COMPITI PER LE VACANZE ITALIANO IIISG per

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COMPITI PER LE VACANZE ITALIANO IIISG per
COMPITI PER LE VACANZE ITALIANO IIISG per studenti insufficienti allo scrutinio finale
PARTE I DA CONSEGNARE IN SEGRETERIA UNA SETTIMANA PRIMA DELL’ESAME
Gli esercizi andranno eseguiti su apposito quaderno
A) QUESITI A RISPOSTA BREVE (circa 5 righe ciascuno)
1.
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Definire i Placiti campani, collocarli storicamente e spiegare a cosa è dovuta la loro importanza.
Per quale ragione le prime attestazioni scritte del volgare italiano si trovano spesso in documenti giuridici?
Cos’è l’Iscrizione di San Clemente? Perché è importante per la storia della lingua italiana?
Indicare brevemente materia ed elementi comuni delle prime Chansons de geste.
Collocare geograficamente e storicamente la prima fioritura della lirica trovadorica.
Spiegare la funzione dei giullari nella fioritura e nella diffusione della lirica romanza.
Spiegare come mai la crociata contro gli Albigesi ha favorito il diffondersi della lirica trovadorica.
Illustrare le caratteristiche particolari della lauda spiegando in che contesto nasce e si diffonde; spiegare
inoltre la particolarità della lauda drammatica e la sua importanza storica.
Quali caratteristiche culturali presenta la Magna curia di Federico II?
Cosa si intende col termine “poesia siculo-toscana”?
Quali aspetti sociali e culturali differenziano il poeta operante nella corte di Federico II da quello attivo
nelle realtà comunali toscane?
In cosa consistono la “dolcezza” e la “novità” a cui si allude nella definizione di Dolce stil novo?
Perché la canzone Al cor gentil rempaira sempre amore è considerata il manifesto del Dolce stil novo?
Per quali aspetti la concezione dell’amore di Cavalcanti si differenzia da quella di Guinizzelli?
Quali sono le tematiche e i caratteri stilistici dominanti nei sonetti di Cecco Angiolieri?
Elencare sinteticamente, dandone anche la cronologia, gli eventi centrali della vita di Dante Alighieri.
In che senso le Rime dantesche sono all’insegna dello sperimentalismo?
Spiegare cos’è il prosimetro, ovvero il particolare modello formale che caratterizza la Vita nuova,
specificando quale può essere stato il modello cui si è ispirato Dante nell’adozione di questa forma.
Descrivere brevemente la struttura del Convivio (numero di trattati e relativo argomento, numero di canzoni,
rapporto tra prosa e versi, rapporto tra stato dell’opera, incompleta, e progetto iniziale).
Spiegare perché Dante decide di adottare il volgare come lingua del Convivio.
Spiegare in cosa consiste il modello di “volgare illustre” promosso da Dante nel De vulgari eloquentia e quali
accuse egli muove, invece, ai volgari italiani del suo tempo.
Mettere in luce l’importanza del dato biografico personale nelle prime opere di Boccaccio, riconosciuta
dall’autore stesso.
L’Elegia di madonna Fiammetta costituisce un qualche misura una prova di “romanzo psicologico”. Quali sono gli
elementi che possono indurre a questa classificazione dell’opera?
Definire brevemente il contesto storico-culturale in cui si forma e vive Boccaccio. Quale influenza questo
contesto esercita sulla su opera in generale e sul Decamerone in particolare?
Spiegare in che senso la narrazione e la scrittura assolvono, nel Decamerone, una funzione di argine alle
catastrofiche conseguenze della peste, fattore di dissoluzione dei rapporti civili e delle norme sociali,
approfondendo anche l’aspetto della società dei giovani novellatori come simbolo di un’utopica “nuova società”.
Spiegare in che senso ed entro quali limiti è lecito parlare di “realismo” boccacciano.
Chi sono i destinatari e quali le finalità del Decamerone, secondo l’indicazione data da Boccaccio stesso nel
Proemio?
Boccaccio può essere definito un instancabile sperimentatore di generi, forme e stili. Motiva questa
affermazione facendo riferimento alla sua produzione.
Per quali aspetti Boccaccio può essere definito, come Petrarca, un precursore dell’Umanesimo?
Spiegare in che senso e per quale ragione Petrarca scrive di essere nato “sotto il segno dell’esilio” (Familiares,
I, i, 22) e di “sentirsi straniero ovunque” (Epystulae, II, xix, 16).
Spiegare in che senso la vocazione di Petrarca all’auto-analisi è fondante per la concezione moderna di poesia
lirica.
Quali sono gli aspetti e i momenti fondamentali dell’impegno politico di Petrarca? In che misura essi
coincidono con una specifica visione del ruolo dell’intellettuale?
Qual è l’atteggiamento di Petrarca nei confronti dei classici latini? In che senso si tratta di un atteggiamento
molto innovativo?
Il Canzoniere è un “racconto lirico” con una struttura bipartita. Vi sembra corretta questa definizione?
Motivare la risposta.
Di quanti testi si compone il Canzoniere? Si tratta di un numero casuale o la struttura ha una funzione
simbolica? Argomentare la risposta.
1
36. Spiegare in che senso la frase “raccoglierò gli sparsi frammenti della mia anima”, pronunciata da Francesco
nel Secretum preannuncia Canzoniere. Motivare la risposta facendo riferimento anche al sonetto proemiale.
37. Spiegare un che modo la raccolta della corrispondenza negli Epistolari concorre da parte di Petrarca a un
progetto di recupero del passato e di ridefinizione della propria immagine.
B) QUESITI A TRATTAZIONE SINTETICA (15/20 righe ciascuno circa)
1.
Spiegare in che modo il cristianesimo garantì, attraverso un processo di assimilazione e rielaborazione, la
sopravvivenza della cultura classica, precisando:
• chi fu, già negli ultimi anni di vita dell’Impero, il principale protagonista di questa operazione;
• in che modo i testi pagani vennero messi a disposizione della cultura classica;
• in che modo il modello monastico favorì la conservazione e la sopravvivenza della lingua e, in un secondo
momento, dei testi dell’antichità latina.
2.
In un breve testo unitario:
• descrivere e spiegare i tratti fondamentali del fin’amors;
• spiegare in che senso esso rifletta un ideale laico di perfezione morale e sociale;
• chiarire su che basi è stato possibile sostenere che l’origine di tale ideale sia da collegare ad un preciso
contesto sociale;
• spiegare in che senso e con quali modalità è stato possibile istituire un parallelismo tra rapporto amoroso e
rapporto feudale.
3.
A partire dal XIII secolo la nuova centralità dei Comuni comporta la creazione di nuovi modelli culturali e di
nuovi “luoghi della cultura” alternativi alla corte. Spiegare in un testo unitario:
• di quali modelli e luoghi si tratta
• in che modo la formazione di un pubblico nuovo, legato alle realtà comunali, favorisce il diffondersi di
nuove forme letterarie e indirizza le scelte linguistiche che le caratterizzano;
• quali sono queste nuove forme letterarie;
• in che modo, nel contesto del Comune, cambia anche la figura e la funzione “pubblica” dell’intellettuale.
4.
“Cor gentile”, “lode”, saluto” sono espressioni-chiave della poesia di Guinizzelli, Illustrarne il senso
inquadrandole nella concezione stilnovistica dell’amore propria di questo autore.
5.
Sviluppare un breve “ritratto” di Guido Cavalcanti da cui emerga l’originalità del suo profilo mettendone in
risalto la provenienza sociale, il rapporto con la politica e con le principali idee culturali e letterarie del suo
tempo.
6.
Esporre e discutere brevemente, con opportuni esempi, gli aspetti fondamentali della definizione
cavalcantiana dell’amore.
7.
Con il nome di rime petrose viene tradizionalmente indicato un gruppo di quattro poesie, accomunate almeno
dalla volontà di sperimentazione che le caratterizza:
• quali sono le liriche che lo costituiscono, e qual è la loro importanza nell’ambito della produzione dantesca?
• Quali sono i tratti che ne connotano la lingua? Si tratta solo di aspetti legati al lessico? Motivare
l’affermazione con esempi opportuni.
• In cosa consiste l’aderenza tra stile e lingua della canzone Così nel mio parlar vogl’esser aspro?
8.
La Vita nuova è la prima opera unitaria di Dante, che vi descrive un itinerario autobiografico. Descriverne
brevemente la “trama” e successivamente:
• spiegare cosa intende Dante quando parla di libro della mia memoria e in che modo questo riferimento è
funzionale all’unitarietà dell’opera;
• mostrare in che modo il rapporto stabilito da Dante tra testi poetici e sezioni in prosa permette all’autore
di inserire in quest’opera unitaria una parte della sua precedente produzione lirica;
• spiegare in cosa consiste la svolta segnata dal passaggio alla “poesia della loda”;
• definire l’importanza che assume l’evento della morte di Beatrice, sia nella prospettiva interna alla Vita
nuova, sia in vista del progetto futuro della Commedia.
9. Spiegare in un testo unitario
• in che modo la riflessione sulla lingua sviluppata da Dante nel De vulgari eloquentia, e in particolar modo le
considerazioni dell’autore sulla frammentazione dei volgari italiani, implica anche una forte presa di
posizione politico-culturale;
• come le opinioni espresse da Dante nel Convivio, nel De vulgari eloquentia e nel De monarchia concorrono
alla definizione di un coerente modello politico-culturale.
10. Descrivere il cosmo dantesco in relazione alla topografia della Commedia, e in particolare:
• spiegare il valore simbolico che assume la posizione dei tre regni;
• spiegare perché il viaggio nell’Inferno si svolge come un inabissamento, fino alla massima profondità
raggiunta nel luogo in cui è conficcato Lucifero;
2
spiegare la struttura di Inferno e Purgatorio e la ragione del diverso ordinamento delle pene tra i due
regni;
• spiegare la struttura del Paradiso e il modo in cui esso si presenta a Dante.
Illustrare la struttura del Decamerone prestando particolare attenzione :
• al numero e al genere dei narratori;
• al numero delle novelle (comprese quelle non raccontate dal giovani);
• alla varietà di temi e fonti;
• alla funzione della cornice come elemento strutturale e narrativo nonché come “voce” dell’autore.
Fortuna, ingegno e virtù. Definire il significato che questi termini hanno nell’universo narrativo e ideologico di
Boccaccio facendo riferimento alla tradizione a lui precedente e alle novelle lette.
Amore e natura: in quale rapporto stanno queste due forze nel mondo del Decamerone? Sviluppare la
questione facendo riferimento al rapporto di Boccaccio con la tradizione letteraria cortese e alle novità che
egli vi inserisce.
il tema di fondo della novella stessa e illustrarne il significato e la funzione all’interno del libro.
Spiegare, attraverso precisi riferimenti alle novelle lette, su che basi gli storici dalla letteratura Vittore
Branca e Franco Cardini abbiano potuto proporre per il Decamerone le formule, apparentemente
contraddittorie, di “epopea dei mercanti” e di “rifondazione cavalleresca del mondo”.
In Petrarca si prospetta un’inedita e straordinaria sovrapposizione di autobiografia e scrittura poetica.
Spiegare questo aspetto della produzione petrarchesca soffermandosi su alcuni punti fondamentali:
• l’epidemia di peste del 1348 e la morte di Laura come “eventi critici” che costituiscono il culmine del
processo di mutatio animi da parte del poeta;
• la scelta di riunire e disporre in un Canzoniere, secondo un preciso disegno unitario, gli sparsi materiali
poetici in volgare;
• la scelta di riunire negli epistolari tutte le lettere in latino;
• il progetto della raccolta epistolare delle Seniles.
Petrarca, in ragione della molteplicità dei suoi interessi, si presenta come uno scrittore “bilingue”. Mostrare la
diversa funzione che egli attribuisce al latino e al volgare, e spiegare il fondamento culturale di questa
distinzione.
Spiegare la funzione centrale svolta dalla dimensione del tempo e della memoria nella composizione e nella
struttura dei Rerum vulgarium fragmenta, soffermandosi principalmente:
• sulla memoria come strumento di autoanalisi e di recupero e riorganizzazione di un passato frammentario;
• sul sentimento petrarchesco della labilità del tempo;
• sull’importanza della lezione di sant’Agostino per la concezione petrarchesca del tempo;
• sul concorso della memoria a della scrittura quali argini all’inesorabile trascorrere del tempo e delle cose.
La Vita nuova, al di là delle differenze strutturali, costituisce per molti aspetti il modello più vicino al
Canzoniere petrarchesco. Indicare gli elementi che avvicinano tra loro queste due opere e quelli che, invece,
le differenziano maggiormente.
Esporre le principali caratteristiche dei Rerum vulgarium fragmenta dal punto di vista metrico, lessicale,
sintattico stilistico e retorico, spiegando per quale motivo il capolavoro petrarchesco ha potuto diventare il
testo di riferimento della lirica europea fino a tutto il Cinquecento.
•
11.
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20.
PARTE II DA CONSEGNARE ALL’INSEGNANTE ALL’INIZIO DELLE LEZIONI
B) Completare il percorso 6 della sez. 3 (Francesco Petrarca) fino a pag. 336; studiare i brani Chiare,
fresche e dolci acque (pag. 312-314); Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno (pag. 316-320); La vita fugge e
non s’arresta un’ora (pag. 323); Levommi il mio penser in parte ov’era (pag. 325); Zefiro torna, e ‘l bel tempo
rimena (pag. 328); O cameretta che già fosti un porto (pag. 330) ed eseguire, con l’aiuto delle schede di
analisi del testo, gli esercizi relativi (pag. 315-316; 322; 327; 329; 331).
C) Studiare la sez. 4 (L’età umanistica) da pag. 476 a pag. 499 e da pag. 502 a pag. 516 e rispondere alle
domande di pag. 499 e 519
D) Studiare i brani I’mi trovai, fanciulle, un bel mattino (pag. 509-510); Già vidi uscir de l’onde una matina
(pag. 512) ed eseguire, con l’aiuto delle schede di analisi del testo, gli esercizi relativi (pag. 511; 513)
3
E) Analisi testuale
1. Leggere i seguenti brani ed elaborare un testo unitario seguendo la scaletta proposta
Un cavaliere dice a madonna Oretta di portarla con una novella a cavallo, e malcompostamente dicendola, è da lei
pregato che a piè la ponga.
Giovani donne, come ne’ lucidi sereni sono le stelle ornamento del cielo e nella primavera i fiori de’ verdi prati, e de’
colli i rivestiti albuscelli, così de’ laudevoli costumi e de’ ragionamenti belli sono i leggiadri 1 motti, li quali, per ciò
che brievi sono, tanto stanno meglio alle donne che agli uomini, quanto più alle donne che agli uomini il molto parlar
si disdice2.
E’ il vero che, qual si sia la cagione, o la malvagità del nostro ingegno o inimicizia singulare che a’ nostri secoli sia
portata da’ cieli, oggi poche o non niuna3 donna rimasa ci è, la qual ne sappi ne’ tempi opportuni dire alcuno, o, se
detto l’è, intenderlo come si conviene: general vergogna di tutte noi. Ma per ciò che già sopra questa materia assai
da Pampinea fu detto, più oltre non intendo di dirne. Ma per farvi avvedere4 quanto abbiano in sé di bellezza a’
tempi detti, un cortese impor di silenzio fatto da una gentil donna ad un cavaliere mi piace di raccontarvi.
Sì come molte di voi o possono per veduta sapere o possono avere udito, egli non è ancora guari5 che nella nostra
città fu una gentile e costumata donna e ben parlante, il cui valore non meritò che il suo nome si taccia. Fu adunque
chiamata madonna Oretta, e fu moglie di messer Geri Spina; la quale per avventura essendo in contado, come noi
siamo, e da un luogo ad un altro andando per via di diporto insieme con donne e con cavalieri, li quali a casa sua il dì
avuti avea a desinare, ed essendo forse la via lunghetta di là onde si partivano a colà dove tutti a piè d’andare
intendevano, disse uno de’ cavalieri della brigata: “Madonna Oretta, quando voi vogliate, io vi porterò, gran parte
della via che ad andare abbiamo, a cavallo, con una delle belle novelle del mondo”. Al quale la donna rispose:
“Messere, anzi ve ne priego io molto, e sarammi carissimo”.
Messer lo cavaliere, al quale forse non stava meglio la spada allato che ’l novellar nella lingua, udito questo, cominciò
una sua novella, la quale nel vero da sé era bellissima; ma egli or tre e quattro e sei volte replicando una medesima
parola, e ora indietro tornando, e talvolta dicendo: “Io non dissi bene”; e spesso ne’ nomi errando, un per un altro
ponendone, fieramente la guastava; senza che egli pessimamente, secondo le qualità delle persone e gli atti che
accadevano, proffereva6. Di che a madonna Oretta, udendolo, spesse volte veniva un sudore e uno sfinimento di
cuore, come se inferma fosse stata per terminare; la qual cosa poi che più sofferir non potè, conoscendo che il
cavaliere era entrato nel pecoreccio7, né era per riuscirne, piacevolmente disse: “Messere, questo vostro cavallo ha
troppo duro trotto; per che io vi priego che vi piaccia di pormi a piè8”.
Il cavaliere, il qual per avventura era molto migliore intenditore che novellatore, inteso il motto, e quello in festa e
in gabbo9 preso, mise mano in altre novelle, e quella che cominciata avea e mai seguita, senza finita lasciò stare.
G.Boccaccio, Decameron, VI, 1
Restava, tacendo già Elissa, l’ultima fatica del novellare alla reina (Pampinea); la quale donnescamente cominciando a
parlar disse:
– Valorose giovani, come ne’ lucidi sereni sono le stelle ornamento del cielo e nella primavera i fiori ne’ verdi prati,
così de’ laudevoli costumi e de’ ragionamenti piacevoli sono i leggiadri motti; li quali, per ciò che brievi sono, molto
meglio alle donne stanno che agli uomini, in quanto più alle donne che agli uomini il molto parlare e lungo, quando
senza esso si possa far, si disdice, come che oggi poche o niuna donna rimasa ci sia la quale o ne ’ntenda alcun
leggiadro o a quello, se pur lo ’ntendesse, sappia rispondere: general vergogna è di noi e di tutte quelle che vivono.
Per ciò che quella vertù che già fu nell’anime delle passate hanno le moderne rivolta in ornamenti del corpo; e colei
la quale si vede indosso li panni più screziati e più vergati e con più fregi, si crede dovere essere da molto più
tenuta e più che l’altre onorata, non pensando che, se fosse chi adosso o indosso gliele ponesse, uno asino ne
porterebbe troppo più che alcuna di loro: né per ciò più da onorar sarebbe che uno asino. Io mi vergogno di dirlo,
per ciò che contro all’altre non posso dire che io contro a me non dica: queste così fregiate, così dipinte, così
screziate o come statue di marmo mutole e insensibili stanno o sì rispondono, se sono addomandate, che molto
sarebbe meglio l’aver taciuto; e fannosi a credere che da purità d’animo proceda il non saper tra le donne e co’
valenti uomini favellare, e alla lor milensaggine10 hanno posto nome onestà, quasi niuna donna onesta sia se non colei
1
leggiadria: piacevolezza
si disdice: non si addice
3
non niuna: nessuna
4
avvedere: rendere conto
5
guari: molto
6
proffereva: la riferiva
7
nel pecoreccio: in confusione
8
pormi a piè: farmi scendere
9
gabbo: burla
10
milensaggine: povertà di spirito
2
4
che con la fante o con la lavandaia o con la sua fornaia favella: il che se la natura avesse voluto, come elle si fanno a
credere, per altro modo loro avrebbe limitato il cinguettare. È il vero che, così come nell’altre cose, è in questa da
riguardare e il tempo e il luogo e con cui si favella, per ciò che talvolta avviene che, credendo alcuna donna o uomo
con alcuna paroletta leggiadra fare altrui arrossare, non avendo ben le sue forze con quelle di quel cotal misurate,
quello rossore che in altrui ha creduto gittare sopra sé l’ha sentito tornare. Per che, acciò che voi vi sappiate
guardare, e oltre a questo acciò che per voi non si possa quello proverbio intendere che comunemente si dice per
tutto, cioè che le femine in ogni cosa sempre pigliano il peggio, questa ultima novella di quelle d’oggi, la quale a me
tocca di dover dire, voglio ve ne renda ammaestrate, acciò che, come per nobiltà d’animo dall’altre divise siete, così
ancora per eccellenzia di costumi separate dall’altre vi dimostriate.
G.Boccaccio, Decameron, I, 10
1. Comprensione del testo
Riassumere il contenuto del brano suddividendolo in due sezioni: introduzione di Elissa (righe 1-10); novella vera e
propria (righe 11-31)
2. Analisi del testo
2.1. Nella sua introduzione (riga 8) Elissa fa esplicito riferimento ad una precedente affermazione di Pampinea
(giornata I, introduzione alla novella 10); confrontare i due passaggi mettendo in evidenza affinità e differenze di
contenuto. Soffermarsi in particolare sulla critica alle donne nel discorso di Pampinea (r. 39-49)
2.2. Sulla base di quanto evidenziato al punto precedente, cercare di individuare quali sono i caratteri del perfetto
“motto di spirito”
2.3. Spiegare in che cosa consiste la “leggiadria” e l’arguzia del motto di madonna Oretta (r. 27-28)
2.4. La narratrice descrive il personaggio di messer Geri Spina prima con una considerazione estremamente severa
e poi con una decisamente più benevola. Rintracciarle nel testo e spiegarle ricavandone un “ritratto” ideale del
cavaliere protagonista.
2.5. Benché non sia al centro della novella di Elissa, il tema della fortuna è richiamato esplicitamente in due
occasioni. Evidenziarle e spiegare brevemente il significato di questo termine nel pensiero di Boccaccio e la sua
importanza nel contesto generale del Decameron
2.6 Al termine del suo preambolo (r. 54-56) Pampinea propone la novella che racconterà (I, 10) come un exemplum
rivolto alle giovani ascoltatrici. Spiegare la sua affermazione, anche alla luce del sistema di valori proposto da
Boccaccio nel Decameron
3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti
3.1. La sesta giornata del Decameron ha come argomento “chi con alcun leggiadro motto tentato, si riscotesse, o
con pronta risposta o avvedimento fuggí perdita o pericolo o scorno”. Spiegare l’importanza del tema del “motto” e,
più in generale, della parola, nel sistema valoriale del Decameron facendo riferimento ad altre novelle conosciute,
anche di altre giornate.
3.2. Madonna Oretta è solo una delle molte donne che nel Decameron mostrano di saper parlare e agire
correttamente. Ripercorrendo le novelle studiate proporre qualche altro esempio di donne dal comportamento
“esemplare”
3.3 Saper essere “buoni novellatori” può a volte, se il narratore è male intenzionato e l’interlocutore è ingenuo,
dare origine a malintesi o a vere e proprie truffe. Scegliere, tra le novelle studiate, qualche esempio di questo uso
“disonesto” del linguaggio.
2. Leggere il seguente brano ed elaborare un testo unitario seguendo la scaletta proposta
Amor mi manda quel dolce pensero
che secretario1 antico è fra noi due,
e mi conforta, e dice che non fue
mai come or presto2 a quel ch’io bramo e spero.
Io che talor menzogna e talor vero
ho ritrovato le parole sue,
non so s’il creda e vivomi intra due3:
né sì né no nel cor mi sona intero4.
In questa4 passa’l tempo, e ne lo specchio
mi veggio andar ver’ la stagion5 contraria
5
10
secretario: confidente, messaggero
presto: pronto
3
vivomi intra due: vivo sospeso tra il credere e il non credere
4
mi sona intero: mi risuona con certezza nel cuore
4
in questa: frattanto
1
2
5
a sua impromessa, et a la mia speranza.
Or sia che pò6: già sol io non invecchio;
già per etate il mio desir non varia:
ben temo il viver breve che m’avanza.
F. Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta CLXVIII
Comprensione
1. Esegui la parafrasi della poesia.
2. In quale parte della poesia risulta centrale il tema dell’oscillazione fra speranza, dubbio e desiderio?
3. In quale parte della poesia risulta centrale il tema invecchiamento e del trascorrere del tempo?
4. In cosa consiste la speranza del poeta, espressa a v. 4?
5. A chi si riferisce il sua di v. 11?
6. Spiega il significato dei versi 12-13
Analisi
7. Di che tipo di poesia si tratta? Di che tipo di versi è composta? Come sono strutturate le strofe? Qual è lo
schema di rime?
8. Individua gli enjambements presenti nella poesia.
9. Individua e spiega la metafora presente nella poesia.
10.Individua nel testo le antitesi.
Interpretazione e contestualizzazione
11. Confronta il diverso sviluppo del tema “speranza e desiderio” e di quello del trascorrere del tempo in questa
poesia e in altre due di tema analogo presenti sul libro di testo. e precisamente:
•
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
•
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
3. Leggere il seguente brano ed elaborare un testo unitario seguendo la scaletta proposta
Quanta invidia io ti porto, avara11 terra,
ch’abbracci quella cui veder m’è tolto12,
et mi contendi l’aria13 del bel volto,
dove pace trovai d’ogni mia guerra14!
Quanta ne porto al ciel, che chiude et serra15
et sí cupidamente16 ha in sé raccolto
lo spirto da le belle membra sciolto17,
et per altrui sí rado si diserra!18
Quanta invidia a quell’anime che ’n sorte
hanno19 or sua santa et dolce compagnia
la qual io cercai sempre con tal brama!20
Quant’a la dispietata et dura Morte,
ch’avendo spento in lei la vita mia21,
stassi22 né suoi begli occhi, et me non chiama!
5
10
F. Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta CCC
stagion: la vecchiaia
pò: può
11
avara: perché vuole Laura morta tutta per sé
12
quella...tolto: colei la vista della quale mi è ormai impedita
13
l’aria: l’espressione
14
dove...guerra: che mi rassicura da ogni turbamento
15
chiude et serra: rinchiude, escludendo il poeta
16
sí cupidamente: con tanto desiderio
17
sciolto: liberato, distaccato (nella morte)
18
per altrui...si diserra!: così raramente si apre per far entrare altri
19
’n sorte hanno: hanno la fortuna di avere
20
brama: desiderio
21
avendo...mia: dopo aver distrutto la mia vita spegnendo la sua
22
stassi: si è insediata, si è impadronita
5
6
6
Comprensione
1. Esegui la parafrasi della poesia.
2. Nel sonetto la morte di Laura è rappresentata secondo due prospettive, quella terrena e quella celeste:
individua le espressioni che si riferiscono all’una e all’altra.
Analisi
3. Analizza la distribuzione nelle strofe dei due elementi individuati e la struttura tematica che creano.
4. Individua l’anafora presente nel brano e spiega il modo in cui è variata in ciascuna strofa.
5. Nel verso 12 è presente un’allitterazione: individuala spiegandone la funzione.
6. Nonostante lo spazio dato al tema della morte come assunzione in cielo, in tutto il sonetto ricorrono espressioni
che rinviano direttamente o indirettamente al desiderio amoroso: individuale.
Interpretazione e contestualizzazione
7. Riprendendo gli aspetti evidenziati nei punti precedenti e facendo riferimento alle tue conoscenze sull’autore,
formula un’interpretazione complessiva del sonetto, tenendo presenti questi possibili elementi di indagine:
•
il tono poetico e la presenza di espressioni che possono rinviare a idee macabre
•
la visione religiosa della morte e l’erotismo oltre la morte
•
l’espressione intensa del dolore e la sua risoluzione nell’armonia formale della poesia
F) Leggere i seguenti testi d’autore
N. Machiavelli: La mandragola
I. Calvino/L. Ariosto: L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino
U. Eco: Il cimitero di Praga
7