Di Fabrizio Ottaviani: L`uomo che scrisse due volte
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Di Fabrizio Ottaviani: L`uomo che scrisse due volte
L’uomo che scrisse due volte La paura del vuoto e le vertigini in montagna L e tapparelle si alzarono improvvisamente, il sole inondò la stanza. Mi svegliai. Il papà cantava stonatissimo, parafrasando l’allora famosa canzoncina, “È primavera, alzatevi bambini”; scoprí le lenzuola, mi sollevò dal letto e mi prese in braccio. Poi si avvicinò alla finestra per mostrarmi la bella giornata. Improvvisamente, vedendo lo spazio sotto di me, fui colto dal terrore e urlando mi aggrappai a lui. Avevo quattro anni e forse da quel giorno iniziò il mio timore del vuoto. Come quelle persone che sono attratte dalle montagne russe (quelle al Luna Park, non quelle del Caucaso) e poi le vivono con spavento, cosí io, da ragazzino, mi arrampicavo dappertutto, appena potevo: alberi, roccette, pendii scoscesi, tutto serviva allo scopo; ero attratto dalla verticalità dei luoghi, ma poi 60 VIVERE LA MONTAGNA Il sogno è l’infinita ombra del vero. (Giovanni Pascoli) (1) ne avevo paura, a volte mi bloccavo, desistevo, e ripiegavo su vie piú facili. Forse anche perché frustrato dai richiami della mamma, timorosa e angosciante come sanno esserlo solo le madri latine. Sull’argomento del panico davanti al vuoto ho scritto due volte: la prima, rendendomi conto di questa problematica già bambino, forse ancora alle elementari, quando avevo provato a scrivere un tema, cercando anche di disegnare ciò vivevo spesso in un sogno, di cui dirò piú sotto. La seconda è quella di oggi: provo quindi ad affrontare questa materia, ovviamente da laico, avendo solo un po’ di esperienza personale in montagna. Nel frattempo trascorrevano le stagioni e il verticale venne sostituito nella mia vita da altre dimensioni: la velocità (dei motorini), la curiosità sociale (con gli Sopra: non soffre di vertigini! amici) e affettiva (le ragazze, che mondo strano e difficile!), la potenza e l’eleganza (dei cavalli, con i primi concorsi ippici). Il tempo scorreva in quegli anni senza che fossi piú stato costretto ad affrontare casi di vertigine, ma una gita al Sasso Grande, nei Denti della Vecchia, fece riaffiorare il problema. Con fratello, fidanzata e cognata eravamo arrivati in vetta, arrampicando nel camino senza troppe difficoltà, ma al momento di scendere e di trovare la via giusta tra roccette e pini mughi, la mia mente, non vedendoci chiaro, decise di bloccare mani e gambe. Ci volle un bel po’ per “tirarmi giú”, con l’aiuto di pazienti aiutanti. Però il ghiaccio era rotto e da quel momento iniziò la mia modesta © Piotr Morawski - Fotolia.com di Fabrizio Ottaviani carriera alpinistica: molte cime ticinesi e grigionesi, qualche quattromila alpino e molte esplorazioni di creste e versanti alternativi. La corda, nei momenti piú difficili, mi dava la sicurezza e la capacità di proseguire, anche dove altri, senza il mio handicap mentale di paure, sarebbero avanzati slegati. Dunque, con l’arrampicata il rapporto era difficile; però dapprima un corso, poi un altro, qualche scalata con guida e infine molte arrampicate con amici hanno permesso di vincere gran parte delle crisi e di oltrepassare un ostacolo psichico che poco prima sembrava insuperabile. Vie di roccia facili, con qualche puntata fino al 4° e 5° grado, solitamente come secondo di cordata, questo è stato il successo di un fobico del vuoto. Infine ho capito dove stavano i miei limiti: tecnicamente avevo imparato molto, ma la testa mi frenava. In altre parole, l’esposizione al vuoto è per me un confine difficile da varcare, anche se l’uso dell’imbragatura e della corda lo spinge un po’ piú avanti. Vertigini e fobie Solitamente la gente dice “soffro di vertigini”. In realtà i veri capogiri sono un’altra patologia: in quei casi si hanno dei giramenti di testa, o si vede girare il mondo attorno a sé. Senza essere in montagna, al giorno d’oggi sempre piú persone soffrono di labirintite o di malattie simili, che causano forti giramenti di testa e anche vomito. Ecco, le vere vertigini sono quelle in cui si vede tutto ruotare e non si può piú proseguire. Vi ricordate “La donna che visse due volte”, il film di Hitchcock dal titolo originale proprio “Vertigo”, con James Stewart e Kim Novak? Il protagonista soffriva di quel Non guardare giù! disturbo e piú di una volta si è trovato in difficoltà, come nella scena famosa sulla scaletta del campanile. Prima che la cinepresa mostrasse il drammatico momento in cui Solitamente la gente dice “soffro di vertigini”. In realtà i veri capogiri sono un’altra patologia: in quei casi si hanno dei giramenti di testa, o si vede girare il mondo attorno a sé. Senza essere in montagna, al giorno d’oggi sempre piú persone soffrono di labirintite o di malattie simili, che causano forti giramenti di testa e anche vomito. il mondo circostante girava vorticosamente agli occhi dell’attore (forse per esigenze filmiche anche un po’ esageratamente) il regista aveva reso con abilità una sensazione preesistente la vertigine vera e propria, cioè una percezione visiva delle cose che si avvicinano, si allontanano, si riavvicinano e cosí via sempre piú velocemente. Questo è quello che accade nelle persone che soffrono delle cosiddette “vertigini d’altezza” (considerate dai medici fisiologiche, ovvero normali in molte persone e assolutamente da non riferirsi ad alcuna malattia) cioè un disturbo oculare - visivo inerente l’incapacità di fissare l’immagine di cose e oggetti da grandi altezze (a volte anche pochi metri). (2) Può infatti succedere che guardando in alto o in basso a lungo, i riferimenti orizzontalmente normali del nostro cervello vengano meno, scatenando una A destra: Locandina film La donna . A sinistra: in palestra di roccia, per abituarsi al vuoto. c h e v i ss e d u e v o l t e VIVERE LA MONTAGNA 61 L’uomo che scrisse due volte reazione vertiginosa. In realtà però la maggioranza delle persone che afferma di soffrire di vertigini ha “solo” paura del vuoto e dell’altezza. Le fobie del vuoto e dell’altezza La kenofobia e la acrofobia sono appunto il timore del vuoto e degli spazi vuoti e quella dell’altezza, che si manifestano La Fiamma, in Albigna 62 VIVERE LA MONTAGNA aerea guglia non solo in montagna, ma anche sui balconi alti degli edifici o affacciandosi alle finestre, soprattutto se con un davanzale basso. L’acrofobia in particolare è definita come una paura persistente, anormale e ingiustificata dei luoghi alti. Questo timore è solito presentarsi in situazioni tipiche quali sporgersi dal balcone, restare su un belvedere o vicino a un burrone. Come altri disturbi, genera forti livelli di ansietà in quegli individui che ne soffrono e che cercano di evitare la temuta situazione. Stando in alto a volte non si teme il vuoto in sé, ma di non poter resistere all’attrazione di quel vuoto, al desiderio di volare, da cui terrore, blocco dei mu- scoli, pallore, bradicardia, vomito, sudorazione. Gli specialisti trattano questa e altre fobie con esercizi di “abituazione”, ed esistono diversi corsi organizzati per cercare di ovviare a queste situazioni. (3). Da autodidatti si può dire che in effetti l’abitudine migliora la situazione, permettendo di innalzare un po’ la soglia della paura, come pure l’equipaggiamento tecnico dà sicurezza. Altre volte è la percezione del vuoto in sé a far bloccare, perché ogni movimento metterebbe in crisi l’autocontrollo e l’equilibrio. Gli acrofobici quindi evitano di salire su torri, funivie, ponti e stanno male anche se vedono altri salirvi. Non temono però di abitare in un attico: la casa anche per loro è un riferimento di sicurezza. Basta non affacciarsi troppo alle finestre. Non tutti i problemi e tutte le fobie sono riconducibili a diagnosi ben precise, Operai Vista da un grattacielo. perché vari elementi e stati d’animo si incrociano e si mischiano, cosicché l’ansia si può intrecciare con diverse altre fobie, come quella di fare brutta figura, quella di vincere, quella della competizione con gli altri e con se stessi ed infine con la paura della paura. La psichiatria poi ci “marcia” con quell’argomento, spiegando che per i maschi la paura di cadere è la rappresentazione inconscia di quella di sprofondare in un corpo femminile… Ma, un momento, vuoi vedere che quegli incubi che avevo da bambino, in cui mi sentivo cadere in vortici angoscianti, senza nemmeno poter gridare, fossero già l’antipasto di altri incubi, ben piú reali? Anche l’ironia ci gioca, come in quel forum dove si legge “Io ho una gran paura del vuoto… quando guardo nel mio portafoglio.” Paura sí, paura no Vi sono persone che non soffrono per nulla di fastidi dovuti al vuoto e all’altezza. Non vado a scomodare gli indiani d’America, o meglio i membri di quelle tribú assunte nella costruzione dei grattacieli, proprio perché assolutamente immuni da questi disagi: essi, ma in generale tutti gli operai addetti a questo tipo di costruzione, possono tranquillamente camminare su putrelle poste a centinaia di metri d’altezza, con un’esposizione al vuoto piú assoluto, sedersi con le gambe penzoloni per consumare il pasto, come nella famosa fotografia riprodotta in questo articolo. Piú semplicemente penso a degli amici e conoscenti che anche loro fin da ragazzi s’inerpicavano su tralicci e pali, e arrampicano tuttora in montagna senza alcun problema, e se capita salgono aeree scalette come se fossero a dieci centimetri da terra. Alcuni non immaginano nemmeno di potersi cimentare su una parete rocciosa, dove ci vuole un po’ di tecnica, ma poi riescono a percorrere le vie ferrate piú impegnative, non lasciandosi impressionare dall’esposizione e dagli strapiombi. Altri, come me, dal punto di vista tecnico non avrebbero bisogno di tutti quegli aiuti come gradini, pioli, cavi d’acciaio, tipici delle ferrate, ma l’idea di trovarsi sospesi nel vuoto le fa decidere per un altro tipo di salita. La medesima cosa succede nei parchi-avventura, costruiti ultimamente anche nella nostra regione. Muniti di imbragatura, cordini e moschettoni, si passa da albero ad albero, ad una certa altezza dal suolo, superando ponticelli traballanti, assicelle instabili e cavi aerei e ci si tuffa appesi a una carrucola in lunghe e veloci trasferimenti sopra fiumi e vallette. Anche lí, se si pensa razionalmente, si sa che non si può cadere perché si è legati, ma chi ha incertezze con l’altezza soffre lo stesso. Per non parlare dei tuffi con l’elastico dalle dighe o dalle piattaforme sulle gru. sui grattacieli. Il bello della paura In realtà un po’ di apprensione è bene averla, perché fa percepire il pericolo e può salvare la vita: un alpinista è valido anche se sa rinunciare a cime che potrebbero mettere in difficoltà lui e i suoi compagni. Inoltre, come detto, anche l’abitudine aiuta a superare il terrore del vuoto: a volte ritornando in luoghi che in un’occasione avevano creato problemi, si riesce a passare tranquillamente, quasi che la prima volta abbia esorcizzato l’orco che ci stava davanti. Come dicevano quei versi di Pascoli “Montagne che varcai, dopo varcate, sí grande spazio d’in su voi non pare, che maggior prima non lo invidiate.”(4) L’ideale sarebbe avere un leggero timore, ragionato e controllabile, nei punti veramente pericolosi, senza che questa blocchi i movimenti o faccia compiere azioni dettate piú dal timore che dalla ragione. Movimenti che si rivelano poi essere piú pericolosi di quelli semplici che avrebbe messo in atto qualcuno senza quelle fobie. Ma perfetti non si può essere e quindi accettiamoci come siamo, compiendo imprese alla nostra portata, con i nostri timori. Perché, come diceva Martin Luther King “Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.” Oppure più semplicemente come Totò nel film “Napoli milionaria” “Il coraggio ce l’ho. È la paura che mi frega”. s Note (1) Giovanni Pascoli, Alexandros, in Poemi Conviviali. (2) Cfr. dr Antonio Turetta in Combattere le vertigini ed eliminare i problemi che provocano / www.mybestlife.com. (3) da Vertigini, la paura del vuoto di Alberto Siracusano, direttore della scuola di specializzazione in psichiatria dell’Università Tor Vergata di Roma, / salute.leiweb.it. (4) ancora Alexandros, di Pascoli. VIVERE LA MONTAGNA 63