"Schola italica". - Grande Oriente Egizio di Memphis e Misraim
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"Schola italica". - Grande Oriente Egizio di Memphis e Misraim
SOVRANO SANTUARIO D’ITALIA DEI RITI UNITI LA RIVISTA DELL' ORDINE DEI RITI UNITI DI MEMPHIS E MISRAIM Martinez de Pasqually e l’Ordine degli Eletti Cohen la schola italica di arturo reghini [NOTA EDITORIALE] Sommario Nota editoriale e Aggiornamenti Fr.·. Leuviah - Novizio I Grado Ermetico pag 3 Dei Risvegli Il Gran Hyerophante e Gran Maestro Ser.·.Fr.·. Akira pag 7 Martinez de Pasqually e l’Ordine degli Eletti Cohen Il Sostituto Gran Hyerophante e Gran Maestro Aggiunto Fr.·. Purusha pag 9 Arturo Reghini e la Schola Italica Fr.·.Orfeo - Scozzese della Volta Sacra di Giacomo VI pag 18 La Morte e il Quarto Cavaliere Fr.·. Aquileius - Novizio I Grado Ermetico pag 27 Sansone o Sun-Son Fr.·. AmmAGAmmA - Grande Pontefice pag 30 HORUS - Quaderni di studio aperiodici del Sovrano Santuario d’Italia dei Riti Uniti N. 3 A∴ L∴ E∴ 3307 Direttore responsabile: Fr∴ Leuviah Progetto grafico e impaginazione: Claudio Cucina 2 Collaborazioni con Horus: I Fratelli interessati a pubblicare i loro contributi possono scrivere a questo indirizzo: [email protected] La direzione di HORUS si riserva ogni valutazione in merito, sentito il Sovrano Santuario. HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti ’A.·.M.·. che si è appena concluso è stato molto intenso per il Lavoro che è stato portato avanti dalla Gran Loggia d’Italia dei Riti Confederati e dall’O.·. R.·. U.·. M.·. M.·.. La Gran Loggia ha visto crescere le proprie Officine azzurre, mentre per i membri del Rito, con le prime ordinazioni e ed iniziazioni, sono state attivate le linee gnostiche e cohen. Inoltre è continuata la fruttuosa collaborazione con la casa editrice Tipheret e i membri del N.·. V.·. O.·.. Questo nuovo numero di Horus è una testimonianza del lavoro svolto quest’anno: il Serenissimo Gran Hyerophante e Gran Maestro Fr.·.Akira introduce il tema del risveglio dell’ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen in seno al nostro Ordine e si continua con un estratto del libro “La Società degli Indipendenti”, opera del Sostituto Gran Hyerophante e Gran Maestro Aggiunto Fr.·. Purusha, in cui viene magistralmente tratteggiata la storia dell’Oridne Cohen fondato da Martinez De Pasqually. Il Fr.·.Orfeo ci presenta un'interessante panoramica sulla vita e il pensiero di Arturo Reghini, massone, pitagorico e ed esponente di spicco della cosiddetta “Schola Italica”, esperienza e consesso esoterico che a distanza di tempo è per il N.·. V.·. O.·. un importante punto di riferimento per il Lavoro massonico e l’operatività. In questo numero troviamo anche un approfondimento su un grado della nostra scala del Rito: il Fr.·. Aquileius ci presenta infatti Il Serenissimo Gran Hyerophante e Gran Maestro Fr.·. Akira una riflessione sulla Morte e sul con propri decreti, e facendo seguito al protocollo d'intesa sotQuarto Cavaliere dell’Apocalisse, toscritto con l'Ordine degli Eletti Cohen ha attivato le Camere elementi pregnanti nella leggenda e capitolari della classe del Portico, del Tempio e del Santuario. nel simbolismo del grado joannita Queste camere permetteranno ai Fratelli dotati delle necessarie del Cavaliere d’Oriente, 47° della qualificazioni di avvicinarsi all'operatività teurgica, sempre nostra Scala di Perfezione. con l’intento di fornire una scala di iniziatica omogenea e comIl numero si conclude con pleta agli Uomini di Desiderio del Nostro Venerabile Ordine. un’indagine a firma del Fr.·. AmmAGAmmA su Sansone e gli inContinua a crescere la nostra Comunione: sono state consaflussi del culto solare nel mondo crate nel 2015 le nuove Logge di Roma, Napoli e Pescara, e sotgiudaico e in altre civiltà e religioni. toscritti i trattati d'amicizia con la Gran Loggia Regolare di Serbia e con la Gran Loggia di Catalogna: questi riconosciFr.·. Leuviah menti consolidano la crescita dei rapporti internazionali della Novizio I Grado Ermetico nostra Comunione e ne rafforzano la reputazione. Aggiornamenti n.3 - luglio 2015 | HORUS 3 in libreria LA SOCIETÀ DEGLI INDIPENDENTI Essenza del Martinismo Purusha Tipheret Edizioni 2015 Reintegrazione, Riparatore, Uomo di Desiderio: sono termini entrati nel vocabolario di diverse realtà iniziatiche, ma pochi conoscono il pensiero di colui che a questi concetti ha dedicato la vita. Il gentiluomo francese Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), che pubblicò le sue opere con lo pseudonimo di "Filosofo Incognito", è tuttora misconosciuto tra chi si occupa di spiritualità. Sorprende che fra costoro vi siano anche membri dell'Ordine Martinista, che fu fondato durante la belle époque dall'occultista Gérard Encausse detto "Papus" (18651916); l'idea era quella di promuovere le scienze occulte occidentali contro l'avanzare del materialismo e dell'ateismo. Tuttavia, nella genuina ricerca di una sintesi tra Tarocchi, Qabalah, Alchimia, Ermetismo etc., gli Ordini Martinisti hanno spesso perso di vista la loro stessa tradizione. LA TRADIZIONE MASSONICA SOLARE Akira Tipheret Edizioni 2015 La Massoneria italiana, come è noto, è da sempre attraversata al suo interno da molteplici correnti di pensiero e di lavoro: troviamo infatti rappresentate nel nostro Paese tanto la Libera Muratorìa anglosassone quanto quella di derivazione francese. Così è anche per i Riti di perfezione, tutti egualmente presenti nelle diverse Obbedienze, pur con una netta prevalenza del Rito Scozzese Antico e Accettato. Eppure, nonostante la compresenza di due scuole massoniche di consolidato prestigio e largamente affermate, in Italia di schola ve n'è una terza, tenacemente sopravvissuta nei secoli. Il riferimento è alla cosiddetta schola italica, che pur numericamente minoritaria, ha custodito il Fuoco Sacro dei Misteri mediterranei di derivazione egitto-greca, del pitagorismo e della Via romana: questo autentico athanor esoterico è altresì definito “Tradizione massonica solare” nella pubblicistica liberomuratoria e questo studio vuole essere una documentata introduzione. 4 HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti LE ISTRUZIONI DI LIONE Jean Baptiste Willermorz a cura di Mauro Cascio con prefazione di Federico Pignatelli Tipheret Edizioni 2015 Visto il successo delle precedenti pubblicazioni, la casa editrice Tipheret ha dato alle stampe una s er ie a fir m a e a cur a del Serenissimo Gran Hyerophante e Gran Maestro Fr.·. Akira e del Sostituto Gran Hyerophante e Sostituto Gran Maestro Fr.·. Purusha; di seguito la sinossi dei volumi pubblicati nel corso del 2015 Dalle Istruzioni di Lione noi riusciamo a ricostruire a grandi linee il pensiero di Jean Baptiste Willermoz, in larga parte debitore del sistema di Martinez de Pasqually. Una prodigiosa cosmogonia, quasi senza pari in Occidente, che è la premessa per un ritorno a quella condizione primigenia e originaria a cui è destinata da sempre la nostra dignità. IL CIMITERO DI AMBOISE Testo francese a fronte Louis-Claude De Saint-Martin Introduzione, traduzione e note a cura di Mauro Cascio Tipheret Edizioni 2015 C'è una Verità che taglia la storia. Ma è una Verità che, per sua natura, la storia può solo raccontare. E nel momento in cui il Vero diventa raccontarsi perde la maiuscola e il suo carattere di Assolutezza. In questo senso la Verità appartiene ai morti, e solo nella pace e nel silenzio di un cimitero possiamo intuire il Destino che ci appartiene per dignità. Il dolore dell'isolamento è il dolore della contraddizione. La certezza che esso esista è anche certezza che possa essere sopportato e che sia il solo che alla fine ci possa indicare il Venerdì Santo della nostra libertà. La Gloria. n.3 - luglio 2015 | HORUS 5 IL SECRETO DEGLI DEI Spagiria e chiarificazione esistenziale Mauro Cascio Tipheret Edizioni 2015 IL POEMA DI ISHTAR Oswald Wirth a cura di Mauro Cascio. Con un intervento in appendice di Claudio Saporetti, già Professore Ordinario di Assirologia all'Università di Pisa Tipheret Edizioni 2015 Estraneo ad ogni razionalismo, il visionario babilonese percepiva brandelli di futuro. Era un vaticinio oscuro e nebuloso del caos dell'idealità, per condensarsi poco a poco in concetti precisi. Si esprimeva per immagini enigmatiche, oniriche, quanto non poteva ancora comprendersi: il rapsode ispirato si è affermato profeta, vate, nel più alto senso della parola. Se noi vogliamo fare nostre quelle concezioni che dominano l'intelligenza umana, andiamo dunque a scuola dei poeti. Parlano la lingua divina dei simboli che ci dispiace se non possiamo capire a fondo perché, se la avessimo compresa meglio, tutte le controversie religiose non ci sarebbero state, ma si sarebbe piuttosto costruito il Tempio Universale che unisce tutti gli uomini. 6 HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti La Spagiria constatando che tutto ciò che è osservabile è simbolico afferma che è vero anche il contrario, cioè che tutto ciò che è simbolico è osservabile e che di conseguenza l'archetipo degli archetipi fatto sensibile, Simbolo supremo del simbolo, cioè l'Unità, è osservabile e che l'uomo può contemplare l'incarnazione del Logos nella materia. La lavorazione della Quintessenza ci permette di sbirciare dietro la cortina del Sancta Sanctorum. L'ideale, in questa commozione, sarebbe poter tornare bambini ed essere presi da quell'entusiasmo dove tutto è gioco, perché solo a quell'entusiasmo infantile, e in silenzio, si consegna l'Arte. "Ma bisogna dire che questa scienza è molto a proposito e per eccellenza paragonata ai giochi di fanciulli, perché tutta l'Arte è giustamente chiamata gioco, ma principalmente gioco delle lettere, ludus litterarum, in cui i buoni spiriti prendono piacere, e altrettanto i dotti soddisfazione senza noia, come i fanciulli prendono gusto alle cose frivole secondo la loro portata, che fa loro passare il tempo piacevolmente, e senza l'apprensione di alcun disagio [...]" Dei risvegli l Solstizio d'estate reca in sé il fulgore abbagliante del Sole che irradia la sua potente energia verso tutte le creature che abitano la Terra. Il 13 giugno 2015 Dopo la Primavera, E:: V::, a Savona si generatrice di Risvegli anime che si incarè riunito il Capitolo di nano nuovamente e fidegli Eletti Cohen nalmente riscoprono il proprio uomo storico "Martinez de Pae bussano alla porta squally" n°1 allo del Tempio, l'Estate Zenith di Roma in- permette al Sole, che terno a lsprigiona tutta la sua potenza, di favorire il l'O RU M M , per Risveglio degli Ordini procedere all'iniiniziatici che sembraziazione di quattro vano condannati all'oblio. Apprendisti Eletti Lagrèze del primo Risveglio dell'Ordine avvenuto nel 1943, in riferimento al quale il ruolo della Massoneria Egizia è stato decisivo: Gran Maestro Mondiale dei Riti Uniti di Memphis e Misraim era Lagrèze; Robert Ambelain era Gran Maestro per la Francia nel 1960 dopo Dupont e, dopo Lagreze, nel 1966 divenne Gran Maestro Mondiale dei Riti Uniti di Memphis e Misraim. La restaurazione dell'Ordine dei cavalieri Massoni Eletti Cohen dell'Universo è avvenuta grazie alla generosità del Maestro Reau Croix Retziel, in filiazione diretta con Aurifer ed Hermete, già Sovrani di questo antichissimo Ordine operativo fondato da Martinez de Pasqually. La traduzione e revisione dei rituali è avvenuta attenendosi fedelmente agli originali, e ove necessario mediante una comparazione tra versioni diverse dello stesso rituale (è successo per almeno tre gradi). La trasmissione dei gradi cohen avverrà all'interno dell'Ordine dei Riti Uniti di Memphis e Misraim, e molto presto sarà consacrata anche una Cohen, secondo i Ma quando l'eggregore Loggia cohen nei gradi azzurri amministrati rituali originali di una comunità è forte dalla Gran Loggia d'Italia dei Riti Confederati. settecenteschi, quanto lo è quello delp a z i e n t e m e n t e l'O.·.R.·.U.·.M.·.M.·., ga- In verità, sebbene rantire il lavoro nei la Tradizione e sapientemente ri- Capitoli degli Eletti degli Eletti costruiti. Che questi Cohen agli uomini di Cohen sia desiderio realmente in- e f f e t t i v a Fratelli possano percorrere con suc- teressati ad un cam- mente poe mino teurgico di tente cesso la Via della reintegrazione alle loro complessa, primitive potestà e ciò non toReintegrazione. che virtù è un dovere, da glie adempiere nel solco della Tradizione che ci ha la- debba essere ad sciato il nostro Gran Maestro Passato Robert Am- accessibile belain, autore, unitamente a Georges Bogé de ogni uomo sincero. n.3 - luglio 2015 | HORUS 7 [DEI RISVEGLI] La cooptazione deve essere sì severa per ciò che concerne le qualità di Cuore del candidato e la sua buona volontà, ma non effettuata in base alla sua influenza o alla sua condizione sociale o la sua posizione in seno ad un altro Ordine Iniziatico. Dagli Statuti del 1767, riportiamo un estratto piuttosto eloquente: 8 Noi rifiutiamo o espelliamo da questo Ordine, con questi Statuti, come mostro della società, quelli che negano la spiritualità dell'anima, la vita futura e l'esistenza di un Dio vendicatore e misericordioso. Gli spiriti turbolenti, i deviati, i blasfemi, i giocatori senza discrezione, i malvagi, i calunniatori ed i faziosi non dovranno essere ricevuti tra noi e saranno espulsi se dopo essere stati caritatevolmente ammoniti, non cambiano, lo stesso chi mette al primo posto il bere ed il mangiare o chi, a disprezzo del dovere del loro "stato", si occupa solo di cose vane, della propria apparenza e di piacere al dolce sesso, senza preoccuparsi di rendersi utile alla società con qualche talento. Gli spiriti violenti e selvaggi che non possono vivere senza litigio, le persone senza educazione, di indole cattiva, di carattere duro verso la società... debbano essere considerati con ripugnanza, come indegni del vivere civile; nessun ipocrita in onestà e devozione, che mostri una morale intransigente, che dogmatizzi pubblicamente e ad ogni occasione senza rispetto dei pregiudizi stabiliti nei luoghi in cui è condotto a vivere, non entrerà né resterà nell'Ordine. I testardi e gli spiriti alteri, quelli che voglio sempre aver ragione, che non accettano mai d'aver torto, che si servono di parole piccanti per costruire i loro diritti e che a disprezzo del genere umano non conoscono il rispetto degli individui bistrattati dalla sorte, i quali ben lontani dall'addolcire il destino di questi sfortunati che la sorte ha messo in condizioni e ceti bassi, lo ricordano loro con modi altezzosi o con ingiurie, servendosi della loro autorità e superiorità per tirannizzarli ed appropriarsi di ciò che ad essi appartiene. Essi sono nemici dell'uomo e di conseguenza indegni di essere Massoni... Il Grande Hyerophante e Gran Maestro Ser.·.Fr.·. Akira 33.·. 66.·. 90.·. 95.·. 98.·. HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti UNIONE, PROSPERITA’ E CORAGGIO Martinez de Pasqually e l’Ordine degli Eletti Cohen Il presente articolo è estratto da: Claude Purusha, “La Società degli Indipendenti. Essenza del Martinismo”, Tipheret, Catania, 2015. Per motivi di spazio sono state stralciate alcune parti e si sono omesse tutte le note a piè di pagina, ad eccezione di quelle bibliografiche. a storia del Martinismo non può che iniziare dal fondatore di questa corrente di pensiero iniziatico, ovvero il misterioso Martinez de Pasqually (1710?-1774), fondatore verso il 1754 dell’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo. Le poche note biografiche sono imprecise al punto che non si conosce neppure la precisa ortografia del suo nome, che egli stesso modifica più volte: talvolta si firma Joachim Dom Martinez de Pasqually, talaltra Jacques Delivon Joacin Latour de La Case. Non sappiamo nulla delle sue origini nè della sua formazione, ma sempre dai suoi carteggi emerge che maneggiava molto maldestramente il francese, mentre la presenza di rituali in latino suggeriscono che avesse una cultura classica. Malgrado egli e i suoi figli fossero cattolici, si ipotizza che egli fosse di famiglia ebrea convertita1. Il ritrovamento di alcuni atti notarili a Bordeaux ci conferma che aveva percorso la carriera militare per almeno una decina di anni, col grado di luogotenente. Nel 1737 si reca infatti in Spagna nella compagnia del Reggimento di EdimbourgDragons, guidato dallo zio, Dom Pasqually. Nel 1740, Martinez è in Corsica, dove partecipa all’intervento francese agli ordini del marchese de Millebois. Nel 1747, è al servizio della Spagna e combatte in Italia2. Nell’aprile 1762 Martinez, al seguito del reggimento di Foix che si installa allo ChâteauTrompette, è di guarnigione a Bordeaux, dove il suo Ordine ha un decisivo scatto di crescita. Al suo arrivo a Bordeaux, pur vivendo modestamente, Martinez de Pasqually non sembra però a corto di denaro. Il porto di Bordeaux è infatti specializzato nel commercio di zucchero con Haiti ed è probabile che il fondatore degli Eletti Cohen avesse degli interessi e degli affetti su quest’isola. Nel 1769 tuttavia i suoi debiti ammontano a 1200 livree; nel 1772, Martinez decide di partire per Santo Domingo per seguire una questione ereditaria. Non smette però di inviare istruzioni ai suoi discepoli, se non alla sua morte, sopraggiunta il 24 settembre 1774. Qualche tempo prima, aveva nominato il cugino Cagnet de Lestère, uno dei suoi discepoli haitiani, alla direzione dell’Ordine Cohen: ma anche questi muore nel dicembre 1779. 1.«Secondo robert amadou, suo padre, dal nome incerto, era nato ad alicante nel 1761 ed era un ebreo sposatosi con una cattolica, Suzanne Dumas de rainau a Bordeaux»; così aldebaran (nome iniziatico di G. ventura), note storiche sul Martinismo, p. 2, reperibili in rete. Contra r. ambelain, Martinism. History and doctrine, p. 11, disponibile in rete. 2.Si veda l’ottimo C. rebisse, Histoire, su www.martiniste.org. n.3 - luglio 2015 | HORUS 9 Il suo successore Sébastien de Las Casas (a giudicare dal cognome, presumibilmente anch’egli un parente di Martinez) rientra in Francia nel novembre 1780 e mette ufficialmente in sonno un Ordine che, come si può facilmente immaginare, agonizzava già da quando il capo-catena Martinez era venuto a mancare. R. Ambelain, un Martinista che molto ha scritto e molto ha fatto discutere, sostiene senza addurre prove particolari che gli Eletti Cohen avrebbero proseguito a propagare la dottrina dell’Ordine, sia singolarmente sia in seno ad imprecisati “areopaghi cabalistici” composti ciascuno di nove membri, che avrebbero continuato a lavorare almeno fino al 18063. La Massoneria di Martinez de Pasqually 10 Il padre di Martinez era massone e possedeva una patente stuardista datata il 20 maggio 1738, che poi fu ereditata dal figlio e che consentiva a questi di iniziare “a vista” i profani (oggi non sarebbe possibile). Pare che il padre fu Maestro Venerabile di una Loggia a Aix nel 1723. Martinez de Pasqually, pur frequentando le Logge della Francia meridionale, le considera « apocrife » poichè si sono allontanate dalla vera dottrina, quella della Reintegrazione. Jean-Baptiste Willermoz, uno dei suoi discepoli più noti, era sicuro che Martinez fosse il successore del padre, che viveva in Spagna; questo lascia intendere che i Cohen esistessero, almeno a livello embrionale, già da tempo. Martinez così si esprimeva circa la sua missione: “Non sono che un debole strumento di cui Dio ha ben voluto, sebbene io ne sia indegno, di servirsi, per ricordare agli uomini miei simili il loro primo stato di massoni, al fine di far loro vedere veramente che sono realmente uomini-Dei, essendo creati ad immagine e somiglianza di questo Essere onnipotente”. Le attività massoniche di Martinez de Pasqually iniziano nel 1754 ad Avignone, Marsiglia ed in particolare a Montpellier, dove egli si presentò come emissario di maestri rimasti incogniti e 3.Cfr. r. ambelain, op. cit., p. 19. fondò il Capitolo dei Sovrani Giudici Scozzesi. Alla fine del 1760, si presenta alla Loggia San Giovanni delle tre logge riunite, all’Oriente di Tolosa, dove presenta le sue dottrine ed il progetto di stabilire l’antico e nuovo tempio dei «Cavalieri Leviti, dei Cohenim-Leviym e degli Eletti Cohen». Per rompere il ghiaccio, Martinez de Pasqually non trova di meglio che esibirsi in una dimostrazione delle sue pratiche teurgiche; dopo due tentativi infruttuosi, viene però invitato ad andarsene. A Foix, Martinez troverà più ascolto nella Loggia Giosué del reggimento di quella città, dove recluterà i primi discepoli: il luogotenente-colonnello de Grainville ed il capitano dei granadieri Champoléon. Lì fonderà anche un capitolo, il Tempio degli Eletti Cohen. Ma è a Bordeaux che inizia realmente la storia dell’Ordine, con l’istituzione del Tribunale Sovrano e con l’incontro con il giovane sotto-luogotenente dei granadieri Louis-Claude de Saint-Martin, che ne diverrà il Gran Segretario. A Parigi, Martinez forma altri discepoli, Bacon de la Chevalerie, il conte de Lusignan, du Gers, Henri de Loos e Jean-Baptiste Willermoz, di passaggio a Parigi per lavoro. L’Ordine si estende rapidamente anche a Versailles, Lione, Grenoble, la Rochelle, Strasburgo con la caratteristica di presentare una sua peculiare dottrina giudeocristiana (quasi fosse una tarda setta gnostica), la quale culmina nella pratica del cd. Culto primitivo4. Martinez, coadiuvato da Saint-Martin che aveva come detto maggiore attitudine alla scrittura, ha lasciato ai suoi adepti le “Dieci istruzioni agli uomini di Desiderio”, compendio di quello che sarebbe poi diventato il “Trattato della HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti reintegrazione degli Esseri nelle loro primitive virtù e potestà”, in cui si rileggono in chiave esoterica e simbolica (facendo giusto qualche concessione alla massoneria ed al cristianesimo) i libri del Vecchio Testamento, e riservando un grandissimo spazio alla figura di Mosè. Il cammino di reintegrazione passa attraverso una durissima ascesi dove l’uomo apprende il modo in cui resistere ai pensieri negativi ed alle tentazioni cui è sottoposto da parte degli spiriti prevaricatori, per diventare il signore di se stesso al grado di Réau Croix e comunicare infine con le gerarchie celesti. “La Reintegrazione presuppone una Caduta, dovuta alla prevaricazione degli esseri emanati dalla Divinità. Dio è uno, ma le sue potestà sono trine e la sua essenza quadruplice. In principio egli emana degli esseri spirituali, liberi e discreti che costituiscono la sua corte. Alcuni di questi esseri cedono all’orgoglio ed operano – [MARTINISMO] vale a dire agiscono – sul modello di Dio, in prevaricazione, pretendendo cioè l’autonomia. Per punirli e salvare la corte divina, saranno cacciati da questa ed imprigionati nel mondo materiale, appositamente creato per l’occasione da spiriti rimasti fedeli. La materia è creata, non emanata: essa è illusoria. Dio emana allora l’uomo: minore spirituale poiché viene per ultimo, ma dotato di privilegi superiori a quelli dei suoi predecessori. Adamo, androgino, sarà di colpo incaricato della custodia e della riabilitazione. Ma Adamo a sua volta si inorgoglisce fino a voler essere creatore da solo. Allea la sua potenza divina a quella dei demoni ed effettua una creazione di perdizione. La sua creazione, la sua creatura Houwa, è difettosa. Ma, dopo il suo misfatto, degenera e diventa l’obbrobrio della terra. Il suo corpo glorioso diventa tenebroso, materializzandosi. Da pensante diventa pensoso e [ciò significa che] la comunicazione diretta, di cui godeva, con Dio, è interrotta. Non potrà ormai più avvenire che per il tramite, eventualmente ottenuto, degli spiriti, degli intermediari. Per entrare in rapporto con questi, l’uomo, in parte materializzato, dovrà usare dei procedimenti in parte materiali. La mistica si è degradata in teurgia cerimoniale, scienza e sacramento. Il teurgo anzitutto prega, chiede a Dio di restituirgli il suo potere originario sugli spiriti. Poi comanda agli spiriti buoni ed esorcizza i cattivi. Dei segni, talora uditivi e tattili, ma abitualmente luminosi, indicano il successo. La colpa di Adamo fu seguita da una seconda. Dio aveva mantenuto il colpevole nei suoi diritti e doveri e lo aveva provvisto dei mezzi nuovi richiesti dalla nuova situazione. Eppure, ingrato, l’uomo si accoppia alla sua donna con una foga sessuale degna delle bestie. Da questo amplesso, nasce Caino. Ma Dio rimane ancora fedele alle sue promesse e l’uomo non viene destituito dalla sua posizione. La posterità di Caino è incapace a sostenere il ruolo del minore. Nascita di Abele. Caino lo uccide. Seth sarà l’antenato degli operatori, dei teurghi. Comunque dopo il diluvio, nessun Cainita. Noé perpetuerà la posterità di Seth (ma Cam reincarnerà Caino). Così da una razza pura usciranno, nel corso della storia, dei minori eletti, grandi e piccoli profeti. I Cohen vi saranno aggregati per elezione. La gnosi martinesista discerne, e si appropria, nelle cose ciò che attiene alle cose dello spirito, le simbolizza, vi conduce. Traccia il piano della figura universale dove tutta la natura spirituale, maggiore, minore ed inferiore opera; dove le immensità celeste e temporale che circondano l’immensità 4.Martinez non parla mai di teurgia, come rileva r. amadou, operiamo dunque, in akira, Hiram dentro di noi, Perugialibri, 2009. n.3 - luglio 2015 | HORUS 11 dell’asse fuoco centrale comunicano, attraverso l’immensità surceleste, con l’immensità divina. Per reintegrarsi ed aiutare alla reintegrazione degli altri uomini e di tutti gli esseri (nessuna reintegrazione completa senza reintegrazione universale), colui che ha questa vocazione sacerdotale, l’Eletto Cohen, considera il numero delle sue dita dei piedi (i numeri, fondamento di ogni legge di creazione temporale e di ogni azione divina…) e si documenta sui nomi degli angeli. Egli segue un’ascesi (atti di carità, regole alimentari, ecc.), una morale. Egli celebra la teurgia”5. […omissis…] 12 Per arrivare a questo altissimo scopo, Martinez propone una Via basata dunque su una costante purificazione e preghiera (si narra che il regime di vita dei Cohen fosse addirittura più severo di quello dei sacerdoti della Torah), le quali avrebbero permesso ai veri “Uomini di Desiderio” di ottenere manifestazioni visibili o auditive (i cd. “passi”, in genere glifi luminosi) dell’assenso degli spiriti celesti e sovracelesti, intermediari necessari tra l’uomo e Dio dopo la caduta di Adamo. Prima di praticare i riti teurgici, gli Eletti Cohen dovevano assistere ad una messa, senza dimenticare che la prassi quotidiana prevedeva preghiere da recitare ogni sei ore, in gran parte estratte dal breviario ro- mano. Per un Cohen era ugualmente necessario recitare i sette Salmi penitenziali almeno ad ogni novilunio, o tutti i giorni successivi ai periodi delle operazioni, recitare l’Ufficio dello Spirito Santo tutti i giovedì, di recitare il Miserere rivolto ad oriente ed il De Profundis faccia a terra. Martinez affidava ai suoi emuli un corposo repertorio con i nomi ed i glifi segreti di ben 2400 spiriti (sia buoni che cattivi), indicando le fasi astronomiche favorevoli per le comunicazioni con ciascuno; non utilizzava – è bene farlo presente – la nomenclatura cabalistica tradizionale dello Schemamphorasch, che sarebbe invece stata usata dai neoCohen di R. Ambelain. L’apparizione dei glifi di spiriti buoni sarebbe stata la conferma della graduale ascensione del Cohen: dapprima il Cohen cercava infatti l’incontro col suo Angelo guardiano, poi con gli spiriti dei mondi superiori ed infine con «La Chose », la Shekinah della Cabala. La teurgia di Martinez mirava quindi essenzialmente ad ottenere le benedizioni degli spiriti buoni, oltre ad esorcizzare gli spiriti malvagi, scacciando le loro influenze negative che tendono senza posa ad allontanare l’uomo dalla sua missione. La costruzione massonica dell’Ordine peraltro, più che per una reale esigenza del Sovrano, serviva per fornire una struttura rassicurante ai suoi adepti e ad eventuali spie, al pari delle este- 5.r. amadou, Documenti martinisti, op. cit. HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti [MARTINISMO] nuanti rituarie giornaliere di stampo cattolico: il nucleo fondante dei Cohen è infatti sempre stato appunto il Culto teurgico, che richiedeva grande dedizione ed un rigore assoluto ma che prometteva di ristabilire l’Uomo nelle sue originarie prerogative. Da ciò, insieme alla grande complessità della cosmologia martinezista (basata sull’aritmosofia e su un parzialmente originale studio della tetraktys pitagorica), deriva la forte impronta lasciata dall’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo nel panorama esoterico dei secoli successivi, a dispetto della vita relativamente breve dell’Ordine e del suo fondatore. Il Culto primitivo degli Eletti Cohen L’Ordine era strutturato in dieci o undici gradi, includendo i tre gradi simbolici che Martinez considerava solo un brodo di coltura per i possibili teurghi (non a caso i tre gradi azzurri venivano conferiti simultaneamente): alla classe del Sagrato seguiva la classe del Portico, poi quella del Tempio ed infine quella del Santuario, riservata ai Maestri Réaux-Croix, in cui si attuavano quelle operazioni teurgiche per le quali il Cohen si era preparato in precedenza. Vari studiosi (René Leforestier, Papus, Gérard Van Rijnberk, Robert Ambelain e Robert Amadou per citare solo i più famosi) hanno cercato di ricostruire compiutamente la scala dei gradi, del resto più volte modificata dallo stesso Martinez. Questo è un assetto verosimile: 1. Apprendista; 2. Compagno; 3. Maestro; 4. Maestro Perfetto Eletto (o Grande Eletto sotto la banda nera); 5. Apprendista Eletto-Cohen (o molto marcato); 6. Compagno Eletto-Cohen (o doppiamente molto marcato); 7. Maestro Eletto-Cohen (o tre volte molto marcato, o ancora Maestro Scozzese); 8. Gran Maestro Cohen (o Grande architetto); 9. Grande Eletto di Zorobabele (o Cavaliere d’Oriente); 10. Commendatore d’Oriente (o Apprendista Réau- Croix); 11. Réau-Croix17 (o R+); tra i Réaux-Croix quali erano scelti i membri del già menzionato Tribunale Sovrano, i Sovrani Giudici che si firmavano appunto « S.J. » ovvero « S.I. ». In generale, i rituali abbondano come visto di elementi cristianeggianti; al momento dell’iniziazione, il Cohen doveva infatti prendere due impegni precisi: oltre a quello (tipico delle società iniziatiche) di mantenere segreti i misteri dell’Ordine, c’era infatti la confessione di fede cattolica e l’assunzione dell’obbligo di fedeltà alla chiesa di Roma. Molti discepoli protestanti non esitarono a convertirsi. La gerarchia delle iniziazioni dell’Ordine aiuta il recipiendario a purificare gradualmente corpo, anima e spirito, per renderlo via via sempre più sensibile alla voce del suo spirito compagno o angelo custode, che poi gli aprirà le porte del mondo sovraceleste, verso l’Immensità Divina. Le cerimonie di iniziazione e di “aumento di salario” fanno infatti rivivere al reci- piendario – sia pure in maniera tutt’altro che sistematica, visto che i rituali non sono mai diventati definitivi - tutti gli episodi della vita dell’Uomo, spiegati anche nel Trattato della Reintegrazione: la sua emanazione nell’Immensità divina, la missione originaria affidata all’uomo, la caduta d’Adamo nel mondo della materia e la sua risalita attraverso le sfere celesti. Per quanto riguarda la rituaria teurgica vera e propria, va dato atto che essa, pur ricalcando alcune modalità proprie della magia naturale, disprezza qualsiasi vantaggio materiale puntando decisamente alla Grande Opera. Tutto, nella teurgia cohen, tende a provo- n.3 - luglio 2015 | HORUS 13 care l’irruzione dell’invisibile nel mondo visibile. I rituali, complice anche il fatto che i Cohen erano per lo più nobili, con molto tempo e spazio a propria disposizione, sono estremamente complessi e richiedono una lunga preparazione. L’Operante indossava un abbigliamento speciale. Vestiva completamente di nero: giacca, pantaloni, calze. Se desiderava essere perfettamente in regola con le istruzioni, di faceva confezionare un cappello e scarpe foderate con suole di sughero “affinché non vi fosse nulla di immondo e di impuro nel luogo e indosso”. Le scarpe dovevano essere, in ogni caso, del tipo detto “pianelle”, cioè senza quartiere, in modo da portare “a guisa di pantofole” e rapidamente tolte. Sopra il vestito nero metteva una veste bianca (alba) con un grande orlo, in basso, colore rosso e largo circa un piede; le maniche “a foggia di alba”, anch’esse con un orlo rosso, alto mezzo piede; il collo aveva lo stesso orlo alto tre dita. Sulla veste metteva ancora: un collare azzurro attorno al collo; un cordone nero dalla spalla destra al fianco sinistro, poi una sciarpa rossa “da destra a sinistra attorno alla cintura...” ed infine un’altra sciarpa verde mare “da sinistra a destra sul petto” (II, 83/84)6. [MARTINISMO] zioni, in una data astrologicamente propizia indicata da Martinez si tracciavano sul suolo i pantacoli operativi (composti da cerchi concentrici, triangoli e quarti di cerchio), nonché i glifi degli spiriti interessati dall’operazione. Si piazzavano anche decine e decine di candele con precise corrispondenze simboliche: alcune di queste rappresentavano gli altri Réax-Croix assenti, che compievano quella specifica operazione in contemporanea (nonché ovviamente il Gran Sovrano). È un uso che si è parzialmente trasferito nell’Ordine Martinista, dove si accende un cero per richiamare i Maestri Passati (defunti). Particolarmente complessa (e macabra) era poi l’ordinazione al grado di Réau-Croix, che peraltro ci è giunta incompleta: “[essa] era conferita con tre cerimonie identiche, celebrate per tre notti consecutive e ciascuna delle quali era officiata da un diverso Potentissimo Maestro. Dopo i prescritti digiuni e ablu- L’officiante tracciava i cerchi e 14 HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti faceva “sia in preghiera sia in profumi” gli stessi atti liturgici di una Operazione ordinaria, poi offriva un “olocausto di espiazione”. La vittima era una testa di capretto o, in mancanza, di agnello maschio, ancora con la pelle ed i peli. Era necessario in modo assoluto che la testa fosse nera “altrimenti l’olocausto sarebbe stato azione di grazia e non di espiazione”. L’officiante adattava la testa “come si prepara il capriolo prima di sgozzarlo”. Accendeva tre “fuochi nuovi” nel fornello “secondo l’antico uso in cui si adoperavano casse grigliate (il cui fondo era a forma di griglia) per fare gli olocausti in campagna”. Sul fuoco posto a Nord della Camera di Operazione, metteva la testa con gli occhi, ma priva della lingua e del cervello; il cervello sul fuoco di Mezzogiorno e la lingua su quello dell’Ovest”7. Come rileva criticamente lo stesso R. Ambelain, “Martinez de Pasqually non ha ricevuto 6.r. le Forestier, la Massoneria occultistica nel Xviii secolo, p. 50. vedi anche D. Clairembault, l’initiation au grade de réaux-Croix, su philosophe-inconnu.com. n.3 - luglio 2015 | HORUS 15 dai suoi Iniziatori rosicruciani che la sola Magia classica, quella trasmessa da Tritemio a Heinrich Cornelius Agrippa, e da quest’ultimo al suo discepolo, Pietro d’Abano. A ciò si deve aggiungere un apporto di Magia più particolarmente giudea, tratta dalla Scuola di Eleazar di Worms. Egli prende ugualmente alcuni elementi complementari dal celebre manoscritto detto di Abramelin il Mago. Viene in seguito la sua nota personale. Ebreo convertito, o proveniente da una famiglia di ebrei convertiti, egli «cattolicizza» terribilmente il sistema, sia per prudenza, sia per convinzione, sia per compiacere alla Casa degli Stuard, spiritualmente diretta dalla Compagnia di Gesù. Suo padre aveva ricevuto la nobiltà ed il titolo di scudiero (squire), perché la famiglia de Pasqually non figura negli armoriali di Francia né di Spagna, e nemmeno nel registro francese del 1696, dove sono i blasoni delle famiglie borghesi, mescolati a quelli della nobiltà. Dei dettagli puerili, che, se non colpivano l’uomo del 18° secolo, scioccano quello del 20°, fanno sospettare il carattere tradizionale del celebre «Repertorio dei 2400 Nomi, Caratteri e geroglifici ». È che vi si incontrano anche gli ierogrammi […] della Regina di Saba! Si manifesta ella, sempre così tentatrice, ai Réaux-Croix? 16 Certi tra loro hanno un aspetto familiare con gli ideogrammi del Culto Voodoo. E si sa che Martinez de Pasqually e i suoi fratelli (nel senso familiare del termine), possedevano dei domini e risiedevano a Port-auPrince e a Léogane. Il fatto è stato inoltre osservato da Paul Chacornac. Infine, i profumi variano coi gradi; e più l’Affiliato ne sale la gerarchia, più gli elementi allucinogeni e meta gnomici appaiono e aumentano nelle loro diverse composizioni. Così l’Affiliato può immaginare che le sue percezioni (indiscutibilmente valide dal punto di vista magico) sono dipendenti dal grado e dai poteri che gli ha apportato! Quando fin dall’inizio, egli avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Inoltre, le esigenze rituali quanto al luogo di sperimentazione: sala di 6 metri per 4 di media, totalmente priva di mobili, con porte e finestre orientate in quel modo o in quell’altro, «senza di che non ne riceverete punto il beneficio» (sic), tutto questo conduce a concludere che il Martinezismo antico è impraticabile per l’uomo della nostra epoca. Esiste per di più, in certi rituali, un carattere puerile abbastanza sgradevole, specificamente per l’ordinazione delle donne, lo scongiuro del Serpente, etc. Tutto ciò giustifica molto esattamente l’osservazione di L.C. de Saint-Martin a Martinez de Pasqually: «Ma infine, ci vogliono così tante cose per pregare Dio?...». Osservazione che non potrebbe essere più pertinente da parte del saggio allievo di Martinez de Pasqually. È su queste conclusioni che il moderno «Tribunale Sovrano » dell’Ordine degli Élus-Cohen, ha deciso la sua messa in sonno nel maggio 1968. Tenuto conto che noi abbiamo personalmente realizzato la sua risorgenza nel 1941, ci spetta di perseguire, se non di applicazioni impossibili, quantomeno di realizzarne un adattamento moderno. Esso constituirà la parte operativa del nuovo Ordine Martinista Iniziatico, il suo Secondo Tempio”. Stupisce che queste righe provengano da colui che nel 1941 affermò di aver risvegliato l’Ordine Cohen, eseguendo con successo alcune operazioni di cabala teurgica; sia come sia, va dato atto che la manifestazione più elevata ammessa dal sistema martinezista, la Chose, si doveva manifestare tramite un’influenza spirituale che i Cohen chiamano intelletto, una manifestazione emanata da Dio o dai Suoi Angeli. Orbene, questo intelletto non avrebbe mai preso una forma corporea, manifestandosi invece sia con un suono specifico nell’aria, sia con una voce lenta che i Cohen chiamavano «la conversazione segreta tra l’anima e l’intelletto». In effetti, per Martinez il luogo privilegiato dell’incontro col Divino resta il cuore dell’uomo, 7.r. le Forestier, op. cit., p. 64. vedi anche D. Clairembault, l’initiation au grade de réaux-Croix, su philosophe-inconnu.com. HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti poiché è in questo tabernacolo che egli può ricevere le più grandi soddisfazioni così come i più grandi favori che il Creatore gli invia8. Epperò, “Pasqually considera le “estasi della contemplazione divina”, come la comunicazione con gli Spiriti del Superceleste, il privilegio di coloro che “ci hanno confermato la loro realtà”, la prerogativa dei “saggi e forti eletti del Creatore”, cioè una élite assai rara (I, 129). Il Minore Spirituale [leggi: l’uomo], quali che siano lo zelo e la virtù della sua ordinazione di Réau- Croix, non può pretendere a tali privilegi. Tutto ciò che può aspettarsi dagli Spiriti puri del Superceleste è che essi si degnino di entrare nel suo tabernacolo dalla porta d’Oriente [leggi: il cuore], per disporlo “a ricevere e a sopportare gli effetti di tutte le operazioni spirituali divine che vi si devono compiere con il Minore” (I, 185)”9. […omissis…] Sarebbe complesso – e per fortuna non spetta a noi – esprimere un giudizio complessivo sul sistema martinezista, soprattutto perché detto sistema non è mai stato portato a compimento né dal punto di vista docetico né pratico. Forse c’è stata qualche inadeguatezza, sia dal lato dei discepoli che dal lato del Maestro. Dalla copiosa corri- [MARTINISMO] spondenza che ci è giunta, ci sembra quasi di immaginarlo incalzare dai suoi discepoli, che gli chiedono spiegazioni sui rituali ancora da scrivere e su una dottrina ancora da delineare – e ciò per il solo fatto che Martinez aveva bisogno di proporre rituali massonicheggianti e dottrine cattolicheggianti. Probabilmente era impacciato col francese, magari non aveva il rango sociale di molti dei suoi devoti discepoli. Ma quando pensiamo a Martinez, ci vengono in mente queste righe di Papus: “Nelle prime sedute teurgiche, i nuovi discepoli vedranno la Cosa compiere azioni misteriose. Essi ne usciranno entusiasti e terrorizzati, come Saint-Martin, o ebbri d’orgoglio e di ambizione, come i discepoli di Parigi. Si sono prodotte apparizioni, e strani esseri, di un’essenza diversa dalla nostra, hanno preso la parola”10. La magia di Martinez era invero una santa magia, mirante a condurre il Cohen ad una vita spirituale sempre più intensa. L’esigenza della purificazione, essenziale sul cammino iniziatico, era senz’altro in cima alle priorità di Martinez; questo testimonia della sua buona fede, a dispetto dei risultati incompleti. L’abate Pierre Fournier già citato ci indica che le istruzioni giornaliere di Martinez «erano di portarci senza posa verso Dio, di crescere di virtù in virtù, e di lavorare al bene generale». D’Hauterive, in una lettera del Fondo Du Bourg, definisce il lavoro di un Cohen in quesi termini: Il rifiuto continuo del pensiero malvagio, la preghiera e le buone opere: ecco i soli mezzi di avanzare nella scoperta di tutte le verità, e, ciò che è ancora al di sopra, la pratica di tutte le virtù. Forse questo, più che l’oggettiva difficoltà di rispettare tutte le osservanze imposte dal Culto primitivo, fece sì che l’Ordine si componesse di pochi e motivati membri, mentre i tiepidi e coloro che si erano fatti iniziare per mera curiosità, ne uscivano rapidamente. Sostituto Gran Hyerophante e Gran Maestro Aggiunto Fr.·. Purusha 33.·. 66.·. 90.·. 95.·. 96.·. 8.Si veda D. Clairembault, Martinez de Pasqually, su philosophe-inconnu.com. 9.r. le Forestier, op. cit., p. 78. 10.r. le Forestier, op. cit., p. 78. n.3 - luglio 2015 | HORUS 17 Arturo Reghini e la Schola Italica Presentiamo di seguito una tavola che indaga e approfondisce i tratti che resero unica l'esperienza umana ed iniziatica di Arturo Reghini. Il contributo del Fr.·. Orfeo è inoltre utilissimo per approfondire le caratteristiche e la storia dei suoi legami con la "Schola italica". 18 rturo Reghini fu sotto ogni aspetto un uomo controcorrente. Massone, si impegnò fino allo stremo nel tentativo di richiamare la massoneria italiana alle sue radici iniziatiche ed esoteriche, in un periodo in cui essa vedeva ancora i propri orizzonti teorici ristretti ed ingombrati dall’anacronistica adesione ideologica della maggior parte dei suoi appartenenti e dirigenti a versioni divulgative del positivismo filosofico tardo-ottocentesco. Impregnato del mito tradizionale di Roma imperiale, che tanto contribuì a nutrire, anche attraverso la forte influenza che egli esercitò con alcune tematiche su Julius Evola, Arturo Reghini pagò a carissimo prezzo le illusioni che aveva inizialmente riposto nelle capacità rigenerative del fascismo e del suo capo nel campo politico e sociale, tanto da essere costretto dal regime fascista a un forzato isolamento, spesso tramutatosi in vera e propria persecuzione. Dal punto di vista strettamente iniziatico ed eso- terico, Reghini rilanciò, con forza e serietà, l’interpretazione delle forme iniziatiche massoniche come continuazione, in un quadro di riferimenti simbolici legato alle iniziazioni di mestiere, degli antichi misteri del mondo classico greco-romano. Egli arrivò a sostenere la trasmissione ininterrotta in Italia di un’antichissima sapienza pitagorica, che si sarebbe segretamente perpetuata dalla più remota antichità fino all’epoca contemporanea attraverso Virgilio, Dante ed alcune grandi figure del Rinascimento come Campanella. La parte più interessante e profonda dei suoi studi concerne il simbolismo matematico e geometrico di derivazione pitagorica, di cui Reghini, insieme al suo corrispondente René Guénon, fu il maggior interprete contemporaneo. Arturo Reghini nacque a Firenze nel 1878. Fin da giovane manifestò un’enorme inclinazione per la matematica, per approfondire la quale si iscrisse all’Università di Pisa, e per le scienze esoteriche. L’elemento di coniugazione tra queste due discipline, la prima apparentemente legata ad un materialismo razionale mentre la seconda più HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti appropriata per approfondimenti metafisici e “fantasiosi” (come ebbe a giudicarla Pirandello), si colloca nella precoce intuizione di Reghini della visione Pitagorica dell’universo e della vita stessa. Questo desiderio, ancora embrionale nel 1898 quando Reghini aderì alla Società Teosofica di Madame Blavatsky, è stato ampiamente sostenuto da una sua avversione di fondo, anzi una vera e propria ostilità, verso la volgarità del materialismo storico e scientifico; il vuoto strepitare delle nuove idee socialiste intese come espressione di una concezione plebea, e quindi bassa, dell’esistenza; in una parola tutta la visione del mondo, fortemente antispirituale proposta dalla filosofia positivista che andava costruendo modelli culturali sempre più diffusi e, acriticamente, condivisi oltre che praticati. L’esperienza Teosofica di Reghini non durò a lungo: egli stesso ritenne quel percorso “fumoso e inconcludente”, sebbene importante quale pietra angolare di un percorso di ap- “Sono trascorsi oramai molti anni da quando ebbi, per la prima volta, coscienza della immaterialità. Ma, nonostante il fluire del tempo, l’impressione che ne provai fu così vivida, così possente, da permanere tuttora nella memoria, per quanto sia possibile trasfondere e ritenere in essa certe esperienze trascendenti; ed io tenterò, oggi, di esprimere, humanis verbis, questa impressione, rievocandola dagli intimi recessi della coscienza.” Pietro Negri (Arturo Reghini), Sub specie interioritatis In «UR», 1927 profondimento spirituale che avrebbe trovato di lì a poco grande conforto con l’ingresso nella Libera Muratoria e col suo rapporto intellettuale con Giovanni Amendola, massone più noto alla storia come giornalista e politico fort e m e n t e antifascista. Amendola e Reghini erano certamente due personaggi molto diversi. Se il secondo propendeva nettamente per la ricerca spirituale, intesa come peculiare di una dimensione appartata ed aristocratica, dunque una dimensione del pensiero e del pensare, il primo era invece portato verso la tenzone politica, il confronto con gli altri in nome del valore supremo della libertà – libertà in senso ben diverso da quello iniziatico – dun- que del fare. Se Reghini si spende, fin dai suoi esordi come esploratore del mondo dell’occulto – nel senso più nobile che questa abusata espressione possiede – Amendola è invece un combattente di infinite battaglie politiche e morali. Ma vi è qualcosa che li accomuna: ossia quella matrice che, molto sbri- n.3 - luglio 2015 | HORUS 19 gativamente, soprattutto per effetto dell’azione svolta nel campo della filosofia europea dal materialismo marxista, è definita “irrazionalismo”. Irrazionalismo qui da intendersi come prospettiva di pensiero antipositivista che, prendendo atto di uno stato di crisi – crisi dei valori, crisi delle istituzioni, crisi dei modelli sociali ed economici, quale è quella che anticipa e succede allo scoppio 20 della I Guerra Mondiale – cri- Palermo era transitato alla “Lutica la “razionalità” del mondo, cifero”, obbedienza Grande di un certo mondo e quindi in- Oriente d’Italia, nonché di Rito duce a battere strade nuove, Simbolico, attraverso la “Michele di Lando” del Grande sconosciute. L’ansia di una ricerca vera con- Oriente Italiano, ha avuto occatenente, come avrebbe detto sione di misurarsi con persoGiovanni Papini, “un atomo di naggi del calibro di Malachia de verità” animò l’irrequietezza in- Cristoforis, particolarmente attellettuale di Reghini che nel tivi nell’aspetto operativo poli1903, dopo l’ingresso nella Log- tico, sociale e morale. In tale gia “I Rigene- contesto così operativo, naturalratori” mente nel senso tutto profano d i che la parola possiede e diversamente dalla realizzazione dell’Opus Magnum a cui avrebbe teso per tutta la propria esistenza, Reghini sviluppa la propria vis pugnans arricchita dal proprio innato spirito sarcastico e irriverente da toscano irriducibile. Il suo ruolo provocatorio si manifestava durante i lavori di Loggia attraverso la sua rigida opposizione al materialismo, al positivismo, al socialismo che avevano contribuito a corrompere l’incontaminatezza iniziatica della Libera Muratoria in un ambiente a forte presenza democratico-radicale. Reghini stesso dichiara, in un celebre passo dal Leonardo del 1907: “Non una sola Loggia Massonica che lavori alla Grande opera e sia in grado di capire cosa sia veramente la ricostruzione del Tempio di Salomone”. Secondo Reghini, infatti, la vera Massoneria non si com- HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti [ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA] promette con la plebe e col democraticume, ma è aristocratica e colta. Proprio questi anni, caratterizzati da un’apparente schizofrenia nell’operato di Reghini, fatta di posizioni come detto aristocratiche e intransigenti e da frequentazioni di personaggi assai rivolti alle sfere del socialismo e della moralità sociale, anni compresi tra gli inizi del secolo e lo scoppio della Grande Guerra, sono quelli più formativi sul piano iniziatico, tanto da condurlo inevitabilmente all’incontro che cambierà radicalmente la vita di Arturo Reghini, l’incontro cioè con Amedeo Rocco Armentano. Questi fu iniziato in Massoneria nella stessa Loggia di tradizione Simbolica “Lucifero” di Arturo Reghini e con lui iniziò una lunga e proficua collaborazione che portò alla fondazione della nota Schola Italica. Va menzionato che i due ben rappresentavano le posizioni apparentemente antitetiche tra interessi scientifici, da parte di Reghini, e artistici caratterizzati dalla formazione di musicista di Armentano secondo la quale, diceva lo stesso Armetano, la musica ha il ruolo di formatrice della realtà. Di quest’ultimo si racconta che disponesse di una personalità estremamente carismatica, dotata persino di poteri psichici, in contrasto al carattere determinato, da alcuni definito addirittura ombroso, del Reghini. Armentano possedeva queste visioni “folgoranti”, espressioni, in quanto tali, di una Gnosi ineffabile ed incomunicabile attraverso i normali meccanismi di trasmissione e, stando a quanto ci riferisce Reghini, era in grado di trasferirle inducendole nel profondo negli altri. A quanto pare, fu lo stesso Armentano che iniziò Arturo Reghini al pitagorismo, punto fondamentale per la nascita della futura enclave iniziatica ed esoterica rappresentata dalla Schola Italica. Riguardo ai contenuti della Schola Italica, il riferimento di Reghini e Armentano è preciso: la sapienza italica è la sapienza pitagorica che, a sua volta, tenendo conto di quanto riferisce la tradizione stessa, ha conosciuto le iniziazioni non solo nei misteri greci, ma anche di quelli egizi ed etruschi. Il rapporto esistente tra cultura greca ed egizia è ampiamente fondato, secondo quanto testimonia Platone nel Timeo e nel Crizia con la narrazione del mito di Atlantide e, soprattutto, nel Fedro a proposito dell’origine dell’alfabeto e, quindi, della scrittura. L’incontro con Armentano per Reghini è stato più un momento di profonda iniziazione, come egli stesso scrisse in alcune lettere alla sorella, che non un semplice sodalizio intellettuale. Di Armentano non si conoscono molti dettagli, non si sa ad esempio queste sue capacità e conoscenze da chi fossero state infuse e quale iniziazione misterica egli abbia conosciuto prima del suo ingresso in Massoneria. Fatto sta che per Reghini egli rappresentava un vero e proprio rin.3 - luglio 2015 | HORUS 21 22 ferimento spirituale, tanto che in diverse occasioni si rivolge a lui come Maestro (con la M rigorosamente maiuscola), aggiungendo che deve proprio a lui se ha saputo districarsi dai dubbi posti dalla sua “intelligenza”. In un’altra illuminante lettera del 1911, nel riversare su quell’uomo tutta la propria gratitudine, gli attribuisce la capacità di “penetrazione” (“…con quella capacità di penetrazione di me stesso che tu possiedi”), grazie alla quale è in grado di osservare quanto di meglio è nel suo peggio. L’opera, nel proprio significato, alla quale Reghini aveva cominciato ad attendere dopo l’iniziazione a cui l’aveva avviato Amedeo Armentano, sembra aver prodotto una serie di positivi effetti. Non solo sul piano pratico, con il conseguimento, a un‘età tutt’altro che canonica (nel 1912, quando aveva già 34 anni), della laurea in matematica, ma anche su altri livelli. Infatti, nel 1914 Reghini palesa, su di una dimensione essoterica, una serie di principi spirituali che, evidentemente, hanno covato in lui anche grazie all’iniziazione pitagorica a cui lo ha avviato Armentano. Con questo ci si riferisce a quella che rappresenta una delle opere più note di Arturo Reghini anche per certe sue valenze politiche, più presunte che realmente accertate, ossia “Imperialismo pagano”. Se questo saggio fu concepito sull’onda degli entusiasmi pitagorici si comprende allora bene il duro attacco rivolto al Cristianesimo, considerato “esotico” dalla autentica cultura italica, a sua volta sedimentata da una tradizione che lega Virgilio, Dante, Campanella, Mazzini. Il richiamo all’imperium della grande Roma – il mito della quale aveva affascinato anche un pensatore moderno, seppure assai poco ascoltato, come Giuseppe Mazzini – era il chiaro riferimento ad un ordine universale che garantiva una pax sociale, ma anche religiosa, attestata dalla singolare, almeno per i tempi moderni, tolleranza manifestata verso ogni forma di culto. Il riferimento al paganesimo, poi, non era tanto da intendere come espressione di una cultura dichiaratamente anticristiana quanto, piuttosto, un recupero di concezioni e di credenze antiche, precedenti al Cristianesimo, che erano prosperate nel territorio dell’Impero, formando le mentalità di tanti fedeli sudditi di Roma e quindi indirizzandone i relativi comportamenti. Da questo punto di vista si può allora capire benissimo l’attenzione che deve essergli stata prestata in Vaticano. E si capisce altrettanto bene la preoccupazione di Mussolini, ancora non saldo sulla propria poltrona, desideroso di chiudere, per tanti motivi, e di certo non ultimo quello del consenso cattolico, la fatidica e storica breccia di Porta Pia. Sebbene in un primo tempo Reghini fu addirittura comprensivo nei con- HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti fronti dell’incompatibilità tra fascismo e massoneria voluta da Mussolini e della sua inevitabile riconciliazione col Vaticano, definendo il duce “uomo di Stato... che deve tener conto, per il bene della nazione, che la religione ha tutt’ora una grande importanza in Italia”, le cose sarebbero fortemente peggiorate col passare del tempo. Reghini, infatti, vedeva nel fascismo la nascita di un’élite intellettuale destinata al governo del mondo, un dominio politico e sociale che un gruppo selezionato avrebbe dovuto esercitare sula società, da ricollegare ai concetti alti espressi in “Imperialismo pagano”, gerarchia che, alla maniera di Guénon, avrebbe dovuto arrestare la pericolosa deriva antitradizionale imboccata dall’Occidente e, quindi, da questo punto di vista, in possesso della più scatenante vis rivoluzionaria. Questa visione mal si accordava con la gerarchia fondata su stivaloni e orbaci, su slogan populistici e sulla preservazione di una classe politica e culturale che andava a braccetto con il potere temporale della Chiesa. Reghini, che le antenne buone certamente le possedeva, si accorse subito della piega che avevano ormai preso i fatti. La stessa iniziativa di Atanòr del 1924, con collaboratori di notevole valore, quali Guénon, Kremmerz, Evola – i cui rapporti, all’epoca, erano ancora saldi – sembra proprio l’apprestamento di una sorta di linea di difesa, nel ten- [ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA] tativo di proteggersi contro pericoli che sono sempre più incombenti. A sua volta, forse ispirato da forze sottili, Amedeo Armentano aveva compreso benissimo il pericolo quando, nel maggio di quello stesso anno, pochi giorni prima dell’assassinio di Giacomo Matteotti, abbandonava per sempre l’Italia per il Brasile, dal quale non avrebbe più fatto ritorno. Reghini faceva ormai parte di un altro mondo, quello dei perdenti. Intellettualmente ciò che rappresentò il suo canto del cigno fu la lunghissima introduzione al De occulta Philosophia di Agrippa dove emerge quel concetto, straordinariamente forte e coraggioso, ma verissimo, della magia come “scienza integrale della natura” che non tende affatto a fare “l’impossibile” dal momento che “i miracoli che il mago compie non sono, come quelli attribuiti ai santi ed i fondatori di certe religioni, una violazione delle leggi di natura, sono miracoli nel senso etimologico della parola, cioè semplicemente cose degne di essere mirate, non più prodigiose di qualsiasi altro fenomeno.” Si tratta “di scienza, anzi è la scienza teorica e pratica, della natura fisica e metafisica, umana e superumana”. Di una disciplina a proposito della quale aveva già affermato che “la magia, nelle sue tre suddivisioni, di fisica, matematica e teologia, fa dunque appello all’esperienza e perciò si trova naturalmente in opposizione con le religioni di tipo occidentale moderno, che non si limitano all’esercizio del culto, ma pretendono interloquire nelle questioni di scienza, facendo appello alla fede ed alla autorità di una rivelazione...”. Dunque, ed in questo si rivela particolarmente moderno ed acuto – oltre che coraggioso – il mago rinascimentale, il mago all’Agrippa si intende, costituisce, da tale punto di vista un autentico antesignano del moderno scienziato che osserva, studia, analizza, ricostruisce, verifica. Sullo scorcio di quei carichi di eventi ed al tempo stesso inquietanti anni ’20 Reghini si collocava in disparte, in una sorta di sonno della intellettualità manifesta anche se, stando alla testimonianza di Aniceto del Massa, l’attività della celebre e mi- steriosa Schola doveva continuare. L’universo di Reghini si confondeva allora, e sempre di più, con quello, solo in apparenza arido ed astratto, dei numeri pitagorici, in una ricerca dell’eternità iniziata tanti e tanti anni prima. Parlare di Arturo Reghini come matematico può risultare limitante per la memoria di quel ricercatore della conoscenza dopo più di mezzo secolo di oblio voluto più o meno coscientemente dal mondo accademico dominante. Non perché Reghini non sia stato un matematico vero: era, al contrario, in possesso di un’alta capacità tecnica e di un rigore logico non comune, tanto che la sua genialità procedurale ancor oggi sarebbe d’aiuto per uno sviluppo qualitativo della teoria dei numeri, una delle aree più antiche della matematica. Ma parlarne solo come matematico sarebbe come voler decontestualizzare una frase da un poema e dall’analisi di questa frase trarre conclusioni definitive sul significato del poema stesso. Reghini è stato un pitagorico: un filosofo, un matematico, un astronomo, un musico. Uno studioso antico delle leggi che regolano l’armonia del cosmo, nel tentativo eroico di rivolgere le attività dell’anima verso il mondo sovrumano. Per Reghini, la geometria e l’aritmetica sono scienze sacre e nella sua opera, come un antico pitagorico, tenta di restituire al mondo moderno questa sacralità del sapere; un sapere che non deve essere fine a sé stesso, non deve spezzare i suoi legami col sacro, come tristemente avviene nel pensiero scientifico moderno imperante, che arriva addirittura a negare l’esistenza stessa del trascendente. Il suo libro più originale, “Per la restituzione della geometria pitagorica” che “fu lodato all’Accademia dei Lincei e premiato dall’Accademia d’Italia”, è permeato da questa necessità di restituire al mondo moderno la geometria sacra, quella di Pitagora, antecedente di circa tre secoli a quell’Euclide che sconvolse profondamente, con l’introduzione del V postulato, l’assetto della geometria; lo stesso teorema di Pitagora ci viene trasmesso con una dimostrazione euclidea e non con quella originale del filosofo di cui porta il nome. E non è una semplice questione n.3 - luglio 2015 | HORUS 23 24 HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti di diritti d’autore, perché con Euclide la geometria, spezzando ogni suo legame col mondo divino, degenerò in una scienza profana, fine a se stessa. Il V postulato di Euclide, con il suo concetto di rette parallele, di rette cioè prolungate all’infinito, non era concepibile dai pitagorici; per la loro mentalità questo era un concetto addirittura “ripugnante”, secondo Reghini: per essi infatti il perfetto è ciò che è compiuto (si pensi al passato remoto in alcune lingue, indicato col temine “perfetto”), mentre era imperfetto l’illimitato, l’infinito. E Reghini tenta, con successo, nonostante le scarse notizie giunte fino a noi, di ottenere gli stessi risultati di Euclide con un postulato perfetto, pitagorico, cosmico: quello della rotazione. Il movimento (ed in particolare quello di rotazione), si presenta come aspetto caratteristico della vita cosmica e perciò deve avere, pitagoricamente, un posto primario nella geometria. Le conclusioni sulle relazioni esistenti tra poligoni, solidi regolari e note musicali, considerazioni che esaltano l’armonia che si ripete nel cosmo secondo leggi matematiche assolute, universali, troveranno completezza nell’altro suo lavoro “I numeri sacri”. Anche in questa occasione si evidenzia l’assoluta diversità di significato dei concetti o definizioni basilari tra il pensiero euclideo (secondo cui l’unità è un numero ed è ciò che non ha parti) ed il pensiero pitagorico, fatto proprio dal Reghini, secondo cui l’unità è il principio di tutti i numeri ed è rappresentata dal punto che è l’unità avente posizione. [ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA] Dal punto cogito ergo sum, cioè dall’1, mediante uno sviluppo lineare si costruisce la sequenza per cui dall’1 segue il 2, dal 2 segue il 3 e dal 3 il 4 che, rappresentati in questo modo: danno origine a primi quattro numeri triangolari (poiché la forma che viene seguita e rimane inalterata nella sequenza – ossia il concetto di gnomon- è il triangolo) 1, 3, 6, 10,…; nonché al delta della Tetraktys pitagorica. Dall’unità si passa al 2 (linea), dal 2 al 3 (piano), dal 3 al 4 (spazio) e poi non è possibile, nei limiti dell’intuizione umana, arrivare al 5, come una piramide dell’iperspazio a quattro dimensioni: il procedimento è finito, concluso, perfetto. Da qui la perfezione del numero 4. La tetractys racchiude anche legami simbolici insospettabili: uno per tutti il numero 7, assimilato a Minerva, vergine e non generata in quanto balzò fuori direttamente dal cervello di Giove armata di tutto punto, perché esso non è generato per moltiplicazione da nessun numero della decade e non genera nessun numero di essa (mentre, al contrario, tutti gli altri numeri della decade sono sottomultipli o multipli degli elementi della decade stessa). Ma la tetractys racchiude soprattutto in sé i segreti di quelle leggi dell’armonia che regolano il cosmo e che si ripetono in aritmetica, nella musica, nella geometria. Si prenda una corda elastica e consideriamola di lunghezza unitaria (1); si prenda una seconda corda lunga la metà della prima (1/2), poi una terza corda, di lunghezza pari alla media aritmetica della prime due (3/4) ed infine una quarta lunga quanto la loro media armonica (2/3). Queste quattro corde hanno le misure del tetracordo di Filolao, o lira (con la quale si narra che Anfione abbia costruito le mura di Tebe e Orfeo agisse su animali e piante). Se la prima corda emette, vibrando, il suono DO, la seconda corda, avendo lunghezza metà, emette un suono di frequenza doppia cioè il DO dell’ottava superiore ed i suoni emessi dalle altre due corde sono rispettivamente quelli del FA (3/4) e del SOL (2/3). 1, 3⁄4, 2/3, 1⁄2: la tetractys delle corde del tetracordo di Filolao si ottiene con rapporti semplici dei numeri della tetractys pitagorica. I rapporti di Filolao si ripetono nel pentalfa (la stella a cinque punte, unico simbolo esoterico rigorosamente occidentale, secondo Reghini) e nel dodecaedro, (“la forma di cui si è giovato Dio per disegnare l’Universo”, dice Timeo prima di essere zittito da Platone), dimostrando l’esistenza nel Cosmo di quella stessa armonia che l’orecchio e l’esperienza scoprivano nelle note del tetracordo. A queste conclusioni Reghini giunge certamente con il rigore del matematico moderno, ma anche con la sobrietà del filosofo antico, che vedeva la connessione tra numeri e concetti di carattere universale. “I numeri hanno un valore interiore, eterno, universale, trascendente qualunque forma di vita e di coscienza, carattere che non è posseduto dalle scritture ideografiche e neppure dalla loro rappresentazione mediante lettere o cifre. Basandosi sui numeri non si restringe l’universale al creato e alle creature, a ciò che è contingente, umano, determinato nel tempo e particolare di un periodo storico, di una lingua, di un luogo geografico”. Ecco perché le scienze del trivio pitagorico: grammatica, logica, retorica, sono nettamente inferiori all’aritmetica e alle altre scienze del quadrivio, perché sono scienze umane e si riferiscono alle facoltà intellettuali umane e da questo punto di vista deve essere invertito il senso dell’affermazione cartesiana cogito ergo sum; il pensiero non è che una modalità dell’Essere assoluto e non l’unica forma di manifestazione dell’esistenza universale. La matematica nella sua evoluzione storica ha esteso il concetto di numero, e i numeri interi ed i rapporti tra di loro non sono che un caso particolare dei numeri reali, ma questa estensione ha n.3 - luglio 2015 | HORUS 25 [ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA] 26 alterato, impoverendolo, il concetto di numero, riducendolo a misura delle grandezze e tutta questa scienza si riduce, come dice René Guénon, al calcolo, che consiste in una serie di procedimenti più o meno artificiali. “I numeri interi sono stati fatti da Dio, mentre il resto è opera dell’uomo ed indagare le proprietà dei numeri interi è addentrarsi nell’abisso dell’interiorità dell’Essere”. Quest’affermazione del matematico Kronecker può risultare eccessiva o forzata per un uomo di cultura moderna, ma non dobbiamo dimenticare il periodo storico in cui visse il Reghini, caratterizzato da una profonda innovazione del pensiero scientifico classico, soprattutto in virtù delle scoperte della fisica atomica, che mettevano in crisi il concetto, ottocentesco ma antico di una realtà “massiccia”, costringendo, quasi, i fisici del tempo alla necessità dei numeri interi. Al giorno d’oggi, la fisica moderna nel suo incessante tentativo di scoprire i meccanismi di base dell’universo e di trovare l’univocità del kosmos immerso nel kaos della percezione grossolana, sta proponendo teorie, in grado di rispondere alle domande fondamentali, basate essenzialmente nella riduzione della realtà a semplici numeri interi, a corde che vibrano in spazi incommensurabilmente microscopici i cui modi vibratori non possono che essere interi e profondamente legati all’intuizione pitagorica delle origini. La stessa mente umana sembrerebbe essere in connessione con questo tipo di campo unificato, un tutto in grado di interagire con se stesso, con la materia e con la consapevolezza universale che trova la sua più alta espressione nell’anima dell’uomo. Non sappiamo quanto Reghini fosse al corrente delle analogie tra la sua visione esoterica e i progressi della scienza dei suoi tempi, che già aveva sperimentato una discretizzazione quantistica nell’ambito del continuo newtoniano. Rimane il fatto, comunque, che l’intuizione e la sua armonica connessione con i più profondi misteri del- l’universo, tramandati da Pitagora e da tradizioni a lui precedenti ma arrivate fino a noi in terra italica, abbiano reso Arturo Reghini una delle voci più influenti e significative nell’ambito esoterico e iniziatico italiano e – finalmente con un po’ di orgoglio culturale – dell’intera cultura occidentale. Fr.·.Orfeo Scozzese della Volta Sacra di Giacomo VI Bibliografia utile A. Reghini. “La tradizione pitagorica Massonica”. Gherardo Casini Editore A. Reghini. “I numeri sacri - nella tradizione pitagorica massonica”. Ed. Atanòr Atti del Convegno su Arturo Reghini (2004), a cura del Rito Simbolico Italiano. http://www.esonet.it HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti La Morte e il Quarto Cavaliere orte e rinascita. Il nostro è un mondo catastrofico, non nel senso che la fine del mondo sia più vicina, ma nel senso che i punti di tensione sono ormai così logorati che la situazione sembra poter esplodere da un momento all’altro. Come alla fine dell’Impero Romano, si avverte un senso di declino e di decadenza, si sente la pressione dei “barbari” alle porte, si comincia a comprendere che un mondo è ormai al tramonto e si avverte l’angoscia che con esso tramonti la nostra stessa cultura. Come la società romana anche la nostra sembra in attesa di un nuovo archetipo del vivere sociale. Come Giovanni, vediamo davanti a noi in tutto il suo aspetto terrificante, la “bestia”, che se per il veggente di Patmos era identificabile con l’impero romano, per noi è una realtà più difficilmente riconoscibile, dove l’uomo scompare tra gli ingranaggi dell’economia. con le fiere della terra.” (Apo. 6,7-8) il Fr.·. Aquileius indaga le peculiarità del simbolismo apocalittico, che è connesso ai gradi joanniti del Nostro Venerabile Rito, ovvero Cavaliere d'Occidente e Grande Pontefice. Il colore del suo cavallo, che più che verde è verdastro, è un colore malsano che tanto nei classici greci come in ebraico si associa in genere alla malattia e ha fatto sì che di solito lo si identificasse con un’epidemia, ma in realtà Giovanni dice con chiarezza che la malattia è solo una delle sue armi, che sono in effetti spada, fame, peste e animali feroci. Dubito però che Giovanni intenda in questo caso la morte come fatto semplicemente naturale; innanzitutto la menzione delle quattro armi del cavaliere fa capire che non si tratta della morte intesa come completamento naturale della vita: è la morte repentina, subitanea, inattesa, quella che Il quarto cavaliere è l’unico a portare un nome, coglie alla sprovvista, senza che abbiamo avuto modo di difenderci o prepararci, ma soprattutto ed è un nome sinistro: Morte. “Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la ciò che spaventa il lettore non è tanto il cavaliere, voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». quanto il suo seguito, gli inferi, o, per meglio dire Ed ecco, mi apparve un cavallo verde. Chi lo caval- l’Ade. cava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu Nella mentalità greca ed ebraica l’Ade si dice che dato loro potere sopra la quarta parte della terra per ha una fame insaziabile; è paragonato ad una sterminare con la spada, con la fame, con la peste e trappola, a dei lacci che incatenano, è una sorta n.3 - luglio 2015 | HORUS 27 28 di buco nero che inghiotte tutto ciò che è vivo, paralizzandolo in un quasi-nulla, è il luogo dove nessuna azione è più possibile, dove l’essere è come un ombra di essere, la vita una non-vita. Ciò che rende ancor più spaventosa la condizione dei moribondi è l’incuria di chi dovrebbe assisterli, come ciò che rende più spaventose le catastrofi naturali è la devastazione del territorio e la speculazione che porta. Anche il progresso scientifico (anch’esso arma del bianco cavaliere!) può aiutarci a vincere o prevenire molte malattie. Insomma, il bianco cavaliere non può vincere Morte, come anche non può sconfiggere definitivamente Guerra e Speculazione ma può rendere il morire più dignitoso e umano e quindi meno temibile. In sintesi quindi l’apertura dei primi quattro sigilli mostra che il dinamismo fondamentale della storia, la sua prima chiave di lettura, è la lotta tra il bianco cavaliere, che riceve da Dio il potere per vincere ancora e Guerra, Speculazione e Morte che glielo contestano. La storia umana è il teatro di questo scontro, il cui esito è già scritto, perché il bianco cavaliere esce “per vincere ancora”. La morte cammina a fianco dell'uomo, ma il profano fa finta d'ignorarla. Eppure, nell'era della comunicazione di massa, non manca giorno che ci ricordi la sua presenza. La morte è un fatto che cerchiamo immediata- mente di cancellare dalla nostra mente. Non c'è posto per la "cultura della morte”. In questa nostra civiltà non assistiamo più alla saggezza dei vecchi che affrontano con serenità e dignità il sopraggiungere della morte. Nelle dottrine delle culture antiche, seppur diverse per caratteristiche dell'ambiente e dei popoli, il rapporto con la morte era unitario: vita dopo la morte. I testi che ci sono stati tramandati sono testimonianza di questo rapporto. Il "Libro dei Morti" quello egizio e quello tibetano. Il primo precede di oltre tremila anni il Bardo Thódol. (Bardo significa: post morte o stato intermedio dopo morte; Thódol: liberazione mediante lo studio, ascolto, meditazione). Per l'antico egizio la morte non era l'ultima tappa, la fine del viaggio; ma bensì la continuazione dell'essere intelligente. Per rigenerarsi era necessaria una nuova rinascita, che poteva avvenire solo con la morte terrestre. Ciò equivaleva alla rinascita dello spirito, al ringiovanimento dell'Ego profondo. Il defunto diveniva allora un nuovo nato nella piena luce del giorno. Se la morte è figlia della notte e sorella del sogno possiede, come sua madre, il potere di rigenerare. Ed ecco che il concetto di morte perde il contenuto terrificante, legato all'inutile fine, ma diventa "vettore" di trasformazione, di rigenerazione. Le leggi HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti fisiche della natura ci insegnano che nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma, materia è energia, energia è materia. L'imperturbabilità di Socrate negli ultimi momenti della sua vita è indubbiamente legata ad un concetto di morte-vita e cioè all'immortalità. Certo la morte, considerata quale vettore di rinascita, perde il suo effetto distruttivo. Assume concetto creativo o meglio rigeneratore, fonte di Luce. Seneca nella frase "nascendo quotidie morimur" rileva che questo processo di "trasmutazione" della materia fisica e di quella psichica avviene attraverso una "morte" e una "rinascita" simbolica; "nascendo ogni giorno, si muore ogni giorno", più semplicemente: "vivendo si invecchia ". In questa frase esistono due significati: generando, producendo, io continuamente, ogni giorno mi trasformo rinnovandomi. Per il mio modo di intendere la vita io interpreto: "quando produco", ossia quando genero con i miei comportamenti corretti quotidiani vitali e con le mie opere creative che ne derivano, qualcosa di spiritualmente nuovo (superiore allo stato di coscienza spirituale precedente), "contemporaneamente mi trasformo" evolvendomi. Far diventare cosciente il processo causale della mia morte e della mia rinascita in modo che ne possa diventare il fautore at- tivo e non il suo prodotto passivo; che è ciò che vorrebbe fare anche l'alchimista quando cerca di produrre la sua "pietra". All'inizio, il difficile è passare dalla teoria alla pratica. Fr.·. Aquileius Novizio I Grado Ermetico n.3 - luglio 2015 | HORUS 29 Sansone o Sun-Son 30 Il "Natale" cristiano è un'antica festività pagana, come pure, sotto altro nome è la Pasqua. Il 21 marzo (intorno alla data della vecchia pasqua), il Sole entrava nel segno zodiacale dell'Ariete, montone o agnello, e in occasione di quel giorno venivano sacrificati gli agnelli durante rituali finalizzati ad ottenere la propiziazione di Yahweh/Sole ed abbondanti raccolti. Messa in un altro modo, essi credevano che il sangue dell'agnello avrebbe incoraggiato Yahweh/Sole a perdonare i loro peccati. La storia di Sansone (Sam-sun) nell'Antico Testamento presenta lo stesso simbolismo solare. Gli antichi rappresentavano il ciclo annuale del Sole come la vita di un uomo. Erano soliti raffigurare il Sole come un bambino che nasceva con il Solstizio d’Inverno (il Natale dei cattolici) e che all’Equinozio di Primavera (la Pasqua dei cattolici) veniva a far parte del mondo degli adulti e che all’epoca del Solstizio d’Estate era diventato un uomo grande e grosso e molto forte. La potenza del Sole raggiunge il suo apice nell'emisfero settentrionale nel momento in cui il giorno risulta più lungo rispetto all'oscurità. A questo punto all'uomoSole vennero attribuiti lunghi capelli color oro, come simbolo dei potenti raggi del Sole. Quando il Sole entrava nella casa della Vergine (la casa di Dalila) all'inizio dell'Autunno, l'uomo-Sole si faceva tagliare i capelli poiché la potenza del Sole cominciava a venir meno. Gli antichi raffiguravano il Sole come un bambino a dicembre, un ragazzo a Pasqua, un uomo in estate, un anziano che sta perdendo le forze in autunno e un vecchio il giorno del solstizio d'inverno. Ora riconsideriamo la storia di Sansone (Sun-son). Costui era incredibilmente forte e aveva lunghi capelli, ma perse la sua forza quando glieli tagliarono. I proHORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti blemi iniziarono quando entrò nel segno astrologico della Vergine (Dalilà), attraverso cui il Sole passa quando l'inverno si avvicina. Raccogliendo le sue ultime forze, Sansone abbatte le due colonne, Equinozio d’Autunno e Solstizio d’Inverno e puoi muore. Questa è la vera storia di Sansone. Costui non fu una persona realmente esistita, ma una rappresentazione simbolica del Sole. La storia di Sansone spicca nella Bibbia per le incongruenze di cui appare intessuta, e gli allievi nei seminari si devono essere scervellati a lungo sull'arma con cui uccise i Filistei. Ma c'è ben altro su cui spremersi il cervello. Citazione: “…Trovò allora una mascella d'asino ancora fresca, stese la mano, l'afferrò e uccise con essa mille uomini. Sansone disse: «Con la mascella dell'asino, li ho ben macellati! Con la mascella dell'asino, ho colpito mille uomini!» Quand'ebbe finito di parlare, gettò via la mascella; per questo, quel luogo fu chiamato Ramat-Lehi. Poi ebbe gran sete e invocò il Signore dicendo: «Tu hai concesso questa grande vittoria mediante il tuo servo; ora dovrò morir di sete e cader nelle mani dei non circoncisi?». Ma Dio aprì una cavità che era nella mascella, e ne uscì dell'acqua; e come ebbe bevuto ritornò il suo spirito ed egli si riprese: perciò chiamò il nome di quella En-hakkore, che è in Lehi fino a questo giorno. Sansone fu giudice d'Israele, al tempo dei Filistei, per venti anni.” (Giudici 15:15-20) Ramat-Lehi significa “Altura della mascella”. Nelle traduzioni, questi passi sono stati espurgati per renderli più plausibili; quella Mascella non è un osso, è qualcosa che sta in cielo, qualcosa che sta in alto. LEHI era il nome che i Babilonesi davano alle IADI, situate nel Toro come MASCELLA DEL TORO. Il Vocabolario Etimologico di Pianigiani è uno dei più famosi vocabolari etimologici italiani, dice a proposito delle Iadi: “IADI = gr. YADES da Y-ein “piovere”, che fa capo alla radice Y per SY = sscr che ha il senso di spremere. Le IADI, le quali piansero tanto il loro fratello IADE che Giove le trasportò in cielo e le trasformò in astri.” Si ricorda il detto classico le “PLUVIE IADI”. Dunque queste stelle, dette dai babilonesi LEHI (lo stesso termine usato dalla Bibbia), sono associate alla pioggia, all’acqua. “…Ed ebbe molta sete (…) morirò io ora di sete? (…) Ma Dio aprì la cavità di LEHI (mascella) e ne uscì dell’acqua…” (Giudici 15:18-19). Chi conosce i Veda, sa che Indra (spirito o divinità legata alla pioggia) usa il potente VAJIRA un fulmine, fatto con le ossa di Dadhyac dalla testa di cavallo (la mascella) e il fulmine è sempre associato alla pioggia, quindi all’acqua. Nel poema della creazione babilonese (Enuma Elis), che precede la storia di Sansone, Marduk usa le IADI come una specie di boomerang per distruggere la progenie dei mostri celesti… In tutto il mondo vi sono storie di un essere che usa la mascella di un asino, di un cavallo, di un toro, perfino di un tapiro, e tutte n.3 - luglio 2015 | HORUS 31 32 queste mascelle sono in relazione alle IADI e all'acqua. Nell'America meridionale, dove i tori erano ancora sconosciuti, gli Arawak, i Tupi e i Quechua dell'Equador, parlavano della MASCELLA DEL TAPIRO, che si ricollegava al gran Dio HUNRAKAN, da cui deriva il termine URAGANO. I Dayak del Borneo, designano le IADI con il termine RAHANG (mascella). Dunque il biblico Sun-son è un personaggio assurdo, salvo che per la sua maniacale violenza e le improvvise passioni. Fa una certa impressione, dopo averne letto la caotica e bizzarra biografia, trovare a conclusione “e giudicò Israele per vent'anni”: se mai vi fu uomo senza giudizio, era proprio questo massacratore scatenato; ed è assai dubbio, che egli abbia mai dato lustro alla sua professione. “Giudicò Israele per 20 anni” cioè: giudicò Israele per 240 mesi. O meglio, giudicò Israele per 7200 giorni. 20, 240, 7200, sempre e solo numeri precessionali. 20 sono gli anni che il Sole Precessionale impiega per percorrere 1000 secondi d'arco, il numero degli uomini uccisi con la mascella d'asino. Sansone giudicò Israele per 20 anni, cioè il Sole percorse 1000 secondi d'arco (cioè ne dovette uccidere 1000)... Per chi non avesse voglia di fare calcoli (per i più pigri), mi spiego meglio: Il Sole precessionale percorre un grado zodiacale in 72 anni. Un grado zodiacale corrispondono a 60 primi d'arco, cioè a 3600 secondi d'arco (60X60). 3600:72=50, questo significa che il Sole Precessionale in un anno percorre 50 secondi d'arco. Se moltiplico 50 per i 20 anni per cui Sansone è stato Giudice, ottengo 1000 secondi d'arco. 240:20=12 - 7200:20=360 entrambi i risultati riportano allo Zodiaco (12 segni per un totale di 360 gradi). La mascella d'asino con denti e leggermente ricurva indica una parte della fascia zodiacale ed a conferma di tutto ciò che ho detto, c’è anche il significato del nome, che proviene da un termine ebraico che significa Sole. Questa cosa da sola, da valore a tutto ciò che ho detto di lui. Infatti sembra che la gente faccia meno fatica ad accettare la storia di un uomo, che da solo, armato con una “mascella d’asino” abbia ucciso 1000 filistei (cosa biasimevole tra l’altro, la morte di tante persone non ha mai scusanti), piuttosto che una spiegazione logica e razionale della storia, confermata dai numeri contenuti nel testo. Oltre a non saper leggere i numeri, le persone non sanno estrarre le immagini dal testo. Ora immaginate Sansone/Sole, che stando su un "altura" con in mano una “mascella d’asino” rotea su se stesso uccidendo i 1000 Filistei che gli stavano intorno, cosa viene in mente??? Abbiamo un uomo che si chiama Sole, che sta in alto, che roteando ne fa fuori 1000, e HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti guarda caso questi 1000 corrispondono ai secondi d’arco che il Sole Precessionale percorre in 20 anni. Inoltre il numero dei mesi che compongono 20 anni sono 240, il numero dei giorni sono 7200, mentre le ore corrispondono a un 172800 (Krita Yuga). Davanti a queste prove, come si fa a pensare che l’autore della storia biblica di Sansone abbia voluto dire quello che ci propinano i dotti ebrei, i dotti cattolici e i dotti protestanti??? Come si può credere che nessuno si sia mai accorto? E parlo di quegli illustri cervelli, che sono i teologi, che si professano uomini di Dio, che per evitare di dire che gli israeliti adoravano il Sole, si sono inventati le spiegazioni più disparate. È chiaro che hanno mentito sapendo di mentire e hanno continuato a farlo fino ai giorni nostri. È vero ebraismo e cristianesimo sono religioni monoteiste, ma questo unico Dio era il Sole. Quindi più ci si riflette e più ci si convince che gli israeliti erano adoratori del sole e che il cristianesimo è il residuo di un antico culto solare. I testi antichi devono essere letti con un occhio sulle pagine e con l'altro rivolto al cielo... Fr.·. AmmAGAmmA Grande Pontefice HORUS, Quaderni di studio aperiodici del Sovrano Santuario d’Italia dei Riti Uniti. La pubblicazione è diretta dal Fr Leuviah. I Fratelli interessati a pubblicare i loro contributi possono scrivere a questo indirizzo: [email protected] www.memphismisraim.net La direzione di HORUS si riserva ogni valutazione in merito, sentito il Sovrano Santuario