cina, e affrontano le situazioni con ironia e valutando sempre il caso umano. Un altro carattere distintivo delle società influenzata dal confucianesimo è il notevole conformismo predicato e attuato in vari aspetti della vita: il singolo non desidera spiccare per diversità rispetto al gruppo, anzi l'omologazione di gusti, modelli culturali, comportamenti e dello stile di vita in generale è molto accentuata. Nessuno desidera essere "diverso dagli altri" o "dare nell'occhio", anche la recente corsa agli status symbol è dettata dall'esigenza di emulare piuttosto che di distinguersi. Sembra ancora essere interiorizzato il principio confuciano in base al quale "i chiodi che emergono dal pavimento vengono martellati". Il tramonto progressivo degli ideali confuciani costituisce una grossa minaccia per sistema vietnamita: le autorità lo hanno ben compreso ed esaltano il ritorno e il mantenimento dei valori tradizionali in contrapposizione all'individualismo ispirato a modelli stranieri. Del resto, la tradizione rivoluzionaria vietnamita e lo stesso Ho Chi Minh hanno evitato la denuncia dei valori confuciani che ha invece contraddistinto la rivoluzione cinese. Vi sono, per questo, varie ragioni storiche, tra le quali non va dimenticato il tentativo di resistenza alla colonizzazione francese, sostenuto da almeno una parte dei dotti confuciani alla fine del XIX secolo e la provenienza di molti rivoluzionari da famiglie di mandarini. Il forte interesse tipico della tradizione confuciana per la cultura e l'istruzione rappresenta un fattore molto positivo per lo sviluppo economico, sociale e ovviamente culturale del paese odierno. Le famiglie di oggi sono disposte a immani sacrifici pur di offrire ai figli la migliore educazione possibile; gli studenti vietnamiti si dedicano con entusiasmo a lezioni supplementari, corsi di lingua straniera ed informatica, e molti non si accontentano della prima laurea. La valorizzazione dello studio per fini individuali e anche nazionali è uno dei tratti tipici di tutte le società dell'Asia orientale e costituisce, ad esempio, una delle spiegazioni del successo del Giappone. 3.6. Popolazione e famiglia Il modello di famiglia estesa, tipico delle società rurali anche in Europa, è ancora prevalente in Vietnam. Le giovani spose di campagna entrano nella casa del marito, specialmente se questi è il maggiore al Nord, erede del culto degli antenati e della casa paterna, o il minore al sud, destinato a convivere con gli anziani genitori. In città, benché un numero sempre crescente di giovani coppie agiate si costruisca una dimora indipendente, la carenza di spazi abitativi, oltre alla tradizione, costringe nella maggior parte dei casi alla coabitazione di più generazioni sotto lo stesso tetto. E' raro, comunque, per gli anziani vivere da soli: il senso del rispetto e gratitudine tradizionale per gli anziani spinge i giovani a prendersene cura. Tuttavia, la frattura tra città e campagna è evidente. Questa tradizione è sulla via del cambiamento, almeno nei centri urbani e soprattutto a Ho Chi Minh City. L'89% dei giovani di età inferiore ai 25 anni intervistati nella metropoli meridionale dal giornale Thanh nhien, dichiara che preferirebbe non convivere con i suoceri. Il matrimonio è considerato ancora quasi un obbligo, tanto da considerare "strane" le persone che scelgono di restare single; la convivenza prima del matrimonio è generalmente condannata e molte famiglie prediligono tuttora un figlio maschio. A Ho Chi Minh City si moltiplica il numero dei giovani che ritardano il matrimonio o restano single preferendo la carriera economica o sociale; in generale l'età media del matrimonio oggi è di 28,6 anni per i ragazzi e 24,5 per ragazze, contro i 22-23 anni e i 18-20 anni per ragazzi e ragazze rispettivamente nella generazione nata nel 1945. Sempre più giovani coppie urbane, specie nei ceti più istruiti convivono prima del matrimonio. Il modello di sessualità sta cambiando: si nota un distacco tra la generazione adolescente e i genitori. Attualmente, sono in corso tentativi di diffondere l'educazione sessuale nelle scuole o tramite associazione di massa come l'Unione delle donne o l'Unione della gioventù. È positivo l'aumento dei contraccettivi, anche se spesso il suo utilizzo è saltuario o scorretto. L'accettazione del principio della contraccezione costituisce un'importante svolta politica, in quanto alla fine degli anni ‘70 l'urgenza del contenimento della popolazione era scarsamente percepita dalle autorità, anche per le conseguenze psicologiche delle gravi perdite subite negli anni di guerra. Oggi il governo ha ben presente il pericolo posto dal sovraffollamento del territorio, e ha introdotto una vigorosa campagna di controllo sulle nascite. I dati sul tasso di fecondità dimostrano che la limitazione delle nascite a due figli per coppia funziona nelle aree urbane e tra gli impiegati statali, minacciati di licenziamento in caso di violazione. I modelli tradizionali sono più radicati nelle aree rurali specialmente remote e montuose, sebbene negli ultimi anni si registrino dei miglioramenti, dovuti alle numerose campagne di informazione. Anche la predilezione per i figli maschi sta scomparendo a Ho Chi Minh City, dove l'85% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere indifferente al sesso dei figli, ma è ancora spiccata in campagna, tanto da indurre varie coppie ad infrangere a oltranza la politica di controllo delle nascite solo per questo motivo. La necessità per i contadini di avere figli maschi si spiega, come in Cina, con il bisogno di contare sul reddito dei giovani per sopravvivere in vecchiaia: ed è il figlio maschio, non importa se il primo o l'ultimo, quello che resta in casa e vi porta la moglie. Sebbene in Vietnam la speranza di vita sia molto elevata, specie per un Paese in via di sviluppo e la fecondità sia in diminuzione, la popolazione vietnamita è ancora molto giovane (solo l'8% ha un'età superiore ai 65 anni, e più del 40% ha meno di 18 anni). Un altro fattore molto importante all'interno della famiglia e della società vietnamita soprattutto nelle città è lo stacco generazionale, paragonabile a quanto avvenuto in Europa negli anni ‘70, ma molto più accentuato, in quanto il quadro sociale muta in maniera molto più rapida. Le generazioni nate e vissute durante la guerra ventennale, avendo sacrificato la propria giovinezza per liberare il paese, affrontando sacrifici e privazioni in nome di un ideale comune, non comprendono lo stile di vita e le aspirazioni dei giovani nati nel dopoguerra, che vivono edonisticamente, ricercando continuamente comodità, svaghi e l'accesso ai consumi. Il rispetto degli anziani è un valore saldo all’interno della società vietnamita e ciò è fondamentale, in primis, ai fini della salvaguardia dei valori tradizionali, solidarietà e giustizia sociale. 3.7. Le minoranze etniche Come la maggior parte dei paesi nella regione, anche il Vietnam non è etnicamente omogeneo: convivono cinquantaquattro diversi gruppi etnici, suddivisi per ceppo linguistico in tre grandi raggruppamenti. L'89% della popolazione appartiene all'etnia predominante Kinh o vietnamita, meno di 8 milioni di abitanti appartengono invece alle cinquantatré etnie rimanenti, alcune delle quali contano poche centinaia di persone. I disordini a sfondo etnico non sono un problema all’interno della popolazione, proprio a causa del numero esiguo dei componenti, nonché della collocazione geografica in zone isolate. Nell’ambito dei gruppi "minoritari" il più importante per numero di componenti e posizione economico – sociale, è costituito dagli Hoa, etnia cinese, discendente di gruppi di profughi, che, a causa di guerre e carestie susseguitesi in Cina nel corso dell'età moderna e contemporanea, più volte varcarono la frontiera. Comunità di immigrati cinesi, d’altronde, affini agli Hoa del Vietnam sono presenti in tutti paesi del sud-est asiatico, con differenti gradi di inserimento e di assimilazione rispetto alle popolazioni locali: sono comunità tradizionalmente coese all’interno e chiuse all'esterno; tendono a vivere nelle grandi città dedicandosi prevalentemente al commercio, alla finanza e all'industria. Il Vietnam è probabilmente uno dei paesi in cui più le popolazioni di etnia cinese sono state assimilate meglio nell’ambito della società autoctona: ciò dipende dal comune sostrato culturale - religioso, a differenza di regioni quale l'Indonesia in cui domina l'Islam. Gli Hoa erano più di un milione nel 1975 e avevano un ruolo fondamentale nel sistema economico all'epoca del regime di Saigon, anche grazie a speculazioni e monopoli; molti lasciarono il paese in seguito agli incidenti di frontiera tra Vietnam e Cina e al sequestro dei loro patrimoni successivo alla collettivizzazione: lo scontro fu motivo di impoverimento per il Vietnam, sia dal punto di vista finanziario, sia da quello produttivo. Oggi, circa seicentomila Hoa vivono in Vietnam, soprattutto nel pittoresco quartiere cinese di Cho Lon a Ho Chi Minh City, e stanno rapidamente riconquistando le posizioni perdute in campo economico, anche incanalando gli investimenti provenienti da Taiwan, Hong kong, Singapore e dalle altre comunità di “cinesi d'oltremare” sparse nei paesi vicini. Il loro reddito è superiore alla media vietnamita, senza contare il mondo del sommerso da essi dominato. Inoltre, grazie alla nuova politica di tolleranza, essi possono utilizzare e insegnare la lingua cinese, valorizzandola attraverso un fiorire di attività culturali. Ben diversa è la situazione delle altre minoranze etniche, prevalentemente abitanti di aree montuose e isolate (Tabb. 16-17). Attualmente, il governo assistito da organizzazioni internazionali e non governative, sta compiendo numerosi sforzi per modernizzare lo stile di vita di tali etnie minoritarie: cospicui fondi sono dedicati alla costruzione di infrastrutture e ai programmi di differenziazione dall'agricoltura e di allevamento. Inoltre, si incoraggia la partecipazione delle minoranze alla vita civica, come testimonia il crescente numero di deputati etnici eletti all'Assemblea nazionale. Vi è però da considerare l’altra faccia della medaglia: il progresso, per quanto necessario, rischia di mettere a repentaglio le culture tradizionali. I giovani più brillanti studiano in città e assumono usi e costumi propri dell'etnia dominante, dimenticano la lingua, e in molti casi finiscono per non tornare a vivere nel villaggio. Quelli che ritornano trasmettono immagini capaci di cambiare lo stile di vita dell'intera comunità. Tab. 17. Indagine sui tassi di povertà delle minoranze. Provincia e gruppo etnico Tasso di povertà Ha Giang n.d. Etnia H’Muong 51,7% Dac Lac Media 15% Etnia M’nong 67,1% Lai Chau Media 35% Etnia Si La 93,8% Vietnam Media 17% Fonte: National Assembly Council of nationalities. Pur modernizzando, si cerca di promuovere e preservare la lingua, le usanze religiose e tradizionali, i costumi etnici, e sempre più studi hanno come fine la tutela di questo prezioso patrimonio culturale. Le autorità provinciali e le organizzazioni di massa stanno introducendo progetti di sviluppo dell'artigianato locale al fine di mantenere i mestieri tradizionali nelle varie etnie facendone anzi una fonte di reddito. Il sogno romantico di lasciare le minoranze nelle condizioni originarie, d’altro canto, porterebbe loro solo una maggiore miseria ed emarginazione, con la conseguenza dell'estinzione di vari gruppi a scadenza non lontana. È preferibile, quindi, come stanno facendo le autorità vietnamite, tentare di garantire alle tribù infrastrutture e l'accesso ad uno stile di vita più moderno, pur contribuendo attivamente alla conservazione di una cultura millenaria, la cui tutela e salvaguardia sono fondamentali anche ai fini di un considerevole ritorno economico. 3.8. Il ruolo della donna Nella società vietnamita la donna gode di grande libertà, specie se paragonata al ruolo della stessa nella tradizione cinese. Il governo socialista, con i suoi principi paritari, ha poi determinato il superamento di ogni forma di discriminazione. La costituzione del 1946 afferma esplicitamente la parità dei sessi, poi ripresa dalla costituzione del 1959 in cui è specificata l'uguaglianza nel lavoro, nonché dalla legge sul matrimonio e sulla famiglia dello stesso anno, che ribadisce la parità della donna nell’ambito familiare. Infine, la costituzione del 1980 consacra la libertà di scelta del partner matrimoniale e vieta la discriminazione tra figli e figlie. Ultima nata, la Costituzione del 1992 afferma l'impegno dello Stato a valorizzare il ruolo della donna all’interno della società. Varie commissioni e organismi statali si occupano dello studio delle questioni femminili, nonché dell’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione. Nella pratica, il Vietnam ha raggiunto un buon livello di parità tra i sessi: mentre nella classificazione in base al solo reddito è al centoquarantottesimo paese al mondo, l'indice di sviluppo umano corretto per la parità sessuale il Vietnam è al centottesimo. Nell'attuale legislatura le donne rappresentano il 26% dei parlamentari; nel 1996 esse erano il 20,4% dei delegati dei Comitati popolari a livello provinciale, il 18,4% a livello di distretto e il 14,4% a quello di comune. Le donne occupano posizioni direzionali all'interno di imprese statali o private, anche in settori di tradizionale dominio maschile, quali l'ingegneria. Secondo un'inchiesta del sindacato, già nel 1993 il 16,8% dei direttori d'impresa e il 26,6% dei vicedirettori erano di sesso femminile, così come l'8% dei direttori e il 14% dei vicedirettori delle potenti corporazioni. Le donne svolgono tutte le professioni: dal medico all'ufficiale dell'esercito, dal muratore al docente universitario, per non parlare del piccolo commercio, quasi interamente in mani femminili. L'opportunità di carriera per le vietnamite sono superiori rispetto a quelle delle donne di molti paesi d'Europa. Gran parte dei micro-crediti rurali sono erogati alle donne, sia per migliorare la loro posizione all'interno della famiglia, sia perché esse sono considerate più oculate amministratrici dell'economia domestica. Varie azioni a favore delle vietnamite sono promosse dall'Unione delle donne. Questa organizzazione di massa facente capo al fronte patriottico è presente a livello capillare nei villaggi. Concludendo, le donne vietnamite hanno ancora molta strada da compiere se paragonate alle loro sorelle dei Paesi più paritari d'Europa, ma la loro situazione è nettamente migliore di quella di quasi tutti i Paesi in via di sviluppo, e paragonabile a quella dei Paesi mediterranei. 3.9. La sfera religiosa La religione autoctona vietnamita era un culto animista, di adorazione di spiriti che rappresentavano le forze della natura; le cerimonie erano legate ai cicli di raccolti e esaltavano la fertilità. In seguito, al culto degli spiriti celesti (thien than, termine utilizzato anche per definire gli angeli della religione cattolica) si affiancò il culto degli spiriti dei defunti. La posizione di cerniera e crocevia tra il mondo sinizzato e l'Asia sud - orientale ha favorito l’introduzione di religioni e codici morali dall’esterno: il buddismo dall'India, il taoismo e il confucianesimo di matrice cinese si innestarono sui culti locali amalgamandosi in una religione sincretica. Tra le religioni codificate, il taoismo è più praticato nella parte settentrionale, mentre il buddismo ha messo radici al sud; inoltre, vi è una forte minoranza cattolica, alcune sette (tra cui le più famose Cao Dai e Hoa Hao), e limitate minoranze protestanti e musulmane. La religiosità vietnamita è estremamente tollerante, il sincretismo è evidente soprattutto al nord, dove può accadere che lo stesso tempio ospiti un padiglione buddista e uno taoista. Il codice morale del confucianesimo rappresenta poi la base di tutto a cui si sovrappongono e amalgamano le altre religioni in un sincretismo religioso di eccezionale interesse. Si associa il sovrano in carica e ancora vivo ai culti sopra descritti, facendolo diventare il figlio del cielo, rappresentante dell'imperatore divino in grado di comandare gli spiriti. È interessante notare come sia nei culti tradizionali, che nel Pantheon taoista vietnamita ci sia una forte presenza di dee e sante, sia di origine celeste che umana. Nella pratica quotidiana, il culto popolare è molto vicino al cattolicesimo popolare e superstizioso delle campagne mediterranee: il re del cielo, la madre, e una schiera di santi e sante, alcuni dei quali personaggi storici realmente esistiti, a cui chiedere grazie e miracoli, fare offerte ed ex voto. Riaffiorano tradizioni quali la geomanzia e la cartomanzia: rituali comuni e diffusi. La maggior parte dei vietnamiti, anche di status sociale elevato, non affronterebbe mai un evento importante senza consultare un cartomante; come in Italia, sedicenti "maghi" organizzano complicate e costose cerimonie per cacciare il malocchio. Durante l'epoca della collettivizzazione la sfera religiosa fu fortemente osteggiata in Vietnam: vari templi furono chiusi o destinati ad altri scopi, le cerimonie pubbliche furono proibite in nome dell'ateismo di Stato. La politica di riforme, che ha portato alla liberalizzazione di tutta la sfera del cittadino, ha riportato anche la libertà di culto. Così oggi è tutto un moltiplicarsi di iniziative religiose, di restauro di antichi templi e costruzione di nuovi, edificazione di chiese e pagode, riscoperta di feste paesane e culti tradizionali e gli stessi membri del comitato centrale del Partito Comunista e del Politburo partecipano pubblicamente o esprimono i propri auguri in occasione di celebrazioni. La prima festività in ordine di importanza è il “Tèt”, capodanno lunare che cade tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, grandemente celebrata, sia a livello privato che pubblicamente. Anche la religione cattolica, fortemente osteggiata in passato, anche per il suo riconoscimento di una suprema autorità esterna che la sottrae al controllo dell'autorità nazionale e per i legami con il regime coloniale francese e quello di Saigon, è oggi praticata liberamente: prelati cattolici siedono in Parlamento e il dialogo con il Vaticano procede. Varie fonti straniere accusano il Vietnam di violare la libertà religiosa: in realtà, le forme e le espressione di culto sono completamente libere attualmente. Tuttavia, lo Stato mantiene il controllo delle attività religiose organizzate: sia la Chiesa buddista che quella cattolica sono state riunite in formazioni nazionali legate al fronte patriottico. Non è l'aspetto religioso che interessa, ma quello politico: gli episodi di repressione sono intervenuti là dove l'organizzazione religiosa si configurava, anche per ragioni storiche, come una base di dissidenza antigovernativa. In questi casi, il confine è talvolta difficile da stabilire. La riscoperta della religione rientra nell’ambito della riscoperta della più ampia sfera culturale tradizionale, che le autorità mirano a salvaguardare e tutelare, in contrapposizione ai vizi insiti nella contemporanea società vietnamita. Tutte le religioni, col loro predicare la virtù, non possono non contribuire, seppur in minima parte, alla lotta contro i mali delle moderne società: droga, prostituzione, corruzione, individualismo e consumismo. 3.10. Lo stile di vita La morale confuciana prima, il socialismo poi, hanno idealizzato uno stile di vita sobrio e frugale, in cui l'ostentazione di lusso e gli sprechi erano condannati. In particolare, a partire dalla dichiarazione d'indipendenza del paese nel 1945, le successive guerre contro la Francia e gli Stati Uniti, l'intervento in Cambogia e il conflitto di frontiera con la Cina, hanno costretto i cittadini a uno stile di vita spartano in cui le autorità richiedevano sacrifici per la salvezza della patria. Del resto, prima dell'avvio delle riforme i beni di consumo erano scarsi, a causa della povertà del paese, appena uscito dai vari conflitti, e dell'enfasi sull'industria pesante. Fino alla metà degli anni ‘80 vigeva un duro razionamento dei beni essenziali e la bicicletta era un lusso, gli svaghi criticati, l'abbigliamento spartano. La polizia controllava l'abbigliamento dei giovani per impedire il diffondersi di mode americaneggianti: a chiunque portasse abiti non conformi allo stile predominante veniva tagliato con le forbici l'indumento incriminato. Fino all'inizio degli anni ‘90 le donne di Hanoi portavano i tipici calzoni ampi ancora oggi diffusi tra le contadine, e le gonne erano rarissime. Le minigonne, oggi comuni, sono comparse verso la metà degli anni ‘90. I cittadini tornavano a casa dal lavoro e andavano a dormire per alzarsi all'alba il giorno dopo, svegliati da altoparlanti che diffondevano slogan e notizie. Fino alla metà degli anni ‘90 ad Hanoi erano in funzione soltanto rarissimi locali notturni generalmente frequentati da prostitute e stranieri e le strade erano buie e deserte. Prima dell'introduzione delle riforme non esistevano praticamente forme di divertimento. Le uniche eccezioni erano le festività, soprattutto il Tèt, in cui i cittadini facevano la fila per acquistare zucchero e altri ingredienti per dolci e piatti tradizionali; lo svago consisteva soprattutto in un buon pasto e la visita a parenti e amici. Naturalmente, il grande mercato nero assicurava la fornitura di generi e quantità alimentari irraggiungibili. In particolare al sud, da sempre più consumista e influenzato dallo stile di vita dei militari americani, il periodo "ascetico" è durato per una breve parentesi: dalla collettivizzazione forzata della fine degli anni ‘70, per circa un decennio, quando il rinnovamento e il crescente benessere economico hanno poco per volta permesso il riaffiorare di modelli di vita e di consumo di stile internazionale. La politica di riforme ha completamente rivoluzionato lo stile di vita dei vietnamiti di città: essa proprio sul costume ha avuto il suo impatto più forte. Nel 2004 a Ho Chi Minh City secondo il locale ufficio statistico, il 97% delle famiglie possedeva un televisore, il 83% il motorino e il 76% il videoregistratore (Tab. 7); anche nelle campagne il televisore è un bene universale, e nelle città cominciano a diffondersi elettrodomestici più sofisticati, come la lavatrice e il forno a microonde. I negozi e i nuovi supermercati e centri commerciali traboccano di merci nazionali e importate; è facile trovare boutiques fornite delle più grandi firme della moda occidentale, quali Luis Vuitton, Cartier, Gucci etc. Un cambiamento radicale dalla metà degli anni ’90: il crescente ceto medio ha accesso ad ogni sorta di bene di consumo, si seguono le mode parigine e vengono impiegati cosmetici importati, si frequentano ristoranti di lusso e caffè alla moda, discoteche e centri sportivi. Anche le vacanze non sono più un privilegio elitario o un premio aziendale ai lavoratori meritevoli: negli anni più recenti si è diffusa l’abitudine di viaggiare sia alla scoperta del Vietnam e dei paesi vicini, ma si raggiungono anche mete più impegnative, quali la lontana Europa. La Thailandia, vicina e poco costosa, è la meta favorita, Le agenzie di viaggio pubblicizzano "pacchetti" per i periodi di ferie. Dal 1 ottobre 1999 è stata introdotta la settimana lavorativa di 40 ore: le autorità, oltre a riconoscere un mezzo per assorbire disoccupazione nascosta negli enti pubblici, hanno deciso di stimolare la domanda aggregata incoraggiando il pubblico a spendere e consumare. Gli investimenti pubblici, privati e stranieri si rivolgono sempre più a centri ricreativi, sportivi e simili, che soddisfano una domanda di svago. Questi cambiamenti hanno migliorato il tenore di vita della popolazione, che ha avuto accesso a comodità moderne, nuove forme di vita sociale e culturale, svaghi e piaceri a lungo negati. Soprattutto ai giovani vietnamiti si è aperta una finestra sul mondo: sono diventati più cosmopoliti, meno timidi, più indipendenti. D’altro canto vi è l’altra faccia della medaglia: il rischio di cadere nell'opposto eccesso di un consumismo sfrenato che pone il denaro al centro del sistema di valori, cancellando le tradizioni di solidarietà ed egualitarismo. Specie se si considera che le differenze fra ricchi e poveri, fra città e campagna, stanno diventando abissali. 4. IL VIETNAM VERSO IL FUTURO: PROBLEMI E SFIDE PER IL NUOVO MILLENNIO 4.1. Fornire la canna da pesca Il maggiore problema dei vietnamiti poveri, specie nelle campagne, risulta essere la mancanza di capitale. Essi non hanno bisogno di carità, ma di strumenti atti a costruire le basi per un miglioramento delle proprie condizioni, che possa consentir loro di vivere in maniera autonoma. Non hanno bisogno che si doni loro il pesce, quindi, ma che si insegni a pescare. E che si fornisca una canna da pesca. Le istituzioni creditizie ufficiali non erogano prestiti alle famiglie più povere, prive di garanzia e collaterali. In mancanza di progetti di credito ad hoc, quindi, l'unica fonte di capitale possibile sono parenti e amici, o anche gli usurai, diffusi nei villaggi vietnamiti, che applicano tassi d'interesse elevatissimi innescando un giro vizioso. Nel 1996 le autorità hanno istituito la Banca dei Poveri, specializzata in prestiti senza collaterali a interesse agevolato, e oggi presente capillarmente nella maggior parte dei comuni. La banca non prevede formazione, e spesso i beneficiari non sanno come impiegare i fondi in modo efficiente. Del resto, alcune famiglie non osano indebitarsi neppure presso istituzioni creditizie specializzate nel prestito ai poveri, per paura di non riuscire a ripagare il debito e subire sanzioni quali il pignoramento dei pochi beni. Più fortuna hanno avuto i progetti di micro-credito, finanziati dallo stesso governo vietnamita, da varie organizzazioni internazionali fra cui l'UNDP (United Nations Development Programme) e da numerose organizzazioni non governative. Il principio è quello del prestito agevolato, unito però a corsi di formazione che permettono un utilizzo efficiente della somma e a uno schema organizzativo che riduce al minimo le possibilità di fallimento. La somma erogata a una singola famiglia è modestissima: poche decine di dollari in qualche caso, sufficienti per avviare un piccolo allevamento, l'acquicoltura o la piantagione di frutta e ortaggi. Il modello più usato è quello del VAC (Vuong, Ao, Chuong, le tre parole vietnamite che significano orto, stagno per l'acquicoltura e recinto per animali). Questo schema, molto facile da realizzare, ha il merito di spezzare l'economia di sussistenza permettendo la vendita di prodotti e quindi l'accumulo di un piccolo capitale da investire in futuro in altre attività più differenziate. Altri schemi finanziano piccole attività artigianali o nel settore dei servizi. I beneficiari sono spesso riuniti in gruppi di credito e risparmio, con meccanismi di controllo reciproco attuati tramite riunioni frequenti con pubblica discussione dei risultati ottenuti, e tramite la rotazione del credito, che, una volta restituito, sarà erogato a un altro membro del gruppo. Talvolta, per incoraggiare la responsabilizzazione dei beneficiari, si decide che l'intero gruppo debba sostenere l'eventuale perdita subita da uno dei membri. Al fine di abituare le famiglie ai meccanismi del credito bancario, e metterle in grado di accedere in futuro a schemi di prestito ufficiali quali la banca di poveri e le casse rurali, si tengono corsi specifici per i partecipanti; inoltre, questi si impegnano a risparmiare mensilmente una somma prestabilita. Parallelamente al programma di micro-credito l'ente donatore organizza solitamente corsi di formazione obbligatori e gratuiti in cui esperti locali insegnano le tecniche inerenti all'attività prescelta, per esempio tecniche di allevamento efficiente e moderno. Una o più giornate del corso sono dedicate sempre e comunque alla salute materno - infantile, all'igiene domestica e alla pianificazione familiare. Fino alla fine del 1997, più di 2 milioni di dollari sono stati investiti in progetti di micro-credito; tuttavia, tra l'inizio del 1998 e la fine del 2000, secondo il programma nazionale di lotta alla povertà, ben 500 milioni di dollari sono stati dedicati complessivamente a programmi di credito e istituzioni creditizie rurali. Il tasso di crescita dei progetti di micro-credito è elevatissimo, prossimo al 100% in alcuni casi. Quando le famiglie restituiscono il debito, esse sono in grado di procedere da sole reinvestendo i proventi, anche grazie alla professionalità acquisita. Generalmente, la guida di questi progetti è affidata all'Unione delle donne. Non solo l'Unione si è dimostrata un partner onesto e efficiente, che ha ormai accumulato notevole esperienza in questo tipo di progetti: le sue funzionarie e volontarie conoscono bene i problemi della povertà e della vita quotidiana in campagna e la situazione particolare di ogni famiglia. A differenza degli uomini, le donne hanno la minima probabilità di spendere il prestito in "vizi sociali" quali alcol e prostituzione. Infine, l'affidamento del progetto alle donne contribuisce ad elevarne l'immagine sociale e il potere all'interno della famiglia. I progetti di credito si sono rivelati strumenti efficaci nella lotta alla povertà. Il governo ha selezionato mille comuni tra i 1715 in cui più del 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Essi hanno beneficiato per primi della costruzione di infrastrutture e dei crediti, e dovranno a loro volta dare la priorità alle opere giudicate più urgenti. L'idea di base consiste nell'affrontare contemporaneamente tutte le cause di povertà: senza una strada, per esempio, un progetto di micro-credito sarebbe inutile, in quanto i contadini non potrebbero facilmente vendere i loro prodotti. Alla fine del 2001 tutti i comuni vietnamiti sono stati dotati di allacciamento alla rete elettrica l'accesso a strade carrozzabili, un ambulatorio e una scuola con sufficienti attrezzature. Inoltre, gli aspetti sanitari sono considerati di fondamentale importanza, e un'enfasi particolare è posta sulla prevenzione di malattie e malnutrizione. Dal 2005 l'80% degli abitanti rurali ha accesso all'acqua potabile, anche grazie all'intervento dell'UNICEF, nel 2010 ogni cittadino vietnamita dovrebbe disporre di questa preziosa risorsa. Nel 2010 la povertà dovrà essere completamente eliminata: un tentativo unico tra i Paesi in via di sviluppo in qualsiasi parte del mondo. Al fine di reperire parte del capitale necessario, immenso per le modeste casse dello Stato vietnamita, le autorità chiedono il contributo della popolazione. Per esempio, gli abitanti di un comune sono tenuti a contribuire alla costruzione di una strada in forma di tasse o in alternativa di lavoro manuale prestato per la realizzazione dell'opera, secondo un modello di radicamento secolare nei villaggi. Inoltre il governo ha emesso degli speciali "buoni della solidarietà", i cui proventi verranno investiti per le opere infrastrutturali nei villaggi poveri, e il cui utilizzo è sorvegliato da apposite commissioni. La vendita è stata propagandata con appelli al patriottismo, alla solidarietà e al senso di umanità presso la fascia agiata della popolazione; funzionari pubblici e ministeriali hanno dato il buon esempio mettendosi in coda per sottoscrivere i buoni appena emessi, e giornali hanno riportato episodi esemplari di generosità. Nessuno è stato costretto all'acquisto, tuttavia, per i funzionari pubblici era difficile resistere alla pressione esercitata da una sottoscrizione aperta, in cui l'ammontare acquistato era conosciuto dai colleghi e nessuno voleva sfigurare o essere tacciato di egoismo. L'obiettivo posto dalle autorità è stato raggiunto molto più rapidamente del previsto; pressioni o no, in un paese dove l'evasione fiscale è un'abitudine nazionale, la popolazione ha risposto entusiasticamente e generosamente all'appello. 4.2. La politica: un argomento controverso E’ difficile parlare di politica in riferimento al Vietnam: il rischio maggiore è quello di cadere nella retorica. Il paese ha sempre suscitato in Europa, e soprattutto in Italia, emozioni violente e contrastanti: il solo nome non lascia nessuno indifferente, e evoca subito immagini forti. Il Vietnam oggi è una Repubblica Socialista guidata da un partito unico, con una "sistema economico di mercato ad orientamento socialista". L'Assemblea Nazionale, unicamerale, detiene il potere legislativo, ed è eletta a scadenza quinquennale dalla popolazione, e a sua volta, essa elegge il primo ministro che forma un governo. A livello locale, la struttura si riproduce con i Consigli Popolari eletti dalla cittadinanza, e i Comitati Popolari che detengono il potere esecutivo. Il potere giudiziario è detenuto dai Tribunali, con diversi gradi di giudizio. Il ruolo guida del Partito Comunista è ribadito dalla Costituzione; tuttavia, la legge non attribuisce al partito poteri precisi: esso ha principalmente una funzione di guida, di arbitro e di supervisore della vita politica nazionale. L'Assemblea Nazionale rappresenta tutte le diverse componenti sociali: agricoltori, industriali, ordini professionali, esercito, mondo della cultura, della religione, comprendendo una percentuale di deputati appartenenti a minoranze etniche. Questa composizione è garantita dal fatto che la preparazione delle liste elettorali vede il coinvolgimento del fronte patriottico, l'organizzazione ombrello che coordina gli organismi di massa e che fa capo, sostanzialmente, alle scelte politiche del Partito Comunista. Il meccanismo elettorale è diverso da quello dei Paesi multipartitici, ma anche dai Paesi in cui vige un monopartitismo classico. Pur essendo vietata la costituzione di partiti diversi da quello comunista, i deputati comunisti non sono necessariamente la maggioranza: molti candidati sono presentati da organismi di massa; alcuni sono addirittura indipendenti, comunque "non sgraditi" al potere. Le ultime campagne elettorali hanno visto accesi dibattiti e duelli pubblici tra candidati che concorrevano per lo stesso seggio. Anche all'interno dell'Assemblea si assiste ad animate discussioni che talvolta ritardano l'approvazione delle leggi; è da notare infine che l'evoluzione della legislazione vietnamita pone l'assemblea in una posizione almeno teoricamente sempre più centrale. Tuttavia, il Governo ha facoltà di emanare decreti legge che non passano dall'approvazione del Parlamento. Inoltre, la notevole autonomia accordata agli organismi provinciali induce a una diversa interpretazione e applicazione della legislazione nazionale, oltre che a normative locali differenziate. Questa autonomia, concepita come strumento di maggiore efficienza, si sta mostrando un'arma a doppio taglio: mentre alcune province dinamiche ne usufruiscono per sperimentare nuove riforme, altre ne approfittano per sfuggire all'applicazione nella pratica di leggi nazionali, e talvolta proteggere interessi particolari. In vari casi, i funzionari locali riluttanti alla perdita dei propri privilegi rappresentano il maggior ostacolo alle riforme. La più grande novità della politica vietnamita è la ricerca di uno Stato di diritto, in cui la legge prevalga e qualsiasi organizzazione e lo stesso governo debbano sottomettersi alla norma scritta. In realtà, la tradizione vietnamita, così come quella di vari paesi asiatici e anche del Mediterraneo, prevede la mediazione del conflitto in seno alla comunità e la ricerca del consenso. Ancora oggi, salvo casi gravi e eccezionali, sarebbe impensabile per il vietnamiti promuovere cause in tribunale contro altri cittadini, contro il datore di lavoro e tanto meno contro enti pubblici: il caso è in genere risolto tramite lunghe trattative, ascoltando il parere di persone autorevoli. Questo è evidente, per esempio, per gli incidenti stradali: anche nel caso in cui intervenga la polizia, il codice non viene quasi mai applicato, e si considerano, caso per caso, le ragioni delle persone coinvolte e dei numerosi testimoni e curiosi che si raccolgono attorno alla scena. Solitamente, l'onere del risarcimento ricade sul proprietario del veicolo più potente, e quindi del conducente presumibilmente più ricco, qualunque sia la dinamica dell'incidente. Questo tipo di atteggiamenti è tipico della cultura politico - giuridica dell'Asia Orientale: la legge scritta, necessaria a un paese che si affaccia ai mercati mondiali, comincia ad essere applicata nel caso di transazioni che coinvolgano stranieri. L'incomprensione tra operatori stranieri, che si richiamano alla norma scritta e rigida, e vietnamiti, che la interpretano quantomeno fantasiosamente, è all’ordine del giorno e rappresenta uno dei maggiori problemi che ostacolano gli investimenti esteri in Vietnam. Poco per volta, le autorità locali stanno rendendosi conto dell'assoluta necessità di una maggiore aderenza alla legge scritta nel caso di transazioni internazionali. All'estero, il Vietnam viene accusato talvolta di essere un paese totalitario. Tuttavia, pur essendo diversa dal sistema politico vigente nella maggior parte dei casi d'Europa, la forma politica vietnamita non può definirsi totalitaria, e ha caratteristiche originali e peculiari al Paese. Molti visitatori sono colpiti dalla libertà di cui godono i vietnamiti nella vita quotidiana, e dall'assenza di controlli almeno apparente. Effettivamente, lo Stato si intromette sempre meno negli affari privati di cittadini, che scelgono autonomamente dove lavorare, come vestirsi, come passare il tempo libero, se praticare una religione o se viaggiare all'estero, naturalmente se ne hanno i mezzi economici. Recentemente, si assiste ad un moltiplicarsi di pubblicazioni, inchieste e studi su varie tematiche sociali, anche scottanti: i dati sono pubblicati sui quotidiani dove peraltro si leggono frequenti critiche alla corruzione o ad episodi di malgoverno. Il Vietnam non può quindi definirsi "totalitario". Al contrario, talvolta il paese dà un'impressione di mancanza totale di regolamentazioni, o almeno di un'applicazione non esattamente letterale. La quantità di Leggi e Decreti nazionali e locali spesso contrastanti lascia spazio a libere interpretazioni; la corruzione dilagante porta i tutori dell'ordine a chiudere un occhio. Inoltre, come accennato, la cultura vietnamita ama il compromesso e rifugge dal confronto: anche le normative sono frutto di elaborate trattative e spesso sono così attente a non scontentare nessuno, da risultare vaghe e contraddittorie. Per quanto riguarda la libertà di espressione, essa è garantita nelle sfere diverse dalla politica. Articoli critici nei confronti della corruzione di dirigenti e delle misure di politica economica prese dal governo sono frequenti nei massimi quotidiani nazionali; i cittadini non hanno timore di esprimere le proprie richieste, anche in forme di pacifica dimostrazione. Pochissimi sono i tabù di fronte a cui nessun compromesso è possibile: il principale è l'unicità e il potere del Partito Comunista. Ogni tentativo di formare altri partiti è considerato un atto sovversivo e un attentato alla sicurezza nazionale, e tale questione rappresenta un confine che nessuno può oltrepassare, neppure i massimi dirigenti. Tuttavia, in Vietnam non vige un regime di terrore e di repressione: varie amnistie generali negli ultimi anni hanno permesso la liberazione di famosi sovversivi, alcuni dei quali ex profughi sud-vietnamiti emigrati all'estero e rientrati in Vietnam per rovesciare il governo. Inoltre, non esistono consistenti gruppi di dissenso organizzato interni al paese. Le critiche al sistema vigente provengono da due direzioni diverse per natura e motivazione: i gruppi di vietnamiti all'estero e singole voci autorevoli talvolta all'interno dello stesso partito. Mentre i primi, in genere legati al precedente regime di Saigon, influenzati dalla cultura politica dell'Occidente e appoggiati da paesi stranieri, stanno perdendo vigore, i secondi criticano la corruzione, la perdita di valori e in alcuni casi l'apertura all'economia di mercato. Un certo scontento è stato espresso anche da alcuni militanti e reduci di guerra, che hanno sacrificato la propria giovinezza per il paese, passando dagli onori e privilegi del periodo successivo alla vittoria alla situazione odierna di indigenza economica e indifferenza da parte dei giovani. Ma in alcuni casi le loro rivendicazioni sono politiche ed etiche, assai più che economiche, riguardano la collettività più che i propri interessi diretti. La maggior parte dei cittadini vietnamiti infine, per quanto insoddisfatta della corruzione imperante o dell'inefficienza e dei privilegi di alcuni funzionari, non desidera un sovvertimento della situazione politica vigente, e desidera innanzitutto stabilità, soprattutto nell'ottica di ciò che è successo e sta succedendo in Russia o in altri paesi. Per quanto tra i giovani si noti una spiccata spoliticizzazione, il multipartitismo è visto, soprattutto al nord, come fattore di instabilità, e auspicano casomai una maggiore pulizia nel sistema attuale. Anche al sud, nella stessa Ho Chi Minh City dove vivono la maggior parte di coloro che erano legate al passato regime, la preoccupazione principale è l'economia e il dibattito verte sull'opportunità o meno delle manovre economiche, piuttosto che sulla politica. Il sistema di valori di origine confuciana prevede il prevalere dell'interesse collettivo rispetto a quello individuale: quindi la nozione di diritti umani è differente da quella del mondo che attribuisce all'individuo diritti inalienabili. La stabilità collettiva e l'armonia sociale sono considerate un diritto superiore a quello di espressione del singolo, che può quindi venire sacrificato. Si tratta di meccanismi analoghi a quelli che in Cina hanno permesso a Deng Xioaping e agli altri governanti di riassorbire, in nome della stabilità, dell'ordine e della prosperità, la tensione che aveva portato alla crisi del 1989. La maggior parte degli osservatori ritengono che, a meno di fattori esterni, di una gravissima crisi economica o di un mutamento nella cultura e nel sistema di valori, il sistema politico vietnamita abbia buone probabilità di rimanere a lungo nella sostanza immutato, evolvendosi casomai nella via di una maggiore apertura e democratizzazione, ma non di un multipartitismo all'europea, troppo dissimile dal sistema ormai radicato nel paese asiatico. L'esempio potrebbe venire piuttosto da alcuni paesi vicini, come Singapore o la Malaysia. 4.3. Le contraddizioni dell'identità nel mondo attuale: l'apertura all'esterno L'apertura verso l'esterno, che caratterizza in particolar modo il sistema politico dell’ultimo ventennio, influenza inevitabilmente lo stile dei vita della popolazione vietnamita, in particolare della fascia giovane. Prima dell'avvio delle riforme, migliaia di vietnamiti si recavano per studio o lavoro in Unione Sovietica e nei paesi dell'est europeo: ciò ha contribuito ad ampliare l'orizzonte dei giovani inviati e ad introdurre conoscenze nuove. Tuttavia, per chi restava in Vietnam la conoscenza del mondo esterno era vaga, incompleta e filtrata da immagini precostituite; il contatto con i pochi stranieri presenti era fortemente scoraggiato o addirittura proibito. Oggi i cittadini vietnamiti possono viaggiare liberamente: recentemente, è stata abrogata la richiesta del permesso di uscita, e chiunque abbia le disponibilità finanziarie può ottenere un passaporto e viaggiare all'estero per turismo. Numerosi paesi, tra cui la Francia, il Giappone, l'Australia, gli Stati Uniti e altri finanziano ampi programmi di borse di studio, scambi di studenti, corsi di formazione e seminari; gli imprenditori pubblici e privati partecipano a fiere all'estero, i docenti e i professionisti a convegni. Il Vietnam punta ad inviare all'estero per formazione il maggior numero possibile di cittadini; inoltre, persi i tradizionali mercati del lavoro dell'est europeo, sta siglando contratti di fornitura di manodopera con nuovi paesi. Migliaia di cittadini stranieri vivono e lavorano in Vietnam a contatto con la popolazione: oggi, gli stranieri possono vivere in quartieri vietnamiti qualsiasi, frequentare liberamente i loro colleghi e amici vietnamiti. Si registra negli ultimi anni un aumento del numero di matrimoni misti, soprattutto tra le ragazze vietnamite di buona famiglia nelle città, ansiose di conoscere il mondo e attratte dal mito della vita in un paese ricco. Tra il 1993 e il primo semestre del 1999 nella sola Ho Chi Minh City, secondo l'Assessorato alla Giustizia, sono stati registrati più di dodicimila matrimoni in cui il marito era straniero. Gli stranieri in Vietnam, siano residenti o turisti, hanno ormai la libertà di muoversi all'interno del paese, viaggiando senza bisogno di permessi. Le grandi città stanno ormai diventando multiculturali: i festival cinematografici e i ristoranti internazionali si moltiplicano, così come cresce il numero dei prodotti importati nei negozi. Sono soprattutto i giovani i più aperti alla conoscenza di nuove culture, stili di vita, gusti. Anche in passato, del resto, per via dell'inserimento nel mondo pluralista dell'Asia sud-orientale e per l'esperienza coloniale, la società vietnamita era stata più esposta di quella cinese alla conoscenza dell’"altro". L'apertura coinvolge anche i mass media: oggi nelle grandi città vietnamite sono disponibili quotidiani e periodici esteri ed è possibile vedere canali televisivi internazionali. Gli stessi media statali vietnamiti forniscono molte più notizie internazionali con una certa oggettività; occasionali "omissioni" riguardano situazioni internazionali che potrebbero avere impatti interni delicati in Vietnam. Del resto, la diffusione di internet non può non abbattere progressivamente le barriere all'informazione: nonostante la rete locale sia protetta da una barriera che censura siti pornografici e "politicamente scorretti", la natura stessa dello cyberspazio mitiga l'effetto dei controlli, peraltro non eccessivamente severi. L'accesso ai mezzi d'informazione internazionali consente la diffusione di film "piratati" in videocassetta, disponibili ovunque; vengono introdotti, fotocopiati e venduti libri e altri materiali, violando apertamente la recente legge sui diritti d'autore. Tale meccanismo è agevolato dalla crescente diffusione delle lingue straniere, in primis l'inglese, studiato da gente di ogni età in ogni momento libero. Le autorità vietnamite, eredi di una tradizione d'amore per la conoscenza, e consapevoli dei limiti tecnologici dal paese, hanno deciso di scommettere sull'apertura, rischiando l'introduzione di "idee pericolose" o potenzialmente sovversive in cambio di formazione e cultura. D'altra parte, la grande massa della popolazione rurale e parte di quell'urbana non hanno i mezzi finanziari e culturali per l'accesso a questo mondo. L'impatto positivo degli scambi multiculturali è oscurato dalla perdita dell'interesse nei confronti della cultura vietnamita: molti intellettuali urbani e la classe agiata disdegnano quanto è di provenienza locale: letteratura, cinema, musica, modelli culturali e perfino beni di consumo. Nell’ambito di un’esterofilia spesso eccessiva, non ci si aspetta che uno straniero residente anche da lungo tempo in Vietnam parli la lingua locale, conosca le specialità alimentari o le tradizioni sociali e religiose; nell'interazione con colleghi e amici stranieri i vietnamiti tendono ad adattarsi completamente alle usanze estere e raramente offrono l'opportunità di conoscere a fondo la cultura, le usanze e il galateo locale. D'altra parte, la cultura ufficiale in vari casi è cristallizzata su vecchi stereotipi che propongono una morale a scopo educativo, o sul ritorno a una imprecisata cultura tradizionale ormai obsoleta, che non risponde più alle esigenze dei giovani. Manca ancora un modello di cultura vietnamita moderna proponibile nel contesto della società di oggi. È auspicabile che la nuova generazione di intellettuali vietnamiti, dopo l’iniziale esterofilia, si rivolga di nuovo all'interno, dando luogo a creazioni moderne e originali, ben spendibili, specie se raffrontate alla banali imitazioni. L'esterofilia nelle classi meno istruite è meno consapevole, ma esse si nutrono di telenovelas cinesi e coreane, musica commerciale americana e di fumetti giapponesi. Molto spesso la conoscenza di diversi paesi è distorta da immagini false trasmesse dai film che causano equivoci aneddoti: così molte persone creano un modello stereotipato, quasi sillogistico di "straniero tipico" e si comportano di conseguenza, credendo di far piacere all'interlocutore e ignorando le differenze tra culture, religioni e gusti di vari paesi. 4.4. Speranze e timori per l'avvenire In quale direzione si sta incamminando il Vietnam? E’ la domanda che si pongono tutti gli osservatori locali ed esteri. Costretto ad affrontare alcune questioni controverse e non più rimandabili: l’assetto delle aziende di Stato, l’integrazione nell'AFTA con le sue nuove sfide, la maggiore liberalizzazione al fine di attirare capitali esteri, vitali per la costruzione nazionale, mantenendo al contempo l'orientamento socialista dell'economia e promuovendo l'industria e l'agricoltura locali. Ma le questioni economiche non costituiscono l'unico punto dell'agenda delle autorità: si tratta di identificare un nuovo modello sociale. Il richiamo alle tradizioni non basta più ai giovani ansiosi di novità; la cultura ufficiale rischia di estraniarsi dalle masse e non venire più ascoltata. Il vero pericolo per la stabilità politica del Vietnam non viene dalla privatizzazione delle aziende pubbliche o dalla presenza di possibili infiltrati inviati dall'estero per sovvertire il regime: la vera minaccia è insita nell'adozione dell'individualismo, nell'abbandono del modello culturale di una civiltà fondata su una forte coesione comunitaria sia pur gerarchica in epoca prerivoluzionaria, rinforzata dalla solidarietà e dai valori degli anni di lotta. Si tratta di conciliare esigenze opposte: mantenere l'apertura all'esterno, vivacizzare la vita culturale e sociale, garantire uno standard di vita e di consumi, facendo sì che non si perdano gli ideali collettivistici, egualitari e di solidarietà, e che non si verifichi un appiattimento culturale. Chiudere la porta oggi è impossibile, e le condanne retoriche dell'invasione della cultura occidentale sono inefficaci. Questa è la vera sfida: creare un modello originale e funzionale, inserito nel contesto internazionale, che possa diventare un modello per altre nazioni. Conservare le caratteristiche peculiari e il sostrato culturale millenario, ma al tempo stesso avere una forma mentis aperta alle esigenze dei giovani, efficace, che possa guidare in maniera lungimirante uno stato bisognoso di rinnovamento. 5. INVESTIMENTI ESTERI IN VIETNAM Gli investimenti esteri hanno giocato una parte essenziale nella crescita economica del Paese e rappresentano sia un importante elemento della globalizzazione, sia uno strumento per il trasferimento tecnologico. Le ragioni che spingono il Vietnam ad attirare capitali esteri sono comuni alla maggior parte dei Paesi asiatici in via di sviluppo. Da un lato è fondamentale la volontà di accelerare dopo anni di isolamento, il trasferimento di tecnologie dalle nazioni più avanzate, al fine di ottenere una rapida crescita economica e di affacciarsi da protagonisti nell'economia mondiale; dall'altro i capitali stranieri sono sempre più attratti dalla rapida crescita economica del paese (nel 2006 il PIL pro-capite è passato dai 640 ai 720 dollari americani), dal basso costo della manodopera locale e dalla determinazione delle autorità di trasformare il Vietnam in un paese industrializzato entro il 2020 (Figg. 9-13). 60 50 40 30 20 Nazionale Estero 10 0 ltt u e le i nt ali et à ro isc pri o r Alt iF gg la p l o e r nta d o v e Va re a t tu ion el l tru tez od as r P ro cost inf to sso n e ivi Ba ram islat lio g Mig ssi le gre P ro ca rt o lit i po e rn po Ex O i nt tà WT bili a to l c r ne S ta e m so e del ch res mi ne I ng o i no ns eco pa iv e Es ett sp P ro ale Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. Totale Fig. 9. Motivazioni che spingono ad incrementare un business in Vietnam (valori espressi ………in percentuale). 18 16 14 12 10 8 6 4 Nazionale Estero Totale 2 0 i e ch rietà mi no prop co e tro e e ion Al z t iv t e t pe ro p os za Pr li ato a n isca f ic nc f ali gi Ma qu ro ta g o an av ue Sv al z big ren am Ca ni ti os zio i t ti c enta ren ritt o Al i ca lam d re go el ttu Re ad z t ru ne te z uz io ras r r I nf ce or a ec ars ia Sc az cr ro Bu a ttu lle nte le Fig. 11. Motivazioni che influenzano negativamente la decisione di incrementare un business in Vietnam (valori espressi in percentuale). Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 24% Investimenti stranieri Investimenti locali 76% Microsoft Fig. 12. Percentuale investimenti stranieri e nazionali. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 40% 11% Servizi Settore manifatturiero Commercio 22% Altro 28% Microsoft Fig. 13. Aziende per settore. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. Gli investimenti esteri detengono tra il 90% e il 100% della produzione di alcuni settori fondamentali: dall'estrazione petrolifera, alla produzione di automobili, televisori, frigoriferi, condizionatori d'aria, computer, e quote significative di altri settori (Tab. 18). Tab. 18. Investimenti per settore. Totali al 22 febbraio 2007 Numero di Capitale Capitale progetti stanziato (m. erogato (m. $) $) 4.710 39.248,86 19.816,66 1. Industria -petrolio e gas 2.005,24 5.148,47 32 -industria leggera 1.997 10.269,08 3.533,47 -industria pesante 2.048 19.482,91 6.948,76 -industria alimentare 2.048,06 272 3.293,12 -costruzioni 361 4.198,51 2.137,83 2. Agricoltura e silvicoltura 847 4.016,32 2.010,32 -agricoltura e silvicoltura 3.689,13 1.845,27 737 -acquacoltura 110 327,19 165,06 3. Servizi 1.435 19.521,10 7.096,07 -trasporti, poste e 187 3.710,06 727,14 telecomunicazioni -hotel e turismo 3.665,98 2.336,75 175 -banche e finanza 64 840,15 729,87 -cultura, salute ed educazione 227 985,59 364,05 -nuove aree urbane 116,29 7 3.177,76 -edilizia uffici e appartamenti 122 4.453,35 1.866,23 -infrastrutture zone industriali 21 1.072,52 574,57 e zone per l'esportazione 4. Altro TOTALE 381,17 632 1.615,69 6.992 62.786,28 28.923,05 Fonte: Vietnam Investment Review, Marzo 2007. Settore Da gennaio al 22 febbraio 2007 Numero di Capitale Capitale progetti stanziato legale (m.$) (m.$) 26 306,87 98,92 1 12.05 12,05 33.00 9,94 11 75,67 11 259.41 1,27 3 2,42 33,43 19,23 4 4 33,43 19,23 102,75 14 281,55 165,00 63,50 1 2 1 - 2,80 100.00 - 2,80 30,00 - 10 44 13,75 621,85 6,45 220,90 Col recente ingresso nel WTO (World Trade Organization) le autorità sperano di dare una forte spinta agli investimenti esteri che risentono della forte attrazione esercitata dalla Cina a discapito di tutti gli altri Paesi asiatici. Il percorso che il Vietnam dovrà 400 367 350 281 300 224 250 181 200 150 127 129 197 133 100 50 0 Thailandia Singapore Vietnam Cambogia Filippine Indonesia Malaysia Cina Fig.14. Tempo medio (in giorni) per ottenere una licenza in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 11,1 0 1640,5 311 22 Thailandia Singapore 56,4 Vietnam 78,2 Malaysia 84 Cina 113,4 Filippine Indonesia Cambogia Fig. 15. Costo (% PIL Pro-capite) per ottenere una licenza in Vietnam e alcuni Paesi ………... vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 97 100 86 80 60 48 40 20 0 30 33 50 35 6 Singapore Malaysia Thailandia Cina Filippine Vietnam Cam bogia Indonesia Fig. 16. Tempo medio (in giorni) per cominciare un business in Vietnam e alcuni Paesi ………...vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 236,4 250 200 150 86,7 100 44,5 50 5,8 0,8 0 Singapore Thailandia 9,3 Cina 18,7 19,7 Filippine Malaysia Vietnam Indonesia Cambogia Fig.17. Costo (% PIL Pro-capite) per cominciare un business in Vietnam e alcuni Paesi ………...vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 40 35 36 35 30 24 25 18 18 20 25 20 15 10 6 5 0 Singapore Cina Filippine Malaysia Thailandia Indonesia Vietnam Cambogia Fig.18. Tempo medio (in giorni) per esportare in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 1336 1400 1200 848 1000 701 800 600 400 546 335 382 736 481 200 0 Cina Singapore Indonesia Malaysia Vietnam CambogiaThailandia Filippine Fig. 19. Costo (dollari/container) dell’export in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 45 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 36 30 20 22 22 22 3 Singapore Filippine Cina Malaysia Thailandia Indonesia Vietnam Cambogia Fig. 20. Tempo medio (in giorni) per importare in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 160 145 140 118 120 94 100 81 80 59 44 60 40 63 23 20 0 Singapore Cina Malaysia Indonesia Cambogia Vietnam Thailandia Filippine Fig. 21. Costo (dollari/container) dell’import in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 160 144 140 120 100 67 80 56 60 32 40 20 0 2 33 42 9 Thailandia Singapore Cina Filippine Indonesia Cambogia Vietnam Malaysia Fig. 22. Tempo medio (in giorni) per la registrazione di una “proprietà” in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 6,3 7 5,7 6 4,6 5 4 2 3,1 2,8 2,4 3 1,2 1 0 Vietnam Malaysia Singapore Cina Cambogia Filippine Thailandia Fig.23. Costo (% valore) di registrazione della proprietà in Vietnam e alcuni Paesi vicini. Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 70 56 60 56 61 Filippine Indonesia 61 50 33 40 30 20 10 0 11 0 Malaysia 0 Singapore 0 Vietnam Cina Thailandia Cam bogia Indonesia Fig. 24. Grado di difficoltà di licenziamento del personale in Vietnam e alcuni Paesi vicini ………..(indice 0-100). Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. 70 70 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 0 70 10 0 0 Singapore Thailandia Malaysia Filippine Cambogia Cina Indonesia Indonesia Vietnam Fig. 25. Grado di difficoltà di assunzione del personale in Vietnam e alcuni Paesi vicini ……….(indice 0-100). Fonte: Vietnam Business Forum, 2006. L'Italia è al diciassettesimo posto per il numero di progetti autorizzati e per il capitale investito. Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Cina e Singapore si confermano i primi investitori (Tab. 19). Tab. 19. Investimenti internazionali in Vietnam suddivisi per provenienza al 22 febbraio 2007. Stato investitore Numero di Capitale stanziato Capitale erogato (in progetti (in milioni di milioni di dollari) dollari) Singapore 460 8.479,99 3.784,79 Taiwan 1.564 8.289,00 3.041,08 Corea del Sud 1.310 8.285,80 2.662,42 Giappone 764 7.746,39 4.947,01 Hong Kong 379 5.308,79 2.152,94 Isole Vergini Britanniche 282 3.388,36 1.374,72 Olanda 73 2.356,80 2.031,72 U.S.A. 318 2.280,77 682,96 Francia 177 2.202,92 1.136,95 Isole Caimane 23 1.680,41 595,02 Malaysia 203 1.627,10 1.079,80 Tailandia 144 1.605,34 830,42 Gran Bretagna 81 1.353,43 648,65 Cina 424 1.151,92 238,95 Samoa 34 986,24 13,40 Lussemburgo 15 803,82 12,11 Svizzera 42 744,62 530,62 Australia 127 673,18 393,79 Indie occidentali britanniche 5 511,13 117,17 Germania 83 377,41 160,39 Canada 55 340,28 42,55 Russia 51 285,88 206,96 Bermuda 5 270,32 200,01 Filippine 28 241,16 85,91 Isole Mauritius 25 191,80 818,14 Danimarca 39 188,20 83,95 India 17 133,99 578,81 Indonesia 13 130,09 127,03 Isole Channel (Gran Bretagna) 13 96,20 49,11 Polonia 8 92,72 13,90 Brunei 28 90,86 4,50 Belgio 29 83,61 60,75 Bahamas 4 80,35 8,18 Isole Cook 3 73,57 13,11 Barbados 1 65,64 Italia 22 55,77 28,44 Svezia 11 51,69 14,09 Saint Kitts and Nevis 2 39,69 11,54 Repubblica Ceca 8 36,63 9,43 Liechtenstein 2 35,50 35,51 Nuova Zelanda 13 35,10 4,86 Turchia 5 33,45 5,29 Norvegia 13 32,03 9,61 Iraq 2 27,10 15,10 Laos 8 23,35 5,48 Fig. 26. Carta politica delle province vietnamite. Tab. 20. Investimenti internazionali in Vietnam suddivisi per provincia al 22 febbraio 2007. Città o provincia Numero di progetti Capitale stanziato (in Capitale erogato (in milioni di dollari) milioni di dollari) Ho Chi Minh City 2.079 14.236,26 6.368,45 Hanoi 791 10.210,51 3.571,06 Dong Nai 792 9.346,37 4.099,20 Binh Duong 1.271 6.353,03 2.030,80 Ba Ria-Vung Tau 144 4.944,65 1.269,49 Haiphong 210 2.190,83 1.274,77 Hai Duong 125 1.355,13 394.66 Ha Tay 59 1.223,01 212,53 Long An 120 1.037,36 422,54 Vinh Phuc 112 926,57 413,43 Danang 90 893,90 184,75 Quang Ngai 10 865,75 12,03 Thanh Hoa 25 727,27 448,03 Quang Ninh 84 608,62 396,21 Khanh Hoa 68 487,25 374,79 Kien Giang 10 457,36 397,41 Tay Ninh 123 452,10 225,63 Bac Ninh 60 441,45 177,54 Hung Yen 81 403,56 132,45 Phu Tho 41 313,22 205,66 Thai Nguyen 21 311,16 43,13 Quang Nam 37 271,78 58,76 Nghe An 19 257,33 112,52 Lao Cai 34 251,12 25,54 Phu Yen 34 239,21 117,14 Thua Thien-Hue 34 231,95 145,89 Binh Thuan 49 225,00 33,53 Lam Dong 78 179,57 86,79 Binh Dinh 19 164,17 22,25 Can Tho 37 113,52 55,63 Lang Son 27 97,57 20,47 Tien Giang 12 91,22 137,84 Binh Phuoc 30 87,45 18,58 Nam Dinh 11 69,60 14,05 Ninh Binh 7 65,88 7,67 Thai Binh 20 64,19 6,18 Hoa Binh 12 55,65 18,94 Quang Tri 12 44,63 6,24 Ha Tinh 10 41,70 1,60 Bac Giang 33 41,81 12,43 Vinh Long 12 41,00 11,88 Ha Nam 11 40,86 11,01 Bac Lieu 7 34,14 38,68 Ben Tre 8 33,94 7,51 Ninh Thuan 9 32,47 6,74 Quang Binh 4 32,33 25,49 Tuyen Quang 2 26,00 Son La 6 25,22 16,45 Tra Vinh 9 21,56 1,92 Gia Lai 5 20,50 25,78 Australia, Singapore e Taiwan si confermano nell'ordine gli altri principali mercati di sbocco delle esportazioni del Vietnam. Per le esportazioni è da rilevare come il peso delle dieci province più importanti continui a crescere in maniera incalzante, arrivando a circa il 95% del totale. Ben otto province sono al sud del paese e hanno un peso di oltre l'80% sull'export totale (Tab.22). Microsoft 50 40 Import 30 20 Export 10 Deficit della bilancia commerciale 0 -10 2006 2007 Fig. 27. Import/Export, in milioni di dollari (I dati del 2007 sono di gennaio – febbraio). Fonte: Vietnam Economic Times, marzo 2007. 5.4. Investimenti esteri, sistema societario e forme di investimento Il Vietnam si è aperto agli investimenti esteri a partire dagli anni '80 grazie all'avvio della politica della “Porta Aperta”. La legislazione inerente, più volte emendata, risale al 1987. Il testo del 1 luglio 2000 è quello al quale si fa attualmente riferimento con gli emendamenti del 19 marzo 2003. La legislazione attualmente in vigore è considerata, almeno sulla carta, tra le più liberali in Asia. Il sistema legislativo è in continua evoluzione ed aggiornamento, soprattutto in considerazione del recente ingresso nel WTO che impegna le autorità ad una maggiore apertura e liberalizzazione dell'economia, in vista del futuro effettivo ingresso nell'organizzazione come paese ad economia di mercato. L'investimento estero è permesso in tutti i settori, con la sola proibizione di progetti che abbiano effetti negativi sulla difesa e sicurezza nazionale, sul patrimonio storico e artistico, sulla cultura e sulle tradizioni o sull'ambiente. Nessuna limitazione è posta sulla quota di capitale estero in una joint venture, mentre l'investimento a capitale interamente straniero è permesso in diversi settori, con un trend orientato a una ulteriore liberalizzazione. La legge vieta esplicitamente la nazionalizzazione di progetti a capitale estero. Il termine della licenza di investimento è normalmente di 50 anni, prorogabili a 70 in casi eccezionali. Allo scadere della licenza l'investitore può richiedere un nuovo permesso. Il capitale ed i profitti possono essere liberamente rimpatriati, previo adempimento degli obblighi fiscali. L'investimento, soprattutto in alcuni settori, è particolarmente incentivato dalle autorità tramite esenzioni fiscali, riduzione del costo del terreno, esenzioni dalle tariffe di importazione di macchinari e materie prime ed altri incentivi. L'articolo 5 della legge del 2000, di emendamento e integrazione di alcuni dispositivi normativi in materia, contempla l'inserimento nei contratti di investimento internazionali della cosiddetta "clausola di stabilizzazione", in virtù della quale l'investitore straniero, pur in presenza di un mutamento peggiorativo nella disciplina nazionale sugli investimenti, continua a godere delle stesse condizioni preferenziali contenute nella licenza iniziale. La legge sugli investimenti esteri prevede tre forme di investimento: joint venture, impresa estera e cooperazione d'affari. Le prime due forme sono anche complessivamente indicate come FIE (Foreign Invested Enterprise), a differenza della terza forma che non prevede la creazione di una nuova società (Tabb. 23-24). Tab. 23. Investimenti diretti esteri per forme di investimento (Totale al 22 febbraio 2007). Forma di investimento Numero di Capitale totale Capitale speso progetti (mil. $) (mil.$) - Investimenti a capitale 5356 37.025 11.692,7 interamente estero - Joint Venture 1432 20.894,8 11.483,2 - BCC 199 4.328 5.660,9 − Altro 5 538 86,2 - TOTALE 6992 62.786,3 28.923 Fonte: Vietnam Economic Times, Marzo 2007. 5.4.1. Joint Venture Enterprise (J.V.E.) Tab. 24. Investimenti diretti esteri per forme di investimento (dal 1 gennaio al 22 febbraio 2007). Forma di investimento Numero di Capitale totale (mil. Capitale legale (mil. progetti $) $) - Investimenti a capitale 35 416 128.5 interamente estero - Joint Venture 8 193.8 80.33 - BCC 1 12.5 12.5 44 621.85 220.9 - TOTALE Fonte: Vietnam Economic Times, Marzo 2007. Si tratta di una persona giuridica a responsabilità limitata. La partecipazione partner vietnamita il 30% dello stesso. Tramite questa forma di partecipazione l'investitore straniero può avere facilmente accesso al terreno, alle infrastrutture, alle materie prime, alla clientela del partner locale il quale, peraltro, contribuisce con l'espletamento delle complicate e laboriose misure burocratiche ed amministrative. Nella maggior parte dei casi, il partner locale conferisce in quota capitale i diritti d'uso del terreno, gli edifici e le infrastrutture. Il partner straniero, invece, trasferisce tecnologia ed apporta macchinari, linee di produzione, il marchio aziendale e gli sbocchi sugli eventuali altri mercati. Non c'è limite al rimpatrio degli utili, previa assoluzione degli obblighi fiscali. Una volta acquisita familiarità con il mercato vietnamita, il partner straniero tende a rilevare la quota societaria della controparte locale, trasformando in tal modo la joint venture in un impresa a capitale interamente straniero. 5.4.2. Impresa al 100% estera (F.O.E.) Questa forma di investimento è sempre permessa con l'eccezione di alcuni settori specificati di volta in volta dalle autorità competenti. Come tutte le attività imprenditoriali svolte da soggetti stranieri, è tenuta ad assumere la forma di una società a responsabilità limitata. In ragione della politica governativa di incoraggiamento degli investimenti esteri, sono stati istituiti vari enti di promozione e supporto, operanti sia a livello nazionale, sia a livello locale. Attualmente, l'impresa a capitale interamente straniero si sta imponendo quale forma più diffusa di investimento straniero, specialmente nei porti franchi o nelle Export Processing Zones (EPZ) o nelle Industrial zones (IZ). In tali parchi industriali, le imprese godono di un trattamento agevolato dal punto di vista fiscale ed operativo. Ad oggi, sono stabilite circa 60 aree speciali tra EPZ, IZ e High Technology Zones (HTZ). Per altro, le autorità territoriali competenti hanno ricevuto delega all'esercizio del potere di concedere la licenza ad alcuni tipi di progetti. 5.4.3. Contratto di cooperazione d'affari Il contratto di cooperazione d'affari (Business Cooperation Contract, BCC), è assimilabile ad una scrittura privata: si tratta di un accordo di natura privatistica che non genera un'entità nuova. Le modalità di cooperazione, ivi compresi i diritti e i doveri reciproci, sono stabilite dalle due o più parti. Il contratto di cooperazione d'affari può comportare una collaborazione per quanto riguarda le attività produttive, ma anche cooperazione tecnica, per la formazione o per la penetrazione nel mercato. Data la sua natura di associazione temporanea, la BBC si caratterizza per una maggiore flessibilità rispetto alla joint venture. Peraltro, l'imposizione fiscale avviene separatamente (socio straniero e vietnamita). Questa formula è utilizzata in particolare in caso di progetti infrastrutturali o di sfruttamento di materie prime e risorse naturali. 5.4.4. Restrizioni e incentivi L'investimento al 100% estero non è permesso nei settori dello sfruttamento di petrolio, gas, minerali rari e preziosi; della costruzione di infrastrutture per zone industriali; del turismo; dello sport, cultura e ricreazione; del rimboschimento e piantagioni perenni; della produzione di esplosivi industriali; della produzione di ferro, acciaio e cemento e nel settore delle costruzioni. Tuttavia, i nuovi emendamenti e la prassi attuale tendono a consentire la costituzione dell'impresa interamente estera anche in alcuni di questi settori, specialmente in caso di progetti di dimensioni apprezzabili. L'investimento nel settore delle telecomunicazioni è permesso soltanto in forma di contratto di cooperazione. Inoltre, in alcuni settori, quali l'abbigliamento e la produzione di calzature, il nuova progetto è approvato soltanto se è prevista l'esportazione di almeno l'80% della produzione. La lista dei settori è aggiornata costantemente. Infine, l'investimento nella produzione di oli vegetali e di zucchero, e la lavorazione del legno, sono permessi soltanto se l'investitore parallelamente provvede allo sviluppo di fonti di materie prime. Per quanto riguarda gli incentivi, il governo pubblica liste di settori e progetti in cui l'investimento è considerato “favorito” e “particolarmente favorito”, godendo pertanto di esenzioni fiscali fino ad 8 anni ed ulteriori riduzioni dell'aliquota fiscale, oltre ad aliquote dell'IRPEG (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche) pari al 15% o al 10%, e all'esenzione dalla tariffa sull'importazione di materie prime necessarie alla produzione. Godono dei massimi incentivi i progetti di investimento che: − esportano almeno l'80% della produzione; − esportano almeno il 50% della produzione ed impiegano in modo intensivo manodopera o materie prime locali, in misura pari ad almeno il 30% dei costi di produzione; − investono in aree montuose, remote o aventi condizioni socio-economiche difficoltose, orientandosi all'esportazione e impiegando almeno 500 lavoratori o utilizzando intensivamente materie prime locali; − trattano minerali estratti in Vietnam; − producono parti, ricambi, ed accessori meccanici, elettrici o elettronici o accessori con elevato valore aggiunto ed utilizzo intensivo di materie prime locali; − progetti per la produzione di nuove specie animali e vegetali ad elevate qualità ed efficienza; − progetti per la lavorazione di prodotti forestali, agricoli e marini ad elevato valore aggiunto per l'esportazione, che utilizzino materie prime locali creando numerosi posti di lavoro; − tutti i progetti ad alta tecnologia o a sfondo ambientale. Vari, dunque, sono i settori favoriti dal governo, soprattutto quello agro- industriale, tessile, conciario, meccanico, minerario, chimico, farmaceutico, e genericamente tutti i progetti che introducono tecnologie moderne, creando posti di lavoro ed usufruendo di materie prime locali. Le autorità vietnamite puntano alla tutela del proprio territorio, della propria forza lavoro, sfruttando i capitali esteri, punto di partenza imprescindibile sulla via dell'acquisizione di nuove tecnologie e di uno sviluppo economico che possa consentire al paese di emergere dalla piaga della povertà e dell'indigenza. 5.4.5. Licenza di investimento e procedure per l'approvazione di un progetto di investimento L'autorità preposta al rilascio delle licenze è il Ministero della Programmazione e degli Investimenti nel caso di progetti di ammontare superiore a 5 milioni di dollari. In caso di progetti inferiori a tale importo, i Comitati del Popolo (amministrazioni locali) delle principali province e città in cui l'investimento ha luogo hanno la facoltà di rilasciare la licenza. Per Hanoi e Ho Chi Minh City il limite di autonomia è fino a 10 milioni di dollari. I tempi medi per l'approvazione di un progetto d'investimento variano tra 15 e 20 giorni e le fasi procedurali sono le seguenti: − richiesta della licenza; − firma del contratto di uso del terreno; − approvazione del disegno tecnico; − ispezione finale e rilascio dell'autorizzazione ad operare. Ai fini della richiesta della licenza occorre presentare i seguenti documenti: − progetto di investimento (specificante i dati relativi all'investitore, il nome della nuova impresa, la località, i dati relativi allo sgombero del terreno, la durata e lo scopo dell'impresa, l'ammontare e l'origine del capitale investito, la lista dei prodotti e dei piani per l'eventuale esportazione, i procedimenti tecnologici impiegati, i macchinari e gli impianti utilizzati con valore e caratteristiche tecniche, la dichiarazione di rispetto delle normative ambientali, l'impiego di personale previsto, la domanda prevista di energia elettrica, acqua e materie prime e i tempi di realizzazione del progetto); − contratto di cooperazione commerciale (in caso di BCC); − contratto di joint venture (in caso di JV) o statuto societario (in caso di impresa a capitale interamente estero); − documenti che confermano lo stato legale e finanziario dei partner (certificato bancario o resoconto finanziario degli ultimi due anni); − dossier relativo al trasferimento di tecnologie (caratteristica e valore delle tecnologie trasferite, certificati tecnici, certificati di protezione del copyright industriale); − descrizione dell'impatto ambientale; − domanda di affitto del terreno con dati relativi; − progetti di costruzioni relativi alla nuova impresa. Per progetti di ammontare non superiore a 40 milioni di dollari USA situati in Zone Industriali (Industrial Zone, IZ) riconosciute formalmente dalla legge, la licenza di investimento è rilasciata dal Consiglio di Amministrazione della Zona Industriale. -Approvvigionamento di valuta estera In Vietnam è in vigore un regime di restrizione alla circolazione della valuta estera: importare moneta straniera non comporta alcuna controindicazione, ma il trasferimento di valuta straniera oltre i confini nazionali è soggetto ad alcuni vincoli di politica monetaria stabiliti per legge. In ragione della politica di richiamo dei capitali stranieri, eccetto alcuni progetti speciali di investimento, le imprese straniere sono autorizzate a detenere doppi conti correnti, uno in dong e l'altro in valuta straniera, presso banche commerciali autorizzate ad operare in Vietnam. 5.4.6. La normativa sul lavoro La normativa è basata sul Codice del Lavoro, promulgato dall'Assemblea Nazionale il 23 giugno 1994 e legislazione successiva. A partire dal decreto 27 marzo 2003 il governo ha concesso alle imprese estere la possibilità di assumere direttamente il personale senza l'intermediazione degli uffici di collocamento provinciali. La settimana lavorativa ammonta a 40 ore distribuite su 5 giorni. Gli straordinari sono possibili previa negoziazione tra le due parti, ma non devono comunque eccedere il limite massimo previsto dalla legge. In un periodo di 12 mesi il lavoratore ha diritto a 12 giorni di ferie, estesi a 14 o 16 se le condizioni di lavoro sono particolarmente faticose o pericolose. I lavoratori stranieri possono essere assunti solo nel caso in cui non vi sia alcun cittadino vietnamita in grado di svolgere la funzione richiesta. Tuttavia l'impresa deve dimostrare di aver avviato la formazione di cittadini vietnamiti che dovranno sostituire gli stranieri in seguito a un periodo di tre anni. Il lavoratore straniero deve ottenere permessi di lavoro emessi dal Ministero del Lavoro, degli Invalidi e degli Affari Sociali. 5.4.7. Diritti d'uso sul suolo La proprietà del terreno è una questione ancora assai delicata: i cittadini vietnamiti, infatti, godono del diritto di uso del suolo ma non possono vantarvi alcun diritto di proprietà. Agli stranieri non è riconosciuto il diritto di uso del suolo ma solo la facoltà di prendere in locazione parti di esso su approvazione delle autorità statali. Agli investitori si consiglia di negoziare la questione dei diritti d'uso del terreno col partner vietnamita (richiedendone cioè il conferimento in sede di costituzione del capitale sociale), qualora si avvii una joint venture. In caso di imprese a capitale completamente straniero, invece, conviene stabilire la sede sociale in una Zona Industriale (IZ) in cui, cioè, i diritti di uso del suolo e delle infrastrutture siano già compresi nella licenza. All'investitore straniero rimane, infine, la possibilità di prendere in locazione parti di terreno presentando apposita domanda all'autorità centrale o locale territorialmente preposta. 5.5. Il sistema fiscale Il sistema fiscale vietnamita prevede imposte a livello nazionale ma non a livello locale o municipale. I maggiori prelievi provengono dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche o dall'Imposta sul Valore Aggiunto. 5.5.1. Imposta sul reddito delle persone fisiche I cittadini vietnamiti e gli stranieri residenti in Vietnam sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Nel 1994, il concetto di residenza fiscale è stato così definito: − gli stranieri residenti in Vietnam per 183 giorni o più sono considerati residenti imponibili e sono sottoposti a prelievo fiscale su reddito da lavoro, qualunque sia la fonte; − gli stranieri residenti in Vietnam per un periodo compreso tra 30 e 182 giorni nel medesimo anno fiscale non sono considerati residenti e sono tassati solo su reddito prodotto da fonte vietnamita; − gli stranieri residenti in Vietnam per un periodo inferiore a 30 giorni nel medesimo anno fiscale sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche. Lo scaglione di reddito massimo ai fini del calcolo dell'imposta è pari al 72% per i cittadini vietnamiti che lavorano in Vietnam ed è pari al 50% per i cittadini vietnamiti che lavorano all'estero e per gli stranieri. I dividendi, gli interessi, i capital gain non sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche. 5.5.2.Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche Tutte le persone giuridiche vietnamite sono sottoposte ad un'imposta unica con aliquota pari al 32%. Al contrario, le imprese estere continuano ad essere sottoposte alle aliquote previste dalla precedente tassa sul profitto, ora sostituita dall'IRPEG (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche). Pertanto, l'aliquota generica per le imprese a capitale estero è del 25%. Aliquote ridotte del 20%, 15% e 10% sono applicabili in caso di investimenti in aree remote o disagiate, in settori ritenuti prioritari od in progetti incentivati dal governo. Le imprese attive nel settore dell'estrazione e sfruttamento di gas e petrolio sono sottoposte ad aliquota pari al 50%, quelle attive nello sfruttamento di risorse naturali rare sono sottoposte ad aliquota compresa tra il 32 e il 50%. 5.5.3. Imposta sul Valore Aggiunto Si applica a tutte le attività imprenditoriali (produzione, commercio e fornitura di servizi). Come in Italia, l'impresa fornitrice deve aggiungere l'IVA al valore dei beni e servizi offerti. L'IVA, peraltro, è dovuta anche sui beni d'importazione introdotti in Vietnam. Quattro sono le aliquote applicate: − 0%, nel caso di beni prodotti per l'esportazione; − 5%, nel caso di fornitura di beni e servizi essenziali, quali acqua potabile, fertilizzanti, carta, libri di testa, alimentari, medicinali ed attrezzature mediche, mangimi per animali da allevamento, vari prodotti e servizi agricoli e servizi tecnici e scientifici; − 10%, nel caso di produzioni di beni e servizi quali produzione di minerali, energia elettrica, prodotti elettrici, alimenti trasformati, costruzioni, assemblaggio ed installazione, servizi di trasporto, servizi postali, leasing e tutte le attività non specificate nelle altre categorie; − 20%, per il commercio di pietre e metalli preziosi, settore alberghiero, turismo, servizi di somministrazione di alimenti e bevande, lotteria e servizi di agenzia. 5.5.4. Imposte varie Oltre alle imposte precedentemente analizzate, che rappresentano la fetta più cospicua di trattenute fiscali, l'investitore che voglia rivolgersi al mercato vietnamita deve considerare altre imposte specifiche in base al settore di applicazione. -Imposte sulla licenza E' applicata a tutte le imprese operanti in Vietnam, e riscossa annualmente. L'importo dell'imposta varia da 1,8 a 58 dollari a seconda del reddito mensile. -Imposta sulle risorse naturali (Royalty) E' applicabile allo sfruttamento di risorse naturali sulla base del prodotto estratto. Le imprese vietnamite sono sottoposte a tale tassazione subordinatamente al prezzo di vendita reale, mentre per quelle a capitale estero o misto, l'entità dell'imposta viene determinata in base al prezzo prevalente sui mercati mondiali. Le joint venture sono esenti dalle royalty nel caso in cui il partner vietnamita apporti capitale sotto forma di risorse naturali. Le aliquote, comprese tra lo 0 e il 40%, sono riportate nel Decreto N.68/1998/ND-CP. -Royalty sulla proprietà industriale Le royalty pagate per la licenza di invenzioni, design industriale, marchi e tecnologie sono soggette a tassazione del 10% in caso di pagamento in un'unica soluzione o di licenza della durata non superiore a 5 anni. Diversamente, l'aliquota applicata è pari al 15%. -Imposta sul contratto E' applicabile nel caso in cui un'impresa vietnamita produca, sul contratto, per un'impresa estera. La relativa legislazione è contenuta nella Circolare N. 169/1998/TC-BTC del 22 dicembre 1998, emanata dal Ministero delle Finanze. -Imposta sull'assegnazione di capitale (Capital Gain) Riguarda guadagni realizzati da investitori esteri nel trasferimento di proprietà di imprese, al netto del capitale iniziale e delle spese di trasferimento, con l'eccezione di trasferimenti ad imprese di stato o delle quali lo stato abbia il controllo. L'aliquota è pari al 25%, salvo il caso di trasferimento ad imprese vietnamite in cui essa è pari al 10%. -Imposta sul pagamento di interessi Si applica al pagamento di interessi da parte di aziende creditizie domestiche a favore di aziende creditizie straniere, in seguito a prestiti di capitale, secondo un'aliquota unica pari al 10%. -Altre imposte Oltre all'imposta sui redditi delle persone giuridiche i diversi tipi di tributi cui le FIE (j.v. e impresa al 100% estera) vengono sottoposte sono: − tassa sul trasferimento degli utili all'estero: il rimpatrio dei profitti è sottoposto ad un'imposta la cui aliquota è stata ridotta al 3%, 5% o 7%, a seconda della tipologia del progetto di investimento; − imposta sui redditi delle persone fisiche, applicabile in aliquote variabili dal 10% al 50% (personale espatriato) e dal 10% al 60% (personale locale) delle retribuzione lorda percepita dal personale impiegato dalla FIE e per la quale, in mancanza di espressa dichiarazione contraria, è ritenuta responsabile la medesima azienda; − Imposta sul Valore Aggiunto; − altri tributi ed imposte specifiche di attività determinate (tassa sulle risorse naturali, tassa sulla pubblicità, imposta speciale sui consumi). La modifica alla normativa in tema di investimenti stranieri del luglio 2000 ha ampliato il sistema degli incentivi alla localizzazione produttiva delle imprese estere in Vietnam, concedendo alle FIE esenzioni dal pagamento di dazi doganali per le importazioni di beni capitali necessari all'avviamento dell'impresa (macchinari), nonché per l'importazione di materie prime necessarie all'attività produttiva per il quinquennio successivo all'avvio della stessa. A completare il quadro in positivo vanno menzionate, inoltre, le imposte applicate sulle royalties e gli altri corrispettivi percepiti a fronte di accordi di trasferimento di tecnologie, cessione di know – how, e concessione d'uso di marchi, colpiti in misura variabile dal 10% al 15%, in relazione alle modalità di pagamento ed alla durata degli accordi stessi. 5.5.5. Accordo sulla doppia imposizione Il Vietnam ha firmato trenta accordi disciplinanti la doppia tassazione con vari Paesi, tra i quali l'Italia, l'Australia, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania, il Regno Unito, il Giappone e Singapore. In particolare, tra Italia e Vietnam è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione, firmato il 26 novembre 1996 e ratificato dall'Italia con legge n. 474 del 15 dicembre 1998 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 1999, n. 8, s.o. 7/L). In base a tale accordo i redditi delle persone fisiche e giuridiche residenti in uno dei due paesi sono tassati nel paese di residenza, indipendentemente dalla cittadinanza delle persone. L'accordo per evitare la doppia imposizione tra Italia e Vietnam, entrato in vigore in data 1 gennaio 1999, prevede delle aliquote preferenziali, rispettivamente del 10% dell'ammontare lordo in caso di royalty e del 7,5% per gli accordi di trasferimento di tecnologia. 5.5.6. Trattamento fiscale per le imprese straniere non registrate Nonostante le modifiche sostanziali intervenute nel sistema impositivo in seguito alla riforma del 1999 della disciplina relativa alla cosiddetta “Business Income Tax” (BIT), le imprese straniere (FIE) restano sottoposte, per tutti gli aspetti relativi al trattamento fiscale, alle disposizioni contenute nella normativa speciale sugli investimenti esteri. Alle attività svolte in Vietnam da imprese straniere non registrate (cosiddette Foreign Contractors), ovvero non costituite in una delle forme giuridiche contemplate dalla legge sugli investimenti esteri, si applicava, invece, la “Business Income Tax” (BIT) che prevedeva un'aliquota standard del 32% sui profitti realizzati nel paese. Conseguenza diretta della dicotomia di regimi, mantenuta inalterata anche dalla Legge sugli Investimenti Esteri nel 2000, era l'applicabilità alle FIE del sistema impositivo fondato sulla concessione di agevolazioni fiscali e su aliquote di imposta sul reddito variabili, non in relazione al fatturato dell'azienda, bensì sulla base delle caratteristiche dell'investimento realizzato (attività esercitata, valore e localizzazione dell'investimento, numero di dipendenti). Dal 1 gennaio 2004 tale dicotomia è sparita e tutte le società, sia vietnamite che a partecipazione estera, sono soggette ad una tassazione unica del 28%, (facendo salve per le aziende a partecipazione estera le agevolazioni che anzi sono state estese alle società vietnamite). 5.6. Previsioni I dati relativi al 2006 sono molto positivi e fanno ritenere, aldilà della propaganda del governo presente in tutti i mezzi di informazione, che il paese confermerà a fine 2007 le ottime performance registrate negli ultimi anni (Tab. 25, Fig. 28). Anche i dati relativi ai primi tre mesi del 2007 confermano l’andamento generale (Tab. 26). La popolazione vietnamita è estremamente giovane: il 60% del totale ha meno di 27 anni. Per questo il governo ha deciso di puntare su di loro per la crescita economica, sostenendo la formazione e la crescita professionale. Questo potenziale, che si inserisce in un contesto di alfabetizzazione molto elevato e di una attenzione particolare del singolo e delle famiglie verso il miglioramento del grado di istruzione, può arrivare a costituire una risorsa fondamentale per il paese, unita alle consistenti risorse economiche che continuano a riversarsi sul Vietnam. Il paese gode, infatti, di prestiti, di crediti d'aiuto, e altre forme di agevolazione da parte delle istituzioni preposte (Banca Asiatica di Sviluppo, Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale), del sostegno di alcuni paesi donatori (soprattutto Giappone e Francia), delle rimesse dei lavoratori vietnamiti all'estero (che costituiscono più del 10% del PIL), in aggiunta agli investimenti esteri e a quelli domestici. Tab. 25. Previsioni per il 2007 e il 2008. 2007 2008 PIL (var. %) 7.2 7.4 Inflazione (%) 5.5 4.9 Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit, Ottobre 2006. 8% 2% 1% Espansione del Business Mantenimento livello attuale Riduzione business Chiusura 89% Microsoft Fig. 28. Programmi delle imprese per i prossimi tre anni. Fonte: Vietnam Business Forum. Il progresso economico si inserisce nell’ambito di un processo più ampio di sviluppo e cambiamento che, benché lento ed eterogeneo da un punto di vista sociale e geografico, sta portando ad esigenze sempre nuove, con una lenta rivoluzione dei consumi. Nel giro di qualche anno il Vietnam dovrebbe raggiungere maggiori livelli di integrazione commerciale con il resto del Sud-Est asiatico, anche in considerazione della progressiva riduzione delle tariffe doganali all'interno dell'AFTA (Asean Free Trade Area), il libero mercato creato dai paesi dell'ASEAN (Association of South East Asian Nations), di cui il Vietnam fa parte dal 1995. L'Asia continuerà a rappresentare il mercato principale dell'export vietnamita: nel 2006 l'aumento è stato pari al 20%, raggiungendo circa 25 miliardi di dollari. I Paesi dell’Asia nord-orientale (Cina, Giappone, Corea del Sud e Taiwan) continueranno a essere i più importanti compratori regionali (prodotti agricoli, della pesca, gomma, legname, petrolio, carbone, computer, componenti elettronici, etc) per un totale di 12,5 miliardi di dollari, con un incremento del 21% rispetto all'anno precedente. Tab. 26. Principali indicatori relativi ai primi tre mesi del 2007 in relazione ai primi tre mesi dell’anno precedente. PIL Agricoltura, silvicoltura, pesca Prodotti pesca Produzione industriale Export Import Prezzi al dettaglio di beni e servizi Visitatori stranieri in Vietnam Investimenti statali (in relazione al programma del 2007) Prezzi di marzo paragonati ai prezzi di dicembre 2006 Fonte: General Statistical Office, 2007. Il mercato più importante è quello giapponese che, secondo le previsioni del Ministero del Commercio, crescerà nel 2007 del 18%, raggiungendo i 6,15 miliardi di dollari. Seguirà la Cina con 3,55 miliardi, Taiwan con 1,3 miliardi, la Corea del Sud con 1 miliardo e Hong Kong con 600 milioni. Il Ministero prevede che nei prossimi tre anni l'export verso questi paesi esploderà anche grazie all'accesso al World Trade Organization. Con il Sud-est asiatico l'export ammonta a 7,84 miliardi nel 2006, con un incremento rispetto all'anno passato del 23%. A guidare la lista di questi mercati troviamo Singapore con 2,7 miliardi previsti nel 2007, contro l'1,8 del 2006 (si tratta per lo più di prodotti agricoli, cavi elettrici, computer, plastica, legname e artigianato). La Thailandia rappresenta il secondo mercato tra i vicini della regione con 950 milioni di acquisti che dovrebbero raggiungere un valore di 1,15 miliardi nel 2007. Le esportazioni verso l'Australia si prevede che crescano del 15% raggiungendo un valore di 4 miliardi di dollari. Prospettive, dunque, molto rosee per quanto riguarda gli scambi commerciali nella sempre dinamica e integrata economia asiatica. In Tab. 27 si evidenziano le reali dimensioni economiche del Vietnam e dei suoi vicini. Tab. 27. PIL del Vietnam (in milioni di dollari) paragonato ai Paesi vicini. Cina 2000 1080741.4 2001 1175715.8 2002 2003 2004 1270663.7 1416592.8 1649329.4 Hong Kong SAR (Cina) 165358.9 162833.2 160016.7 6197.7 6206.8 6764.8 4746067.8 4162363.1 511928.2 481969.2 546713.2 608124.4 679674.3 946.5 1016.3 1117.5 1274.5 1525.3 307844.0 279513.7 281572.3 286019.0 305364.4 Macau SAR (Cina) Giappone Korea, Mongolia Taiwan 155122.9 163004.7 3972485.3 4300857.9 4623398.1 +7.7 +2.7 +6.8 +16.6 +17.9 +33.6 +22.3 +13.7 19.0 +3.0 6. UNDICI GENNAIO 2007: L'INGRESSO NEL WORLD TRADE ORGANIZATION Il Vietnam l'11 gennaio del 2007 è ufficialmente entrato nel WTO come 150° paese membro dopo 200 incontri negoziali con 28 paesi, sebbene con uno status di economia non di mercato (“non market economy”) che dovrà mantenere per i prossimi 12 anni. Questo è stato probabilmente l'evento su cui più hanno insistito i mezzi di comunicazione vietnamiti tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007. Su questo accesso le autorità vietnamite hanno riposto, già a partire dal 1995, moltissime speranze e aspettative per il benessere del paese. Nel 2006 il Vietnam ha ottenuto lo status di Permanent Normal Trade Relations (PNTR) dagli Stati Uniti, completando la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, e ha ospitato con successo l'incontro dell'Asia Pacific Economic Cooperation (APEC). Dodici capi di stato, diciassette primi ministri e numerosi nomi importanti del mondo economico mondiale hanno reso al Vietnam una visita. Il Vietnam sarà, inoltre, nominato nel 2008 per un seggio non permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo l'incalzante crescita degli ultimi anni si ritiene, a ragione, che l'accesso all'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), darà una svolta decisiva all'apertura dell'economia ai grandi flussi del commercio mondiale, alla capacità di attrazione di capitali internazionali e alle esportazioni vietnamite. Il Vietnam ha assunto determinati obblighi che impegnano lo stato vietnamita a riformare, nella direzione di una maggiore apertura all'economia di mercato, come stabilito dagli accordi (commitment) per l'accesso al WTO, i numerosi settori protetti: settore finanziario (comprendente banche e assicurazioni), delle telecomunicazioni, delle costruzioni, dei trasporti e della distribuzione. A partire dal 1 aprile 2007, è consentito l'insediamento di banche a capitale interamente estero, senza limite alcuno nell'acquisizione di banche commerciali vietnamite, escluso il limite del 30% per le proprietà straniere. Questo ha portato il Vietnam all'abolizione del limite del 20%, senza alcuna limitazione o restrizione al singolo investitore straniero. Nel settore delle assicurazioni gli obblighi del Vietnam includono la concessione alle compagnie assicurative straniere di garantire le imprese straniere nel paese. Questo obbligo richiederà l'emendamento dell'articolo 6.1. della legge sul business assicurativo (Insurance Business Law), che attualmente prevede solo la possibilità di un'assicurazione da parte di una compagnia straniera, qualora gli assicuratori vietnamiti non siano in grado di offrire i prodotti richiesti. Gli investitori vietnamiti non saranno più obbligati a assicurare nuovamente il 20% con la compagnia di riassicurazione nazionale. Anche il settore delle telecomunicazioni mostra interessanti prospettive con l'ingresso nel WTO. Precedentemente gli investitori stranieri potevano investire solo attraverso contratti di cooperazione d'affari (Business Co-operation Contracts). Con l'ingresso nel WTO, il Vietnam permetterà joint venture con partecipazione straniera al 49% e la restante maggioranza dovrà essere detenuta da una delle controparti vietnamite dotate di licenza, oggi imprese statali (Viettel, EVN Telecom e Hanoi Telecom). Nel settore delle costruzioni le raccomandazioni del WTO sembrano essere più restrittive delle pratiche ad oggi attuate. Infatti, entro il 2009, le compagnie a totale capitale estero potranno solo provvedere ai servizi delle imprese a capitale straniero, mentre attualmente possono lavorare sia con imprese straniere che nazionali. Anche il settore dei trasporti sentirà il peso dell'ingresso nel WTO, specialmente nel settore marittimo e dei servizi ausiliari. Saranno permessi joint venture con partecipazione straniera sino al 49% per i servizi di trasporto di passeggeri. A partire dal 2012 saranno permesse joint venture con partecipazione straniera sino al 51% per i servizi di trasporto merci. Attualmente per i servizi del trasporto dei containers sono permesse joint venture con capitale straniero sino al 50%. Per quanto riguarda il settore della distribuzione, esso rappresenta un'altra interessante differenza tra le raccomandazioni WTO e la pratica corrente. Il Vietnam si impegna a permettere investimenti esteri nel settore della distribuzione sotto forma di joint venture con capitale straniero sino al 49% entro il 1° gennaio 2008. In seguito, a partire dal 1° gennaio 2009, scomparirà qualsiasi forma di restrizione. Si prevede che in questo settore aumenterà fortemente la concorrenza tra i distributori nazionali. Particolarmente avvantaggiato dovrebbe risultare il settore tessile e calzaturiero per l'esportazione che potrà competere liberamente con gli altri paesi concorrenti del WTO. In generale, le richieste dell'Organizzazione Mondiale del Commercio prevedono un impegno alla “trasparenza e obiettività” riguardo i criteri di assegnazione delle licenze; si richiede una maggior semplificazione dell'iter burocratico, ad oggi eccessivamente gravoso nonché garanzie di una maggiore qualità dei servizi. Non è permesso che un paese mantenga i criteri di assegnazione delle licenze, procedure o altre misure che limitino in qualche modo il numero dei fornitori dei servizi e si richiede la soddisfazione di test che garantiscono un livello minimo di qualità del servizio. I cambiamenti posti dal WTO sono reali ma non insormontabili perché questi sono legati allo spirito, alla motivazione e alla capacità con cui vengono applicati nella pratica. L'accesso al WTO metterà il Vietnam nel radar degli investimenti delle maggiori compagnie di investimento straniere, ma oltre alle riforme già enunciate il Vietnam è chiamato a migliorare e modernizzare vari aspetti. Dal sistema di protezione sociale alle infrastrutture. Appare necessaria la costruzione di strade e altre vitali strutture che colleghino milioni di abitanti delle zone rurali alle principali vie di comunicazione e alla rete elettrica. Urge migliorare la logistica di porti e aeroporti per sfruttare la ottima posizione geografica; migliorare la qualità del sistema educativo (formando dei lavoratori specializzati); espandere la produzione agricola; provvedere all'accesso ai servizi di base, come l'acqua corrente a tre milioni di abitanti delle aree urbane povere; continuare la ferma lotta contro la corruzione (su cui la autorità richiedono anche l'aiuto dei giornalisti con dossier utili alle indagini). I più importanti miglioramenti in ambiente lavorativo si sono verificati in questi ambiti, secondo un sondaggio del Vietnam Business Forum (Fig. 29). Inoltre le imprese vietnamite, soprattutto le piccole e medie imprese, saranno sottoposte a una maggiore pressione e concorrenza, dovendosi misurare con le leggi dell'economia internazionale e le imprese statali non potranno più contare sui sussidi del governo che saranno sempre più selezionati in base alla competitività fino alla totale abolizione. 60 50 40 30 20 10 0 i tor ora l av to en am nzi ce ro e/ li A lt i ion ti v nz e ra su e op As nz s ti ice i co ol ss es s Ba ac c to tà irit c ili ld Fa de i to zza re d r te Ce al c sso e ce tiv Ac a r el ra te r s se ti Ta en ve al la m i a ti sso li s tr est a v ce n in i Ac ga e in mm do ion e ea r h te z du tic Pr o ce p ra pr o ità ne e o loc io n azi Ve ca z or m lifi al i i nf n mp to ga Se en do e ra m re ie r lio ttu arr tr u Mig eb ras ion i nf uz to R id en ra m lio Mig Nazionale Estero Totale Fig. 29. Significativi miglioramenti in ambito lavorativo (valori percentuali). Fonte: Vietnam Business Forum. 6.1. Vietnam Business Forum Il Vietnam Business Forum è un interessante strumento che mette a diretto confronto le autorità con il mondo degli investitori internazionali attraverso un serie di incontri e seminari cui partecipano esponenti del governo e in cui vengono esposte le richieste degli investitori. In base al Forum del 2006, pubblicato il 13 dicembre 2006 ad Hanoi, il 2007 è considerato un anno cruciale di riforme in cui regolare materie delicate come il diritto alla proprietà, la legge sulle imprese e sugli investimenti, i diritti di proprietà intellettuale (che comprende non solo il nome del marchio ma anche i brevetti, il design industriale, il know how, gli indicatori geografici, il copyrights etc), la riforma della tassazione, del diritto di associazione, dell'intero sistema giuridico, del sistema amministrativo verso una maggiore decentralizzazione e la riforma delle imprese di stato allo scopo di accelerare la crescita economica, migliorarne l'efficienza, la sostenibilità e la qualità della crescita. Manca anche un sistema giuridico vietnamita in riferimento alle dispute commerciali che solitamente finiscono alla corte economica di Singapore. Queste leggi hanno lo scopo si semplificare e agevolare le pratiche per gli investimenti stranieri anche considerando che la licenza sarà rilasciata dalle autorità regionali e non più nazionali. Un altro impegno, molto sentito dalla comunità economica internazionale, è quello alla lotta della corruzione, ancora molto diffusa e radicata, che costituisce spesso un costo aggiuntivo all'investimento. C'è inoltre da lavorare per una maggiore certezza del diritto. Gli investitori stranieri, inoltre, premono sul governo affinché il crescente benessere coinvolga anche le regioni più isolate e ci sia una maggiore equità sociale. Si sottolinea anche l'esigenza di investimenti sociali anche per il mantenimento dell'ordine e della stabilità sociale. 6.2. Privatizzazioni La riforma delle State Owned Enterprises (SOEs), le aziende pubbliche, che avevano il monopolio in molti settori è ancora oggi sotto la lente di ingrandimento del governo e delle istituzioni economiche internazionali, in quanto con l'accesso del Vietnam nel WTO (World Trade Organization) le sovvenzioni alle SOEs sono destinate a cessare nel medio periodo. La riforma in atto tende a lasciar queste imprese nei settori chiave dell'economia nazionale (chimica, esplosivi, sostanze radium, rete di informazioni nazionale e internazionale, sistemi di energia nazionale, ed altri ancora), ma contemporaneamente ne riduce i sussidi statali. Negli altri settori si punta alla privatizzazione: a partire dall'entrata in vigore della legge sulle imprese (gennaio 2000), di quelle registrate il 40% si colloca nel settore del commercio, il 30% nell'industria e nell'edilizia, il 25% nei servizi e solo il 5% nell'agricoltura. 7. ITALIA E VIETNAM 7.1. Il ruolo dell'Italia In questo positivo momento di crescita e sviluppo vietnamita l'imprenditoria italiana partecipa attivamente: l'interscambio nell'arco di tempo che va dal 1998 al 2002 è addirittura raddoppiato. Nel primo trimestre del 2005 le esportazioni hanno raggiunto un valore di 49 milioni di euro mentre le importazioni hanno superato i 120 milioni (Tabb. 28-30). Tab. 28. Interscambio commerciale Italia Vietnam. Interscambio Italia – Vietnam 2003 Esportazioni 218.340.348 Importazioni 473.669.174 Saldo - 255.328.826 2004 283.679.738 403.523.437 - 119.843.699 2005 326.575.200 397.296.864 - 70.721.664 Fonte: Dati ISTAT Gen–Dic 2005/6 (agg.01/06/2006). Tab. 29. Commercio dell’Italia con il Vietnam (valori in migliaia di Euro, saldo normalizzato e variazioni in percentuale, variazioni assolute per i saldi). 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2005 2006 ..............................................................................................................................................gen-giu gen-giu Valori Esportazioni 99.397 Importazioni 246.683 Saldo -147.286 Saldo normalizzato (%) - 42.6 106.612 258.193 -151.581 Esportazioni - 5.9 Importazioni 18.7 Saldi (variazioni- 45.042 assolute) 7.3 4.7 - 4.295 - 41.6 181.599 281.616 337.841 374.161 -156.242 -92.545 - 30.1 - 14.1 300.563 326.575 283.680 218.340 108.301 130.730 395.171 397.297 403.523 473.669 213.903 303.692 -94.608 -70.722 -119.844 -255.329 -105.602 -172.962 - 13.6 - 9.8 - 17.4 - 36.9 - 32.8 - 39.8 Variazioni sull’anno precedente 70.3 30.9 - 4.661 55.1 10.8 - 63.697 6.7 5.6 - 2.062 8.7 0.5 - 23.886 - 13.6 1.6 - 49.122 - 23.0 17.4 -135.485 -17.8 9.3 -41.493 20.7 42.0 -67.360 Fonte: Elaborazione ICE su dati ISTAT. A fare la parte da leone e a costituire il 60% del nostro export sono i settori della meccanica che fanno registrare anche i più forti tassi di crescita della nostra presenza: dalla meccanica tessile a quella del calzaturiero/ conciario, dalla meccanica della lavorazione della ceramica a quella della lavorazione del marmo e del granito, ed altro ancora. Mentre per quanto riguarda le importazioni prevalgono le calzature, i prodotti dell'abbigliamento e di pelletteria, ed in genere i prodotti manufatti, ma anche prodotti dell'agricoltura e della pesca. Tab. 30. Principali settori dell’interscambio dell’Italia con il Vietnam (classificazione ATECO a tre cifre, valori in migliaia di euro e variazioni percentuali). Settori Esportazioni 2005 2006 gen-giu gen-giu 22.240 295 - Altre macchine per impieghi speciali 20.231 191 - Cuoio (esclusi indumenti) 16.780 14.429 354 - Cicli e motocicli 5.024 11.341 172 - Tessuti 7.166 10.403 8.846 292 - Altre macchine di impiego generale 4.873 241 - Prodotti chimici di base 3.735 7.126 244 – Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e 6.669 botanici per usi medicinali 4.565 291 – Macchine e apparecchi per la produzione e l’impiego di energia meccanica 4.168 4.764 3.546 294- Macchine utensili 5.519 312- Apparecchiature per il controllo e la Importazioni var 2005 2006 (%) gen-giu gen-giu 175 9.9 124 2.184 40110 - 14.0 125,7 2.619 1.912 45,2 519 424 81,5 51 40 37 7.651 90,8 var (%) 41,1 82,2 - 27 - 18,3 -21,6 - 46,1 5 1 - 80 14,3 - 35,8 1.008 15 1.044 5 3,6 - 66,7 con soli 22 investimenti attualmente operativi. Questa situazione di forte sbilanciamento del nostro ranking tra il commercio e gli investimenti è piuttosto comune in Asia ed anche il altre aree geo-economiche. Questo, da un lato, per i problemi che le aziende italiane, soprattutto le piccole e medie imprese, incontrano in genere in mercati esteri così lontani, dall'altro, per alcune “difficoltà paese” che ancora persistono nonostante il forte impegno delle autorità alla rimozione delle stesse. Quando si passa da una logica puramente commerciale ad un impegno a medio-lungo termine verso un singolo mercato ed anche maggiormente oneroso in termini di risorse finanziarie ed umane, le imprese italiane incontrano mediamente maggiori difficoltà. A fronte di molte esperienze positive di investitori esteri, vi sono, inoltre, alcune esperienze negative dovute proprio alle “difficoltà paese”. Tab. 31. Importazioni del Vietnam (valori in milioni di dollari USA, quote e variazioni percentuali). d e e variaz i dollari USA, quot ioni percentuali). i 2005 Gen – lug 2006 Ge n – lug 2 005 Ge n – lug 200 6 Singapore Cina Taiw an Giappon e Corea Thaila a Males ia Hong Kon g Svizze ra Austral Q uote i a To tale 10 pa esi Mondo Pro memo ria Ital ia ( p os. 1 9 ) 11, 7 15, 4 , 11,4 10,9 10,1 6,0 3 ,4 3 ,1 3 ,7 1 ,5 77, 2 1 0 0 ,0 0 , 8 14 , . 6 13 2 lug 2005 G en – lug 200 6 Gen – l ug 200 5 Gen – lug 2006 Singap 3.249 2 414 ote Qu t ralia Tot ale 1 0 pae si M ondo Pro memo 1 5,4 1,4 0,9 0,1 ,0 ,4 ,1 ,7 Gen . 294 2. 137 1. 263 72 1 664 785 31 7 16 .315 21 .095 17 0 3 11,5 10,5 8,7 6, 4 3,6 3,2 2, 9 2,4 78 ,2 100, 0 0 , 7 2.472 ,2 -9,6 84 ,1 16,7 13,2 0 26,1 22,3 19 ,1 – ri Valo 3.610 3.286 2 . 852 2 . 17,1 4,7 Valori 6 1 1 1 6 3 3 3 1 13,3 11,5 1 0,5 8, 7 6,4 3,6 3, 2 2,9 2,4 78 5 97 2.13 7 1.5 92 88 1 791 7 10 58 3 1 9.039 24. 7 0 0 17 8 4 6 1,1 1 4 2.29 4 2.13 7 1.26 3 721 664 78 5 317 16 .315 G 2 2. 597 2.137 1.59 2 881 7 91 71 0 583 7.2. Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE) L'Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE), presente in Vietnam con il suo ufficio di Ho Chi Minh City, ha lo scopo di promuovere e sostenere il “made in Italy”. I servizi offerti dall'ICE, molti dei quali disponibili on-line, hanno lo scopo di sostenere le aziende italiane nelle loro strategie di penetrazione e consolidamento nei mercati internazionali. I principali servizi offerti sono: − indagini di mercato per singola azienda: strumento utile per valutare le concrete possibilità di introduzione della produzione aziendale sul mercato vietnamita con informazioni sulla struttura e l'andamento della domanda, sulla rete distributiva, e sugli utilizzatori finali del prodotto. − organizzazione ed assistenza incontri: l'ufficio ICE di Saigon può organizzare una serie di incontri con operatori locali (anche presso il proprio ufficio) e fornire assistenza alle aziende italiane con i propri analisti nel corso della trattativa con la controparte locale; − ricerca agenti/distributori: individuazione dei potenziali partner locali; raccolta ed invio dei risultati della ricerca. − assistenza e consulenza nel settore degli investimenti e costituzione di società miste con partner vietnamiti; identificazione di progetti di investimento; elaborazione di una scheda informativa; raccolta di informazioni commerciali e finanziarie sull'azienda vietnamita; elaborazione di un quadro riassuntivo dei principali costi di gestione; assistenza nelle trattative; selezione del personale locale da assumere nella nuova società. − ricerca di produttori locali: il servizio consiste nell'individuazione di produttori locali (prodotti finiti, materie prime, semilavorati, componentistica e produttori in conto terzi, in grado di garantire gli standard richiesti dall'azienda italiana. − organizzazione di mostre autonome, seminari tecnici e presentazioni di singole aziende o di gruppi consortili/associazioni interessati a presentare prodotti o ad introdurre nuove tecnologie e know-how nel mercato vietnamita: l'ICE è in grado di fornire un pacchetto di servizi completo per l'organizzazione di mostre, presentazione di prodotti o seminari tecnici. − selezione ed organizzazione di delegazioni di operatori vietnamiti in visita a fiere o ad aziende in Italia. Oltre alla normale attività di informazione e assistenza data sia agli operatori italiani che vietnamiti, l'ufficio ICE di Ho Chi Minh City collabora in questi ultimi anni, anche per venire incontro ad una sentita esigenza da parte degli operatori/associazioni ed autorità locali, con diverse Associazioni Italiane di alcuni settori della meccanica in corsi di formazione sia per manager che per tecnici. Tali corsi, in alcuni casi seguiti da simposi di presentazioni aziendali, sono organizzati prevalentemente in Vietnam, ma anche in Italia e stanno riscontrando un enorme apprezzamento negli ambienti industriali locali, dimostrandosi un valido strumento di promozione della tecnologia italiana. Altre iniziative dell'ICE sono i cosiddetti check-up aziendali, eseguiti nei settori di più alto interesse per gli imprenditori italiani, come ad esempio le imprese del settore calzaturiero e conciari. Tali iniziative consentono ad esperti ed analisti italiani di effettuare delle visite approfondite in aziende locali, in maniera tale da rendersi conto delle singole problematiche aziendali e, soprattutto, delle possibili soluzioni, attraverso l'impiego delle più appropriate tecnologie italiane. I casi più generali e le relative soluzioni vengono poi presentati agli operatori locali qualche mese dopo il lavoro di analisi. 7.3. Il caso Merloni Una delle grandi aziende italiane operanti in Vietnam, che ha riscosso grande successo è la Merloni Termosanitari (MTS), con sede legale in Italia a Fabriano (An). Tale esperienza è iniziata nel 1990, in coincidenza con le prime riforme economiche del Paese e con l'apertura verso nuovi mercati non più legati all'area dei Paesi ad economia pianificata. Dopo un periodo di rodaggio, durante il quale la società vendeva i suoi prodotti soltanto attraverso l'ufficio di Singapore, a partire dal 1995 la Merloni Termosanitari ha iniziato a operare direttamente in suolo vietnamita, aprendo due uffici di rappresentanza, uno a Saigon e l'altro ad Hanoi. L'attuale console onorario ad Ho Chi Minh City, Carlo Anzon, ha maturato un'esperienza decennale nell'ambito dell’azienda in Vietnam. Il successo di questo investimento è legato, in primis, al mercato dell'edilizia, cui l'azienda è indissolubilmente legata, e al fatto che abbia attraversato dal principio le diverse fasi di sviluppo del sistema commerciale vietnamita. Durante la fase iniziale (1990-1996), si vendeva solo a compagnie pubbliche; in seguito, grazie alle riforme e alla libera iniziativa, il giro d’affari si è esteso a importatori – distributori privati – che hanno una maggiore e reale conoscenza delle potenzialità del mercato. Tale decisione non fu facile, ma anzi piena di rischi. In Vietnam non esisteva la possibilità di valutare concretamente e correttamente le reali disponibilità e sicurezze finanziarie dei nuovi partner. Si decise di mantenere rigide forme di pagamento, anche a scapito della perdita di porzione di ordini. Dopo qualche mese, queste decisioni si dimostrarono adeguate: i partner trovarono nuovi sbocchi anche nelle province, e non solo nelle principali città. Inoltre, grazie al consolidamento delle reti di vendita e dei canali di marketing dei partner, si modernizzarono e la Merloni recuperò brillantemente il calo delle vendite avvenuto durante il periodo di transizione. Le difficoltà erano date dal fatto che il paese si trovava in una situazione di piena trasformazione: l'amministrazione pubblica e le sue strutture (dogana, tasse, licenze, permessi, etc), con le quali i nostri importatori/distributori dovevano dialogare, cambiavano continuamente, seguendo vie contorte che non contribuivano certamente a creare certezze. Esistevano, ed esistono tuttora, turbative che danneggiano la distribuzione, la stabilità dei prezzi sia all'importazione che al dettaglio. La corruzione nel paese è ancora un fenomeno di rilievo, che il governo sta cercando di eliminare. Tuttavia, osservando l'evoluzione delle vendite e dei prodotti offerti dalla Merloni, si può constatare che, nonostante i problemi, i risultati sono stati positivi ed incoraggianti e che l'intenzione sia quella di restare, imparare e aggiornarsi continuamente. Per quanto riguarda la possibilità di investire direttamente in Vietnam, bisogna far riferimento non solo al mercato vietnamita, ma alle strategie complessive del gruppo. La Merloni ha effettuato importanti acquisizioni in Europa e, inoltre, ha altre unità produttive già esistenti nell'area. Bisogna seguire con attenzione il sorgere di nuovi soggetti industriali locali, i quali si indirizzano verso la produzione di prodotti per il bagno e la cucina. Infine, è importante verificare i tempi di accesso del Vietnam all'AFTA. Come riferisce Anzon, non bisogna sottovalutare, però, che in Vietnam, la legge sugli investimenti stranieri è cambiata ed ora è più semplice investire. Sono state semplificate inutili burocrazie e il governo si sta impegnando con più energia in vista dell'eliminazione della politica dei doppi prezzi di alcuni servizi (comunicazioni, trasporti, tasse attuate per le imprese locali e straniere). Le imprese straniere presenti in Vietnam, che producono e vendono nel mercato locale ed esportano con successo, contribuiscono per circa il 40% al totale della produzione industriale vietnamita. 7.4. Il caso Perfetti La Perfetti van Melle, con sede legale in Italia a Milano, opera in Vietnam dal 1995, anno in cui ricevette la licenza di investimento per una joint venture per la produzione e la commercializzazione di caramelle e chewing gum. Attualmente costituisce il più importante investimento italiano presente in questo paese. La fase iniziale prevedeva la joint venture con un partner locale, produttore di glucosio (uno dei maggiori ingredienti impiegati nei prodotti), il quale contribuì con il diritto all'uso del terreno, dove poi, nel 1996, fu costruita la fabbrica. Il primo prodotto della Perfetti Van Melle è stato lanciato sul mercato vietnamita nell'aprile 1997. Dal maggio 2002 l'azienda è diventata un'azienda a capitale totalmente straniero: l'esperienza della società mista, sebbene positiva, non dava più possibilità di sviluppo per l'azienda, a causa della relativa mancanza di risorse, sia umane che finanziarie, da parte del partner locale. Le ragioni che hanno spinto a investire in Vietnam sono innanzitutto legate al basso costo di manodopera per produrre beni per l'esportazione. La Perfetti van Melle Vietnam è nata per essere un'entità orientata al mercato locale. La potenzialità era ed è chiara vista la giovane età della popolazione a cui l'azienda si rivolge. Questo orientamento è confermato dalle vendite: delle circa quattro mila tonnellate prodotte in un anno, l'export rappresenta circa il 20%, mentre prioritaria rimane la distribuzione sul territorio nazionale. Grazie ad una politica orientata ad offrire ai consumatori prodotti di alta qualità ad un prezzo ragionevole, l'azienda è stata in grado di conquistare sia il settore delle caramelle che quello della gomme da masticare. In quello delle caramelle, il 52% del valore speso dai consumatori vietnamiti è dedicato ai prodotti Perfetti, mentre il resto è suddiviso in una miriade di grandi e piccoli produttori locali, i quali offrono prodotti scadenti a basso prezzo. Per quanto riguarda le gomme da masticare si è riusciti a sottrarre un quarto del mercato ai maggiori concorrenti. Nell'intera struttura sono impiegate circa 650 persone, di cui circa 200 lavorano in fabbrica e negli uffici, e la restante parte opera nelle vendite, strutturate con un sistema innovativo e unico in Vietnam, orientato maggiormente alla distribuzione al dettaglio piuttosto che all'ingrosso. Nella fase iniziale si è dovuto lavorare sulla formazione delle persone: nessuno dei lavoratori locali aveva mai lavorato in una fabbrica, né tanto meno in una moderna azienda di caramelle. E' stato un lavoro duro, ma ha ripagato in pieno le aspettative dei dirigenti, rendendo possibile nel 2002 l'ottenimento della certificazione ISO 90012000, tra le poche aziende in Vietnam e prima tra le fabbriche del gruppo Perfetti van Melle in Asia. Un pezzo dell'attiva imprenditoria italiana è stato così impiegato in Vietnam, contribuendo in qualche modo alla crescita di persone, dell'organizzazione di mezzi e servizi. Le prospettive future vanno nella giusta direzione: crescere come azienda attraverso l'espansione della fabbrica con nuove linee di prodotto; crescere come persone ed organizzazione, perché queste costituiscono, assieme ai marchi e ai prodotti, il patrimonio di base per lo sviluppo e il successo. 7.5. Il settore turistico Il turismo rappresenta la più produttiva industria al mondo. Secondo le stime del WTTC (World Travel & Tourism Council) il contributo del settore all'economia mondiale si aggira nel 2006 a circa il 12% del PIL totale, considerando il ritorno economico diretto e indiretto. In Vietnam questo contributo si è attestato al 9% nel 2006, con un notevole aumento del numero di visitatori (Tabb. 34-36). Secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale del Turismo l’afflusso di turisti dovrebbe raggiungere i 9 milioni entro il 2010 e questo dato dovrebbe raddoppiare entro il 2020. La maggior parte dei posti di lavoro sono nel settore privato, ma negli ultimi anni si è manifestato l'interesse del governo per questo importante settore, specie attraverso la promulgazione di una legislazione specifica (Tourism Law, n. 44/2005). Tale legislazione promuove la centralità del territorio, rispettando il “DNA territoriale”, cercando di evitare il modello del “turismo di massa” e tendendo a quello del “turismo sostenibile”. In questo senso si cerca di operare adottando un’ottica a medio e lungo termine, evitando di causare danni irreversibili al territorio, in nome di un guadagno che per quanto immediato avrà gravi conseguenze sul futuro. Ma il cammino è ancora lungo e bisogna soprattutto insistere sulla programmazione e pianificazione, nonché sulla formazione e sulla creazione di un sistema di infrastrutture adeguato, problema che riguarda soprattutto le aree montuose e le province più isolate. Le problematiche più importanti che riguardano lo sviluppo del turismo sono: - - l’inadeguatezza delle infrastrutture e dei trasporti; l’insieme dei controlli amministrativi, i visti e i controlli all’arrivo; la carenza di personale qualificato. Un indicatore del potenziale turistico del Paese è dato dalla presenza di siti naturali e architettonici come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il Vietnam ha ratificato la convenzione con l’UNESCO il 19 ottobre 1987 e finora annovera cinque siti sottoposti a tutela: - il complesso monumentale di Hue (1993); - la città di Hoi An (1999); - il santuario di My Son (1999); - Ha Long Bay (1994); - il Parco Nazionale di Phong Nha-Ke Bang (2003). Il Vietnam, grazie alla sua dura storia è una metà di forte richiamo, che suscita inevitabilmente emozioni forti, che non può lasciare indifferenti. La maggior parte dei turisti visita il Vietnam per motivi d’affari, si registra una concentrazione nelle fasce 20-35 anni e minori di 50 anni. Di questi il 19% si dichiarano studenti. Anche il turismo culturale è comunque in forte crescita e a legislazione vigente indirizza la propria attenzione sulla promozione e valorizzazione del patrimonio artistico, naturalistico e culturale. Il governo vietnamita ha anche intrapreso la lunga strada verso la conservazione delle minoranze etniche. Tali scelte sono in linea con la tendenza generale dell'industria turistica e non sono distanti, ad esempio, dalle scelte della giunta Soru in Sardegna che mira alla tutela del proprio patrimonio ambientale, umano e culturale, nonché alla valorizzazione delle attività economiche tradizionali e dell'artigianato. Anche il turismo contribuisce alla valorizzazione di tali minoranze: dai costumi colorati alle usanze curiose, ogni tipicità viene sfruttata, divenendo un’importante fonte di reddito per queste comunità. Il turista del terzo millennio, infatti, reca un animo sempre più curioso, sempre più interessato ai percorsi alternativi, alle vie della cultura, alle antiche tradizioni, agli usi e ai costumi di popolazioni isolate, che dal loro isolamento hanno tratto consiglio e saggezza, un grandioso patrimonio di valori, retaggio di una cultura millenaria. Tab. 34. L’industria turistica in Vietnam tra il 2000 e il 2004. 2000 2001 2002 2003 2004 Giro d’affari in miliardi di dong 3268,5 3860,4 5425,5 6016,6 7432,4 Giro d’affari in miliardi di dong 1190,0 2009,0 2430,4 2633,2 3302,1 Migliaia di visitatori 10330,0 14092,0 19610,6 20684,2 24102,2 " 2656,0 4110,0 14676,4 16497,0 18426,0 " 7674,0 9982,0 4934,2 4187,2 5676,2 Migliaia di visitatori 2397,8 3113,4 4669,9 3976,2 5155,2 " 1359,3 1439,1 2624,5 2400,5 2914,7 " 939,5 1577,3 1947,6 1425,0 1644,5 " 99,0 97,0 97,8 150,7 596,0 Fonte: General Statistical Office, 2006. Tab. 35. Numero di visitatori stranieri in Vietnam (in migliaia). 1995 TOTAL 1351,3 Per provenienza Taiwan 222,1 Giappone 119,5 Francia 118,0 America 57,5 Gran Bretagna 52,8 Thailandia 23,1 Cina 62,6 Per scopo del viaggio Turismo 610,6 Business 308,0 Visite ad amici e parenti Altro Per mezzo di trasporto Via aerea Navigazione marittima e/o fluviale Strade - 1996 1997 1998 1999 1607,2 1715,6 1520,1 1781,8 2000 2001 2002 2140,1 2330,8 2628,2 2003 2004 2005 2429,6 2927,9 3477,5 175,5 154,6 138,5 170,5 210,0 199,6 211,1 208,1 256,9 274,4 118,3 122,1 95,3 110,6 142,9 205,1 279,8 209,6 267,2 338,5 73,6 67,0 68,2 68,8 88,2 99,7 111,5 86,8 104,0 133,4 43,2 40,4 39,6 62,7 95,8 230,4 259,9 218,8 272,5 330,2 40,7 44,7 39,6 40,8 53,9 64,7 69,7 63,3 71,0 82,9 19,6 18,3 16,5 19,3 20,8 31,6 41,0 40,1 53,7 86,8 377,6 405,4 420,7 484,0 492,0 675,8 723,4 693,0 778,4 717,4 661,7 691,4 598,9 837,6 1138,9 1222,1 1462,0 1238,5 1584,0 2038,5 364,9 403,2 291,9 266,0 419,6 401,1 445,9 468,4 521,7 495,6 273,8 371,8 301,0 337,1 400,0 390,4 425,4 392,2 467,4 508,2 328,3 341,1 181,6 317,2 294,9 330,5 354,8 435,2 306,8 249,2 1206,8 939,6 1033,7 873,7 1022,1 1113,1 1294,5 1540,3 1394,8 1821,7 2335,2 21,7 161,9 131,5 157,2 187,9 256,1 284,7 309,1 241,5 263,3 200,5 122,8 505,7 550,4 489,3 571,8 770,9 751,6 778,8 793,3 842,9 941,8 Fonte: General Statistical Office, 2006. 7.6. Prospettive italiane in Vietnam Sebbene scarsi rispetto al quadro generale, gli investimenti e le risorse umane, intellettuali e finanziarie in Vietnam, costituiscono da una parte un elemento importante per il futuro del Vietnam, dall'altra parte allargano le prospettive di sviluppo di aziende costrette a convivere con economie sature in Europa, le quali internazionalizzandosi continuano a giocare un ruolo da protagoniste nel sempre più competitivo mercato mondiale, immettendosi in mercati caratterizzati da un grande dinamismo. Stime delle maggiori istituzioni economiche mondiali prevedono che il boom di quest'area geografica continui nel medio-lungo periodo (15 -20 anni). A costituire il blocco maggiore in Vietnam sono i vicini asiatici del Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Cina (Hong Kong, in particolare) che, riguardo agli investimenti, svolgono un po' il ruolo di “padroni di casa”, sia in termini relativi che assoluti e ciò è dimostrato anche dalle numerosissime e organizzate comunità di questi paesi. L'Italia, nonostante i buoni trend evidenziati in questi ultimi anni, anche grazie al riconoscimento dell'importanza di questo mercato da parte delle Autorità italiane, è superata, all’interno dell’Unione Europea, da Francia e Germania per quanto riguarda il numero dei progetti e il capitale investito, che mostrano dei numeri in termini assoluti molto più elevati. Alcune perplessità degli investitori italiani riguardano la distanza geografica, la mancanza di informazioni sul Vietnam in Italia e le difficoltà linguistiche con la lingua inglese oltre che con quella vietnamita. Lo Stato Italiano riconosce l'importanza strategica della internazionalizzazione delle sue imprese (che rientrano per la stragrande maggioranza nelle piccole e medie imprese) e la sua relativa scarsa presenza in certe aree geo-economiche. Per questo motivo l'Italia si sta impegnando a promuovere l'associazione di piccole e medie imprese al fine della delocalizzazione all'estero. Sono operativi sportelli regionali per l'internazionalizzazione (SPRINT) e una serie di servizi che agevolano la conoscenza del mercato estero da parte delle aziende che vengono assistite nelle, spesso difficili, pratiche amministrative-burocratiche. I risultati fin qui conseguiti sono indubbio positivi, ma il percorso da compiere per il “Sistema Italia” è comunque abbastanza lungo e dovrebbe basarsi su una maggiore unità e coesione di tutte le parti del sistema. A tal riguardo è auspicabile che le aziende che si affacciano su questi nuovi orizzonti siano assistite dalle istituzioni, dal Sistema Bancario e dai Centri di Ricerca così come fanno, per non andare troppo lontano, i principali concorrenti europei del nostro Paese. CONCLUSIONI Il mercato vietnamita risulta essere molto attraente per l’investitore che si rivolga al dinamico mercato asiatico, fuggendo dalle mature economie occidentali, attirato dai vantaggi che il mercato orientale presenta (quali il basso costo del lavoro). La delocalizzazione delle imprese appare più che mai necessaria, ai fini del miglioramento delle prospettive economiche. Il Vietnam, duramente provato da una lunga guerra relativamente recente, ha saputo, attraverso una attenta politica di riforme, dare salde fondamenta alla società, grazie ai pilastri costituiti da istruzione e sanità, ed è riuscito a garantire nuovi input all’economia recuperando anni di sviluppo. L’investitore che scelga il mercato vietnamita si trova davanti ad un’economia in pieno fermento, il secondo mercato più stimolante dopo quello del grande vicino cinese. Il processo è stato lento: tutto ha avuto inizio con il Doi Moi, la politica del rinnovamento adottata nel 1986 sull'impronta delle riforme attuate in Cina da Deng Xioaoping nel 1978. Successivamente, grazie all'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti e alle riforme adottate per limitare l'intervento statale nell'economia, è cominciata la crescita al ritmo annuo del 7,4%. Nel 1994 è seguita la prima domanda di adesione all'Organizzazione Mondiale del Commercio. Dall'11 gennaio 2007 il Vietnam ne è diventato membro effettivo anche se con uno status di non market economy, per la soddisfazione di entrambe le parti. Questo rappresenta un importante fattore di integrazione del Paese nei grandi sistemi del commercio mondiale e un’ulteriore garanzia per gli investitori stranieri. Una dinamica e un potenziale incontestabili caratterizzano questo Paese. Il Vietnam ha tutti gli ingredienti che gli occorrono per mantenere l'intensità e il ritmo della sua crescita: il robusto consumo interno, l'ampio volume di investimenti in costante aumento, la crescita esorbitante dell'export e la ben radicata cultura dell'imprenditoria privata. E' inoltre ricco di risorse naturali: tra i principali beni di esportazione figura il greggio; senza contare che è il secondo produttore al mondo di riso e caffè. Il tutto inserito nell'ambito di una società giovane e alfabetizzata. Moltissimi analisti scommettono sulle prospettive molto incoraggianti di questo Paese, chiamato dalla stampa tedesca il "Dragone Ascendente". Il cammino è certamente ancora lungo: il Vietnam sta attraversando una fase di grandi cambiamenti e come ogni processo di trasformazione non sempre avviene in modo indolore. Un investitore incauto potrebbe scottarsi le dita. Il Paese del Dragone si annovera ancora tra i parenti poveri delle ricche nazioni asiatiche e i divari sociali ed economici che permangono al suo interno rappresentano un rischio latente per la stabilità politica. Esso si trova, comunque, a uno stadio di sviluppo molto più avanzato rispetto a quello della Cina all’inizio degli anni ’90. Le basi ci sono: il sistema finanziario sta migliorando e pochi dubbi riguardano le serie intenzioni del Partito Comunista di intraprendere la strada dell'economia di mercato. La pensano così anche molti grandi investitori stranieri. Imprese come Intel, Microsoft, Nike, Ikea, Canon e Disney hanno scoperto il mercato del lavoro e dei consumatori del Vietnam, dove hanno fatto confluire nel 2006 investimenti diretti per oltre dieci miliardi di dollari. Nel 2007 il governo intende preparare oltre seicento aziende statali a una quotazione in borsa e si prevede che circa cento debbano effettivamente farvi ingresso. Tra queste potrebbero figurare banche commerciali come la Vietcombank e la BIDV Bank, la compagnia assicurativa Bao Viet Insurance e il gruppo di telecomunicazioni MobiFone. Entro il 2010 si prevede un raddoppio della capitalizzazione dei mercati azionari, attualmente pari a otto miliardi di dollari. Il Vietnam offre opportunità d'investimento molto solide nel lungo periodo. A medio - lungo termine l'export crescerà del 10-20% e il consumo privato continuerà ad aumentare. Nei prossimi dieci anni potremo probabilmente contare su una crescita annua del Prodotto Interno Lordo dell'8-9%. Per questi motivi nei prossimi 20-30 anni il Vietnam sarà dotato di tutti i beni, servizi e infrastrutture a noi già noti, in particolar modo di quelli che risulteranno più funzionali al suo sviluppo (specie competenze o know how), e che verranno esportati da imprese occidentali. Le classi dirigenti di questo Paese sono convinte, infatti, che si debba accettare per certi comparti produttivi una temporanea dipendenza dall'esterno, pur di conquistare una posizione di forza a livello mondiale in altri settori. Posizione competitiva per ulteriori spinte in avanti e per conseguire al tempo stesso la risorse valutarie indispensabili per far fronte al finanziamento delle esigenze più immediate di sviluppo economico. Le aziende straniere possono oggi decidere se insediarsi in loco e dedicarsi a produzioni per l'esportazione in Occidente, vendere nel mercato interno, o nei Paesi che fanno parte dell'AFTA con cui il Vietnam conta nel giro di pochi anni di eliminare le barriere doganali. Decisivo per il successo del Paese sarà in ultima analisi il comportamento del governo, che dovrà portare avanti con decisione le riforme per rinnovare il sistema giudiziario e quello amministrativo e garantire un maggior grado di certezza del diritto. Importante sarà anche la lotta alla corruzione, molto diffusa anche tra gli esponenti politici, che mette in pericolo la stessa sopravvivenza dell'indiscutibile Partito e ostacola la creazione di istituzioni e strutture amministrative affidabili. In questa corsa dell'Occidente alla modernizzazione del Vietnam e in generale dell'Asia, gli investimenti del nostro Paese risultano ancora piuttosto scarsi e questo per vari motivi. Bisogna considerare, infatti, che più del 95% delle imprese italiane sono piccole e medie imprese che difficilmente godono di risorse umane, finanziarie e dimensioni adeguate per poter affrontare con sufficienti garanzie i lontani mercati asiatici, se non associandosi. Gli imprenditori italiani preferiscono, infatti, di gran lunga i mercati dei Paesi Mediterranei o dell'Est Europeo. Infine, anche il "Sistema Paese" non agevola i trasferimenti di capitali perché non opera, come fanno per esempio gli altri maggiori Paesi Europei, in modo coordinato con la partecipazione di Banche, Istituzioni e Centri di Ricerca. Molto, comunque, si sta facendo per far conoscere agli imprenditori queste realtà tramite gli sportelli regionali per l'internazionalizzazione (SPRINT) e per far sì che siano agevolati sia nell’affrontare i problemi linguistici (tramite la consulenza con le autorità locali o con eventuali partner locali dell'Istituto Italiano per il Commercio Estero e l'assistenza di Ambasciata e Consolati) sia con quelli finanziari tramite aiuti e assicurazioni che condividono i rischi degli investimenti (Società Italiana per le Imprese all'Estero, SIMEST). Sembra questo, dunque, il momento giusto per investire in Vietnam. Considerata la stabilità politica, sociale e macroeconomica, la nuova tigre asiatica continuerà a crescere a ritmi elevatissimi nel medio periodo e in particolar modo nei prossimi anni, soprattutto per il recente accesso nel World Trade Organization che attirerà ulteriormente i capitali delle grandi compagnie di investimento internazionali. I vantaggi maggiori andranno a chi per primo si avvicinerà a questo mercato, a chi saprà osare, conscio dei rischi, ma anche delle opportunità. BIBLIOGRAFIA Monografie e Studi - AA.VV., Le Vietnam en bref, Hanoi, 1971, (trad.it. Il Vietnam: storia,economia, politica, Editori riuniti, Roma, 1974). - AA.VV., Vietnam Business Forum, Atti dei convegni, 13 dicembre 2006, Hanoi. - ASEAN, The advancement of women in ASEAN: a regional report, Jakarta 1996. - M. 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www.hiddenhanoi.com − www.traveltovietnam.com − www.vietnamhotels.net − www.vietnamtourism.com − www.wttc.org (World Trade and Tourism Council) ▪ Università e college − www.hsb.edu.vn (Hanoi School of Business) − www.hufs.edu.vn/english (Università di Hanoi per studenti stranieri) ▪ Varie − www.arts.uwaterloo.ca/-vecon/index.html (Vietnam Economic Network) − www.baoviet.com.vn (Società vietnamita d'Assicurazioni) − www.bvom.com (Business Vietnam Open Market) − www.fias.net (Foreign investment advisory service) − www.gpc.vnn.vn (Compagnia di servizi telefonici vietnamiti) − www.gso.gov.vn (General Statistical Office) − www.marinahanoi.com (Compagnia di Trasporti Marittimi, Hanoi) − www.mobifone.com.vn (Telecom Vietnam telefonia mobile) − www.petrolimex.com.vn (Compagnia petrolifera nazionale) − www.rescovn.com (Società Immobiliare, Saigon) − http://sedec.onestop.net/index.html (Vietnam Socio Economic Developmente Research Centre) − http://usembassy.state.gov/vietnam (Ambasciata 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Interviste condotte in Vietnam − C. Anzon, console onorario ad Ho Chi Minh City, imprenditore, marzo 2007. − M. Barattino, General Manager, ASCO Vietnam, gruppo ASCO International Travel, marzo 2007. − M. Bartoli, Gruppo Merloni Termosanitari S.p.a., marzo 2007. − F. Brassesco, Gruppo InterGlobo Queirolo, marzo 2007. − M. De Montis, dirigente società Alpi Vietnam, gruppo Albini e Pitigliani, marzo 2007. − C. Gargiullo, imprenditore/ristoratore, marzo 2007. − M. Magni, Gruppo Perfetti, marzo 2007. − M. Saladini, direttore ufficio ICE, Ho Chi Minh City, marzo 2007. − A. Tesei, imprenditore settore tessile, marzo 2007. − C. Tesei, imprenditore tessile, marzo 2007.