Bollettino no. 19 dicembre 2012

Transcript

Bollettino no. 19 dicembre 2012
Broglio
Brontallo
Fusio
Menzonio
Peccia
Prato
Sornico
2
Essere o non essere…
di Giordano Rotanzi e Daniele Vedova, municipali dall’aprile 2012
… questo è il dilemma! Il problema riscontrato
nell’avviare questo editoriale propostoci e accettato con la sfida del neofita, essendo il primo in
assoluto per entrambi!
«Essere, o non essere» (To be, or not to be) è
una frase dell’Amleto di Shakespeare e questa
battuta, pronunciata dall’omonimo principe all’inizio del terzo atto di questa tragedia è una delle
frasi più celebri della letteratura di tutti i tempi.
L’interrogativo esistenziale del vivere (essere) o del
morire (non essere) è alla radice dell’indecisione
che impedisce ad Amleto di agire; proprio un po’
come la sopravvivenza o meno di questo Bollettino
e proprio come la nostra realtà odierna di Comune
aggregato, di montagna, enorme, con tanto territorio e parecchie risorse ma, ahinoi, poca gente…
troppo poca per assicurare nel tempo come si dovrebbe un’efficace conduzione dell’ente pubblico,
dei servizi basilari e di tutti quegli aspetti ormai regolati da centinaia di disposizioni legali e disciplinari che – e qui sorge il dubbio – sono più
d’impedimento e d’ostacolo che non d’aiuto. Resta
la ferma convinzione che il futuro dovrà essere di
semplicità, di buon senso e di solidarietà, altrimenti
c’è da chiedersi saggiamente quale sarà la nostra
meta e quale sarà lo stimolo per arrivare ad essa?
Appunto: essere e vivere o non essere e morire…?
Assistiamo ad un costante aumento di leggi, regolamenti e disposizioni, di nuove imposizioni e restrizioni, magari anche attuali, ma di certo
eccessive per e nella nostra realtà, come dimostrano alcuni recenti esempi:
• l’obbligo imposto per un posteggio pubblico in
un nucleo di 4 persone residenti, con 2 auto e
altrettanti posteggi privati! Che senso dare a
queste irragionevoli norme pianificatorie, se
non quello che forse è giunto il momento di
cambiare qualche cosa?
• e che dire dell’obbligo di istituire un gravoso
corpo di polizia comunale? A fronte di quali minacce? Forse il ritorno dell’orso o della lince?
• ed inoltre, che dire delle ‘premure’ in nome della prevenzione e della sicurezza (spartitraffici,
restringimenti, limitazioni, radar e quant’altro)
per un’opinabile idea di traffico lento e/o per
Indice
Essere o non essere…
pag. 2
I mille toponimi di Menzonio confluiscono in un libro
pag. 4
BRAVI RAGAZZI!
pag. 5
Con la nuova capanna, Tomeo rivive
pag. 7
Mettere il villaggio al centro della politica regionale
pag. 8
La mia amica Matilde
pag. 10
Notizie e comunicati in breve…
pag. 11
Sabato 11 agosto 2012... il sogno è diventato realtà!
pag. 14
Gli umili “cicit” onorati sulla tavola
pag. 18
In Lavizzara riemerge la linògia
pag. 19
In bianco e nero e verde silenzioso
pag. 22
Curiosità... il picchio “domestico”
pag. 25
7 ottobre 2012, camminata popolare... sentiero della Lavizzara
pag. 26
3
combattere i ‘pirati’ della strada nostrani intenti
a raggiungere quotidianamente il proprio posto
di lavoro in città? Senza immaginare quale può
essere il futuro destino di chi abita in cima alla
Valle, servita da quell’unica strada cantonale
che – negli anni ’70 per agevolare il traffico – è
stata oggetto di ingegnose circonvallazioni, però ormai fagocitate dall’avanzamento degli abitati nella bassa valle a causa di un’ inadeguata
pianificazione.
Quel coraggio trovato in questo ultimo decennio
per centralizzare i servizi lasciando spoglie le periferie, utilizziamolo ora anche per difendere i diritti
più elementari per una vita semplice e dignitosa,
in considerazione della nostre esigenze e della
nostra realtà!
E come predicava negli anni ’60 un altro grande
del pianeta, Martin Luther King: “I have a Dream”,
anche noi abbiamo un sogno: che il sacrificio del
nostro tempo, che la passione per il nostro Comune e l’impegno per la nostra causa, non restino
foglie al vento, ma diventino negli anni la motivazione per continuare ad abitare nella nostra suggestiva Valle, nei nostri territori fatti di storia, di
lavoro e di umiltà, con la giusta considerazione ed
equità e soprattutto con il giusto rispetto, perché
in fondo siamo tutti umani, figli del presente e della terra… e niente di più!
Tra poco è Natale e ci aspetta un nuovo imprevedibile Anno… che sia almeno splendido per tutti!
Auguri e serenità !
Aah, dimenticavamo! Forse qualcuno si starà chiedendo sulla nostra nuova esperienza in Municipio?
Beh, ritornando all’iniziale dubbio amletico, noi abbiamo optato per l’essere… ed ora stiamo pedalando, cercando di fare del nostro meglio entro le
nostre possibilità… con la visione dei (parecchi)
problemi dall’interno, molto differente che non osservati dall’esterno… Comunque, nella libertà di
ognuno, sul nostro operato, ai posteri l’ardua sentenza!
La nostra rivista è pubblicata con il sostegno di
I N F O
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Hanno collaborato:
Bruno Giovanettina e il personale
della cancelleria
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I mille toponimi di Menzonio
confluiscono in un libro
di Bruno Donati
Nel corso della prossima primavera verrà fatto un
altro importante passo avanti nell’indagine toponomastica in Lavizzara. Dopo la pubblicazione delle ricerche effettuate a Fusio (nel 1987 e 1992), Broglio
(nel 2006), Peccia (nel 2008) e Brontallo (nel
2009), ora è la volta di Menzonio.
In quest’ultimo villaggio un primo elenco di nomi di
luogo fu già stilato negli anni 1979-80 con la raccolta e localizzazione di circa 250 toponimi. Dopo
un lunga pausa, durata molti anni, la ricerca è stata
ripresa nel 2010 e si conclude ora alla fine di
quest’anno. In quest’ultima fase, con l’aiuto di una
quindicina di persone del luogo che conoscono bene il territorio e con un’approfondita indagine d’archivio, è stato possibile identificare molti altri
toponimi, tanto che ora si raggiunge quasi il migliaio.
Tutti i luoghi reperiti sono stati descritti, con riferimenti topografici, con informazioni riguardanti lo
sfruttamento, con aneddoti e con indicazioni documentaristiche. Il libro, che raccoglie tutto il materiale
elaborato e che andrà in stampa nei prossimi mesi,
è un’opera considerevole: contiene l’intero corpus
toponomastico, alcuni testi di approfondimento storico, una ricca documentazione fotografica d’epoca
e un’appendice cartografica. La pubblicazione, edita dall’Archivio di Stato del Cantone Ticino, appare
nella collana “Repertorio toponomastico ticinese”.
Questa iniziativa, così come anche parte di quelle
sopraccennate, è resa possibile dal Comune di Lavizzara che nel 2007 ha promosso l’estensione della ricerca toponomastica sull’intero territorio del
nuovo comune.
Ora mancano solo i risultati della ricerca relativa a
Prato Sornico, dove una prima indagine era già stata
svolta nel 1978-79 da Hedi Dazio. Anche qui lo studio è stato recentemente ripreso e dovrebbe concludersi nei prossimi anni. A quel punto in Lavizzara,
che da sola occupa un terzo del territorio valmaggese, saranno stati salvati dall’oblio quasi 6000 nomi
di luogo. Si tratta di un patrimonio di dati e di memo-
rie ragguardevole, un traguardo raggiunto con l’impegno di tante persone, un punto di partenza per
studiosi di ampie realtà geografiche e storiche in
regioni di montagna. Il materiale raccolto offre interessanti opportunità per approfondimenti di carattere linguistico, socio-culturale, economico. Conviene
ricordare come la Lavizzara, oggi regione debole e
marginale, abbia in passato conosciuto una solida
struttura comunitaria e posseduto condizioni di vita
apprezzabili, date da una florida economia alpestre
e da una lunga e importante tradizione migratoria.
La ricerca toponomastica in atto in Lavizzara, oltre
che favorire la conoscenza del territorio in tutte le
sue pieghe, contribuisce a rinsaldare le varie comunità e a definire un percorso di sviluppo comune.
La presentazione pubblica del repertorio toponomastico di Menzonio (un libro di oltre 220 pagine e
con una sessantina di fotografie) avrà luogo il 27
aprile 2013 nel capannone che sarà eretto per la
circostanza sul piazzale davanti la Casa patriziale di
Menzonio. Il programma e l’invito dettagliato dell’evento verrà inviato a tutti i fuochi della Lavizzara.
Festa religiosa
a Monte Cima
nel 1950,
a cinquant’anni
dalla posa
della croce.
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BRAVI RAGAZZI!
di Cristiana Vedova
Determinazione, impegno, passione, amore per la
professione scelta, uniti ad una buona dose di innato talento, sono ingredienti indispensabili per
riuscire, per eccellere… Sono ingredienti che di
sicuro Samuele Dadò e Damiano Domenighetti si sono portati in tasca sempre durante gli
anni della loro formazione professionale
Entrambi sono stati scelti da docenti ed esperti
quali candidati ticinesi per una competizione un
po’ particolare che vede gli apprendisti o i neo diplomati cimentarsi nella loro professione.
Samuele si è così trovato a dover affrontare un
iter di gare e selezioni, proprio come avviene in
ambito sportivo, che gli ha aperto le porte della
nazionale svizzera dei falegnami.
Per Damiano invece un tuffo diretto agli europei
gli ha regalato la gioia della medaglia d’oro per la
professione di elettronico.
Gratificazioni molto importanti per dei giovani in
procinto di prendere il volo nella vita e nel difficile
mondo del lavoro.
Sono due ragazzi semplici, due tipici ragazzi di
valle direbbe qualcuno, con quel pizzico di timidezza, che forse è semplicemente rispetto e che agli
adulti piace tanto. Ragazzi che però hanno lo
sguardo limpido e fiero di chi, seppur molto giovane, sa di avere in mano il mondo.
È stato bello, a tratti emozionante incontrarli,
ascoltarli raccontare la loro insolita esperienza.
La proposta di partecipare ai campionati europei è
arrivata inaspettatamente, racconta Damiano, durante una cena con il nostro esperto. Io e Mirko ci
abbiamo dormito sopra. L’istinto ci diceva di buttarci, ci sentivamo affascinati dalla possibilità che
ci si presentava, così abbiamo accettato la difficile
sfida.
Non avevamo idea di cosa ci aspettasse, ma eravamo certi che avremmo fatto un’esperienza inte-
ressante e arricchente. Ci siamo posti fin dall’inizio
un chiaro obiettivo: far bene, magari vincere.
Tra agosto e settembre ci siamo presi un mese per
la preparazione.
Sapevamo che avremmo dovuto montare e programmare un mini ascensore.
Ci siamo allenati tanto. L’esperto ci ha seguiti giorno dopo giorno. Alla fine ci sentivamo davvero
pronti a saltare nelle fauci del lupo.
Quando siamo arrivati in Belgio tutta la nostra baldanza si è un po’ ammosciata; abbiamo visto gli
avversari, abbiamo cominciato a dubitare che anche loro potessero essere bravi, magari più bravi di
noi. Per me è iniziata una battaglia interna tra la
paura e la consapevolezza di poter far bene.
La gara si è svolta sull’arco di tre giorni, per sei ore
la giorno di lavoro.
Bisognava lavorare in fretta e bene, questo ci ha
creato non poco stress. Un occhio era sempre
puntato sul cronometro che segnava un inesorabile conto alla rovescia. Per tre volte abbiamo terminato il lavoro appena in tempo. Eravamo sicuri di
aver fatto bene, ma l’attesa del verdetto è stata
lunga; un giorno interminabile che ci ha fatto provare un crescendo di emozioni difficile da spiegare. Abbiamo tanto sperato nel podio, e invece è
arrivata addirittura la medaglia d’oro!
A coronare la magia del momento, nel mezzo del
fragoroso clima di festa che ha invaso la sala è arrivato per noi a sorpresa il premio per il miglior
punteggio della nazione.
Sono momenti fantastici, indimenticabili!
6
Per Samuele le cose hanno seguito un iter diverso.
L’anno scorso, racconta, sono stato scelto con altri
sei apprendisti per partecipare i campionati ticinesi. Ci tenevo tantissimo e volevo far bene, anche
perché diversi ragazzi di Cavergno hanno terminato l’apprendistato con ottimi voti. Questa sarebbe
stata la mia grande occasione. E ho fatto centro!
Sono arrivato al primo posto.
Abbiamo avuto 8 ore di tempo per costruire un tavolino con vassoio. All’inizio ero emozionato e assai titubane, poi sbirciando il lavoro degli altri ho
capito di potercela fare. Ho preso coraggio e ho
sentito crescere in me la voglia di vincere.
La vittoria al campionato ticinese mi ha dato accesso al campionato regionale svizzero.
Questa è stata per me un’esperienza bellissima!
Sapevo che se mi fossi classificato tra i primi tre
sarei stato il primo ticinese ad entrare a far parte
della nazionale svizzera dei falegnami. Sarebbe
stata per me un’opportunità grandiosa!
Questa volta mi sono preparato a dovere. Ho studiato tutto nei minimi dettagli, dal disegno del porta-abiti che avrei dovuto realizzare alla scelta del
legno. Avevo tutto in testa.
A questo si è aggiunto un colpo di fortuna: i concorrenti sono stati divisi in due gruppi, e io sono
capitato nel secondo. In questo modo ho potuto
assistere al lavoro dei ragazzi del primo gruppo. È
stato un vantaggio non da poco; ho potuto rubare
idee, evitare errori, e soprattutto fronteggiare la
prova con più sicurezza.
Mi sono classificato terzo, e così è iniziata per me
l’avventura in nazionale. Da quel momento le cose
hanno iniziato a farsi davvero serie e molto impegnative.
Ognuno dei nove ragazzi che compongono il nostro team ha ricevuto da diversi sponsor gli attrezzi
da lavoro.
Ci incontriamo regolarmente per allenarci o per le
gare di preparazione ai campionati svizzeri che si
terranno a Ginevra a fine novembre.
La nostra piacevole chiacchierata prosegue
spontanea, e tra una cosa e l’altra saltano fuori
altri nomi di ragazzi lavizzaresi che si sono distinti
nell’ambito degli studi o delle professioni; parecchi nomi oserei dire per una realtà piccola come
la nostra. Gli ultimi con i quali ci complimentiamo
sono Davide Donati e Samuel Giacomini che
quest’autunno hanno terminato l’apprendistato
portando in Lavizzara il miglior diploma cantonale
di piastrellista e rispettivamente di falegname.
Complimenti anche a Giorgia Mattei che ha ottenuto il Bachelor of Science BFH come ingegnere agronomo.
Mi viene spontanea una domanda: Pensate che
qualche merito possa andare anche al fatto di essere nati e cresciuti in un paesino di valle?
…Forse si mi risponde timidamente Samuele
Più decisa la risposta di Damiano: Probabilmente
si. Da bambino ho giocato tanto liberamente nella
natura, col verbo ingegnarsi sempre a portata di
mano. Crescendo in valle e in montagna si impara
in fretta la fatica, si impara a resistere, a fare sacrifici. Man mano che si cresce si stabilisce una relazione naturale con il lavoro.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Il primo obiettivo è finire bene la scuola, poi sarò
pronto per affrontare qualsiasi sfida professionale.
Non nascondo che mi piacerebbe lavorare nel
campo delle nuove tecnologie.
Dice Damiano
Io spero di far bene al campionato svizzero, dichiara Samuele, ma non coltivo la speranza di selezionarmi per i mondiali. Sono cosciente che questa
volta il livello è altissimo! Il mio vero progetto per il
futuro è ottenere il diploma di falegname e magari
continuare a lavorare a Sornico per qualche anno,
che quel posto di lavoro è la fortuna più grande
che mi sia toccata!
Fa davvero piacere incontrare ragazzi come loro,
e sapere che in valle ce ne sono tanti. Fa sperare
che i nostri piccoli paesi anche in futuro saranno
in buone mani.
7
Con la nuova capanna, Tomeo rivive
di Bruno Donati
Nel corso di quest’anno, in Tomeo, sono successe
cose mai viste e neppure immaginate fino a pochi
anni fa. La Valle, a distanza di sessant’anni dall’ultimo carico dell’alpe e dopo l’abbandono definitivo
di vacche e capre, ritrova una nuova funzione, ritorna ad essere produttiva per la comunità, utile e
interessante per l’ente proprietario. La pastorizia
lassù è ora ridotta a un gregge di pecore che durante l’estate bruca sugli antichi pascoli. Il patriziato di Broglio – quasi rassegnato al destino che
condannava quel territorio all’inselvatichimento e
all’incuria di tutto quanto restava di un secolare
sfruttamento alpestre (sentieri ed edifici) – ha intravisto la possibilità di mettere a frutto quell’ambiente impervio e selvaggio a favore degli
escursionisti, che sempre più numerosi frequentano la montagna.
La valle di Tomeo possiede caratteristiche e bellezze particolari, in grado di attirare chi desidera
inoltrarsi nella natura, anche la più aspra, e scoprire antiche tracce di vita e di sfruttamento della
montagna. Quando già nel 1990 la cascina di
Corte Grande fu trasformata in un piccolo e semplice rifugio a disposizione dei viandanti, si capì
che quella era la direzione giusta. La presenza del
lago omonimo, i valichi che permettono di passare
da una valle laterale all’altra, i collegamenti con la
valle Verzasca e, da ultimo, l’apertura della Via Alta Vallemaggia, hanno reso il piccolo rifugio inadatto a ospitare tutti i passanti. Il progetto per una
nuova capanna alpina, promosso dal patriziato e
sostenuto pure dal comune di Lavizzara, è entrato
nella fase operativa nell’autunno 2011, ha fatto
enormi progressi nel corso di quest’anno e si concluderà nell’estate del prossimo anno con l’inaugurazione di una nuova, moderna e capiente
struttura, collegata, a distanza di una giornata di
marcia, ad altre costruzioni analoghe.
Dopo i lavori preparatori dell’autunno scorso (vedi
Bollettino n.ro 17), durante i mesi estivi è stato
innalzato l’intero corpo dell’edificio, recuperando
in parte il vecchio stabile della stalla e integrandolo a una nuova, elegante struttura in legno. La
costruzione, progettata dall’architetta Sandra
Giovannacci, composta da due corpi congiunti,
appare molto funzionale, esteticamente pregevole e ben inserita nell’ambiente circostante. I lavori
si sono interrotti a fine ottobre con il brusco avvento dell’inverno e riprenderanno allo scioglimento della neve. A partite da inizio giugno 2013
saranno posati servizi e apparecchiature, si provvederà all’arredamento e si completerà il tutto
con la sistemazione esterna. A fine estate si prevede la festa dell’inaugurazione che darà alla Lavizzara e alla Vallemaggia un’ulteriore opera in
grado di valorizzare le risorse locali in modo innovativo.
Malgrado sussista ancora qualche problema finanziario i lavori proseguiranno: per il completamento dell’opera si fa appello alla generosità della
popolazione (versamenti da effettuare a favore
del Patriziato di Broglio, Nuova capanna Tomeo,
ccp 65-6427-7, presso Banca Raiffeisen Vallemaggia, Cevio). Anche grazie al vostro aiuto la
valle di Tomeo torna a vivere.
L’ospite
8
Mettere il villaggio al centro
della politica regionale
di Tarcisio Cima (economista, già direttore dell'Ufficio cantonale regioni di montagna)
“Senatores boni viri, Senatus mala bestia”. Cioè: “I
senatori sono uomini di valore, ma il Senato è una
bestia cattiva”. La celebre massima latina, attribuita a Cicerone, calza a pennello per descrivere
l’atteggiamento dei politici e della politica ticinese
nei confronti delle zone periferiche e di montagna
del Cantone. Presi singolarmente, tutti i politici, di
ogni schieramento, sono sensibili ai problemi della montagna ed esprimono, sinceramente ed in
buona fede, la loro preoccupazione per il futuro
delle valli. Messi assieme, in Governo ed in Parlamento, continuano invece a prendere decisioni
che vanno contro gli interessi della montagna, la
penalizzano, la svuotano e non fanno altro che
accentuare, anziché contrastare, come sarebbe
giusto che fosse, l’azione accentratrice delle leggi
del mercato.
Gli esempi sono molti, ma per me la decisione recente più grave in questo senso è stata l’adozione
della nuova politica regionale (NPR). Elaborata a
tavolino ed in vigore da ormai quasi quattro anni
(da sei anni a livello svizzero) ha dimostrato sul
terreno tutta la sua inconsistenza ed inadeguatezza rispetto all’obiettivo di sostenere e promuovere lo sviluppo delle valli. Considerato che la
vecchia politica regionale (LIM) era stata sostanzialmente mandata in pensione già nei primi anni
del Duemila, abbiamo perso un intero decennio!
Per questa improvvida scelta politica le zone di
montagna e periferiche rischiano di pagare un
prezzo molto alto, ora che incombe una crisi economica generalizzata non da poco e si accentuano le difficoltà finanziarie del Cantone.
Nel quadro della NPR le aree montane più discoste dai centri urbani, come la Lavizzara, sono state definite “zone a basso potenziale di sviluppo”.
Definizione infelice e miope, perché pone l’accento su quello che effettivamente, e per fortuna di-
rei, queste aree non hanno (grandi prospettive di
crescita quantitativa), tralasciando quello di cui
sono ricche e che si traduce nel contributo irrinunciabile che danno allo sviluppo qualitativo del
Cantone. Nell’ambito del primo piano quadriennale (2008-2012) della NPR, per le “zone a basso
potenziale” si prevedeva comunque lo studio e
l’adozione di misure specifiche. Non se ne è fatto
niente. Nel nuovo programma quadriennale
(2012-2015), approvato dal Gran Consiglio lo
scorso mese di giugno, delle “zone a basso potenziale” quasi nemmeno più si parla. Le aree montane più pregiate (ecco come potremmo piuttosto
chiamarle) sono evacuate, rimosse dalla politica
regionale. Se ne parla, di striscio, solo per dire
che il Cantone sta ancora “contrattando” con la
Confederazione un contributo a loro beneficio
della bellezza di mezzo milione di franchi (spalmato su quattro anni!) e intende lanciare un nuovo
approfondimento metodologico.
Ma non sono necessari né “approfondimenti metodologici”, né “studi strategici”, né “masterplan”
per capire cosa sia giusto fare nelle “zone a basso
potenziale di sviluppo”, cioè nelle nostre “aree
montane pregiate”, per assicurare loro un futuro
dignitoso. Semplicemente occorre continuare ed
intensificare tutto quello che si è cercato di fare,
con mezzi limitati ma con tanto impegno e passione, negli ultimi trent’anni per tenere aggiornate e
migliorare le infrastrutture; per assicurare i servizi
pubblici e privati di base; per garantire l’animazione culturale, ricreativa e sportiva; per mantenere,
recuperare, rinnovare ed abbellire il variegato patrimonio costruito esistente; per salvaguardare e
curare il territorio. In tutto questo lavoro la Lavizzara è stata esemplare, per merito dei Comuni,
dei Patriziati, delle associazioni (come l’APAV) e
dei singoli operatori privati. Non lo dico per piaggeria nei confronti di chi ospita queste mie righe.
9
Di ciò può rendersi conto di persona chiunque
percorra la valle, meglio se non c’è mai stato o
non ci è più andato da lungo tempo. Trova una valle ancora viva e ben tenuta, scopre villaggi, da
Brontallo a Fusio, uno più bello dell’altro, il cui stato di conservazione, in un raffronto internazionale,
ha del prodigioso.
Molto è stato fatto, ma moltissimo rimane da fare
nella medesima direzione, in Lavizzara come nelle
altre “aree montane pregiate” del Cantone. Per
dare maggiore incisività agli interventi sarebbe
utile a mio avviso porre l’accento sul concetto di
villaggio. Il villaggio quale forma originaria dell’insediamento umano, oggi in profonda crisi a livello
planetario, ma che ha ancora molto da dire e da
dare per uno sviluppo equilibrato e sostenibile, qui
da noi come nel vasto mondo. Certo i nostri villaggi montani, le nostre valli discoste, non sono più
quelle di una volta. La loro funzione, una volta
centrale, per la residenza primaria si è molto ridimensionata. Verosimilmente non si potrà più ritrovare la consistenza demografica di un tempo. Ma
nel contempo sono state acquisite nuove funzioni
come quella della residenza secondaria, dello
svago e della ricreazione delle popolazioni urbane, della salvaguardia della diversità culturale,
ambientale e paesaggistica dell’intero Cantone.
Per assicurare la continuità economica e sociale
delle “aree montane pregiate” - come la Lavizzara
- e quindi dare corpo al riconosciuto potenziale di
sviluppo, le risorse finanziarie locali non sono sufficienti. Il compito, anzi il dovere, di Confederazione e Cantone è semplice: far pervenire agli enti
pubblici locali tutte le risorse finanziare necessarie affinché siano in grado di far fronte con un
certo agio (cioè senza trovarsi sempre con l’acqua
alla gola) ai compiti (non solo amministrativi ma
anche di sviluppo) di loro pertinenza; sostenere
con generosità e senza troppe complicazioni burocratiche gli investimenti meritevoli promossi in
ogni campo da associazioni e privati. Perché, al di
là delle belle parole e dei “cambiamenti di paradigma” invocati per nascondere la mancanza di
idee e l’incapacità di affrontare i problemi, la politica regionale, una seria politica regionale, è prima di tutto una questione di soldi. Di soldi e di
fiducia nella capacità delle comunità locali di impiegarli efficacemente.
CENTRO SPORTIVO LAVIZZARA
Apertura invernale
10 settembre 2012 – 10 marzo 2013
pattinaggio pubblico
mercoledì
14.00 – 16.30
sabato
14.00 – 16.30
domenica
14.00 – 16.30
vacanze scolastiche 14.00 – 16.30
hockey libero
1/3 di pista durante le ore di
pattinaggio pubblico, unicamente
con dischi di gomma.
Tel. 091 755 12 53 – Fax 091 755 12 56 – Buvette 091 755 12 18
www.splavizzara.ch / e-mail: [email protected]
Informazioni: attività, riservazioni, iscrizioni
10
La mia amica Matilde
di Noah Biadici
Primo premio al concorso Angelo Casè,
Comune di Maggia.
Categoria A (4.a e 5.a elementare)
Un bel giorno di sole, tornando da scuola vidi in un
muro a secco una piccola lucertola. Stava tranquilla su un sasso del muro a prendere sole. Mi
avvicinai e le osservai per un po’. Era di un verde
scuro e molto piccola. Ad un tratto scappò nel
muro e poi andai a casa.
Il giorno seguente tornando da scuola guardai sul
muro se c’era la lucertola. Infatti era ancora lì, a
scaldarsi sul muro. Riuscì ad avvicinarmi senza
farla scappare e la presi in mano. Mi avviai a casa
correndo perché era una strana sensazione tenere la lucertola in mano.
Arrivato a casa la feci vedere alla mamma e le
chiesi se potevo tenere la lucertola in una scatola.
Era troppo bella l’idea di osservare la lucertola
tutti i giorni, ma la mamma mi spiegò che per la
lucertola era brutto vivere in una scatola senza
muri, abituata a vivere in libertà in mezzo ai sassi.
Mi dispiaceva lasciarla libera però capivo che per
la lucertola era meglio, ma le volevo almeno dare
un nome. Subito mi venne in mente il nome di Matilde. La guardai bene l’ultima volta e poi la lasciai
libera in un muretto dietro casa.
La sorpresa fu grande quando mi accorsi che Matilde aveva preso il muretto come nuova casa.
Ancora oggi quando fa bello posso osservare Matilde scaldarsi sul muretto o fare un giro sotto il
tavolo da giardino, per cui penso di aver trovato
un’amica.
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DICEMBRE
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4#ORSO3TAGIONE3ENZA0RANZO&Rn
#ORSOINCOLLABORAZIONECONLO3CI#LUB"ASSA6ALLE
ISCRIZIONIEINFOVEDICORSOSCIDICEMBRE
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Notizie e comunicati in breve…
Nuovo tecnico comunale
In attesa della firma di un’eventuale convenzione con il Comune di Cevio
per la creazione di un Ufficio tecnico intercomunale, il Municipio ha affidato
l’incarico di tecnico comunale al Sig. Daniele Bianchini. Il Municipio dà il
benvenuto al suo nuovo collaboratore e ricorda alla popolazione che il tecnico comunale è a disposizione dell’utenza per tutte le questioni riguardanti
l’edilizia privata il lunedì dalle ore 09.30 alle ore 11.30 e il giovedì dalle ore
16.30 alle ore 18.30.
I recapiti dell’ufficio tecnico sono i seguenti:
Tel. 091 755 10 43 / Fax 091 755 10 42
email [email protected]
Incontro con i 18enni
Venerdì 16 novembre il Municipio ha incontrato presso la cancelleria i 18enni della Lavizzara.
Nel corso della breve e semplice cerimonia,il sindaco Michele Rotanzi, accogliendoli ha espresso parole di benvenuto ricordando
l’importanza di una partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e politica e ribadendo il ruolo determinante che essi hanno
per la crescita e lo sviluppo della nostra regione. Ha inoltre sottolineato l’importanza del raggiungimento della maggiore età e
dell’entrata a pieno titolo nel mondo politico con l’acquisizione dei
diritti civici, esprimendo infine l’auspicio che i giovani mantengano
radici saldamente attaccate alla loro terra perché ciò rappresenta
la migliore garanzia per il futuro del Comune.
Ristampa “Dove nascono i fiumi”
Su iniziativa di Germano Mattei / MontagnaViva, per il Natale
prossimo, è prevista la ristampa del romanzo di Giuseppe Zoppi
“Dove nascono i fiumi”, pubblicato nel 1949 e ristampato nel
1959 (ed. Vallecchi Firenze)
Per degnamente ricordare la figura e l’opera dello scrittore e poeta di Broglio, a sessant'anni dalla sua scomparsa, il volume viene
riproposto, con un'appendice di foto e testi inediti, all'attenzione
del pubblico e offerto al prezzo di fr. 38.– / fr. 30.– se ordinato
entro il 30.12 (+ spese di spedizione) sottoscrizione a MontagnaViva, CP. 24, 6690 Cavergno
"torno a vivere, nel ricordo e nella realtà, la vita umile, rozza, disprezzata, che condussi da fanciullo..."
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Uscita al Ballenberg, 13 ottobre 2012
Per festeggiare i 60 anni di attività della Pro Menzonio e i 15 della Pro Brontallo, i comitati delle due associazioni hanno proposto ai rispettivi soci una visita al museo all’aperto del Ballenberg tenutasi lo scorso 13 ottobre. L’ampia adesione – i partecipanti sono stati quasi un centinaio – testimonia
l’attaccamento alle Pro locali e l’apprezzamento per il loro operato, ma è anche un segno di fiducia che le
incoraggia a proseguire il loro impegno e la loro collaborazione per realizzare altre iniziative di carattere
sociale e non solo a favore di entrambe le comunità. La giornata, fredda ma asciutta, si è conclusa con
una gustosa cena in compagnia al Caseificio di Airolo. Esperienza sicuramente da ripetere!
Nuovo logo per l’Assemblea dei Genitori
dell’Istituto Scolastico di Lavizzara
Negli scorsi mesi abbiamo indetto un concorso tra gli allievi del nostro
Istituto Scolastico per creare un logo per la nostra Assemblea che finora
ne era sprovvista. Grazie all’ottima collaborazione con le docenti hanno
potuto partecipare tutti gli allievi sia della scuola dell’infanzia che della
scuola elementare. Sono stati tutti molto bravi ed ognuno di loro ha ricevuto un piccolo omaggio quale ringraziamento per l’impegno dimostrato.
Una giuria esterna ha poi scelto il lavoro realizzato da Michela Patocchi,
scuola elementare, come rappresentativo dell’attività dell’Assemblea.
Complimenti ancora a Michela e a tutti coloro che hanno partecipato con
molte idee ed entusiasmo!
Scrittori Lavizzaresi agli onori ...
Si può ben dire che la Lavizzara è terra di scrittori visto i successi
ottenuti in due diversi concorsi letterari.
Nel primo, per il premio letterario Valle Vigezzo -“Salviamo la montagna”, nella sezione narrativa ha ottenuto il 3° premio Cristiana
Vedova con il racconto “In bianco e nero e verde silenzioso” pubblicato a pagina 22. Menzione di merito a Mina Patocchi con il suo
scritto “Badolesc”, pubblicato sul numero 18 di luglio, come pure a
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Marilena Anzini-Caccia con il racconto “La montagna molle”. Segnaliamo in oltre il primo premio ottenuto da Flavio Zappa nella sezione saggistica il quale ha presentato uno studio sull’inventario e sulla
valorizzazione del patrimonio etnografico della valle Verzasca, in corso di esecuzione nell’ambito del
programma della Fondazione Valle Verzasca,
Il giovane Noah Biadici si è per contro aggiudicato il primo premio al concorso letterario Angelo Casè
organizzato dal comune di Maggia, nella sezione ragazzi di 4 e 5 elementare con il racconto “La mia
amica Matilde” pubblicato a pagina 10. Complimenti a tutti da parte della redazione
Nuovo comitato di redazione del Bollettino informativo
Il Municipio coglie l’occasione per ringraziare i nuovi redattori che hanno preso il posto dei membri del
vecchio comitato che per ben otto anni ha curato l’allestimento del Bollettino comunale. Senza l’apporto
di forze nuove, spinte dalla volontà di garantire anche in futuro l’uscita della pubblicazione semestrale
dedicata al nostro Comune questo numero non avrebbe visto la luce. Auguriamo ai nuovi redattori che il
loro impegno sia ripagato da molte soddisfazioni e dall’apprezzamento da parte della popolazione.
Contributi editoriali da parte di enti ed associazioni
Uno degli obiettivi del bollettino informativo è quello di illustrare alla popolazione in maniera esaustiva le
varie attività che vengono svolte nel nostro comune a favore della collettività e di segnalare le numerose
iniziative che caratterizzano la vita sociale e culturale della Lavizzara. Per questo motivo il Municipio ed il
comitato di redazione invitano gli enti e le associazioni a volerci inviare dei contributi scritti sulla propria
attività, specialmente in occasione di eventi particolarmente significativi (cerimonie di inaugurazione,
progetti di particolare interesse, passeggiate, ecc.).
Per motivi organizzativi è auspicabile che gli articoli vengano spediti in forma digitale tramite posta elettronica all’indirizzo mail [email protected]. A carattere indicativo segnaliamo che per essere pubblicati sul numero edito in giugno, i contributi devono pervenire alla Cancelleria comunale entro la fine di maggio, mentre
per apparire sul bollettino di dicembre il termine ultimo per l’invio è fissato per la fine di novembre.
Chiusura uffici elettorali dislocati per le votazioni federali e cantonali
Dopo l’introduzione del voto per corrispondenza generalizzato, l’affluenza ai seggi per le votazioni cantonali e federali si è ridotta in maniera drastica. In questa nuova situazione non si giustificano ormai più i
costi (spese per il riscaldamento, per le indennità di presenza, ecc.) e l’impegno richiesto a circa una
quindicina di persone che sono necessari per garantire il funzionamento dei sette uffici elettorali attualmente esistenti. Per questo motivo il Municipio ha deciso che, a partire dal 1° gennaio 2013, in occasione delle votazioni federali e cantonali verrà aperto solo l’ufficio elettorale centrale di Prato con i
seguenti orari:
• venerdì dalle ore 17.00 alle ore 19.00
• domenica dalle ore 10.00 alle ore 12.00
Si ricorda che tutti i cittadini potranno usufruire del seggio di Prato nel caso non vogliano far capo al
voto per corrispondenza.
Per quanto riguarda le votazioni comunali e le elezioni comunali, cantonali e federali, la situazione
rimarrà invece immutata, nel senso che saranno mantenuti i sette uffici elettorali attualmente esistenti.
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Sabato 11 agosto 2012 ...
... il sogno è diventato realtà!
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Fotografie di Mina Patocchi
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Orario S. Messe domenicali
DAL 1° DICEMBRE È ENTRATO IN VIGORE IL NUOVO ORARIO
Comune di LavizzaraSabato e vigilie
Fusio
Brontallo
Broglio ore 17.30
ore 19.00
ore 19.00
Comune di LavizzaraDomenica
Menzonio
S. Carlo v. di Peccia 1a - 3a - 5a domenica
Peccia
2a - 4a domenica
Sornico
1a - 3a - 5a domenica
Prato
2a - 4a domenica
ore 09.00
ore 10.30
ore 10.30
ore 10.30
ore 10.30
S. MESSE FERIALI
Martedì
Broglio ore 09.00
Giovedì
Prato ore 09.00 (ogni 2 settimane)
Menzonio/Brontallo
ore 17.00
Venerdì
Fusio ore 17.00 (ogni 2 settimane)
Le Messe feriali a Peccia e a S. Carlo v. di Peccia sono sospese per l’inverno
Attività del potere legislativo
Il 14 dicembre si è riunito in seduta ordinaria per evadere il seguente ordine del giorno:
(le risoluzioni adottate dal legislativo sono pubblicate agli albi e sul sito internet)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13. Appello nominale.
Approvazione del verbale dell’ultima seduta.
Approvazione dei conti preventivi del Comune per l’anno 2013 (MM 14/2012), che prevedono spese per fr.
2'944'000.– (2012 fr. 2'950’000.–) e entrate per fr. 1'777’830.– (2012 fr. 1'817’900.–) con un fabbisogno da coprire mediante imposte di fr. 1'167’070.– (2012 fr.1'132’600.– ). Ratifica del moltiplicatore d’imposta per il 2013 al 95%.
Approvazione dei conti preventivi dell’Azienda comunale acqua potabile di Lavizzara per l’anno 2013 (MM
15/2012), che prevedono spese per fr. 219’100.– (2012 fr. 246’600.– ) ed entrate per fr. 231’600.– (2012
fr. 240’800.–).
Approvazione della variante di piano regolatore di Lavizzara, sezione Broglio, per la realizzazione della micro centrale Tomeo. (MM 16/2012)
Approvazione di un credito di fr. 23'000.– quale tassa di compensazione per la diminuzione dell’area forestale nell’ambito della variante di piano regolatore per la micro centrale Tomeo. (MM 17/2012)
Approvazione della variante di piano regolatore della sezione di Peccia in zona Cortignelli. (MM 18/2012)
Approvazione del nuovo statuto del Consorzio protezione civile regione Locarno e Vallemaggia. (MM
19/2012)
Approvazione del nuovo statuto del consorzio raccolta rifiuti di Vallemaggia. (MM 20/2012)
Nomina di un membro e di un supplente in seno al consiglio del Consorzio raccolta rifiuti.
Nomina di un membro e di un supplente nel Consorzio protezione civile regione Locarno e Vallemaggia.
Adesione al referendum dei comuni contro le modifiche della legge sull'organizzazione e la procedura in
materia di tutele e curatele.
Mozioni e interpellanze
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Informazioni dall’ufficio controllo abitanti (1° dicembre 2011– 30 novembre 2012)
Nascite
Ribeiro Costa Lucas
Saya
Traversi Evan
Bassetti 06 aprile 2012
28 giugno 2012 08 agosto 2012
di Hélder e Graca Do Carmo Brontallo
di Zuhad e Achim
Prato
di Ivana e Fabio
Fusio
Decessi (domiciliati nel comune)
Demartini Attilio
26.03.1922 – 15.01.2012Brontallo
Renzo
11.01.1942 – 05.03.2012 Piano di Peccia
Rossi Lina
11.04.1925 – 17.03.2012Peccia
Patocchi MorettiHanna24.05.1947 – 08.07.2012Sornico
CavalliArturo27.11.1954 – 30.07.2012Sornico
MatteiElvira 15.01.1921 – 08.08.2012 San Carlo
Entrano nella vita civica
Nicole
Mignami
Tiago
Ernst
Lisa
Fiori
Lorenzetti Devin
Dimas
Vedova
Davide
Donati
21.02.1994Prato
11.03.1994Sornico
20.08.1994Brontallo
13.09.1994Sornico
09.10.1994Prato
15.11.1994Broglio
Matrimoni
Wettstein Eveline - Vedova Damiano
Ruschetta Kyra - Cauzza Nicola
Ghizzardi Ivana - Bassetti Fabio
24.02.2012Peccia
25.05.2012Prato
29.05.2012Prato
Auguri a ……
Medici
Alma Roeschli Helena Pifferi Carlo
Donati Irma PastoriLuigi Giacomini Domenica Donati Aurelia Cadei Olga
Giulieri Gemma Conti Primo
Donati
Dante
Donati
Emidio
Mignami Ester
Donati
Emilio
CantoniPatrizio
Cadei
Francesco
Fanger
Alois
il 07 aprile 2013 il 26 dicembre 2012 il 20 maggio 2013 il 23 marzo 2013 il 12 agosto 2013 il 23 settembre 2013 il 27 aprile 2013 il 01 maggio 2013 il 10 giugno 2013 il 27 ottobre 2013 il 09 febbraio 2013 il 22 luglio 2013 il 21 agosto 2013 il 02 marzo 2013 il 17 marzo 2013 il 20 marzo 2013 il 13 settembre 2013 compie 99 anni
compie 97 anni
compie 97 anni
compie 96 anni
compie 96 anni
compie 96 anni
compie 95 anni
compie 94 anni
compie 94 anni
compie 93 anni
compie 91 anni
compie 91 anni
compie 91 anni
compie 90 anni
compie 90 anni
compie 90 anni
compie 90 anni
Popolazione domiciliata:575
abitanti
Iscritti nel catalogo elettorale:459
votanti
Hanno trasferito il loro domicilio nel nostro comune:25persone
Hanno trasferito il loro domicilio in un altro comune:13persone
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Gli umili “cicit” onorati sulla tavola
di Fausta Pezzoli - Vedova
Fra le varie tipicità culinarie, specificatamente invernali, tramandate da generazioni nelle Valli del Locarnese vi è la salsiccia di capra, più nota, in gergo, col
nome di cicit. Alimento assai umile, potremmo definirlo, ottenuto con le parti meno nobili della capra, ma
molto ricercato nei periodi di fine anno, tanto che, con
quasi matematica certezza, possiamo immaginare
che pressoché ogni famiglia della Lavizzara si organizzi almeno una cenetta invernale accanto al fuoco,
muniti di forchettoni, o di griglia, a far arrostire i cicit
sulla brace del camino. Salsicce che fanno pensare
alla convivialità, allo stare assieme, poiché molto
spesso si gustano in compagnia, fra amici, accompagnandoli con un buon bicchiere di vino rosso e, perché no, anche con qualche castagna abbrustolita. Di
quasi un rito si tratta, l’attesa con l’acquolina in bocca
mentre il grasso si scioglie facendo divampare la brace. Come noto, i cicit sono prodotti in autunno e consumati prevalentemente subito. È anche possibile
congelarli e allora saranno ottimi per le grigliate estive. Recentemente l’umile salsiccia di casa nostra è
assurta …all’onore della tavola con il riconoscimento
di prodotto di qualità e con l’ottenimento di un Presidio Slow Food Svizzera sostenuto anche da Coop
Svizzera. Il progetto Slow Food tutela piccole produzioni di nicchia realizzate secondo pratiche tradizionali. Il riferimento principale per la produzione dei cicit
va all’Associazione produttori di cicit delle Valli del
Locarnese. Il progetto mira a offrire al consumatore
la premessa per scegliere il prodotto originale composto di carne e sev di capra (nel dialetto locale sev
significa grasso e in passato veniva usato anche come combustibile per lumini) preparati nella Regione
Locarnese con carne di animali allevati in Ticino, evitando così la confusione con altri alimenti che nulla
hanno a che vedere con l’originale. Vi sono difatti in
commercio vari altri tipi di salsicce simili (pure ottime)
non confezionate però esclusivamente con carne di
capra, ma con l’aggiunta anche di carni miste. Nel
Locarnese sono una ventina gli imprenditori professionisti del settore, ma dato che anche molti privati li
preparano, diventa difficile stabilire il volume totale
della produzione. Si può però ipotizzare che complessivamente, a livello professionale, ne vengano confezionati annualmente una sessantina di quintali. Da
una capra si ottengono circa 7-8 chilogrammi di salsiccia. La storia dei cicit è strettamente legata a quella delle capre un tempo considerate le “vacche dei
poveri”. In quasi tutte le famiglie, a novembre, si organizzava la cosiddetta mazza minore, ossia la macellazione delle capre per la produzione dei cicit, la cui
provenienza si rifà a Cavergno, dove per decenni è rimasta in auge la tradizione di celebrarne la Festa il
giorno dell’Immacolata. L’idea di creare qualcosa di
tipico con la carne di capra sarebbe partita dalla famiglia di Giovanni Dadò già all’inizio del XX secolo, il
quale promosse la produzione in modo organizzato
per la vendita. Durante la stagione invernale, l’ideatore produceva i cicit con l’aiuto dei suoi sette figli e
persino di alcuni impiegati. Gli affari andavano così
bene che iniziò a comprare capre in tutta la vallata,
spingendosi fino a Locarno, arrivando a macellare fino a trenta capi al giorno. All’epoca della Prima Guerra Mondiale la “Dadolin” era una vera e propria
industria che commerciava anche nei cantoni di lingua tedesca e francese. Ne fa cenno, in un suo libro,
pure lo scrittore Plinio Martini, menzionando il profumo penetrante che si spargeva nell’ufficio postale
proveniente dai pacchi pieni di salsiccia nostrana
pronta per essere spedita in tutta la Svizzera.
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In Lavizzara riemerge la linògia
di Bruno Donati
Talvolta certe tracce sporadiche di vita arcaica riaf- dissuadere dall’avvicinarsi e tanto più dal perlustrafiorano da un passato lontanissimo nel tempo. Al- re questi posti, abitati e vegliati da un essere terribicune sembrano leggende grottesche che si le e crudele: la linògia, appunto.
fondano su paure profonde, su un mondo selvaggio Bastano due o tre generazioni per cancellare dalla
ora scomparso, su uno stato di povertà mentale e di memoria popolare usi, costumi e tradizioni trasmesignoranza. In realtà sono frammenti di vita e di civil- se oralmente. Non è quindi stato facile far riemertà remote che risalgogono ai tempi in
cui l’uomo era succube della natura, in
lotta contro le avversità di un mondo
sconosciuto e temuto. Tutte situazioni,
perdurate nei secoli, forse nei millenni,
tramontate pochi decenni fa, oggi
ignorate o ritenute assurde, addirittura
indegne dei nostri tempi.
Un po’ per caso e un po’ per gioco sono andato a rivangare tra i miei ricordi
di ragazzo: erano gli anni a metà Novecento, allorquando la civiltà contadina
di un tempo veniva travolta e cancellata dallo stravolgimento che sta alla base della società odierna.
I nostri villaggi erano costituiti da numerose famiglie legate alla terra, con
ragazzi e ragazze che scorazzavano in
tutti i luoghi dove si praticava la transumanza, dal fondovalle, ai monti, agli alpi. Ci si arrampicava sugli alberi e sulle
rocce, si correva sui prati, si misurava il
grado di paura e di coraggio allontanandosi dai luoghi famigliari, sfidando
gli anfratti sconosciuti e i corsi d’acqua, avvincenti e insidiosi. Si cresceva
all’aperto, liberi, e si maturava con il lavoro e con il gioco.
A casa nostra, oltre all’angelo custode,
a tenerci lontano dai pericoli, ci pensava la linògia, e così avveniva anche in
altri paesi dove le insidie non mancavano: dal fiume, alle gole, ai dirupi. Tutti
luoghi proibiti ai bambini, ma proprio
per questo ritenuti misteriosi e attraRiproduzioni di draghi tolte da un’opera del grande naturalista ed
enciclopedista John Johnston (1603-1675).
enti. Solo una grande paura poteva
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gere dalla memoria degli anziani vissuti in Lavizzara
il ricordo della linògia: molti ignorano il nome, altri
non sanno fornire indicazioni utili o attendibili, pochi, pochissimi, hanno saputo dare informazioni che
permettono di precisare luoghi, situazioni, immagini
ed emozioni. Affiora dall’oblio solo qualche punta di
iceberg, che lascia indovinare, almeno in parte,
quanto sta sotto la superficie e permette di dare
alcune risposte a degli interrogativi.
Dapprima, chi era e com’era la linògia? Era un mostro, un drago che viveva nascosto negli anfratti o
nei corsi d’acqua, sempre pronto ad afferrare il ragazzo curioso e disobbediente che si aggirava nei
luoghi proibiti, per poi trascinarlo nelle profondità e
divorarlo. L’aspetto mostruoso non è volutamente
mai descritto con precisione, perché è proprio l’indefinito che stimola la fantasia e accresce il sentimento di sgomento. Le apparenze dell’essere
misterioso variano a dipendenza dei luoghi e delle
persone: belve orribili a vedersi, esseri con fattezze
umane simili a streghe, animali assomiglianti a lon-
tre. A Menzonio, ma pure a Brione Verzasca, la linògia era immaginata come un animale o un
personaggio fantastico con un occhio solo in mezzo la fronte. Nessuno l’ha mai vista da vicino, qualcuno afferma però di averla osservata da lontano,
mentre nuotava rapidamente nella corrente, con la
schiena a filo d’acqua. Era sufficiente comunque
per provocare un repentino attacco di paura e per
fuggire a gambe levate.
I luoghi da cui stare alla larga non sono difficili da
immaginare, ma non sempre riaffiorano nella memoria di chi racconta. In Lavizzara sembra che questo essere spaventoso si fosse insediato solo nella
parte inferiore della Valle, tra Brontallo e Sornico. I
Brontallesi erano proprio i più sfortunati, avevano
infatti sul loro territorio ben tre posti presidiati dalla
linògia: la Capéla dala Várda, sul bordo del dirupo
che forma il terrazzo di Margonegia; le gole del fiume Maggia, nella zona sotto Brontallo; a Pianéll,
lungo le gole scavate dal Ri d Sernéll.
A Menzonio, due luoghi temibili: un primo spauracchio teneva lontano i bambini dal
fiume nel tratto che va dal Bosc’ásc
a Lanadásc e un secondo mostro
viveva rintanato nelle profondità
della cosiddetta Frígna dala Linògia
a Mogneo. Proprio in questo luogo
una donna, che da ragazza trascorreva l’estate a far fieno poco lontano, mi raccontò di aver giocato uno
scherzo alla linògia. Di nascosto dai
genitori, un pomeriggio, con il cuore in gola, aveva voluto esplorare la
cavità. Con ansia crescente si era
calata fino all’entrata dell’antro dove aveva scorto un piatto di ceramica sbrecciato, senza pensarci due
volte, lo aveva afferrato ed era fuggita terrorizzata dall’audacia del
suo gesto e con l’impressione di
essere seguita. Senza dire niente
ai genitori, aveva nascosto il piatto
in una stalla, dove è rimasto per
anni. Solo molto più tardi, divenuta
adulta, si era sentita fiera di aver
sfidato la linògia e, una volta tanto,
di averle giocato, proprio lei, un
Iconografia d’inizio Settecento tratta dall’opera di J.J. Scheuchzer e basata su
una testimonianza proveniente dalle Alpi grigionesi.
brutto tiro.
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Aldrovandi Ulisse (1522-1605), importante studioso del
Cinquecento, affronta con metodo scientifico anche misteri
inesplorati del mondo naturale.
A Broglio diverse creature cattive e furtive si nascondevano nel lungo tratto di fiume, allora ancora
gonfio d’acqua e impetuoso, con una corrente vorticosa e pozzi profondi. Questi erano gli ambienti
ideali per la linògia e qui stava di casa, quindi …
meglio mantenere le distanze.
A Prato e a Sornico, questa creatura sembra non
aver marcato molto l’immaginazione collettiva, infatti solo due persone ne ricordano vagamente il
nome, incapaci però di fornire alcun dettaglio. Da
Peccia in su è del tutto sconosciuta; non che i pericoli mancassero, in quei villaggi la paura ai bambini si inculcava con lo spauracchio della lüdria
(lontra) e della stría (strega), che vivevano pure
lungo il fiume.
Il risultato di questa breve indagine condotta in La-
vizzara è da considerare approssimativo, per
il numero sempre più ridotto di persone che
hanno vissuto queste tradizioni trasmesse
oralmente. Ci vuole poco per cancellare antiche usanze e credenze, molto diffuse e apparentemente ben radicate.
Il mondo fantastico, le realtà misteriose, gli
esseri sovrumani trovavano ampio spazio
nella cultura popolare, arricchendola con
leggende, favole e miti. Mostri, draghi, esseri
malvagi, sirene, ciclopi, fate e folletti hanno
accompagnato l’uomo da sempre, riempiendo mari e foreste, antri sotterranei e in grado
anche di popolare la volta celeste. Oggi più
nessuno ci crede: la razionalità ha sconfitto
almeno queste paure e la fine della tradizione orale sommerge tutto nell’oblio. Eppure
non è così lontano il tempo in cui tutto questo patrimonio fantastico faceva parte della
nostra cultura.
Ancora all’inizio del Settecento draghi e mostri erano ritenuti esseri reali. Se ne ha la
prova sfogliando, ad esempio, un’opera di un
grande naturalista svizzero, Johann Jacob
Scheuchzer (1672-1733), che nel suo fondamentale libro scientifico, dal titolo “Itinera per
Helvetiae Alpinas Regiones”, oltre a tracciare
una prima ricognizione meteorologica, geologica, mineralogica, botanica e zoologica
delle Alpi, descrive e illustra tutta una serie di
animali mostruosi, suddividendoli in categorie, sulla base di testimonianze e di documenti molto dettagliati. L’avvento delle scienze
moderne e la diffusione dell’Illuminismo non cancellano tutto d’uno colpo consuetudini e usanze
antichissime.
La linògia, presente in alcuni villaggi delle valli ticinesi (ad esempio a Gordevio, Brione e Gerra Verzasca, Gnosca), resta viva in Lavizzara molto a lungo,
fino a circa metà del secolo scorso.
Questa breve descrizione è stata resa possibile attingendo dall’archivio della memoria di una quindicina di Lavizzaresi, sia quelli spaventati e protetti da
bambini dalla linògia, come pure da quelli salvaguardati da altri spauracchi analoghi. Lo scritto che
ne è nato è stimolante, ma non come i racconti dei
nonni, quando ancora incantavano i bambini con
storie e racconti tramandati di bocca in bocca.
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In bianco e nero e verde silenzioso
di Cristiana Vedova
3° Premio al concorso letterario “Salviamo la Montagna” della Valle Vigezzo
Dedicato al nonno
E a tutti gli umili come lui
Che sono ancora la maggior parte delle anime di questo mondo
Freddo, e vento che s’infila agile tra le pietre e le
piode del tetto, tra le cuciture dei vestiti, vento insistente, instancabile, indiscreto che ci schiaffa di
gelide sberle, che fanno male.
Staremo qui solo per una notte. Un’inattesa nevicata venuta a soffocare troppo presto la calda veste autunnale che ancora la montagna sfoggiava
ci ha spinti quassù. A cercare le nostre capre che,
come sospettavamo, si son fatte sorprendere. Sono rimaste in cresta, e non scendono. Diffidano.
Rispondono ai nostri richiami, ma non si muovono.
Guardo su col binocolo, le vedo, ci guardano, ci
chiedono di salire. Tiriamo un sospiro di sollievo.
Avremmo voluto poterle toccare, poterci riempire i
polmoni del loro inconfondibile odore, poter tornare a valle subito, insieme, poterci mettere tutti al
sicuro, ma dobbiamo aspettare. Domattina ci toccherà aprirci la strada e salire fino a loro. Preghiamo, a modo nostro preghiamo che la montagna,
ancora una volta, ci conceda questo incontro.
La montagna che oggi appare prepotentemente
alta, imbronciata e inospitale. Ci tocca rispettarla
comunque, inchinarci umilmente, avere pazienza.
Anche la misera e rugosa cascina ci sembra più
cupa e introversa del solito. E pensare che il nonno, e intere generazioni di contadini di valle prima
di lui, quassù ci hanno spremuto la vita. Han sopportato, col bello e col brutto tempo. Hanno tenuto
duro a stare ben aggrappati alla terra, e alle rocce
per sopravvivere.
Nel sottile biancore di questo pomeriggio d’autunno ancora si diffonde, a distanza di tanti anni, l’odore acre della fatica, del sudore di chi prima di noi
ha impregnato di vita questi luoghi inconsueti,
unici. Gente e animali che si sono forgiati il carattere tenendo dietro agli alti e bassi di questa silen-
ziosa Maestà. Gente che ha imparato il suo muto
linguaggio, per farcela. Gente impoverita dalle fatiche, ma ricca d’animo. Gente che mi porto nel
cuore.
Il fuoco che ai tempi ardeva instancabile, risorge
lento nell’angolo spargendo tenue luce nel buio
della spartana cascina. È un fuoco timido, riservato che riesce appena a scaldarci l’anima, non il
corpo. È un fuoco anziano, pieno di storie, di ricordi. Ricordi sedimentati e incrostati dal tempo che
piano piano col tepore delle esili fiamme riprendono a vivere. Immagini lontane cominciano a scorrerci dentro, nel sangue, a far vibrare le vene e il
cuore.
In silenzio prendo a vagare in quel mondo passato,
fatto di quegli attimi speciali che ogni mente ripone in uno scrigno, al sicuro, per dar loro quella durevolezza senza fine che è solo dell’anima.
Rivedo il nonno. Vecchietto ingobbito dalle fatiche,
rugoso e screpolato dal clima severo, omino pietroso, introverso, selvatico come questa montagna, ma dal fiato sereno. Il suo vecchio volto
allargava sorrisi e gioia di vivere. Di rado portava il
grugno del brutto tempo. Mi appare nitido quel viso decorato di fonde vallate dove lacrime e paure
filavano diritte come i fiumi nelle gole, senza far
danno ai pascoli.
Era natura lui, allo stato puro; una maglia di cotone
grezzo un po’ tarlato, ma ancora ben fissata su
quell’intelaiatura di montagne, a dar trama ad un
tessuto grossolano fatto di valli strette e pascoli
impervi e rocce a strapiombo, e praticelli stesi qua
e là tra boschi e sassaie. Io, seppur molto giovane,
ero già inquinata da una parte di sintetico, stoffa
artificiale troppo indigesta che quando ci sudi
dentro puzza, e che ai tarli non piace.
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Testarda e ribelle come son sempre stata, già da
bambina rifiutavo quegli abiti artificiali che tutti
tentavano di buttarmi addosso per darmi sembianza di brava bambina composta ed educata.
Cercavo la fuga quassù, per spogliarmi di tutto, e
tirar fuori di tasca il vero profumo col quale son
venuta al mondo, e lasciare che si diffondesse,
senza paura.
Ci passavo settimane, forse mesi col nonno, da
bambina e da ragazzina, senza soffrirci, godendo
anzi di quella vita primitiva, cruda, totalmente autentica, e di quel tempo non segnato da lancette.
Passavamo giornate di poche parole e di tanto fare. L’ho imparato in fretta che con lui meglio star
zitti, o quasi. Parlare serviva, ma solo in caso di bisogno. Con gli animali ci si capisce a sguardi, a
gesti, con la montagna ci vuole fiuto, intuito. Tra di
noi funzionava allo stesso modo.
Il nonno parlava con gli occhi e con le mani. Con le
mani carezzava e bestemmiava e ammoniva.
Le tenevo sempre d’occhio quelle vecchie mani
contorte come rami di castagno, anche le capre le
tenevano d’occhio. Erano mani severe, ma buone
e capaci di fare. Erano mani che mai han conosciuto tepore di tasca.
Tante immagini di quelle mani iniziano il loro ballo
sulle fiamme del fuoco che stenta a riprendere
voglia di vivere.
Mani tremolanti che tengono ben ferma la caldaia
del latte, mani pazienti che scortecciano rami di
nocciolo, mani delicate che intrecciano cesti e
gerli, mani dolci che mungono, mani forti che annodano fagotti di fieno da spedire a valle, per l’inverno. Mani che solo nella bara ho visto sgonfie,
flaccide, e goffamente incrociate sull’unico abito
della festa ancora nuovo; roccia sfaldata rimessa
insieme da altre mani, per l’ultimo saluto.
D’un tratto a quel visibilio di mani che affolla la mia
mente si sovrappone un’immagine lontana che
tanto m’è rimasta impressa. Era tempo di parti per
le capre, tempo di stare chiuse in stalla, da essere
sempre sott’occhio. Quel giorno avevo corso lungo il sentiero che porta alla stalla con in mano la
speranza di poter salutare per prima qualche nuovo nato. Aprendo il portone rimasi di sasso davanti
alla scena che mi si presentò: la Stellina, capretta
nata un paio di giorni prima, dormiva serena sulla
pancia della sua vecchia mamma morta.
Quel condensato di esistenza steso sullo strame
inondò il mio essere bambina di sentimenti opposti di dolore e gioia e rabbia e tenerezza e sollievo
e sconforto. Una specie di consapevolezza della
semplicità dell’iniziare e del finire s’infilò nella mia
giovane mente sgretolando quella sensazione
d’immortalità con cui fino ad allora avevo interpretato la vita.
Da quel giorno fui io a prendermi cura della Stellina. Adoravo occuparmi degli orfanelli o degli animali malati, godevo nel sentirmi mamma e
impastarmi con loro fino a creare un amalgama
dolce, mielosa, da mettere in vasetti e farne la mia
scorta di tenerezza e coccole.
“Che ore sono?”
La voce di Michele arriva a smorzare di colpo il silenzio e il mio volteggiare tra stagioni passate.
“Le sei.”
È l’ora di pensare alla cena.
Esco a sfidare il vento freddo che continua a soffiare per andare al ruscello a prendere l’acqua per
la pasta.
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno sarei tornata
quassù per cercare le mie capre.
In questo luogo dove la vita è ancora oggi un film
in bianco e nero spezzato solo dal verde silenzioso
dei pascoli. Quassù dove tutto continua a muoversi al lento ritmo del battito del cuore della Terra. È
cambiato così poco questo angolo di mondo.
Anche Achille è ancora lì tale e quale nella sua
fissità, con le stesse striature nere verticali perfettamente tracciate da farlo sembrare un’enorme
zebra imbalsamata. Per tutti questi anni e chissà
per quanti ancora a proteggere la cascina dalle
valanghe e dalle frane. Ci salivo spesso da bambina, era il mio pulpito. Da lì sopra contavo le capre e
mi sfogavo svuotandomi di parole tenute dentro, di
pensieri vogliosi di libertà. Spargevo su sassi e bestie lunghi discorsi, monologhi inascoltati, ragioni
indiscusse. A volte mi ci sdraiavo come fanno tutti
i bambini a guardare dinosauri trasformarsi in lepri
o tartarughe, a plasmare fantasie sotto l’interminabile cartone animato regalato dal moto delle
nubi. Oppure ammiravo la cima, quel cucuzzolo
che per noi non era meta da calpestare con scarpe da escursionista, ma corona intoccabile, da
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guardare dal basso, con l’umiltà del servo verso il
padrone.
Prendo l’acqua e mi siedo su un sasso scolpito di
tante iniziali che percorro con le dita.
Ho voglia di immergermi nella purezza di questo
crepuscolo che lentamente sfuma i colori.
Terra rocce cielo nebbia pensieri freddo si fondono in un morbido impasto e lo sguardo s’infila tra
le stelle che già punteggiano il cielo, in cerca di
infinito. Per un interminabile attimo mi cancello,
sfuggo alla mia forma, sfumo nel vento gelido.
Senza freddo, senza paura.
È la magia della notte in alta montagna che sempre mi travolge, anche stasera che la montagna è
di cattivo umore.
La ringrazio anche per questo broncio che risve-
glia in me ogni parte del corpo e dello spirito, che
mi fa sentire di esistere con forza.
Montagna è madre
Rispetto
Spiritualità
Amore
Montagna è dolce calore di grembo
Montagna è crudezza di schiaffo.
È perfezione di Paradiso
e d’Inferno.
Torno dentro a mettere l’acqua sul fuoco, che ora
scoppietta vivace, contento di poter essere utile
ancora.
AV VISO
Durante il periodo delle festività la cancelleria rimarrà chiusa
dal 22 dicembre 2012 al 4 gennaio 2013 compresi.
Per casi urgenti rivolgersi al sindaco 091 755 13 22 o al vicesindaco 091 755 13 59
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Curiosità... il picchio “domestico”
di Fausta Pezzoli - Vedova
Lo scorso mese di novembre un bell’esemplare di
picchio rosso maggiore ha deciso di preparare il nido nel quale, a primavera, la sua compagna potrà
deporre le uova. Niente di strano in tutto questo, se
non ché la dimora, il nostro picchio l’ha scavata
dentro un palo della luce ubicato sul ciglio della
strada e in mezzo alle case. Incurante dei bambini
che giocano tutt’attorno e delle auto in transito o
che posteggiano proprio ai piedi del suo traliccio,
giorno dopo giorno, per varie ore, specialmente di
mattina, il picchio rosso ha continuato nel suo lavoro, portando a termine un rifugio di tutto rispetto
dalla forma di una bella e grossa pera. E’ vero, la
natura ha le sue leggi, ma a noi viene da pensare
che quest’esemplare di picchio si sia detto: «Io alla
profezia dei Maya, che prevedono catastrofici eventi per quest’inverno, non ci credo mica poi tanto,
però non si sa mai... Per cui meglio posizionarmi in
mezzo agli umani, che per male che vada a Natale
qualche briciola me la troverò e magari anche un rifugio in gronda vicino ad un camino dove esce un
filo di caldo».
Quando si dice previdenza... Scherzi a parte, vedere
da vicino il picchio al lavoro è impressionante, ci da
dentro alla grande, ostinato con i suoi pik pik e a
volte sputa i resti di legno. I primi giorni quando
qualcuno si avvicinava si allontanava nascondendosi fa i rami dell’albero accanto, ma poi, si è abituato
e ora, tutt’al più si ferma, storta la testolina a guardare e poi ricomincia daccapo pik, pik... Non so se a
primavera il palo diverrà l’abitazione della famigliola
- ogni tanto arriva di sfuggita un altro picchio, probabilmente la femmina – staremo a vedere e semmai continueremo la love story sul prossimo numero
del bollettino. Mi piace terminare con alcune informazioni tolte da Internet. Il picchio rosso maggiore
(Dendrocopos major; Linnaeus, 1758) è un uccello
di dimensioni medio - piccole appartenente all'ordine dei Piciformi. Le sue dimensioni variano da una
lunghezza di 21-26 centimetri con un’apertura alare
attorno ai 42-43 centimetri. Maschio e la femmina
hanno una livrea molto simile, bianca e nera con
sottocoda rosso. Il maschio si differenzia per la
macchia rossa presente sulla nuca (come nel nostro caso). I giovani si riconoscono per avere tutta la
sommità del capo rossa.
Nidifica in cavità, di solito scavate nel tronco o in un
grosso ramo di un albero, ... o in un palo. Si tratta di
una specie solitaria. Si può facilmente osservare
mentre si alimenta sugli alberi, in particolare quando
emette il caratteristico grido di allarme, una specie
di "keek" forte, oppure quando tamburella con il
becco sui tronchi o sui rami cavi per delimitare il territorio. Se si accorge di essere osservato, può nascondersi tra i rami o dietro al tronco dell'albero. Il
volo è tipicamente molto ondulato. Si nutre d’insetti
xilofagi che cattura infilando la lunga lingua nelle
gallerie scavate nel legno con il becco, ma gradisce
anche le formiche; in autunno la sua dieta è composta anche di semi e frutti, quali bacche e ghiande,
che accumula nel nido e (aggiungiamo noi) a Natale
non disdegna neppure anche dei pinoli...
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7 ottobre 2012, camminata popolare...
... sentiero della Lavizzara
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Fotografie di Fabiana Domenighini, Mina Patocchi e Lara Dazio
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Manifestazioni invernali
SCI CLUB LAVIZZARA
CALENDARIO LITURGICO NATALIZIO
Peccia, Ristorante Medici
Venerdì 4 gennaio 2013, ore 20.30
TOMBOLA DELL’EPIFANIA
Lunedì 24 dicembre 2012
ore 22.00
Sornico
ore 24.00 Cevio
Mogno
Domenica 20 gennaio 2013
KIDS RACE OFIMA
Gara amatoriale di sci per bambini dai 4 ai 12 anni
NATALE DEL SIGNORE
Sabato 26 gennaio 2013
2° GARA NOTTURNA in coll. SC Bassa Valle Maggia
Domenica 17 febbraio 2013
GARA CANTONALE SCI DI FONDO
Sabato 23 febbraio 2013
5° MEMORIAL SPEEDY ore 17.00
SOCIETÀ PATTINAGGIO LAVIZZARA
Martedì 25 dicembre 2012
Fusio
ore 09.00
ore 09.00
Menzonio
Broglio
ore 10.30
Brontallo
ore 10.30
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ
GIUSEPPE E MARIA
Sornico
Venerdì 8 e sabato 9 Marzo 2013
TORNEO DI CHIUSURA
Sabato 29 dicembre 2012
ore 17.30
Fusio
ore 19.00
Brontallo
ore 19.00
Broglio
Sornico
Domenica 10 marzo 2013
SPETTACOLO DI CHIUSURA DEL GRUPPO
DI PATTINAGGIO ARTISTICO LAVIZZARA
Domenica 30 dicembre 2012
ore 09.00
Menzonio
ore 10.30
Peccia
ore 10.30
Prato
e
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l
a
t
a
N
Buon no Nuovo
Felice An