Socrates. L`irregolare del pallone

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Socrates. L`irregolare del pallone
UFFICIO STAMPA
ROSI FONTANA
PRESS & PUBLIC RELATIONS
[FIRENZE.REPUBBLICA.IT – 13 MARZO 2016]
GIANLUCA MONASTRA
PER UN uomo che non amava i ricordi, essere celebrato da libri e documentari può sembrare il più beffardo
dei paradossi. Ma con Socrates è normale che tutto sia paradossale, insolito. Semplicemente diverso. Lo
conferma già dal titolo anche l'ultimo libro (" Socrates, l'irregolare del pallone", a cura di Pippo Russo, Edizioni
Clichy), ennesimo ma essenziale capitolo della lunga celebrazione di un calciatore che nessuno pare aver
voglia di dimenticare.
Pensandoci bene, non è che un altro paradosso. Nella sua carriera, Socrates non ha vinto molto ed è
ricordato più per le sconfitte che le vittorie. A cominciare dai mondiali. Il primo nel 1982 in Spagna, quando
era capitano di un Brasile formidabile e irripetibile, nove fuoriclasse assoluti più un portiere mediocre (come
quasi tutti i portieri del Brasile del ‘900) e un centravanti improponibile. Nove fuoriclasse che danzarono su e
giù per i caldi campi spagnoli travolgendo qualsiasi avversario fino ad andare a sbattere contro la solida Italia
di Bearzot. In quella partita al Sarrià di Barcellona, Socrates aveva pure segnato un gol splendido e inutile, e
questo - in un certo senso - non fa che amplificarne il ruolo di perdente. Ruolo ribadito quattro anni dopo, in
Messico, quando il Brasile viene eliminato ai rigori dalla Francia di Platini, dopo una partita bella per il mondo,
maledetta per i brasiliani: a cominciare da lui, Socrates, che sbaglia pure un rigore prima di lasciare il campo
con quell'indolenza malinconica che lo ha accompagnato per tutta la carriera. Un'altra sconfitta matura
sempre negli anni Ottanta, tra un Mondiale e l'altro, in Europa, in Italia. A Firenze. Socrates arriva nell'84 e
con la maglia viola gioca una stagione positiva nei numeri (sei gol in venticinque partite: il bomber della
squadra quell'anno, Monelli, aveva segnato solo un gol più di lui) ma dimenticabile nel giudizio complessivo.
Pochi sorrisi, tante incomprensioni, l'inevitabile nostalgia da brasiliano e un addio consumato nell'indifferenza,
come una meteora qualsiasi. Eppure, malgrado le sconfitte e i fallimenti, malgrado la bacheca personale
senza troppi trofei, Socrates col passare del tempo guadagna fascino e la storicizzazione del suo
personaggio lo elegge a impareggiabile outsider: quello che è sempre stato. Un irregolare (appunto) in un
mondo conformista come solo il calcio sa essere. Uno che beveva birra gelata negli spogliatoi e fumava come
un poeta da taverna, leggeva Marx e Gramsci in ritiro, inventava nel Brasile dei dittatori una squadra gestita
dai giocatori e colpiva di tacco palla e convenzioni con lo stesso sfacciato,inconsapevole talento. Colpo di
tacco che padroneggiava come nessun altro e con il quale avrebbe spazzato via la retorica che adesso
rischia di tampinarlo. Chissà come avrebbe reagito lui, Socrates, alle parole scritte, alle celebrazioni. Lui
voleva solo morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il campionato. Proprio ciò che è
successo domenica 4 dicembre 2011.
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Un irregolare in un pianeta conformista come solo il calcio sa essere: fumava, leggeva Gramsci, sfidò la
dittatura nel suo Paese
SOCRATES -L'IRREGOLARE DEL PALLONE a cura di Pippo Russo EDIZIONI CLICHY, PP. 116, EURO
7,90
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