"Le donne nella Cisl" di Elio Barbero - CISL Alessandria-Asti
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"Le donne nella Cisl" di Elio Barbero - CISL Alessandria-Asti
1 2 PRESENTAZIONE “ I SANTI MINORI” Nel percorso dei 60 anni della Cisl alessandrina, la scelta di inserire il profilo di 3 donne, tracciato dal Prof. Elio Barbero, che hanno dato un significativo contributo alla crescita e all’identità dell’Organizzazione, non è solo un’opzione di genere. E’ soprattutto sottolineare un modo di sentire e fare Sindacato che deve esprimersi ai vari livelli di responsabilità. Dedizione, etica, scelta di impegno sociale, per un’Associazione libera che certamente ha bisogno di una dirigenza forte e autorevole, ma anche e soprattutto della “seconda linea”. Quei quadri di base, quegli operatori nei servizi che vengono riconosciuti anche solo con il nome di battesimo: Maria, Carla, Anna Maria ieri, ma anche quelli di oggi vengono riconosciuti per nome e che non citiamo perché sono tanti, nei servizi, e che fanno la CISL. Quelle figure che non ambiscono ad essere capi, ma senza le quali i capi avrebbero il respiro corto. C’è bisogno che all’interno della nostra Organizzazione si riconosca l’importanza e il ruolo di questi “ Santi minori”. Abbiamo scelto per questi 60 anni della CISL di ricordare 3 figure femminili, partendo dall’inizio della nostra storia, Maria Bensi, Anna Maria Buscaglia, Carla Bonelli. La storia della CISL, dal suo nascere ha sempre visto, a tutti i livelli figure femminili che hanno dato grossi contributi all’affermarsi delle idee cisline, nei luoghi di lavoro, sul territorio, e dentro l’Organizzazione. Spesso sono state figure, non di primo piano, ma che hanno lasciato il segno e il ricordo in migliaia di lavoratori e lavoratrici. La storia dei Coordinamenti Femminili della CISL, per ricordarla ai disattenti, ha sempre posto e costruito percorsi per le donne che ha visto anche dei pregevoli risultati. INES FERRO viene nominata alla guida della prima Commissione Femminile Nazionale nel 1951 da Giulio Pastore dopo la sua elezione a Segretario generale della CISL. Vengono posti i problemi della parità salariale fra uomini e donne e la tutela della maternità. Ad Alessandria, Maria Bensi, operaia della Borsalino, molto cattolica, e con passione, diventò la voce di tutte le sue compagne di lavoro e già circa 10 anni prima pose i problemi della parità salariale, della salute in fabbrica, della maternità e della dignità della donna lavoratrice. Si può dire che le “Borsaline” con a capo Maria Bensi della CISL, furono tra le prime a sollevare questi temi. I Coordinamenti Femminili, dopo Ines Ferro e tutte le altre coordinatrici nazionali che si sono succedute hanno rappresentato lo strumento, nella CISL per stimolare e sollecitare a tutta l’Organizzazione, le questioni che riguardano particolarmente le donne. Nel corso di questi anni molte leggi sono state realizzate grazie al movimento delle donne, ma molte conquiste sono state fatte da battaglie comuni fra uomini e donne, la più significativa è quella per la tutela della maternità ed il riconoscimento dell’80% del salario durante il periodo di astensione obbligatoria. 3 Tutte le leggi fatte, i diritti conquistati, hanno visto la loro applicazione grazie anche all’impegno dell’INAS, a cui i lavoratori e le lavoratrici si rivolgono per tutte le pratiche previdenziali, di tutela rispetto agli Enti preposti. Carla Bonelli è stata nel nostro patronato una figura di grande rilevanza che tutti ricordano per la sua dedizione e la sua professionalità nell’INAS di Alessandria. Nel 1955, la CISL, che assegna grande importanza alla formazione sindacale, ammette al Centro Studi di Firenze, che si occupava di formare i nuovi dirigenti, ben 35 donne rispetto alle 8 degli anni precedenti, possiamo dire che fu la prima azione positiva dentro la CISL, perché allora le donne dirigenti erano davvero poche. E così anche Anna Maria Buscaglia, sindacalista alessandrina, nel 1964, dopo un’esperienza nel sindacato della nostra provincia partì per Firenze. I diritti conquistati in questi 60 anni di vita della CISL sono molti, ma rimangono ancora per i Coordinamenti Donne traguardi da raggiungere per la realizzazione della reale parità uomo-donna. Saranno battaglie soprattutto culturali per vincere le ultime resistenze che trovano ancora prevalentemente la donna ad occuparsi dei figli, degli anziani, in una situazione di grandi carenze sullo stato sociale. Tutta la CISL dovrà prestare maggiore attenzione ai nuovi livelli di contrattazione, alla contrattazione sociale e sul territorio e soprattutto dovrà assegnare maggiore spazio e maggiori risorse per le cosiddette “seconde file”, a tutti quei quadri, che nei territori, uomini e donne, nelle categorie e nei servizi continuano a fare grande la CISL. La Segreteria Territoriale FNP-CISL Alessandria 4 Le donne… Evoluzione culturale ALESSANDRIA “cenni” Nella storia dell’umanità, il ruolo della donna, ingiustamente, è relegato in una dimensione subordinata a quella ricoperta dall’uomo. Questo è un aspetto della vicenda umana la cui origine è coeva alla nascita dell’uomo e della donna. L’anelito della civiltà contemporanea è ben lontano dall’averlo superato, persino presso i popoli la cui legislazione lo propugna. La storia del genere umano, vista con gli occhi di oggi, considerata alla luce del dato uomo donna, è la risultante temporanea di un lungo processo evolutivo che proietta, sui comportamenti della specie, un quadro a macchie di leopardo, nell’ambito delle quali si identificano la pluralità dei diversi comportamenti, di cui siamo abituati a prenderne atto, legandoli, talvolta, ad ambiti territoriali, religiosi, di costume, e via di questo passo. E’ ovvio: ambiente, tradizione e cultura segnalano luoghi e modi che presiedono all’evolversi dei comportamenti umani. Da ciò discende che la modifica dei singoli contesti, per non importa quali motivazioni, influenza l’evoluzione dei comportamenti umani, nel susseguirsi dei tempi e degli spazi temporali. Se pretendiamo un esempio a garanzia di quanto affermato, abbiamo difficoltà nel volere enucleare un metro univoco esemplificativo per i singoli periodi e per la successione degli spazi temporali che, di volta in volta, nei vari tempi e luoghi, hanno contribuito a modificare il nostro comportamento. 5 In questi casi, chi affronta l’argomento, salva sempre l’anima dal proprio errore. Infatti la risultante di ogni singola evoluzione culturale indica, all’origine, la presenza di un periodo di fattori anomali accidentali, i quali (guerre, migrazioni di popoli, calamità, ecc.) non sortiscono sempre e ovunque gli stessi effetti, per cui, a volerla trovare, una motivazione specifica, quando proprio la si voglia incoronare, è sempre a portata di mano. Ciò, comunque posto come prospettiva a chi si ponesse nello spettro di una indagine più ampia, se nel ricordo dell’evolversi del comportamento umano, portassimo a mente il periodo 1940 - 45, segnaleremmo all’attenzione un lasso temporale molto breve,entro il quale è però registrabile un profondo ed ampio mutamento culturale e di costume, che coinvolge tutta l’Europa. La storia non ci tramanda mutamenti così rapidi e radicali quanto sono quelli richiamati nel tempo indicato ’40 -’45. Nel corso del periodo richiamato l’Europa, colpita dalla imbecillità umana, s’infiamma e contagia tutto il mondo. I popoli, gli uni contro gli altri, a cominciare da quelli europei, sono impegnati nell’annientamento reciproco. Ad analizzare quanto sta accadendo ancor prima che inventino l’atomica, pare che l’umanità abbia già deciso di chiudere a sé stessa la porta del domani. In tale situazione ciò che rimane di non nefando per vivere la giornata, ricade per intero solo sulle spalle delle donne: gli uomini sono tutti al fronte; sparano, e si uccidono. Poi, come tutte le cose che hanno un inizio nel contingente dell’umano dell’essere, anche il massacro finisce. 6 Un grazie alle donne, che permisero a loro sacrificio, la sopravvivenza, non lo dice ne’ lo pensa alcuno: è tutto dovuto. E vai a quel paese: potrebbero commentare, a buon titolo le donne se usassero il linguaggio solito nella bocca dei maschietti. Riprende l’arte della politica e si afferma, fra tanti sì, no e cortei di protesta, mari di plauso e di contestazione la prospettiva dell’unione europea. In Europa cambia velocemente il senso da dare alla vita di cui i primi sintomi si palesano già alla fine del ’40. Il progetto politico dell’Unione Europea inizia con un insieme di accordi che traducono aspirazione più che progetti cooperativi. L’abitudine alla cura del proprio orticello fa premio, nel campo politico, sulla visione d’insieme. A rileggere le epigrafi e gli epigrammi sulle tombe dei cimiteri ci si rende conto che il modo di esprimere i propri sentimenti è mutato: data di nascita, nome, cognome, data di morte sembra siano già troppi i dati con i quali ora quelli che sostituiscono il lungo necrologio in uso: “xy madre (padre) sposa devota, fulgido esempio di virtù e di bontà infinita, dopo una vita di sacrifici spesa nell’amore per la famiglia e l’attaccamento al lavoro, spentasi in grazia di Dio………”. Pochi mesi, perché il tutto avviene entro i primi sei mesi di guerra, dimostrano che un certo modo di esprimere il dolore in termini poetici bucolici, si è infranto. La morte, alla visione delle donne, non appare il compimento naturale della vita, un compiersi di un percorso che, per essere sacro, non è privato di poetica: quella della vita nella visione del celeste. Ora la morte è solo un brutto momento del selvaggio umano: ti ammazzano, uomo, donna, giovane, vecchio, bambino perché hai 7 indossato la tuta di tuo marito, perché fai la fila per riscuotere il tuo diritto alla razione di pane, perché sei a scuola ad imparare a leggere e a scrivere, perché ti colpisce una spoletta esplosa contro un aereo che ti bombarda, ti ammazzano perché vivi o meglio cerchi di farlo. Alla morte manca la sacralità della vita e questo le donne lo devono trangugiare tutte, da sole, e per intero. Sono le donne a trasformare la società, sono le donne che preparano il modo di concepire i rapporti in termini diversi, in termini umani, ovvero, in modo paritario. Prima c’era una logica, data dai modi stessi del vivere, nel sentire la nonna rivolgersi al proprio marito in modo riverenziale, richiamato dal secondo pronome plurale ed avere in cambio il famigliarissimo “tu”. Ma le donne, ora che, per necessità imposta, hanno vissuto un trancio della loro vita con l’abito del maschio, hanno capito che il “tu” e il “voi” non ha più ragione di essere nella nuova realtà e tutti, senza saperlo, si atteggiano a unici figli di Cristo, dove tutti valgono la stessa misura per il Padre. Gli accordi sono una grande cosa, quasi un sortilegio della politica, ma la cultura di una civiltà non la fanno gli accordi, attiene alla natura umana che li matura e li vive: attiene alle donne. Maria Bensi E Maria Bensi, una delle ricordate di oggi, è nella categoria di queste donne. (1) Quando si parla di lavoratori in riferimento ai primi decenni del secolo scorso, l’immagine che la letteratura proietta alla nostra 8 sensibilità è sempre quella di una moltitudine di uomini male in arnese, sfruttati e ricattati da chi approfitta del loro bisogno: il padrone. L’immagine, veicolata dalla letteratura sulle condizioni del proletariato, troverebbe riscontro nella realtà dei fatti anche alla Borsalino, se fosse focalizzata su quello che parla al femminile. Le “borsaline” hanno la consapevolezza della loro situazione e individuano, con chiarezza, le controparti: il datore di lavoro, il proletariato maschile, la morale del tempo. Le operaie della Borsalino generalizzano una capacità dialettica aggressiva un po’ dissacrante, che è la loro migliore arma di difesa: la “bartavela”. (2) 1) (Tratto da “La Cisl di Alessandria – Cinquant’anni di un sindacato nuovo”, di Elio Barbero, 1999 Edizioni Lavoro, Roma) 2) “Bartavela” si dice di chi ha una favella pronta e sciolta Esse sono, nei comportamenti, le antesignane dei movimenti che molto tempo dopo nasceranno a reclamare la parità uomo-donna, sono esse che pongono le prime richieste sulla parità del salario con gli uomini a fronte di un pari lavoro, sono esse che irridono alla pruderie della società, maliziosa nel valutare il loro lavoro un 9 pretesto di disinvolta promiscuità con l’altro sesso, e sono ancora esse a dare dignità politica alla loro condizione subalterna, a imporla al maschilismo dei compagni che osserva quasi compiaciuto. Tutto ciò contribuisce a configurare i primi segnali di una identità soggettiva del proletariato femminile, spinto dalla contingenza a ricercare la via e i modi del suo affrancarsi e di legittimarsi nei fatti, ancor prima che esso stesso e la coscienza sociale maturi la consapevolezza del suo esistere. La “bartavela” e l’aggressività verbale di questo proletariato in gonnella esprimono un qualche cosa di molto simile al dirittobisogno di autodifesa. Diritto percepito dalle borsaline come l’imperiosità di un istinto che, dominato dalla ragione, oggettivi i torti e le incammini lungo la strada della coscienza collettiva, sino a diventare un soggetto politico. Durante il fascismo, periodo di lungo torpore per il manifestarsi del pensiero, questo fermento è a balia come un pupo marchiato all’origine. Maria Bensi, affettuosa nutrice, lo alleva con tanta amorosa cura che, nel 1945, diventato maggiorenne, è pronto a presentarsi sulla scena politica. Maria Bensi, timorata di Dio e di niente altro, una delle borsaline, vive 10 l’inclinazione ai problemi sociali nello spirito del Vangelo che, nei momenti di contrasto connessi al misurarsi con le vicende del lavoro, le dà la proverbiale determinazione del mulo intestardito, determinato alla difesa dei diritti, della dignità e della morale delle sue compagne. La militanza giovanile nell’associazionismo cattolico l’abitua alla discussione, alla responsabilità di appartenenza, alla socializzazione, alla solidarietà e l’arricchisce di un sufficiente bagaglio tecnico che le permette di orientarsi nel campo dell’assistenza e della tutela dei lavoratori. La disponibilità personale, supportata da questi dati dall’esperienza spesa al servizio delle compagne, contribuisce a fare di esse quel soggetto politico capace di presentare alla proprie controparti le sue istanze. E’ così che Maria Bensi, senza esserselo mai prefisso, si trova a rappresentare, con un consenso generalizzato, il proletariato femminile della Borsalino. Negli anni dell’immediato dopoguerra la Bensi aderisce alla CGIL unitaria, soprattutto come scelta di campo, perché esplicita il suo impegno sociale attraverso l’associazionismo cattolico: organizza riunioni, promuove assemblee sulle condizioni del lavoro femminile, induce il sindacato alla rivendicazione sulla parità del salario fra l’uomo e la donna, solleva il problema della salute in fabbrica. 11 Tra il 1946 e il ’47 alla Borsalino il sindacato vive una situazione anomala rispetto agli altri ambienti di lavoro. Qui il sindacato focalizza l’attenzione sulle questioni interne all’unità produttiva, per cui la distinzione fra le varie componenti è meno percepibile che altrove. Le ragioni di ciò sono plurime, anche se non è facile stabilire quanto abbiano influito singolarmente. Fra queste la crisi del cappello ha certamente il suo spazio nelle preoccupazioni delle maestranze, se Walter Audisio ritiene di illustrarla in sede parlamentare. Inoltre è opportuno ricordare che le donne, abitualmente pragmatiche, numericamente influenti fra i lavoratori della Borsalino (sono più del 50%), esercitano, in tale contesto, un ruolo notevole nel mantenere le riunioni sindacali sulle questioni di merito, che attengono alla produzione e alla salvaguardia dell’occupazione. Si deve ancora aggiungere che la crisi, con la conseguente perdita di influenza della fabbrica nell’economia della città, è vissuta in modo frustrante dai dipendenti i quali, non solo vedono in pericolo il loro posto di lavoro ma, ciò che è per molti ancor peggio, sentono venire meno il riconoscimento di quella identità professionale che li aveva posti a punto di riferimento nella comunità provinciale. Non va nemmeno dimenticato, fra le pluralità delle ragioni 12 accennate, il ruolo delle ACLI. Questa, non concorrenziale con il sindacato, solidale con i bisogni oggettivi dei lavoratori, rappresentata alla Borsalino da una figura che sa acquisire credibilità, diventa un indubbio stimolo al superamento delle logiche di appartenenza proprie delle componenti. Maria Bensi con le operaie della Borsalino e al Consiglio Generale della UST-CISL di Alessandria 13 Carla Bonelli Dagli albori della CISL all’introduzione degli anni ’80 chi avesse chiesto, entrando nella nostra Sede, chi è la Carla Bonelli, si sarebbe sentito rispondere : Bonelli? Ah! Carla è Carla. Già, Carla è una di quelle tante “figlie” di Maria Bensi che al risveglio del mondo sindacale si rimboccano le maniche per portare il loro contributo. Carla é proprio una di queste e per inclinazione mentale è votata a sostenere chiunque cerchi un aiuto per uscire da qualche impiccio più ancora se l’impiccio gli viene non come diretta conseguenza della sua condizione di lavoro, perché, in tale caso le basta indirizzarlo al responsabile della Categoria. Gli impicci di cui si occupa Carla non hanno un genere specifico, sono quelli che la vita di ogni giorno scodella sul cammino di chi è meno fortunato. Questa categoria di persone, non ben definita nei singoli bisogni indica il terreno in cui Carla, all’interno dell’INAS opera al sollievo di chi ha bisogno. Ecco perché chi avesse chiesto chi è Carla si sarebbe sentito rispondere Carla è Carla, ovvio lo sanno tutti. 14 L’amico Donorà Lucio interpellato sui suoi ricordi sulla collega, ha risposto così: ho conosciuto Carla nell’ottobre del 1971, quando sono arrivato all’INAS. Era responsabile dello sportello, la gente si fidava di lei e la voleva. Mi ha accompagnato nella conoscenza della nostra attività sia in ufficio, che presso gli Enti e i recapiti. Il suo temperamento generoso, istintivo, la portava a dire troppi sì. Era presente anche fuori orario, disponibile per tutti, con tutti. Era chiaramente molto informata e preparata professionalmente. Aveva avviato lei il Patronato INAS. La sua disponibilità totale la rendeva indispensabile. Ha lavorato sino al 30 aprile 1982, pur con difficoltà per la malattia che l’aveva colpita. Si è spenta nel giugno del 1982. Carla Bonelli con Graziella Cabella, Giacomo Gherci e Franco Coscia 15 Anna Maria Buscaglia Anna Maria Buscaglia Crea, giunta da Roma, oggi è qui con noi a ricordare il passato che ci accomuna. Essa è uno dei tanti esempi della Cisl Alessandrina e del Piemonte che, nel corso degli anni, ha saputo contribuire al lustro dell’attività della Confederazione, spendendo le proprie energie con perizia a tutela dei diritti dei lavoratori e dei meno protetti più esposti. La militanza di Anna Maria nella Cisl è molto datata, perché contestuale al mandato del III Congresso dell’Unione, periodo in cui il Sinascel (Federazione della Scuola Elementare) ha una sede scollegata da tutte le altre della Confedazione. La Cisl del IV Congresso al quale Anna Maria partecipa mostra di interpretare le esigenze emergenti con maggiori attenzioni e nuovi occhi rispetto al passato. La Categoria della Scuola, prima mai citata, trova uno spazio di pari dignità con le altre nella mozione conclusiva, per cui si apre, anche da parte del Sinascel un atteggiamento più coeso sui problemi della confederalità e del ringiovanimento della dirigenza. L’anno del Congresso è il 1962, ovvero l’anno della riforma scolastica, della Media unificata, e del primo mandato di Franco 16 Coscia come Segretario Generale della Cisl Provinciale. Il Congresso, in tale contesto, ha il dovere di veicolare un messaggio forte e chiaro che dica al mondo del lavoro il pensiero della Cisl sul ruolo, in particolare, della formazione dei giovani. L’elezione di Anna, soggetto tutto sale e pepe, a membro del Direttivo e dell’Esecutivo UST è un segnale vivente di ciò che pensa l’Organizzazione sui problemi che investono i giovani e le loro famiglie. . Riconfermata nei precedenti incarichi dal V Congresso Anna, nel corso del mandato, conosciuto un giovane sindacalista si sposa e va ad occuparsi della propria categoria in altra sede. Ora Anna Maria Buscaglia, sempre vicina al Sindacato, è la vedova del rimpianto Eraldo Crea, una delle migliori e nobili menti che la Cisl indica tra i suoi grandi, ora Anna Maria è anche la nonna premurosa della prole di Ester, la figlia avuta con Eraldo. Mi è gradito immaginare che Eraldo, uscito dall’edicola del cielo con “Conquiste del Lavoro” fresco di stampa, di cui la figlia è una redattrice, trovato posto lungo il cammino a lui abituale, su una panchina ombreggiata dalle querce, che gli lasciano la visione aperta sulla casa di Ester, letto l’articolo, con il tono del burbero compiaciuto, mentre ripiega con il giornale l’articolo della figlia, commenti: rigoroso. 17 18 Anna Maria Buscaglia al Centro Studi di Firenze (è la prima a sinistra accovacciata) ANNIVERSARIO CISL A cura di Elio Barbero 19