Investimenti e internazionalizzazione delle imprese [file

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Investimenti e internazionalizzazione delle imprese [file
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI
INTERNAZIONALI
INVESTIMENTI
E INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE
IMPRESE IL CASO VIETNAM
Relatore:
laurea di:
Prof. Annamaria Baldussi
Mario Boi
Tesi di
Anno accademico 2005-2006
INTRODUZIONE
……………………………………………...…...……………………………7
1. DALL’INDIPENDENZA AL 1975
…………...……..………………………………….....11
1.1. Il Vietnam del nord: un’economia pianificata
...………….…………………………......12
1.2. Vietnam del sud: un enorme mercato nero
……….…………………..………….………14
2. LA RIUNIFICAZIONE DI DUE SISTEMI ECONOMICI DIFFERENTI
.....…….17
2.1. 1979-1981: un piano fallito e l’inizio delle riforme
…………………...………………….19
2.2. 1982-1985: un periodo di ripensamenti
…………………………………………………..20
2.3. Doi Moi: l’economia di mercato a guida socialista e l’avvio delle riforme
..…...………20
2.4. 1987-1988: la decollettivizzazione
………………………………………………...............21
2.5. 1989-1991: la stabilizzazione
………………………………………………………………22
2.6. 1992-1996: l’età dell’oro
…………………………………………………………...………24
2.7. 1997-1999: la crisi asiatica e il duro risveglio
…………………………………………….29
2.8. Le conseguenze sociali e politiche della grande crisi
…………………………………….31
2.8.1. Le principali questioni economiche ancora irrisolte
……………………………………34
2.9. Analisi dei settori trainanti dell’economia
vietnamita…………………………………...37
2.10. Il Vietnam nel mondo: relazioni differenziate; normalizzazione e cooperazione
.............con gli ex nemici
………………………………………………………………………….41
2.10.1. Il peso delle vicende indocinese
.....................................................................................43
2.10.2. La ripresa dei rapporti con i “fratelli” di un tempo
.......................................................45
2.10.3. L’ASEAN
......................................................................................................................46
3. ANALISI DELLA SOCIETA’
…………..……………………………………………........51
3.1. Cause di povertà
…………………………………………………………………...............52
3.2.Contraccolpi negativi dello sviluppo: la disparità di reddito e l'urbanizzazione
incontrollata
……………………………………………………………………………...…53
3.3. La lotta contro la povertà: i risultati positivi delle riforme economiche
.........................55
3.4. I vizi sociali
…………..………………………………………………………………..……57
3.5. Una società in trasformazione: l'eredità del confucianesimo
…………………...………58
3.6. Popolazione e famiglia
……………………………………………………………………..60
3.7. Le minoranze etniche
……………………………………………………………………...62
3.8. Il ruolo della donna
………………………………………………………………………...64
3.9. La sfera religiosa
…………………………………………………………………………...65
3.10. Lo stile di vita
……………………………………………………………………………..67
4. IL VIETNAM VERSO IL FUTURO: PROBLEMI E SFIDE PER IL NUOVO
MILLENNIO
………………………………………………...…………………………...……71
4.1. Fornire la canna da pesca
………...……………………………………………………….71
4.2. La politica: un argomento controverso
…………………………………………………..73
4.3. Le contraddizioni dell'identità nel mondo attuale: l'apertura all'esterno
……………..77
4.4. Speranze e timori per l'avvenire
………………………………………………………….80
5. INVESTIMENTI ESTERI IN VIETNAM
……………………………………………...83
5.1. Localizzazione degli investimenti
........................................................................................92
5.2. L'import
.................................................................................................................................95
5.3. L'export
.................................................................................................................................96
5.4. Investimenti esteri, sistema societario e forme di investimento
.......................................97
5.4.1. Joint Venture Enterprise (J.V.E.)
....................................................................................98
5.4.2. Impresa al 100% estera (F.O.E.)
....................................................................................99
5.4.3. Contratto di cooperazione d'affari
...............................................................................100
5.4.4. Restrizioni e incentivi
...................................................................................................100
5.4.5. Licenza di investimento e procedure per l'approvazione di un progetto di
………………..investimento
……………………………………………………………………………….101
5.4.6. La normativa sul lavoro
...............................................................................................103
5.4.7. Diritti d'uso sul suolo
...................................................................................................103
5.5. Il sistema fiscale
.................................................................................................................104
5.5.1. Imposta sul reddito delle persone fisiche
.....................................................................104
5.5.2.Imposta sul reddito delle persone giuridiche
...............................................................104
5.5.3. Imposta sul Valore Aggiunto
......................................................................................105
5.5.4. Imposte varie
.............................................................................................................105
5.5.5. Accordo sulla doppia imposizione
...............................................................................107
5.5.6 Trattamento fiscale per le imprese straniere non registrate
.........................................108
5.6. Previsioni
........................................................................................................................108
6. UNDICI GENNAIO 2007: L'INGRESSO NEL WORLD TRADE
.......ORGANIZATION
……………………………………………………………………..…113
6.1. Vietnam Business Forum
.................................................................................................116
6.2.
Privatizzazioni...................................................................................................................117
7. ITALIA E VIETNAM
……………………………………..........………………………….119
7.1. Il ruolo dell'Italia
...............................................................................................................119
7.2. Istituto Italiano per il Commercio Estero
(ICE)..............................................................124
7.3. Il caso Merloni
...................................................................................................................126
7.4. Il caso Perfetti
....................................................................................................................127
7.5. Il settore turistico
...............................................................................................................129
7.6. Prospettive italiane in
Vietnam.........................................................................................132
CONCLUSIONI…………………………………………...............………..………………
…..135
BIBLIOGRAFIA
………………………………………………..........…………………139
INTRODUZIONE
“Ciò che si sta verificando in Asia è di gran lunga il più grande sviluppo del
mondo, la modernizzazione dell'Asia cambierà per sempre la struttura dell'economia
mondo”
John
Naisbitt
Scopo di questo lavoro è l’analisi del quadro attuale del Vietnam, partendo dal
sostrato socio-politico, attraverso una dettagliata analisi economica, con riferimento
particolare all'investimento di capitali internazionali, specie in relazione alla presenza
italiana. L’indagine vuole proporsi come guida agli investimenti in un paese
caratterizzato da un’economia in pieno boom, in cui nel 2006 la crescita ha toccato
l’8,2%, gli investimenti stranieri sono calcolati dell'ordine di 10,2 miliardi di dollari e
si prevede che il 2007 sia il diciassettesimo anno consecutivo di crescita industriale a
due cifre. Il Vietnam ha il tasso di crescita più alto del mondo dopo la Cina, merito di
diversi fattori: le riforme politiche del doi moi del 1986; la crescita degli investimenti
esteri, assistiti e appoggiati dallo Stato a guida comunista; la crescita delle
esportazioni; il passaggio da un’economia centralizzata ad un’economia caratterizzata
da liberalismo e progresso industriale; l'aumento del numero di aziende private; la
sempre maggiore apertura all’esterno culminata con il recente ingresso del Vietnam
nel World Trade Organization (WTO).
Fondamentale per lo sviluppo è l’alto tasso di alfabetizzazione, che raggiunge
livelli di poco inferiori alla media dei paesi occidentali, nonché la presenza di una
popolazione molto giovane in cui più del 40% ha meno di diciotto anni e più del 60%
ha meno di ventisette anni.
A partire dagli anni ’40, nonostante le continue guerre, prima contro i francesi
e poi contro gli americani, che assorbivano la maggior parte delle risorse e delle
energie del paese, furono poste le basi per la formazione di quella popolazione
istruita, civile e progredita che è il vanto e il maggiore capitale del Vietnam di oggi e
che rappresenta una chiave di lettura fondamentale ai fini della comprensione del
“miracolo vietnamita”.
Il Vietnam, inoltre, è ricco di risorse naturali, in particolare di petrolio grezzo,
che rappresenta la maggiore esportazione, sebbene la benzina sia per lo più di
importazione. Parallelamente è il secondo esportatore di riso e caffè al mondo. Il
recente accesso all’WTO, formalizzato l'11 gennaio del 2007 e fortemente enfatizzato
dalle autorità vietnamite, è di fondamentale importanza per garantire una crescita
duratura e una sempre maggiore integrazione nell'economia mondo.
I vietnamiti sono estremamente patriottici e dispongono di uno spirito
imprenditoriale molto pronunciato: duro lavoro e determinazione sono elementi
caratteristici dell’identità nazionale.
La conoscenza attenta e accurata della società è il punto di partenza
imprescindibile per qualsiasi investitore che scelga di destinare i propri capitali
all’estero. E ciò vale, in particolar modo, per il vivace mercato vietnamita: l’indagine
economica da sola non sarebbe sufficiente a rendere conto di una situazione che va
analizzata sotto molteplici aspetti. Un popolo duramente provato, in un passato
recente, da una lunga guerra, il quale vive nella storia mondiale il proprio momento di
cruciale sviluppo, una “rivoluzione psicologica” inarrestabile scoppiata in tutta l'Asia
orientale.
“La più importante delle forze profonde che agisce nei Paesi dell'Est asiatico è la
crescente consapevolezza degli asiatici orientali che nella storia è giunto il loro
momento, che possono finalmente unirsi alla lega delle società sviluppate. Per un
europeo o un nord americano è difficile capire l'importanza della rivoluzione
psicologica in atto nell'Asia orientale perché non possono entrare nella mentalità
asiatica. Le loro menti non sono mai state imbavagliate dal colonialismo. Non hanno
mai combattuto contro la convinzione inconscia di essere uomini di seconda classe,
mai abbastanza bravi da diventare il numero uno. La crescente consapevolezza che
gli asiatici dell'est possano fare qualsiasi cosa altrettanto bene, se non meglio, di
altre culture, ha portato ad un'esplosione di fiducia. Questa fiducia è incoraggiata
dalla constatazione che il tempo necessario per raggiungere il mondo sviluppato si
stia accorciando.”
K.
Mahbubani
Per l’investitore è fondamentale la conoscenza della cultura e dei costumi
locali, motivo per cui nella nostra ricerca si è scelto di dedicare grande attenzione
all'analisi della società in tutti i suoi aspetti, in quanto un’impresa estera che decida di
internazionalizzarsi in Vietnam diventa di fatto un’impresa vietnamita, pur gestita in
alcuni casi da stranieri, sia nel caso in cui decida di esportare il proprio prodotto e sia
soprattutto nel caso in cui decida di vendere il prodotto nel mercato interno.
Partendo dalla storia e dalla analisi delle condizioni del paese nel dopoguerra,
si è considerato il complesso di valori socio-culturali e le aspettative che permeano e
motivano il comportamento della popolazione.
Un paese che vive un momento di transizione, che passa da condizioni di
estrema povertà a condizioni di crescita inarrestabile, in cui appaiono di fondamentale
importanza gli investimenti esteri, che forniscono il paese di capitali, ma anche delle
tecniche e delle tecnologie sviluppate in occidente indispensabili per progredire in
maniera rapida. D'altro canto, per le sature economie occidentali la delocalizzazione
delle imprese e l'investimento dei capitali in Asia non è che una grande opportunità,
oltreché necessaria, dovuta al sempre maggior e temibile grado di capacità
competitiva. Nessuna grande impresa capitalistica può ormai sottrarsi alla necessità di
operare scelte di forte coinvolgimento produttivo nei nuovi ed estesi mercati in forte
crescita degli emergenti Paesi asiatici. Ciò al fine di continuare a crescere e a
competere a livello mondiale, sia dal punto di vista del consolidamento economico,
sia dal punto di vista dell'aumento della produzione, in un'area del mondo in cui vive
circa la metà della popolazione totale e in cui è in atto la più importante e fulminea
rivoluzione economica che si sia mai vista nella storia. Ciò deriva anche dal fatto che
si è fortemente accentuata la concorrenza tra le imprese del mondo capitalistico, per
cui appare necessario indirizzare gli investimenti in tali Paesi, a fronte di mercati
nazionali caratterizzati da fenomeni di saturazione nella domanda di beni e servizi. Il
decentramento produttivo nei mercati emergenti, specie asiatici, sta diventando una
questione essenziale per l'avvenire delle grandi compagnie multinazionali e, più in
generale, per i sistemi capitalistici. Il destino delle imprese occidentali dipenderà non
poco dalla sfida che proviene dal mercato asiatico. Sfida che a sua volta dipenderà
anche dalla capacità e abilità delle multinazionali non solo di esprimersi con nuove
modalità organizzative, ma anche con rinnovate strategie nei diversi contesti socioculturali ed istituzionali del mondo asiatico. La conoscenza del sostrato politicosocio-culturale è fondamentale: perciò appaiono più adeguate, soprattutto in fase
iniziale, forme di intesa e accordi di cooperazione (joint venture, ad esempio) con le
imprese locali.
Il prossimo futuro non sarà dell'impresa internazionalizzata sradicata dai
contesti nazionali, ma, al contrario, di quella consapevolmente multiradicata.
Un'impresa che non tanto miri ad adattarsi ai differenti contesti dell'economia globale
nei quali opera, ma piuttosto tenda a coinvolgersi nei medesimi, valorizzandone le
forze produttive, superando la logica di tipo "coloniale" che ha a lungo caratterizzato
le relazioni internazionali.
Non più soltanto impianti e macchine pronti per l'uso, ma sempre più progetti,
disegni, conoscenze immateriali che richiedono di essere applicati a specifici obiettivi
locali. Sono le specifiche condizioni culturali e sociali di ciascun paese a
rappresentare le risorse peculiari nelle quali si deve radicare lo sviluppo economico
delle imprese straniere. Il segreto del successo sta nell'impiego delle risorse locali
(specie le risorse umane). Solo così si può riuscire a produrre in modo più efficace ed
efficiente. Ciò che conta è come si riesce a conseguire la disponibilità del capitale
umano e la sua continua formazione ed aggiornamento.
"L'economia di domani, è ormai evidente sarà un'economia dell'immaginazione, delle
idee. Dove la scommessa si vince o si perde se si è capaci di mobilitare energie
intellettuali e talenti. Le nazioni che riusciranno a competere saranno quelle che
investiranno nell'intelligenza e nell'immaginazione"
J. Lang
Da ultimo, si sono considerate le relazioni economiche tra Italia e Vietnam,
che nel quadro generale degli investimenti esteri appaiono quantitativamente scarse,
ma che sono in costante crescita e che rappresentano per il nostro Paese flussi
importanti, in un paese, il Vietnam, caratterizzato da un'economia dinamica.
1. DALL’INDIPENDENZA AL 1975
Fig. 1. Posizione del Vietnam nel mondo.
Nel 1954 ebbe termine il colonialismo francese in Vietnam con la vittoria di
Dien Bien Phu e, in base agli accordi di Ginevra, il paese venne suddiviso al
diciassettesimo parallelo. In seguito il governo del sud, guidato da Ngo Dinh Diem e
appoggiato dagli Stati Uniti, rigettò di fatto gli accordi: ne scaturì un sanguinoso
conflitto che durò per un ventennio (1954-1975). All’epoca il Prodotto Nazionale
Lordo (PNL) del sud era il doppio rispetto a quello del nord con delle differenze
strutturali molto evidenti: il nord aveva adottato un modello economico filo-sovietico
in contrapposizione al filo-americano sud.
1.1. Il Vietnam del nord: un’economia pianificata
Fig. 2. Il Vietnam del Nord.
Il nord, Repubblica Democratica del Vietnam, guidato dal Partito del Lavoro
(Lao Dong) e dal presidente Ho Chi Minh, adottò un modello di economia
centralizzata sull’esempio dell’Unione Sovietica con la relativa collettivizzazione e
creazione di fattorie di stato e cooperative agricole; nel 1958 si verificò anche la
nazionalizzazione delle aziende private. Sempre nel 1958 iniziò la pianificazione con
un primo piano quinquennale che puntava a una rapida industrializzazione del paese,
in particolare nel campo dell’industria pesante e del settore energetico (carbone ed
elettricità) con l’agricoltura che era considerata al servizio dell’industria. In seguito
all’intensificarsi dello sforzo bellico e dei bombardamenti americani la questione
economica perse rilevanza e la collettivizzazione si arrestò, se non addirittura arretrò,
a favore di una, seppur limitata, liberalizzazione.
Il primo ventennio di pianificazione economica non diede risultati positivi: la
produzione industriale ristagnava, i prezzi sul mercato parallelo erano superiori a
quelli del sistema distributivo statale e i contadini si dedicavano soprattutto alla
coltivazione del piccolo appezzamento “privato” che erano autorizzati a mantenere
(Tab.1). Tutto ciò creò pressioni inflazionistiche e ingiustizie sociali. Questi risultati
furono il frutto e dell’influenza sovietica e dello sforzo bellico contro la potentissima
macchina militare americana. D’altro canto, durante tutto il periodo di guerra la
Repubblica democratica del Vietnam ricevette cospicui aiuti da parte dell’Unione
Sovietica, dei paesi del COMECON (Consiglio di mutua assistenza economica tra i
paesi dell'Europa orientale) e della Repubblica Popolare Cinese. Tali aiuti
costituivano un indispensabile sostegno in una situazione di conflitto, offrendo uno
sbocco alle fabbriche vietnamite, borse di studio a migliaia di tecnici, ingegneri,
medici, scienziati e artisti per la loro formazione in Europa orientale e in Cina e, oltre
a ciò, le rimesse dei lavoratori vietnamiti in Europa orientale costituirono il capitale
iniziale su cui furono poi fondate imprese e attività di successo.
Tab. 1. Superficie media pro - capite posseduta nel Vietnam del Nord dalle varie
classi di conduttori (in metri quadrati).
Prima del 1945
Dopo la riforma agraria
Proprietari terrieri
10.980
730
Contadini ricchi
4.200
1.720
Contadini medi
1.450
1.710
Contadini poveri
472
1.390
Contadini senza terra
112
1.370
Fonti: Statistical Yearbook of the Democratic Republic of Vietnam.
1.2. Vietnam del sud: un enorme mercato nero
Fig. 3. Il Vietnam del Sud.
Nel 1954 il Vietnam del sud aveva sviluppato un’industria di base soprattutto
nel settore agro-alimentare, oltre che in quello tessile e della carta, nonché di
produzioni pregiate quali la gomma. In particolare, la produzione di riso risultava
sufficiente al fabbisogno della popolazione. Solo nel 1970 nell’estremo tentativo di
attirare le simpatie della popolazione rurale che appoggiava in massa le operazioni dei
Vietcong, il governo tentò, anche sotto la pressione americana, una tardiva riforma
agraria che prevedeva la distribuzione delle terre agli affittuari. Nel ventennio fino al
1975 la produzione agricola subì un declino in termini pro-capite soprattutto per
quanto riguarda il caucciù e il riso, in precedenza settore trainante, e dal 1965 in poi
addirittura merce di importazione.
Il governo Diem decise di favorire la produzione di beni di consumo correnti e
durevoli: fu avviata la costruzione di infrastrutture a scopi civili o militari; fu
incrementata la produzione di tessuti, di materiali chimici, soprattutto insetticidi, di
plastica, di carta e di batterie. Anche la produzione della birra e del tabacco
registrarono una notevolissima crescita, connessa alla presenza dei soldati americani.
Mentre il settore dell’industria agro-alimentare di base e della gomma registrarono
una crescita modesta o addirittura un decremento.
I servizi costituivano la principale risorsa del sud, superiore alla metà del
prodotto nazionale. In particolare il commercio, legato innanzitutto alla comunità
cinese nel quartiere di Cho Lon di Saigon. Molte famiglie della borghesia
compradora, etnicamente cinesi, esercitavano un monopolio di fatto sulla
distribuzione all’ingrosso delle merci, controllandone l’offerta e i prezzi. Numerosi di
essi appartenevano alla minoranza cattolica. Durante tutto questo periodo l’economia
aveva subito una sostanziale stagnazione.
Il terziario fu alimentato anche dall’ingrossamento delle file dei militari e
impiegati pubblici, spesso al servizio di istituzioni americane civili e militari.
Tuttavia questi servizi generavano nella maggior parte dei casi un reddito
effimero, legato all’economia di guerra e alla presenza americana. D’altro canto si
verificò un vertiginoso incremento di fenomeni quali il commercio della droga,
prostituzione e contrabbando, transazioni di mercato nero, corruzione e traffici illegali
di vario genere. Gli squilibri del sistema economico e sociale furono accentuati
dall’inurbamento disordinato: sotto la spinta dei rastrellamenti e dei bombardamenti,
milioni di abitanti dei villaggi abbandonarono le campagne e la produzione agricola,
inserendosi nel precario sistema economico e spesso nell’economia sommersa della
città. La percentuale della popolazione urbana raggiunse il 45%, anche in seguito alle
operazioni militari americane volte a svuotare le aree sospettate di connivenza con la
guerriglia, con la popolazione costretta a vivere nei cosiddetti “villaggi strategici”,
controllati dai militari americani o sud-vietnamiti. Le campagne erano sottoposte a
bombardamenti a tappeto con defoglianti, armi chimiche di vario genere e bombe
incendiarie. Inoltre, l’amministrazione non varò politiche sociali quali una campagna
d’alfabetizzazione di massa o di lotta alla disoccupazione. Alla fine della guerra, un
quarto della popolazione meridionale era analfabeta, con punte più elevate nelle
province del delta del Mekong, oggigiorno una delle aree più sviluppate del paese. La
caratteristica più stonata del sistema economico sud-vietnamita era l’esistenza di uno
spaventoso deficit della bilancia commerciale, il triplo del Prodotto Nazionale Lordo
nel 1974, dovuto alle importazioni di beni di consumo durevoli e correnti, materie
prime e anche prodotti agricoli di base precedentemente provenienti dall’interno del
paese. Tale deficit poteva essere finanziato solo grazie ai massicci aiuti americani.
Un’economia, dunque, artificiale e parassitaria che crollò con la cessazione degli aiuti,
a seguito degli accordi di Parigi del 1973 tra Stati Uniti e Repubblica Democratica del
Vietnam (Tab. 2).
In questo primo capitolo si è scelto di dare riferimenti generali della storia recente del
Vietnam (l'indipendenza, la guerra contro i francesi e quella contro gli americani). Si
passa ora ad un'analisi politico–economico-sociale del Paese che, seppure duramente
provato, è sempre più determinato a lottare e crescere nel lungo cammino che lo sta
conducendo alla moderna realtà globalizzata, facendolo diventare uno dei fiori
all'occhiello dell'Asia.
Tab. 2. Struttura della produzione nel 1975.
Nord (Pmn)
Agricoltura
29%
Industria
40%
Servizi
17,5%
Costruzioni
13,5%
Sud (Pnl)
34%
5%
60%
1%
Fonte: Marie Sybille de Vienne, «L’economie du Vietnam (1955-1995)».
2. LA RIUNIFICAZIONE DI DUE SISTEMI ECONOMICI DIFFERENTI
Terminata la guerra, le autorità del nord si trovarono di fronte il problema
della riunificazione politica, sociale ed economica di un paese frammentato dalla
guerra e afflitto da vari problemi. Le infrastrutture tanto al nord quanto al sud erano
state distrutte; le perdite umane erano state consistenti: al nord circa un milione tra
soldati e partigiani, al sud circa duecentomila soldati mentre le vittime civili circa due
milioni. Nel sud venivano inoltre a mancare, a seguito della repressione adottata dalle
autorità su suggerimento dei servizi segreti americani, i quadri amministrativi della
guerriglia che privarono le autorità del Nord del personale essenziale per il controllo
del territorio, della popolazione e dell’economia. Ancora, al sud era necessario
reintegrare circa due milioni di persone che avevano tratto sostentamento dalla
presenza dei militari americani o erano stati impiegati a ogni livello
nell’amministrazione del regime di Saigon. Se pure la temuta rappresaglia nei loro
confronti da parte delle truppe di Hanoi non si verificò, le nuove autorità diffidavano
di questa potenziale fonte di disordini e resistenza interna e applicarono per alcuni
anni misure punitive di vario genere.
Ci si ritrovò, dunque, davanti alla necessità di unificare due sistemi totalmente
diversi che dovevano imparare inevitabilmente a convivere. Si decise così di adottare
nell’intero territorio un unico modello economico, quello dei vincitori, anche per
superare qualsiasi differenza anche dal punto di vista del sentimento popolare. Ne
conseguì la necessità di integrare un sistema socialista ad economia pianificata basato
sulla produzione industriale pesante con un sistema capitalista basato sull’industria
leggera. Il modello collettivista del nord fu applicato nella sua versione più rigida che
prevedeva l’abolizione totale di ogni residuo di attività privata.
A seguito delle elezioni del 25 aprile 1975 l’Assemblea Nazionale del
Vietnam riunificato proclamò la Repubblica Socialista del Vietnam con capitale
Hanoi e dichiarò in vigore la costituzione già adottata dalla Repubblica Democratica
del Vietnam in attesa di adottarne una nuova. Anche il nuovo governo, salvo
l’inclusione di esponenti del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), rispecchiava
sostanzialmente quello precedente alla riunificazione. Nello stesso anno il Partito del
Lavoro assunse il nome di Partito Comunista Vietnamita nell’ambito del Quarto
Congresso del partito, durante il quale fu approvato il secondo piano quinquennale
che prevedeva un’industria pesante concentrata al nord, mentre il sud avrebbe
mantenuto la vocazione all’industria leggera e all’agricoltura. La collettivizzazione
del sud fu attuata tramite la nazionalizzazione delle attività commerciali. Nel 1978 le
autorità dichiararono illegale il commercio privato, e condussero improvvisamente
un’operazione nel quartiere Cho Lon, il quartiere cinese di Saigon cuore delle attività
commerciali, nazionalizzando tutte le merci presenti nei negozi. Circa 30.000 famiglie
di origine cinese si ritrovarono improvvisamente senza risorse né occupazione. Anche
a seguito delle tensioni tra Vietnam e Cina l’unica soluzione possibile, con il consenso
delle autorità vietnamite, fu l’emigrazione, che privò il paese di capitale e di
esperienza economica. In un primo momento molti lo fecero legalmente, in seguito,
con il montare delle tensioni tra i due paesi, in modo illegale e precario: il noto
fenomeno dei boat people.
Inoltre nel 1978 i depositi bancari furono congelati e i titolari di conto corrente
autorizzati a prelevare solo un ammontare limitato di denaro; una successiva riforma
annullava definitivamente i depositi di migliaia di famiglie capitaliste, ma anche di
ceto medio.
Nel 1976, in terreni abbandonati o devastati durante la guerra o in terreni di
nuovo sfruttamento, furono create le NEZ, “Nuove Zone Economiche”. Lo scopo era
quello di riformare la società meridionale: queste aree avrebbero accolto migliaia di
disoccupati del sud oltre ad una parte di popolazione urbana che era stata legata al
vecchio regime e decine di migliaia di contadini provenienti dalle zone
sovrappopolate del nord (come il delta del fiume Rosso). In questo modo fu
incrementata la produzione di riso e di altri beni agricoli, provvedendo al
sostentamento della popolazione, al rifornimento dell’industria e all’esportazione.
L’obiettivo era anche quello di “rieducare” i contadini del sud. Tra l'altro circa 94.000
persone tra ufficiali dell’esercito e alti funzionari del defunto regime furono internati
in campi di rieducazione.
2.1. 1979-1981: un piano fallito e l’inizio delle riforme
Il piano quinquennale varato dal Quarto Congresso del Partito Comunista si
risolse in un completo fallimento, molto lontano dalle previsioni di crescita troppo
ottimistiche e assolutamente fuori dalla portata di una nazione appena uscita da una
guerra devastante. Per di più ulteriori eventi bellici, come l’intervento in Cambogia
nel 1978-1979, il conseguente conflitto di frontiera con la Cina e l’embargo
internazionale (irrigiditosi in seguito agli eventi cambogiani), prima distrussero e poi
impedirono la ricostruzione del tessuto infrastrutturale e industriale del paese,
assorbendo gran parte delle risorse finanziarie e umane disponibili.
Il settore industriale registrò una modestissima crescita, mentre quello
alimentare rallentò, costringendo il paese ad aumentare le importazioni di riso. Si
verificarono, infatti, negli anni 1977 e 1978 condizioni climatiche eccezionalmente
sfavorevoli che portarono alla distruzione di una parte consistente dei raccolti.
Nel 1979, davanti a una crisi economica ormai evidente, il partito comunista
decise di varare una moderata riforma. Si sviluppò un tentativo di dare la priorità alla
produttività rispetto alla collettivizzazione dando così più spazio all’iniziativa delle
autorità locali: per esempio, a Ho Chi Minh City fu permessa la ripresa di piccole
attività imprenditoriali private, anche se non ancora esplicitamente autorizzate dalla
legge. In alcune cooperative agricole furono introdotti dei contratti che permettevano
ai contadini di consegnare allo stato una quantità prefissata di prodotto, disponendo
liberamente dell’eccesso.
Nel 1980 fu promulgata la nuova Costituzione, che affermava il ruolo guida
del Partito Comunista. Il ruolo di gestione spettava allo stato mentre quello di
“padronanza” al popolo. In campo economico fu ribadita la scelta collettivista e di
pianificazione centralizzata. Le riforme proseguirono, comunque, nel 1981, con
l’estensione a tutto il paese del sistema di contratti agricoli, in parallelo a quanto
avveniva con grande successo in Cina, e l’introduzione nell’industria del sistema dei
“tre piani”, in base al quale si riconoscevano tre livelli di pianificazione: le imprese
una volta raggiunti gli obiettivi stipulati dal piano erano autorizzate a vendere
l’eccedenza per acquistare nuove materie prime, e infine a produrre e
commercializzare liberamente “piccole produzioni collaterali”. La riforma, che non
faceva altro che riconoscere una pratica che si stava instaurando, ebbe effetti positivi
sulla crescita industriale. Venne anche introdotta una prima parziale revisione del
sistema dei prezzi, al fine di avvicinare i prezzi stabiliti dal piano a quelli prevalenti
sul mercato libero. Infine il commercio estero fu parzialmente liberalizzato. Queste
riforme contribuirono anche ad incrementare l’inflazione che già nel 1981 era
prossima al 170%.
2.2. 1982-1985: un periodo di ripensamenti
Nel 1982 ebbe luogo il Quinto Congresso del Partito Comunista: ne scaturì un
periodo di ripensamenti, con la riaffermazione della trasformazione socialista del
paese, con la ripresa della collettivizzazione agricola, specie nel delta del Mekong, e
un giro di vite nei confronti della piccola imprenditoria privata che stava risorgendo
nei centri urbani. La decentralizzazione del commercio estero fu revocata con la
chiusura di alcune imprese commerciali soprattutto a Ho Chi Minh City. Si tentò
comunque di raggiungere un equilibrio macroeconomico spostando le energie dallo
sviluppo dell’industria pesante all’agricoltura e alla produzione di beni di consumo.
Parallelamente si verificò la creazione di piccole e medie imprese, che di fatto erano
imprese statali da cui si escludeva l’attività privata. Questi timidi tentativi di una linea
economica, seppure poco, aperta alle novità costituirono una base per la successiva
liberalizzazione che, sebbene lentamente, veniva avviata. Così nel periodo tra il 1982
e il 1985 si assistette a una fase piuttosto altalenante in cui elementi di apertura, quale
la decisione di rimandare “temporaneamente” l’abolizione totale del commercio
privato, si alternavano, spesso sovrapponendosi, ad azioni restrittive. Questa
ambiguità nelle riforme è spiegabile considerando la complessa esperienza storica dei
dirigenti del Partito Comunista e la natura collegiale del processo decisionale che
aspira in primis al consenso e all’unanimità pur in presenza di opinioni molto
discordanti, caratteristica peculiare delle classi dirigenti tradizionali dell’Asia
orientale.
Dopo un triennio caratterizzato da incertezze, nel 1985 la politica di riforme
riprese con maggior vigore: punti cardine furono la storica liberalizzazione dei prezzi
e la riforma dei salari, che si basavano, in linea di principio, sulle leggi del libero
mercato. Inoltre, veniva abolito il finanziamento automatico delle perdite delle
aziende tramite il bilancio statale. Di fatto si trattò solamente di un lento decollo delle
riforme: furono liberalizzati unicamente i prezzi di alcuni prodotti e mantenuti diversi
ordini di sussidi in maniera abbastanza capillare. L’inflazione raggiunse un livello
pari al 700%.
2.3. Doi Moi: l’economia di mercato a guida socialista e l’avvio delle riforme
Nel dicembre del 1986 si tenne il Sesto Congresso del Partito Comunista, che
lasciò intuire grandi novità a cominciare dalla composizione del nuovo Comitato
Centrale e del Politburo. Il riformatore Nguyen Van Linh fu eletto segretario generale.
Nel considerare la possibilità dell’introduzione di un nuovo corso economico, le
autorità vietnamite furono influenzate dal successo delle riforme avviate in Cina da
Deng Xiaoping e dall’avvio della Perestroika in URSS. Non si trattò certo di un
cambiamento da big bang sovietico: l’approccio vietnamita è avvenuto in qualche
modo con gradualità, soprattutto quando il progresso ha portato inevitabili
conseguenze sociali. Si è cercato di conservare un certo livello di “tradizionalismo”. Il
congresso manifestò una severa autocritica delle precedenti riforme economiche, in
particolare nei confronti del sistema centralizzato e avviò prontamente il nuovo corso
chiamato Doi Moi che significa “Rinnovamento”:
finalmente le aziende private
furono legalizzate e legittimate, alle imprese di stato fu accordata una maggiore
autonomia, il sistema di pianificazione statale e sovvenzioni fu gradualmente
rigettato. Il nuovo corso individuava come obiettivi fondamentali la crescita delle
esportazioni e la difesa dell’industria nazionale, al fine di raggiungere la stabilità
macroeconomica e l’equilibrio della bilancia commerciale. Le priorità furono date allo
sviluppo dell’agricoltura e della produzione di beni di consumo, ponendo in secondo
piano l’industria pesante. L’apertura coinvolse anche la sfera politica, gettando le basi
per la costruzione di uno stato di diritto, in cui la legge regolamentasse la vita dei
cittadini al di sopra di ogni istituzione. Così gli organismi legislativi eletti dal popolo
come l’assemblea nazionale videro gradualmente crescere la loro centralità. Il
Vietnam poteva ormai concentrasi sulla crescita economica, lasciandosi alle spalle i
sacrifici dei tempi di guerra.
2.4. 1987-1988: la decollettivizzazione
L’anno 1987 cominciò con il varo di un “Codice degli Investimenti”, che
regolamentava l’afflusso d’investimenti diretti esteri provenienti anche dai paesi
capitalisti del “blocco occidentale”, attraverso una accorta politica di incentivi fiscali
a favore degli investitori. Inoltre, Fu istituito il “Comitato Statale per la Cooperazione
e l’Investimento” (SCCI), organo responsabile della gestione e esecuzione dei progetti
di investimento diretti esteri. Infine, ed infine fu promulgata la Legge sulle tariffe di
importazione ed esportazione dei beni commerciali, che stabiliva l’abolizione della
maggior parte di quote nel commercio internazionale con tariffe comprese tra il 5 e il
10%.
Nel 1988 fu avviata la decollettivizzazione, a partire dal settore agricolo: fu permessa
l’assegnazione del terreno ai contadini e alle cooperative fu concesso di usufruire
liberamente di almeno il 40% della produzione. Furono autorizzate esplicitamente la
piccola impresa familiare e l’impresa privata, garantendo i diritti di proprietà di enti e
cittadini in questi settori. Furono riconosciuti alle imprese private tutti i diritti propri
del libero mercato: diritto al profitto, all’assunzione di lavoratori, all’acquisto di
materie prime, alla cooperazione economica con altre unità commerciali o produttive,
alle operazioni bancarie e così via. Solo pochi settori considerati strategici restarono
chiusi all’imprenditoria privata, mentre altri erano sottoposti a particolari restrizioni o
regolamentazioni. Le imprese ebbero l’abilitazione all’esercizio diretto del commercio
estero ed a trattenere parte della valuta estera guadagnata; anche se tali pratiche non
erano specificate nella legislazione, generando notevole confusione.
Sempre nel 1988 ci fu la riforma del sistema bancario: furono create banche
commerciali che operavano in maniera autonoma, senza alcun legame con la banca
centrale, superando così il sistema monobanca, tipico delle economie pianificate. Tali
riforme rappresentarono il necessario punto di partenza ai fini del raggiungimento di
un sistema economico di mercato. Tuttavia determinarono anche un’inflazione
galoppante e un grave deficit pubblico e di bilancia commerciale che raggiunse il 10%
del PIL. Come avveniva in Cina, i prezzi artificialmente bassi sul mercato ufficiale
causarono alle imprese di stato notevoli perdite, finanziate attraverso sussidi statali
della Banca centrale. Il valore del dong, la moneta vietnamita, sul mercato nero crollò,
mentre il valore ufficiale restò sopravvalutato causando una perdita di competitività.
Le difficoltà, inoltre, aumentarono a causa dell'oramai cessato aiuto finanziario da
parte dell’Unione Sovietica e dei paesi del COMECON.
2.5. 1989-1991: la stabilizzazione
Nel periodo compreso tra il 1989 e il 1991, le autorità vietnamite, consapevoli
della necessità di raggiungere una certa stabilità macroeconomica e consce
dell’inefficacia e dell’inadeguatezza delle precedenti riforme, avviarono
autonomamente un programma di stabilizzazione, ispirato alla politica intrapresa dal
Fondo Monetario Internazionale (FMI). Si stabilì, in primis, di liberalizzare i prezzi
della quasi totalità dei beni. In secondo luogo, si decise di aumentare i tassi di
interesse, svalutando conseguentemente il dong: il tasso ufficiale si avvicinò a quello
prevalente sul mercato nero e la moneta fu lasciata libera di fluttuare entro un range
del 10%. La fiducia del pubblico nella valuta nazionale fu rafforzata anche a seguito
della liberalizzazione del commercio dell’oro. Grazie a queste strategie combinate
l’inflazione fu immediatamente abbattuta, raggiungendo già nel 1989 un tasso a due
cifre, per la prima volta in vari anni. Assolutamente innovativa fu la decisione di
lasciare maggiore autonomia alle imprese di stato, nonché la liberalizzazione del
commercio estero e la progressiva equiparazione delle aziende statali a quelle private.
Questo fu sancito dalla Legge sulle imprese private e dalla legge sulle società del
1990, che fornirono la struttura giuridica per la piena operatività delle imprese non
statali. Nel 1991 il commercio internazionale fu ulteriormente facilitato, con
l'autorizzazione alle banche straniere di stabilirsi in Vietnam.
Pilastro portante del programma di stabilizzazione fu l’incremento delle
esportazioni. Fino ad allora il paese, infatti, era dipendente dalle importazioni di quasi
tutte le materie prime, inclusi i carburanti, che, in seguito alla cessazione dell’aiuto
sovietico, dovevano essere acquistati in valuta pregiata. L’inflazione continuò a
decrescere a partire dal 1992, per attestarsi su livelli a una cifra a partire dal 1993.
La componente fondamentale del programma di stabilizzazione fu comunque
la riduzione del deficit, operata con tagli alla spesa pubblica: taglio dei sussidi alle
imprese statali, messa in congedo di mezzo milione di soldati, aumenti dei salari degli
impiegati pubblici vincolati all’inflazione. La banca centrale cessò di finanziare
l’eventuale deficit di bilancio, destinando nuove energie per l’investimento in settori
produttivi. Ancora oggi, comunque, la questione dei sussidi alle imprese pubbliche
inefficienti è al centro del dibattito sulla politica economica vietnamita: in presenza di
una base imponibile troppo bassa per permettere un consistente gettito fiscale, la vera
e propria fame di capitali può essere soddisfatta solo tramite investimenti esteri o
domestici.
In ogni caso, tra il 1989 e il 1991 in Vietnam si succedettero piccole
rivoluzioni economiche che mutarono il volto del modello produttivo vietnamita e
posero le basi per la rapida crescita del nuovo sistema. Piccoli big bang furono
sapientemente inseriti in un quadro di riforme graduali, ottenendo notevoli successi
(Tab. 3). Su queste basi, alcuni autori sostengono che a partire dal 1989 l’economia
vietnamita può essere considerata un’economia di mercato.
La politica macroeconomica restrittiva mise, tuttavia, in difficoltà due settori
che costituivano un fiore all’occhiello del paese: l’istruzione generalizzata e una pur
povera sanità pubblica. La gratuità di questi servizi fu abolita, e un limitato salario
indusse medici e insegnanti pubblici a dedicarsi ad una seconda occupazione e
talvolta ad abbandonare il posto di lavoro.
Tab. 3. Tassi percentuali crescita industriale
Anno
Crescita
Statale
Non statale
Privata
industria
6,2
6,2
6,2
-6,5
1986
Mista/estera
-
1987
10
9,3
10,9
19,9
-
1988
14,3
15,5
12,9
31,8
-
1989
-3,3
-2,5
-4,3
34,5
-
1990
3,1
6,1
-0,7
10,4
76,2
1991
10,4
11,8
7,4
26,7
45,6
1992
17,1
20,6
9,6
16,9
40,3
1993
12,7
4,6
8,1
4,6
13,7
1994
13,7
14,7
11,2
15,5
12,8
1995
14,5
14,9
13,7
14,5
8,8
1996
14,1
11,9
11,4
11,6
21,7
1997
13,2
10,8
9,5
9,6
10,9
1998
12,1
7,9
6,3
6,7
23,3
Fonte: Annual Statistics 1994-1998.
2.6. 1992-1996: l’età dell’oro
La politica di riforme culminò nel 1992 con la promulgazione della
Costituzione, che sanciva il diritto alla proprietà privata, e con la riforma del sistema
fiscale che permetteva l’avvio di un’economia di mercato.
In primis, fu avviata la riforma delle imprese di stato il cui numero fu
dimezzato, passando da dodicimila a seimila; le imprese restanti furono chiuse, fuse o
accorpate: nell’operazione furono persi circa ottocento mila posti di lavoro (Tab. 4). I
sussidi alle imprese restanti furono aboliti, ed esse furono costrette ad operare in base
a criteri di economicità in un ambiente di mercato. Fu inoltre approvato un piano di
“equitizzazione” delle imprese di stato che non è in senso proprio la via vietnamita
alla privatizzazione. Le quote dell’impresa venivano vendute ai dipendenti a prezzo
privilegiato, una percentuale restò allo stato e il resto fu immesso nel mercato.
L’azienda “equitizzata” assomiglia più ad una cooperativa, o ad un’azienda
autogestita, che ad una azienda privatizzata, in cui la proprietà è trasferita ad esterni.
Tab. 4. Numero dei lavoratori attivi (in milioni).
ANNO 1990
3,3
Totale dipendenti statali di cui:
1,3
Amministrazione pubblica
2
Imprese statali
20,4
Cooperative
6,5
Settore non statale
30,3
TOTALE
1992
2,9
1,2
1,7
18,6
10,2
31,8
1993
3
1,3
1,7
29,8
32,7
1997
3,3
1,4
1,9
0,1
33,7
37
1998
3,3
n.d.
n.d.
0,1
34,4
38,1
Fonte: General Statistical Office, Statistical Yearbook.
Nel 1995 furono costituite diciotto “corporazioni”, organizzazioni che
riunivano imprese statali operanti nello stesso settore, al fine di razionalizzare la
produzione industriale attraverso il coordinamento dell’attività dei membri, la
definizione dei piani di sviluppo in armonia con le linee guida emanate dal governo,
lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo. Tuttavia, i singoli membri mantengono
l’autonomia decisionale ed amministrativa. Queste “corporazioni”, talvolta fungono
da intermediari per attrarre partners stranieri e investimenti esteri. In questa fase della
riforma delle imprese pubbliche, gli economisti vietnamiti si ispiravano ai modelli
giapponese (keiretsu) e coreano (chaebol): grandi conglomerati industriali, costituiti
da una rete di aziende integrate verticalmente e orizzontalmente, che spaziano
dall’industria pesante, a quella leggera, alla finanza, ai servizi. Un modello molto
ambizioso per il Vietnam, che, come si sarebbe constatato alla fine degli anni ’90, ha
mostrato i suoi limiti anche nei paesi d’origine.
Nel 1993, poi, fu approvata una nuova griglia salariale differenziata in base
alle mansioni svolte e alle competenze: si accantonò così la politica dell’egualitarismo
salariale. Durante questa fase si decise di ridurre il disavanzo della bilancia attraverso
una politica di controllo delle importazioni.
Politica economica da una parte, politica estera dall’altra: il sistema della porta
aperta, inaugurato insieme alle riforme degli ultimi anni ‘80, cominciava a dare i suoi
frutti e gli investitori stranieri, pedina chiave del gioco economico, affluivano in gran
numero. A rafforzare il processo di riforma arrivò, nel febbraio 1994, l'eliminazione
dell'embargo degli Stati Uniti, seguita nel luglio del 1995, dal ristabilimento di
normali relazioni diplomatiche con gli USA e con la maggior parte dei paesi
occidentali. Introdotto nel 1977, l'embargo aveva tagliato fuori il Vietnam quasi
interamente dall'assistenza internazionale, accrescendone così la dipendenza dai paesi
socialisti i cui aiuti nel 1989 rappresentavano il 9% del PIL vietnamita e i cui prodotti
– quelli petroliferi, i fertilizzanti, il cotone grezzo e l'acciaio – costituivano il 60%
dell'import vietnamita. L’ambasciatore americano ad Hanoi, Douglas Peterson,
veterano di guerra ed ex prigioniero ad Hanoi giunse in Vietnam nel 1996. La fine
delle ostilità commerciali e diplomatiche con gli Stati Uniti incoraggiò la presenza di
investitori provenienti da paesi del blocco filo-statunitense, primo fra tutti il
Giappone. Fu, inoltre, aperta la strada ad una maggiore assistenza da parte degli
organismi internazionali quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale.
Nel 1995 il Vietnam entrò ufficialmente nell’ASEAN, l’associazione dei paesi
del Sud-Est asiatico, originariamente fondata per contenere l’espansione del
comunismo in Asia orientale ma poi evolutasi in senso più autonomo da ipoteche
internazionali. L’ingresso in questa organizzazione, oltre ad assicurare i partner circa
l’irreversibilità delle riforme economiche, ha introdotto il Vietnam nell’AFTA
(ASEAN Free Trade Area), l’area di libero scambio dell’ASEAN, un mercato di
cinquecento milioni di abitanti in una delle regioni più dinamiche del mondo.
Tra il 1992 e il 1996 l’economia vietnamita raggiunse tassi di crescita notevolissimi:
produzione industriale (Tab. 5) e servizi in prima fila, mentre l’agricoltura registrò
tassi di crescita inferiori ma pur sempre positivi (Tab. 6).
Il tasso medio annuo di crescita del PIL si avvicinò al 9%, con punte del 9,5%
nel 1995 e del 9,3% nel 1996. Il tasso di crescita industriale fu del 14,5% nel 1995 e
del 14,1% nel 1996. Il volto stesso del paese, e soprattutto delle aree urbane, mutò
notevolmente, tanto da rendere le maggiori città irriconoscibili agli occhi dei
numerosissimi emigrati che poco per volta rientravano per visitare parenti, fare affari
o stabilirsi nuovamente in Vietnam.
Tab. 5. Principali produzioni industriali.
Anno
1976
1980
1985
1990
1995
1997
1998
Elettricità in Kwh 3.060
3.600
5.200
8.790
14.665
19.123
21.847
Carbone in ton.
5,7
5,2
5,6
5
8
11
11
Acciaio in ton.
63,8
60,3
61,6
102
470
978
453
Cemento in ton.
744
633
1.503
2.534
5.828
8.019
9.390
Carta in ton.
75
49
79
79
216
263
297
Birra in litri
28
61
87
100
465
581
656
Zucchero in ton.
73
167
402
323
517
649
657
Fonti: General Statistical Office; Statistical Publishing House.
Tab. 6. Crescita percentuale dei redditi agricoli 1993-1998.
Riso
Allevamento e aquicoltura
Altri alimenti base
Coltivazioni industriali
Alberi da frutta
Produzioni agroforestali
Totale
21,2
52,2
55
65,6
112,3
0,6
41,3
Fonte: Stime World Bank, 1999.
In questo periodo, il Vietnam sembrava essere divenuto il nuovo Eldorado per
le schiere di uomini d’affari e investitori di tutto il mondo, ma soprattutto dei paesi
dell’Asia orientale. Le fonti di capitale estero parevano illimitate e alimentavano la
crescita, pur in presenza di infrastrutture carenti, di un quadro legislativo incompleto e
di costi notevoli. L’importante era essere presenti per non lasciarsi sfuggire le
occasioni offerte da quella che molti ritenevano la nuova “tigre” asiatica.
Il Vietnam aveva, però, il suo tallone d’Achille: carenza di capitali forti e
conseguente dipendenza dall’afflusso di capitale estero, oltretutto scarsamente
differenziato per aree geografiche. Inoltre, gli investimenti nei primi anni d’apertura
non erano adeguatamente guidati a causa dell’inesperienza da parte vietnamita; la
politica industriale orientata alla grande impresa favorì la costituzione di colossi a
capitale misto in assenza di un adeguato approvvigionamento di materie prime,
d’infrastrutture e di un mercato.
Come in tutta l’Asia orientale, la speculazione edilizia portò alla costruzione
di grattacieli, che è ripresa intensamente in seguito alla crisi finanziaria asiatica del
1997.
In molti casi, la corruzione prevalse, incoraggiata dalla mancanza di normative
certe: casi d’imprenditori stranieri ricattati da funzionari corrotti ma anche vietnamiti
in buona fede frodati da “squali” provenienti dall’estero. Per di più la crescita non fu
ripartita equamente e il divario tra città e campagne cominciò a ingigantirsi. La
disparità tra aree urbane e aree rurali determinò un flusso di migrazione spesso
disordinato, verso le città e soprattutto verso Ho Chi Minh City, invasa da schiere di
contadini facile preda della delinquenza. Nelle città, il miglioramento degli standard
di vita e l’accesso a beni di consumo (Tab. 7) e servizi prima impensabili si
accompagnò ad un’ondata di consumismo e individualismo, che ancora oggi
costituiscono un grosso rischio nei riguardi dei valori tradizionali tipici della cultura
vietnamita. La crescita del Vietnam assumeva sempre più le caratteristiche di una
bolla che si allargava a dismisura, fino a scoppiare sotto l’influsso della crisi
regionale.
Tab. 7. Variazioni nei consumi ad Hanoi per fasce di reddito dal 1992 al 1999
(percentuali
possessori del bene rispetto ad appartenenti alla fascia di
reddito).
Reddito
Anno Basso Medio/Basso Medio
Medio/Alto Alto Media
Cucina gas o
elettrica
‘’
Motorino
‘’
TV,videoregistrat
ore
‘’
1992
10
13,3
25,9
27,6
67,7
29,3
1998
1992
1998
1992
41,4
0
40
0
54,9
6,7
58,1
10,3
61,7
14,8
76,5
n.d.
84,6
13,8
81,5
44,8
93,1
51,6
100
58,1
66,6
17,1
71,3
23,3
1998
37,9
61,3
67,6
77,8
96,6
68
Lavatrice
1992
0
3,3
‘’
1998
10,3
22,6
Fonte: Vietnam Economic News, n. 34, 1999.
3,7
38,2
13,8
48,1
22,6
75,9
8,8
38,7
2.7. 1997-1999: la crisi asiatica e il duro risveglio
Nel 1997 una crisi valutaria e finanziaria di grosse dimensioni si riversò come
un ciclone sull’Asia orientale, coinvolgendo le economie più dinamiche e mettendo in
grave difficoltà lo stesso Giappone. Le cause di tale crisi sono molteplici e oggetto di
dispute da parte di economisti di tutto il mondo. I paesi interessati, a cominciare dalla
Thailandia, dalla quale la crisi è partita, si erano eccessivamente indebitati a breve
termine all’estero, in presenza di tassi di interesse bassi e un tasso di cambio
mantenuto artificialmente stabile. Inoltre, il sistema bancario, di per sé fragile e privo
di regolamentazioni severe, aveva concesso troppo generosamente crediti, non
curandosi della effettiva sostenibilità dei progetti: nel settore immobiliare, in
particolare, accadde spesso che l’offerta superasse abbondantemente la domanda. La
corruzione presente in tutti questi paesi aveva causato l’erogazione di crediti agevolati
a personalità vicine per rapporti clientelari o familiari a esponenti del governo, da
investire in progetti non sostenibili. E’ anche vero che il livello delle importazioni era
cresciuto eccessivamente, mentre l’incremento dei costi di produzione e la
concorrenza internazionale, in presenza di monete sopravvalutate, avevano eroso le
esportazioni causando gravi squilibri di bilancia commerciale, finanziati tramite
l’afflusso di capitali. Infine, l’ultimo colpo è stato assestato dagli speculatori
internazionali, che hanno attaccato ripetutamente la valuta dei vari Paesi, fino alla resa
delle banche centrali, che ne hanno dichiarato la fluttuazione, e hanno
precipitosamente ritirato i loro capitali investiti in modo volatile, per esempio in
borsa.
In Vietnam, la crisi non si era manifestata inizialmente: nel 1997, la crescita
era proseguita con un tasso dell’8,8% (Tab. 8), portando all’illusione di aver evitato il
pericolo. Il tasso inferiore rispetto all’anno precedente era stato giudicato frutto di un
assestamento.
Tab. 8. Tassi di crescita del PIL tra il 1991 e 1999 (%).
Anno
1991 1992 1993 1994 1995
1996
1997 1998 1999
PIL
+ 5,6 + 8,65 + 8,07 + 8,84 + 9,54 + 9,34 + 8,8 + 5,8 + 4
Industria
9,04
14,03 13,13
14,02
13,94 14,43
13,5
10,3
10,2
Agricoltura
2,17
7,08
3,92
5,1
4
2,7
2,7
3,82
4,43
Servizi
8,26
6,98
9,19
10,2
10,6
10,03
8,9
4,2
3,1
Fonte: General Statistical Office, Thoi bao kinh te Viet Nam.
Anche gli investimenti diretti esteri continuavano ad affluire, sebbene non si
considerasse che si trattava in gran parte di progetti già negoziati negli anni
precedenti.
Tuttavia, è innegabile che in Vietnam vi fu un certo isolamento nella fase
iniziale della crisi, dovuto a vari fattori: in primis, vi è da considerare il fatto che la
maggioranza della popolazione era ed è impiegata nell’agricoltura; inoltre, mancando
un mercato di capitali e non essendo la moneta convertibile, la fuga di capitali
repentina non poteva avvenire, essendo gli investimenti solo diretti e essendo ogni
decisione in materia sottoposta a un lungo processo decisionale. Una situazione
macroeconomica abbastanza stabile quindi che, comunque, nel medio periodo non
riuscì ad evitar il contagio, complice il grado di apertura economica e di dipendenza
internazionale ormai raggiunte.
E così nel 1998 si manifestò la crisi: d’altra parte era inevitabile, considerando
che il 70% circa degli investimenti diretti esteri del Vietnam proveniva dall’Asia
orientale, in particolare dai paesi dell’ASEAN. La crescita si era allentata, la
produzione industriale, pur continuando a crescere, si era allontanata dai livelli record
del 1995 e 1996; in alcuni settori si era registrata addirittura una stagnazione.
La crescita dell’agricoltura e dei servizi aveva subito un forte rallentamento,
dovuto alla minore presenza d’investitori e al mancato sviluppo del turismo,
precedentemente in gran parte sostenuto da visitatori provenienti da paesi dell’Asia
orientale per brevi soggiorni. Come in tutti gli altri paesi il sovra esteso settore edile è
stato colpito particolarmente, sia a causa della crisi, sia per il carattere scriteriato degli
investimenti effettuati fino a quel momento che avevano creato a Ho Chi Minh City
una selva di grattacieli, e ha avviato perfino ad Hanoi (in precedenza affascinante
museo vivente di città coloniale francese della prima metà del 900) la costruzione di
edifici in stile futuristico. Questi nuovi edifici erano destinati ad ospitare alberghi di
lusso, centri commerciali e uffici, trascurando invece un possibile turismo di ceto
medio proveniente dall’Asia e anche dall’Europa e le necessità concrete dei numerosi
funzionari e dipendenti di ditte straniere e di organizzazioni umanitarie.
Ad accentuare la crisi si aggiungeva la perdita di competitività dei prodotti
locali sul mercato internazionale, nonché su quello locale: la stabilità del dong rispetto
alle altre monete asiatiche rese le merci vietnamite troppo costose rispetto a quelle dei
paesi concorrenti, e quindi non solo invendibili all’estero, ma anche minacciate
all’interno. Le imprese hanno accumulato scorte invendute e notevoli perdite
alimentando pericolosamente il deficit della bilancia dei pagamenti. La situazione fu
parzialmente e temporaneamente tamponata dall’intervento delle autorità, attraverso
l’introduzione di misure protezionistiche, quali le restrizioni all’importazione di
alcuni beni come l’acciaio, la carta, il cemento, le automobili ed altri.
Nel 1998, la crescita del PIL è stata pari solamente al 5,8% secondo fonti ufficiali,
mentre varie organizzazioni internazionali stimano tassi inferiori al 5%. Anche la
crescita della produzione industriale subì un rallentamento, attestandosi sul 12,1%
secondo fonti ufficiali, mentre l’agricoltura è cresciuta solamente del 2,7% e i servizi
del 4,2%. La situazione peggiorò nel corso del 1999: sia il tasso di crescita del PIL, sia
quello di vari settori registrarono un ulteriore decremento.
2.8. Le conseguenze sociali e politiche della grande crisi
In riferimento alla crisi asiatica la strategia decisa fu la ricapitalizzazione e la
ristrutturazione delle imprese pubbliche potenzialmente efficienti, che dovevano
operare secondo criteri di economicità; accorpamento e perfino chiusura di quelle
irrecuperabili.
Si continuò a incentivare l'afflusso di Investimenti Diretti Esteri (IDE)
attraverso l’approvazione di imprese al 100% estere in vari settori, esenzioni fiscali
fino ad otto anni, aliquote d’imposta variabili fra il 10% e il 30% secondo il settore e
la tipologia di progetto, la possibilità di rimpatrio dei profitti, e notevoli riduzioni di
vari costi primo fra tutti l’affitto del terreno, oltre al costo dell’elettricità, dell’acqua e
di altri servizi. Tutto ciò rende la legislazione vietnamita sugli investimenti esteri una
delle più generose al mondo.
Si deve, inoltre, notare che il Vietnam, durante gli anni della crisi, ha
continuato a crescere (Tab. 9), seppure con meno vigore rispetto agli anni precedenti:
nel 1998, il PIL di vari paesi asiatici quali la Thailandia, la Corea del Sud, le
Filippine, la Malaysia e l’Indonesia ha registrato una rilevante recessione o
stagnazione (Tab. 10); in altri la crescita è stata prossima allo zero. Solo nel 1999, con
l’esclusione dell’Indonesia si è registrata una certa ripresa.
In Vietnam, il numero di licenziamenti, per i quali non esistono dati globali
precisi, è minimo in proporzione sia agli occupati dell’industria, sia, a maggior
ragione, alla popolazione. I progressi sono proseguiti per quanto riguarda la lotta alla
povertà e la costruzione di infrastrutture rurali, due questioni cui il governo ha dato la
massima priorità; lo standard di vita dei cittadini ha continuato ad aumentare anche
visibilmente, pur senza replicare i balzi degli anni precedenti, e quello rurale è
quantomeno rimasto sostanzialmente invariato.
Tab. 9. Struttura PIL per attività economiche in percentuale.
Anno
1990
1993
1997
1998
Agricoltura, pesca, foreste
40,77
29,09
25,77
25,98
Industria e costruzioni di cui:
22,81
28,63
32,07
32,70
- minerario
5,21
5,14
6,30
6,21
- manifatturiero
12,40
14,90
16,48
17,27
- elettricità e acqua
1,37
1,39
2,74
2,84
- costruzioni
3,84
7,20
6,54
6,38
Servizi
36,41
42,28
42,15
41,3
Fonte: General Statistical Office.
Tab. 10. Tassi percentuale di crescita in altri paesi ASEAN.
Anno
1997
1998
Vietnam
8,8
5,8
Filippine
5,1
-0,6
Malaysia
7,8
-6,4
Thailandia
-0,4
-8
Fonte: Central Institute for Economic Management, 1999.
Analizzando la situazione scaturita in seguito alla crisi asiatica, emerge un
sistema economico vittima di un circolo vizioso: imprese statali inefficienti e con un
numero eccessivo di lavoratori, un settore agricolo gravemente sovraffollato, anche in
seguito alla progressiva meccanizzazione. Avanzava ed avanza, dunque, la necessità
del Vietnam di investire in nuovi ed efficienti settori imprenditoriali, di sviluppare
l’industria ed i servizi e creare posti di lavoro. A questo scopo è vitale un forte tasso
di crescita, sostenuto dall’afflusso di capitali dall’estero, dalla mobilitazione delle
risorse interne e dalla presenza competitiva sui mercati internazionali. Un periodo
protratto di crescita rallentata o di stagnazione e perdite in vari settori avrebbe
scatenato una crisi occupazionale con notevoli conseguenze sociali.
Il governo, preso tra due fuochi, ha proseguito nella politica di riforme
graduali, intensificando l’applicazione dei principi di mercato: la reazione alla crisi è
andata nella direzione di un maggiore liberalismo. Una situazione economica davvero
problematica che ha indotto il Vietnam all’apertura economica totale.
Il governo ha così varato numerose misure a favore degli investitori esteri,
adempiendo almeno sulla carta alle maggiori richieste espresse da questi ultimi:
maggiori incentivi, esenzioni e riduzioni fiscali, minore burocrazia e semplificazione
delle procedure, costi inferiori e così via. Se in precedenza erano i vietnamiti a dettare
le condizioni e a scegliere tra i numerosi aspiranti investitori che bussavano alle porte,
oggi la situazione è rovesciata: le autorità locali sono disposte a concessioni un tempo
impensabili pur di attrarre capitali esteri. Per esempio, veniva concessa la costituzione
di imprese interamente estere dove in precedenza era vietata. La legislazione
vietnamita, è ormai tra le più liberali in Asia.
La legge sulle imprese equipara le imprese statali a quelle private, semplifica
le procedure burocratiche necessarie all'apertura di un'impresa, ribadendo senza mezzi
termini il favore statale per l'imprenditoria privata. Politiche ad hoc ne incentivano la
costituzione, costituiscono, con l'aiuto internazionale, fondi di credito agevolato,
favorendo la formazione manageriale degli imprenditori e così via.
I privati detengono spesso vere e proprie fortune, una massa enorme di capitali
resta inutilizzata. La stessa strategia economica di fondo evidenzia uno spostamento
radicale, dai colossi differenziati come attività, ma focalizzati sul settore pesante, alla
piccola e media impresa specializzata e focalizzata sul settore leggero. La tendenza a
costituire "corporazioni", e grandi aziende pubbliche si è arrestata. Il modello delle
Keiretsu e dei Chaebol era attraente per gli economisti vietnamiti: grandi gruppi
differenziati spesso a partecipazione statale e comunque fortemente guidati dalle
autorità economiche, dall'interesse pubblico e talvolta da legami clientelari parevano
adatti alla situazione locale e agli obiettivi dei dirigenti vietnamiti.
La crisi ha messo in discussione la validità di questo modello; inoltre, poco per
volta si è instaurata la convinzione che i colossi industriali fossero troppo costosi in
termini di investimenti e tecnologie per essere sostenibili in un paese non ancora
industrializzato.
L'attenzione si è dunque rivolta a Taiwan, uno dei pochissimi paesi asiatici
risparmiati dalla crisi, dove un tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e
flessibili ha resistito egregiamente ai problemi che hanno travolto vari conglomerati.
Anche l'Italia è diventato oggetto di attento studio, a causa delle analogie
presenti con il sistema vietnamita: economia familiare che si è sviluppata creando
piccole-medie imprese sempre più dinamiche, presenza di distretti economici e non
ultimo di grandi imprese statali o a partecipazione pubblica. Oggi lo sviluppo delle
piccole e medie imprese è la parola d'ordine: ne parla ogni rapporto e comunicato del
governo, del piano e degli economisti vietnamiti.
L’attenzione si è spostata, inoltre, sull'industria leggera, in particolare sulla
trasformazione dei prodotti agricoli, lo sviluppo di questo settore sta permettendo di
dare sbocco alle abbondanti materie prime rurali e spesso esportate allo stato grezzo
senza alcun valore aggiunto o svendute in quanto l'offerta mondiale supera la
domanda; inoltre, ha il vantaggio di creare posti di lavoro e nuove professioni nelle
campagne, assorbendo sul posto la manodopera espulsa dai campi. Il modello di
sviluppo è simile a quello dell'Italia degli anni ‘60: i contadini meccanizzano hanno
l'agricoltura; si riduce il fabbisogno di manodopera nei campi, e i lavoratori in eccesso
vanno a lavorare nella vicina fabbrica, spesso, come primo passo, una piccola azienda
poco più che familiare.
Oltre al settore agro-alimentare particolare enfasi si è posta sui settori che
producono beni destinati all'esportazione, abbigliamento e calzature in particolare.
Infine, la crisi ha avuto il merito di introdurre il principio di competizione
internazionale: gli imprenditori locali si sono attivati sia per attirare i capitali esteri sia
per incrementare l'esportazione dei propri beni, ponendo maggiore attenzione sulla
qualità, sui costi di produzione e sul rispetto dei criteri internazionali.
2.8.1 Le principali questioni economiche ancora irrisolte
Le principali questioni ancora da risolvere sono:
•
"equitizzazione" delle imprese di Stato. Quelle già riformate registrano
notevoli successi e profitti; tuttavia, l'operazione procede a rilento
anche a causa delle resistenze dei manager che temono di venire
esautorati o addirittura licenziati.
•
sistema bancario, debole e scarsamente progredito, incapace di mobilitare
risparmi ed erogare efficacemente il credito.
•
politica fiscale: la base imponibile è limitata, l'evasione rampante, e il
gettito insufficiente a fronteggiare le notevoli spese necessarie per la
costruzione d'infrastrutture, la remunerazione degli impiegati
pubblici e l'investimento. I tentativi di introdurre imposte moderne,
quali l'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), applicata dal 1 gennaio
1999, registrano alterni risultati: il funzionamento dell'IVA è
praticamente bloccato in un mondo di minuscoli commercianti
abituati a evadere il fisco. Tuttavia, la sua introduzione viene
giustamente considerata un passo verso la rinuncia alla
preponderanza del settore informale e la costruzione di un'economia
moderna.
•
sopravvalutazione della moneta, con il rischio di determinare delle
conseguenze negative sulla competitività, ma difficilmente
svalutabile a meno di rischiare la ripresa dell'inflazione, la corsa al
dollaro e l'accrescersi dell'onere del debito estero. La lotta alla
"dollarizzazione" dell'economia crea un notevole problema, in
quanto richiede misure restrittive della circolazione di dollari, che
scatenano le proteste degli imprenditori esteri e delle aziende locali
attive nell'import-export, mentre negozianti e fornitori di servizi di
vario genere espongono impunemente listini in dollaro per i clienti
stranieri. Una piena "de-dollarizzazione" sarà possibile solo con la
piena convertibilità del dong.
•
competitività dei prodotti vietnamiti: dal punto di vista dell'economia
reale, appare necessario ridurre i costi di produzione (dovuti in parte
ad inefficienze e sprechi), investendo nel rinnovo dei macchinari e
delle tecnologie e nella formazione dei lavoratori e dei dirigenti, in
modo da poter conquistare nuovi mercati e affermare i prodotti locali
ancora sull'esterofilo mercato interno.
•
attenta selezione dei progetti di investimento, specie quando coinvolgono
finanziamenti esteri, per non riservare sulle generazioni future l'onere
di un debito che sia pure a condizioni favorevoli dovrà essere
ripagato.
•
Infine le autorità vietnamite hanno introdotto una borsa valori a Ho Chi
Minh City per sviluppare il mercato azionario nel luglio del 2000. Da
un lato, i mercati azionari sono uno strumento per attirare capitali
esteri e mobilitare i risparmi locali, dall'altro, la novità espone il
capitale a movimenti istantanei e non controllabili di capitali volatili,
specie in un mercato altamente speculativo e immaturo come quello
vietnamita. La borsa ha un ruolo crescente ma ancora marginale
nell'economia vietnamita: solo 50 imprese sono quotate. Alla fine del
2005 è stata varata le prima emissione di titoli del debito pubblico
denominati in dollari, per un ammontare di 750 milioni, che servirà a
finanziare l'espansione dell'impresa di costruzioni navali statale
Vinashin. Il governo prevede di aumentare il ricorso a questi
strumenti per finanziare investimenti in alcune imprese di stato in
diversi settori, come quello petrolifero, energetico e cantieristico.
- Una vasta realtà sommersa
Un settore in cui l'economia informale pesa notevolmente (e negativamente)
sull'economia ufficiale è il commercio internazionale:
- il mercato vietnamita è periodicamente invaso da merci di contrabbando
provenienti soprattutto dalla Cina e dalla Thailandia. Questi beni che evadono il fisco,
sono venduti a prezzi molto bassi e fanno una concorrenza sleale alla produzione
locale, creando seri problemi alle imprese vietnamite. Benché il governo abbia
dichiarato guerra al contrabbando, imponendo l'obbligo di marca da bollo sui beni
importati legalmente e organizzando grandi indagini e processi con condanne
estremamente severe, il salario modestissimo percepito dalle guardie di frontiera
incoraggia a chiudere un occhio in cambio di una mazzetta. Il settore informale a
questo stadio di sviluppo può avere anche riflessi positivi: oltre a creare ricchezza,
offrendo complementi ai salari e permettendo un tenore di vita più elevato, esso
assorbe la disoccupazione e incentiva l'imprenditorialità.
2.9. Analisi dei settori trainanti dell’economia vietnamita
Microsoft
45
40
42,2
41,7
35
30
25
32,1
32,5
25,8
25,8
40,1
38,7
36,7
38,6
38,2
38,5
39,5
38
40,09 41
38,15 38,1
41,5
38,1
34,5
25,4
Industria e
costruzioni
24,5
23,2
23
20
22,5
21,76 20,9
20,4
Servizi
15
10
Agricoltura
5
0
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Fig. 4. Struttura del PIL (1997-2006). Valori percentuali, in miliardi di dollari.
Fonte: Genaral Statistics Office.
Le politiche attuate dal governo hanno permesso di rendere sempre più aperto
e competitivo il paese: anche nel 2006 l'economia vietnamita ha continuato il suo
momento favorevole, raggiungendo una crescita dell'8,2%, leggermente inferiore
all'8,4% dell'anno precedente (Tab. 11).
La crescita economica ha accelerato a partire dal 1989, rallentando solamente
per alcuni anni sul finire degli anni '90, in occasione della crisi finanziaria del 1997,
che colpì tutto il Sud -Est asiatico, a cui le autorità vietnamite seppero dare una
risposta, liberalizzando ulteriormente l'economia, continuando ad attrarre capitali
stranieri e rendendo la legislazione economica una tra le più liberali dell'Asia. La
crescita del Vietnam è sostenuta dalle riforme del governo, da una popolazione
giovane e dalle risorse naturali ed economiche di cui il paese usufruisce.
L'agricoltura occupa ancora circa il 53% della forza lavoro, pur contribuendo
solo al 20% circa del PIL (Fig. 4; Tabb. 11-12). La crescita maggiore riguarda il
settore privato, quello degli investimenti esteri e quello statale.
Tab. 11. PIL per settori (dal 2001 al 2006).
2001
2002
2003
2004
2005
200
6.89
7.08
7.26
7.7
8.43
8.17
Crescita PIL (%)
0.69
0.93
0.79
0.92
0.82
0.67
Agricoltura*
3.68
3.47
3.92
3.93
4.19
4016
Industria e costruzioni
2.52
2.68
2.63
2.94
3.42
3.34
Servizi
14.786 15.244 15.475 15.703 15.819
15.964
Tasso di cambio (Dong/$)
414
441
490
555
637
725.3
PIL pro-capite (in $ USA)
32.551 35.146 39.641 45.552 52.965
60.999
PIL al prezzo corrente (m$)
Agricoltura*
7.565
8.094
8.936
9.934 11.066
12.445
Agricoltura e silvicoltura
6.354
6.760
7.377
8.184
9.020
10.049
Pesca
1.211
1.334
1.559
1.750
2.046
2.396
Industria costruzioni
12.574 13.526 15.646 18.321 21.734 25,328.5
Agricoltura e pesca
Industria
Servizi
22.7
38.6
38.8
21.8
38.5
39.7
n.d.
n.d.
n.d.
20.9
41.0
38,1
Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit: Country Report, Ottobre 2006.
Il Vietnam è un Paese per tradizione a prevalente vocazione agricola (Fig. 5),
nel quale l'industrializzazione, fatta eccezione per poche fabbriche fondate dei
francesi, ha avuto inizio soltanto in seguito all'indipendenza.
La scarsità di terreni (in una regione caratterizzata prevalentemente da aree
montuose e da terre rese sterili dall’impiego di armi chimiche nella guerra contro gli
USA) e l'elevata percentuale di agricoltori rendono i campi vietnamiti tra i più
sovraffollati del mondo, poco meno di quelli cinesi. Inoltre, la furia degli elementi si
abbatte sovente sui cittadini, specie nelle province centrali. Nelle stesse province,
strette tra il Mar cinese meridionale e le montagne dell'Annam al confine con il Laos,
il poco terreno fertile è divorato dall'avanzamento delle dune sabbiose e dalle
infiltrazioni di acqua salmastra, conseguenze del disboscamento. Le due principali
pianure dei delta del Fiume Rosso a nord e del Mekong a sud sono invece fertilissime.
Il clima temperato dal nord permette la rotazione dei raccolti, mentre il calore
tropicale del sud favorisce, oltre al riso (in molte aree si possono ottenere tre raccolti),
i frutteti.
400
300
200
100
0
Produzione pro capite
annua (in Kg)
1939 1955 1956 1957 1960 1980 1985 1990 1995
277 277,9 337,5 215,5 300 268,2 304 324,4 372,8
Produttività in quintali 13,3
per ettaro risone
15,9
18,6
18,1 18,42 20,8
27,8
31,9
36,3
2000
Fig. 5. Crescita produzione agricola dal 1939 al 1995.
Fonti: Statistical Publishing House, Hanoi, 1991-1995; General Statistics Office.
Il Paese sta diventando un importante produttore di ananas, mango, canna da
zucchero, lichi e agrumi; è oggi tra i primi esportatori di caffè e anacardi al mondo e
sta potenziando la produzione di ortaggi.
Anche l'allevamento viene incoraggiato, sia per la produzione di carne, e di
altri prodotti quali latte, uova e cuoio, sia per alimentare la fiorente industria
calzaturiera.
Il Governo ha deciso notevoli investimenti nel settore delle trasformazioni
alimentari e sta concedendo prestiti e accesso agli aiuti internazionali per dotare le
fabbriche che lavorano prodotti agricoli, di macchinari e impianti moderni e ottenere
la certificazione di qualità al fine di esportare in Europa. La meccanizzazione
dell'agricoltura appare di fondamentale importanza in un contesto di concorrenza
internazionale, ma essa non può non creare disoccupazione. Il governo prevede di
accogliere la manodopera espulsa dall'agricoltura nell'industria e nei servizi connessi
alle trasformazioni di prodotti agricoli, ma il processo è inevitabilmente protratto nel
tempo.
Infine, l'orientamento verso una produzione agricola meccanizzata e efficiente
richiede investimenti, tecnologie ed estensioni che i contadini vietnamiti non possono
affrontare singolarmente: si ripropone quindi l'unione in consorzi e cooperative,
inizialmente osteggiata a causa dell'esperienza passata negativa, ma oggi considerata
attentamente con la formazione delle prime associazioni moderne, basate sulla
partecipazione volontaria e sulla messa in comune solamente di quelle fasi o mezzi
produttivi non convenienti per il singolo. Il successo del modello cooperativistico
adottato in Italia è oggetto d'accurato studio.
A partire dagli anni ’90 si è verificato un boom nel settore industriale (di cui il
60% ha riguardato il settore manifatturiero) che costituisce la colonna portante della
crescita economica, che ha avuto degli effetti positivi anche nel settore dei servizi e
delle costruzioni.
Nell’ultimo decennio, inoltre, aumenta lo sfruttamento delle risorse naturali di
cui il Paese è ricco: petrolio e gas naturale, in particolare.
In crescita anche l’industria turistica: una vera è propria esplosione tra 2000 al
2004 ha visto un incremento superiore al 120% (Cfr. 7.5).
- L'agroindustria: uno sbocco per le produzioni agricole
A partire dal 1998, un'importanza particolare è stata segnata alla
trasformazione dei prodotti agricoli. Tuttavia, la maggior parte dei prodotti sono
venduti allo stato grezzo (Fig. 6).
Anche l'acquicoltura e la pesca vengono incoraggiate con incentivi e cospicui
prestiti statali. Inoltre, si stanno costruendo numerosi impianti moderni per il
trattamento e la congelazione del pesce da esportare in Europa e in vari paesi quali il
Giappone.
Lo sviluppo delle attività industriali basate su materie prime agricole, oltre ad
assorbire prodotto grezzo e manodopera, creerà un notevole indotto ed è l'unica
possibilità di sviluppare le campagne evitando la fuga degli abitanti.
2000
40
31,5
27,529,230,6
25,5
24,2
21,2
20 17,519,621,221,5 22
10
3,04 3,7 3,8
-0,5 0 1,4 1,6 1 1,9 1,7 2 2,1
0
30
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
1989
1988
1987
-10
Produzione
alimentare
Esportazioni
alimentari
Fig. 6. Produzione e esportazione di generi alimentari (in milioni di tonnellate).
Fonte: Vietnamese Studies, n.2, 1999.
2.10. Il Vietnam nel mondo: relazioni differenziate, normalizzazione e
cooperazione con gli ex nemici
A partire dall'inaugurazione della politica della “porta aperta”, il Vietnam
persegue attivamente lo stabilimento di relazioni pacifiche amichevoli con tutti i paesi
del mondo. Nel 1995 si sono ristabilite piene relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti
(che hanno portato al ritiro dell’embargo applicato dalla fine della guerra), a lungo
interrotte in seguito al sanguinoso conflitto ventennale che aveva coinvolto i due
Paesi. A ciò è seguita un'intensa attività che ha permesso il raggiungimento di un
importante obiettivo quale l'intesa preliminare sull'accordo commerciale nel luglio
1999, che una volta ratificato e applicato con la concessione della clausola "della
nazione più favorita" (ora di "normali rapporti commerciali") ha aperto al Vietnam un
nuovo, importante mercato oltre a nuovi finanziamenti e ulteriori aiuti allo sviluppo.
D’altro canto, al contrario di quanto si potrebbe pensare, la popolazione
vietnamita non mostra alcuna ostilità nei confronti degli americani: da un lato, essi
sono solamente uno dei nemici con cui il Vietnam ha dovuto lottare nel corso della
sua storia travagliata; dall'altro, il pragmatismo vietnamita induce a superare le
divergenze per trovare utili punti di contatto. Nell'antichità, i governanti vietnamiti
scortavano i generali cinesi sconfitti alla frontiera e affidavano loro doni e tributi per
l'imperatore: una politica che evitava di ledere l'onore del grande vicino e di attirare
possibili rappresaglie, e che poneva i presupposti per successivi scambi economici e
culturali: la lettura della storia vietnamita né dimostra i felici risultati.
Da tempo del resto le buone relazioni con la Francia sono uno dei cardini
fondamentali della politica estera vietnamita. Infatti, i rapporti con la potenza
coloniale di un tempo sono molto intensi: oltre ad essere il primo investitore tra i
paesi europei e uno dei primi in assoluto, la Francia finanzia vari programmi di
cooperazione, fra l'altro nel campo dell'educazione, cultura e formazione. Il Vietnam
fa parte della Conferenza Internazionale di Paesi Francofoni. Gli studiosi francesi
(economisti, agronomi, storici, geografi) possono offrire ai vietnamiti un grande
contributo di conoscenza; in genere, essi lo fanno con spirito di amicizia e mossi da
sincero interesse e passione per il Paese.
Anche tra i giovani giapponesi il Vietnam suscita un interesse che va oltre i
rapporti economici e strategici. Numerosi artisti e studiosi del Sol Levante ne studiano
la lingua e ne riscoprono l’arte e le tradizioni, facendole diventare una vera e propria
moda in patria.
Le relazioni con la Cina sono notevolmente migliorate nel corso degli ultimi
anni, con il continuo scambio di delegazioni ad alto livello, avvio di iniziative
congiunte e reciproche lodi ufficiali. Il vero nodo da sciogliere, la questione delle
isole Truong Sa (Spratley) e Hoang Sa (Paracles) rivendicate da entrambi i paesi è
attualmente oggetto di negoziati diventati ancora più intensi in seguito alla scoperta
che queste isole sono la parte emersa di un mare di petrolio (Fig. 7).
Il Vietnam non può che mirare a relazioni pacifiche con la Cina, da cui
storicamente ha sempre dovuto difendersi ma da cui ha anche assorbito notevoli
influenze culturali e per millenni ha ripreso il modello politico.
Il raggiungimento da parte del Vietnam di relazioni amichevoli con vari paesi
e blocchi può rappresentare una sorta di garanzia nei confronti della Cina, come lo fu
l'amicizia con l'URSS alla fine degli anni ‘70. La contiguità geografica influenza in
modo contrastante anche l'economia: da un lato, la Cina rappresenta un immenso
mercato per le merci vietnamite, dall'altro, il contrabbando di vari prodotti industriali
causa notevoli difficoltà alle imprese vietnamite.
Fig. 7. Arcipelaghi Spratly e Paracel.
2.10.1. Il peso delle vicende indocinesi
Le vicende indocinesi sono state il maggior fattore condizionante nella politica
del Vietnam dal 1975 in poi. Anche nel corso della lotta rivoluzionaria, la
connessione della situazione vietnamita con quella laotiana e cambogiana era stata
stretta, a seguito della scelta compiuta dalla Francia alla fine dell'800 di fondere
nell'Indocina francese tre realtà diverse tra loro, allo scopo di assicurarsi una vasta
colonia economica e strategica e di ridurre il peso in essa della riottosa presenza
vietnamita, tanto che il Vietnam era stato artificiosamente diviso in tre colonie diverse
(Annam, Cocincina e Tonchino). Questa situazione aveva creato nel corso della lotta
antifrancese un legame tra genti eterogenee per storia e cultura: nella successiva lotta
contro gli Stati Uniti il rifornimento in uomini e armi non sarebbe potuto giungere dal
nord al sud senza il "sentiero di Ho Chi Minh" che percorreva la parte orientale del
Laos e sboccava nella regione nord-orientale della Cambogia per entrare nel Vietnam
meridionale. Per questa connessione oggettiva di vicende storiche, il Laos e la
Cambogia avevano pagato duramente: interferenze sanguinose da parte degli Stati
Uniti, le zone impervie del paese furono sottoposte a bombardamenti che hanno
sconvolto l'habitat umano e l'ambiente.
All'inizio del 1979 il Vietnam decise di compiere in Cambogia quello che,
nella più recente interpretazione del diritto internazionale, potrebbe essere considerato
un "intervento umanitario" contro un regime che incontestabilmente violava
brutalmente i più elementari diritti umani e lo stesso diritto alla vita, non di un'etnia
più o meno “estranea", ma del suo stesso popolo. Al Vietnam, che intervenne
soprattutto per tutelare le sue frontiere e per salvare gli ultimi superstiti dei comunisti
cambogiani di formazione vietnamita, fu, comunque, fatto pagare con la massima
durezza quel intervento: il mondo occidentale, dimentico della politica di sterminio
messa in atto da Pol Pot, ne sostenne militarmente, economicamente e
diplomaticamente la resistenza contro l'intervento vietnamita, guidata da una
coalizione condotta sul terreno dai Khmer rossi con estrema crudeltà e una
generalizzata pratica di atti terroristici sul territorio. A determinare il sostegno
occidentale ai Khmer rossi e a isolare il Vietnam interveniva la logica di quella che
poteva essere definita come una nuova fase della guerra fredda, cioè il tentativo
statunitense di allearsi alla Repubblica Popolare Cinese contro l'URSS e il Vietnam.
In questa logica intervenne anche l'invasione cinese in Vietnam e una violenta
polemica tra Hanoi e Pechino che si è venuta allentando soltanto nella seconda metà
degli anni '80, quando hanno prevalso le comuni esigenze di due Paesi che continuano
ad essere governati da partiti comunisti di affine origine storica. Sullo sfondo del
miglioramento dei rapporti tra i due Paesi e i due Partiti e dopo il ritiro delle forze
vietnamite dalla Cambogia nel 1989, fu resa possibile una soluzione pacifica del
problema cambogiano. Nell'ottobre 1991 si raggiunto un accordo attraverso
l'intervento della diplomazia internazionale (mediatori decisivi furono Francia,
Indonesia e Giappone) e nel 1993 vi fu in contributo delle Nazioni Unite per
organizzare nel paese elezioni generali.
Nonostante il radicato sentimento anti-vietnamita diffuso in Cambogia per
ragioni storiche, i rapporti tra Cambogia e Vietnam sembrano ora destinati a una
crescente collaborazione, anche sulla base del fatto che buona parte della classe
dirigente, a ogni livello, è stata formata in Vietnam o con l’aiuto di tecnici vietnamiti.
Poche parole sul Laos: questo paese è rimasto dal 1975 un fedele e tranquillo
alleato del Vietnam, del quale ha seguito le scelte politiche ed economiche
fondamentali nei vari periodi.
Oggi la Cina ha vasti interessi e molte infiltrazioni, non sempre lecite, nelle
province settentrionali del paese, ma ormai i rapporti tra Hanoi e Pechino non sono
più contraddistinti da antagonismo.
Lo stesso vale per la penetrazione degli interessi thailandesi nella parte
centrale e meridionale di questo paese privo di sbocco al mare, connesse in particolare
alla costruzione di opere idroelettriche e di comunicazione sul Mekong. Per il
momento il fenomeno non pare preoccupante per il Vietnam, anche se la
regolamentazione del Mekong, il suo sfruttamento a scopo idroelettrico e soprattutto
la diversione di acque a scopo irriguo potrebbe mettere in pericolo le ricche
coltivazioni di riso del delta del fiume, attraverso fenomeni di salinizzazione o altre
trasformazioni dell’equilibrio naturale.
2.10.2. La ripresa dei rapporti con i “fratelli” di un tempo
Le relazioni tra il Vietnam e i paesi del blocco sovietico, innanzitutto la stessa
URSS, si svilupparono progressivamente nel corso della guerra contro gli americani e
negli anni successivi. Fino all’attuazione della politica di Perestroika in URSS e alla
dissoluzione del COMECON, il Vietnam ricevette ingenti aiuti sovietici, dal punto di
vista sia militare, sia economico e nel settore della formazione. La maggioranza della
classe dirigente vietnamita di oggi ha studiato in un paese dell’est europeo e ne parla
correttamente la lingua. Il fatto che il Vietnam ripagasse in natura, soprattutto in
prodotti agricoli, i prestiti agevolati, apriva mercati sicuri. All’inizio degli anni '90 gli
aiuti sovietici si interruppero, privando il paese di un consistente sostegno e le
imprese dei loro maggiori sbocchi. Mentre i primi ripresero presto da altre fonti, con
la normalizzazione dei rapporti con le organizzazioni internazionali, i secondi
rappresentarono un problema a tutt’oggi non completamente risolto. Attualmente, il
Vietnam sta incoraggiando la ripresa dei rapporti soprattutto commerciali con gli ex
paesi del COMECON, basandosi sulle relazioni passate, sulla familiarità tra le
popolazioni e sui numerosi cittadini che conoscono molto bene la lingua, la cultura e
la situazione della Russia e di altri Paesi dell’Est, per non parlare delle migliaia di
vietnamiti che ancora vi risiedono.
Le relazioni economiche, ancora limitate, hanno avuto un impulso con
l’accordo per la costruzione della raffineria di Dung Quat, siglato nel dicembre 1998.
Il partner straniero della contestata prima raffineria del Vietnam è l’impresa russa
Zarubezhneft. Del resto, l’estrazione di petrolio vietnamita ebbe inizio grazie
all’assistenza sovietica. Dal punto di vista politico, il crollo dell’URSS non ha avuto
conseguenze decisive in Vietnam. Come si desume dal percorso temporale delle
riforme economiche vietnamite, esse erano state decise prima del lancio della
Perestroika: tutt’al più quest’ultima può averle incoraggiate. Un’ulteriore impulso al
cambiamento può essere derivato dalla consapevolezza che gli aiuti sovietici
sarebbero ben presto cessati.
2.10.3. L’ASEAN
Fig. 8. Paesi membri dell'ASEAN (Asia del Sud-Est).
L’ingresso nell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) nel 1995
rappresenta un punto di svolta nella politica regionale vietnamita: il Vietnam entra a
far parte di un organismo fondato in funzione anticomunista nel 1967 (Fig. 8). Anno
che segnò il culmine dell’impegno statunitense nella guerra indocinese. Con alcuni
dei paesi membri dell’organizzazione, Hanoi non aveva al momento dell’ingresso
nell’organizzazione, relazioni economiche e diplomatiche molto estese. Nel corso del
suo sviluppo storico concreto, l’ASEAN aveva modificato profondamente le sue
caratteristiche iniziali. Inoltre all’inizio degli anni ‘90 risuonavano spesso tra i primi
ministri convocati nelle riunioni annuali, considerazioni legate ai “valori asiatici” e a
un percorso, per i paesi dell’Asia orientale, autonomo dalle ipoteche del sistema
occidentale.
Lungi dall’essere una scelta di campo a favore dello schieramento “filoamericano”, l’adesione all’ASEAN ha ribadito la volontà del Vietnam di non
sbilanciarsi eccessivamente anche dal punto di vista economico verso l’Occidente,
oltre che di tutelarsi nei confronti della Cina, mantenendo buoni rapporti con entrambi
e di inserirsi in un contesto regionale che resta trainante.
All’orizzonte si profila anche l’ipotesi di costituire un nuovo blocco in Asia,
con motivazioni paragonabili a quelle asserite dal primo ministro della Malaysia,
Mahathir Mohammad. Nella visione di Mahathir, i valori asiatici devono affermarsi
per combattere l’invasione culturale da parte dei paesi occidentali; inoltre, l’Asia deve
contrastare l’eccessivo liberismo economico propugnato dagli Stati Uniti e difendere
il proprio modello di economia di mercato a guida statale. Sono concetti che possono
presentare pericolose ambiguità ma non sono certo sgraditi ad Hanoi, anche se non è
chiaro fino a che punto questa tesi politico-economica del primo ministro malese sia
sviluppata sulla base di una generale concezione degli equilibri mondiali e fino a che
punto invece costituisca un tentativo di coprire e giustificare di fronte alle pressioni
occidentali il carattere repressivo e autoritario del suo potere all’interno.
Dal punto di vista politico, l’ASEAN non prevede alcuna integrazione tra Stati
membri né alcuna armonizzazione legislativa che vada oltre le normative doganali e
poche altre generalmente connesse alla sfera economica; propugna anzi il principio
della non-interferenza negli affari interni degli Stati membri.
L’ingresso nell’organizzazione di Laos e Cambogia, il primo paese alleato e
“fratello”, il secondo avvicinatosi in seguito alle elezioni del 1998, non può che
spostare il baricentro dell’ASEAN a favore del Vietnam. Oltre al probabile appoggio
da parte di paesi amici, il Vietnam potrebbe acquisire un nuovo status in presenza di
paesi più poveri ai quali presta assistenza; inoltre, l’equilibrio dell’ASEAN negli
ultimi anni si è spostato verso i paesi meno industrializzati contraddistinti da una
complessa economia di transizione.
Sicuramente la crisi ha indotto una maggiore coesione tra Stati membri e una
presa di coscienza della funzione che questi paesi possono avere in vista di
un’assistenza reciproca.
Dal punto di vista economico l'ASEAN prevede l'istituzione di un'area di
libero scambio, AFTA (ASEAN Free Trade Area), che prevede la progressiva
riduzione dei dazi all'importazione e l'eliminazione delle restrizioni quantitative e
delle barriere non tariffarie entro il 2012.
-La vocazione “non allineata”
Benché il significato del “non allineamento” sia stato molto ridimensionato
dalla fine dello scontro tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, le autorità vietnamite
incoraggiano i rapporti con i paesi neutrali, non allineati e esterni al blocco che fa
capo agli Stati Uniti: il paese fa parte del resto del Movimento dei Paesi non allineati,
senza porre troppi problemi sulla sua identità nel mondo attuale. Si tratta più che altro
di un retaggio storico: quanti rifiutavano l’allineamento ai blocchi sono stati fedeli
sostenitori del Vietnam durante la guerra contro gli Stati Uniti e poi nel periodo
dell’isolamento seguito al 1978. I Paesi scandinavi, in particolare la Svezia, hanno, ad
esempio, una lunga tradizione di amicizia e assistenza al Vietnam; le relazioni con i
Paesi africani e medio-orientali, per quanto molto limitate dal punto di vista
economico e culturale, sono mantenute amichevoli e salutate entusiasticamente nel
corso di visite ufficiali, per il sussistere del comune retaggio anticolonialista. In
particolare, è auspicato fortemente l’incremento delle relazioni economiche con i
Paesi medio-orientali e del Golfo Persico, potenziali acquirenti di prodotti vietnamiti,
soprattutto quelli agro-alimentari e recettori di lavoratori.
Il Vietnam mantiene anche relazioni amichevoli, a volte ostentatamente, con
quelli che gli Stati Uniti definiscono “rogue states”, paesi “mascalzoni” messi
all’indice della comunità internazionale dal punto di vista economico e politico. Le
relazioni con la Libia, gli invii di aiuti all’Iraq, o la ripetuta condanna senza mezzi
termini del bombardamento della Jugoslavia, tutti sottolineati con grande enfasi dai
media, non sono interamente spiegabili nell’ottica della solidarietà tra paesi che in
vari modi si richiamano o si sono richiamati al socialismo. Non si parla più oggi di
paesi fratelli o di “amicizia speciale”, con l’eccezione del solo Laos, né il Vietnam si
associa ideologicamente in modo esplicito ad alcun Paese. Si vuole ribadire
l’indipendenza assoluta da blocchi e alleanze, e il perseguimento dell’amicizia con
tutti i Paesi, applicando rigidamente il principio della non ingerenza negli affari
interni. Il Vietnam, infatti, non si unisce mai alla condanna internazionale di fatti
avvenuti all’estero, non critica mai ufficialmente un altro Stato per eventi interni.
Infine, è spontanea la simpatia della popolazione e dei dirigenti vietnamiti nei
confronti di nazioni sottoposte all’embargo internazionale o addirittura ad un
intervento americano. Alle condanne ufficiali dell’intervento Nato in Jugoslavia, si è
unito un coro unanime di proteste da parte di semplici cittadini che si sentono vicini
alla piccola nazione opposta alla più formidabile alleanza militare del mondo.
Nonostante le differenti circostanze, un fattore emotivo interviene a ricordare le
circostanze nelle quali il Vietnam si trovò nel 1965.
3. ANALISI DELLA SOCIETA’
Si passa ora ad esaminare e studiare la società, punto di partenza necessario
per comprendere la cultura, gli atteggiamenti e gli usi del Vietnam. Ogni
imprenditore, per realizzare ed esprimere al meglio la propria attività, deve conoscere
e capire le relazioni sociali che sono alla base dei rapporti economici.
La popolazione vietnamita, oggi di circa 83 milioni di abitanti (Tab. 13) è in
costante crescita e vede notevolmente migliorare nel tempo le proprie condizioni,
come attestano i principali indicatori sociali (Tabb. 14-15).
Ancora vi è molto da fare ma si sta camminando nella giusta direzione. Le
disparità costituiscono certo un grande disagio sociale: tra ricchi e poveri, tra città e
campagna.
La crescita economica notevole, però, accompagnata da giuste direttive da
parte del Governo, quali gli investimenti su Sanità e Istruzione, capisaldi della
politica, dovrebbero portare nel giro di pochi decenni a condizioni nettamente
migliori.
Tab. 13. La popolazione del Vietnam: totale e divisa per sesso (in mil.).
Anno
Popolazione
Maschi
Femmine
1975
48
-
-
1976
49,2
23,6
25,6
1980
53,6
26
27,6
1985
59,9
29,3
30,6
1990
65,8
32,1
33,7
1995
71,4
34,8
36,6
1999
76,3
37,5
38,8
2000
79
38,8
40,2
2006
83,1
40,9
42,2
Fonti: General Statistical Office, Statistical Yearbooks.
Tab. 14. Principali indicatori sociali.
2000
2001
2002
2003
2004
2005
77.6
78.7
79.7
80.9
82.0
83.1
Popolazione(milioni)
234.8
239
242.1
245.7 249.1
252.4
Densità di popolazione per
Kmq
n.d.
68.2
n.d.
n.d.
71.2
n.d.
Speranza di vita (in anni)
94
n.d.
96
n.d.
n.d.
n.d.
Tasso di alfabetizzazione (%)
6.42
6.28
6.01
5.78
5.6
5.31
Tasso di disoccupazione (%)
7.95
7.39
7.8
6.84
n.d.
6.2
Ad Hanoi
6.48
6.04
6.73
6.58
n.d.
6.17
Ad HCMC
1,764
1,770
1,754
1,772 1,737
n.d.
Ospedali e cliniche
178
191
202
214
230
n.d.
Università
2.9
3.8
5.7
7.3
9.9
13.3
Telefoni (in milioni di unità)
3.7
4.8
7.1
9.1
12.1
15.9
Telefoni ogni 100 persone
108
110
109
109
112
108
Indice di sviluppo umano
Fonte: VET Research.
3.1. Cause di povertà
Un'inchiesta effettuata dal Ministero del Lavoro, Invalidi e Affari Sociali nel
1993 mirava a stabilire quali fossero le cause della povertà agli occhi di coloro stessi
quotidiane, consuma risorse e impedisce l'accesso ai mercati,
inchiodando le famiglie contadine in un'economia di sussistenza,
impedendo di disporre di quel poco di contante che consentirebbe
l'accesso alla scuola dei più piccoli;
-
mancanza di conoscenze tecniche: pur sapendo leggere e scrivere, i
contadini mancano di conoscenze tecniche per quanto riguarda la
pratica dell'agricoltura. Si stima che solo il 7,3% dei lavoratori rurali
ha ricevuto una formazione specifica, e anche su scala nazionale, pur
avendo la quasi totalità dei lavoratori un'istruzione di base, solo il
12% ha ricevuto un addestramento formale. L'istruzione limitata non
solo impedisce l'applicazione di tecniche moderne, ma influisce
negativamente sulla situazione igienico sanitaria, sulla nutrizione e
sulla pianificazione familiare.
3.2. Contraccolpi negativi dello sviluppo: la disparità di reddito e
l'urbanizzazione incontrollata
Un problema notevole nella società vietnamita è la crescente disparità di
reddito e standard di vita da campagna a città che continua a richiamare migliaia di
persone nei centri urbani. Gli uomini guidano il cyclo, il tipico risciò a pedali, o
cercano impiego nei cantieri o come facchini; le donne lavorano come venditrici
ambulanti di frutta, verdura o altro, e girano la città con le tradizionali ceste a
bilanciere. Sempre più numerosi bambini vendono giornali e cartoline o lustrano
scarpe. Si tratta di impieghi occasionali, mal retribuiti e soprattutto illegali: chi riesce
a trovare un simile lavoro è già considerato fortunato rispetto a coloro che vivono la
piaga della mancata occupazione.
Il 90% dei vietnamiti poveri vive nelle aree rurali. La percentuale di poveri
cresce vertiginosamente nelle aree remote e montuose, e si avvicina al 100% della
popolazione nel caso di alcune minoranze etniche come i H’Mong (popolazioni
nomadi di montagna presenti anche in Cina e qui chiamate Miao). Più del 60% della
popolazione vietnamita è impiegato nel settore agricolo, tuttavia, l’agricoltura produce
oggi soltanto il 20% del PIL del paese. Soltanto l’8,2% di capitali complessivi
investiti in Vietnam e il 6% dei capitali investiti da imprese estere sono destinati
all’agricoltura.
I contadini cominciano ad abbandonare i campi sovraffollati e ricercano
fortuna nelle città. Si stima che almeno un milione di persone siano migrate nei grandi
centri urbani; tuttavia, non avendo ricevuto alcuna formazione professionale specifica,
soprattutto negli ultimi anni di stagnazione economica, esse rischiano di non trovare
alcuna occupazione e di vivere di espedienti o di alimentare la criminalità. Il modello
economico più diffuso nei villaggi poveri è quello di autoconsumo: coltivazione di
una risaia e di pochi ortaggi per l’alimentazione della famiglia. All’agricoltura
praticata con metodi arcaici si affianca spesso l’allevamento su piccolissima scala. I
proventi monetari di questo tipo di economia sono insufficienti all’accumulazione di
capitali da investire per espandere le proprie attività, e spesso anche alla mera
sopravvivenza: molte famiglie vedono come unica soluzione la migrazione verso le
città.
Nei centri urbani la situazione è notevolmente migliore, e in fase di ulteriore
miglioramento. Il reddito medio pro capite di Ho Chi Minh City è stimato pari a 1500
dollari all’anno, quello di Hanoi a 1100 dollari all’anno,un livello molto superiore ai
740 dollari circa della media nazionale. Un economista vicino al governo stima che il
reddito pro capite annuo delle due città abbia raggiunto rispettivamente 2000 e 1500
dollari, se si include nel conteggio il settore informale. Tuttavia, anche nelle città il
divario tra ricchi e poveri sta aumentando, aggravato dall’afflusso costante di migliaia
di emigranti dalle campagne.
Nonostante gli incentivi previsti per rimediare alla meccanizzazione
dell’agricoltura, lo spettro della disoccupazione è ben presente, ed è la motivazione
che spiega la lentezza della riforma delle imprese pubbliche e della modernizzazione
agricola.
Infine, l'introduzione dell'economia di mercato sembra minacciare i pilastri
tradizionali del sistema sociale, quali sanità e istruzione: tali servizi oggi sono a
pagamento, se si esclude una percentuale di cittadini esonerati dalle tariffe base. In
molti villaggi, i bambini abbandonano la scuola per dedicarsi ad attività economiche;
alcuni si recano nelle città in cerca di fortuna. Il costo per mantenere uno studente
universitario in città è in vari casi superiore al reddito mensile di una famiglia
contadina, e le borse di studio sono disponibili soltanto per i più meritevoli, situazione
difficilmente raggiungibile per chi venga dalle povere scuole rurali. Le autorità hanno
introdotto un sistema di prestiti agli studenti; la banca di Stato per esempio ha
stanziato nella fase iniziale trentacinque miliardi di dong, di cui trenta provenienti dal
bilancio pubblico: ben più incisive misure sarebbero necessarie per garantire il diritto
allo studio.
Sempre più medici aprono studi privati attrezzati con strumenti moderni, dove
cittadini ricchi si fanno curare in cambio di salate parcelle. I vietnamiti più abbienti
cominciano anche ad usufruire delle cliniche internazionali aperte nei maggiori centri
urbani, con medici stranieri e standard e prezzi al livello dei paesi industrializzati. Gli
ospedali pubblici invece hanno una situazione molto discontinua: a parte le maggiori
città, essi sono obsoleti, privi d'attrezzatura e con una situazione igienica disastrosa.
3.3. La lotta contro la povertà: i risultati positivi delle riforme economiche
Le distruzioni della guerra, l’embargo internazionale e politiche economiche
errate, specie nel settore agricolo, mantennero la maggior parte della popolazione del
paese in una situazione di povertà assoluta fino alla fine degli anni ‘80.
Secondo stime delle Nazioni Unite, nel 1986 il 70% della popolazione viveva
sotto la soglia di povertà. Del resto, in periodi di conflitto, embargo e guerra fredda, la
priorità era stata assegnata alla difesa della patria, con la popolazione chiamata a
grandi sacrifici. Solo alla fine degli anni ‘80, con il ritiro delle forze vietnamite dalla
Cambogia, fu possibile recuperare l’economia di guerra e dedicarsi al miglioramento
delle condizioni di vita.
Nello spazio di pochi anni, il tasso di povertà in Vietnam è crollato.
Nel 1993, secondo la metodologia di calcolo utilizzata dalla Banca Mondiale
la percentuale di vietnamiti che vivevano sotto la soglia di povertà era ancora del 50%
circa; nello stesso anno, utilizzando gli indicatori prescelti dal Ministero del Lavoro,
Invalidi e Affari Sociali (MOLISA) vietnamita, tale percentuale era compresa tra il 30
e il 35%. La riduzione della povertà è continuata rapidamente negli anni del miracolo
economico. Il rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP (United Nations
Development Programme) del 1997 pone la percentuale di poveri al 26%, mentre il
MOLISA la pone al 18% nel 1998 e al 17% nel 1999. Le riforme hanno avuto il
merito di ridurre notevolmente il tasso assoluto di povertà, qualunque sia la
metodologia di calcolo utilizzata. La campagna di industrializzazione e il settore dei
servizi in espansione creano posti di lavoro; la costruzione di infrastrutture permette il
superamento delle difficoltà quotidiane, l’aumento della produttività e l’accesso a
nuovi mercati; i progetti di lotta alla povertà, quali l’erogazione di crediti agevolati
per l’investimento in attività produttive, permettono concretamente di sottrarsi alla
condizione di ristrettezza.
Il governo ha investito massicciamente e programma nuovi investimenti per il
futuro nella costruzione di infrastrutture urbane e rurali. Nel 1986, solo il 6% delle
famiglie rurali utilizzava l’elettricità; nel 1995 il 60% dei comuni era allacciato alla
rete nazionale, e alla fine del 1998 il Vietnam ha annunciato con orgoglio che tutti i
distretti del paese e l’85% circa dei comuni erano allacciati. Nel 1995 l’88% dei
comuni disponeva di una strada carrozzabile, mentre nel 1986 essi erano soltanto il
40%. Il tasso di mortalità infantile è crollato dal 54,8 per mille medio nel 1979-83, al
36 per mille del 1995-96. Praticamente tutti i bambini vengono vaccinati contro le
malattie infettive più diffuse.
Oggi, il tasso di
alfabetizzazione del Vietnam è del 93% circa (Tab. 14), e il 90% dei cittadini ha
accesso a cure mediche di base. La popolazione è pronta ad accogliere nuove
tecnologie, ad apprendere nuovi processi produttivi; le condizioni di vita vanno
migliorando e la lotta alla povertà sta ottenendo ottimi risultati rispetto altri paesi in
via di sviluppo, il cui reddito è superiore a quello del Vietnam. Anche nei momenti
più cupi, nei periodi di guerra, carestia, difficoltà economiche, il governo del Vietnam
ha puntato su sanità e istruzione, i due pilastri principali del suo sviluppo socioeconomico (Tabb. 15-16).
Tab. 15. Indicatori sociali a confronto con altri paesi asiatici.
Paese
Persone
Speranza di vita% donne
alfabetizzate
Pil pro capite Ppp
parlamentari
Vietnam
93,7%
68
26
$ 1.236
Cina
81,5%
69
21
$ 2.935
Arabia Saudita
63%
70
Nessuna
$ 8.516
India
52%
61
7,3
$ 1.422
Bangladesh
38%
57
9,1
$ 1.382
Fonte: UNDP, Human Development Report, 1998.
Tab. 16. Frequenza scolastica ai vari livelli per sesso ed etnia.
Livello
Elementare
Intermedio
Superiore
Maschi
Femmine Maschi
Femmine Maschi
Femmine
Media
92,1
nazionale 1998
Minoranze
63,8
1993
Minoranze
82,2
1998
90,7
61,3
62,1
30
27,4
-
6,6
-
2,1
-
-
36,5
8,1
-
-
Fonte: World Bank, 1999.
Il Vietnam dispone di una classe dirigente istruita e preparata, in genere
formata all’estero. Non soltanto la quasi totalità dei deputati eletti all’Assemblea
Nazionale dispone di un titolo di studio universitario, ma, a differenza della maggior
parte dei paesi in via di sviluppo e della stessa Cina popolare, anche a livello di
amministrazioni locali, persino nei villaggi più remoti, i dirigenti politici e
amministrativi sono generalmente laureati.
3.4. I vizi sociali
Le numerose riforme e l’introduzione di un sistema liberale hanno purtroppo
causato numerosi effetti collaterali, in particolare nei centri urbani: criminalità, droga,
prostituzione, e vizi già esistenti, quali la corruzione, hanno raggiunto negli ultimi
anni dimensioni decisamente preoccupanti. Le prostitute oggi sarebbero 176.000, il
60% delle quali di età inferiore ai 25 anni. Secondo il Dipartimento per la
Prevenzione di Vizi Sociali del MOLISA (Ministero del Lavoro, Invalidi e affari
Sociali), l'11% circa sarebbero minorenni, e molte sieropositive.
Anche la droga sta assumendo dimensioni preoccupanti: inizialmente
problema esclusivo del sud americano, divenuto un fenomeno marginale dopo la
riunificazione, limitata ad aree rurali e minoranze che tradizionalmente hanno sempre
consumato oppio senza entrare nel circuito dello spaccio. Oggi, benché il governo con
l'aiuto di organizzazioni internazionali abbia attuato con successo alcuni programmi di
lotta alla produzione di droga sulle montagne, l'uso di stupefacenti si sta diffondendo
tra i giovani nelle città, soprattutto tra gli studenti.
Per quanto riguarda la corruzione, questo male è talmente radicato a livello
capillare in ogni strato della società vietnamita, da rendere difficile una soluzione. I
salari dei funzionari pubblici sono molto bassi e spesso non sono sufficienti in un
paese dove i prezzi e le esigenze sono in aumento: la riscossione di una tassa
informale su ogni documento, pratica molto comune, permette di garantire uno
stipendio dignitoso. Il governo ha riconosciuto la dimensione del fenomeno e si
stanno studiando delle soluzioni, per esempio vietando a parenti stretti di manager
pubblici di avviare imprese private, o ai membri del partito di possedere attività
economiche in proprio. Ma non è difficile sviare queste norme e un incremento
sostanzioso dei salari rappresenta, senza dubbio, l'unica possibile via si fuga, sebbene
quasi impossibile, a causa delle limitate risorse del bilancio pubblico vietnamita.
Nelle società confuciane, quale quella vietnamita resta almeno in parte, la
corruzione è sempre stato oggetto di condanna e di preoccupazione all'interno di una
cultura politica, che ignora il garantismo e le esigenze democratiche.
3.5. Una società in trasformazione: l'eredità del confucianesimo
Tradizionalmente in tutto il mondo confuciano, la società e la famiglia
seguivano modelli rigidamente prestabiliti. L'obbedienza del suddito al sovrano, del
figlio al padre, della moglie al marito e del minore al maggiore era considerata parte
dell'ordine morale cosmico: ogni infrazione costituiva innanzitutto un'empietà. Il
significato etimologico della parola vietnamita "rivoluzione" (cach mang) significa
"sovvertire il mandato del cielo". Anche lo Stato era organizzato secondo un modello
paternalistico: in cambio dell'obbedienza e del rispetto dei sudditi, il sovrano doveva
garantire la sicurezza e il benessere, come un padre con i suoi figli. Il sistema
amministrativo e burocratico comprendeva i funzionari imperiali, detti dagli europei
"mandarini", nominati in seguito al superamento di un esame conclusivo del corso
universitario, teoricamente aperti a chiunque a prescindere dal censo e dalla nascita.
Come in Cina si trattava di un sistema strettamente meritocratico, a differenza di
quello aristocratico presente in Giappone. Il modello amministrativo ricalcava quello
cinese; gli esami per i funzionari si tenevano dopo corsi triennali al Tempio della
letteratura, fondato nel 1044 e prima università del Vietnam. A livello locale, esami di
grado inferiore laureavano i funzionari di rango più modesto.
La dottrina confuciana fu introdotta in Vietnam con la dominazione cinese,
soprattutto a partire dall'undicesimo secolo (dinastia Ly), e si amalgamò con le forme
preesistenti di società più prossime ai modelli del sud-est asiatico, talvolta
sostituendosi, talvolta mitigando alcuni suoi aspetti. Per esempio, la posizione della
donna vietnamita nella storia e nella società è ben diversa da quella della donna
cinese: le donne vietnamite godevano di vari diritti come quello alla proprietà ed
erano parzialmente tutelate nel matrimonio. La storia vietnamita celebra eroine come
le due sorelle guerriere Trung, che affrontarono i cinesi nel I secolo d.C. alla testa di
un esercito comandato da donne ufficiali, e dama Trieu, che, oltre che essere un'eroina
delle guerre di indipendenza contro i cinesi, è ricordata nella letteratura e nei racconti
popolari come un esempio di donna indipendente e spregiudicata. I culti popolari delle
divinità femminili, prima fra tutte la madre, confermano questa tradizione. La
posizione della donna in Vietnam è uno dei segni della durevole sopravvivenza di un
corredo antropologico originario, sopravvissuto all’invasione culturale cinese.
Il confucianesimo esaltava l'ordine sociale rigido, detestava i sovvertimenti,
predicava la virtù, la disciplina, la prevalenza dell'interesse del gruppo su quello
individuale: un substrato su cui ben si è inserito il sistema attuale. Con modalità e
forme diverse nei diversi paesi e nelle diverse situazioni e vicende storiche, le
popolazioni dei quattro paesi influenzati dall’insegnamento confuciano (Vietnam,
Cina, Giappone e Corea) hanno anteposto l'interesse pubblico a quello del singolo. Di
fondamentale importanza in queste società sono gli ideali comuni: socialisti e
indipendentisti, nel caso di Vietnam e Cina; fedeltà alla patria e all'azienda in
Giappone.
Una visione superficiale della quotidianità in Vietnam non permette di
comprendere questa logica di gruppo che può divenire un collettivismo: un popolo
tipicamente evasore sul piano fiscale, che non rispetta le file, che passa col rosso e
imbroglia quando possibile i clienti nei negozi sembra piuttosto fieramente
individualista. Ci si chiede inoltre come un popolo sentimentale, amante della
famiglia, dei bambini e delle canzoni romantiche abbia potuto tollerare decenni di
guerre atroci con grande spirito di sacrificio. Ma oltre alle apparenze nelle situazioni
banali, la fedeltà vietnamita al dovere superiore e ineluttabile (nghia) appare nelle
emergenze o nei grandi momenti della vita: accudire un familiare, rinunciare a un
amore osteggiato dei genitori, versare i propri risparmi per il matrimonio di un cugino,
sono gesti comuni anche nel Vietnam di oggi, i cambiamenti sono limitati alle grandi
città.
Il rispetto per l'autorità familiare si amplifica nel rispetto di quella nazionale in
occasione di iniziative pubbliche in cui il cittadino è chiamato a contribuire alla
comunità o a diffondere la patria: tutti, indipendentemente dalle posizioni individuali,
si "stringono attorno alla bandiera", pronti a qualsiasi rinuncia. A questo si deve
aggiungere la solidarietà tipica della cultura vietnamita, che appare in modo evidente
in caso di calamità naturali. In seguito alla terribile alluvione che ha devastato Hue e
varie province centrali nel novembre 1999, squadre di volontari, soprattutto giovani
studenti, si sono dedicati con entusiasmo allo sgombero delle macerie e a varie
iniziative di sollievo e assistenza, lavorando incessantemente per ripristinare i servizi
pubblici prima di riparare le loro stesse case danneggiate. Da nord a sud dei cittadini
di ogni età e possibilità economiche hanno gareggiato nel raccogliere contributi,
mentre le vittime rimaste senza casa venivano alloggiate da amici, parenti e anche da
sconosciuti. Nel rispetto del dovere superiore, i vietnamiti difficilmente si
abbandonano agli eccessi e al fanatismo che hanno contraddistinto, ad esempio, la
rivoluzione culturale in Cina, e affrontano le situazioni con ironia e valutando sempre
il caso umano.
Un altro carattere distintivo delle società influenzata dal confucianesimo è il
notevole conformismo predicato e attuato in vari aspetti della vita: il singolo non
desidera spiccare per diversità rispetto al gruppo, anzi l'omologazione di gusti,
modelli culturali, comportamenti e dello stile di vita in generale è molto accentuata.
Nessuno desidera essere "diverso dagli altri" o "dare nell'occhio", anche la recente
corsa agli status symbol è dettata dall'esigenza di emulare piuttosto che di distinguersi.
Sembra ancora essere interiorizzato il principio confuciano in base al quale "i chiodi
che emergono dal pavimento vengono martellati".
Il tramonto progressivo degli ideali confuciani costituisce una grossa minaccia
per sistema vietnamita: le autorità lo hanno ben compreso ed esaltano il ritorno e il
mantenimento dei valori tradizionali in contrapposizione all'individualismo ispirato a
modelli stranieri. Del resto, la tradizione rivoluzionaria vietnamita e lo stesso Ho Chi
Minh hanno evitato la denuncia dei valori confuciani che ha invece contraddistinto la
rivoluzione cinese. Vi sono, per questo, varie ragioni storiche, tra le quali non va
dimenticato il tentativo di resistenza alla colonizzazione francese, sostenuto da
almeno una parte dei dotti confuciani alla fine del XIX secolo e la provenienza di
molti rivoluzionari da famiglie di mandarini. Il forte interesse tipico della tradizione
confuciana per la cultura e l'istruzione rappresenta un fattore molto positivo per lo
sviluppo economico, sociale e ovviamente culturale del paese odierno. Le famiglie di
oggi sono disposte a immani sacrifici pur di offrire ai figli la migliore educazione
possibile; gli studenti vietnamiti si dedicano con entusiasmo a lezioni supplementari,
corsi di lingua straniera ed informatica, e molti non si accontentano della prima
laurea. La valorizzazione dello studio per fini individuali e anche nazionali è uno dei
tratti tipici di tutte le società dell'Asia orientale e costituisce, ad esempio, una delle
spiegazioni del successo del Giappone.
3.6. Popolazione e famiglia
Il modello di famiglia estesa, tipico delle società rurali anche in Europa, è
ancora prevalente in Vietnam. Le giovani spose di campagna entrano nella casa del
marito, specialmente se questi è il maggiore al Nord, erede del culto degli antenati e
della casa paterna, o il minore al sud, destinato a convivere con gli anziani genitori. In
città, benché un numero sempre crescente di giovani coppie agiate si costruisca una
dimora indipendente, la carenza di spazi abitativi, oltre alla tradizione, costringe nella
maggior parte dei casi alla coabitazione di più generazioni sotto lo stesso tetto. E' raro,
comunque, per gli anziani vivere da soli: il senso del rispetto e gratitudine tradizionale
per gli anziani spinge i giovani a prendersene cura. Tuttavia, la frattura tra città e
campagna è evidente.
Questa tradizione è sulla via del cambiamento, almeno nei centri urbani e
soprattutto a Ho Chi Minh City. L'89% dei giovani di età inferiore ai 25 anni
intervistati nella metropoli meridionale dal giornale Thanh nhien, dichiara che
preferirebbe non convivere con i suoceri. Il matrimonio è considerato ancora quasi un
obbligo, tanto da considerare "strane" le persone che scelgono di restare single; la
convivenza prima del matrimonio è generalmente condannata e molte famiglie
prediligono tuttora un figlio maschio. A Ho Chi Minh City si moltiplica il numero dei
giovani che ritardano il matrimonio o restano single preferendo la carriera economica
o sociale; in generale l'età media del matrimonio oggi è di 28,6 anni per i ragazzi e
24,5 per ragazze, contro i 22-23 anni e i 18-20 anni per ragazzi e ragazze
rispettivamente nella generazione nata nel 1945.
Sempre più giovani coppie urbane, specie nei ceti più istruiti convivono prima
del matrimonio. Il modello di sessualità sta cambiando: si nota un distacco tra la
generazione adolescente e i genitori. Attualmente, sono in corso tentativi di diffondere
l'educazione sessuale nelle scuole o tramite associazione di massa come l'Unione delle
donne o l'Unione della gioventù. È positivo l'aumento dei contraccettivi, anche se
spesso il suo utilizzo è saltuario o scorretto. L'accettazione del principio della
contraccezione costituisce un'importante svolta politica, in quanto alla fine degli anni
‘70 l'urgenza del contenimento della popolazione era scarsamente percepita dalle
autorità, anche per le conseguenze psicologiche delle gravi perdite subite negli anni di
guerra. Oggi il governo ha ben presente il pericolo posto dal sovraffollamento del
territorio, e ha introdotto una vigorosa campagna di controllo sulle nascite. I dati sul
tasso di fecondità dimostrano che la limitazione delle nascite a due figli per coppia
funziona nelle aree urbane e tra gli impiegati statali, minacciati di licenziamento in
caso di violazione. I modelli tradizionali sono più radicati nelle aree rurali
specialmente remote e montuose, sebbene negli ultimi anni si registrino dei
miglioramenti, dovuti alle numerose campagne di informazione.
Anche la predilezione per i figli maschi sta scomparendo a Ho Chi Minh City,
dove l'85% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere indifferente al sesso dei
figli, ma è ancora spiccata in campagna, tanto da indurre varie coppie ad infrangere a
oltranza la politica di controllo delle nascite solo per questo motivo. La necessità per i
contadini di avere figli maschi si spiega, come in Cina, con il bisogno di contare sul
reddito dei giovani per sopravvivere in vecchiaia: ed è il figlio maschio, non importa
se il primo o l'ultimo, quello che resta in casa e vi porta la moglie.
Sebbene in Vietnam la speranza di vita sia molto elevata, specie per un Paese
in via di sviluppo e la fecondità sia in diminuzione, la popolazione vietnamita è
ancora molto giovane (solo l'8% ha un'età superiore ai 65 anni, e più del 40% ha meno
di 18 anni).
Un altro fattore molto importante all'interno della famiglia e della società
vietnamita soprattutto nelle città è lo stacco generazionale, paragonabile a quanto
avvenuto in Europa negli anni ‘70, ma molto più accentuato, in quanto il quadro
sociale muta in maniera molto più rapida. Le generazioni nate e vissute durante la
guerra ventennale, avendo sacrificato la propria giovinezza per liberare il paese,
affrontando sacrifici e privazioni in nome di un ideale comune, non comprendono lo
stile di vita e le aspirazioni dei giovani nati nel dopoguerra, che vivono
edonisticamente, ricercando continuamente comodità, svaghi e l'accesso ai consumi. Il
rispetto degli anziani è un valore saldo all’interno della società vietnamita e ciò è
fondamentale, in primis, ai fini della salvaguardia dei valori tradizionali, solidarietà e
giustizia sociale.
3.7. Le minoranze etniche
Come la maggior parte dei paesi nella regione, anche il Vietnam non è
etnicamente omogeneo: convivono cinquantaquattro diversi gruppi etnici, suddivisi
per ceppo linguistico in tre grandi raggruppamenti. L'89% della popolazione
appartiene all'etnia predominante Kinh o vietnamita, meno di 8 milioni di abitanti
appartengono invece alle cinquantatré etnie rimanenti, alcune delle quali contano
poche centinaia di persone. I disordini a sfondo etnico non sono un problema
all’interno della popolazione, proprio a causa del numero esiguo dei componenti,
nonché della collocazione geografica in zone isolate.
Nell’ambito dei gruppi "minoritari" il più importante per numero di
componenti e posizione economico – sociale, è costituito dagli Hoa, etnia cinese,
discendente di gruppi di profughi, che, a causa di guerre e carestie susseguitesi in Cina
nel corso dell'età moderna e contemporanea, più volte varcarono la frontiera.
Comunità di immigrati cinesi, d’altronde, affini agli Hoa del Vietnam sono presenti
in tutti paesi del sud-est asiatico, con differenti gradi di inserimento e di assimilazione
rispetto alle popolazioni locali: sono comunità tradizionalmente coese all’interno e
chiuse all'esterno; tendono a vivere nelle grandi città dedicandosi prevalentemente al
commercio, alla finanza e all'industria. Il Vietnam è probabilmente uno dei paesi in
cui più le popolazioni di etnia cinese sono state assimilate meglio nell’ambito della
società autoctona: ciò dipende dal comune sostrato culturale - religioso, a differenza
di regioni quale l'Indonesia in cui domina l'Islam.
Gli Hoa erano più di un milione nel 1975 e avevano un ruolo fondamentale nel
sistema economico all'epoca del regime di Saigon, anche grazie a speculazioni e
monopoli; molti lasciarono il paese in seguito agli incidenti di frontiera tra Vietnam e
Cina e al sequestro dei loro patrimoni successivo alla collettivizzazione: lo scontro fu
motivo di impoverimento per il Vietnam, sia dal punto di vista finanziario, sia da
quello produttivo. Oggi, circa seicentomila Hoa vivono in Vietnam, soprattutto nel
pittoresco quartiere cinese di Cho Lon a Ho Chi Minh City, e stanno rapidamente
riconquistando le posizioni perdute in campo economico, anche incanalando gli
investimenti provenienti da Taiwan, Hong kong, Singapore e dalle altre comunità di
“cinesi d'oltremare” sparse nei paesi vicini. Il loro reddito è superiore alla media
vietnamita, senza contare il mondo del sommerso da essi dominato. Inoltre, grazie alla
nuova politica di tolleranza, essi possono utilizzare e insegnare la lingua cinese,
valorizzandola attraverso un fiorire di attività culturali.
Ben diversa è la situazione delle altre minoranze etniche, prevalentemente
abitanti di aree montuose e isolate (Tabb. 16-17). Attualmente, il governo assistito da
organizzazioni internazionali e non governative, sta compiendo numerosi sforzi per
modernizzare lo stile di vita di tali etnie minoritarie: cospicui fondi sono dedicati alla
costruzione di infrastrutture e ai programmi di differenziazione dall'agricoltura e di
allevamento. Inoltre, si incoraggia la partecipazione delle minoranze alla vita civica,
come testimonia il crescente numero di deputati etnici eletti all'Assemblea nazionale.
Vi è però da considerare l’altra faccia della medaglia: il progresso, per quanto
necessario, rischia di mettere a repentaglio le culture tradizionali. I giovani più
brillanti studiano in città e assumono usi e costumi propri dell'etnia dominante,
dimenticano la lingua, e in molti casi finiscono per non tornare a vivere nel villaggio.
Quelli che ritornano trasmettono immagini capaci di cambiare lo stile di vita
dell'intera comunità.
Tab. 17. Indagine sui tassi di povertà delle minoranze.
Provincia e gruppo etnico
Tasso di povertà
Ha Giang
n.d.
Etnia H’Muong
51,7%
Dac Lac
Media 15%
Etnia M’nong
67,1%
Lai Chau
Media 35%
Etnia Si La
93,8%
Vietnam
Media 17%
Fonte: National Assembly Council of nationalities.
Pur modernizzando, si cerca di promuovere e preservare la lingua, le usanze
religiose e tradizionali, i costumi etnici, e sempre più studi hanno come fine la tutela
di questo prezioso patrimonio culturale. Le autorità provinciali e le organizzazioni di
massa stanno introducendo progetti di sviluppo dell'artigianato locale al fine di
mantenere i mestieri tradizionali nelle varie etnie facendone anzi una fonte di reddito.
Il sogno romantico di lasciare le minoranze nelle condizioni originarie, d’altro
canto, porterebbe loro solo una maggiore miseria ed emarginazione, con la
conseguenza dell'estinzione di vari gruppi a scadenza non lontana. È preferibile,
quindi, come stanno facendo le autorità vietnamite, tentare di garantire alle tribù
infrastrutture e l'accesso ad uno stile di vita più moderno, pur contribuendo
attivamente alla conservazione di una cultura millenaria, la cui tutela e salvaguardia
sono fondamentali anche ai fini di un considerevole ritorno economico.
3.8. Il ruolo della donna
Nella società vietnamita la donna gode di grande libertà, specie se paragonata
al ruolo della stessa nella tradizione cinese. Il governo socialista, con i suoi principi
paritari, ha poi determinato il superamento di ogni forma di discriminazione. La
costituzione del 1946 afferma esplicitamente la parità dei sessi, poi ripresa dalla
costituzione del 1959 in cui è specificata l'uguaglianza nel lavoro, nonché dalla legge
sul matrimonio e sulla famiglia dello stesso anno, che ribadisce la parità della donna
nell’ambito familiare. Infine, la costituzione del 1980 consacra la libertà di scelta del
partner matrimoniale e vieta la discriminazione tra figli e figlie. Ultima nata, la
Costituzione del 1992 afferma l'impegno dello Stato a valorizzare il ruolo della donna
all’interno della società. Varie commissioni e organismi statali si occupano dello
studio delle questioni femminili, nonché dell’eliminazione di qualsiasi forma di
discriminazione.
Nella pratica, il Vietnam ha raggiunto un buon livello di parità tra i sessi:
mentre nella classificazione in base al solo reddito è al centoquarantottesimo paese al
mondo, l'indice di sviluppo umano corretto per la parità sessuale il Vietnam è al
centottesimo. Nell'attuale legislatura le donne rappresentano il 26% dei parlamentari;
nel 1996 esse erano il 20,4% dei delegati dei Comitati popolari a livello provinciale, il
18,4% a livello di distretto e il 14,4% a quello di comune. Le donne occupano
posizioni direzionali all'interno di imprese statali o private, anche in settori di
tradizionale dominio maschile, quali l'ingegneria. Secondo un'inchiesta del sindacato,
già nel 1993 il 16,8% dei direttori d'impresa e il 26,6% dei vicedirettori erano di sesso
femminile, così come l'8% dei direttori e il 14% dei vicedirettori delle potenti
corporazioni. Le donne svolgono tutte le professioni: dal medico all'ufficiale
dell'esercito, dal muratore al docente universitario, per non parlare del piccolo
commercio, quasi interamente in mani femminili. L'opportunità di carriera per le
vietnamite sono superiori rispetto a quelle delle donne di molti paesi d'Europa.
Gran parte dei micro-crediti rurali sono erogati alle donne, sia per migliorare la
loro posizione all'interno della famiglia, sia perché esse sono considerate più oculate
amministratrici dell'economia domestica. Varie azioni a favore delle vietnamite sono
promosse dall'Unione delle donne. Questa organizzazione di massa facente capo al
fronte patriottico è presente a livello capillare nei villaggi.
Concludendo, le donne vietnamite hanno ancora molta strada da compiere se
paragonate alle loro sorelle dei Paesi più paritari d'Europa, ma la loro situazione è
nettamente migliore di quella di quasi tutti i Paesi in via di sviluppo, e paragonabile a
quella dei Paesi mediterranei.
3.9. La sfera religiosa
La religione autoctona vietnamita era un culto animista, di adorazione di spiriti
che rappresentavano le forze della natura; le cerimonie erano legate ai cicli di raccolti
e esaltavano la fertilità. In seguito, al culto degli spiriti celesti (thien than, termine
utilizzato anche per definire gli angeli della religione cattolica) si affiancò il culto
degli spiriti dei defunti. La posizione di cerniera e crocevia tra il mondo sinizzato e
l'Asia sud - orientale ha favorito l’introduzione di religioni e codici morali
dall’esterno: il buddismo dall'India, il taoismo e il confucianesimo di matrice cinese si
innestarono sui culti locali amalgamandosi in una religione sincretica.
Tra le religioni codificate, il taoismo è più praticato nella parte settentrionale,
mentre il buddismo ha messo radici al sud; inoltre, vi è una forte minoranza cattolica,
alcune sette (tra cui le più famose Cao Dai e Hoa Hao), e limitate minoranze
protestanti e musulmane.
La religiosità vietnamita è estremamente tollerante, il sincretismo è evidente
soprattutto al nord, dove può accadere che lo stesso tempio ospiti un padiglione
buddista e uno taoista. Il codice morale del confucianesimo rappresenta poi la base di
tutto a cui si sovrappongono e amalgamano le altre religioni in un sincretismo
religioso di eccezionale interesse. Si associa il sovrano in carica e ancora vivo ai culti
sopra descritti, facendolo diventare il figlio del cielo, rappresentante dell'imperatore
divino in grado di comandare gli spiriti. È interessante notare come sia nei culti
tradizionali, che nel Pantheon taoista vietnamita ci sia una forte presenza di dee e
sante, sia di origine celeste che umana.
Nella pratica quotidiana, il culto popolare è molto vicino al cattolicesimo
popolare e superstizioso delle campagne mediterranee: il re del cielo, la madre, e una
schiera di santi e sante, alcuni dei quali personaggi storici realmente esistiti, a cui
chiedere grazie e miracoli, fare offerte ed ex voto.
Riaffiorano tradizioni quali la geomanzia e la cartomanzia: rituali comuni e
diffusi. La maggior parte dei vietnamiti, anche di status sociale elevato, non
affronterebbe mai un evento importante senza consultare un cartomante; come in
Italia, sedicenti "maghi" organizzano complicate e costose cerimonie per cacciare il
malocchio.
Durante l'epoca della collettivizzazione la sfera religiosa fu fortemente
osteggiata in Vietnam: vari templi furono chiusi o destinati ad altri scopi, le cerimonie
pubbliche furono proibite in nome dell'ateismo di Stato. La politica di riforme, che ha
portato alla liberalizzazione di tutta la sfera del cittadino, ha riportato anche la libertà
di culto. Così oggi è tutto un moltiplicarsi di iniziative religiose, di restauro di antichi
templi e costruzione di nuovi, edificazione di chiese e pagode, riscoperta di feste
paesane e culti tradizionali e gli stessi membri del comitato centrale del Partito
Comunista e del Politburo partecipano pubblicamente o esprimono i propri auguri in
occasione di celebrazioni.
La prima festività in ordine di importanza è il “Tèt”, capodanno lunare che
cade tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, grandemente celebrata, sia a livello
privato che pubblicamente.
Anche la religione cattolica, fortemente osteggiata in passato, anche per il suo
riconoscimento di una suprema autorità esterna che la sottrae al controllo dell'autorità
nazionale e per i legami con il regime coloniale francese e quello di Saigon, è oggi
praticata liberamente: prelati cattolici siedono in Parlamento e il dialogo con il
Vaticano procede. Varie fonti straniere accusano il Vietnam di violare la libertà
religiosa: in realtà, le forme e le espressione di culto sono completamente libere
attualmente. Tuttavia, lo Stato mantiene il controllo delle attività religiose
organizzate: sia la Chiesa buddista che quella cattolica sono state riunite in formazioni
nazionali legate al fronte patriottico. Non è l'aspetto religioso che interessa, ma quello
politico: gli episodi di repressione sono intervenuti là dove l'organizzazione religiosa
si configurava, anche per ragioni storiche, come una base di dissidenza
antigovernativa. In questi casi, il confine è talvolta difficile da stabilire.
La riscoperta della religione rientra nell’ambito della riscoperta della più
ampia sfera culturale tradizionale, che le autorità mirano a salvaguardare e tutelare, in
contrapposizione ai vizi insiti nella contemporanea società vietnamita. Tutte le
religioni, col loro predicare la virtù, non possono non contribuire, seppur in minima
parte, alla lotta contro i mali delle moderne società: droga, prostituzione, corruzione,
individualismo e consumismo.
3.10. Lo stile di vita
La morale confuciana prima, il socialismo poi, hanno idealizzato uno stile di
vita sobrio e frugale, in cui l'ostentazione di lusso e gli sprechi erano condannati. In
particolare, a partire dalla dichiarazione d'indipendenza del paese nel 1945, le
successive guerre contro la Francia e gli Stati Uniti, l'intervento in Cambogia e il
conflitto di frontiera con la Cina, hanno costretto i cittadini a uno stile di vita spartano
in cui le autorità richiedevano sacrifici per la salvezza della patria. Del resto, prima
dell'avvio delle riforme i beni di consumo erano scarsi, a causa della povertà del
paese, appena uscito dai vari conflitti, e dell'enfasi sull'industria pesante. Fino alla
metà degli anni ‘80 vigeva un duro razionamento dei beni essenziali e la bicicletta era
un lusso, gli svaghi criticati, l'abbigliamento spartano. La polizia controllava
l'abbigliamento dei giovani per impedire il diffondersi di mode americaneggianti: a
chiunque portasse abiti non conformi allo stile predominante veniva tagliato con le
forbici l'indumento incriminato. Fino all'inizio degli anni ‘90 le donne di Hanoi
portavano i tipici calzoni ampi ancora oggi diffusi tra le contadine, e le gonne erano
rarissime. Le minigonne, oggi comuni, sono comparse verso la metà degli anni ‘90.
I cittadini tornavano a casa dal lavoro e andavano a dormire per alzarsi all'alba
il giorno dopo, svegliati da altoparlanti che diffondevano slogan e notizie. Fino alla
metà degli anni ‘90 ad Hanoi erano in funzione soltanto rarissimi locali notturni
generalmente frequentati da prostitute e stranieri e le strade erano buie e deserte.
Prima dell'introduzione delle riforme non esistevano praticamente forme di
divertimento. Le uniche eccezioni erano le festività, soprattutto il Tèt, in cui i cittadini
facevano la fila per acquistare zucchero e altri ingredienti per dolci e piatti
tradizionali; lo svago consisteva soprattutto in un buon pasto e la visita a parenti e
amici. Naturalmente, il grande mercato nero assicurava la fornitura di generi e
quantità alimentari irraggiungibili. In particolare al sud, da sempre più consumista e
influenzato dallo stile di vita dei militari americani, il periodo "ascetico" è durato per
una breve parentesi: dalla collettivizzazione forzata della fine degli anni ‘70, per circa
un decennio, quando il rinnovamento e il crescente benessere economico hanno poco
per volta permesso il riaffiorare di modelli di vita e di consumo di stile internazionale.
La politica di riforme ha completamente rivoluzionato lo stile di vita dei vietnamiti di
città: essa proprio sul costume ha avuto il suo impatto più forte.
Nel 2004 a Ho Chi Minh City secondo il locale ufficio statistico, il 97% delle
famiglie possedeva un televisore, il 83% il motorino e il 76% il videoregistratore
(Tab. 7); anche nelle campagne il televisore è un bene universale, e nelle città
cominciano a diffondersi elettrodomestici più sofisticati, come la lavatrice e il forno a
microonde. I negozi e i nuovi supermercati e centri commerciali traboccano di merci
nazionali e importate; è facile trovare boutiques fornite delle più grandi firme della
moda occidentale, quali Luis Vuitton, Cartier, Gucci etc. Un cambiamento radicale
dalla metà degli anni ’90: il crescente ceto medio ha accesso ad ogni sorta di bene di
consumo, si seguono le mode parigine e vengono impiegati cosmetici importati, si
frequentano ristoranti di lusso e caffè alla moda, discoteche e centri sportivi.
Anche le vacanze non sono più un privilegio elitario o un premio aziendale ai
lavoratori meritevoli: negli anni più recenti si è diffusa l’abitudine di viaggiare sia alla
scoperta del Vietnam e dei paesi vicini, ma si raggiungono anche mete più
impegnative, quali la lontana Europa. La Thailandia, vicina e poco costosa, è la meta
favorita, Le agenzie di viaggio pubblicizzano "pacchetti" per i periodi di ferie.
Dal 1 ottobre 1999 è stata introdotta la settimana lavorativa di 40 ore: le
autorità, oltre a riconoscere un mezzo per assorbire disoccupazione nascosta negli enti
pubblici, hanno deciso di stimolare la domanda aggregata incoraggiando il pubblico a
spendere e consumare. Gli investimenti pubblici, privati e stranieri si rivolgono
sempre più a centri ricreativi, sportivi e simili, che soddisfano una domanda di svago.
Questi cambiamenti hanno migliorato il tenore di vita della popolazione, che ha avuto
accesso a comodità moderne, nuove forme di vita sociale e culturale, svaghi e piaceri
a lungo negati.
Soprattutto ai giovani vietnamiti si è aperta una finestra sul mondo: sono
diventati più cosmopoliti, meno timidi, più indipendenti.
D’altro canto vi è l’altra faccia della medaglia: il rischio di cadere nell'opposto
eccesso di un consumismo sfrenato che pone il denaro al centro del sistema di valori,
cancellando le tradizioni di solidarietà ed egualitarismo. Specie se si considera che le
differenze fra ricchi e poveri, fra città e campagna, stanno diventando abissali.
4. IL VIETNAM VERSO IL FUTURO: PROBLEMI E SFIDE PER IL NUOVO
MILLENNIO
4.1. Fornire la canna da pesca
Il maggiore problema dei vietnamiti poveri, specie nelle campagne, risulta
essere la mancanza di capitale. Essi non hanno bisogno di carità, ma di strumenti atti a
costruire le basi per un miglioramento delle proprie condizioni, che possa consentir
loro di vivere in maniera autonoma. Non hanno bisogno che si doni loro il pesce,
quindi, ma che si insegni a pescare. E che si fornisca una canna da pesca. Le
istituzioni creditizie ufficiali non erogano prestiti alle famiglie più povere, prive di
garanzia e collaterali. In mancanza di progetti di credito ad hoc, quindi, l'unica fonte
di capitale possibile sono parenti e amici, o anche gli usurai, diffusi nei villaggi
vietnamiti, che applicano tassi d'interesse elevatissimi innescando un giro vizioso.
Nel 1996 le autorità hanno istituito la Banca dei Poveri, specializzata in
prestiti senza collaterali a interesse agevolato, e oggi presente capillarmente nella
maggior parte dei comuni. La banca non prevede formazione, e spesso i beneficiari
non sanno come impiegare i fondi in modo efficiente. Del resto, alcune famiglie non
osano indebitarsi neppure presso istituzioni creditizie specializzate nel prestito ai
poveri, per paura di non riuscire a ripagare il debito e subire sanzioni quali il
pignoramento dei pochi beni.
Più fortuna hanno avuto i progetti di micro-credito, finanziati dallo stesso
governo vietnamita, da varie organizzazioni internazionali fra cui l'UNDP (United
Nations Development Programme) e da numerose organizzazioni non governative. Il
principio è quello del prestito agevolato, unito però a corsi di formazione che
permettono un utilizzo efficiente della somma e a uno schema organizzativo che
riduce al minimo le possibilità di fallimento. La somma erogata a una singola famiglia
è modestissima: poche decine di dollari in qualche caso, sufficienti per avviare un
piccolo allevamento, l'acquicoltura o la piantagione di frutta e ortaggi. Il modello più
usato è quello del VAC (Vuong, Ao, Chuong, le tre parole vietnamite che significano
orto, stagno per l'acquicoltura e recinto per animali). Questo schema, molto facile da
realizzare, ha il merito di spezzare l'economia di sussistenza permettendo la vendita di
prodotti e quindi l'accumulo di un piccolo capitale da investire in futuro in altre
attività più differenziate. Altri schemi finanziano piccole attività artigianali o nel
settore dei servizi. I beneficiari sono spesso riuniti in gruppi di credito e risparmio,
con meccanismi di controllo reciproco attuati tramite riunioni frequenti con pubblica
discussione dei risultati ottenuti, e tramite la rotazione del credito, che, una volta
restituito, sarà erogato a un altro membro del gruppo. Talvolta, per incoraggiare la
responsabilizzazione dei beneficiari, si decide che l'intero gruppo debba sostenere
l'eventuale perdita subita da uno dei membri.
Al fine di abituare le famiglie ai meccanismi del credito bancario, e metterle in
grado di accedere in futuro a schemi di prestito ufficiali quali la banca di poveri e le
casse rurali, si tengono corsi specifici per i partecipanti; inoltre, questi si impegnano a
risparmiare mensilmente una somma prestabilita. Parallelamente al programma di
micro-credito l'ente donatore organizza solitamente corsi di formazione obbligatori e
gratuiti in cui esperti locali insegnano le tecniche inerenti all'attività prescelta, per
esempio tecniche di allevamento efficiente e moderno. Una o più giornate del corso
sono dedicate sempre e comunque alla salute materno - infantile, all'igiene domestica
e alla pianificazione familiare.
Fino alla fine del 1997, più di 2 milioni di dollari sono stati investiti in progetti
di micro-credito; tuttavia, tra l'inizio del 1998 e la fine del 2000, secondo il
programma nazionale di lotta alla povertà, ben 500 milioni di dollari sono stati
dedicati complessivamente a programmi di credito e istituzioni creditizie rurali. Il
tasso di crescita dei progetti di micro-credito è elevatissimo, prossimo al 100% in
alcuni casi. Quando le famiglie restituiscono il debito, esse sono in grado di procedere
da sole reinvestendo i proventi, anche grazie alla professionalità acquisita.
Generalmente, la guida di questi progetti è affidata all'Unione delle donne. Non solo
l'Unione si è dimostrata un partner onesto e efficiente, che ha ormai accumulato
notevole esperienza in questo tipo di progetti: le sue funzionarie e volontarie
conoscono bene i problemi della povertà e della vita quotidiana in campagna e la
situazione particolare di ogni famiglia. A differenza degli uomini, le donne hanno la
minima probabilità di spendere il prestito in "vizi sociali" quali alcol e prostituzione.
Infine, l'affidamento del progetto alle donne contribuisce ad elevarne l'immagine
sociale e il potere all'interno della famiglia. I progetti di credito si sono rivelati
strumenti efficaci nella lotta alla povertà.
Il governo ha selezionato mille comuni tra i 1715 in cui più del 40% della
popolazione vive sotto la soglia di povertà. Essi hanno beneficiato per primi della
costruzione di infrastrutture e dei crediti, e dovranno a loro volta dare la priorità alle
opere giudicate più urgenti. L'idea di base consiste nell'affrontare
contemporaneamente tutte le cause di povertà: senza una strada, per esempio, un
progetto di micro-credito sarebbe inutile, in quanto i contadini non potrebbero
facilmente vendere i loro prodotti. Alla fine del 2001 tutti i comuni vietnamiti sono
stati dotati di allacciamento alla rete elettrica l'accesso a strade carrozzabili, un
ambulatorio e una scuola con sufficienti attrezzature. Inoltre, gli aspetti sanitari sono
considerati di fondamentale importanza, e un'enfasi particolare è posta sulla
prevenzione di malattie e malnutrizione. Dal 2005 l'80% degli abitanti rurali ha
accesso all'acqua potabile, anche grazie all'intervento dell'UNICEF, nel 2010 ogni
cittadino vietnamita dovrebbe disporre di questa preziosa risorsa.
Nel 2010 la povertà dovrà essere completamente eliminata: un tentativo unico
tra i Paesi in via di sviluppo in qualsiasi parte del mondo.
Al fine di reperire parte del capitale necessario, immenso per le modeste casse
dello Stato vietnamita, le autorità chiedono il contributo della popolazione. Per
esempio, gli abitanti di un comune sono tenuti a contribuire alla costruzione di una
strada in forma di tasse o in alternativa di lavoro manuale prestato per la realizzazione
dell'opera, secondo un modello di radicamento secolare nei villaggi. Inoltre il governo
ha emesso degli speciali "buoni della solidarietà", i cui proventi verranno investiti per
le opere infrastrutturali nei villaggi poveri, e il cui utilizzo è sorvegliato da apposite
commissioni. La vendita è stata propagandata con appelli al patriottismo, alla
solidarietà e al senso di umanità presso la fascia agiata della popolazione; funzionari
pubblici e ministeriali hanno dato il buon esempio mettendosi in coda per
sottoscrivere i buoni appena emessi, e giornali hanno riportato episodi esemplari di
generosità. Nessuno è stato costretto all'acquisto, tuttavia, per i funzionari pubblici era
difficile resistere alla pressione esercitata da una sottoscrizione aperta, in cui
l'ammontare acquistato era conosciuto dai colleghi e nessuno voleva sfigurare o essere
tacciato di egoismo. L'obiettivo posto dalle autorità è stato raggiunto molto più
rapidamente del previsto; pressioni o no, in un paese dove l'evasione fiscale è
un'abitudine nazionale, la popolazione ha risposto entusiasticamente e generosamente
all'appello.
4.2. La politica: un argomento controverso
E’ difficile parlare di politica in riferimento al Vietnam: il rischio maggiore è
quello di cadere nella retorica. Il paese ha sempre suscitato in Europa, e soprattutto in
Italia, emozioni violente e contrastanti: il solo nome non lascia nessuno indifferente, e
evoca subito immagini forti.
Il Vietnam oggi è una Repubblica Socialista guidata da un partito unico, con
una "sistema economico di mercato ad orientamento socialista". L'Assemblea
Nazionale, unicamerale, detiene il potere legislativo, ed è eletta a scadenza
quinquennale dalla popolazione, e a sua volta, essa elegge il primo ministro che forma
un governo. A livello locale, la struttura si riproduce con i Consigli Popolari eletti
dalla cittadinanza, e i Comitati Popolari che detengono il potere esecutivo. Il potere
giudiziario è detenuto dai Tribunali, con diversi gradi di giudizio. Il ruolo guida del
Partito Comunista è ribadito dalla Costituzione; tuttavia, la legge non attribuisce al
partito poteri precisi: esso ha principalmente una funzione di guida, di arbitro e di
supervisore della vita politica nazionale.
L'Assemblea Nazionale rappresenta tutte le diverse componenti sociali:
agricoltori, industriali, ordini professionali, esercito, mondo della cultura, della
religione, comprendendo una percentuale di deputati appartenenti a minoranze
etniche. Questa composizione è garantita dal fatto che la preparazione delle liste
elettorali vede il coinvolgimento del fronte patriottico, l'organizzazione ombrello che
coordina gli organismi di massa e che fa capo, sostanzialmente, alle scelte politiche
del Partito Comunista. Il meccanismo elettorale è diverso da quello dei Paesi
multipartitici, ma anche dai Paesi in cui vige un monopartitismo classico. Pur essendo
vietata la costituzione di partiti diversi da quello comunista, i deputati comunisti non
sono necessariamente la maggioranza: molti candidati sono presentati da organismi di
massa; alcuni sono addirittura indipendenti, comunque "non sgraditi" al potere. Le
ultime campagne elettorali hanno visto accesi dibattiti e duelli pubblici tra candidati
che concorrevano per lo stesso seggio. Anche all'interno dell'Assemblea si assiste ad
animate discussioni che talvolta ritardano l'approvazione delle leggi; è da notare infine
che l'evoluzione della legislazione vietnamita pone l'assemblea in una posizione
almeno teoricamente sempre più centrale. Tuttavia, il Governo ha facoltà di emanare
decreti legge che non passano dall'approvazione del Parlamento. Inoltre, la notevole
autonomia accordata agli organismi provinciali induce a una diversa interpretazione e
applicazione della legislazione nazionale, oltre che a normative locali differenziate.
Questa autonomia, concepita come strumento di maggiore efficienza, si sta mostrando
un'arma a doppio taglio: mentre alcune province dinamiche ne usufruiscono per
sperimentare nuove riforme, altre ne approfittano per sfuggire all'applicazione nella
pratica di leggi nazionali, e talvolta proteggere interessi particolari. In vari casi, i
funzionari locali riluttanti alla perdita dei propri privilegi rappresentano il maggior
ostacolo alle riforme. La più grande novità della politica vietnamita è la ricerca di uno
Stato di diritto, in cui la legge prevalga e qualsiasi organizzazione e lo stesso governo
debbano sottomettersi alla norma scritta. In realtà, la tradizione vietnamita, così come
quella di vari paesi asiatici e anche del Mediterraneo, prevede la mediazione del
conflitto in seno alla comunità e la ricerca del consenso. Ancora oggi, salvo casi gravi
e eccezionali, sarebbe impensabile per il vietnamiti promuovere cause in tribunale
contro altri cittadini, contro il datore di lavoro e tanto meno contro enti pubblici: il
caso è in genere risolto tramite lunghe trattative, ascoltando il parere di persone
autorevoli. Questo è evidente, per esempio, per gli incidenti stradali: anche nel caso in
cui intervenga la polizia, il codice non viene quasi mai applicato, e si considerano,
caso per caso, le ragioni delle persone coinvolte e dei numerosi testimoni e curiosi che
si raccolgono attorno alla scena. Solitamente, l'onere del risarcimento ricade sul
proprietario del veicolo più potente, e quindi del conducente presumibilmente più
ricco, qualunque sia la dinamica dell'incidente. Questo tipo di atteggiamenti è tipico
della cultura politico - giuridica dell'Asia Orientale: la legge scritta, necessaria a un
paese che si affaccia ai mercati mondiali, comincia ad essere applicata nel caso di
transazioni che coinvolgano stranieri. L'incomprensione tra operatori stranieri, che si
richiamano alla norma scritta e rigida, e vietnamiti, che la interpretano quantomeno
fantasiosamente, è all’ordine del giorno e rappresenta uno dei maggiori problemi che
ostacolano gli investimenti esteri in Vietnam. Poco per volta, le autorità locali stanno
rendendosi conto dell'assoluta necessità di una maggiore aderenza alla legge scritta
nel caso di transazioni internazionali.
All'estero, il Vietnam viene accusato talvolta di essere un paese totalitario.
Tuttavia, pur essendo diversa dal sistema politico vigente nella maggior parte dei casi
d'Europa, la forma politica vietnamita non può definirsi totalitaria, e ha caratteristiche
originali e peculiari al Paese. Molti visitatori sono colpiti dalla libertà di cui godono i
vietnamiti nella vita quotidiana, e dall'assenza di controlli almeno apparente.
Effettivamente, lo Stato si intromette sempre meno negli affari privati di cittadini, che
scelgono autonomamente dove lavorare, come vestirsi, come passare il tempo libero,
se praticare una religione o se viaggiare all'estero, naturalmente se ne hanno i mezzi
economici. Recentemente, si assiste ad un moltiplicarsi di pubblicazioni, inchieste e
studi su varie tematiche sociali, anche scottanti: i dati sono pubblicati sui quotidiani
dove peraltro si leggono frequenti critiche alla corruzione o ad episodi di malgoverno.
Il Vietnam non può quindi definirsi "totalitario". Al contrario, talvolta il paese dà
un'impressione di mancanza totale di regolamentazioni, o almeno di un'applicazione
non esattamente letterale.
La quantità di Leggi e Decreti nazionali e locali spesso contrastanti lascia
spazio a libere interpretazioni; la corruzione dilagante porta i tutori dell'ordine a
chiudere un occhio. Inoltre, come accennato, la cultura vietnamita ama il
compromesso e rifugge dal confronto: anche le normative sono frutto di elaborate
trattative e spesso sono così attente a non scontentare nessuno, da risultare vaghe e
contraddittorie.
Per quanto riguarda la libertà di espressione, essa è garantita nelle sfere diverse
dalla politica. Articoli critici nei confronti della corruzione di dirigenti e delle misure
di politica economica prese dal governo sono frequenti nei massimi quotidiani
nazionali; i cittadini non hanno timore di esprimere le proprie richieste, anche in
forme di pacifica dimostrazione. Pochissimi sono i tabù di fronte a cui nessun
compromesso è possibile: il principale è l'unicità e il potere del Partito Comunista.
Ogni tentativo di formare altri partiti è considerato un atto sovversivo e un attentato
alla sicurezza nazionale, e tale questione rappresenta un confine che nessuno può
oltrepassare, neppure i massimi dirigenti. Tuttavia, in Vietnam non vige un regime di
terrore e di repressione: varie amnistie generali negli ultimi anni hanno permesso la
liberazione di famosi sovversivi, alcuni dei quali ex profughi sud-vietnamiti emigrati
all'estero e rientrati in Vietnam per rovesciare il governo.
Inoltre, non esistono consistenti gruppi di dissenso organizzato interni al
paese. Le critiche al sistema vigente provengono da due direzioni diverse per natura e
motivazione: i gruppi di vietnamiti all'estero e singole voci autorevoli talvolta
all'interno dello stesso partito. Mentre i primi, in genere legati al precedente regime di
Saigon, influenzati dalla cultura politica dell'Occidente e appoggiati da paesi stranieri,
stanno perdendo vigore, i secondi criticano la corruzione, la perdita di valori e in
alcuni casi l'apertura all'economia di mercato. Un certo scontento è stato espresso
anche da alcuni militanti e reduci di guerra, che hanno sacrificato la propria
giovinezza per il paese, passando dagli onori e privilegi del periodo successivo alla
vittoria alla situazione odierna di indigenza economica e indifferenza da parte dei
giovani. Ma in alcuni casi le loro rivendicazioni sono politiche ed etiche, assai più che
economiche, riguardano la collettività più che i propri interessi diretti.
La maggior parte dei cittadini vietnamiti infine, per quanto insoddisfatta della
corruzione imperante o dell'inefficienza e dei privilegi di alcuni funzionari, non
desidera un sovvertimento della situazione politica vigente, e desidera innanzitutto
stabilità, soprattutto nell'ottica di ciò che è successo e sta succedendo in Russia o in
altri paesi. Per quanto tra i giovani si noti una spiccata spoliticizzazione, il
multipartitismo è visto, soprattutto al nord, come fattore di instabilità, e auspicano
casomai una maggiore pulizia nel sistema attuale. Anche al sud, nella stessa Ho Chi
Minh City dove vivono la maggior parte di coloro che erano legate al passato regime,
la preoccupazione principale è l'economia e il dibattito verte sull'opportunità o meno
delle manovre economiche, piuttosto che sulla politica. Il sistema di valori di origine
confuciana prevede il prevalere dell'interesse collettivo rispetto a quello individuale:
quindi la nozione di diritti umani è differente da quella del mondo che attribuisce
all'individuo diritti inalienabili. La stabilità collettiva e l'armonia sociale sono
considerate un diritto superiore a quello di espressione del singolo, che può quindi
venire sacrificato. Si tratta di meccanismi analoghi a quelli che in Cina hanno
permesso a Deng Xioaping e agli altri governanti di riassorbire, in nome della
stabilità, dell'ordine e della prosperità, la tensione che aveva portato alla crisi del
1989.
La maggior parte degli osservatori ritengono che, a meno di fattori esterni, di
una gravissima crisi economica o di un mutamento nella cultura e nel sistema di
valori, il sistema politico vietnamita abbia buone probabilità di rimanere a lungo nella
sostanza immutato, evolvendosi casomai nella via di una maggiore apertura e
democratizzazione, ma non di un multipartitismo all'europea, troppo dissimile dal
sistema ormai radicato nel paese asiatico. L'esempio potrebbe venire piuttosto da
alcuni paesi vicini, come Singapore o la Malaysia.
4.3. Le contraddizioni dell'identità nel mondo attuale: l'apertura all'esterno
L'apertura verso l'esterno, che caratterizza in particolar modo il sistema
politico dell’ultimo ventennio, influenza inevitabilmente lo stile dei vita della
popolazione vietnamita, in particolare della fascia giovane. Prima dell'avvio delle
riforme, migliaia di vietnamiti si recavano per studio o lavoro in Unione Sovietica e
nei paesi dell'est europeo: ciò ha contribuito ad ampliare l'orizzonte dei giovani inviati
e ad introdurre conoscenze nuove. Tuttavia, per chi restava in Vietnam la conoscenza
del mondo esterno era vaga, incompleta e filtrata da immagini precostituite; il contatto
con i pochi stranieri presenti era fortemente scoraggiato o addirittura proibito. Oggi i
cittadini vietnamiti possono viaggiare liberamente: recentemente, è stata abrogata la
richiesta del permesso di uscita, e chiunque abbia le disponibilità finanziarie può
ottenere un passaporto e viaggiare all'estero per turismo. Numerosi paesi, tra cui la
Francia, il Giappone, l'Australia, gli Stati Uniti e altri finanziano ampi programmi di
borse di studio, scambi di studenti, corsi di formazione e seminari; gli imprenditori
pubblici e privati partecipano a fiere all'estero, i docenti e i professionisti a convegni.
Il Vietnam punta ad inviare all'estero per formazione il maggior numero possibile di
cittadini; inoltre, persi i tradizionali mercati del lavoro dell'est europeo, sta siglando
contratti di fornitura di manodopera con nuovi paesi.
Migliaia di cittadini stranieri vivono e lavorano in Vietnam a contatto con la
popolazione: oggi, gli stranieri possono vivere in quartieri vietnamiti qualsiasi,
frequentare liberamente i loro colleghi e amici vietnamiti. Si registra negli ultimi anni
un aumento del numero di matrimoni misti, soprattutto tra le ragazze vietnamite di
buona famiglia nelle città, ansiose di conoscere il mondo e attratte dal mito della vita
in un paese ricco. Tra il 1993 e il primo semestre del 1999 nella sola Ho Chi Minh
City, secondo l'Assessorato alla Giustizia, sono stati registrati più di dodicimila
matrimoni in cui il marito era straniero. Gli stranieri in Vietnam, siano residenti o
turisti, hanno ormai la libertà di muoversi all'interno del paese, viaggiando senza
bisogno di permessi. Le grandi città stanno ormai diventando multiculturali: i festival
cinematografici e i ristoranti internazionali si moltiplicano, così come cresce il
numero dei prodotti importati nei negozi. Sono soprattutto i giovani i più aperti alla
conoscenza di nuove culture, stili di vita, gusti. Anche in passato, del resto, per via
dell'inserimento nel mondo pluralista dell'Asia sud-orientale e per l'esperienza
coloniale, la società vietnamita era stata più esposta di quella cinese alla conoscenza
dell’"altro".
L'apertura coinvolge anche i mass media: oggi nelle grandi città vietnamite
sono disponibili quotidiani e periodici esteri ed è possibile vedere canali televisivi
internazionali. Gli stessi media statali vietnamiti forniscono molte più notizie
internazionali con una certa oggettività; occasionali "omissioni" riguardano situazioni
internazionali che potrebbero avere impatti interni delicati in Vietnam. Del resto, la
diffusione di internet non può non abbattere progressivamente le barriere
all'informazione: nonostante la rete locale sia protetta da una barriera che censura siti
pornografici e "politicamente scorretti", la natura stessa dello cyberspazio mitiga
l'effetto dei controlli, peraltro non eccessivamente severi. L'accesso ai mezzi
d'informazione internazionali consente la diffusione di film "piratati" in videocassetta,
disponibili ovunque; vengono introdotti, fotocopiati e venduti libri e altri materiali,
violando apertamente la recente legge sui diritti d'autore. Tale meccanismo è
agevolato dalla crescente diffusione delle lingue straniere, in primis l'inglese, studiato
da gente di ogni età in ogni momento libero. Le autorità vietnamite, eredi di una
tradizione d'amore per la conoscenza, e consapevoli dei limiti tecnologici dal paese,
hanno deciso di scommettere sull'apertura, rischiando l'introduzione di "idee
pericolose" o potenzialmente sovversive in cambio di formazione e cultura. D'altra
parte, la grande massa della popolazione rurale e parte di quell'urbana non hanno i
mezzi finanziari e culturali per l'accesso a questo mondo.
L'impatto positivo degli scambi multiculturali è oscurato dalla perdita
dell'interesse nei confronti della cultura vietnamita: molti intellettuali urbani e la
classe agiata disdegnano quanto è di provenienza locale: letteratura, cinema, musica,
modelli culturali e perfino beni di consumo. Nell’ambito di un’esterofilia spesso
eccessiva, non ci si aspetta che uno straniero residente anche da lungo tempo in
Vietnam parli la lingua locale, conosca le specialità alimentari o le tradizioni sociali e
religiose; nell'interazione con colleghi e amici stranieri i vietnamiti tendono ad
adattarsi completamente alle usanze estere e raramente offrono l'opportunità di
conoscere a fondo la cultura, le usanze e il galateo locale. D'altra parte, la cultura
ufficiale in vari casi è cristallizzata su vecchi stereotipi che propongono una morale a
scopo educativo, o sul ritorno a una imprecisata cultura tradizionale ormai obsoleta,
che non risponde più alle esigenze dei giovani. Manca ancora un modello di cultura
vietnamita moderna proponibile nel contesto della società di oggi. È auspicabile che la
nuova generazione di intellettuali vietnamiti, dopo l’iniziale esterofilia, si rivolga di
nuovo all'interno, dando luogo a creazioni moderne e originali, ben spendibili, specie
se raffrontate alla banali imitazioni.
L'esterofilia nelle classi meno istruite è meno consapevole, ma esse si nutrono
di telenovelas cinesi e coreane, musica commerciale americana e di fumetti
giapponesi. Molto spesso la conoscenza di diversi paesi è distorta da immagini false
trasmesse dai film che causano equivoci aneddoti: così molte persone creano un
modello stereotipato, quasi sillogistico di "straniero tipico" e si comportano di
conseguenza, credendo di far piacere all'interlocutore e ignorando le differenze tra
culture, religioni e gusti di vari paesi.
4.4. Speranze e timori per l'avvenire
In quale direzione si sta incamminando il Vietnam? E’ la domanda che si
pongono tutti gli osservatori locali ed esteri. Costretto ad affrontare alcune questioni
controverse e non più rimandabili: l’assetto delle aziende di Stato, l’integrazione
nell'AFTA con le sue nuove sfide, la maggiore liberalizzazione al fine di attirare
capitali esteri, vitali per la costruzione nazionale, mantenendo al contempo
l'orientamento socialista dell'economia e promuovendo l'industria e l'agricoltura
locali.
Ma le questioni economiche non costituiscono l'unico punto dell'agenda delle
autorità: si tratta di identificare un nuovo modello sociale. Il richiamo alle tradizioni
non basta più ai giovani ansiosi di novità; la cultura ufficiale rischia di estraniarsi
dalle masse e non venire più ascoltata. Il vero pericolo per la stabilità politica del
Vietnam non viene dalla privatizzazione delle aziende pubbliche o dalla presenza di
possibili infiltrati inviati dall'estero per sovvertire il regime: la vera minaccia è insita
nell'adozione dell'individualismo, nell'abbandono del modello culturale di una civiltà
fondata su una forte coesione comunitaria sia pur gerarchica in epoca prerivoluzionaria, rinforzata dalla solidarietà e dai valori degli anni di lotta.
Si tratta di conciliare esigenze opposte: mantenere l'apertura all'esterno,
vivacizzare la vita culturale e sociale, garantire uno standard di vita e di consumi,
facendo sì che non si perdano gli ideali collettivistici, egualitari e di solidarietà, e che
non si verifichi un appiattimento culturale. Chiudere la porta oggi è impossibile, e le
condanne retoriche dell'invasione della cultura occidentale sono inefficaci. Questa è la
vera sfida: creare un modello originale e funzionale, inserito nel contesto
internazionale, che possa diventare un modello per altre nazioni. Conservare le
caratteristiche peculiari e il sostrato culturale millenario, ma al tempo stesso avere una
forma mentis aperta alle esigenze dei giovani, efficace, che possa guidare in maniera
lungimirante uno stato bisognoso di rinnovamento.
5. INVESTIMENTI ESTERI IN VIETNAM
Gli investimenti esteri hanno giocato una parte essenziale nella crescita
economica del Paese e rappresentano sia un importante elemento della
globalizzazione, sia uno strumento per il trasferimento tecnologico. Le ragioni che
spingono il Vietnam ad attirare capitali esteri sono comuni alla maggior parte dei
Paesi asiatici in via di sviluppo. Da un lato è fondamentale la volontà di accelerare
dopo anni di isolamento, il trasferimento di tecnologie dalle nazioni più avanzate, al
fine di ottenere una rapida crescita economica e di affacciarsi da protagonisti
nell'economia mondiale; dall'altro i capitali stranieri sono sempre più attratti dalla
rapida crescita economica del paese (nel 2006 il PIL pro-capite è passato dai 640 ai
720 dollari americani), dal basso costo della manodopera locale e dalla
determinazione delle autorità di trasformare il Vietnam in un paese industrializzato
entro il 2020 (Figg. 9-13).
60
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40
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Nazionale
Estero
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Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
Totale
Fig. 9. Motivazioni che spingono ad incrementare un business in Vietnam (valori
espressi ………in percentuale).
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Fig. 11. Motivazioni che influenzano negativamente la decisione di incrementare un
business in Vietnam (valori espressi in percentuale).
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
24%
Investimenti
stranieri
Investimenti locali
76%
Microsoft
Fig. 12. Percentuale investimenti stranieri e nazionali.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
40%
11%
Servizi
Settore
manifatturiero
Commercio
22%
Altro
28%
Microsoft
Fig. 13. Aziende per settore.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
Gli investimenti esteri detengono tra il 90% e il 100% della produzione di
alcuni settori fondamentali: dall'estrazione petrolifera, alla produzione di automobili,
televisori, frigoriferi, condizionatori d'aria, computer, e quote significative di altri
settori (Tab. 18).
Tab. 18. Investimenti per settore.
Totali al 22 febbraio 2007
Numero di
Capitale
Capitale
progetti
stanziato (m. erogato (m.
$)
$)
4.710
39.248,86
19.816,66
1. Industria
-petrolio e gas
2.005,24
5.148,47
32
-industria leggera
1.997
10.269,08
3.533,47
-industria pesante
2.048
19.482,91
6.948,76
-industria alimentare
2.048,06
272
3.293,12
-costruzioni
361
4.198,51
2.137,83
2. Agricoltura e silvicoltura 847
4.016,32
2.010,32
-agricoltura e silvicoltura
3.689,13
1.845,27
737
-acquacoltura
110
327,19
165,06
3. Servizi
1.435
19.521,10
7.096,07
-trasporti, poste e
187
3.710,06
727,14
telecomunicazioni
-hotel e turismo
3.665,98
2.336,75
175
-banche e finanza
64
840,15
729,87
-cultura, salute ed educazione 227
985,59
364,05
-nuove aree urbane
116,29
7
3.177,76
-edilizia uffici e appartamenti 122
4.453,35
1.866,23
-infrastrutture zone industriali 21
1.072,52
574,57
e zone per l'esportazione
4. Altro
TOTALE
381,17
632
1.615,69
6.992
62.786,28
28.923,05
Fonte: Vietnam Investment Review, Marzo 2007.
Settore
Da gennaio al 22 febbraio 2007
Numero di Capitale Capitale
progetti
stanziato legale
(m.$)
(m.$)
26
306,87
98,92
1
12.05
12,05
33.00
9,94
11
75,67
11
259.41
1,27
3
2,42
33,43
19,23
4
4
33,43
19,23
102,75
14
281,55
165,00
63,50
1
2
1
-
2,80
100.00
-
2,80
30,00
-
10
44
13,75
621,85
6,45
220,90
Col recente ingresso nel WTO (World Trade Organization) le autorità sperano di dare
una forte spinta agli investimenti esteri che risentono della forte attrazione esercitata
dalla Cina a discapito di tutti gli altri Paesi asiatici. Il percorso che il Vietnam dovrà
400
367
350
281
300
224
250
181
200
150 127
129
197
133
100
50
0
Thailandia Singapore
Vietnam
Cambogia Filippine
Indonesia
Malaysia
Cina
Fig.14. Tempo medio (in giorni) per ottenere una licenza in Vietnam e alcuni Paesi
vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200 11,1
0
1640,5
311
22
Thailandia Singapore
56,4
Vietnam
78,2
Malaysia
84
Cina
113,4
Filippine
Indonesia Cambogia
Fig. 15. Costo (% PIL Pro-capite) per ottenere una licenza in Vietnam e alcuni Paesi
………... vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
97
100
86
80
60
48
40
20
0
30
33
50
35
6
Singapore
Malaysia
Thailandia
Cina
Filippine
Vietnam
Cam bogia
Indonesia
Fig. 16. Tempo medio (in giorni) per cominciare un business in Vietnam e alcuni
Paesi ………...vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
236,4
250
200
150
86,7
100
44,5
50
5,8
0,8
0
Singapore Thailandia
9,3
Cina
18,7
19,7
Filippine
Malaysia
Vietnam
Indonesia Cambogia
Fig.17. Costo (% PIL Pro-capite) per cominciare un business in Vietnam e alcuni
Paesi ………...vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
40
35
36
35
30
24
25
18
18
20
25
20
15
10
6
5
0
Singapore
Cina
Filippine
Malaysia Thailandia Indonesia
Vietnam
Cambogia
Fig.18. Tempo medio (in giorni) per esportare in Vietnam e alcuni Paesi vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
1336
1400
1200
848
1000
701
800
600
400
546
335
382
736
481
200
0
Cina
Singapore Indonesia Malaysia
Vietnam CambogiaThailandia Filippine
Fig. 19. Costo (dollari/container) dell’export in Vietnam e alcuni Paesi vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
45
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
36
30
20
22
22
22
3
Singapore
Filippine
Cina
Malaysia Thailandia Indonesia
Vietnam
Cambogia
Fig. 20. Tempo medio (in giorni) per importare in Vietnam e alcuni Paesi vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
160
145
140
118
120
94
100
81
80
59
44
60
40
63
23
20
0
Singapore
Cina
Malaysia
Indonesia Cambogia
Vietnam
Thailandia Filippine
Fig. 21. Costo (dollari/container) dell’import in Vietnam e alcuni Paesi vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
160
144
140
120
100
67
80
56
60
32
40
20
0
2
33
42
9
Thailandia Singapore
Cina
Filippine
Indonesia Cambogia
Vietnam
Malaysia
Fig. 22. Tempo medio (in giorni) per la registrazione di una “proprietà” in Vietnam e
alcuni Paesi vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
6,3
7
5,7
6
4,6
5
4
2
3,1
2,8
2,4
3
1,2
1
0
Vietnam
Malaysia
Singapore
Cina
Cambogia
Filippine
Thailandia
Fig.23. Costo (% valore) di registrazione della proprietà in Vietnam e alcuni Paesi
vicini.
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
70
56
60
56
61
Filippine
Indonesia
61
50
33
40
30
20
10
0
11
0
Malaysia
0
Singapore
0
Vietnam
Cina
Thailandia Cam bogia
Indonesia
Fig. 24. Grado di difficoltà di licenziamento del personale in Vietnam e alcuni Paesi
vicini ………..(indice 0-100).
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
70
70
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
0
70
10
0
0
Singapore Thailandia
Malaysia
Filippine
Cambogia
Cina
Indonesia Indonesia
Vietnam
Fig. 25. Grado di difficoltà di assunzione del personale in Vietnam e alcuni Paesi
vicini ……….(indice 0-100).
Fonte: Vietnam Business Forum, 2006.
L'Italia è al diciassettesimo posto per il numero di progetti autorizzati e per il
capitale investito. Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Cina e Singapore si confermano
i primi investitori (Tab. 19).
Tab. 19. Investimenti internazionali in Vietnam suddivisi per provenienza al 22
febbraio 2007.
Stato investitore
Numero di Capitale stanziato Capitale erogato (in
progetti
(in milioni di milioni di dollari)
dollari)
Singapore
460
8.479,99
3.784,79
Taiwan
1.564
8.289,00
3.041,08
Corea del Sud
1.310
8.285,80
2.662,42
Giappone
764
7.746,39
4.947,01
Hong Kong
379
5.308,79
2.152,94
Isole Vergini Britanniche
282
3.388,36
1.374,72
Olanda
73
2.356,80
2.031,72
U.S.A.
318
2.280,77
682,96
Francia
177
2.202,92
1.136,95
Isole Caimane
23
1.680,41
595,02
Malaysia
203
1.627,10
1.079,80
Tailandia
144
1.605,34
830,42
Gran Bretagna
81
1.353,43
648,65
Cina
424
1.151,92
238,95
Samoa
34
986,24
13,40
Lussemburgo
15
803,82
12,11
Svizzera
42
744,62
530,62
Australia
127
673,18
393,79
Indie occidentali britanniche
5
511,13
117,17
Germania
83
377,41
160,39
Canada
55
340,28
42,55
Russia
51
285,88
206,96
Bermuda
5
270,32
200,01
Filippine
28
241,16
85,91
Isole Mauritius
25
191,80
818,14
Danimarca
39
188,20
83,95
India
17
133,99
578,81
Indonesia
13
130,09
127,03
Isole Channel (Gran Bretagna)
13
96,20
49,11
Polonia
8
92,72
13,90
Brunei
28
90,86
4,50
Belgio
29
83,61
60,75
Bahamas
4
80,35
8,18
Isole Cook
3
73,57
13,11
Barbados
1
65,64
Italia
22
55,77
28,44
Svezia
11
51,69
14,09
Saint Kitts and Nevis
2
39,69
11,54
Repubblica Ceca
8
36,63
9,43
Liechtenstein
2
35,50
35,51
Nuova Zelanda
13
35,10
4,86
Turchia
5
33,45
5,29
Norvegia
13
32,03
9,61
Iraq
2
27,10
15,10
Laos
8
23,35
5,48
Fig. 26. Carta politica delle province vietnamite.
Tab. 20. Investimenti internazionali in Vietnam suddivisi per provincia al 22 febbraio
2007.
Città o provincia
Numero di progetti Capitale stanziato (in Capitale erogato (in
milioni di dollari)
milioni di dollari)
Ho Chi Minh City
2.079
14.236,26
6.368,45
Hanoi
791
10.210,51
3.571,06
Dong Nai
792
9.346,37
4.099,20
Binh Duong
1.271
6.353,03
2.030,80
Ba Ria-Vung Tau
144
4.944,65
1.269,49
Haiphong
210
2.190,83
1.274,77
Hai Duong
125
1.355,13
394.66
Ha Tay
59
1.223,01
212,53
Long An
120
1.037,36
422,54
Vinh Phuc
112
926,57
413,43
Danang
90
893,90
184,75
Quang Ngai
10
865,75
12,03
Thanh Hoa
25
727,27
448,03
Quang Ninh
84
608,62
396,21
Khanh Hoa
68
487,25
374,79
Kien Giang
10
457,36
397,41
Tay Ninh
123
452,10
225,63
Bac Ninh
60
441,45
177,54
Hung Yen
81
403,56
132,45
Phu Tho
41
313,22
205,66
Thai Nguyen
21
311,16
43,13
Quang Nam
37
271,78
58,76
Nghe An
19
257,33
112,52
Lao Cai
34
251,12
25,54
Phu Yen
34
239,21
117,14
Thua Thien-Hue
34
231,95
145,89
Binh Thuan
49
225,00
33,53
Lam Dong
78
179,57
86,79
Binh Dinh
19
164,17
22,25
Can Tho
37
113,52
55,63
Lang Son
27
97,57
20,47
Tien Giang
12
91,22
137,84
Binh Phuoc
30
87,45
18,58
Nam Dinh
11
69,60
14,05
Ninh Binh
7
65,88
7,67
Thai Binh
20
64,19
6,18
Hoa Binh
12
55,65
18,94
Quang Tri
12
44,63
6,24
Ha Tinh
10
41,70
1,60
Bac Giang
33
41,81
12,43
Vinh Long
12
41,00
11,88
Ha Nam
11
40,86
11,01
Bac Lieu
7
34,14
38,68
Ben Tre
8
33,94
7,51
Ninh Thuan
9
32,47
6,74
Quang Binh
4
32,33
25,49
Tuyen Quang
2
26,00
Son La
6
25,22
16,45
Tra Vinh
9
21,56
1,92
Gia Lai
5
20,50
25,78
Australia, Singapore e Taiwan si confermano nell'ordine gli altri principali mercati di
sbocco delle esportazioni del Vietnam.
Per le esportazioni è da rilevare come il peso delle dieci province più
importanti continui a crescere in maniera incalzante, arrivando a circa il 95% del
totale. Ben otto province sono al sud del paese e hanno un peso di oltre l'80%
sull'export totale (Tab.22).
Microsoft
50
40
Import
30
20
Export
10
Deficit della bilancia
commerciale
0
-10
2006
2007
Fig. 27. Import/Export, in milioni di dollari (I dati del 2007 sono di gennaio –
febbraio).
Fonte: Vietnam Economic Times, marzo 2007.
5.4. Investimenti esteri, sistema societario e forme di investimento
Il Vietnam si è aperto agli investimenti esteri a partire dagli anni '80 grazie
all'avvio della politica della “Porta Aperta”. La legislazione inerente, più volte
emendata, risale al 1987. Il testo del 1 luglio 2000 è quello al quale si fa attualmente
riferimento con gli emendamenti del 19 marzo 2003. La legislazione attualmente in
vigore è considerata, almeno sulla carta, tra le più liberali in Asia. Il sistema
legislativo è in continua evoluzione ed aggiornamento, soprattutto in considerazione
del recente ingresso nel WTO che impegna le autorità ad una maggiore apertura e
liberalizzazione dell'economia, in vista del futuro effettivo ingresso
nell'organizzazione come paese ad economia di mercato.
L'investimento estero è permesso in tutti i settori, con la sola proibizione di
progetti che abbiano effetti negativi sulla difesa e sicurezza nazionale, sul patrimonio
storico e artistico, sulla cultura e sulle tradizioni o sull'ambiente. Nessuna limitazione
è posta sulla quota di capitale estero in una joint venture, mentre l'investimento a
capitale interamente straniero è permesso in diversi settori, con un trend orientato a
una ulteriore liberalizzazione. La legge vieta esplicitamente la nazionalizzazione di
progetti a capitale estero. Il termine della licenza di investimento è normalmente di 50
anni, prorogabili a 70 in casi eccezionali. Allo scadere della licenza l'investitore può
richiedere un nuovo permesso. Il capitale ed i profitti possono essere liberamente
rimpatriati, previo adempimento degli obblighi fiscali. L'investimento, soprattutto in
alcuni settori, è particolarmente incentivato dalle autorità tramite esenzioni fiscali,
riduzione del costo del terreno, esenzioni dalle tariffe di importazione di macchinari e
materie prime ed altri incentivi.
L'articolo 5 della legge del 2000, di emendamento e integrazione di alcuni
dispositivi normativi in materia, contempla l'inserimento nei contratti di investimento
internazionali della cosiddetta "clausola di stabilizzazione", in virtù della quale
l'investitore straniero, pur in presenza di un mutamento peggiorativo nella disciplina
nazionale sugli investimenti, continua a godere delle stesse condizioni preferenziali
contenute nella licenza iniziale.
La legge sugli investimenti esteri prevede tre forme di investimento: joint
venture, impresa estera e cooperazione d'affari. Le prime due forme sono anche
complessivamente indicate come FIE (Foreign Invested Enterprise), a differenza della
terza forma che non prevede la creazione di una nuova società (Tabb. 23-24).
Tab. 23. Investimenti diretti esteri per forme di investimento (Totale al 22 febbraio
2007).
Forma di investimento
Numero di
Capitale totale
Capitale speso
progetti
(mil. $)
(mil.$)
- Investimenti a capitale
5356
37.025
11.692,7
interamente estero
- Joint Venture
1432
20.894,8
11.483,2
- BCC
199
4.328
5.660,9
− Altro
5
538
86,2
- TOTALE
6992
62.786,3
28.923
Fonte: Vietnam Economic Times, Marzo 2007.
5.4.1. Joint Venture Enterprise (J.V.E.)
Tab. 24. Investimenti diretti esteri per forme di investimento (dal 1 gennaio al 22
febbraio 2007).
Forma di investimento
Numero di
Capitale totale (mil. Capitale legale (mil.
progetti
$)
$)
- Investimenti a capitale
35
416
128.5
interamente estero
- Joint Venture
8
193.8
80.33
- BCC
1
12.5
12.5
44
621.85
220.9
- TOTALE
Fonte: Vietnam Economic Times, Marzo 2007.
Si tratta di una persona giuridica a responsabilità limitata. La partecipazione
partner vietnamita il 30% dello stesso.
Tramite questa forma di partecipazione l'investitore straniero può avere
facilmente accesso al terreno, alle infrastrutture, alle materie prime, alla clientela del
partner locale il quale, peraltro, contribuisce con l'espletamento delle complicate e
laboriose misure burocratiche ed amministrative. Nella maggior parte dei casi, il
partner locale conferisce in quota capitale i diritti d'uso del terreno, gli edifici e le
infrastrutture. Il partner straniero, invece, trasferisce tecnologia ed apporta
macchinari, linee di produzione, il marchio aziendale e gli sbocchi sugli eventuali altri
mercati. Non c'è limite al rimpatrio degli utili, previa assoluzione degli obblighi
fiscali.
Una volta acquisita familiarità con il mercato vietnamita, il partner straniero
tende a rilevare la quota societaria della controparte locale, trasformando in tal modo
la joint venture in un impresa a capitale interamente straniero.
5.4.2. Impresa al 100% estera (F.O.E.)
Questa forma di investimento è sempre permessa con l'eccezione di alcuni
settori specificati di volta in volta dalle autorità competenti. Come tutte le attività
imprenditoriali svolte da soggetti stranieri, è tenuta ad assumere la forma di una
società a responsabilità limitata. In ragione della politica governativa di
incoraggiamento degli investimenti esteri, sono stati istituiti vari enti di promozione e
supporto, operanti sia a livello nazionale, sia a livello locale. Attualmente, l'impresa a
capitale interamente straniero si sta imponendo quale forma più diffusa di
investimento straniero, specialmente nei porti franchi o nelle Export Processing Zones
(EPZ) o nelle Industrial zones (IZ). In tali parchi industriali, le imprese godono di un
trattamento agevolato dal punto di vista fiscale ed operativo. Ad oggi, sono stabilite
circa 60 aree speciali tra EPZ, IZ e High Technology Zones (HTZ). Per altro, le
autorità territoriali competenti hanno ricevuto delega all'esercizio del potere di
concedere la licenza ad alcuni tipi di progetti.
5.4.3. Contratto di cooperazione d'affari
Il contratto di cooperazione d'affari (Business Cooperation Contract, BCC), è
assimilabile ad una scrittura privata: si tratta di un accordo di natura privatistica che
non genera un'entità nuova. Le modalità di cooperazione, ivi compresi i diritti e i
doveri reciproci, sono stabilite dalle due o più parti. Il contratto di cooperazione
d'affari può comportare una collaborazione per quanto riguarda le attività produttive,
ma anche cooperazione tecnica, per la formazione o per la penetrazione nel mercato.
Data la sua natura di associazione temporanea, la BBC si caratterizza per una
maggiore flessibilità rispetto alla joint venture. Peraltro, l'imposizione fiscale avviene
separatamente (socio straniero e vietnamita). Questa formula è utilizzata in particolare
in caso di progetti infrastrutturali o di sfruttamento di materie prime e risorse naturali.
5.4.4. Restrizioni e incentivi
L'investimento al 100% estero non è permesso nei settori dello sfruttamento di
petrolio, gas, minerali rari e preziosi; della costruzione di infrastrutture per zone
industriali; del turismo; dello sport, cultura e ricreazione; del rimboschimento e
piantagioni perenni; della produzione di esplosivi industriali; della produzione di
ferro, acciaio e cemento e nel settore delle costruzioni. Tuttavia, i nuovi emendamenti
e la prassi attuale tendono a consentire la costituzione dell'impresa interamente estera
anche in alcuni di questi settori, specialmente in caso di progetti di dimensioni
apprezzabili. L'investimento nel settore delle telecomunicazioni è permesso soltanto
in forma di contratto di cooperazione. Inoltre, in alcuni settori, quali l'abbigliamento e
la produzione di calzature, il nuova progetto è approvato soltanto se è prevista
l'esportazione di almeno l'80% della produzione. La lista dei settori è aggiornata
costantemente. Infine, l'investimento nella produzione di oli vegetali e di zucchero, e
la lavorazione del legno, sono permessi soltanto se l'investitore parallelamente
provvede allo sviluppo di fonti di materie prime.
Per quanto riguarda gli incentivi, il governo pubblica liste di settori e progetti
in cui l'investimento è considerato “favorito” e “particolarmente favorito”, godendo
pertanto di esenzioni fiscali fino ad 8 anni ed ulteriori riduzioni dell'aliquota fiscale,
oltre ad aliquote dell'IRPEG (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche) pari al
15% o al 10%, e all'esenzione dalla tariffa sull'importazione di materie prime
necessarie alla produzione.
Godono dei massimi incentivi i progetti di investimento che:
−
esportano almeno l'80% della produzione;
−
esportano almeno il 50% della produzione ed impiegano in modo intensivo
manodopera o materie prime locali, in misura pari ad almeno il 30% dei costi di
produzione;
−
investono in aree montuose, remote o aventi condizioni socio-economiche
difficoltose, orientandosi all'esportazione e impiegando almeno 500 lavoratori o
utilizzando intensivamente materie prime locali;
−
trattano minerali estratti in Vietnam;
−
producono parti, ricambi, ed accessori meccanici, elettrici o elettronici o accessori
con elevato valore aggiunto ed utilizzo intensivo di materie prime locali;
−
progetti per la produzione di nuove specie animali e vegetali ad elevate qualità ed
efficienza;
−
progetti per la lavorazione di prodotti forestali, agricoli e marini ad elevato valore
aggiunto per l'esportazione, che utilizzino materie prime locali creando numerosi
posti di lavoro;
−
tutti i progetti ad alta tecnologia o a sfondo ambientale.
Vari, dunque, sono i settori favoriti dal governo, soprattutto quello agro-
industriale, tessile, conciario, meccanico, minerario, chimico, farmaceutico, e
genericamente tutti i progetti che introducono tecnologie moderne, creando posti di
lavoro ed usufruendo di materie prime locali. Le autorità vietnamite puntano alla
tutela del proprio territorio, della propria forza lavoro, sfruttando i capitali esteri,
punto di partenza imprescindibile sulla via dell'acquisizione di nuove tecnologie e di
uno sviluppo economico che possa consentire al paese di emergere dalla piaga della
povertà e dell'indigenza.
5.4.5. Licenza di investimento e procedure per l'approvazione di un progetto di
investimento
L'autorità preposta al rilascio delle licenze è il Ministero della Programmazione
e degli Investimenti nel caso di progetti di ammontare superiore a 5 milioni di dollari.
In caso di progetti inferiori a tale importo, i Comitati del Popolo (amministrazioni
locali) delle principali province e città in cui l'investimento ha luogo hanno la facoltà
di rilasciare la licenza. Per Hanoi e Ho Chi Minh City il limite di autonomia è fino a
10 milioni di dollari.
I tempi medi per l'approvazione di un progetto d'investimento variano tra 15 e
20 giorni e le fasi procedurali sono le seguenti:
−
richiesta della licenza;
−
firma del contratto di uso del terreno;
−
approvazione del disegno tecnico;
−
ispezione finale e rilascio dell'autorizzazione ad operare.
Ai fini della richiesta della licenza occorre presentare i seguenti documenti:
−
progetto di investimento (specificante i dati relativi all'investitore, il nome della
nuova impresa, la località, i dati relativi allo sgombero del terreno, la durata e lo
scopo dell'impresa, l'ammontare e l'origine del capitale investito, la lista dei
prodotti e dei piani per l'eventuale esportazione, i procedimenti tecnologici
impiegati, i macchinari e gli impianti utilizzati con valore e caratteristiche
tecniche, la dichiarazione di rispetto delle normative ambientali, l'impiego di
personale previsto, la domanda prevista di energia elettrica, acqua e materie prime
e i tempi di realizzazione del progetto);
−
contratto di cooperazione commerciale (in caso di BCC);
−
contratto di joint venture (in caso di JV) o statuto societario (in caso di impresa a
capitale interamente estero);
−
documenti che confermano lo stato legale e finanziario dei partner (certificato
bancario o resoconto finanziario degli ultimi due anni);
−
dossier relativo al trasferimento di tecnologie (caratteristica e valore delle
tecnologie trasferite, certificati tecnici, certificati di protezione del copyright
industriale);
−
descrizione dell'impatto ambientale;
−
domanda di affitto del terreno con dati relativi;
−
progetti di costruzioni relativi alla nuova impresa.
Per progetti di ammontare non superiore a 40 milioni di dollari USA situati in
Zone Industriali (Industrial Zone, IZ) riconosciute formalmente dalla legge, la licenza
di investimento è rilasciata dal Consiglio di Amministrazione della Zona Industriale.
-Approvvigionamento di valuta estera
In Vietnam è in vigore un regime di restrizione alla circolazione della valuta
estera: importare moneta straniera non comporta alcuna controindicazione, ma il
trasferimento di valuta straniera oltre i confini nazionali è soggetto ad alcuni vincoli di
politica monetaria stabiliti per legge. In ragione della politica di richiamo dei capitali
stranieri, eccetto alcuni progetti speciali di investimento, le imprese straniere sono
autorizzate a detenere doppi conti correnti, uno in dong e l'altro in valuta straniera,
presso banche commerciali autorizzate ad operare in Vietnam.
5.4.6. La normativa sul lavoro
La normativa è basata sul Codice del Lavoro, promulgato dall'Assemblea
Nazionale il 23 giugno 1994 e legislazione successiva. A partire dal decreto 27 marzo
2003 il governo ha concesso alle imprese estere la possibilità di assumere
direttamente il personale senza l'intermediazione degli uffici di collocamento
provinciali.
La settimana lavorativa ammonta a 40 ore distribuite su 5 giorni. Gli
straordinari sono possibili previa negoziazione tra le due parti, ma non devono
comunque eccedere il limite massimo previsto dalla legge. In un periodo di 12 mesi il
lavoratore ha diritto a 12 giorni di ferie, estesi a 14 o 16 se le condizioni di lavoro
sono particolarmente faticose o pericolose.
I lavoratori stranieri possono essere assunti solo nel caso in cui non vi sia
alcun cittadino vietnamita in grado di svolgere la funzione richiesta. Tuttavia
l'impresa deve dimostrare di aver avviato la formazione di cittadini vietnamiti che
dovranno sostituire gli stranieri in seguito a un periodo di tre anni. Il lavoratore
straniero deve ottenere permessi di lavoro emessi dal Ministero del Lavoro, degli
Invalidi e degli Affari Sociali.
5.4.7. Diritti d'uso sul suolo
La proprietà del terreno è una questione ancora assai delicata: i cittadini
vietnamiti, infatti, godono del diritto di uso del suolo ma non possono vantarvi alcun
diritto di proprietà. Agli stranieri non è riconosciuto il diritto di uso del suolo ma solo
la facoltà di prendere in locazione parti di esso su approvazione delle autorità statali.
Agli investitori si consiglia di negoziare la questione dei diritti d'uso del terreno col
partner vietnamita (richiedendone cioè il conferimento in sede di costituzione del
capitale sociale), qualora si avvii una joint venture. In caso di imprese a capitale
completamente straniero, invece, conviene stabilire la sede sociale in una Zona
Industriale (IZ) in cui, cioè, i diritti di uso del suolo e delle infrastrutture siano già
compresi nella licenza. All'investitore straniero rimane, infine, la possibilità di
prendere in locazione parti di terreno presentando apposita domanda all'autorità
centrale o locale territorialmente preposta.
5.5. Il sistema fiscale
Il sistema fiscale vietnamita prevede imposte a livello nazionale ma non a
livello locale o municipale. I maggiori prelievi provengono dall'imposta sul reddito
delle persone giuridiche o dall'Imposta sul Valore Aggiunto.
5.5.1. Imposta sul reddito delle persone fisiche
I cittadini vietnamiti e gli stranieri residenti in Vietnam sono soggetti
all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Nel 1994, il concetto di residenza fiscale
è stato così definito:
− gli stranieri residenti in Vietnam per 183 giorni o più sono considerati residenti
imponibili e sono sottoposti a prelievo fiscale su reddito da lavoro, qualunque sia
la fonte;
− gli stranieri residenti in Vietnam per un periodo compreso tra 30 e 182 giorni nel
medesimo anno fiscale non sono considerati residenti e sono tassati solo su reddito
prodotto da fonte vietnamita;
− gli stranieri residenti in Vietnam per un periodo inferiore a 30 giorni nel
medesimo anno fiscale sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
Lo scaglione di reddito massimo ai fini del calcolo dell'imposta è pari al 72%
per i cittadini vietnamiti che lavorano in Vietnam ed è pari al 50% per i cittadini
vietnamiti che lavorano all'estero e per gli stranieri.
I dividendi, gli interessi, i capital gain non sono soggetti all'imposta sul
reddito delle persone fisiche.
5.5.2.Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche
Tutte le persone giuridiche vietnamite sono sottoposte ad un'imposta unica con
aliquota pari al 32%. Al contrario, le imprese estere continuano ad essere sottoposte
alle aliquote previste dalla precedente tassa sul profitto, ora sostituita dall'IRPEG
(Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche). Pertanto, l'aliquota generica per le
imprese a capitale estero è del 25%. Aliquote ridotte del 20%, 15% e 10% sono
applicabili in caso di investimenti in aree remote o disagiate, in settori ritenuti
prioritari od in progetti incentivati dal governo.
Le imprese attive nel settore dell'estrazione e sfruttamento di gas e petrolio
sono sottoposte ad aliquota pari al 50%, quelle attive nello sfruttamento di risorse
naturali rare sono sottoposte ad aliquota compresa tra il 32 e il 50%.
5.5.3. Imposta sul Valore Aggiunto
Si applica a tutte le attività imprenditoriali (produzione, commercio e fornitura
di servizi). Come in Italia, l'impresa fornitrice deve aggiungere l'IVA al valore dei
beni e servizi offerti. L'IVA, peraltro, è dovuta anche sui beni d'importazione
introdotti in Vietnam.
Quattro sono le aliquote applicate:
− 0%, nel caso di beni prodotti per l'esportazione;
− 5%, nel caso di fornitura di beni e servizi essenziali, quali acqua potabile,
fertilizzanti, carta, libri di testa, alimentari, medicinali ed attrezzature mediche,
mangimi per animali da allevamento, vari prodotti e servizi agricoli e servizi
tecnici e scientifici;
− 10%, nel caso di produzioni di beni e servizi quali produzione di minerali, energia
elettrica, prodotti elettrici, alimenti trasformati, costruzioni, assemblaggio ed
installazione, servizi di trasporto, servizi postali, leasing e tutte le attività non
specificate nelle altre categorie;
− 20%, per il commercio di pietre e metalli preziosi, settore alberghiero, turismo,
servizi di somministrazione di alimenti e bevande, lotteria e servizi di agenzia.
5.5.4. Imposte varie
Oltre alle imposte precedentemente analizzate, che rappresentano la fetta più
cospicua di trattenute fiscali, l'investitore che voglia rivolgersi al mercato vietnamita
deve considerare altre imposte specifiche in base al settore di applicazione.
-Imposte sulla licenza
E' applicata a tutte le imprese operanti in Vietnam, e riscossa annualmente.
L'importo dell'imposta varia da 1,8 a 58 dollari a seconda del reddito mensile.
-Imposta sulle risorse naturali (Royalty)
E' applicabile allo sfruttamento di risorse naturali sulla base del prodotto
estratto. Le imprese vietnamite sono sottoposte a tale tassazione subordinatamente al
prezzo di vendita reale, mentre per quelle a capitale estero o misto, l'entità
dell'imposta viene determinata in base al prezzo prevalente sui mercati mondiali.
Le joint venture sono esenti dalle royalty nel caso in cui il partner vietnamita
apporti capitale sotto forma di risorse naturali. Le aliquote, comprese tra lo 0 e il 40%,
sono riportate nel Decreto N.68/1998/ND-CP.
-Royalty sulla proprietà industriale
Le royalty pagate per la licenza di invenzioni, design industriale, marchi e
tecnologie sono soggette a tassazione del 10% in caso di pagamento in un'unica
soluzione o di licenza della durata non superiore a 5 anni. Diversamente, l'aliquota
applicata è pari al 15%.
-Imposta sul contratto
E' applicabile nel caso in cui un'impresa vietnamita produca, sul contratto, per
un'impresa estera. La relativa legislazione è contenuta nella Circolare N.
169/1998/TC-BTC del 22 dicembre 1998, emanata dal Ministero delle Finanze.
-Imposta sull'assegnazione di capitale (Capital Gain)
Riguarda guadagni realizzati da investitori esteri nel trasferimento di proprietà
di imprese, al netto del capitale iniziale e delle spese di trasferimento, con l'eccezione
di trasferimenti ad imprese di stato o delle quali lo stato abbia il controllo. L'aliquota è
pari al 25%, salvo il caso di trasferimento ad imprese vietnamite in cui essa è pari al
10%.
-Imposta sul pagamento di interessi
Si applica al pagamento di interessi da parte di aziende creditizie domestiche a
favore di aziende creditizie straniere, in seguito a prestiti di capitale, secondo
un'aliquota unica pari al 10%.
-Altre imposte
Oltre all'imposta sui redditi delle persone giuridiche i diversi tipi di tributi cui
le FIE (j.v. e impresa al 100% estera) vengono sottoposte sono:
− tassa sul trasferimento degli utili all'estero: il rimpatrio dei profitti è sottoposto ad
un'imposta la cui aliquota è stata ridotta al 3%, 5% o 7%, a seconda della tipologia
del progetto di investimento;
− imposta sui redditi delle persone fisiche, applicabile in aliquote variabili dal 10%
al 50% (personale espatriato) e dal 10% al 60% (personale locale) delle
retribuzione lorda percepita dal personale impiegato dalla FIE e per la quale, in
mancanza di espressa dichiarazione contraria, è ritenuta responsabile la medesima
azienda;
− Imposta sul Valore Aggiunto;
− altri tributi ed imposte specifiche di attività determinate (tassa sulle risorse
naturali, tassa sulla pubblicità, imposta speciale sui consumi).
La modifica alla normativa in tema di investimenti stranieri del luglio 2000 ha
ampliato il sistema degli incentivi alla localizzazione produttiva delle imprese estere
in Vietnam, concedendo alle FIE esenzioni dal pagamento di dazi doganali per le
importazioni di beni capitali necessari all'avviamento dell'impresa (macchinari),
nonché per l'importazione di materie prime necessarie all'attività produttiva per il
quinquennio successivo all'avvio della stessa. A completare il quadro in positivo
vanno menzionate, inoltre, le imposte applicate sulle royalties e gli altri corrispettivi
percepiti a fronte di accordi di trasferimento di tecnologie, cessione di know – how, e
concessione d'uso di marchi, colpiti in misura variabile dal 10% al 15%, in relazione
alle modalità di pagamento ed alla durata degli accordi stessi.
5.5.5. Accordo sulla doppia imposizione
Il Vietnam ha firmato trenta accordi disciplinanti la doppia tassazione con vari
Paesi, tra i quali l'Italia, l'Australia, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania, il Regno
Unito, il Giappone e Singapore.
In particolare, tra Italia e Vietnam è in vigore un accordo per evitare la doppia
imposizione, firmato il 26 novembre 1996 e ratificato dall'Italia con legge n. 474 del
15 dicembre 1998 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 1999, n. 8, s.o.
7/L). In base a tale accordo i redditi delle persone fisiche e giuridiche residenti in uno
dei due paesi sono tassati nel paese di residenza, indipendentemente dalla cittadinanza
delle persone. L'accordo per evitare la doppia imposizione tra Italia e Vietnam, entrato
in vigore in data 1 gennaio 1999, prevede delle aliquote preferenziali, rispettivamente
del 10% dell'ammontare lordo in caso di royalty e del 7,5% per gli accordi di
trasferimento di tecnologia.
5.5.6. Trattamento fiscale per le imprese straniere non registrate
Nonostante le modifiche sostanziali intervenute nel sistema impositivo in
seguito alla riforma del 1999 della disciplina relativa alla cosiddetta “Business Income
Tax” (BIT), le imprese straniere (FIE) restano sottoposte, per tutti gli aspetti relativi al
trattamento fiscale, alle disposizioni contenute nella normativa speciale sugli
investimenti esteri. Alle attività svolte in Vietnam da imprese straniere non registrate
(cosiddette Foreign Contractors), ovvero non costituite in una delle forme giuridiche
contemplate dalla legge sugli investimenti esteri, si applicava, invece, la “Business
Income Tax” (BIT) che prevedeva un'aliquota standard del 32% sui profitti realizzati
nel paese.
Conseguenza diretta della dicotomia di regimi, mantenuta inalterata anche
dalla Legge sugli Investimenti Esteri nel 2000, era l'applicabilità alle FIE del sistema
impositivo fondato sulla concessione di agevolazioni fiscali e su aliquote di imposta
sul reddito variabili, non in relazione al fatturato dell'azienda, bensì sulla base delle
caratteristiche dell'investimento realizzato (attività esercitata, valore e localizzazione
dell'investimento, numero di dipendenti).
Dal 1 gennaio 2004 tale dicotomia è sparita e tutte le società, sia vietnamite
che a partecipazione estera, sono soggette ad una tassazione unica del 28%, (facendo
salve per le aziende a partecipazione estera le agevolazioni che anzi sono state estese
alle società vietnamite).
5.6. Previsioni
I dati relativi al 2006 sono molto positivi e fanno ritenere, aldilà della
propaganda del governo presente in tutti i mezzi di informazione, che il paese
confermerà a fine 2007 le ottime performance registrate negli ultimi anni (Tab. 25,
Fig. 28). Anche i dati relativi ai primi tre mesi del 2007 confermano l’andamento
generale (Tab. 26).
La popolazione vietnamita è estremamente giovane: il 60% del totale ha meno
di 27 anni. Per questo il governo ha deciso di puntare su di loro per la crescita
economica, sostenendo la formazione e la crescita professionale. Questo potenziale,
che si inserisce in un contesto di alfabetizzazione molto elevato e di una attenzione
particolare del singolo e delle famiglie verso il miglioramento del grado di istruzione,
può arrivare a costituire una risorsa fondamentale per il paese, unita alle consistenti
risorse economiche che continuano a riversarsi sul Vietnam. Il paese gode, infatti, di
prestiti, di crediti d'aiuto, e altre forme di agevolazione da parte delle istituzioni
preposte (Banca Asiatica di Sviluppo, Fondo Monetario Internazionale, Banca
Mondiale), del sostegno di alcuni paesi donatori (soprattutto Giappone e Francia),
delle rimesse dei lavoratori vietnamiti all'estero (che costituiscono più del 10% del
PIL), in aggiunta agli investimenti esteri e a quelli domestici.
Tab. 25. Previsioni per il 2007 e il 2008.
2007 2008
PIL (var. %)
7.2
7.4
Inflazione (%)
5.5
4.9
Fonte: EIU, Economist Intelligence Unit, Ottobre 2006.
8%
2%
1%
Espansione del
Business
Mantenimento livello
attuale
Riduzione business
Chiusura
89%
Microsoft
Fig. 28. Programmi delle imprese per i prossimi tre anni.
Fonte: Vietnam Business Forum.
Il progresso economico si inserisce nell’ambito di un processo più ampio di
sviluppo e cambiamento che, benché lento ed eterogeneo da un punto di vista sociale
e geografico, sta portando ad esigenze sempre nuove, con una lenta rivoluzione dei
consumi. Nel giro di qualche anno il Vietnam dovrebbe raggiungere maggiori livelli
di integrazione commerciale con il resto del Sud-Est asiatico, anche in considerazione
della progressiva riduzione delle tariffe doganali all'interno dell'AFTA (Asean Free
Trade Area), il libero mercato creato dai paesi dell'ASEAN (Association of South East
Asian Nations), di cui il Vietnam fa parte dal 1995. L'Asia continuerà a rappresentare
il mercato principale dell'export vietnamita: nel 2006 l'aumento è stato pari al 20%,
raggiungendo circa 25 miliardi di dollari. I Paesi dell’Asia nord-orientale (Cina,
Giappone, Corea del Sud e Taiwan) continueranno a essere i più importanti
compratori regionali (prodotti agricoli, della pesca, gomma, legname, petrolio,
carbone, computer, componenti elettronici, etc) per un totale di 12,5 miliardi di
dollari, con un incremento del 21% rispetto all'anno precedente.
Tab. 26. Principali indicatori relativi ai primi tre mesi del 2007 in relazione ai primi
tre mesi dell’anno precedente.
PIL
Agricoltura, silvicoltura, pesca
Prodotti pesca
Produzione industriale
Export
Import
Prezzi al dettaglio di beni e servizi
Visitatori stranieri in Vietnam
Investimenti statali (in relazione al programma del 2007)
Prezzi di marzo paragonati ai prezzi di dicembre 2006
Fonte: General Statistical Office, 2007.
Il mercato più importante è quello giapponese che, secondo le previsioni del
Ministero del Commercio, crescerà nel 2007 del 18%, raggiungendo i 6,15 miliardi di
dollari. Seguirà la Cina con 3,55 miliardi, Taiwan con 1,3 miliardi, la Corea del Sud
con 1 miliardo e Hong Kong con 600 milioni. Il Ministero prevede che nei prossimi
tre anni l'export verso questi paesi esploderà anche grazie all'accesso al World Trade
Organization. Con il Sud-est asiatico l'export ammonta a 7,84 miliardi nel 2006, con
un incremento rispetto all'anno passato del 23%. A guidare la lista di questi mercati
troviamo Singapore con 2,7 miliardi previsti nel 2007, contro l'1,8 del 2006 (si tratta
per lo più di prodotti agricoli, cavi elettrici, computer, plastica, legname e artigianato).
La Thailandia rappresenta il secondo mercato tra i vicini della regione con 950 milioni
di acquisti che dovrebbero raggiungere un valore di 1,15 miliardi nel 2007. Le
esportazioni verso l'Australia si prevede che crescano del 15% raggiungendo un
valore di 4 miliardi di dollari.
Prospettive, dunque, molto rosee per quanto riguarda gli scambi commerciali
nella sempre dinamica e integrata economia asiatica. In Tab. 27 si evidenziano le reali
dimensioni economiche del Vietnam e dei suoi vicini.
Tab. 27. PIL del Vietnam (in milioni di dollari) paragonato ai Paesi vicini.
Cina
2000
1080741.4
2001
1175715.8
2002
2003
2004
1270663.7 1416592.8 1649329.4
Hong Kong SAR (Cina)
165358.9
162833.2
160016.7
6197.7
6206.8
6764.8
4746067.8
4162363.1
511928.2
481969.2
546713.2
608124.4
679674.3
946.5
1016.3
1117.5
1274.5
1525.3
307844.0
279513.7
281572.3
286019.0
305364.4
Macau SAR (Cina)
Giappone
Korea,
Mongolia
Taiwan
155122.9
163004.7
3972485.3 4300857.9 4623398.1
+7.7
+2.7
+6.8
+16.6
+17.9
+33.6
+22.3
+13.7
19.0
+3.0
6. UNDICI GENNAIO 2007: L'INGRESSO NEL WORLD TRADE
ORGANIZATION
Il Vietnam l'11 gennaio del 2007 è ufficialmente entrato nel WTO come 150°
paese membro dopo 200 incontri negoziali con 28 paesi, sebbene con uno status di
economia non di mercato (“non market economy”) che dovrà mantenere per i prossimi
12 anni. Questo è stato probabilmente l'evento su cui più hanno insistito i mezzi di
comunicazione vietnamiti tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007. Su questo accesso le
autorità vietnamite hanno riposto, già a partire dal 1995, moltissime speranze e
aspettative per il benessere del paese.
Nel 2006 il Vietnam ha ottenuto lo status di Permanent Normal Trade
Relations (PNTR) dagli Stati Uniti, completando la normalizzazione delle relazioni
tra i due paesi, e ha ospitato con successo l'incontro dell'Asia Pacific Economic
Cooperation (APEC). Dodici capi di stato, diciassette primi ministri e numerosi nomi
importanti del mondo economico mondiale hanno reso al Vietnam una visita. Il
Vietnam sarà, inoltre, nominato nel 2008 per un seggio non permanente al Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Dopo l'incalzante crescita degli ultimi anni si ritiene, a ragione, che l'accesso
all'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), darà una svolta decisiva
all'apertura dell'economia ai grandi flussi del commercio mondiale, alla capacità di
attrazione di capitali internazionali e alle esportazioni vietnamite.
Il Vietnam ha assunto determinati obblighi che impegnano lo stato vietnamita
a riformare, nella direzione di una maggiore apertura all'economia di mercato, come
stabilito dagli accordi (commitment) per l'accesso al WTO, i numerosi settori protetti:
settore finanziario (comprendente banche e assicurazioni), delle telecomunicazioni,
delle costruzioni, dei trasporti e della distribuzione.
A partire dal 1 aprile 2007, è consentito l'insediamento di banche a capitale
interamente estero, senza limite alcuno nell'acquisizione di banche commerciali
vietnamite, escluso il limite del 30% per le proprietà straniere. Questo ha portato il
Vietnam all'abolizione del limite del 20%, senza alcuna limitazione o restrizione al
singolo investitore straniero.
Nel settore delle assicurazioni gli obblighi del Vietnam includono la
concessione alle compagnie assicurative straniere di garantire le imprese straniere nel
paese. Questo obbligo richiederà l'emendamento dell'articolo 6.1. della legge sul
business assicurativo (Insurance Business Law), che attualmente prevede solo la
possibilità di un'assicurazione da parte di una compagnia straniera, qualora gli
assicuratori vietnamiti non siano in grado di offrire i prodotti richiesti. Gli investitori
vietnamiti non saranno più obbligati a assicurare nuovamente il 20% con la
compagnia di riassicurazione nazionale.
Anche il settore delle telecomunicazioni mostra interessanti prospettive con
l'ingresso nel WTO. Precedentemente gli investitori stranieri potevano investire solo
attraverso contratti di cooperazione d'affari (Business Co-operation Contracts). Con
l'ingresso nel WTO, il Vietnam permetterà joint venture con partecipazione straniera
al 49% e la restante maggioranza dovrà essere detenuta da una delle controparti
vietnamite dotate di licenza, oggi imprese statali (Viettel, EVN Telecom e Hanoi
Telecom).
Nel settore delle costruzioni le raccomandazioni del WTO sembrano essere più
restrittive delle pratiche ad oggi attuate. Infatti, entro il 2009, le compagnie a totale
capitale estero potranno solo provvedere ai servizi delle imprese a capitale straniero,
mentre attualmente possono lavorare sia con imprese straniere che nazionali.
Anche il settore dei trasporti sentirà il peso dell'ingresso nel WTO,
specialmente nel settore marittimo e dei servizi ausiliari. Saranno permessi joint
venture con partecipazione straniera sino al 49% per i servizi di trasporto di
passeggeri. A partire dal 2012 saranno permesse joint venture con partecipazione
straniera sino al 51% per i servizi di trasporto merci. Attualmente per i servizi del
trasporto dei containers sono permesse joint venture con capitale straniero sino al
50%.
Per quanto riguarda il settore della distribuzione, esso rappresenta un'altra
interessante differenza tra le raccomandazioni WTO e la pratica corrente. Il Vietnam
si impegna a permettere investimenti esteri nel settore della distribuzione sotto forma
di joint venture con capitale straniero sino al 49% entro il 1° gennaio 2008. In seguito,
a partire dal 1° gennaio 2009, scomparirà qualsiasi forma di restrizione. Si prevede
che in questo settore aumenterà fortemente la concorrenza tra i distributori nazionali.
Particolarmente avvantaggiato dovrebbe risultare il settore tessile e
calzaturiero per l'esportazione che potrà competere liberamente con gli altri paesi
concorrenti del WTO.
In generale, le richieste dell'Organizzazione Mondiale del Commercio
prevedono un impegno alla “trasparenza e obiettività” riguardo i criteri di
assegnazione delle licenze; si richiede una maggior semplificazione dell'iter
burocratico, ad oggi eccessivamente gravoso nonché garanzie di una maggiore qualità
dei servizi. Non è permesso che un paese mantenga i criteri di assegnazione delle
licenze, procedure o altre misure che limitino in qualche modo il numero dei fornitori
dei servizi e si richiede la soddisfazione di test che garantiscono un livello minimo di
qualità del servizio.
I cambiamenti posti dal WTO sono reali ma non insormontabili perché questi
sono legati allo spirito, alla motivazione e alla capacità con cui vengono applicati
nella pratica.
L'accesso al WTO metterà il Vietnam nel radar degli investimenti delle
maggiori compagnie di investimento straniere, ma oltre alle riforme già enunciate il
Vietnam è chiamato a migliorare e modernizzare vari aspetti. Dal sistema di
protezione sociale alle infrastrutture. Appare necessaria la costruzione di strade e altre
vitali strutture che colleghino milioni di abitanti delle zone rurali alle principali vie di
comunicazione e alla rete elettrica. Urge migliorare la logistica di porti e aeroporti per
sfruttare la ottima posizione geografica; migliorare la qualità del sistema educativo
(formando dei lavoratori specializzati); espandere la produzione agricola; provvedere
all'accesso ai servizi di base, come l'acqua corrente a tre milioni di abitanti delle aree
urbane povere; continuare la ferma lotta contro la corruzione (su cui la autorità
richiedono anche l'aiuto dei giornalisti con dossier utili alle indagini). I più importanti
miglioramenti in ambiente lavorativo si sono verificati in questi ambiti, secondo un
sondaggio del Vietnam Business Forum (Fig. 29).
Inoltre le imprese vietnamite, soprattutto le piccole e medie imprese, saranno
sottoposte a una maggiore pressione e concorrenza, dovendosi misurare con le leggi
dell'economia internazionale e le imprese statali non potranno più contare sui sussidi
del governo che saranno sempre più selezionati in base alla competitività fino alla
totale abolizione.
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Fig. 29. Significativi miglioramenti in ambito lavorativo (valori percentuali).
Fonte: Vietnam Business Forum.
6.1. Vietnam Business Forum
Il Vietnam Business Forum è un interessante strumento che mette a diretto
confronto le autorità con il mondo degli investitori internazionali attraverso un serie di
incontri e seminari cui partecipano esponenti del governo e in cui vengono esposte le
richieste degli investitori.
In base al Forum del 2006, pubblicato il 13 dicembre 2006 ad Hanoi, il 2007 è
considerato un anno cruciale di riforme in cui regolare materie delicate come il diritto
alla proprietà, la legge sulle imprese e sugli investimenti, i diritti di proprietà
intellettuale (che comprende non solo il nome del marchio ma anche i brevetti, il
design industriale, il know how, gli indicatori geografici, il copyrights etc), la riforma
della tassazione, del diritto di associazione, dell'intero sistema giuridico, del sistema
amministrativo verso una maggiore decentralizzazione e la riforma delle imprese di
stato allo scopo di accelerare la crescita economica, migliorarne l'efficienza, la
sostenibilità e la qualità della crescita. Manca anche un sistema giuridico vietnamita in
riferimento alle dispute commerciali che solitamente finiscono alla corte economica di
Singapore. Queste leggi hanno lo scopo si semplificare e agevolare le pratiche per gli
investimenti stranieri anche considerando che la licenza sarà rilasciata dalle autorità
regionali e non più nazionali.
Un altro impegno, molto sentito dalla comunità economica internazionale, è
quello alla lotta della corruzione, ancora molto diffusa e radicata, che costituisce
spesso un costo aggiuntivo all'investimento. C'è inoltre da lavorare per una maggiore
certezza del diritto.
Gli investitori stranieri, inoltre, premono sul governo affinché il crescente
benessere coinvolga anche le regioni più isolate e ci sia una maggiore equità sociale.
Si sottolinea anche l'esigenza di investimenti sociali anche per il mantenimento
dell'ordine e della stabilità sociale.
6.2. Privatizzazioni
La riforma delle State Owned Enterprises (SOEs), le aziende pubbliche, che
avevano il monopolio in molti settori è ancora oggi sotto la lente di ingrandimento del
governo e delle istituzioni economiche internazionali, in quanto con l'accesso del
Vietnam nel WTO (World Trade Organization) le sovvenzioni alle SOEs sono
destinate a cessare nel medio periodo. La riforma in atto tende a lasciar queste
imprese nei settori chiave dell'economia nazionale (chimica, esplosivi, sostanze
radium, rete di informazioni nazionale e internazionale, sistemi di energia nazionale,
ed altri ancora), ma contemporaneamente ne riduce i sussidi statali.
Negli altri settori si punta alla privatizzazione: a partire dall'entrata in vigore della
legge sulle imprese (gennaio 2000), di quelle registrate il 40% si colloca nel settore
del commercio, il 30% nell'industria e nell'edilizia, il 25% nei servizi e solo il 5%
nell'agricoltura.
7. ITALIA E VIETNAM
7.1. Il ruolo dell'Italia
In questo positivo momento di crescita e sviluppo vietnamita l'imprenditoria
italiana partecipa attivamente: l'interscambio nell'arco di tempo che va dal 1998 al
2002 è addirittura raddoppiato. Nel primo trimestre del 2005 le esportazioni hanno
raggiunto un valore di 49 milioni di euro mentre le importazioni hanno superato i 120
milioni (Tabb. 28-30).
Tab. 28. Interscambio commerciale Italia Vietnam.
Interscambio Italia – Vietnam
2003
Esportazioni
218.340.348
Importazioni
473.669.174
Saldo
- 255.328.826
2004
283.679.738
403.523.437
- 119.843.699
2005
326.575.200
397.296.864
- 70.721.664
Fonte: Dati ISTAT Gen–Dic 2005/6 (agg.01/06/2006).
Tab. 29. Commercio dell’Italia con il Vietnam (valori in migliaia di Euro, saldo
normalizzato e variazioni in percentuale, variazioni assolute per i saldi).
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005 2005
2006
..............................................................................................................................................gen-giu gen-giu
Valori
Esportazioni
99.397
Importazioni
246.683
Saldo
-147.286
Saldo
normalizzato (%) - 42.6
106.612
258.193
-151.581
Esportazioni - 5.9
Importazioni
18.7
Saldi (variazioni- 45.042
assolute)
7.3
4.7
- 4.295
- 41.6
181.599
281.616
337.841 374.161
-156.242 -92.545
- 30.1
- 14.1
300.563 326.575 283.680
218.340
108.301
130.730
395.171 397.297 403.523
473.669
213.903 303.692
-94.608 -70.722 -119.844 -255.329 -105.602 -172.962
- 13.6
- 9.8
- 17.4
- 36.9
- 32.8
- 39.8
Variazioni sull’anno precedente
70.3
30.9
- 4.661
55.1
10.8
- 63.697
6.7
5.6
- 2.062
8.7
0.5
- 23.886
- 13.6
1.6
- 49.122
- 23.0
17.4
-135.485
-17.8
9.3
-41.493
20.7
42.0
-67.360
Fonte: Elaborazione ICE su dati ISTAT.
A fare la parte da leone e a costituire il 60% del nostro export sono i settori
della meccanica che fanno registrare anche i più forti tassi di crescita della nostra
presenza: dalla meccanica tessile a quella del calzaturiero/ conciario, dalla meccanica
della lavorazione della ceramica a quella della lavorazione del marmo e del granito, ed
altro ancora. Mentre per quanto riguarda le importazioni prevalgono le calzature, i
prodotti dell'abbigliamento e di pelletteria, ed in genere i prodotti manufatti, ma
anche prodotti dell'agricoltura e della pesca.
Tab. 30. Principali settori dell’interscambio dell’Italia con il Vietnam (classificazione
ATECO a tre cifre, valori in migliaia di euro e variazioni percentuali).
Settori
Esportazioni
2005
2006
gen-giu gen-giu
22.240
295 - Altre macchine per impieghi speciali
20.231
191 - Cuoio (esclusi indumenti)
16.780
14.429
354 - Cicli e motocicli
5.024
11.341
172 - Tessuti
7.166
10.403
8.846
292 - Altre macchine di impiego generale
4.873
241 - Prodotti chimici di base
3.735
7.126
244 – Prodotti farmaceutici e prodotti
chimici e
6.669
botanici per usi medicinali
4.565
291 – Macchine e apparecchi per la
produzione e
l’impiego di energia meccanica
4.168
4.764
3.546
294- Macchine utensili
5.519
312- Apparecchiature per il controllo e la
Importazioni
var
2005
2006
(%)
gen-giu
gen-giu
175
9.9
124
2.184
40110
- 14.0
125,7
2.619
1.912
45,2
519
424
81,5
51
40
37
7.651
90,8
var (%)
41,1
82,2
- 27
- 18,3
-21,6
-
46,1
5
1
- 80
14,3
- 35,8
1.008
15
1.044
5
3,6
- 66,7
con soli 22 investimenti attualmente operativi. Questa situazione di forte
sbilanciamento del nostro ranking tra il commercio e gli investimenti è piuttosto
comune in Asia ed anche il altre aree geo-economiche. Questo, da un lato, per i
problemi che le aziende italiane, soprattutto le piccole e medie imprese, incontrano in
genere in mercati esteri così lontani, dall'altro, per alcune “difficoltà paese” che
ancora persistono nonostante il forte impegno delle autorità alla rimozione delle
stesse.
Quando si passa da una logica puramente commerciale ad un impegno a
medio-lungo termine verso un singolo mercato ed anche maggiormente oneroso in
termini di risorse finanziarie ed umane, le imprese italiane incontrano mediamente
maggiori difficoltà. A fronte di molte esperienze positive di investitori esteri, vi sono,
inoltre, alcune esperienze negative dovute proprio alle “difficoltà paese”.
Tab. 31. Importazioni del Vietnam (valori in milioni di dollari USA, quote e
variazioni percentuali).
d
e e variaz
i dollari USA, quot
ioni percentuali).
i
2005 Gen –
lug
2006 Ge
n – lug 2
005 Ge
n – lug 200
6
Singapore
Cina Taiw
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6,0 3
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2
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13,2 0 26,1 22,3 19
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Valo
3.610
3.286 2
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852
2
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17,1
4,7
Valori
6
1
1
1
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11,5 1
0,5 8,
7 6,4
3,6 3,
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78
5
97
2.13
7 1.5
92 88
1
791 7
10 58
3
1
9.039
24.
7
0
0
17
8
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6
1,1
1
4 2.29
4 2.13
7 1.26
3 721
664 78
5 317
16
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2
2.
597
2.137
1.59
2
881 7
91 71
0 583
7.2. Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE)
L'Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE), presente in Vietnam con il suo
ufficio di Ho Chi Minh City, ha lo scopo di promuovere e sostenere il “made in
Italy”.
I servizi offerti dall'ICE, molti dei quali disponibili on-line, hanno lo scopo di
sostenere le aziende italiane nelle loro strategie di penetrazione e consolidamento nei
mercati internazionali. I principali servizi offerti sono:
− indagini di mercato per singola azienda: strumento utile per valutare le concrete
possibilità di introduzione della produzione aziendale sul mercato vietnamita con
informazioni sulla struttura e l'andamento della domanda, sulla rete distributiva, e
sugli utilizzatori finali del prodotto.
− organizzazione ed assistenza incontri: l'ufficio ICE di Saigon può organizzare una
serie di incontri con operatori locali (anche presso il proprio ufficio) e fornire
assistenza alle aziende italiane con i propri analisti nel corso della trattativa con la
controparte locale;
− ricerca agenti/distributori: individuazione dei potenziali partner locali; raccolta ed
invio dei risultati della ricerca.
− assistenza e consulenza nel settore degli investimenti e costituzione di società
miste con partner vietnamiti; identificazione di progetti di investimento;
elaborazione di una scheda informativa; raccolta di informazioni commerciali e
finanziarie sull'azienda vietnamita; elaborazione di un quadro riassuntivo dei
principali costi di gestione; assistenza nelle trattative; selezione del personale
locale da assumere nella nuova società.
− ricerca di produttori locali: il servizio consiste nell'individuazione di produttori
locali (prodotti finiti, materie prime, semilavorati, componentistica e produttori in
conto terzi, in grado di garantire gli standard richiesti dall'azienda italiana.
− organizzazione di mostre autonome, seminari tecnici e presentazioni di singole
aziende o di gruppi consortili/associazioni interessati a presentare prodotti o ad
introdurre nuove tecnologie e know-how nel mercato vietnamita: l'ICE è in grado
di fornire un pacchetto di servizi completo per l'organizzazione di mostre,
presentazione di prodotti o seminari tecnici.
− selezione ed organizzazione di delegazioni di operatori vietnamiti in visita a fiere
o ad aziende in Italia.
Oltre alla normale attività di informazione e assistenza data sia agli operatori
italiani che vietnamiti, l'ufficio ICE di Ho Chi Minh City collabora in questi ultimi
anni, anche per venire incontro ad una sentita esigenza da parte degli
operatori/associazioni ed autorità locali, con diverse Associazioni Italiane di alcuni
settori della meccanica in corsi di formazione sia per manager che per tecnici. Tali
corsi, in alcuni casi seguiti da simposi di presentazioni aziendali, sono organizzati
prevalentemente in Vietnam, ma anche in Italia e stanno riscontrando un enorme
apprezzamento negli ambienti industriali locali, dimostrandosi un valido strumento di
promozione della tecnologia italiana.
Altre iniziative dell'ICE sono i cosiddetti check-up aziendali, eseguiti nei
settori di più alto interesse per gli imprenditori italiani, come ad esempio le imprese
del settore calzaturiero e conciari. Tali iniziative consentono ad esperti ed analisti
italiani di effettuare delle visite approfondite in aziende locali, in maniera tale da
rendersi conto delle singole problematiche aziendali e, soprattutto, delle possibili
soluzioni, attraverso l'impiego delle più appropriate tecnologie italiane. I casi più
generali e le relative soluzioni vengono poi presentati agli operatori locali qualche
mese dopo il lavoro di analisi.
7.3. Il caso Merloni
Una delle grandi aziende italiane operanti in Vietnam, che ha riscosso grande
successo è la Merloni Termosanitari (MTS), con sede legale in Italia a Fabriano (An).
Tale esperienza è iniziata nel 1990, in coincidenza con le prime riforme economiche
del Paese e con l'apertura verso nuovi mercati non più legati all'area dei Paesi ad
economia pianificata. Dopo un periodo di rodaggio, durante il quale la società
vendeva i suoi prodotti soltanto attraverso l'ufficio di Singapore, a partire dal 1995 la
Merloni Termosanitari ha iniziato a operare direttamente in suolo vietnamita, aprendo
due uffici di rappresentanza, uno a Saigon e l'altro ad Hanoi.
L'attuale console onorario ad Ho Chi Minh City, Carlo Anzon, ha maturato
un'esperienza decennale nell'ambito dell’azienda in Vietnam.
Il successo di questo investimento è legato, in primis, al mercato dell'edilizia,
cui l'azienda è indissolubilmente legata, e al fatto che abbia attraversato dal principio
le diverse fasi di sviluppo del sistema commerciale vietnamita.
Durante la fase iniziale (1990-1996), si vendeva solo a compagnie pubbliche;
in seguito, grazie alle riforme e alla libera iniziativa, il giro d’affari si è esteso a
importatori – distributori privati – che hanno una maggiore e reale conoscenza delle
potenzialità del mercato. Tale decisione non fu facile, ma anzi piena di rischi. In
Vietnam non esisteva la possibilità di valutare concretamente e correttamente le reali
disponibilità e sicurezze finanziarie dei nuovi partner. Si decise di mantenere rigide
forme di pagamento, anche a scapito della perdita di porzione di ordini. Dopo qualche
mese, queste decisioni si dimostrarono adeguate: i partner trovarono nuovi sbocchi
anche nelle province, e non solo nelle principali città. Inoltre, grazie al
consolidamento delle reti di vendita e dei canali di marketing dei partner, si
modernizzarono e la Merloni recuperò brillantemente il calo delle vendite avvenuto
durante il periodo di transizione.
Le difficoltà erano date dal fatto che il paese si trovava in una situazione di
piena trasformazione: l'amministrazione pubblica e le sue strutture (dogana, tasse,
licenze, permessi, etc), con le quali i nostri importatori/distributori dovevano
dialogare, cambiavano continuamente, seguendo vie contorte che non contribuivano
certamente a creare certezze. Esistevano, ed esistono tuttora, turbative che
danneggiano la distribuzione, la stabilità dei prezzi sia all'importazione che al
dettaglio. La corruzione nel paese è ancora un fenomeno di rilievo, che il governo sta
cercando di eliminare.
Tuttavia, osservando l'evoluzione delle vendite e dei prodotti offerti dalla
Merloni, si può constatare che, nonostante i problemi, i risultati sono stati positivi ed
incoraggianti e che l'intenzione sia quella di restare, imparare e aggiornarsi
continuamente.
Per quanto riguarda la possibilità di investire direttamente in Vietnam, bisogna
far riferimento non solo al mercato vietnamita, ma alle strategie complessive del
gruppo. La Merloni ha effettuato importanti acquisizioni in Europa e, inoltre, ha altre
unità produttive già esistenti nell'area. Bisogna seguire con attenzione il sorgere di
nuovi soggetti industriali locali, i quali si indirizzano verso la produzione di prodotti
per il bagno e la cucina. Infine, è importante verificare i tempi di accesso del Vietnam
all'AFTA.
Come riferisce Anzon, non bisogna sottovalutare, però, che in Vietnam, la
legge sugli investimenti stranieri è cambiata ed ora è più semplice investire. Sono
state semplificate inutili burocrazie e il governo si sta impegnando con più energia in
vista dell'eliminazione della politica dei doppi prezzi di alcuni servizi (comunicazioni,
trasporti, tasse attuate per le imprese locali e straniere). Le imprese straniere presenti
in Vietnam, che producono e vendono nel mercato locale ed esportano con successo,
contribuiscono per circa il 40% al totale della produzione industriale vietnamita.
7.4. Il caso Perfetti
La Perfetti van Melle, con sede legale in Italia a Milano, opera in Vietnam dal
1995, anno in cui ricevette la licenza di investimento per una joint venture per la
produzione e la commercializzazione di caramelle e chewing gum. Attualmente
costituisce il più importante investimento italiano presente in questo paese.
La fase iniziale prevedeva la joint venture con un partner locale, produttore di
glucosio (uno dei maggiori ingredienti impiegati nei prodotti), il quale contribuì con il
diritto all'uso del terreno, dove poi, nel 1996, fu costruita la fabbrica.
Il primo prodotto della Perfetti Van Melle è stato lanciato sul mercato
vietnamita nell'aprile 1997. Dal maggio 2002 l'azienda è diventata un'azienda a
capitale totalmente straniero: l'esperienza della società mista, sebbene positiva, non
dava più possibilità di sviluppo per l'azienda, a causa della relativa mancanza di
risorse, sia umane che finanziarie, da parte del partner locale.
Le ragioni che hanno spinto a investire in Vietnam sono innanzitutto legate al
basso costo di manodopera per produrre beni per l'esportazione. La Perfetti van Melle
Vietnam è nata per essere un'entità orientata al mercato locale. La potenzialità era ed è
chiara vista la giovane età della popolazione a cui l'azienda si rivolge. Questo
orientamento è confermato dalle vendite: delle circa quattro mila tonnellate prodotte
in un anno, l'export rappresenta circa il 20%, mentre prioritaria rimane la
distribuzione sul territorio nazionale. Grazie ad una politica orientata ad offrire ai
consumatori prodotti di alta qualità ad un prezzo ragionevole, l'azienda è stata in
grado di conquistare sia il settore delle caramelle che quello della gomme da
masticare. In quello delle caramelle, il 52% del valore speso dai consumatori
vietnamiti è dedicato ai prodotti Perfetti, mentre il resto è suddiviso in una miriade di
grandi e piccoli produttori locali, i quali offrono prodotti scadenti a basso prezzo. Per
quanto riguarda le gomme da masticare si è riusciti a sottrarre un quarto del mercato
ai maggiori concorrenti.
Nell'intera struttura sono impiegate circa 650 persone, di cui circa 200
lavorano in fabbrica e negli uffici, e la restante parte opera nelle vendite, strutturate
con un sistema innovativo e unico in Vietnam, orientato maggiormente alla
distribuzione al dettaglio piuttosto che all'ingrosso.
Nella fase iniziale si è dovuto lavorare sulla formazione delle persone: nessuno
dei lavoratori locali aveva mai lavorato in una fabbrica, né tanto meno in una moderna
azienda di caramelle. E' stato un lavoro duro, ma ha ripagato in pieno le aspettative
dei dirigenti, rendendo possibile nel 2002 l'ottenimento della certificazione ISO 90012000, tra le poche aziende in Vietnam e prima tra le fabbriche del gruppo Perfetti van
Melle in Asia.
Un pezzo dell'attiva imprenditoria italiana è stato così impiegato in Vietnam,
contribuendo in qualche modo alla crescita di persone, dell'organizzazione di mezzi e
servizi.
Le prospettive future vanno nella giusta direzione: crescere come azienda
attraverso l'espansione della fabbrica con nuove linee di prodotto; crescere come
persone ed organizzazione, perché queste costituiscono, assieme ai marchi e ai
prodotti, il patrimonio di base per lo sviluppo e il successo.
7.5. Il settore turistico
Il turismo rappresenta la più produttiva industria al mondo. Secondo le stime
del WTTC (World Travel & Tourism Council) il contributo del settore all'economia
mondiale si aggira nel 2006 a circa il 12% del PIL totale, considerando il ritorno
economico diretto e indiretto. In Vietnam questo contributo si è attestato al 9% nel
2006, con un notevole aumento del numero di visitatori (Tabb. 34-36). Secondo le
previsioni dell’Organizzazione Mondiale del Turismo l’afflusso di turisti dovrebbe
raggiungere i 9 milioni entro il 2010 e questo dato dovrebbe raddoppiare entro il
2020.
La maggior parte dei posti di lavoro sono nel settore privato, ma negli ultimi
anni si è manifestato l'interesse del governo per questo importante settore, specie
attraverso la promulgazione di una legislazione specifica (Tourism Law, n. 44/2005).
Tale legislazione promuove la centralità del territorio, rispettando il “DNA
territoriale”, cercando di evitare il modello del “turismo di massa” e tendendo a quello
del “turismo sostenibile”. In questo senso si cerca di operare adottando un’ottica a
medio e lungo termine, evitando di causare danni irreversibili al territorio, in nome di
un guadagno che per quanto immediato avrà gravi conseguenze sul futuro.
Ma il cammino è ancora lungo e bisogna soprattutto insistere sulla
programmazione e pianificazione, nonché sulla formazione e sulla creazione di un
sistema di infrastrutture adeguato, problema che riguarda soprattutto le aree montuose
e le province più isolate.
Le problematiche più importanti che riguardano lo sviluppo del turismo sono:
-
-
l’inadeguatezza delle infrastrutture e dei trasporti;
l’insieme dei controlli amministrativi, i visti e i controlli all’arrivo;
la carenza di personale qualificato.
Un indicatore del potenziale turistico del Paese è dato dalla presenza di siti
naturali e architettonici come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il Vietnam ha
ratificato la convenzione con l’UNESCO il 19 ottobre 1987 e finora annovera cinque
siti sottoposti a tutela:
-
il complesso monumentale di Hue (1993);
-
la città di Hoi An (1999);
-
il santuario di My Son (1999);
-
Ha Long Bay (1994);
-
il Parco Nazionale di Phong Nha-Ke Bang (2003).
Il Vietnam, grazie alla sua dura storia è una metà di forte richiamo, che suscita
inevitabilmente emozioni forti, che non può lasciare indifferenti.
La maggior parte dei turisti visita il Vietnam per motivi d’affari, si registra una
concentrazione nelle fasce 20-35 anni e minori di 50 anni. Di questi il 19% si
dichiarano studenti. Anche il turismo culturale è comunque in forte crescita e a
legislazione vigente indirizza la propria attenzione sulla promozione e valorizzazione
del patrimonio artistico, naturalistico e culturale. Il governo vietnamita ha anche
intrapreso la lunga strada verso la conservazione delle minoranze etniche. Tali scelte
sono in linea con la tendenza generale dell'industria turistica e non sono distanti, ad
esempio, dalle scelte della giunta Soru in Sardegna che mira alla tutela del proprio
patrimonio ambientale, umano e culturale, nonché alla valorizzazione delle attività
economiche tradizionali e dell'artigianato.
Anche il turismo contribuisce alla valorizzazione di tali minoranze: dai
costumi colorati alle usanze curiose, ogni tipicità viene sfruttata, divenendo
un’importante fonte di reddito per queste comunità. Il turista del terzo millennio,
infatti, reca un animo sempre più curioso, sempre più interessato ai percorsi
alternativi, alle vie della cultura, alle antiche tradizioni, agli usi e ai costumi di
popolazioni isolate, che dal loro isolamento hanno tratto consiglio e saggezza, un
grandioso patrimonio di valori, retaggio di una cultura millenaria.
Tab. 34. L’industria turistica in Vietnam tra il 2000 e il 2004.
2000
2001
2002
2003
2004
Giro d’affari in miliardi di dong
3268,5
3860,4
5425,5 6016,6 7432,4
Giro d’affari in miliardi di dong
1190,0
2009,0
2430,4 2633,2 3302,1
Migliaia di visitatori
10330,0 14092,0 19610,6 20684,2 24102,2
"
2656,0
4110,0 14676,4 16497,0 18426,0
"
7674,0
9982,0
4934,2 4187,2 5676,2
Migliaia di visitatori
2397,8
3113,4
4669,9 3976,2 5155,2
"
1359,3
1439,1
2624,5 2400,5 2914,7
"
939,5
1577,3
1947,6 1425,0 1644,5
"
99,0
97,0
97,8
150,7
596,0
Fonte: General Statistical Office, 2006.
Tab. 35. Numero di visitatori stranieri in Vietnam (in migliaia).
1995
TOTAL
1351,3
Per provenienza
Taiwan
222,1
Giappone
119,5
Francia
118,0
America
57,5
Gran Bretagna
52,8
Thailandia
23,1
Cina
62,6
Per scopo del viaggio
Turismo
610,6
Business
308,0
Visite ad amici
e parenti
Altro
Per mezzo di
trasporto
Via aerea
Navigazione
marittima
e/o fluviale
Strade
-
1996
1997
1998
1999
1607,2 1715,6 1520,1 1781,8
2000 2001
2002
2140,1 2330,8 2628,2
2003
2004
2005
2429,6 2927,9 3477,5
175,5
154,6
138,5
170,5
210,0
199,6
211,1
208,1
256,9
274,4
118,3
122,1
95,3
110,6
142,9
205,1
279,8
209,6
267,2
338,5
73,6
67,0
68,2
68,8
88,2
99,7
111,5
86,8
104,0
133,4
43,2
40,4
39,6
62,7
95,8
230,4
259,9
218,8
272,5
330,2
40,7
44,7
39,6
40,8
53,9
64,7
69,7
63,3
71,0
82,9
19,6
18,3
16,5
19,3
20,8
31,6
41,0
40,1
53,7
86,8
377,6
405,4
420,7
484,0
492,0
675,8
723,4
693,0
778,4
717,4
661,7
691,4
598,9
837,6 1138,9 1222,1 1462,0 1238,5 1584,0 2038,5
364,9
403,2
291,9
266,0
419,6
401,1
445,9
468,4
521,7
495,6
273,8
371,8
301,0
337,1
400,0
390,4
425,4
392,2
467,4
508,2
328,3
341,1
181,6
317,2
294,9
330,5
354,8
435,2
306,8
249,2
1206,8
939,6 1033,7
873,7 1022,1 1113,1 1294,5 1540,3 1394,8 1821,7 2335,2
21,7
161,9
131,5
157,2
187,9
256,1
284,7
309,1
241,5
263,3
200,5
122,8
505,7
550,4
489,3
571,8
770,9
751,6
778,8
793,3
842,9
941,8
Fonte: General Statistical Office, 2006.
7.6. Prospettive italiane in Vietnam
Sebbene scarsi rispetto al quadro generale, gli investimenti e le risorse umane,
intellettuali e finanziarie in Vietnam, costituiscono da una parte un elemento
importante per il futuro del Vietnam, dall'altra parte allargano le prospettive di
sviluppo di aziende costrette a convivere con economie sature in Europa, le quali
internazionalizzandosi continuano a giocare un ruolo da protagoniste nel sempre più
competitivo mercato mondiale, immettendosi in mercati caratterizzati da un grande
dinamismo. Stime delle maggiori istituzioni economiche mondiali prevedono che il
boom di quest'area geografica continui nel medio-lungo periodo (15 -20 anni).
A costituire il blocco maggiore in Vietnam sono i vicini asiatici del Giappone,
Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Cina (Hong Kong, in particolare) che, riguardo
agli investimenti, svolgono un po' il ruolo di “padroni di casa”, sia in termini relativi
che assoluti e ciò è dimostrato anche dalle numerosissime e organizzate comunità di
questi paesi.
L'Italia, nonostante i buoni trend evidenziati in questi ultimi anni, anche grazie
al riconoscimento dell'importanza di questo mercato da parte delle Autorità italiane, è
superata, all’interno dell’Unione Europea, da Francia e Germania per quanto riguarda
il numero dei progetti e il capitale investito, che mostrano dei numeri in termini
assoluti molto più elevati. Alcune perplessità degli investitori italiani riguardano la
distanza geografica, la mancanza di informazioni sul Vietnam in Italia e le difficoltà
linguistiche con la lingua inglese oltre che con quella vietnamita.
Lo Stato Italiano riconosce l'importanza strategica della internazionalizzazione
delle sue imprese (che rientrano per la stragrande maggioranza nelle piccole e medie
imprese) e la sua relativa scarsa presenza in certe aree geo-economiche. Per questo
motivo l'Italia si sta impegnando a promuovere l'associazione di piccole e medie
imprese al fine della delocalizzazione all'estero. Sono operativi sportelli regionali per
l'internazionalizzazione (SPRINT) e una serie di servizi che agevolano la conoscenza
del mercato estero da parte delle aziende che vengono assistite nelle, spesso difficili,
pratiche amministrative-burocratiche. I risultati fin qui conseguiti sono indubbio
positivi, ma il percorso da compiere per il “Sistema Italia” è comunque abbastanza
lungo e dovrebbe basarsi su una maggiore unità e coesione di tutte le parti del sistema.
A tal riguardo è auspicabile che le aziende che si affacciano su questi nuovi orizzonti
siano assistite dalle istituzioni, dal Sistema Bancario e dai Centri di Ricerca così come
fanno, per non andare troppo lontano, i principali concorrenti europei del nostro
Paese.
CONCLUSIONI
Il mercato vietnamita risulta essere molto attraente per l’investitore che si
rivolga al dinamico mercato asiatico, fuggendo dalle mature economie occidentali,
attirato dai vantaggi che il mercato orientale presenta (quali il basso costo del lavoro).
La delocalizzazione delle imprese appare più che mai necessaria, ai fini del
miglioramento delle prospettive economiche.
Il Vietnam, duramente provato da una lunga guerra relativamente recente, ha
saputo, attraverso una attenta politica di riforme, dare salde fondamenta alla società,
grazie ai pilastri costituiti da istruzione e sanità, ed è riuscito a garantire nuovi input
all’economia recuperando anni di sviluppo.
L’investitore che scelga il mercato vietnamita si trova davanti ad un’economia
in pieno fermento, il secondo mercato più stimolante dopo quello del grande vicino
cinese. Il processo è stato lento: tutto ha avuto inizio con il Doi Moi, la politica del
rinnovamento adottata nel 1986 sull'impronta delle riforme attuate in Cina da Deng
Xioaoping nel 1978. Successivamente, grazie all'accordo di libero scambio con gli
Stati Uniti e alle riforme adottate per limitare l'intervento statale nell'economia, è
cominciata la crescita al ritmo annuo del 7,4%. Nel 1994 è seguita la prima domanda
di adesione all'Organizzazione Mondiale del Commercio. Dall'11 gennaio 2007 il
Vietnam ne è diventato membro effettivo anche se con uno status di non market
economy, per la soddisfazione di entrambe le parti. Questo rappresenta un importante
fattore di integrazione del Paese nei grandi sistemi del commercio mondiale e
un’ulteriore garanzia per gli investitori stranieri.
Una dinamica e un potenziale incontestabili caratterizzano questo Paese. Il
Vietnam ha tutti gli ingredienti che gli occorrono per mantenere l'intensità e il ritmo
della sua crescita: il robusto consumo interno, l'ampio volume di investimenti in
costante aumento, la crescita esorbitante dell'export e la ben radicata cultura
dell'imprenditoria privata. E' inoltre ricco di risorse naturali: tra i principali beni di
esportazione figura il greggio; senza contare che è il secondo produttore al mondo di
riso e caffè. Il tutto inserito nell'ambito di una società giovane e alfabetizzata.
Moltissimi analisti scommettono sulle prospettive molto incoraggianti di questo
Paese, chiamato dalla stampa tedesca il "Dragone Ascendente".
Il cammino è certamente ancora lungo: il Vietnam sta attraversando una fase di
grandi cambiamenti e come ogni processo di trasformazione non sempre avviene in
modo indolore. Un investitore incauto potrebbe scottarsi le dita. Il Paese del Dragone
si annovera ancora tra i parenti poveri delle ricche nazioni asiatiche e i divari sociali
ed economici che permangono al suo interno rappresentano un rischio latente per la
stabilità politica. Esso si trova, comunque, a uno stadio di sviluppo molto più
avanzato rispetto a quello della Cina all’inizio degli anni ’90. Le basi ci sono: il
sistema finanziario sta migliorando e pochi dubbi riguardano le serie intenzioni del
Partito Comunista di intraprendere la strada dell'economia di mercato. La pensano
così anche molti grandi investitori stranieri. Imprese come Intel, Microsoft, Nike,
Ikea, Canon e Disney hanno scoperto il mercato del lavoro e dei consumatori del
Vietnam, dove hanno fatto confluire nel 2006 investimenti diretti per oltre dieci
miliardi di dollari. Nel 2007 il governo intende preparare oltre seicento aziende statali
a una quotazione in borsa e si prevede che circa cento debbano effettivamente farvi
ingresso. Tra queste potrebbero figurare banche commerciali come la Vietcombank e
la BIDV Bank, la compagnia assicurativa Bao Viet Insurance e il gruppo di
telecomunicazioni MobiFone. Entro il 2010 si prevede un raddoppio della
capitalizzazione dei mercati azionari, attualmente pari a otto miliardi di dollari.
Il Vietnam offre opportunità d'investimento molto solide nel lungo periodo. A
medio - lungo termine l'export crescerà del 10-20% e il consumo privato continuerà
ad aumentare. Nei prossimi dieci anni potremo probabilmente contare su una crescita
annua del Prodotto Interno Lordo dell'8-9%. Per questi motivi nei prossimi 20-30 anni
il Vietnam sarà dotato di tutti i beni, servizi e infrastrutture a noi già noti, in particolar
modo di quelli che risulteranno più funzionali al suo sviluppo (specie competenze o
know how), e che verranno esportati da imprese occidentali. Le classi dirigenti di
questo Paese sono convinte, infatti, che si debba accettare per certi comparti
produttivi una temporanea dipendenza dall'esterno, pur di conquistare una posizione
di forza a livello mondiale in altri settori. Posizione competitiva per ulteriori spinte in
avanti e per conseguire al tempo stesso la risorse valutarie indispensabili per far fronte
al finanziamento delle esigenze più immediate di sviluppo economico.
Le aziende straniere possono oggi decidere se insediarsi in loco e dedicarsi a
produzioni per l'esportazione in Occidente, vendere nel mercato interno, o nei Paesi
che fanno parte dell'AFTA con cui il Vietnam conta nel giro di pochi anni di eliminare
le barriere doganali.
Decisivo per il successo del Paese sarà in ultima analisi il comportamento del
governo, che dovrà portare avanti con decisione le riforme per rinnovare il sistema
giudiziario e quello amministrativo e garantire un maggior grado di certezza del
diritto. Importante sarà anche la lotta alla corruzione, molto diffusa anche tra gli
esponenti politici, che mette in pericolo la stessa sopravvivenza dell'indiscutibile
Partito e ostacola la creazione di istituzioni e strutture amministrative affidabili.
In questa corsa dell'Occidente alla modernizzazione del Vietnam e in generale
dell'Asia, gli investimenti del nostro Paese risultano ancora piuttosto scarsi e questo
per vari motivi. Bisogna considerare, infatti, che più del 95% delle imprese italiane
sono piccole e medie imprese che difficilmente godono di risorse umane, finanziarie e
dimensioni adeguate per poter affrontare con sufficienti garanzie i lontani mercati
asiatici, se non associandosi. Gli imprenditori italiani preferiscono, infatti, di gran
lunga i mercati dei Paesi Mediterranei o dell'Est Europeo. Infine, anche il "Sistema
Paese" non agevola i trasferimenti di capitali perché non opera, come fanno per
esempio gli altri maggiori Paesi Europei, in modo coordinato con la partecipazione di
Banche, Istituzioni e Centri di Ricerca. Molto, comunque, si sta facendo per far
conoscere agli imprenditori queste realtà tramite gli sportelli regionali per
l'internazionalizzazione (SPRINT) e per far sì che siano agevolati sia nell’affrontare i
problemi linguistici (tramite la consulenza con le autorità locali o con eventuali
partner locali dell'Istituto Italiano per il Commercio Estero e l'assistenza di
Ambasciata e Consolati) sia con quelli finanziari tramite aiuti e assicurazioni che
condividono i rischi degli investimenti (Società Italiana per le Imprese all'Estero,
SIMEST).
Sembra questo, dunque, il momento giusto per investire in Vietnam.
Considerata la stabilità politica, sociale e macroeconomica, la nuova tigre asiatica
continuerà a crescere a ritmi elevatissimi nel medio periodo e in particolar modo nei
prossimi anni, soprattutto per il recente accesso nel World Trade Organization che
attirerà ulteriormente i capitali delle grandi compagnie di investimento internazionali.
I vantaggi maggiori andranno a chi per primo si avvicinerà a questo mercato, a chi
saprà osare, conscio dei rischi, ma anche delle opportunità.
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