"Schola italica". - Grande Oriente Egizio di Memphis e Misraim

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"Schola italica". - Grande Oriente Egizio di Memphis e Misraim
SOVRANO SANTUARIO
D’ITALIA DEI RITI UNITI
LA RIVISTA DELL' ORDINE DEI RITI UNITI DI MEMPHIS E MISRAIM
Martinez
de Pasqually e
l’Ordine degli
Eletti Cohen
la schola italica
di arturo reghini
[NOTA EDITORIALE]
Sommario
Nota editoriale e Aggiornamenti
Fr.·. Leuviah - Novizio I Grado Ermetico
pag 3
Dei Risvegli
Il Gran Hyerophante e Gran Maestro Ser.·.Fr.·. Akira
pag 7
Martinez de Pasqually
e l’Ordine degli Eletti Cohen
Il Sostituto Gran Hyerophante e Gran Maestro Aggiunto
Fr.·. Purusha
pag 9
Arturo Reghini e la Schola Italica
Fr.·.Orfeo - Scozzese della Volta Sacra di Giacomo VI
pag 18
La Morte e il Quarto Cavaliere
Fr.·. Aquileius - Novizio I Grado Ermetico
pag 27
Sansone o Sun-Son
Fr.·. AmmAGAmmA - Grande Pontefice
pag 30
HORUS - Quaderni di studio aperiodici del
Sovrano Santuario d’Italia dei Riti Uniti
N. 3 A∴ L∴ E∴ 3307
Direttore responsabile: Fr∴ Leuviah
Progetto grafico e impaginazione: Claudio Cucina
2
Collaborazioni con Horus:
I Fratelli interessati a pubblicare i loro contributi possono
scrivere a questo indirizzo:
[email protected]
La direzione di HORUS si riserva ogni valutazione in merito,
sentito il Sovrano Santuario.
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
’A.·.M.·. che si è appena concluso è
stato molto intenso
per il Lavoro che è
stato portato avanti
dalla Gran Loggia d’Italia
dei Riti Confederati e dall’O.·. R.·. U.·. M.·. M.·..
La Gran Loggia ha visto crescere le proprie Officine azzurre, mentre per i membri del Rito, con le
prime ordinazioni e ed iniziazioni, sono state attivate le linee gnostiche e cohen. Inoltre è
continuata la fruttuosa collaborazione con la casa editrice Tipheret e i membri del N.·. V.·.
O.·..
Questo nuovo numero di Horus è una testimonianza del lavoro svolto quest’anno: il Serenissimo Gran Hyerophante e Gran Maestro Fr.·.Akira introduce il tema del risveglio
dell’ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen in seno al nostro Ordine e si continua con
un estratto del libro “La Società degli Indipendenti”, opera del Sostituto Gran Hyerophante e Gran Maestro Aggiunto Fr.·. Purusha, in cui viene magistralmente tratteggiata
la storia dell’Oridne Cohen fondato da Martinez De Pasqually.
Il Fr.·.Orfeo ci presenta un'interessante panoramica sulla vita e il pensiero di Arturo
Reghini, massone, pitagorico e ed esponente di spicco della cosiddetta “Schola Italica”,
esperienza e consesso esoterico che a distanza di tempo è per il N.·. V.·. O.·. un importante
punto di riferimento per il Lavoro massonico e l’operatività.
In questo numero troviamo
anche un approfondimento su un
grado della nostra scala del Rito: il
Fr.·. Aquileius ci presenta infatti
Il Serenissimo Gran Hyerophante e Gran Maestro Fr.·. Akira
una riflessione sulla Morte e sul
con propri decreti, e facendo seguito al protocollo d'intesa sotQuarto Cavaliere dell’Apocalisse,
toscritto con l'Ordine degli Eletti Cohen ha attivato le Camere
elementi pregnanti nella leggenda e
capitolari della classe del Portico, del Tempio e del Santuario.
nel simbolismo del grado joannita
Queste camere permetteranno ai Fratelli dotati delle necessarie
del Cavaliere d’Oriente, 47° della
qualificazioni di avvicinarsi all'operatività teurgica, sempre
nostra Scala di Perfezione.
con l’intento di fornire una scala di iniziatica omogenea e comIl numero si conclude con
pleta agli Uomini di Desiderio del Nostro Venerabile Ordine.
un’indagine a firma del Fr.·. AmmAGAmmA su Sansone e gli inContinua a crescere la nostra Comunione: sono state consaflussi del culto solare nel mondo
crate nel 2015 le nuove Logge di Roma, Napoli e Pescara, e sotgiudaico e in altre civiltà e religioni.
toscritti i trattati d'amicizia con la Gran Loggia Regolare di
Serbia e con la Gran Loggia di Catalogna: questi riconosciFr.·. Leuviah
menti consolidano la crescita dei rapporti internazionali della
Novizio I Grado Ermetico
nostra Comunione e ne rafforzano la reputazione.
Aggiornamenti
n.3 - luglio 2015 | HORUS
3
in libreria
LA SOCIETÀ DEGLI INDIPENDENTI
Essenza del Martinismo
Purusha
Tipheret Edizioni 2015
Reintegrazione, Riparatore, Uomo di Desiderio: sono termini entrati
nel vocabolario di diverse realtà iniziatiche, ma pochi conoscono il
pensiero di colui che a questi concetti ha dedicato la vita. Il gentiluomo
francese Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), che pubblicò le sue
opere con lo pseudonimo di "Filosofo Incognito", è tuttora misconosciuto tra chi si occupa di spiritualità. Sorprende che fra costoro vi
siano anche membri dell'Ordine Martinista, che fu fondato durante la
belle époque dall'occultista Gérard Encausse detto "Papus" (18651916); l'idea era quella di promuovere le scienze occulte occidentali
contro l'avanzare del materialismo e dell'ateismo. Tuttavia, nella genuina ricerca di una sintesi tra Tarocchi, Qabalah, Alchimia, Ermetismo
etc., gli Ordini Martinisti hanno spesso perso di vista la loro stessa tradizione.
LA TRADIZIONE MASSONICA SOLARE
Akira
Tipheret Edizioni 2015
La Massoneria italiana, come è noto, è da sempre attraversata al suo
interno da molteplici correnti di pensiero e di lavoro: troviamo infatti
rappresentate nel nostro Paese tanto la Libera Muratorìa anglosassone
quanto quella di derivazione francese. Così è anche per i Riti di perfezione, tutti egualmente presenti nelle diverse Obbedienze, pur con
una netta prevalenza del Rito Scozzese Antico e Accettato. Eppure,
nonostante la compresenza di due scuole massoniche di consolidato
prestigio e largamente affermate, in Italia di schola ve n'è una terza,
tenacemente sopravvissuta nei secoli. Il riferimento è alla cosiddetta
schola italica, che pur numericamente minoritaria, ha custodito il
Fuoco Sacro dei Misteri mediterranei di derivazione egitto-greca, del
pitagorismo e della Via romana: questo autentico athanor esoterico è
altresì definito “Tradizione massonica solare” nella pubblicistica
liberomuratoria e questo studio vuole essere una documentata
introduzione.
4
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
LE ISTRUZIONI DI LIONE
Jean Baptiste Willermorz
a cura di Mauro Cascio con prefazione di Federico Pignatelli
Tipheret Edizioni 2015
Visto il successo delle precedenti
pubblicazioni, la casa editrice
Tipheret ha dato alle stampe una
s er ie a fir m a e a cur a del
Serenissimo Gran Hyerophante e
Gran Maestro Fr.·. Akira e del
Sostituto Gran Hyerophante e
Sostituto Gran Maestro Fr.·. Purusha;
di seguito la sinossi dei volumi
pubblicati nel corso del 2015
Dalle Istruzioni di Lione noi riusciamo a ricostruire a grandi linee il
pensiero di Jean Baptiste Willermoz,
in larga parte debitore del sistema di
Martinez de Pasqually. Una prodigiosa cosmogonia, quasi senza pari
in Occidente, che è la premessa per
un ritorno a quella condizione primigenia e originaria a cui è destinata da
sempre la nostra dignità.
IL CIMITERO DI AMBOISE
Testo francese a fronte
Louis-Claude De Saint-Martin
Introduzione, traduzione e note a cura di
Mauro Cascio
Tipheret Edizioni 2015
C'è una Verità che taglia la storia. Ma è una
Verità che, per sua natura, la storia può solo
raccontare. E nel momento in cui il Vero diventa raccontarsi perde la maiuscola e il suo
carattere di Assolutezza. In questo senso la
Verità appartiene ai morti, e solo nella pace
e nel silenzio di un cimitero possiamo intuire
il Destino che ci appartiene per dignità. Il dolore dell'isolamento è il dolore della contraddizione. La certezza che esso esista è anche
certezza che possa essere sopportato e che sia
il solo che alla fine ci possa indicare il Venerdì Santo della nostra libertà. La Gloria.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
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IL SECRETO DEGLI DEI
Spagiria e chiarificazione esistenziale
Mauro Cascio
Tipheret Edizioni 2015
IL POEMA DI ISHTAR
Oswald Wirth
a cura di Mauro Cascio. Con un intervento
in appendice di Claudio Saporetti, già Professore Ordinario di Assirologia all'Università di Pisa
Tipheret Edizioni 2015
Estraneo ad ogni razionalismo, il visionario
babilonese percepiva brandelli di futuro. Era
un vaticinio oscuro e nebuloso del caos dell'idealità, per condensarsi poco a poco in concetti precisi. Si esprimeva per immagini
enigmatiche, oniriche, quanto non poteva
ancora comprendersi: il rapsode ispirato si è
affermato profeta, vate, nel più alto senso
della parola. Se noi vogliamo fare nostre
quelle concezioni che dominano l'intelligenza umana, andiamo dunque a scuola dei
poeti. Parlano la lingua divina dei simboli
che ci dispiace se non possiamo capire a
fondo perché, se la avessimo compresa meglio, tutte le controversie religiose non ci sarebbero state, ma si sarebbe piuttosto
costruito il Tempio Universale che unisce
tutti gli uomini.
6
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
La Spagiria constatando che tutto ciò che è
osservabile è simbolico afferma che è vero
anche il contrario, cioè che tutto ciò che è
simbolico è osservabile e che di conseguenza
l'archetipo degli archetipi fatto sensibile,
Simbolo supremo del simbolo, cioè l'Unità, è
osservabile e che l'uomo può contemplare
l'incarnazione del Logos nella materia. La lavorazione della Quintessenza ci permette di
sbirciare dietro la cortina del Sancta Sanctorum. L'ideale, in questa commozione, sarebbe poter tornare bambini ed essere presi
da quell'entusiasmo dove tutto è gioco, perché solo a quell'entusiasmo infantile, e in silenzio, si consegna l'Arte. "Ma bisogna dire
che questa scienza è molto a proposito e per
eccellenza paragonata ai giochi di fanciulli,
perché tutta l'Arte è giustamente chiamata
gioco, ma principalmente gioco delle lettere,
ludus litterarum, in cui i buoni spiriti prendono piacere, e altrettanto i dotti soddisfazione senza noia, come i fanciulli prendono
gusto alle cose frivole secondo la loro portata, che fa loro passare il tempo piacevolmente, e senza l'apprensione di alcun disagio
[...]"
Dei risvegli
l Solstizio d'estate
reca in sé il fulgore
abbagliante del Sole
che irradia la sua potente energia verso tutte
le creature che abitano la
Terra. Il 13 giugno 2015
Dopo la Primavera,
E:: V::, a Savona si generatrice di Risvegli
anime che si incarè riunito il Capitolo di
nano nuovamente e fidegli Eletti Cohen nalmente riscoprono il
proprio uomo storico
"Martinez de Pae bussano alla porta
squally" n°1 allo
del Tempio, l'Estate
Zenith di Roma in- permette al Sole, che
terno a lsprigiona tutta la sua
potenza, di favorire il
l'O RU M M , per
Risveglio degli Ordini
procedere all'iniiniziatici che sembraziazione di quattro vano condannati all'oblio.
Apprendisti Eletti
Lagrèze del primo Risveglio dell'Ordine avvenuto
nel 1943, in riferimento al quale il ruolo della Massoneria Egizia è stato decisivo: Gran Maestro Mondiale dei Riti Uniti di Memphis e Misraim era
Lagrèze; Robert Ambelain era Gran Maestro per la
Francia nel 1960 dopo Dupont e, dopo Lagreze, nel
1966 divenne Gran Maestro Mondiale dei Riti Uniti
di Memphis e Misraim.
La restaurazione dell'Ordine dei cavalieri Massoni Eletti Cohen dell'Universo è avvenuta grazie
alla generosità del Maestro Reau Croix Retziel, in
filiazione diretta con Aurifer ed Hermete, già Sovrani di questo antichissimo Ordine operativo
fondato da Martinez de Pasqually.
La traduzione e revisione dei rituali è avvenuta
attenendosi fedelmente agli originali, e ove necessario mediante una comparazione tra versioni
diverse dello stesso rituale (è successo per almeno tre gradi).
La trasmissione dei gradi cohen avverrà all'interno dell'Ordine dei Riti Uniti di Memphis e Misraim, e molto presto sarà consacrata anche una
Cohen, secondo i
Ma quando l'eggregore Loggia cohen nei gradi azzurri amministrati
rituali originali
di una comunità è forte dalla Gran Loggia d'Italia dei Riti Confederati.
settecenteschi,
quanto lo è quello delp a z i e n t e m e n t e l'O.·.R.·.U.·.M.·.M.·., ga- In verità, sebbene
rantire il lavoro nei la Tradizione
e sapientemente ri- Capitoli degli Eletti degli Eletti
costruiti. Che questi Cohen agli uomini di Cohen sia
desiderio realmente in- e f f e t t i v a Fratelli possano
percorrere con suc- teressati ad un cam- mente poe
mino teurgico di tente
cesso la Via della
reintegrazione alle loro complessa,
primitive potestà e ciò non toReintegrazione.
che
virtù è un dovere, da glie
adempiere nel solco della Tradizione che ci ha la- debba essere
ad
sciato il nostro Gran Maestro Passato Robert Am- accessibile
belain, autore, unitamente a Georges Bogé de ogni uomo sincero.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
7
[DEI RISVEGLI]
La cooptazione deve
essere sì
severa
per
ciò
che concerne le
qualità di
Cuore del
candidato e la
sua buona volontà, ma non effettuata in base alla sua
influenza o alla sua condizione sociale o la sua posizione in seno ad un
altro Ordine Iniziatico.
Dagli Statuti del 1767, riportiamo un estratto
piuttosto eloquente:
8
Noi rifiutiamo o espelliamo da questo Ordine,
con questi Statuti, come mostro della società,
quelli che negano la spiritualità dell'anima, la vita
futura e l'esistenza di un Dio vendicatore e misericordioso. Gli spiriti turbolenti, i deviati, i blasfemi, i giocatori senza discrezione, i malvagi, i
calunniatori ed i faziosi non dovranno essere ricevuti tra noi e saranno espulsi se dopo essere stati
caritatevolmente ammoniti, non cambiano, lo
stesso chi mette al primo posto il bere ed il mangiare o chi, a disprezzo del dovere del loro "stato",
si occupa solo di cose vane, della propria apparenza e di piacere al dolce sesso, senza preoccuparsi di rendersi utile alla società con qualche
talento. Gli spiriti violenti e selvaggi che non possono vivere senza litigio, le persone senza educazione, di indole cattiva, di carattere duro verso la
società...
debbano essere considerati con ripugnanza, come
indegni del vivere civile; nessun ipocrita in onestà
e devozione, che mostri una morale intransigente,
che dogmatizzi pubblicamente e ad ogni occasione
senza rispetto dei pregiudizi stabiliti nei luoghi in
cui è condotto a vivere, non entrerà né resterà nell'Ordine. I testardi e gli spiriti alteri, quelli che
voglio sempre aver ragione, che non accettano mai
d'aver torto, che si servono di parole piccanti per
costruire i loro diritti e che a disprezzo del genere
umano
non conoscono il rispetto degli individui bistrattati dalla sorte, i quali ben lontani dall'addolcire
il destino di questi sfortunati che la sorte ha messo
in condizioni e ceti bassi, lo ricordano loro con
modi altezzosi o con ingiurie, servendosi della loro
autorità e superiorità per tirannizzarli ed appropriarsi di ciò che ad essi appartiene. Essi sono nemici dell'uomo e di conseguenza indegni di essere
Massoni...
Il Grande Hyerophante e Gran Maestro
Ser.·.Fr.·. Akira
33.·. 66.·. 90.·. 95.·. 98.·.
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
UNIONE, PROSPERITA’ E CORAGGIO
Martinez de Pasqually e
l’Ordine degli Eletti Cohen
Il presente articolo è estratto da: Claude Purusha, “La Società
degli Indipendenti. Essenza del Martinismo”, Tipheret, Catania,
2015. Per motivi di spazio sono state stralciate alcune parti e si
sono omesse tutte le note a piè di pagina, ad eccezione di quelle
bibliografiche.
a storia del Martinismo non può che
iniziare dal fondatore di questa corrente di pensiero
iniziatico, ovvero il misterioso Martinez de Pasqually (1710?-1774), fondatore verso il 1754 dell’Ordine dei Cavalieri
Massoni Eletti Cohen dell’Universo.
Le poche note biografiche sono imprecise al
punto che non si conosce neppure la precisa ortografia del suo nome, che egli stesso modifica
più volte: talvolta si firma Joachim Dom Martinez
de Pasqually, talaltra Jacques Delivon Joacin Latour de La Case. Non sappiamo nulla delle sue
origini nè della sua formazione, ma sempre dai
suoi carteggi emerge che maneggiava molto maldestramente il francese, mentre la presenza di rituali in latino suggeriscono che avesse una
cultura classica. Malgrado egli e i suoi figli fossero cattolici, si ipotizza che egli fosse di famiglia
ebrea convertita1.
Il ritrovamento di alcuni atti notarili a Bordeaux
ci conferma che aveva percorso la carriera militare per almeno una decina di anni, col grado di
luogotenente. Nel 1737 si reca infatti in Spagna
nella compagnia del Reggimento di EdimbourgDragons, guidato dallo zio, Dom Pasqually. Nel
1740, Martinez è in Corsica, dove partecipa all’intervento francese agli ordini del marchese de Millebois. Nel 1747, è al servizio della Spagna e
combatte in Italia2. Nell’aprile 1762 Martinez, al
seguito del
reggimento di Foix che si installa allo ChâteauTrompette, è di guarnigione a Bordeaux, dove il
suo Ordine ha un decisivo scatto di crescita.
Al suo arrivo a Bordeaux, pur vivendo modestamente, Martinez de Pasqually non sembra però
a corto di denaro. Il porto di Bordeaux è infatti
specializzato nel commercio di zucchero con
Haiti ed è probabile che il fondatore degli Eletti
Cohen avesse degli interessi e degli affetti su quest’isola. Nel 1769 tuttavia i suoi debiti ammontano a 1200 livree; nel 1772, Martinez decide di
partire per Santo Domingo per seguire una questione ereditaria. Non smette però di inviare
istruzioni ai suoi discepoli, se non alla sua morte,
sopraggiunta il 24 settembre 1774.
Qualche tempo prima, aveva nominato il cugino
Cagnet de Lestère, uno dei suoi discepoli haitiani,
alla direzione dell’Ordine Cohen: ma anche questi muore nel dicembre 1779.
1.«Secondo robert amadou, suo padre, dal nome incerto, era nato ad alicante nel 1761 ed era un ebreo sposatosi
con una cattolica, Suzanne Dumas de rainau a Bordeaux»; così aldebaran (nome iniziatico di G. ventura), note storiche
sul Martinismo, p. 2, reperibili in rete. Contra r. ambelain, Martinism. History and doctrine, p. 11, disponibile in rete.
2.Si veda l’ottimo C. rebisse, Histoire, su www.martiniste.org.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
9
Il suo successore Sébastien de Las Casas (a giudicare dal cognome, presumibilmente anch’egli
un parente di Martinez) rientra in Francia nel novembre 1780 e mette ufficialmente in sonno un
Ordine che, come si può facilmente immaginare,
agonizzava già da quando il capo-catena Martinez era venuto a mancare. R. Ambelain, un Martinista che molto ha scritto e molto ha fatto
discutere, sostiene senza addurre prove particolari che gli Eletti Cohen avrebbero proseguito a
propagare la dottrina dell’Ordine, sia singolarmente sia in seno ad imprecisati “areopaghi cabalistici” composti ciascuno di nove membri, che
avrebbero continuato a lavorare almeno fino al
18063.
La Massoneria di Martinez de Pasqually
10
Il padre di Martinez era massone e possedeva
una patente stuardista datata il 20 maggio 1738,
che poi fu ereditata dal figlio e che consentiva a
questi di iniziare “a vista” i profani (oggi non sarebbe possibile). Pare che il padre fu Maestro Venerabile di una Loggia a Aix nel 1723. Martinez
de Pasqually, pur frequentando le Logge della
Francia meridionale, le considera « apocrife »
poichè si sono allontanate dalla vera dottrina,
quella della Reintegrazione. Jean-Baptiste Willermoz, uno dei suoi discepoli più noti, era sicuro
che Martinez fosse il successore del padre, che viveva in Spagna; questo lascia intendere che i
Cohen esistessero, almeno a livello embrionale,
già da tempo. Martinez così si esprimeva circa la
sua missione: “Non sono che un debole strumento di cui Dio ha ben voluto, sebbene io ne sia
indegno, di servirsi, per ricordare agli uomini
miei simili il loro primo stato di massoni, al fine
di far loro vedere veramente che sono realmente
uomini-Dei, essendo creati ad immagine e somiglianza di questo Essere onnipotente”.
Le attività massoniche di Martinez de Pasqually
iniziano nel 1754 ad Avignone, Marsiglia ed in
particolare a Montpellier, dove egli si presentò
come emissario di maestri rimasti incogniti e
3.Cfr. r. ambelain, op. cit., p. 19.
fondò il Capitolo dei Sovrani Giudici Scozzesi.
Alla fine del 1760, si presenta alla Loggia San Giovanni delle tre logge riunite, all’Oriente di Tolosa,
dove presenta le sue dottrine ed il progetto di stabilire l’antico e nuovo tempio dei «Cavalieri Leviti, dei Cohenim-Leviym e degli Eletti Cohen».
Per rompere il ghiaccio, Martinez de Pasqually
non trova di meglio che esibirsi in una dimostrazione delle sue pratiche teurgiche; dopo due tentativi infruttuosi, viene però invitato ad
andarsene. A Foix, Martinez troverà più ascolto
nella Loggia Giosué del reggimento di quella
città, dove recluterà i primi discepoli: il luogotenente-colonnello de Grainville ed il
capitano dei granadieri Champoléon. Lì fonderà anche un
capitolo, il Tempio degli Eletti
Cohen.
Ma è a Bordeaux che inizia realmente la storia dell’Ordine,
con l’istituzione del Tribunale
Sovrano e con l’incontro con il
giovane sotto-luogotenente dei
granadieri Louis-Claude de
Saint-Martin, che ne diverrà il
Gran Segretario. A Parigi, Martinez forma altri discepoli,
Bacon de la Chevalerie, il conte
de Lusignan, du Gers, Henri
de Loos e Jean-Baptiste Willermoz, di passaggio a Parigi per
lavoro. L’Ordine si estende rapidamente anche a Versailles,
Lione, Grenoble, la Rochelle, Strasburgo con la
caratteristica di presentare una sua peculiare dottrina giudeocristiana (quasi fosse una tarda setta
gnostica), la quale culmina nella pratica del cd.
Culto primitivo4.
Martinez, coadiuvato da Saint-Martin che aveva
come detto maggiore attitudine alla scrittura, ha
lasciato ai suoi adepti le “Dieci istruzioni agli uomini di Desiderio”, compendio di quello che sarebbe poi diventato il “Trattato della
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
reintegrazione degli Esseri nelle
loro primitive virtù e potestà”,
in cui si rileggono in chiave esoterica e simbolica (facendo giusto qualche concessione alla
massoneria ed al cristianesimo)
i libri del Vecchio Testamento, e
riservando un grandissimo spazio alla figura di Mosè. Il cammino di reintegrazione passa
attraverso una durissima ascesi
dove l’uomo apprende il modo
in cui resistere ai pensieri negativi
ed alle tentazioni cui è
sottoposto da
parte degli
spiriti prevaricatori, per
diventare il
signore di se
stesso
al
grado
di
Réau Croix e
comunicare
infine con le
gerarchie celesti.
“La
Reintegrazione
presuppone una
Caduta, dovuta alla prevaricazione degli
esseri emanati dalla Divinità.
Dio è uno, ma le sue potestà
sono trine e la sua essenza quadruplice. In principio egli emana
degli esseri spirituali, liberi e discreti che costituiscono la sua
corte. Alcuni di questi esseri cedono all’orgoglio ed operano –
[MARTINISMO]
vale a dire agiscono – sul modello di Dio, in prevaricazione,
pretendendo cioè l’autonomia.
Per punirli e salvare la corte divina, saranno cacciati da questa
ed imprigionati nel mondo materiale, appositamente creato
per l’occasione da spiriti rimasti
fedeli. La materia è creata, non
emanata: essa è illusoria. Dio
emana allora l’uomo: minore
spirituale poiché viene per ultimo, ma dotato di privilegi superiori a quelli dei suoi
predecessori. Adamo, androgino, sarà di colpo incaricato
della custodia e della riabilitazione. Ma Adamo a sua volta si
inorgoglisce fino a voler essere
creatore da solo. Allea la sua potenza divina a quella dei demoni
ed effettua una creazione di perdizione. La sua creazione, la sua
creatura Houwa, è difettosa. Ma,
dopo il suo misfatto, degenera e
diventa l’obbrobrio della terra. Il
suo corpo glorioso diventa tenebroso, materializzandosi.
Da pensante diventa pensoso e
[ciò significa che] la comunicazione diretta, di cui godeva, con
Dio, è interrotta. Non potrà
ormai più avvenire che per il
tramite, eventualmente ottenuto, degli spiriti, degli intermediari. Per entrare in rapporto
con questi, l’uomo, in parte materializzato, dovrà usare dei
procedimenti in parte materiali.
La mistica si è degradata in
teurgia cerimoniale, scienza e
sacramento.
Il teurgo anzitutto prega, chiede
a Dio di restituirgli il suo potere
originario sugli spiriti. Poi comanda agli spiriti buoni ed
esorcizza i cattivi. Dei segni, talora uditivi e tattili, ma abitualmente luminosi, indicano il
successo. La colpa di Adamo fu
seguita da una seconda. Dio
aveva mantenuto il colpevole
nei suoi diritti e doveri e lo
aveva provvisto dei mezzi
nuovi richiesti dalla nuova situazione. Eppure, ingrato,
l’uomo si accoppia alla sua
donna con una foga sessuale
degna delle bestie. Da questo
amplesso, nasce Caino. Ma Dio
rimane ancora fedele alle sue
promesse e l’uomo non viene
destituito dalla sua posizione.
La posterità di Caino è incapace
a sostenere il ruolo del minore.
Nascita di Abele. Caino lo uccide. Seth sarà l’antenato degli
operatori, dei teurghi. Comunque dopo il diluvio, nessun Cainita. Noé perpetuerà la
posterità di Seth (ma Cam reincarnerà Caino). Così da una
razza pura usciranno, nel corso
della storia, dei minori eletti,
grandi e piccoli profeti. I Cohen
vi saranno aggregati per elezione. La gnosi martinesista discerne, e si appropria, nelle cose
ciò che attiene alle cose dello
spirito, le simbolizza, vi conduce. Traccia il piano della figura universale dove tutta la
natura spirituale, maggiore, minore ed inferiore opera; dove le
immensità celeste e temporale
che circondano l’immensità
4.Martinez non parla mai di teurgia, come rileva r. amadou, operiamo dunque, in akira, Hiram dentro di noi,
Perugialibri, 2009.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
11
dell’asse fuoco centrale comunicano, attraverso l’immensità surceleste, con l’immensità divina.
Per reintegrarsi ed aiutare alla
reintegrazione degli altri uomini e di tutti gli esseri (nessuna
reintegrazione completa senza
reintegrazione
universale),
colui che ha questa vocazione
sacerdotale, l’Eletto Cohen, considera il numero delle sue dita
dei piedi (i numeri, fondamento di
ogni legge di creazione temporale e
di ogni azione divina…) e si documenta sui nomi degli angeli. Egli
segue un’ascesi (atti di carità, regole alimentari, ecc.), una morale.
Egli celebra la teurgia”5.
[…omissis…]
12
Per arrivare a questo altissimo
scopo, Martinez propone una
Via basata dunque su una costante purificazione e preghiera
(si narra che il regime di vita dei
Cohen fosse addirittura più severo di quello dei sacerdoti
della Torah), le quali avrebbero
permesso ai veri “Uomini di
Desiderio” di ottenere manifestazioni visibili o auditive (i cd.
“passi”, in genere glifi luminosi) dell’assenso degli spiriti
celesti e sovracelesti, intermediari necessari tra l’uomo e Dio
dopo la caduta di Adamo.
Prima di praticare i riti teurgici,
gli Eletti Cohen dovevano assistere ad una messa, senza dimenticare che la prassi
quotidiana prevedeva preghiere
da recitare ogni sei ore, in gran
parte estratte dal breviario ro-
mano. Per un Cohen era ugualmente necessario recitare i sette
Salmi penitenziali almeno ad
ogni novilunio, o tutti i giorni
successivi ai periodi delle operazioni, recitare l’Ufficio dello
Spirito Santo tutti i giovedì, di
recitare il Miserere rivolto ad
oriente ed il De Profundis faccia
a terra. Martinez affidava ai
suoi emuli un corposo repertorio con i nomi ed i glifi segreti di
ben 2400 spiriti (sia buoni che
cattivi), indicando le fasi astronomiche favorevoli per le comunicazioni con ciascuno; non
utilizzava – è bene farlo presente – la nomenclatura cabalistica
tradizionale
dello
Schemamphorasch, che sarebbe
invece stata usata dai neoCohen di R. Ambelain.
L’apparizione dei glifi di spiriti
buoni sarebbe stata la conferma
della graduale ascensione del
Cohen: dapprima il Cohen cercava
infatti l’incontro col suo Angelo
guardiano, poi con gli spiriti dei
mondi superiori ed infine con «La
Chose », la Shekinah della Cabala.
La teurgia di Martinez mirava
quindi essenzialmente ad ottenere le benedizioni degli spiriti
buoni, oltre ad esorcizzare gli
spiriti malvagi, scacciando le
loro influenze negative che tendono senza posa ad allontanare
l’uomo dalla sua missione. La
costruzione massonica dell’Ordine peraltro, più che per una
reale esigenza del Sovrano, serviva per fornire una struttura
rassicurante ai suoi adepti e ad
eventuali spie, al pari delle este-
5.r. amadou, Documenti martinisti, op. cit.
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
[MARTINISMO]
nuanti rituarie giornaliere di
stampo cattolico: il nucleo fondante dei Cohen è infatti sempre stato appunto il Culto
teurgico, che richiedeva grande
dedizione ed un rigore assoluto
ma che prometteva di ristabilire
l’Uomo nelle sue originarie prerogative.
Da ciò, insieme alla grande
complessità della cosmologia
martinezista (basata sull’aritmosofia e su un parzialmente
originale studio della tetraktys
pitagorica), deriva la forte impronta lasciata dall’Ordine dei
Cavalieri Massoni Eletti Cohen
dell’Universo nel panorama
esoterico dei secoli successivi, a
dispetto della vita relativamente breve dell’Ordine e del
suo fondatore.
Il Culto primitivo degli Eletti
Cohen
L’Ordine era strutturato in dieci
o undici gradi, includendo i tre
gradi simbolici che Martinez
considerava solo un brodo di
coltura per i possibili teurghi
(non a caso i tre gradi azzurri
venivano conferiti simultaneamente): alla classe del Sagrato
seguiva la classe del Portico, poi
quella del Tempio ed infine
quella del Santuario, riservata ai
Maestri Réaux-Croix, in cui si
attuavano quelle operazioni
teurgiche per le quali il Cohen
si era preparato in precedenza.
Vari studiosi (René Leforestier,
Papus, Gérard Van Rijnberk,
Robert Ambelain e Robert Amadou per citare solo i più famosi)
hanno cercato di ricostruire
compiutamente la scala dei
gradi, del resto più volte modificata dallo stesso Martinez.
Questo è un assetto verosimile:
1. Apprendista; 2. Compagno; 3.
Maestro; 4. Maestro Perfetto
Eletto (o Grande Eletto sotto la
banda nera); 5. Apprendista
Eletto-Cohen (o molto marcato);
6. Compagno Eletto-Cohen (o
doppiamente molto marcato); 7.
Maestro Eletto-Cohen (o tre
volte molto marcato, o ancora
Maestro Scozzese); 8. Gran
Maestro Cohen (o Grande architetto); 9. Grande Eletto di Zorobabele (o Cavaliere d’Oriente);
10. Commendatore d’Oriente (o
Apprendista Réau- Croix); 11.
Réau-Croix17 (o R+); tra i
Réaux-Croix quali erano scelti i
membri del già menzionato Tribunale Sovrano, i Sovrani Giudici che si firmavano appunto «
S.J. » ovvero « S.I. ».
In generale, i rituali abbondano
come visto di elementi cristianeggianti; al momento dell’iniziazione, il Cohen doveva
infatti prendere due impegni
precisi: oltre a quello (tipico
delle società iniziatiche) di mantenere segreti i misteri dell’Ordine,
c’era
infatti
la
confessione di fede cattolica
e l’assunzione dell’obbligo
di fedeltà alla chiesa di
Roma. Molti discepoli
protestanti non esitarono a convertirsi.
La gerarchia delle iniziazioni dell’Ordine
aiuta il recipiendario a
purificare gradualmente
corpo, anima e spirito,
per renderlo via via sempre
più sensibile alla voce del suo
spirito compagno o angelo
custode, che poi gli aprirà
le porte del mondo sovraceleste, verso l’Immensità Divina. Le
cerimonie di iniziazione e di “aumento
di salario” fanno infatti rivivere al reci-
piendario – sia pure in maniera
tutt’altro che sistematica, visto
che i rituali non sono mai diventati definitivi - tutti gli episodi
della vita dell’Uomo, spiegati
anche nel Trattato della Reintegrazione: la sua emanazione
nell’Immensità divina, la missione originaria affidata all’uomo, la caduta d’Adamo nel
mondo della materia e la sua risalita attraverso le sfere celesti.
Per quanto riguarda la rituaria
teurgica vera e propria, va dato
atto che essa, pur ricalcando alcune modalità proprie della
magia naturale, disprezza qualsiasi vantaggio materiale puntando decisamente alla Grande
Opera. Tutto, nella teurgia
cohen, tende
a provo-
n.3 - luglio 2015 | HORUS
13
care l’irruzione dell’invisibile
nel mondo visibile.
I rituali, complice anche il fatto
che i Cohen erano per lo più nobili, con molto tempo e spazio a
propria disposizione, sono
estremamente complessi e richiedono una lunga preparazione.
L’Operante indossava un abbigliamento speciale. Vestiva
completamente di nero: giacca,
pantaloni, calze. Se desiderava
essere perfettamente in regola
con le istruzioni, di faceva confezionare un cappello e scarpe
foderate con suole di sughero
“affinché non vi fosse nulla di
immondo e di impuro nel luogo
e indosso”. Le scarpe dovevano
essere, in ogni caso, del tipo
detto “pianelle”, cioè senza
quartiere, in modo da portare “a
guisa di pantofole” e rapidamente tolte. Sopra il vestito nero
metteva una veste bianca (alba)
con un grande orlo, in basso, colore rosso e largo circa un piede;
le maniche “a foggia di alba”,
anch’esse con un orlo rosso, alto
mezzo piede; il collo aveva lo
stesso orlo alto tre dita. Sulla
veste metteva ancora: un collare
azzurro attorno al collo; un cordone nero dalla spalla destra al
fianco sinistro, poi una sciarpa
rossa “da destra a sinistra attorno alla cintura...” ed infine
un’altra sciarpa verde mare “da
sinistra a destra sul petto” (II,
83/84)6.
[MARTINISMO]
zioni, in una data astrologicamente propizia indicata da
Martinez si tracciavano sul
suolo i pantacoli operativi
(composti da cerchi concentrici,
triangoli e quarti di cerchio),
nonché i glifi degli spiriti interessati dall’operazione. Si piazzavano anche decine e decine di
candele con precise corrispondenze simboliche: alcune di
queste rappresentavano gli altri
Réax-Croix assenti, che compievano quella specifica operazione
in
contemporanea
(nonché ovviamente il Gran Sovrano). È un uso che si è parzialmente trasferito nell’Ordine
Martinista, dove si accende un
cero per richiamare i Maestri
Passati (defunti).
Particolarmente complessa (e
macabra) era poi l’ordinazione
al grado di Réau-Croix, che peraltro ci è giunta incompleta:
“[essa] era conferita con tre cerimonie identiche, celebrate per
tre notti consecutive e ciascuna
delle quali era officiata da un diverso Potentissimo Maestro.
Dopo i prescritti digiuni e ablu- L’officiante tracciava i cerchi e
14
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
faceva “sia in preghiera sia in
profumi” gli stessi atti liturgici
di una Operazione ordinaria,
poi offriva un “olocausto di
espiazione”. La vittima era una
testa di capretto o, in mancanza,
di agnello maschio, ancora con
la pelle ed i peli. Era necessario
in modo assoluto che la testa
fosse nera “altrimenti l’olocausto sarebbe stato azione di grazia e non di espiazione”.
L’officiante adattava la testa
“come si prepara il capriolo
prima di sgozzarlo”. Accendeva
tre “fuochi nuovi” nel fornello
“secondo l’antico uso in cui si
adoperavano casse grigliate (il
cui fondo era a forma di griglia)
per fare gli olocausti in
campagna”.
Sul fuoco posto a Nord della
Camera di Operazione, metteva
la testa con gli occhi, ma priva
della lingua e del cervello; il cervello sul fuoco di Mezzogiorno
e la lingua su quello dell’Ovest”7.
Come rileva criticamente lo
stesso R. Ambelain, “Martinez
de Pasqually non ha ricevuto
6.r. le Forestier, la Massoneria occultistica nel Xviii secolo, p. 50. vedi anche D. Clairembault, l’initiation
au grade de réaux-Croix, su philosophe-inconnu.com.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
15
dai suoi Iniziatori rosicruciani
che la sola Magia classica,
quella trasmessa da Tritemio a
Heinrich Cornelius Agrippa, e
da quest’ultimo al suo discepolo, Pietro d’Abano. A ciò si
deve aggiungere un apporto di
Magia più particolarmente giudea, tratta dalla Scuola di Eleazar di Worms.
Egli prende ugualmente alcuni
elementi complementari dal celebre manoscritto detto di Abramelin il Mago. Viene in seguito
la sua nota personale. Ebreo
convertito, o proveniente da
una famiglia di ebrei convertiti,
egli «cattolicizza» terribilmente
il sistema, sia per prudenza, sia
per convinzione, sia per compiacere alla Casa degli Stuard,
spiritualmente diretta dalla
Compagnia di Gesù. Suo padre
aveva ricevuto la nobiltà ed il titolo di scudiero (squire), perché
la famiglia de Pasqually non figura negli armoriali di Francia
né di Spagna, e nemmeno nel
registro francese del 1696, dove
sono i blasoni delle famiglie
borghesi, mescolati a quelli
della nobiltà.
Dei dettagli puerili, che, se non
colpivano l’uomo del 18° secolo,
scioccano quello del 20°, fanno
sospettare il carattere tradizionale del celebre «Repertorio dei
2400 Nomi, Caratteri e geroglifici ». È che vi si incontrano
anche gli ierogrammi […] della
Regina di Saba! Si manifesta
ella, sempre così tentatrice, ai
Réaux-Croix?
16
Certi tra loro hanno un aspetto
familiare con gli ideogrammi
del Culto Voodoo. E si sa che
Martinez de Pasqually e i suoi
fratelli (nel senso familiare del
termine), possedevano dei domini e risiedevano a Port-auPrince e a Léogane. Il fatto è
stato inoltre osservato da Paul
Chacornac. Infine, i profumi variano coi gradi; e più l’Affiliato
ne sale la gerarchia, più gli elementi allucinogeni e meta gnomici appaiono e aumentano
nelle loro diverse composizioni.
Così l’Affiliato può immaginare
che le sue percezioni (indiscutibilmente valide dal punto di
vista magico) sono dipendenti
dal grado e dai poteri che gli ha
apportato! Quando fin dall’inizio, egli avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Inoltre, le
esigenze rituali quanto al luogo
di sperimentazione: sala di 6
metri per 4 di media, totalmente
priva di mobili, con porte e finestre orientate in quel modo o in
quell’altro, «senza di che non ne
riceverete punto il beneficio»
(sic), tutto questo conduce a
concludere che il Martinezismo
antico è impraticabile per
l’uomo della nostra epoca. Esiste per di più, in certi rituali, un
carattere puerile abbastanza
sgradevole, specificamente per
l’ordinazione delle donne, lo
scongiuro del Serpente, etc.
Tutto ciò giustifica molto esattamente l’osservazione di L.C. de
Saint-Martin a Martinez de Pasqually: «Ma infine, ci vogliono
così tante cose per pregare
Dio?...». Osservazione che non
potrebbe essere più pertinente
da parte del saggio allievo di
Martinez de Pasqually.
È su queste conclusioni che il
moderno «Tribunale Sovrano »
dell’Ordine degli Élus-Cohen, ha
deciso la sua messa in sonno nel
maggio 1968. Tenuto conto che
noi abbiamo personalmente realizzato la sua risorgenza nel
1941, ci spetta di perseguire, se
non di applicazioni impossibili,
quantomeno di realizzarne un
adattamento moderno. Esso
constituirà la parte operativa del
nuovo Ordine Martinista Iniziatico, il suo Secondo Tempio”.
Stupisce che queste righe provengano da colui che nel 1941
affermò di aver risvegliato l’Ordine Cohen, eseguendo con successo alcune operazioni di
cabala teurgica; sia come sia, va
dato atto che la manifestazione
più elevata ammessa dal sistema martinezista, la Chose, si
doveva manifestare tramite
un’influenza spirituale che i
Cohen chiamano intelletto, una
manifestazione emanata da Dio
o dai Suoi Angeli. Orbene, questo intelletto non avrebbe mai
preso una forma corporea, manifestandosi invece sia con un
suono specifico nell’aria, sia con
una voce lenta che i Cohen chiamavano «la conversazione segreta tra l’anima e l’intelletto».
In effetti, per Martinez il luogo
privilegiato dell’incontro col Divino resta il cuore dell’uomo,
7.r. le Forestier, op. cit., p. 64. vedi anche D. Clairembault, l’initiation au grade de réaux-Croix, su philosophe-inconnu.com.
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
poiché è in questo tabernacolo
che egli può ricevere le più
grandi soddisfazioni così come i
più grandi favori che il Creatore
gli invia8. Epperò, “Pasqually
considera le “estasi della contemplazione divina”, come la comunicazione con gli Spiriti del
Superceleste, il privilegio di coloro che “ci hanno confermato la
loro realtà”, la prerogativa dei
“saggi e forti eletti del Creatore”,
cioè una élite assai rara (I, 129).
Il Minore Spirituale [leggi:
l’uomo], quali che siano lo zelo e
la virtù della sua ordinazione di
Réau- Croix, non può pretendere
a tali privilegi.
Tutto ciò che può aspettarsi
dagli Spiriti puri del Superceleste è che essi si degnino di entrare nel suo tabernacolo dalla
porta d’Oriente [leggi: il cuore],
per disporlo “a ricevere e a sopportare gli effetti di tutte le operazioni spirituali divine che vi si
devono compiere con il Minore” (I, 185)”9.
[…omissis…]
Sarebbe complesso – e per fortuna non spetta a noi – esprimere un giudizio complessivo
sul sistema martinezista, soprattutto perché detto sistema non è
mai stato portato a compimento
né dal punto di vista docetico
né pratico. Forse c’è stata qualche inadeguatezza, sia dal lato
dei discepoli che dal lato del
Maestro. Dalla copiosa corri-
[MARTINISMO]
spondenza che ci è giunta, ci
sembra quasi di immaginarlo
incalzare dai suoi discepoli, che
gli chiedono spiegazioni sui rituali ancora da scrivere e su una
dottrina ancora da delineare – e
ciò per il solo fatto che Martinez
aveva bisogno di proporre rituali massonicheggianti e dottrine cattolicheggianti.
Probabilmente era impacciato
col francese, magari non aveva
il rango sociale di molti dei suoi
devoti discepoli. Ma quando
pensiamo a Martinez, ci vengono in mente queste righe di
Papus: “Nelle prime sedute
teurgiche, i nuovi discepoli vedranno la Cosa compiere azioni
misteriose. Essi ne usciranno
entusiasti e terrorizzati, come
Saint-Martin, o ebbri d’orgoglio
e di ambizione, come i discepoli
di Parigi. Si sono prodotte apparizioni, e strani esseri, di un’essenza diversa dalla nostra,
hanno preso la parola”10.
La magia di Martinez era invero
una santa magia, mirante a condurre il Cohen ad una vita spirituale sempre più intensa.
L’esigenza della purificazione,
essenziale sul cammino iniziatico, era senz’altro in cima alle
priorità di Martinez; questo testimonia della sua buona fede,
a dispetto dei risultati incompleti.
L’abate Pierre Fournier già citato
ci indica che le istruzioni giornaliere di Martinez «erano di portarci senza posa verso Dio, di
crescere
di virtù
in virtù, e
di lavorare
al bene generale». D’Hauterive, in una lettera del Fondo Du Bourg,
definisce il lavoro di un Cohen
in quesi termini:
Il rifiuto continuo del pensiero
malvagio, la preghiera e le
buone opere: ecco i soli mezzi di
avanzare nella scoperta di tutte
le verità, e, ciò che è ancora al di
sopra, la pratica di tutte le virtù.
Forse questo, più che l’oggettiva difficoltà di rispettare tutte
le osservanze imposte dal Culto
primitivo, fece sì che l’Ordine si
componesse di pochi e motivati
membri, mentre i tiepidi e coloro che si erano fatti iniziare
per mera curiosità, ne uscivano
rapidamente.
Sostituto Gran Hyerophante e
Gran Maestro Aggiunto
Fr.·. Purusha
33.·. 66.·. 90.·. 95.·. 96.·.
8.Si veda D. Clairembault, Martinez de Pasqually, su philosophe-inconnu.com.
9.r. le Forestier, op. cit., p. 78.
10.r. le Forestier, op. cit., p. 78.
n.3 - luglio 2015 | HORUS
17
Arturo Reghini e
la Schola Italica
Presentiamo di seguito una tavola che indaga e approfondisce i tratti
che resero unica l'esperienza umana ed iniziatica di Arturo Reghini. Il
contributo del Fr.·. Orfeo è inoltre utilissimo per approfondire le caratteristiche e la storia dei suoi legami con la "Schola italica".
18
rturo Reghini fu
sotto ogni aspetto
un uomo controcorrente. Massone, si impegnò fino allo stremo nel
tentativo di richiamare la massoneria italiana alle
sue radici iniziatiche ed esoteriche, in un periodo
in cui essa vedeva ancora i propri orizzonti teorici ristretti ed ingombrati dall’anacronistica adesione ideologica della maggior parte dei suoi
appartenenti e dirigenti a versioni divulgative
del positivismo filosofico tardo-ottocentesco. Impregnato del mito tradizionale di Roma imperiale, che tanto contribuì a nutrire, anche
attraverso la forte influenza che egli esercitò con
alcune tematiche su Julius Evola, Arturo Reghini
pagò a carissimo prezzo le illusioni che aveva inizialmente riposto nelle capacità rigenerative del
fascismo e del suo capo nel campo politico e sociale, tanto da essere costretto dal regime fascista
a un forzato isolamento, spesso tramutatosi in
vera e propria persecuzione.
Dal punto di vista strettamente iniziatico ed eso-
terico, Reghini rilanciò, con forza e serietà, l’interpretazione delle forme iniziatiche massoniche
come continuazione, in un quadro di riferimenti
simbolici legato alle iniziazioni di mestiere, degli
antichi misteri del mondo classico greco-romano.
Egli arrivò a sostenere la trasmissione ininterrotta
in Italia di un’antichissima sapienza pitagorica,
che si sarebbe segretamente perpetuata dalla più
remota antichità fino all’epoca contemporanea attraverso Virgilio, Dante ed alcune grandi figure
del Rinascimento come Campanella. La parte più
interessante e profonda dei suoi studi concerne il
simbolismo matematico e geometrico di derivazione pitagorica, di cui Reghini, insieme al suo
corrispondente René Guénon, fu il maggior interprete contemporaneo.
Arturo Reghini nacque a Firenze nel 1878. Fin da
giovane manifestò un’enorme inclinazione per la
matematica, per approfondire la quale si iscrisse
all’Università di Pisa, e per le scienze esoteriche.
L’elemento di coniugazione tra queste due discipline, la prima apparentemente legata ad un materialismo razionale mentre la seconda più
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
appropriata per approfondimenti metafisici e “fantasiosi”
(come ebbe a giudicarla Pirandello), si colloca nella precoce
intuizione di Reghini della visione Pitagorica dell’universo e
della vita stessa. Questo desiderio, ancora embrionale nel 1898
quando Reghini aderì alla Società Teosofica di Madame Blavatsky, è stato ampiamente
sostenuto da una sua avversione di fondo, anzi una vera e
propria ostilità, verso la volgarità del materialismo storico e
scientifico; il vuoto strepitare
delle nuove idee socialiste intese come espressione di una
concezione plebea, e quindi
bassa, dell’esistenza; in una parola tutta la visione del mondo,
fortemente antispirituale proposta dalla filosofia positivista che
andava costruendo modelli culturali sempre più diffusi e, acriticamente, condivisi oltre che
praticati. L’esperienza Teosofica
di Reghini non durò a lungo:
egli stesso ritenne quel percorso
“fumoso e inconcludente”, sebbene importante quale pietra
angolare di un percorso di ap-
“Sono trascorsi oramai molti
anni da quando ebbi, per la
prima volta, coscienza della
immaterialità.
Ma, nonostante il fluire del
tempo, l’impressione che ne
provai fu così vivida, così possente, da permanere tuttora
nella memoria, per quanto sia
possibile trasfondere e ritenere
in essa certe esperienze
trascendenti; ed io tenterò, oggi,
di esprimere, humanis verbis,
questa impressione, rievocandola dagli intimi recessi della
coscienza.”
Pietro Negri (Arturo Reghini),
Sub specie interioritatis
In «UR», 1927
profondimento
spirituale
che
avrebbe trovato di
lì a poco grande
conforto con l’ingresso nella Libera
Muratoria e col suo
rapporto intellettuale con Giovanni
Amendola, massone più noto alla
storia come giornalista e politico fort e m e n t e
antifascista. Amendola e Reghini
erano certamente
due
personaggi
molto diversi. Se il
secondo propendeva nettamente
per la ricerca spirituale, intesa come peculiare di
una dimensione appartata ed
aristocratica, dunque una dimensione del pensiero e del
pensare, il primo era invece
portato verso la tenzone politica, il confronto con gli altri in
nome del valore supremo della
libertà – libertà in senso ben diverso da quello iniziatico – dun-
que del fare. Se Reghini si
spende, fin dai suoi esordi come
esploratore del mondo dell’occulto – nel senso più nobile che
questa abusata espressione possiede – Amendola è invece un
combattente di infinite battaglie
politiche e morali. Ma vi è qualcosa che li accomuna: ossia
quella matrice che, molto sbri-
n.3 - luglio 2015 | HORUS
19
gativamente, soprattutto per effetto dell’azione svolta nel
campo della filosofia europea
dal materialismo marxista, è definita “irrazionalismo”. Irrazionalismo qui da intendersi come
prospettiva di pensiero antipositivista che, prendendo atto di
uno stato di crisi – crisi dei valori, crisi delle istituzioni, crisi
dei modelli sociali ed economici, quale è quella che
anticipa e succede allo
scoppio
20
della I Guerra Mondiale – cri- Palermo era transitato alla “Lutica la “razionalità” del mondo, cifero”, obbedienza Grande
di un certo mondo e quindi in- Oriente d’Italia, nonché di Rito
duce a battere strade nuove, Simbolico, attraverso la “Michele di Lando” del Grande
sconosciute.
L’ansia di una ricerca vera con- Oriente Italiano, ha avuto occatenente, come avrebbe detto sione di misurarsi con persoGiovanni Papini, “un atomo di naggi del calibro di Malachia de
verità” animò l’irrequietezza in- Cristoforis, particolarmente attellettuale di Reghini che nel tivi nell’aspetto operativo poli1903, dopo l’ingresso nella Log- tico, sociale e morale. In tale
gia “I Rigene- contesto così operativo, naturalratori” mente nel senso tutto profano
d i che la parola possiede e diversamente dalla realizzazione dell’Opus Magnum a cui avrebbe
teso per tutta la propria esistenza, Reghini sviluppa la propria vis pugnans arricchita dal
proprio innato spirito sarcastico e irriverente da toscano
irriducibile. Il suo ruolo provocatorio si manifestava durante i lavori di Loggia
attraverso la sua rigida
opposizione al materialismo, al positivismo, al
socialismo che avevano
contribuito a corrompere
l’incontaminatezza iniziatica della Libera Muratoria in un ambiente a
forte presenza democratico-radicale. Reghini stesso
dichiara, in un celebre passo
dal Leonardo del 1907: “Non
una sola Loggia Massonica che lavori alla
Grande opera e sia in
grado di capire cosa sia
veramente la ricostruzione del Tempio di Salomone”.
Secondo
Reghini, infatti, la vera
Massoneria non si com-
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
[ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA]
promette con la plebe e col democraticume, ma è aristocratica e colta.
Proprio questi anni, caratterizzati da
un’apparente schizofrenia nell’operato di
Reghini, fatta di posizioni come detto aristocratiche e intransigenti e da frequentazioni di personaggi assai rivolti alle
sfere del socialismo e della moralità sociale, anni compresi tra gli inizi del secolo
e lo scoppio della Grande Guerra, sono
quelli più formativi sul piano iniziatico,
tanto da condurlo inevitabilmente all’incontro che cambierà radicalmente la vita
di Arturo Reghini, l’incontro cioè con
Amedeo Rocco Armentano. Questi fu iniziato in Massoneria nella stessa Loggia di
tradizione Simbolica “Lucifero” di Arturo Reghini e con lui iniziò una lunga e
proficua collaborazione che portò alla
fondazione della nota Schola Italica. Va
menzionato che i due ben rappresentavano le posizioni apparentemente antitetiche tra interessi scientifici, da parte di
Reghini, e artistici caratterizzati dalla formazione di musicista di Armentano secondo la quale, diceva lo stesso
Armetano, la musica ha il ruolo di formatrice della realtà. Di quest’ultimo si racconta che
disponesse di una personalità estremamente carismatica, dotata persino di poteri psichici, in
contrasto al carattere determinato, da alcuni definito addirittura ombroso, del Reghini. Armentano possedeva queste visioni “folgoranti”,
espressioni, in quanto tali, di una Gnosi ineffabile
ed incomunicabile attraverso i normali meccanismi di trasmissione e, stando a quanto ci riferisce
Reghini, era in grado di trasferirle inducendole
nel profondo negli altri. A quanto pare, fu lo stesso
Armentano che iniziò Arturo Reghini al pitagorismo, punto fondamentale per la nascita della
futura enclave iniziatica ed esoterica rappresentata dalla Schola Italica.
Riguardo ai contenuti della Schola Italica, il riferimento di Reghini e Armentano è preciso: la sapienza italica è la sapienza pitagorica che, a sua
volta, tenendo conto di quanto riferisce la tradizione stessa, ha conosciuto le iniziazioni non solo
nei misteri greci, ma anche di quelli egizi ed etruschi. Il rapporto esistente tra cultura greca ed egizia è ampiamente fondato, secondo quanto
testimonia Platone nel Timeo e nel Crizia con la
narrazione del mito di Atlantide e, soprattutto,
nel Fedro a proposito dell’origine dell’alfabeto e,
quindi, della scrittura. L’incontro con Armentano
per Reghini è stato più un momento di profonda
iniziazione, come egli stesso scrisse in alcune lettere alla sorella, che non un semplice sodalizio intellettuale. Di Armentano non si conoscono molti
dettagli, non si sa ad esempio queste sue capacità
e conoscenze da chi fossero state infuse e quale
iniziazione misterica egli abbia conosciuto prima
del suo ingresso in Massoneria. Fatto sta che per
Reghini egli rappresentava un vero e proprio rin.3 - luglio 2015 | HORUS
21
22
ferimento spirituale, tanto che
in diverse occasioni si rivolge a
lui come Maestro (con la M rigorosamente maiuscola), aggiungendo che deve proprio a
lui se ha saputo districarsi dai
dubbi posti dalla sua “intelligenza”. In un’altra illuminante
lettera del 1911, nel riversare su
quell’uomo tutta la propria gratitudine, gli attribuisce la capacità di “penetrazione” (“…con
quella capacità di penetrazione
di me stesso che tu possiedi”),
grazie alla quale è in grado di
osservare quanto di meglio è
nel suo peggio.
L’opera, nel proprio significato,
alla quale Reghini aveva cominciato ad attendere dopo l’iniziazione a cui l’aveva avviato
Amedeo Armentano, sembra
aver prodotto una serie di positivi effetti. Non solo sul piano
pratico, con il conseguimento, a
un‘età tutt’altro che canonica
(nel 1912, quando aveva già 34
anni), della laurea in matematica, ma anche su altri livelli. Infatti, nel 1914 Reghini palesa, su
di una dimensione essoterica,
una serie di principi spirituali
che, evidentemente, hanno covato in lui anche grazie all’iniziazione pitagorica a cui lo ha
avviato Armentano. Con questo
ci si riferisce a quella che rappresenta una delle opere più
note di Arturo Reghini anche
per certe sue valenze politiche,
più presunte che realmente accertate, ossia “Imperialismo pagano”. Se questo saggio fu
concepito sull’onda degli entusiasmi pitagorici si comprende
allora bene il duro attacco rivolto al Cristianesimo, considerato “esotico” dalla autentica
cultura italica, a sua volta sedimentata da una tradizione che
lega Virgilio, Dante, Campanella, Mazzini. Il richiamo all’imperium della grande Roma –
il mito della quale aveva affascinato anche un pensatore moderno, seppure assai poco
ascoltato, come Giuseppe Mazzini – era il chiaro riferimento
ad un ordine universale che garantiva una pax sociale, ma
anche religiosa, attestata dalla
singolare, almeno per i tempi
moderni, tolleranza manifestata
verso ogni forma di culto. Il riferimento al paganesimo, poi,
non era tanto da intendere come
espressione di una cultura dichiaratamente
anticristiana
quanto, piuttosto, un recupero
di concezioni e di credenze antiche, precedenti al Cristianesimo, che erano prosperate nel
territorio dell’Impero, formando le mentalità di tanti fedeli sudditi di Roma e quindi
indirizzandone i relativi comportamenti. Da questo punto di
vista si può allora capire benissimo l’attenzione che deve essergli stata prestata in Vaticano.
E si capisce altrettanto bene la
preoccupazione di Mussolini,
ancora non saldo sulla propria
poltrona, desideroso di chiudere, per tanti motivi, e di certo
non ultimo quello del consenso
cattolico, la fatidica e storica
breccia di Porta Pia. Sebbene in
un primo tempo Reghini fu addirittura comprensivo nei con-
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
fronti dell’incompatibilità tra fascismo e massoneria voluta da
Mussolini e della sua inevitabile
riconciliazione col Vaticano, definendo il duce “uomo di
Stato... che deve tener conto, per
il bene della nazione, che la religione ha tutt’ora una grande
importanza in Italia”, le cose sarebbero fortemente peggiorate
col passare del tempo. Reghini,
infatti, vedeva nel fascismo la
nascita di un’élite intellettuale
destinata al governo del
mondo, un dominio politico e
sociale che un gruppo selezionato avrebbe dovuto esercitare
sula società, da ricollegare ai
concetti alti espressi in “Imperialismo pagano”, gerarchia
che, alla maniera di Guénon,
avrebbe dovuto arrestare la pericolosa deriva antitradizionale
imboccata dall’Occidente e,
quindi, da questo punto di
vista, in possesso della più scatenante vis rivoluzionaria. Questa visione mal si accordava con
la gerarchia fondata su stivaloni
e orbaci, su slogan populistici e
sulla preservazione di una
classe politica e culturale che
andava a braccetto con il potere
temporale della Chiesa. Reghini, che le antenne buone certamente le possedeva, si accorse
subito della piega che avevano
ormai preso i fatti. La stessa iniziativa di Atanòr del 1924, con
collaboratori di notevole valore,
quali Guénon, Kremmerz,
Evola – i cui rapporti, all’epoca,
erano ancora saldi – sembra
proprio l’apprestamento di una
sorta di linea di difesa, nel ten-
[ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA]
tativo di proteggersi contro pericoli che sono
sempre più incombenti. A sua volta, forse ispirato
da forze sottili, Amedeo Armentano aveva compreso benissimo il pericolo quando, nel maggio
di quello stesso anno, pochi giorni prima dell’assassinio di Giacomo Matteotti, abbandonava per
sempre l’Italia per il Brasile, dal quale non
avrebbe più fatto ritorno.
Reghini faceva ormai parte di un altro mondo,
quello dei perdenti. Intellettualmente ciò che rappresentò il suo canto del cigno fu la lunghissima
introduzione al De occulta Philosophia di Agrippa
dove emerge quel concetto, straordinariamente
forte e coraggioso, ma verissimo, della magia
come “scienza integrale della natura” che non
tende affatto a fare “l’impossibile” dal momento
che “i miracoli che il mago compie non sono,
come quelli attribuiti ai santi ed i fondatori di
certe religioni, una violazione delle leggi di natura, sono miracoli nel senso etimologico della
parola, cioè semplicemente cose degne di essere
mirate, non più prodigiose di qualsiasi altro fenomeno.” Si tratta “di scienza, anzi è la scienza
teorica e pratica, della natura fisica e metafisica,
umana e superumana”.
Di una disciplina a proposito della quale aveva
già affermato che “la magia, nelle sue tre suddivisioni, di fisica, matematica e teologia, fa dunque appello all’esperienza e perciò si trova
naturalmente in opposizione con le religioni di
tipo occidentale moderno, che non si limitano
all’esercizio del culto, ma pretendono interloquire nelle questioni di scienza, facendo appello
alla fede ed alla autorità di una rivelazione...”.
Dunque, ed in questo si rivela particolarmente
moderno ed acuto – oltre che coraggioso – il
mago rinascimentale, il mago all’Agrippa si intende, costituisce, da tale punto di vista un autentico antesignano del moderno scienziato che
osserva, studia, analizza, ricostruisce, verifica.
Sullo scorcio di quei carichi di eventi ed al tempo
stesso inquietanti anni ’20 Reghini si collocava in
disparte, in una sorta di sonno della intellettualità manifesta anche se, stando alla testimonianza
di Aniceto del Massa, l’attività della celebre e mi-
steriosa Schola doveva continuare. L’universo di
Reghini si confondeva allora, e sempre di più,
con quello, solo in apparenza arido ed astratto,
dei numeri pitagorici, in una ricerca dell’eternità iniziata tanti e tanti anni prima.
Parlare di Arturo Reghini come matematico può
risultare limitante per la memoria di quel ricercatore della conoscenza dopo più di mezzo secolo di oblio voluto più o meno coscientemente
dal mondo accademico dominante. Non perché
Reghini non sia stato un matematico vero: era, al
contrario, in possesso di un’alta capacità tecnica
e di un rigore logico non comune, tanto che la sua
genialità procedurale ancor oggi sarebbe d’aiuto
per uno sviluppo qualitativo della teoria dei numeri, una delle aree più antiche della matematica.
Ma parlarne solo come matematico sarebbe come
voler decontestualizzare una frase da un poema
e dall’analisi di questa frase trarre conclusioni definitive sul significato del poema stesso. Reghini
è stato un pitagorico: un filosofo, un matematico,
un astronomo, un musico. Uno studioso antico
delle leggi che regolano l’armonia del cosmo, nel
tentativo eroico di rivolgere le attività dell’anima
verso il mondo sovrumano.
Per Reghini, la geometria e l’aritmetica sono
scienze sacre e nella sua opera, come un antico
pitagorico, tenta di restituire al mondo moderno
questa sacralità del sapere; un sapere che non
deve essere fine a sé stesso, non deve spezzare i
suoi legami col sacro, come tristemente avviene
nel pensiero scientifico moderno imperante, che
arriva addirittura a negare l’esistenza stessa del
trascendente. Il suo libro più originale, “Per la restituzione della geometria pitagorica” che “fu lodato all’Accademia dei Lincei e premiato
dall’Accademia d’Italia”, è permeato da questa
necessità di restituire al mondo moderno la geometria sacra, quella di Pitagora, antecedente di
circa tre secoli a quell’Euclide che sconvolse profondamente, con l’introduzione del V postulato,
l’assetto della geometria; lo stesso teorema di Pitagora ci viene trasmesso con una dimostrazione
euclidea e non con quella originale del filosofo di
cui porta il nome. E non è una semplice questione
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HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
di diritti d’autore, perché con Euclide la geometria, spezzando ogni
suo legame col mondo divino, degenerò in una scienza profana, fine
a se stessa.
Il V postulato di Euclide, con il suo
concetto di rette parallele, di rette
cioè prolungate all’infinito, non era
concepibile dai pitagorici; per la
loro mentalità questo era un concetto addirittura “ripugnante”, secondo Reghini: per essi infatti il
perfetto è ciò che è compiuto (si
pensi al passato remoto in alcune
lingue, indicato col temine “perfetto”), mentre era imperfetto l’illimitato, l’infinito. E Reghini tenta,
con successo, nonostante le scarse
notizie giunte fino a noi, di ottenere
gli stessi risultati di Euclide con un
postulato perfetto, pitagorico, cosmico: quello della rotazione. Il movimento (ed in particolare quello di
rotazione), si presenta come aspetto
caratteristico della vita cosmica e
perciò deve avere, pitagoricamente,
un posto primario nella geometria.
Le conclusioni sulle relazioni esistenti tra poligoni, solidi regolari e
note musicali, considerazioni che
esaltano l’armonia che si ripete nel
cosmo secondo leggi matematiche
assolute, universali, troveranno
completezza nell’altro suo lavoro “I
numeri sacri”. Anche in questa occasione si evidenzia l’assoluta diversità di significato dei concetti o
definizioni basilari tra il pensiero
euclideo (secondo cui l’unità è un
numero ed è ciò che non ha parti) ed
il pensiero pitagorico, fatto proprio
dal Reghini, secondo cui l’unità è il
principio di tutti i numeri ed è rappresentata dal punto che è l’unità
avente posizione.
[ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA]
Dal punto cogito ergo sum, cioè
dall’1, mediante uno sviluppo lineare si costruisce la sequenza
per cui dall’1 segue il 2, dal 2
segue il 3 e dal 3 il 4 che, rappresentati in questo modo:
danno origine a primi quattro
numeri triangolari (poiché la
forma che viene seguita e rimane inalterata nella sequenza
– ossia il concetto di gnomon- è
il triangolo) 1, 3, 6, 10,…; nonché al delta della Tetraktys pitagorica. Dall’unità si passa al 2
(linea), dal 2 al 3 (piano), dal 3
al 4 (spazio) e poi non è possibile, nei limiti dell’intuizione
umana, arrivare al 5, come una
piramide dell’iperspazio a quattro dimensioni: il procedimento
è finito, concluso, perfetto. Da
qui la perfezione del numero 4.
La tetractys racchiude anche legami simbolici insospettabili:
uno per tutti il numero 7, assimilato a Minerva, vergine e non
generata in quanto balzò fuori
direttamente dal cervello di
Giove armata di tutto punto,
perché esso non è generato per
moltiplicazione da nessun numero della decade e non genera
nessun numero di essa (mentre,
al contrario, tutti gli altri numeri della decade sono sottomultipli o multipli degli
elementi della decade stessa).
Ma la tetractys racchiude soprattutto in sé i segreti di quelle
leggi dell’armonia che regolano
il cosmo e che si ripetono in aritmetica, nella musica, nella geometria. Si prenda una corda
elastica e consideriamola di lunghezza unitaria (1); si prenda
una seconda corda lunga la
metà della prima (1/2), poi una
terza corda, di lunghezza pari
alla media aritmetica della
prime due (3/4) ed infine una
quarta lunga quanto la loro
media armonica (2/3). Queste
quattro corde hanno le misure
del tetracordo di Filolao, o lira
(con la quale si narra che Anfione abbia costruito le mura di
Tebe e Orfeo agisse su animali e
piante). Se la prima corda
emette, vibrando, il suono DO,
la seconda corda, avendo lunghezza metà, emette un suono
di frequenza doppia cioè il DO
dell’ottava superiore ed i suoni
emessi dalle altre due corde
sono rispettivamente quelli del
FA (3/4) e del SOL (2/3). 1, 3⁄4,
2/3, 1⁄2: la tetractys delle corde
del tetracordo di Filolao si ottiene con rapporti semplici dei
numeri della tetractys pitagorica. I rapporti di Filolao si ripetono nel pentalfa (la stella a
cinque punte, unico simbolo
esoterico rigorosamente occidentale, secondo Reghini) e nel
dodecaedro, (“la forma di cui si
è giovato Dio per disegnare
l’Universo”, dice Timeo prima
di essere zittito da Platone), dimostrando l’esistenza nel
Cosmo di quella stessa armonia
che l’orecchio e l’esperienza scoprivano nelle note del tetracordo. A queste conclusioni
Reghini giunge certamente con
il rigore del matematico moderno, ma anche con la sobrietà
del filosofo antico, che vedeva
la connessione tra numeri e concetti di carattere universale. “I
numeri hanno un valore interiore, eterno, universale, trascendente qualunque forma di
vita e di coscienza, carattere che
non è posseduto dalle scritture
ideografiche e neppure dalla
loro rappresentazione mediante
lettere o cifre. Basandosi sui numeri non si restringe l’universale al creato e alle creature, a
ciò che è contingente, umano,
determinato nel tempo e particolare di un periodo storico, di
una lingua, di un luogo geografico”. Ecco perché le scienze del
trivio pitagorico: grammatica,
logica, retorica, sono nettamente inferiori all’aritmetica e
alle altre scienze del quadrivio,
perché sono scienze umane e si
riferiscono alle facoltà intellettuali umane e da questo punto
di vista deve essere invertito il
senso dell’affermazione cartesiana cogito ergo sum; il pensiero
non è che una modalità dell’Essere assoluto e non l’unica
forma di manifestazione dell’esistenza universale. La matematica nella sua evoluzione
storica ha esteso il concetto di
numero, e i numeri interi ed i
rapporti tra di loro non sono che
un caso particolare dei numeri
reali, ma questa estensione ha
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[ARTURO REGHINI E LA SCHOLA ITALICA]
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alterato, impoverendolo, il concetto di numero,
riducendolo a misura delle grandezze e tutta
questa scienza si riduce, come dice René Guénon,
al calcolo, che consiste in una serie di procedimenti più o meno artificiali. “I numeri interi sono
stati fatti da Dio, mentre il resto è opera dell’uomo ed indagare le proprietà dei numeri interi
è addentrarsi nell’abisso dell’interiorità dell’Essere”. Quest’affermazione del matematico Kronecker può risultare eccessiva o forzata per un
uomo di cultura moderna, ma non dobbiamo dimenticare il periodo storico in cui visse il Reghini, caratterizzato da una profonda
innovazione del pensiero scientifico classico, soprattutto in virtù delle scoperte della fisica atomica, che mettevano in crisi il concetto,
ottocentesco ma antico di una realtà “massiccia”,
costringendo, quasi, i fisici del tempo alla necessità dei numeri interi.
Al giorno d’oggi, la fisica moderna nel suo
incessante tentativo di scoprire i meccanismi di base dell’universo e di trovare l’univocità del kosmos immerso nel kaos della
percezione grossolana, sta proponendo teorie, in grado di rispondere alle domande
fondamentali, basate essenzialmente nella
riduzione della realtà a semplici numeri interi, a corde che vibrano in spazi incommensurabilmente microscopici i cui modi
vibratori non possono che essere interi e
profondamente legati all’intuizione pitagorica delle origini. La stessa mente umana
sembrerebbe essere in connessione con questo tipo di campo unificato, un tutto in grado
di interagire con se stesso, con la materia e
con la consapevolezza universale che trova
la sua più alta espressione nell’anima dell’uomo. Non sappiamo quanto Reghini fosse
al corrente delle analogie tra la sua visione
esoterica e i progressi della scienza dei suoi
tempi, che già aveva sperimentato una discretizzazione quantistica nell’ambito del
continuo newtoniano. Rimane il fatto, comunque, che l’intuizione e la sua armonica
connessione con i più profondi misteri del-
l’universo, tramandati da Pitagora e da tradizioni a lui precedenti ma arrivate fino a
noi in terra italica, abbiano reso Arturo Reghini una delle voci più influenti e significative nell’ambito esoterico e iniziatico
italiano e – finalmente con un po’ di orgoglio culturale – dell’intera cultura occidentale.
Fr.·.Orfeo
Scozzese della Volta Sacra di Giacomo VI
Bibliografia utile
A. Reghini. “La tradizione pitagorica Massonica”. Gherardo Casini Editore
A. Reghini. “I numeri sacri - nella tradizione pitagorica massonica”. Ed. Atanòr
Atti del Convegno su Arturo Reghini (2004), a
cura
del
Rito
Simbolico
Italiano.
http://www.esonet.it
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
La Morte e il
Quarto Cavaliere
orte e rinascita.
Il nostro è un
mondo catastrofico,
non nel senso che la
fine del mondo sia più
vicina, ma nel senso che i
punti di tensione sono ormai così logorati che la
situazione sembra poter esplodere da un momento all’altro. Come alla fine dell’Impero Romano, si avverte un senso di declino e di
decadenza, si sente la pressione dei “barbari” alle
porte, si comincia a comprendere che un mondo
è ormai al tramonto e si avverte l’angoscia che
con esso tramonti la nostra stessa cultura. Come
la società romana anche la nostra sembra in attesa
di un nuovo archetipo del vivere sociale.
Come Giovanni, vediamo davanti a noi in tutto
il suo aspetto terrificante, la “bestia”, che se per
il veggente di Patmos era identificabile con l’impero romano, per noi è una realtà più difficilmente riconoscibile, dove l’uomo scompare tra
gli ingranaggi dell’economia.
con le fiere
della terra.”
(Apo. 6,7-8)
il Fr.·. Aquileius
indaga le peculiarità
del simbolismo apocalittico, che è connesso
ai gradi joanniti del
Nostro Venerabile Rito,
ovvero Cavaliere
d'Occidente e Grande
Pontefice.
Il colore del
suo cavallo,
che più che
verde è verdastro, è un colore malsano
che tanto nei
classici greci come in ebraico si associa in genere
alla malattia e ha fatto sì che di solito lo si identificasse con un’epidemia, ma in realtà Giovanni
dice con chiarezza che la malattia è solo una delle
sue armi, che sono in effetti spada, fame, peste e
animali feroci.
Dubito però che Giovanni intenda in questo caso
la morte come fatto semplicemente naturale; innanzitutto la menzione delle quattro armi del cavaliere fa capire che non si tratta della morte
intesa come completamento naturale della vita: è
la morte repentina, subitanea, inattesa, quella che
Il quarto cavaliere è l’unico a portare un nome, coglie alla sprovvista, senza che abbiamo avuto
modo di difenderci o prepararci, ma soprattutto
ed è un nome sinistro: Morte.
“Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la ciò che spaventa il lettore non è tanto il cavaliere,
voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». quanto il suo seguito, gli inferi, o, per meglio dire
Ed ecco, mi apparve un cavallo verde. Chi lo caval- l’Ade.
cava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu Nella mentalità greca ed ebraica l’Ade si dice che
dato loro potere sopra la quarta parte della terra per ha una fame insaziabile; è paragonato ad una
sterminare con la spada, con la fame, con la peste e trappola, a dei lacci che incatenano, è una sorta
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di buco nero che inghiotte tutto
ciò che è vivo, paralizzandolo in
un quasi-nulla, è il luogo dove
nessuna azione è più possibile,
dove l’essere è come un ombra
di essere, la vita una non-vita.
Ciò che rende ancor più spaventosa la condizione dei moribondi è l’incuria di chi
dovrebbe assisterli, come ciò
che rende più spaventose le catastrofi naturali è la devastazione del territorio e la
speculazione che porta. Anche il
progresso scientifico (anch’esso
arma del bianco cavaliere!) può
aiutarci a vincere o prevenire
molte malattie. Insomma, il
bianco cavaliere non può vincere Morte, come anche non
può sconfiggere definitivamente Guerra e Speculazione
ma può rendere il morire più dignitoso e umano e quindi meno
temibile.
In sintesi quindi l’apertura dei
primi quattro sigilli mostra che
il dinamismo fondamentale
della storia, la sua prima chiave
di lettura, è la lotta tra il bianco
cavaliere, che riceve da Dio il
potere per vincere ancora e
Guerra, Speculazione e Morte
che glielo contestano.
La storia umana è il teatro di
questo scontro, il cui esito è già
scritto, perché il bianco cavaliere esce “per vincere ancora”.
La morte cammina a fianco dell'uomo, ma il profano fa finta
d'ignorarla. Eppure, nell'era
della comunicazione di massa,
non manca giorno che ci ricordi
la sua presenza. La morte è un
fatto che cerchiamo immediata-
mente di cancellare dalla nostra
mente. Non c'è posto per la "cultura della morte”.
In questa nostra civiltà non assistiamo più alla saggezza dei
vecchi che affrontano con serenità e dignità il sopraggiungere
della morte.
Nelle dottrine delle culture antiche, seppur diverse per caratteristiche dell'ambiente e dei
popoli, il rapporto con la morte
era unitario: vita dopo la morte.
I testi che ci sono stati tramandati sono testimonianza di questo rapporto.
Il "Libro dei Morti" quello
egizio e quello tibetano. Il
primo precede di oltre tremila anni il Bardo Thódol.
(Bardo significa: post morte o
stato intermedio dopo morte;
Thódol: liberazione mediante lo
studio, ascolto, meditazione).
Per l'antico egizio la morte non
era l'ultima tappa, la fine del
viaggio; ma bensì la continuazione dell'essere intelligente.
Per rigenerarsi era necessaria
una nuova rinascita, che poteva
avvenire solo con la morte terrestre. Ciò equivaleva alla rinascita
dello
spirito,
al
ringiovanimento dell'Ego profondo. Il defunto diveniva allora
un nuovo nato nella piena luce del
giorno.
Se la morte è figlia della notte e
sorella del sogno possiede,
come sua madre, il potere di rigenerare. Ed ecco che il concetto di
morte perde il contenuto terrificante, legato all'inutile fine, ma
diventa "vettore" di trasformazione, di rigenerazione. Le leggi
HORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
fisiche della natura ci insegnano
che nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma, materia è energia, energia è
materia.
L'imperturbabilità di Socrate
negli ultimi momenti della sua
vita è indubbiamente legata ad
un concetto di morte-vita e cioè
all'immortalità.
Certo la morte, considerata
quale vettore di rinascita, perde
il suo effetto distruttivo. Assume concetto creativo o meglio
rigeneratore, fonte di Luce.
Seneca nella frase "nascendo
quotidie morimur" rileva che
questo processo di "trasmutazione" della materia fisica e di
quella psichica avviene attraverso una "morte" e una "rinascita" simbolica; "nascendo ogni
giorno, si muore ogni giorno",
più semplicemente: "vivendo si
invecchia ".
In questa frase esistono due significati: generando, producendo, io continuamente, ogni
giorno mi trasformo rinnovandomi.
Per il mio modo di intendere la
vita io interpreto: "quando produco", ossia quando genero con
i miei comportamenti corretti
quotidiani vitali e con le mie
opere creative che ne derivano,
qualcosa di spiritualmente
nuovo (superiore allo stato di
coscienza spirituale precedente), "contemporaneamente
mi trasformo" evolvendomi.
Far diventare cosciente il processo causale della mia morte e
della mia rinascita in modo che
ne possa diventare il fautore at-
tivo e
non il suo
prodotto passivo; che è ciò che
vorrebbe fare anche l'alchimista quando cerca di produrre
la sua "pietra".
All'inizio, il difficile è passare
dalla teoria alla pratica.
Fr.·. Aquileius
Novizio I Grado Ermetico
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Sansone o Sun-Son
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Il "Natale" cristiano è un'antica
festività pagana, come pure,
sotto altro nome è la Pasqua. Il
21 marzo (intorno alla data
della vecchia pasqua), il Sole
entrava nel segno zodiacale dell'Ariete, montone o agnello, e in occasione di quel
giorno venivano sacrificati gli agnelli durante rituali
finalizzati ad ottenere la propiziazione di
Yahweh/Sole ed abbondanti raccolti. Messa in un
altro modo, essi credevano che il sangue dell'agnello
avrebbe incoraggiato Yahweh/Sole a perdonare i loro
peccati. La storia di Sansone (Sam-sun) nell'Antico Testamento presenta lo stesso simbolismo solare. Gli antichi rappresentavano il ciclo annuale del Sole come la
vita di un uomo. Erano soliti raffigurare il Sole come
un bambino che nasceva con il Solstizio d’Inverno (il
Natale dei cattolici) e che all’Equinozio di Primavera
(la Pasqua dei cattolici) veniva a far parte del mondo
degli adulti e che all’epoca del Solstizio d’Estate era diventato un uomo grande e grosso e molto forte. La potenza del Sole raggiunge il suo apice nell'emisfero
settentrionale nel momento in cui il giorno risulta più
lungo rispetto all'oscurità. A questo punto all'uomoSole vennero attribuiti lunghi capelli color oro, come
simbolo dei potenti raggi del Sole. Quando il Sole entrava nella casa della Vergine (la casa di Dalila) all'inizio dell'Autunno, l'uomo-Sole si faceva tagliare i
capelli poiché la potenza del Sole cominciava a venir
meno. Gli antichi raffiguravano il Sole come un bambino a dicembre, un ragazzo a Pasqua, un uomo in
estate, un anziano che sta perdendo le forze in autunno
e un vecchio il giorno del solstizio d'inverno.
Ora riconsideriamo la storia di Sansone (Sun-son). Costui era incredibilmente forte e aveva lunghi capelli,
ma perse la sua forza quando glieli tagliarono. I proHORUS | Sovrano Santuario D’italia Dei Riti Uniti
blemi iniziarono quando entrò
nel segno astrologico della Vergine (Dalilà), attraverso cui il
Sole passa quando l'inverno si
avvicina. Raccogliendo le sue
ultime forze, Sansone abbatte le
due colonne, Equinozio d’Autunno e Solstizio d’Inverno e
puoi muore.
Questa è la vera storia di Sansone. Costui non fu una persona
realmente esistita, ma una rappresentazione simbolica del
Sole.
La storia di Sansone spicca
nella Bibbia per le incongruenze di cui
appare intessuta, e
gli
allievi nei seminari si devono
essere scervellati a lungo sull'arma con cui uccise i Filistei.
Ma c'è ben altro su cui spremersi il cervello.
Citazione:
“…Trovò allora una mascella
d'asino ancora fresca, stese la
mano, l'afferrò e uccise con essa
mille uomini. Sansone disse: «Con
la mascella dell'asino, li ho ben macellati! Con la mascella dell'asino,
ho colpito mille uomini!» Quand'ebbe finito di parlare, gettò via la
mascella; per questo, quel luogo fu
chiamato Ramat-Lehi. Poi ebbe
gran sete e invocò il Signore dicendo: «Tu hai concesso questa
grande vittoria mediante il tuo
servo; ora dovrò morir di sete e
cader nelle mani dei non circoncisi?». Ma Dio aprì una cavità che
era nella mascella, e ne uscì dell'acqua; e come ebbe bevuto ritornò il
suo spirito ed egli si riprese: perciò
chiamò il nome di
quella En-hakkore,
che è in Lehi fino
a questo giorno.
Sansone fu giudice d'Israele,
al tempo dei Filistei, per venti
anni.”
(Giudici
15:15-20)
Ramat-Lehi significa “Altura
della mascella”. Nelle traduzioni, questi passi sono
stati espurgati per renderli più plausibili;
quella Mascella non è
un osso, è qualcosa
che sta in cielo,
qualcosa che sta in
alto. LEHI era il nome che i Babilonesi davano alle IADI, situate
nel
Toro
come
MASCELLA DEL TORO.
Il Vocabolario Etimologico di
Pianigiani è uno dei più famosi
vocabolari etimologici italiani,
dice a proposito delle Iadi:
“IADI = gr. YADES da Y-ein “piovere”, che fa capo alla radice Y per
SY = sscr che ha il senso di spremere. Le IADI, le quali piansero
tanto il loro fratello IADE che
Giove le trasportò in cielo e le trasformò in astri.”
Si ricorda il detto classico le
“PLUVIE IADI”. Dunque queste stelle, dette dai babilonesi
LEHI (lo stesso termine usato
dalla Bibbia), sono associate alla
pioggia, all’acqua.
“…Ed ebbe molta sete (…) morirò
io ora di sete? (…) Ma Dio aprì la
cavità di LEHI (mascella) e ne uscì
dell’acqua…” (Giudici 15:18-19).
Chi conosce i Veda, sa che Indra
(spirito o divinità legata alla
pioggia) usa il potente VAJIRA
un fulmine, fatto con le ossa di
Dadhyac dalla testa di cavallo
(la mascella) e il fulmine è sempre associato alla pioggia,
quindi all’acqua.
Nel poema della creazione babilonese (Enuma Elis), che precede la storia di Sansone,
Marduk usa le IADI come una
specie di boomerang per distruggere la progenie dei mostri
celesti…
In tutto il mondo vi sono storie
di un essere che usa la mascella
di un asino, di un cavallo, di un
toro, perfino di un tapiro, e tutte
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queste mascelle sono in relazione alle IADI e all'acqua.
Nell'America meridionale, dove
i tori erano ancora sconosciuti,
gli Arawak, i Tupi e i Quechua
dell'Equador, parlavano della
MASCELLA DEL TAPIRO, che
si ricollegava al gran Dio HUNRAKAN, da cui deriva il termine URAGANO.
I Dayak del Borneo, designano
le IADI con il termine RAHANG (mascella).
Dunque il biblico Sun-son è un
personaggio assurdo, salvo che
per la sua maniacale violenza e
le improvvise passioni. Fa una
certa impressione, dopo averne
letto la caotica e bizzarra biografia, trovare a conclusione “e
giudicò Israele per vent'anni”:
se mai vi fu uomo senza giudizio, era proprio questo massacratore scatenato; ed è assai
dubbio, che egli abbia mai dato
lustro alla sua professione.
“Giudicò Israele per 20 anni”
cioè: giudicò Israele per 240
mesi. O meglio, giudicò Israele
per 7200 giorni.
20, 240, 7200, sempre e solo numeri precessionali.
20 sono gli anni che il Sole Precessionale impiega per percorrere 1000 secondi d'arco, il
numero degli uomini uccisi con
la mascella d'asino. Sansone
giudicò Israele per 20 anni, cioè
il Sole percorse 1000 secondi
d'arco (cioè ne dovette uccidere
1000)... Per chi non avesse voglia di fare calcoli (per i più
pigri), mi spiego meglio: Il Sole
precessionale percorre un grado
zodiacale in 72 anni. Un grado
zodiacale corrispondono a 60
primi d'arco, cioè a 3600 secondi
d'arco (60X60). 3600:72=50, questo significa che il Sole Precessionale in un anno percorre 50
secondi d'arco. Se moltiplico 50
per i 20 anni per cui Sansone è
stato Giudice, ottengo 1000 secondi d'arco.
240:20=12 - 7200:20=360 entrambi i risultati riportano allo
Zodiaco (12 segni per un totale
di 360 gradi).
La mascella d'asino con denti e
leggermente ricurva indica una
parte della fascia zodiacale ed a
conferma di tutto ciò che ho
detto, c’è anche il significato del
nome, che proviene da un termine ebraico che significa Sole.
Questa cosa da sola, da valore a
tutto ciò che ho detto di lui.
Infatti sembra che la gente faccia meno fatica ad accettare la
storia di un uomo, che da solo,
armato con una “mascella
d’asino” abbia ucciso 1000 filistei (cosa biasimevole tra l’altro,
la morte di tante persone non ha
mai scusanti), piuttosto che una
spiegazione logica e razionale
della storia, confermata dai numeri contenuti nel testo.
Oltre a non saper leggere i numeri, le persone non sanno
estrarre le immagini dal testo.
Ora immaginate Sansone/Sole,
che stando su un "altura" con in
mano una “mascella d’asino”
rotea su se stesso uccidendo i
1000 Filistei che gli stavano intorno, cosa viene in mente???
Abbiamo un uomo che si
chiama Sole, che sta in alto, che
roteando ne fa fuori 1000, e
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guarda caso questi 1000 corrispondono ai secondi d’arco che
il Sole Precessionale percorre in
20 anni. Inoltre il numero dei
mesi che compongono 20 anni
sono 240, il numero dei giorni
sono 7200, mentre le ore corrispondono a un 172800 (Krita
Yuga). Davanti a queste prove,
come si fa a pensare che l’autore
della storia biblica di Sansone
abbia voluto dire quello che ci
propinano i dotti ebrei, i dotti
cattolici e i dotti protestanti???
Come si può credere che nessuno si sia mai accorto? E parlo
di quegli illustri cervelli, che
sono i teologi, che si professano
uomini di Dio, che per evitare
di dire che gli israeliti adoravano il Sole, si sono inventati le
spiegazioni più disparate. È
chiaro che hanno mentito sapendo di mentire e hanno continuato a farlo fino ai giorni
nostri. È vero ebraismo e cristianesimo sono religioni monoteiste, ma questo unico Dio era il
Sole.
Quindi più ci si riflette e più ci
si convince che gli israeliti erano
adoratori del sole e che il cristianesimo è il residuo di un antico
culto solare.
I testi antichi devono essere letti
con un occhio sulle pagine e con
l'altro rivolto al cielo...
Fr.·. AmmAGAmmA
Grande Pontefice
HORUS, Quaderni di studio aperiodici del Sovrano Santuario d’Italia dei Riti Uniti.
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