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Capitolo I
Era un pomeriggio d’autunno, fuori pioveva a dirotto, già da alcune ore e
non sembrava voler smettere.
Charles e i suoi amici, Ed, Meg e Rob, erano costretti a rimanere chiusi a
WhiteOwl Castel, la tenuta dei Barnum. Per quanto il castello fosse grande
e sontuoso, col suo inanellarsi di sale e saloni uno dietro l’altro, restava
pur sempre un luogo delimitato, privo di quel fascino irresistibile e
selvaggio degli spazi aperti.
Lo sguardo costante e severo del maggiordomo di famiglia aveva
gradualmente indotto i ragazzi a interrompere qualunque gioco, ritenuto
poco consono al contegno e al silenzio che quei luoghi richiedevano.
Dopo aver consumato la più fastosa delle merende a base di dolci, frutta e
budino al cioccolato, si erano rifugiati nello studio; qui si sentivano liberi
di rilassarsi come meglio credevano.
Ed si era disteso sulla poltrona e, appoggiando le gambe sul bracciolo
intarsiato Luigi XVI, le faceva ciondolare su e giù. Meg, seduta con molto
più contegno, sfogliava senza attenzione le pagine di un libro, mentre
Charles scrutava silenzioso da dietro i vetri della gigantesca finestra, la
pioggia che cadeva impetuosa. L’unico che sembrava divertirsi era Rob
che si rotolava scomposto sul pregiato tappeto persiano assieme a Theo,
l’anziano gatto di famiglia che in tanti anni di permanenza nella
prestigiosa tenuta dei Barnum non aveva mai appreso un comportamento
più signorile e dignitoso.
Charles ad un tratto, sbottò: “ Su ragazzi, basta restare in silenzio ognuno
per i fatti suoi ! Qui nessuno ci può dire niente e siamo liberi di fare
quello che ci pare. Andiamo! Divertiamoci un po’.
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“Io e Theo ci stiamo già divertendo!” rispose Rob, facendo una grattatina
sulla pancia del gatto che ringraziò con un “miao” e delle fusa di
riconoscenza.
“ Dai Ed, alzati da quella poltrona e tu, secchiona, chiudi quel libro…
Sono il capitano dei pirati” tuonò Charles calandosi nel nuovo
personaggio “…e vi farò tutti miei prigionieri ”.
Charles con un salto improvviso si avvicinò all’armatura medioevale del
400, che faceva bella mostra di sé in un angolo della sala, e le sfilò la
spada per bandirla in aria e dare inizio al nuovo gioco.
Ma la spada si rivelò molto più pesante del previsto e sbilanciò il ragazzo
che perse l’equilibrio, traballò e poi cadde a terra tirato giù dal peso
dell’arma, che volò nell’aria puntando dritta e impetuosa sul ritratto
dell’antenato Wilburn James Sigmund Barnum, che campeggiava solenne
sulla parete sopra il camino.
Tutto accadde in pochi secondi ma le conseguenze di quel gesto impulsivo
si rivelarono a dir poco disastrose. La tela si squarciò nel mezzo, il quadro
si stacco dalla parete e cadde rovinosamente a terra: finì in mille pezzi
anche la preziosa cornice barocca che lo aveva custodito per molte
centinaia d’anni. ….e tanti saluti allo zio Wilburn.
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Capitolo II
Il frastuono prodotto si propagò nell’intero castello e non tardò a
richiamare l’attenzione di tutti coloro che si affaccendavano nelle attività
più diverse. In un batter d’occhio si sentirono, lungo il corridoio, i passi
svelti del maggiordomo, della governante, della cuoca e di ameno un altro
paio di camerieri, accorsi ad accertarsi di cosa fosse accaduto e che tutti
stessero bene.
Charles, in un baleno riprese il suo solito contegno e con un aplomb da
vero gentlemen inglese, fece capolino dalla stanza verso il corridoio. Con
tono calmo e controllato placò l’agitazione dello scomposto gruppo che si
affrettava a raggiungerlo.
“Signorino Barnum cosa mai è accaduto da provocare un frastuono tanto
assordante?” chiese severo il maggiordomo.
“Signorino, signorino, state bene, vi siete fatto male?” fece da eco la
cuoca, lanciando un’occhiata di rimprovero al maggiordomo.
“Tranquilli, tranquilli, signori, niente di grave…la solita goffaggine di
Rob che aprendo il baule dei giochi ne ha rovesciato tutto il contenuto.
Solo un gran rumore ma nessun danno serio. Ora rimetterà tutto in ordine
e vi prego di non intervenire nell’aiutarlo. Non solo per non mortificarlo
ulteriormente ma anche perché è bene che Rob ripari ai danni commessi,
altrimenti non imparerà mai ad essere meno distratto e impacciato… vero
Rob?” disse Charles rivolgendosi all’interno della sala e strizzando
l’occhio all’amico.
Un pò contrariato ma prontamente Rob rispose: “ Certo Charles, metterò
tutto in ordine in pochi istanti e scusami con i signori per l’accaduto,
prometto che d’ora in poi starò molto più attento….”
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I volti di tutti si distesero, avevano trovato il racconto credibile e poi
infondo poco importava cosa fosse accaduto, l’essenziale era che nessuno
si fosse fatto male. Il gruppetto che si era affollato fuori dalla porta, si
disperse velocemente fra i sospiri rasserenati di tutti e il borbottio del
maggiordomo. Il sorriso astuto di Charles, li accomiatò immediatamente.
Serrando la porta dietro di sé cercò di rilassarsi un attimo chiudendo gli
occhi. Ma, appunto, durò solo un attimo. Appena li riaprì gli apparve
nuovamente davanti lo spettacolo aberrante del quadro distrutto e della
cornice in mille pezzi.
Sospirò “…ragazzi, dobbiamo spremerci le meningi e trovare in fretta una
soluzione….” disse, rivolgendosi agli amici con un tono davvero serio e
preoccupato.
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Capitolo III
Erano le 5 del pomeriggio, e Charles, Ed, Meg, e Rob erano ancora lì,
accasciati a terra intorno al quadro in frantumi, senza sapere cosa fare.
Fu Meg a rompere il silenzio per prima: “Ragazzi, forse ho un’idea.
Ricordate Madame de Fleurs? Era la mia insegnante di musica, una
signora francese deliziosa, che vive da sola in quella grande casa di
campagna piena di fiori, oggetti e pennelli …”
“Me la ricordo” disse Ed “è quella vecchina gentile che preparava quei
dolcetti squisiti…”
“…e la marmellata di mele… solo a parlarne mi viene l’acquolina in
bocca” proseguì Rob.
“D’accordo, Madame de Fleurs ci ha incantati più di una volta con il suo
suadente accento francese e con le sue squisite merende; ma finiamola
qui, vi ricordo cha abbiamo ben altri problemi che abbandonarci a questi
dolci ricordi. Mio nonno sarà di ritorno domani sera e la prima cosa che
farà, dopo aver indossato la vestaglia e essersi fatto preparare la sua
miscela di the preferita, sarà quella di rimirare con orgoglio il quadro del
suo predecessore, sorseggiando il the… e si accorgerà che lo abbiamo
fatto in mille pezzi!” sentenziò Charles mentre inorridiva solo al pensiero.
“Calmo Charles” lo tranquillizzò Meg “Madame de Fleurs potrebbe
essere la soluzione ai nostri problemi.
Si dice che da giovane, oltre ad essere bellissima, fosse anche una
promettente artista. Le sue opere valevano già una fortuna e il suo nome
cominciava a circolare negli ambienti più altisonanti, quando incontrò un
giovane avvocato inglese e se ne innamorò.
Lasciò Parigi e la sua incoraggiante carriera, per raggiungerlo in
Inghilterra. Pochi anni dopo però il giovane marito si ammalò, lei lo
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assistette notte giorno, fino alla fine. Quando morì, lei si rinchiuse in
quella casa e scelse di vivere una vita ritirata, dedicandosi alle sue
passioni, senza mai più voler fare ritorno a Parigi e alla gloria del
successo. Questo significa….”
“…che abbiamo a disposizione una grande pittrice e potremmo
convincerla a realizzare un nuovo ritratto dello zio Wilburn da sostituire
al vecchio…” concluse Charles.
Entusiasta dell’idea di Meg e senza dare il tempo ai suoi amici di ribattere,
proseguì “…andiamo immediatamente da Madame de Fleurs, io faccio
preparare la macchina, voi intanto arrotolate la tela e cercate di
camuffarla in qualche modo... dobbiamo farla uscire dal castello ”.
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Capitolo IV
“Altri biscotti Rob?” disse la Signora de Fleurs sorridendo con dolcezza e
porgendogli un vassoio pieno di mille squisitezze. “E’davvero un piacere
avervi qui,… sono sempre così sola in questa grande casa che dei
ragazzini così ben educati come voi, mi ricordano i tempi più sereni in cui
insegnavo musica alle mie giovani allieve, come te Meg”.
“Anche noi siamo contenti di essere qui. C’è sempre molto da imparare da
lei, non solo la musica…” l’apostrofò Meg, entrando nel vivo
dell’argomento. “Abbiamo sentito dire che è stata una famosa pittrice e
che le sue opere hanno fatto il giro del modo. Ci piacerebbe tanto, dargli
un’occhiata e magari vederla all’opera, qualche volta…”.
Madame de Fleurs rimase attonita e guardò Meg con uno sguardo di
stupore misto a una sorta di vivace curiosità.
Quando le rispose, non aveva perso il suo modo cordiale ma il tono della
sua voce si era fatto più austero e indagatore “ Mia piccola cara, mi
stupisce sentirti parlare di questo, ci conosciamo da tanti anni e non hai
mai mostrato nessun tipo di interesse per le mie capacità pittoriche o
artistiche. La prima virtù di una ragazza per bene come te, dovrebbe
essere la sincerità, e nelle tue parole, ho l’impressione, che ce ne sia
davvero poca. Ora ditemi, cosa ci fa davvero un gruppetto di ragazzini
come voi nella mia casa ?”. Concluse Madame, con un piglio molto più
accigliato.
I ragazzi si guardarono fra loro, un po’ imbarazzati per essersi fatti
scoprire così presto e per aver offeso l’intelligenza di una donna tanto a
modo e così gentile nei loro confronti.
Fu Charles, come sempre, ad affrontare la situazione: “Cara Madame de
Fleurs, sono davvero mortificato per il nostro comportamento, non era
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nostra intenzione offenderla in nessun modo. La verità è che ho combinato
un grosso guaio, e siamo venuti qui solo per chiederle aiuto”.
“Così va molto meglio, piccolo caro, ora prendi un altro panino
imburrato e comincia dall’inizio…”.
Charles cominciò a raccontare per filo e per segno tutto ciò che era
accaduto. Concluse, imbarazzato, spiegando quale fosse la soluzione che
insieme avevano escogitato e come questa fosse l’unica via d’uscita per
non provocare un grande dolore al povero nonno.
“… e anche per evitare una grande ramanzina, vista l’entità del danno!”
precisò Madame de Fleurs.
Charles, senza riflettere, l’apostrofò: “Signora il denaro non è un
problema, pagherò il suo lavoro qualunque cifra lei ritenga opportuna per
il suo disturbo…”
“Fermati ragazzo, non essere insolente e non avere quel tono da ricco
ereditiero con me! Ho rinunciato a fama e ricchezza molto prima che tu
nascessi, il denaro non mi interessava allora come non mi interessa
adesso.”
Meg restituì a Charles quell’occhiata di rimprovero che lui le aveva
lanciato poco prima. Charles, si sentì sprofondare nella poltrona su cui era
raggomitolato, e lasciò campo libero all’amica, che salvò così la
situazione: “Madame, perdoni il mio amico. Neanche questa volta
volevamo offenderla. Siamo solo molto preoccupati e temiamo che se lei ci
negherà il suo aiuto non riusciremo a risolvere in nessun modo la
situazione. La prego di darci una mano come può, dimostrando il buon
cuore che ha sempre avuto nei miei confronti.”
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Meg ammutolì, abbassò gli occhi in attesa di una risposta. Gli altri ragazzi,
fecero da eco ai suoi gesti, e chinarono anche essi il capo. Seguì qualche
minuto di silenzio che sembrò interminabile.
Ritrovato il suo tono gentile e comprensivo, Madame de Flairs cominciò:
“L’età avanza e né la mia mano, né i miei occhi sono più come un tempo;
inoltre produrre un falso non è mai stato nella mia morale. A tutto questo
aggiungete anche il fatto che il tempo a mia disposizione per realizzare il
ritratto è davvero molto poco; nonostante ciò, proverò a darvi una mano.
Fatemi vedere ciò che è rimasto del quadro, poi andate a procurarmi una
tela delle stesse dimensioni e tutto l’occorente. Vi farò una lista di cose
necessarie, e queste saranno tutte a tue spese Charles…” disse guardando
il ragazzo che piano piano aveva ripreso colorito.
Poi fece un gran sorriso ai ragazzi con la sua solita dolcezza e concluse
“Cominceremo domani”.
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Capitolo V
Il mattino dopo, di buon’ora, i ragazzi erano già a bordo della Rolls Royce
dei Barnum, carichi di tutto l’occorrente richiesto da Madame de Fleurs.
Lei li attendeva sulla porta con il suo sorriso di sempre e la solita
abbondante quantità di dolcetti. Rob e Ed tenevano con fatica, ognuno ad
un capo, una grande tela bianca arrotolata e Meg e Charles avevano le
braccia piene di pacchi, da cui fuoriuscivano pennelli, colori e tempere.
Si sistemarono in giardino, per sfruttare al meglio la luce del sole.
I ragazzi costruirono un cavalletto di fortuna per sostenere una tela così
grande. Poi appesero alla meglio ad un albero il ritratto squarciato, per
permettere a Madame di poterlo copiare con minuzia di particolari. Era
tutto pronto, i ragazzi si sedettero in un angolo del giardino alle spalle
della pittrice e rimasero in attesa della prima pennellata.
“Non penserete di restare lì tutto il tempo? Non è bello stare con le mani
in mano, a fissare chi lavora. E poi non avrei la giusta ispirazione
sentendomi così osservata. Inoltre, avete un altro grande problema di cui
occuparvi. Io posso provvedere al ritratto ma qualcun’altro dovrà
riparare la cornice…” Madame de Fleurs fissò i ragazzi con l’espressione
divertita di chi vuole godersi appieno la reazione disorientata degli
interlocutori; adesso c’era un altro grande problema da risolvere.
Dopo qualche attimo di confusione e di silenzio, Ed balzò in piedi ed
esclamò: “Mio nonno….mio nonno era un restauratore. Aveva un piccolo
laboratorio di artigianato in centro, si occupava principalmente di piccoli
pezzi di mobilio d’epoca come scrittoi o poltrone. Era davvero un’artista,
gli portavano delle cose rotte e sgangherate, e lui le restituiva come
nuove. Ora è in pensione da molti anni, ma mi ha sempre detto che
restaurare un pezzo antico è come andare n bicicletta….non si scorda
mai! Potrebbe darci una mano con la cornice. Che ne dite?”.
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“Ed, è un’idea eccezionale, non dovete perdere tempo, andate subito da
tuo nonno e portategli la cornice. Ci rivedremo qui domani, alla stessa
ora e vedremo a che punto siamo con il lavoro” con questa frase Madame
riuscì a congedare i ragazzi, che la salutarono ringraziandola e lasciandola
alla sua ispirazione.
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Capitolo VI
Mister Aldous Fenton Wilkinson, il nonno di Ed, era un tipo taciturno,
austero e un po’ burbero, ma come sempre accade in questi casi,
nascondeva un grande cuore e, soprattutto, aveva un debole per quel suo
nipote dai capelli rossi, con un’intelligenza così irrequieta e vivace. Non si
può dire che fu scortese con i ragazzi ma di certo elargì loro meno sorrisi e
biscotti della Signora de Fleurs.
Questo atteggiamento un po’ rude, tuttavia, agevolò Charles nel formulare
questa volta in maniera esplicita e diretta la sua richiesta, una volta esauriti
i convenevoli di rito.
Non ripeté l’errore commesso con Madame de Fleurs, andò dritto al punto,
spiegando a Mister Wilkinson cosa li avesse spinti a fargli visita, qual’era
la loro richiesta e soprattutto, glissò abilmente sull’aspetto “ricompensa”.
Il nonno di Ed ascoltò Charles senza interruzioni, una volta che il ragazzo
ebbe terminato, si prese qualche minuto per riflettere. Poi, dimostrando di
aver apprezzato la strategia di Charles, da uomo pratico e sbrigativo quale
era, si pronunciò così: “Portatemi la cornice, voglio dargli un’occhiata
prima di prendermi un impegno simile”.
I ragazzi andarono a prendere il grosso imballo che custodiva i pezzi della
cornice ormai distrutta ed Ed ne approfittò per esprimere la sua
riconoscenza a quel vecchio brontolone che amava così tanto. Gli buttò le
braccia al collo e disse: “Grazie nonno, sapevo che ci avresti dato una
mano. Sei sempre il migliore!”.
Questa volta Mister Wilkinson accennò un sorriso, in segno di affetto gli
scompigliò la chioma color carota. Tornò serio alla comparsa dei ragazzi
con l’enorme cornice in mano. Seguirono altri lunghi momenti di silenzio,
dedicati all’ispezione accurata del tipo di restauro da eseguire.
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Mister Wilkinson fece prima scorrere la mano su e giù lungo la superficie
della cornice, poi la esaminò con una strana lente d’ingrandimento che
posizionò direttamente sull’occhio destro, infine passò all’analisi
dettagliata del punto di frattura, prelevando con una speciale pinzetta dei
minuscoli frantumi di legno.
“E’ veramente un oggetto splendido, eseguito con sublime maestria. Vista
l’entità del danno, più che un restauro qui ci vorrebbe un miracolo”
sentenziò “ma non sono tipo da tirarmi indietro davanti ad una sfida,
neanche quando è grande come questa. Lasciatemi la cornice, o quel che
ne rimane. Ci rivedremo qui domani alla stessa ora.”
Per la seconda volta nell’arco di una sola giornata, i ragazzi vennero
accomiatati dal loro interlocutore con la formula del “ci vediamo domani
alla stessa ora”; più un ordine, che un saluto vero e proprio.
Salutarono, ringraziarono e obbedirono.
Tornando a casa i 4 amici si scambiarono poche parole: tutti erano
consapevoli che più di questo non era possibile fare se non confidare nelle
straordinarie capacità di Madame de Fleurs e di Mister Wilkinson.
Non restava altro che aspettare.
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Capitolo VII
La mattina dopo, Ed, Meg e Rob si presentarono presso la tenuta dei
Barnum già prima dell’ora di colazione. L’appuntamento in realtà era stato
fissato nel pomeriggio, per poi raggiungere tutti insieme prima la casa di
Madame de Fleurs e poi quella di nonno Wilkinson.
Ma Charles, quando li vide, non si stupì.
Era proprio in quei momenti che riconosceva il valore straordinario di
quell’insostituibile amicizia, che non avrebbe cambiato per nulla al
mondo: questo era il loro segreto, rimanere uniti e darsi forza l’un l’altro,
sempre. Il sorriso di gratitudine con cui Charles li accolse, valse più di
mille parole.
“Dobbiamo fare una riunione per risolvere un ultimo grande ostacolo”
esordì Meg. “E’ stato facile far uscire dal castello il ritratto quando era in
mille pezzi, forse sarà un po’ più complicato riportarlo dentro senza
essere notati. Una volta incorniciato sarà tornato alle sue dimensioni
originali!”.
“Non ci avevo pensato” rifletté Charles ad alta voce, “Venite, andiamo
nella studio e mettiamo a punto un piano”.
“Non a stomaco vuoto spero…” lo apostrofò timoroso Rob “Stamattina
mi sono svegliato presto per raggiungere gli altri prima possibile e non ho
fatto una colazione sufficiente. Non è che per caso sono rimasti dei
plumcake, o dei panini imburrati o dei biscotti?”.
“Certo Rob” gli sorrise Charles “…facciamo così. Noi cominciamo la
riunione di sopra mentre tu passi prima in cucina per un rifornimento
generale di dolciumi. Ma fai presto, ci serve anche il tuo aiuto!”.
Rob fu entusiasta della proposta e mentre gli amici salivano nello studio, si
incamminò verso le cucine. Una volta entrato afferrò due vassoi e li riempì
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di prelibatezze, assaggiando qua e là creme e marmellate. Quando si
ritenne soddisfatto del bottino, riprese la via del ritorno, passando vicino
alla dispensa. Mentre cercava di procedere tenendo tutto in equilibrio, il
gatto Theo apparve dal nulla con un balzo, gli tagliò la strada
attraversando velocemente il corridoio e si infilò proprio dentro la
dispensa. “Theo per favore esci di lì, sai che se ti vedono qui dentro
passerai un guaio….dai micio, esci” .
Fu inutile, Theo non ne voleva sapere di obbedire e Rob si vide costretto a
liberarsi momentaneamente dei suoi preziosi vassoi e a seguire il gatto
all’interno della dispensa. Quando entrò lo sorprese che grattava con gli
artigli degli enormi sacchi di farina accatastati in un angolo; i sacchi come
prevedibile si ruppero e Theo scomparve nella nube di farina bianca che si
alzò all’improvviso.
Tutto sporco della sottile polvere bianca e in preda a forti colpi di tosse,
Rob richiamò il gatto per l’ultima volta, poi perse la pazienza e passò
all’azione. Cominciò a spostare con fatica quegli enormi sacchi e l’aria
divenne sempre più irrespirabile: “Theo vieni subito qui, la stai
combinando davvero grossa questa volta…”.
Una volta rimossi tutti i sacchi, di Theo non c’era ancora traccia ma lo
spettacolo che si presentò di fronte agli occhi esterrefatti do Rob ebbe
dell’incredibile. Davanti a lui si apriva un lungo e buio tunnel sotteraneo,
la cui imboccatura era prima totalmente celata dietro le scorte di provviste.
Qualche minuto per riprendersi, poi con un tono di voce più basso e
titubante, Rob chiamò: “Theo ti prego, dove sei? Non mi far entrare lì
dentro a prenderti! E’ pericoloso, non si vede niente, esci fuori, ho
paura…”. Questa volta Theo sembrò rispondere con un miagolio che
veniva da un punto lontano in fondo al tunnel, poi più nulla. Rob si guardò
intorno scoraggiato, poi si fece forza, e per il suo amico gatto che in quel
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momento aveva bisogno di lui, si decise ad entrare. “Non ti muovere Theo,
sto venendo a prenderti!”.
Si infilò nel tunnel e sparì nel buio.
Intanto Charles, Ed e Meg erano alle prese con il problema quadro ma non
trovavano soluzioni. Qualunque idea proponessero, si rivelava un
ennesimo un buco nell’acqua. Era trascorsa un’ora ed erano ancora al
punto di partenza!
Charles, scoraggiato, si accostò alla finestra, assorto nei suoi pensieri e
guardò fuori… Ad un tratto strizzò gli occhi incredulo e cercò di mettere
meglio a fuoco ciò che gli sembrava di vedere… Poi esclamò “Ragazzi,
venite a vedere, ma quello laggiù non è Rob?”.
Ed e Meg corsero subito vicino alla finestra.
“Si, è proprio lui? E c’è anche Theo!”
“Ma che ci fa tutto sporco fuori dalle mura del castello?”
“Charles non gli avevi detto di prendere dei dolcetti e raggiungerci nello
studio?”
“Si è esattamente quello che gli ho detto di fare ma chissà cosa gli è
accaduto. Presto, raggiungiamolo!”
Senza ulteriori indugi, i ragazzi corsero come fulmini giù per le scale,
attraversarono il giardino e uscirono dal castello. Costeggiando le alte
mura di recinzione, raggiunsero il povero Rob, che stava lentamente
riabituando gli occhi alla luce del sole ed era ancora indaffarato a scrollarsi
via di dosso la farina.
“Rob ma cosa ti è successo? Che ci fai qui?” chiese Meg preoccupata.
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“Ragazzi è incredibile, per inseguire Theo che si era nascosto nella
dispensa ho trovato un passaggio segreto, che conduce proprio qui, fuori
dal giardino del castello! E’ un lungo tunnel, buio ma molto grande che
attraversa sottoterra tutta la tenuta. Avevo paura ad addentrarmi sempre
di più ma Theo continuava a scappare ed io l’ho inseguito, fino a
ritrovarmi qui. Sono uscito da quella porticina nascosta dagli alberi!”
disse Rob, tutto d’un fiato ed indicando un piccola porta in legno appena
visibile tra il fogliame e la vegetazione.
Charles, si accostò ed esaminò per bene l’ingresso del passaggio segreto,
poi, dando una pacca sulle spalle a Rob, gli disse sorridendo “Bravo amico
mio, senza volerlo hai trovato la soluzione che cercavamo, adesso
sappiamo come riportare il quadro di nuovo nel castello!”.
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Capitolo VIII
All’ora stabilita i ragazzi si presentarono a casa de Fleurs, puntuali e
curiosi.
Questa volta Madame sorvolò sul solito rituale dei dolcetti e li accolse
direttamente nell’area del giardino dove campeggiava, coperta da un telo,
l’imponente opera d’arte.
“Ragazzi ho fatto del mio meglio, spero che siate soddisfatti” e senza
ulteriori indugi, con un gesto un po’ teatrale, tirò giù in un colpo il telo di
copertura.
Charles e gli altri rimasero a bocca aperta. Il ritratto era talmente bello, i
colori così brillanti, i dettagli così curati che il falso era da considerarsi
addirittura migliore dell’originale. Lo Zio Wilburn, sembrava illuminato
da una luce nuova, più viva. Il suo sguardo appariva sempre austero ma
più vibrante, quasi più dolce. Madame de Fleurs, pur avendo eseguito una
copia fedelissima dell’originale, aveva messo molto di suo in quel ritratto!
I ragazzi erano esterrefatti.
Nessuno di loro riusciva a trovare le parole giuste per commentare ciò che
avevano di fronte. Fu Rob, nella sua profonda genuinità, a dare voce alle
emozioni dei suoi amici: “Madame, è semplicemente bellissimo, un
capolavoro! Lei è davvero un’artista straordinaria. Quello che ha fatto
per noi non ha prezzo e non la ringrazieremo mai abbastanza. Avrà la
nostra stima e la nostra riconoscenza per sempre”.
Poche parole che venivano dritte dal cuore. Charles e gli altri non si
sentirono di aggiungere più nulla, Rob aveva detto tutto.
Madame de Fleurs annuì commossa e sorrise, poi rispose: “ Bene ragazzi
sono davvero molto contenta di avervi dato una mano e che il mio lavoro
vi sia piaciuto ma adesso non è il momento di perdere tempo. Se non
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sbaglio, entro sera, il quadro dovrà trovarsi incorniciato e appeso sopra
al camino di WhiteOwl Castel. Ora datemi una mano ad arrotolarlo e a
imballarlo per bene, poi andate… il tempo stringe”.
I ragazzi, distolsero gli occhi ancora estasiati dal dipinto e si misero
all’opera. In pochi minuti tutto era pronto. Abbracciarono e ringraziarono
con affetto Madame de Fleurs, e si allontanarono a bordo della Rolls
Royce, salutandola con la mano finchè lei e la sua casetta non sparirono
dietro all’ultima curva.
“Destinazione casa Wilkinson, presto” disse Charles all’autista, che
prontamente premette il piede sull’acceleratore.
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Il nonno di Ed li stava aspettando. Quando li accolse, il suo sguardo tradì il
fermento di quella che doveva essere stata una lunga attesa.
Una volta entrati nello studio-laboratorio, con meno modestia di Madame
de Fleurs ma con lo stesso entusiasmo, Mister Wilkinson esordì: “ Vi
presento il mio capolavoro. Sfido chiunque a rintracciare adesso il punto
in cui la cornice era spezzata!”.
La cornice si ergeva integra e imponente al centro della stanza,
occupandola quasi totalmente…sembrava nuova! Oltre a averla riparata,
Mister Wilkinson, da bravo restauratore, aveva provveduto a ridipingere le
zone scrostate e a dare una mano di vernice protettiva a tutta la struttura.
Adesso la cornice appariva più solida e più brillante di prima.
“Nonno sei davvero un maestro. Hai fatto un lavoro incredibile” disse Ed
con entusiasmo buttandogli le braccia al collo.
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“Signor Wilkinson, non so davvero come ringraziarla, è un’esecuzione
perfetta! E’ un peccato che sia andato in pensione già da un po’, a
WhiteOwl molte cose avrebbero bisogno di passare per le sue mani
sapienti, in poco tempo riprenderebbero vita!” disse Charles con un tono
di profondo rispetto e gratitudine.
Soddisfatto delle parole del ragazzo, il nonno di Ed tagliò corto “Avete
portato la tela?”.
“Si” rispose Meg “è qui fuori”.
“Bene, inseriamola nella cornice!”
I ragazzi passarono all’azione, muovendosi con cautela e rispettando
rigorosamente le direttive impartite loro da Mister Wilkinson.
L’operazione non fu semplice né veloce ma alla fine il ritratto faceva bella
mostra di sé perfettamente intelaiato all’interno della sontuosa cornice. Era
davvero un lavoro perfetto!
I ragazzi avevano finalmente dato il loro contributo pratico all’operazione
di restauro, si sentirono più che mai soddisfatti e si congratularono a
vicenda.
Dopo un’ultima occhiata ammirata al loro capolavoro, avvolsero il quadro
in un enorme telo e, sempre sotto la direzione attenta di Mister Wilkinson,
lo caricarono sull’auto, pronti per affrontare la terza ed ultima fase di quel
progetto ambizioso.
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Capitolo VIII
Il quadro era pesante ed estremamente delicato. Trascinarlo senza
provocare danni per quell’interminabile corridoio sotterraneo, fu per i
ragazzi un’operazione davvero faticosa. Per ragioni di cavalleria, a Meg fu
affidato il compito di illuminare il cammino con la luce di una torcia e fare
strada agli altri tre, che procedevano a stento, carichi del quadro sulle
spalle. Rob ogni tanto chiedeva esausto una pausa: i ragazzi si fermavano e
si liberavano di quel peso, poggiando il quadro a terra. Qualche minuto per
riprendere fiato e sgranchirsi le braccia, poi riprendevano il cammino.
Nel giro di mezz’ora il quadro si trovava di nuovo nello studio del castello,
questa volta tutto d’un pezzo.
“Avevo sottovalutato la fatica che avrebbe richiesto trasportalo per un
tratto così lungo!” disse Ed, accasciandosi sul divano e tirando un lungo
sospiro.
“Si, è stata davvero una faticaccia ma ce l’abbiamo fatta ragazzi!”
rispose Charles “adesso facciamoci portare un’abbondante merenda per
rimetterci in forze e riposarci un po’. Poi provvederemo ad appenderlo”.
“Mi sembra un’ottima idea” commentò Rob, dando voce ancora una volta
al pensiero di tutti.
I ragazzi mangiarono con voracità le prelibatezze che furono loro
prontamente servite. Il bello di Whiteowl era proprio questo, qualunque
richiesta veniva subito esaudita…e al meglio! Gustarono appieno il cibo e
il meritato riposo, perdendosi in chiacchiere e risate. Quando si sentirono
sufficientemente in forze, dato che il tempo stringeva, di comune accordo
si rimisero all’opera per appendere il quadro sopra al camino.
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Con metodo e cautela dettero il via alle danze. La recente esperienza di
imballaggio e trasporto del quadro si rivelò fruttuosa; l’operazione richiese
tempo ed estrema attenzione ma andò a buon fine al primo tentativo.
Di lì a poco, i ragazzi si ritrovarono seduti sul divano a rimirare soddisfatti
il risultato finale di quel gran lavoro. Lo splendido ritratto campeggiava
come sempre sopra al camino ma adesso la stanza risplendeva di una luce
nuova.
Lo zio Wilburn sembrava guardarli e strizzare loro l’occhiolino. Quel
ritratto apparve loro più umano e più complice che mai. Non l’avrebbero
mai più guardato con gli stessi occhi frettolosi e disinteressati di prima: da
quel momento in poi, l’antenato di Charles custodiva con loro quel
profondo segreto che, ne erano certi, non sarebbe mai stato rivelato ad
anima viva!
Il resto del pomeriggio trascorse così, in contemplazione e congratulazioni
reciproche, finché Charles si rivolse agli amici, e con estrema commozione
esordì: “Ragazzi, non so come avrei fatto senza di voi. Siete davvero i
migliori amici del mondo”.
Allargò le braccia per accoglierli tutti quanti al petto e stringerli a sé. Meg
e Rob, apprezzarono il romanticismo del momento e si lasciarono andare
entusiasti a quell’abbraccio. Ed, invece, da buon Wilkinson, si limitò a
sorridere in modo imbarazzato e poi, dando velocemente uno sguardo fuori
dalla finestra, esclamò: “Charles, tuo nonno è già tornato, stanno
scaricando adesso i suoi bagagli….”
“Bene ragazzi, questa è la prova del nove! Siate rilassati e comportatevi
come sempre. Non guardate troppo spesso il quadro, non sorridete
eccessivamente, non lanciatevi occhiate complici e…trovatevi
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immediatamente qualcosa da fare, il nonno potrebbe entrare da un
momento all’altro!”disse Charles perentorio.
Ed, prontamente, aprì un baule tirandone fuori una manciata di soldatini e
un grande gioco da tavolo. Posizionò velocemente le pedine, distribuì alla
rinfusa le carte, scarabocchiò qualcosa sul foglio dei punteggi. I ragazzi si
disposero a raggiera intorno al tabellone, impugnarono le carte e assunsero
un’espressione concentrata e divertita. Appena in tempo!
Il nonno di Charles, bussò in modo educato e deciso alla porta dello studio,
tanto per annunciare il suo ingresso e, senza aspettare la risposta, entrò
autoritario nella sala.
“Buonasera Charles, buonasera ragazzi” disse, accompagnando il saluto
con un leggero cenno del capo.
“Buonasera Sir Barnum” risposero in coro i ragazzi.
“Buonasera nonno, sono molto contento del tuo ritorno” esclamò Charles,
alzandosi da terra e affrettandosi a salutare il nonno con un abbraccio
molto composto.
“Anche io sono lieto di vederti ragazzo. Sono molto stanco per il lungo
viaggio e non voglio disturbarvi. Proseguite tranquillamente nel vostro
gioco, mi siederò qui vicino a voi a sorseggiare il mio the”.
“E’ un piacere averti qui con noi nonno, accomodati pure e riposati un
poco”. Disse Charles, accostandosi alla poltrona di fronte al camino e
sprimacciandone il cuscino.
Il nonno sorrise e si accomodò: regalando ai ragazzi ancora qualche sorriso
compito, sprofondò subito in un austero silenzio. I ragazzi, quasi per non
disturbarlo ripresero a giocare, con un tono di voce più basso.
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Trascorse quasi un’ora e Charles e gli altri stemperarono la tensione,
dimenticando quasi l’avventura del quadro e dedicandosi al gioco.
Ad un tratto, Sir Barnum, si alzò di scatto dalla poltrona, riprendendosi
dallo stato di torpore in cui era caduto e, rivolgendosi ai ragazzi, disse: “E’
arrivata per me l’ora di augurarvi la buonanotte. Mi raccomando, è tardi
anche per voi, non dilungatevi troppo.”
“D’accordo nonno, non ti preoccupare, finiremo la partita domani. Buon
riposo” disse Charles.
“Buonanotte Sir Barnum e grazie come sempre dell’ospitalità” salutarono
i ragazzi.
Sir Barnum, \sorrise per accomiatarsi e riprese il cammino verso la porta.
Mentre stava per uscire dalla stanza, si fermò di scatto come se avesse
finalmente messo a fuoco quel particolare che non gli quadrava fin
dall’inizio. Alzò lo sguardo verso il quadro.
I ragazzi furono scossi da un fremito. Che si fosse accorto di qualcosa?
“Devo essere davvero molto stanco. Avrei giurato che le medaglie
appuntate sul petto del mio illustre antenato, fossero cinque e non
quattro!”.
I ragazzi rimasero immobili e in silenzio.
Poi il nonno, scrollò le spalle, distolse lo sguardo ormai distratto dal
quadro e aprendo definitivamente la porta, uscì dicendo: “…bha, la mia
memoria non è più quella di un tempo… Ancora buonanotte ragazzi”.
Quando sentirono i passi del nonno allontanarsi nel corridoio, i ragazzi,
che avevano trattenuto il fiato fino a quel momento, si guardarono
complici e scoppiarono insieme in una fragorosa risata.
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