Note biografiche e storiche parte 1
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Note biografiche e storiche parte 1
VINCENZO GIUSTINIANI ed il suo periodo a Gravina 1593 agosto 02 - 1614 ottobre 03 La storia famigliare dei Giustiniani di Genova corre parallela con quella veneziana, ma non vi sono legami di parentela tra loro. Le prime notizie risalgono al 1347, quando a Genova alcuni membri della famiglia si accordarono in una sorta di “società per azioni” per poter sfruttare, per conto della Repubblica Genovese, l’Isola di Chios, nell'Egeo Nord-orientale. Successivamente, i nobili genovesi trasferitisi sull’isola assunsero tutti il nome di Giustiniani, diventando una sorta di sovrani di Chios. Alcuni Giustiniani tornarono a Genova, altri a Roma e nel Sud Italia, altri restarono a Chios (o comunque in Grecia), altri in Turchia. Troviamo i Giustiniani anche a Istria e in Corsica. L’origine di tale cognome potrebbe ricondurre all’imperatore Giustiniano e alla corte romana dell’impero di Oriente. Cosa certa è che, a partire dall’ IX-X secolo, il nome Giustiniani era noto in tutto il Mediterraneo. Per il ramo genovese, Carlo Hopf nel “Giornale linguistico di archeologia, storia e Letteratura”, del 1882, ha potuto stabilire un’origine meno remota e più sicura, almeno per quelli di Chios (o Scio). Nel 1362 a Genova fu fondata una società denominata “Maona”, nata per poter sfruttare i possedimenti di quella repubblica nel Dodecaneso. La società commerciale era composta da dodici membri, tutti adottarono il cognome Giustiniani, perdendone quello originario. Per distinguersi, al cognome fu Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi affiancato un soprannome, quindi: Giustiniani detti “de Banca”, de Campis, de Ciprocci, de Furneto, de Garibaldo, de Longo, de Monella, de Nigro, de Oliverio, de Pagana, de Racanelli, de Sancto Theodoro, e così via. Non era nuovo a Genova riunirsi tra famiglie in un'unica residenza (palazzo o dimora) e utilizzare tutti un unico cognome, che poteva essere quello del proprietario dell’abitazione. Questa modalità dette nascita agli “Alberghi”, in seguito divenne anche aggregazione politica. Il potere decisionale spettava in proporzione al denaro che ognuno metteva come quota sociale. Sull’etimologia del termine “maona” non ci sono certezze, potrebbe derivare dal dialetto genovese “mobba”, che equivale a “unione”. Alcuni ipotizzano il termine arabo “maounach”, che tradotto vuol significare “società mercantile” o “associazione per lo sforzo comune”. La “maona” dei Giustiniani è probabilmente la prima società per azioni. L’assunzione di tale nominativo potrebbe derivare dalla prima sede istituita nel Palazzo Giustiniani di Genova, che apparteneva all’omonima famiglia veneziana. 1 Possiamo concludere, quindi, che l’origine di queste società è collegata a più famiglie aggregate in una sorta di società di persone (“alberghi”, come riferito). Queste “società” crearono delle vere e proprie Signorie, con eserciti, soldati e un’autonomia tributaria propria. Talvolta la loro politica era in contrasto con quella della stessa Repubblica che le aveva originate. Il casato dei Giustiniani, per tutto il tempo della Repubblica Marinara Genovese, fu una delle famiglia più in vista. Ben sei Dogi della Repubblica portano il loro cognome. Tra i loro possedimenti, quelli ubicati nell’Egeo orientale, ora appartenenti alla Repubblica di Grecia: le isole di Scio (Hios o Chios), Samo (Samos), Enussa (Inousses), Icaria (Ikaria) Co (Kos), Lesbo (Lesvos), Santa Panagia. A questi si aggiungono i due insediamenti in Asia Minore di Focea Vecchia e Focea Nuova, appartenenti ora alla Turchia. Su queste isole i Giustiniani esercitarono il loro dominio per circa 220 anni, dal 1347 ‒ anno di fondazione della Maona vecchia ‒ al 1566 ‒ anno della definitiva conquista Turca dell’arcipelago.2 Sull’isola di Chios dimoravano anche Giovanni Battista Giustiniani e sua moglie Violante, che procrearono Vincenzo nel 1550. Vincenzo, all’età di sedici anni circa, fu costretto a lasciare l’atollo, poiché minacciato dal turco Solimano. Egli raggiunse dapprima Genova con il fratello Marco Antonio, poi Torino, perché avviato alla vita religiosa e affidato alle cure e alla formazione dello zio paterno Angelo3, frate francescano4. Successivamente divenne vescovo a Ginevra5. Il giovane Vincenzo studiò con profitto, laureandosi in Legge. Apprese anche le lingue, soprattutto l’arabo, il greco e il latino, che parlava con naturalezza. Si dilettò anche in alchimia, come attesta Vincenzo Bruno in «Teatro degli inventori di cose», e inventò tra l’altro la formula “dell’oro impalpabile in polvere sottilissima”. 1 Tale palazzo, troneggia ancora nella contrada Giustiniani, fregiato dello stemma della famiglia e da parecchi trofei vinti nella guerra di Chioggia dagli stessi Veneziani. 2 Maggiori informazioni sulla famiglia Giustiniani di Genova possono essere acquisite sul sito famigliare creato dal dott. Enrico Giustiniani da dove sono attinte le notizie su riportate. http://www.giustiniani.info/ 3 A Torino divenne confessore, elemosiniere e consigliere intimo del duca Emanuele Filiberto e visse più anni nel convento francescano di S. Tommaso, dove, in omaggio alle sue origini, era noto come "il Greco". Il 13 ott. 1568 il G. fu nominato vescovo di Ginevra 4 A Torino Angelo divenne confessore, elemosiniere e consigliere intimo del duca Emanuele Filiberto e visse più anni nel convento francescano di S. Tommaso, dove, in omaggio alle sue origini, era noto come "il Greco". 5 Suo fratello Marco Antonio, invece, seguì la carriera politica, diventando senatore di Genova e governatore in Corsica. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Suoi nipoti di fama furono Orazio Giustiniani, della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, cardinale, gran penitenziere e bibliotecario; Giuliano, anch’esso dell’Oratorio famoso per integrità di vita e costumi. Raggiunta la formazione necessaria, fu segnalata la sua competenza a Roma. Il Papa, dunque, lo volle governatore di Tivoli dal 3 luglio del 1590. In questa veste ebbe modo di farsi notare per le capacità gestionali. Fu attore dei disastri compiuti dall’alluvione e dal conseguente straripamento del fiume Aniene nel 1589. In quest’occasione immediata fu la sua opera per riparare i danni subiti. Per trovare una soluzione a tali ingenti danni, chiese aiuto al padre gesuita Giovanni De Rosis che godeva fama di valente ingegnere idraulico. Mi dispiace molto il nuovo danno del fiume, et se così perfettamente si potesse provvedere per l’avvenire, che si confirmassero i repari che se gli fanno, come io con molta prontezza mando il padre Giovanni et sono per servire sempre in quel che io posso, conforme alle deboli forze mie, et V.S., et insieme la città non averebbono questi fastidi… Il padre Giovanni renderà questa mia a V.S., et egli supplirà al desiderio mio di faticarsi in sodisfatione di lei et in benefitio della Città». Il Generale dei gesuiti padre Acquaviva scriverà al Giustiniani: « L’anno 1590 fu peggio di quello precedente: carestie, malattie, colture danneggiate da impietose calamità. In un’adunanza cittadina del 18 settembre, Orazio Sebastiani, uno dei magistrati preposti al governo cittadino, mentre ragguagliò sui danni, propose soluzioni per riparare ai disastri, elogiando la figura del Governatore Giustiniani, per essersi adoperato in prima persona per arginare le difficoltà. Il non sarà minor beneficio per la nostra Città, e pè suoi abitanti, se presso il Sovrano s’implorerà contemporaneamente la conferma dell’Illmo sig. Vincenzo Giustiniani nostro Governatore. A parlare con sincerità e senza adulazione, io deggio francamente asserire, che per uno speciale favore dell’Altissimo Iddio fu quello fra noi inviato in tempi cosi infelici per essere beneficati sa suoi travagli indefessi, e dal suo instancabile zelo; ed in vero chi di noi non sa, e non vede, quando sia grande la sua attività, perché venga ultimata la palizzata del fiume, come egli sorvegli giornalmente gl’impresari di questo lavoro, come tenga esatto conto delle somme a ciò destinate, e come provegga tutto il bisognevole? Volendo poi la bontà di questo uomo integro, ed onorato più volte analizzare, che dirò della premura, che mostra per la riforma de’ nostri Statuti, e per accrescere il nostro benessere, e il nostro onore? Io, il magnifico Sinicio Sebastiani, Giò Battista Zacconi, e Giacomo Roncetti, occupati nel lavoro degli Statuti, siamo testimoni di fatto delle fatiche, delle veglie, dello ardore, acui si sottopone, e che spiega lo egregio nostro Governatore. Egli ci ama, come il più tenero de’ padri ama i suoi figli. Infatti per far conoscere, che le sue operazioni dirette sono soltanto al nostro bene, egli rinunziò generosamente a qualunque interesse, e pose in non cale, per uno esempio rarissimo, ogni lucro, che in aumento del mensile stipendio poteva risultare e pretendere dallo esercizio del suo Ministero». Dopo altri elogi e meriti, conclude di implorare il Papa affinché riconfermi il Giustiniani come Sebastiani prosegue: « Governatore. Vincenzo Giustiniani scelse quale collaboratore Giuseppe Marzio, noto panegirista che gli dedicò nel 1590 la sua opera scritta: “Orazio, in laudem Vincentii Iustiniani gubernatoris tiburis”. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Giuseppe Marzio In Laudem Vincentii Iustiniani 1593 Le sue doti erano conosciute anche all’altro suo parente, il cardinale Benedetto, dal 19 luglio 1591 Legato Pontificio per la Marca d’Ancona, che lo volle proprio Vicario unitamente a Ludovico Lambertini. Nel 1593 Vincenzo Giustiniani fu trasferito al governo di Civita Castellana, diventando il 28 febbraio dello stesso anno anche Referendario di ambedue le Signature a Montalto (sostituì in questa occasione Alfonso Visconti). In queste vesti rimase pochi mesi, dato che il 2 agosto 1593 fu promosso al vescovato, assegnandogli la comunità ecclesiale di Gravina, nelle Puglie, vacante per la rinuncia di Antonio Maria Manzoli. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale riconosce la collazione episcopale della chiesa di Gravina nella persona del vescovo Vincenzo Giustiniani. Gravina, Archivio Unico Diocesano Contestualmente alla Bolla papale con cui papa Clemente VIII riconobbe la collazione episcopale della chiesa di Gravina nella persona del vescovo Vincenzo Giustiniani, nella stessa data del 2 agosto, furono spedite altre Bolle, una allo stesso Giustiniani con cui lo si assolve da ogni censura e da ogni pena, un’altra di raccomandazione a Filippo II re di Spagna, un’altra ancora a Scipione de Tolfa arcivescovo di Acerenza suo suffraganeo, l’ultima al capitolo della chiesa cattedrale di Gravina, al clero ed ai diaconi della città di Gravina, all’Università e vassalli della città di Gravina, al popolo della città di Gravina. 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale assolve Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina da ogni censura e da ogni pena. Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina a Filippo II re di Spagna Gravina, Archivio Unico Diocesano 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina a Scipione de Tolfa arcivescovo di Acerenza suo suffraganeo Gravina, Archivio Unico Diocesano 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina al Capitolo della chiesa Cattedrale di Gravina Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina al clero ed ai diaconi della chiesa Città di Gravina Gravina, Archivio Unico Diocesano 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina al popolo della Città di Gravina Gravina, Archivio Unico Diocesano 1593 agosto 03, Roma Bolla di Papa Clemente VIII con la quale raccomanda Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina al tutti i vassalli della Cattedrale di Gravina Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Per la sua consacrazione episcopale nell'alma urbe, papa Clemente VIII autorizzò, con ulteriore Bolla, il cardinale Alfonso Gesualdo, vescovo di Ostia, mons. Melchiorre Pelletta, vescovo titolare di Chrysopolis (in Arabia) e ausiliare di Torino, e mons. Cristoforo Robusterio, vescovo titolare di Orihuela in Spagna e prefetto nella Curia romana, a consacrare l’eletto vescovo di Gravina Vincenzo Giustiniani. 1593 agosto 22, Roma Papa Clemente VIII autorizza il vescovo Alfonso di Ostia e altri vescovi a consacrare nell' alma urbe l'eletto vescovo di Gravina Vincenzo Giustiniani. Gravina, Archivio Unico Diocesano Mons. Giustiniani aveva acquistato a Roma la propria abitazione nel rione “Monti” e in quella residenza soggiornava ogni volta che si recava nell’Urbe.6 Havendo inteso che nostro signore in luogho dell’illustre et Rev.mo Monsignor Manzoli vescovo di gravina cià dato per suo successore et nostro prelato et pastore il noto illustre signor Vincenzo Giustiniani», delibera per il novello Pastore un sussidio Il 13 settembre il Capitolo Cattedrale radunato nella sagrestia della cattedrale « caritativo di centocinquanta ducati, più altri cinquanta come dono personale. Il giorno 19 si riunì nuovamente per decidere chi doveva ricevere al suo ingresso il vescovo, porgendogli il benvenuto. La scelta cadde sull’arciprete e primicerio Petronella, mentre il canonico Guido Guida avrebbe consegnato il sussidio. 6 Studi offerti a Giovanni Incisa Della Rocchetta, Roma, 1973 Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi La società civile gravinese era governata dal duca Michele Antonio Orsini (1585-1627). Mons Vincenzo giunge nella “Sede” di Gravina probabilmente agli inizi del 1594, portando con sé don Giuseppe Marzio, nominato suo Vicario Generale. Nello stesso anno indice la sua prima “Visita Pastorale”. Nella “Visita” alla Cattedrale verifica l’altare maggiore dedicato allo Spirito Santo e gli altari di San Nicola da Tolentino, della Visitazione della Beata Vergine, di Santa Maria della Neve, di San Luca, di Sant’Antonio da Vienne7, dell’Ascensione, di Sant’Eustachio, di Santa Maria del Piede, della Presentazione della Vergine, di San Giuseppe, della Pietà, di Santa Lucia, degli Angeli, di Santa Caterina, di san Giacomo, di Santa Maria dei Martiri, di San Paolo, di San Martino, del Corpo di Cristo, di San Donato, di San Giovanni Battista, di San Michele Arcangelo, di San Nicola di Bari, e le cappelle della Santa Croce e di Santa Maria di Costantinopoli. Gravina, Basilica cattedrale Esterno laterale Nel controllare la situazione della sagrestia della stessa cattedrale, verifica la disastrosa situazione di un bancone in noce, fatto realizzare dal vescovo Pellegrino (1552-1568). Egli annota: « li paramenti non si conservano bene e vi possono entrare li soricj». Per questo commissiona, con le entrate della “gabella della 7 Si tratta di Sant’Antonio Abate Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi taverna”, un radicale restauro e integrazione del mobile con pannelli intarsiati sulla cassapanca e una cornice di cui lamenta la mancanza nella stessa “Visita”. Sul pannello centrale ex novo, lo stemma del Giustiniani, che si ripete anche sul cornicione modanato insieme a quelli del Capitolo e dell’Università. Maestranze locali Bancone Ligneo Sec. XVI Gravina, Basilica Cattedrale Il suo primo pensiero e atto è quello di occuparsi della formazione dei giovani e futuri presbiteri, istruiti da pubblici insegnanti e sacerdoti di esemplari costumi, pagati dall’Università. Mons. Giustiniani, come i suoi predecessori e i suoi successori, nota una diffusa ignoranza, soprattutto nel Clero. Alla luce di tali riscontri vuole con grande forza l’erezione di un Seminario, che risulta il primo nella Terra di Bari e nell’Arcidiocesi di Acerenza di cui Gravina era suffraganea8. 8 Va ricordato che dopo il Concilio di Trento ci furono già tenui tentativi di istituzione del Seminario da parte dei vescovi Pellegrino (1552-1568) e Bossi (1568-1574). Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Mons. Giustiniani ordina al Capitolo gravinese la nomina di un procuratore con il compito di seguire la vicenda del Seminario. Coadiuvato da due deputati, questo procuratore avrebbe dovuto occuparsi in seguito del buon governo e dell’amministrazione dell’Istituto. Il Capitolo si accorda sulla nomina a procuratore di Francesco Clemente, canonico e teologo all’interno dello stesso Capitolo. Gli inizi sono davvero difficili per la mancanza di fondi necessari per andare avanti. I tentativi di imporre opere pie a tutte le istituzione laiche ed ecclesiastiche sono vane: tutti rifiutano, compreso l’Università che fino ad allora aveva mantenuto un pubblico maestro. Questi dati di fatto sono segnalati nella “Relatio ad Limina” inviata nel dicembre 1595. Comunque mons. Giustiniani non si arrende alle palesi difficoltà e riesce a recepire fondi, assicurandosi parte dei proventi di diritti e decime dovute alla Chiesa e sottratte o percepite indebitamente dall’Università. Pretende contributi anche dall’arcidiocesi acheruntina. Alle difficoltà vissute giornalmente dai cittadini, nel 1595 si aggiunge l’invasione di locuste che distruggono buona parte delle attività produttive della zona. L’esasperazione spinge la popolazione e il sindaco Manilio Camerota a rivolgersi a Giustiniani in modo che trovasse il modo di allontanare il flagello: la cultura di quel periodo portò a pensare che fosse in atto una maledizione, proprio come negli episodi analoghi descritti nella Bibbia, e che quindi c’era bisogno di un esorcismo contro i terribili insetti. A buon ragione mons. Giustiniani approfitta del momento e concepisce un vero e proprio processo contro i temibili animali, che hanno persino un avvocato che li difende, al fine di dimostrare che il caso non è fortuito, ma deriva dalla non osservanza al pagamento dei diritti dovuti alla Chiesa. L’occasione è propizia per chiedere denaro e ristabilire antiche immunità che sarebbero poi servite per il buon fine dell’erezione del Seminario. Il vescovo riesce a ottenere i fondi e sentenzia contro gli insetti: «vogliamo emettere sentenza di maledizione contro detti animali che devastano i confini della nostra Diocesi; e sopra ogni altra valida considerazione: è bene sapere che gli umili animali, poiché sono senza ragione non possono considerarsi delinquenti e quindi punire e maledire, tuttavia considerato che ciò che è stato provocato dai detti animali, fu flagello mandato da Dio contro i peccatori del popolo e che il diavolo si serve di detti animali nocivi per procurare danni al genere umano. Perciò onde placare l’ira di Dio e cessi la ragione di nuocere a causa dei peccati, come pare per opera del diavolo e fermato l’autore del male cesseranno i mali per la solita misericordia e pietà di Dio, che sempre suole punire i peccati degli uomini e suole anche benignamente accogliere la penitenza della sua plebe, è lecito, per evitare ogni futuro danno, come è solito ottenere con le chiavi della Chiesa di Dio, maledire e scomunicare detti animali con il diavolo che si serve di essi». In poco tempo la fabbrica del Seminario è innalzata nel rione chiamato, a dispetto del nome, “Inferno”, nei pressi delle mura cittadine della “porta di sopra” (denominata successivamente porta Aquila) nella strada della “Porticella” (oggi via seminario vecchio). Sull’ingresso della struttura campeggia lo stemma del Giustiniani. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Gravina in Puglia Strutture dell’antico Seminario In via Vecchio Seminario L’anno 1595 si apre con la triste notizia della morte dell’erudito gravinese Annibale Moles,12 gennaio. Nel 1595 mons. Giustiniani compie la “Visita Pastorale” alla Diocesi di Gravina, contestualmente gli è commessa la “Visita” all’arcidiocesi di Acerenza, iniziata a ottobre, in virtù di un dissidio con la arcidiocesi di Matera. Nel 1595 Gravina si presenta tra i maggiori centri con una popolazione di 2734 fuochi9, seguita da Altamura con 2689 fuochi, Bitonto 2508, Monopoli 2476, Bisceglie 1683. Nel visitare le cappelle rurali al di fuori delle mura della città « Maria della Grazia, alias de Cardone», inverenimus cappellam sub vucabolo Sancta mons. Vincenzo è affascinato da un’immagine collocata su una parete, quella della Vergine Madre di Dio. La cappella dove è collocata, ogni sabato è frequentata da un 9 Approssimativo considerando che un fuoco contava dalle 4 alle 6 "anime”, tenendo comunque presente che il numero di fuochi non comprende tutte le famiglie di un determinato Feudo, villaggio o Universitas, ma solo quelle soggette a tassazione e non quelle franche per privilegio o per altre ragioni. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi grande concorso di popolo, che si reca qui per ringraziare la Madonna per le grazie ottenute. Affinché la ac meliorem et magnificentionem templi formam redigeretur», si decide di dedicare una chiesa intitolandola a Santa Maria della Grazia per «devotio populi ad gloriam De, honoremque Virginis». Vergine sia venerata da quanta più gente possibile, « Il primo febbraio 1595 invita il notaio Angelo Mosca per l’espletamento delle pratiche burocratiche e «datum Gravina in nostro episcopali Palatio die 2 mensis febbruarii millesimo quinquentesimi nonagesimo quinto. Pontificatus SS in Christo Patris, et domini nostri Clementis Divina providentia Papae VIII». l’atto con cui sancisce l’erezione della chiesa: 10 1595 febbraio 01, Gravina Bolla di Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina con la quale si riconosce l'unione della cappella di S.Maria delle Grazie <<alias de Cardone>> alla cattedrale con l'onere di una messa per ogni sabato in perpetuo. Gravina, Archivio Unico Diocesano 10 Alla fine della scheda storico biografica un’appendice storica sulla chiesa. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Dalla “Visita” scaturisce anche la necessità di incrementare le parrocchie, gravandone le spese sull’Università, il quale denuncia a Roma il caso allegando un memoriale in cui si spiega nei dettagli la situazione: Ill.mi et Rev.mi Mons.ri proni obser.mi Per parte dell’Università di Gravina si espone a VV.SS. Ill.me come quella Città è di n° di 3 fuochi circundata di muraglie et populata stretta et in essa vi sono due Parochie insigne una la Chiesa Cathedrale di 24 Canonici et 4 Dignità, la Collegiata di S. Nicolò di 15 preti, et un'altra di San Mattheo di 3 Preti dove si amministrano li S.mi Sacramenti con molta commodità et sodisfatione del Populo per il gran numero de Preti sudetti et oltre queste chiese vi sono 5 conventi di frati San Francesco di Conventuali da 25 frati, Santo Sebastiano di Zoccolanti da 12. Santo Agostino da 12 frati, San Domenico 10. Cappuccini 12, nelle quali eccettuando li Cappuccini di continuo vi sono confissori et religiosi li quali s’esercitano, in visitare li infermi confissarli et in simili opere per beneficio di quel Popolo et per la detta Città vi sono anco alcune Chiese nelle quali per il passato li vescovi di Gravina hanno dato il carico ad alcuni Canonici vi andassero a dir le messe il che anco hoggi si continua. Hora il moderno vescovo senza esservi alcuna causa necessaria vuole alcune di queste Chiese rurali intuirle Parochie et gravar la Università di Gravina a darli il necessario per la loro sustentatione. Et perché il detto vescovo non ha facoltà di far nove Parochie se non in caso che per la molta distantia del luogo aver difficoltà li Parochiani senza gran incommodo non possono andar a ricevere li S.mi Sacramenti et udir li divini officij et allora alli detti Sacerdoti se gli deve assignare certa portione arbitrio episcopi de fructibus ad ecc.ma matricem pertinentibus, et si necesse fuerit compellere pot Populum illa subministrare uixta cap. 4 de Reformat. Ma perché in detta città vi sono le suddette tre Parochie in numero di 50 Preti, et li detti Monasterij nelli quali di continuo si celebrano li S. Officij per il che non viè necessità alcuna eriger nove Parochie in detta Città. Pertanto si supplica VV. SS. ILL.me compiacciano ordinare al detto vescovo avvisi, che cause lo movano a voler far nove Parochie in detta Città accio possino provedere quelli che gli parerà espediente et in tanto non gravi in alcuna cosa la detta Università che lo riceverà per gratia sing.ma da VV.SS. Ill.me. Quas Deus Il 22 novembre 1595 la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari scrive a mons. Giustiniani di rispondere alle accuse. Nella stessa comunicazione si intima al vescovo di richiamare alla residenza l’arciprete della Cattedrale di Gravina, il quale è assente da tre anni, oppure di pretendere la richiesta di un permesso da parte stesso arciprete in cui sono giustificati i motivi.11 La “Visita” alla realtà ecclesiastica gravinese si conclude alla fine dell’anno, avendo pronta la “Relatio ad Limina” il 13 dicembre 1595. Tuttavia le imminenti festività natalizie fanno ritardare la consegna agli inizi dell’anno successivo. Già al suo arrivo è informato della secolare diatriba tra i vescovi gravinesi e il clero di Altamura. A quest’ultimo informa che avrebbe “visitato” la loro comunità. I problemi con la ribelle Altamura e il suo corrotto clero sono spesso dal vescovo segnalati a Roma. 11 Non sappiamo quale risposta abbia dato mons. Giustiniani. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi L’anno successivo 1596, a marzo, inizia la “Visita” alla realtà ecclesiastica di Matera e alle chiese suffraganee. Agli episodi da egli non tollerati risponde con la scomunica o con l’arresto, così numerosi sono i ricorsi a Roma e Napoli. Il 30 aprile la Sacra Congregazione dell’Immunità Ecclesiastica gli ordina di togliere la scomunica all’arcidiacono della Chiesa di Montepeloso, delegato apostolico, e a un religioso della stessa città. Giustiniani chiedendo perdono per la scomunica all’arciprete, chiede la facoltà di essere assolto direttamente dal suo confessore. Nel 1596, il seminario risulta costruito e inizia le sua attività. La “Visita” alle realtà ecclesiastiche gravinesi continuano per tutto il 1596. Molte chiese sono visitate da don Antonio Giustiniani, parente del vescovo, divenuto Vicario Generale della Diocesi. Nel 1596 si apre anche il primo processo propedeutico alla canonizzazione di Filippo Neri. Giustiniani lo segue con attenzione. L’11 dicembre, a Roma, è ascoltato Claudio Rangoni, da poco eletto vescovo di Piacenza. Nella testimonianza resa ricorda di aver conosciuto padre Filippo, di essere stato ordinato presbitero proprio dal nostro Giustiniani e di essere stato guarito da un male l’anno precedente, dopo aver posizionato un reliquia intrisa del sangue del Filippo Neri nella parte malata. Finita la “Visita” agli inizi del 1597, il 21 febbraio mons. Giustiniani invia la “Relatio ad Limina”. 13 aprile 1597, Clemente VIII con un “breve” gli affida, in prima persona o tramite suo vicario, la causa di appello tra Giacomo Cavallone, arciprete di Caposselle, e l'arcivescovo Consano, dal quale l'arciprete era stato condannato al pagamento di ottanta ducati. 1597 aprile 13, Roma Breve di papa Clemente VIII con cui affida al vescovo di Gravina o suo vicario, la causa di appello tra Giacomo Cavallone, arciprete di Caposselle, e l'arcivescovo Consano, dal quale l'arciprete era stato condannato al pagamento di ducati 80. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi I rancori con Altamura non hanno mai fine e più volte Giustiniani denuncia a Roma il corrotto clero altamurano. È interessato il Cappellano Maggiore di Napoli, costretto a sentenziare anche in virtù delle accuse dei presbiteri, sia greci sia latini, all’arciprete Giovanni Girolamo De Mari, nominato nel 1586, colpevole di essersi fatto donare enormi quantità di denaro da vari ecclesiastici a lui sottomessi. La sentenza, del 12 dicembre 1597, è presa con leggerezza, in quanto il Cappellano Maggiore si limita a intimare ai presbiteri altamurani di non concedere più denari al De Mari. 1598 maggio 11 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha amministrato il Sacramento della Confermazione nella Chiesa di San Matteo Gravina, Archivio Unico Diocesano Nell’estate 1598, Giustiniani ritorna sul desiderio di compiere la “Visita” ad Altamura, mettendo nuovamente in discussione le prerogative dell’arciprete di quella Chiesa, nonostante l’antico privilegio di prelatura “nullius” e l’attesa di una possibile elevazione a vescovato. Non è ancora possibile esaudire il suo desiderio. Approvati il progetto, il sito e quant’altro di utile occorreva, presumibilmente tra il 1597 e il 1598 iniziano i lavori della nuova chiesa di Santa Maria della Grazia12, di fuori delle mura della città. Il tempio avrebbe avuto funzione di Santuario. Il vescovo affida la chiesa alla procura del canonico Sottile. La sorte vuole che, nel corso dei lavori, le colonne non reggendo il peso della struttura causano dei crolli, che fanno modificare il progetto originario più o meno nella forma che vediamo ancora oggi. Nel febbraio 1599 arriva la relazione del Cappellano Maggiore di Napoli al Vicerè. Questa riguarda un’istanza della città di Gravina che chiedeva l’approvazione di una “Bolla” papale indirizzata al vescovo e all’arciprete di Montepeloso, su una transazione circa l’esenzione del clero del pagamento della gabbella sul vino dovuta all’Università. Di questo problema si tratta anche nel Sinodo indetto nel maggio 12 Sul documento è riportato più volte Santa Maria della Grazia, anche nella Relatio ad Limina del 1612 è riportata con questo titolo; lo stesso annota il vescovo Agostino Cassandra successore del Giustiniani nella Relatio del 1615. Nella “Visita” di mons. Filippo Cansacchi del 1 luglio 1639 è riportato <<Sancte Marie Gratiarum>>. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi dello stesso anno: mons. Giustiniani è attore di una transazione e obbliga i chierici al pagamento della tassa dovuta, al fine di evitare frodi che taluni a nome del clero commettevano. Il vescovo aiuta i preti con denaro proveniente da altre entrate. Nel 1599, nel convento di San Sebastiano in Gravina, muore padre Paolo, insigne teologo e filosofo, nato a Gravina e Provinciale dei Minori Osservanti. Il vescovo esterna il suo cordoglio, augurando successivamente il buon lavoro al Capitolo riunitosi a Gravina per l’elezione del successore. In un’atmosfera alquanto agitata, dato che i frati gravinesi parteggiano per un successore della loro città, mentre i religiosi altamurani propendono per uno di loro. Nello scrutinio risulta eletto padre Graziano di Altamura. L’episodio è mal tollerato dai cittadini gravinesi, che protestano presso le autorità. L’Università in assise vota per la sostituzione dei padri zoccolanti con gli Osservanti. Mons. Giustiniani dispone che gli introiti annuali del convento devono essere gestiti dal Capitolo Cattedrale. 1599 settembre 17, Gravina Bolla di Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina in merito ad un beneficio nella Chiesa Cattedrale Giustiniani riconferma il Decreto del suo predecessore circa la divisione delle parrocchie in numero di sei, desiderando per esse almeno un introito di cento ducati annui, considerati il minimo indispensabile per i bisogni. Per questo motivo il vescovo intraprende una lunga disputa con l’Università da cui pretende alcuni pagamenti annui. Ma la stessa Università, di contro risponde negativamente, dato che gli ecclesiastici rifiutano di pagargli la gabella del vino. Il contenzioso finisce davanti al Consiglio Collaterale, che mostra ragione verso l’Università, invitando il vescovo a desistere dall’azione. L’invito è vano, poiché Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi il sindaco e tutta l’Università si piegano davanti alla minaccia di scomunica di Giustiniani, giungendo a una transazione. Con la bolla “Annus Domini placabilis”, il 19 maggio papa Clemente VIII annuncia il Giubileo per l’anno successivo, il primo del nuovo secolo. Il 30 ottobre invia un breve “Tempus acceptabile” a tutti i vescovi per esortarli alla preparazione, facendosi promotori di pellegrinaggi a Roma. Nel mese di aprile, nello spazio intorno al costruendo edificio sacro di Santa Maria della Gratia, denominato parco di Santa Maria, si trasferisce l’annuale fiera di San Giorgio. Questo si evince da documentazione del 1599, in cui vi sono numerose richieste di venditori ambulanti circa l’autorizzazione a esporre la propria mercanzia. Alla fiera, che dura circa un mese, segue la festa religiosa di Santa Maria della Gratia, celebrata la prima domenica di maggio. In agosto mons. Giustiniani effettua un sopralluogo al cantiere della nuova chiesa da egli voluta, per verificarne lo stato di avanzamento dei lavori. Il tempo di Natale 1599, mons. Giustiniani lo passa in Gravina, dove nel pontificale della notte del 24 amministra il battesimo a una infante. 1599 dicembre 24 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha battezzato nella Chiesa Cattedrale, Rosa Maria Segucci (?) figlia di Colantonio e Agnela De Guida Gravina, Archivio Unico Diocesano Il 31 dicembre a Roma il papa apre la Porta Santa13, che introduce l’Anno Santo del 1600. Agli inizi del 1600 si ritorna a discutere della vertenza con Altamura. Le decisioni del Cappellano Maggiore sono interpretate come una sfida ai decreti tridentini. Questo acutizza la lotta tra il vescovo Giustiniani che intima la “Visita” in quella comunità e l’Arciprete che si oppone, facendo persino imprigionare gli emissari del vescovo di Gravina. L’arresto degli ufficiali del vescovo scatena una tempesta che Napoli avrebbe cercato di scongiurare. I dissidi si acutizzano portando persino il Viceré conte di Benavente a suggerire di arrestare i parenti del Giustiniani. Di questo episodio il De Mari cerca di tirarsi fuori. 13 Fu aperta con ritardo rispetto alla tradizionale apertura di Natale per problemi di salute del Pontefice. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Il clero altamurano si tiene da parte con la speranza di liberarsi di De Mari, che a sua volta, capito che non ha più speranze, si affretta a informare Napoli e il Duca di Parma Ranuccio Farnese, signore di Altamura, del pericolo che l’autonomia della Chiesa altamurana corre. Esasperato mons. Giustiniani emette la scomunica nei confronti di De Mari, che abbandona la città temendo di essere arrestato e carcerato. Tuttavia egli non va lontano, perché da Roma è catturato e rinchiuso nelle carceri pontificie per tre anni. Successivamente è inviato in esilio a Civitavecchia. Nella Diocesi di Gravina, come del resto in tutte quelle italiane, si segue con apprensione la vicenda legata a Giordano Bruno e al suo processo, che lo condanna al rogo. La sentenza è eseguita il 17 febbraio 1600 a Roma, in Campo de' Fiori. Molteplici sono i processi per inquisizione discussi e da discutere dalla Curia gravinese. 1600 giugno 22 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha battezzato Giovanni Battista Santoro figlio di Giulio Antonio e Adriana Deserto Gravina, Archivio Unico Diocesano I maggiori problemi per mons. Giustiniani non provengono solo dall’arciprete di Altamura, ma anche dal duca di Gravina, sempre a causa di gabelle e privilegi. Nel 1600 comunque si arriva a un accordo, «perché da molti anni in qua sono successe molte liti, et differenze in materia fiscale, et altre cause, et privilegi spettanti alla Chiesa et clero de Gravina, tra li SS Duca et vescovo di Gravina, et la corte ducale et vescovile sicome è notorio, et anco ne costa, pe l’horatorio regio, et pe processi, et volendo li suddetti Duca et vescovo vivere pacificamente per l’avvenire, sono venuti all’infrascritto accordo, cioè da comun consenso elegono, et nominano il circumspetto Camillo de Curtis presidente della Summaria di Napoli per arbitro, et arbitratore, et amicabile compositore sopra tutte le differenze, cause e liti che vertono et ponno vertere tra il detto duca e la sua corte, et detto mons. Vescovo et sua corte». Nell’accordo si conviene anche a sottoscritto dallo stesso duca e dall’ordinario diocesano: una transazione circa la secolare fiera di “San Giorgio”, che avrebbe dovuto tenersi «ogn’ anno nel giardino, ossia parco murato della chiesa Santa Maria della gratia che stà coerente alla casa di detta chiesa e che comincia alli 18 di aprile et finisce alli 27 del medesimo per conto di mercantia d’ogni sorte fuorchè di bestiame e che intorno a detto parco osia giardino Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi dalla parte di dentro, acciochè stiino in chiusura, si fabbrichino tante botteghe».14 L’accordo prevede altresì che, per togliere la scomunica al duca fatta dal vescovo per sabotaggi al cantiere della chiesa, lo stesso duca, per 15 dimostrare la sua buona volontà, avrebbe dovuto donare «tutti li travi che tiene nel castello tanto de cinquanta palmi quanto di trenta et vinti sei o quattordici» e di portare le travi dal castello o da altri luoghi presso il cantiere di Santa Maria della Gratia. Il 16 novembre 1600 il vescovo effettua un nuovo sopralluogo alla costruenda chiesa di Santa Maria della Grazia. Questo risulta da un documento del vescovo in cui decreta il trasferimento del titolo, benefici e quant’altro della antica cappella rurale omonima. 1600 novembre 16, Gravina Bolla di Vincenzo Giustiniani vescovo di Gravina con la quale conferma l'unione della cappella di S. Maria della Grazie alla cattedrale, con l'onere di una messa nei giorni di sabato ed una nei giorni di domenica ed in quelli festivi. L’anno 1600 si chiude con l’arrivo della notizia della morte a Madrid del gravinese Antonio Ermanno Gogavino, erudito che si occupava di filosofia, medicina, matematica e musica, molto apprezzato fra i letterati del suo tempo, soprattutto come traduttore di classici.16 14 Sicuramente lo scopo era di incamerare le percentuali sulle vendite e le tasse di occupazione del suolo privato da destinare alla costruzione della chiesa. 15 Si riferisce al Castello fatto costruire da Federico II nel XIII secolo e poi passato nelle proprietà degli Orsini. 16 A Gravina iniziò i suoi studi primari e successivamente si recò altrove per conseguire la laurea in medicina e filosofia. Insoddisfatto conseguì anche la laurea in matematica e quella in lingue. Tradusse dal greco in latino le opere di Aristosseno di Taranto, di Claudio Tolomeo e Arstotele (Aristoxeni Harmonicorum elementorum libri iii. Cl. Ptolemaei Harmonicorum, seu De musica lib. iii. Aristotelis De obiecto auditus fragmentum ex Porphyrij commentarijs. Omnia nunc primum Latine conscripta et edita ab Ant. Gogauino Grauiensi, V. Valgrisio. Venezia, 1562). Professò le Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Opera stampata del gravinese Antonio Gogavino 1562 Agli inizi dell’anno 1601 arriva una nuova recrudescenza sul diritto di “visita” ad Altamura da parte del Giustiniani. Lo scontro diviene anche un caso politico e, mentre il Cappellano Maggiore e il Vicerè Fernandez Ruiz de Castro si apprestano a consultare la giurisprudenza sulla questione, Roma ritiene come ultima possibile soluzione la scomunica e l’interdetto già impartiti dal Giustiniani. A gennaio del 1601 si trova ad Acerenza, causa Sede Vacante, per controlli in quella Chiesa. In questa città gli giunge una comunicazione da Roma, affinché verifichi e si informi sulla condotta e l’idoneità dei diaconi prossimi all’ordinazione presbiterale. sue lauree nelle migliori città d'Italia. Si applicò particolarmente nello studio della matematica e alla cognizione delle diverse lingue. Di lui e delle sue opere molti reputati scrittori ne faranno lodevole menzione. La città di Gravina gli ha intitolato una strada cittadina, nel quartiere Fazzatoia, verso la stazione ferroviaria. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Il corrispondente dei Farnese da Altamura, Stirpio, comunica il 10 marzo 1601, la fuga del De Mari, attendendo «di hora in hora» l’arrivo del Giustiniani in città. Il 23 agosto De Mari, a Roma, compare davanti all’inquisizione per essere interrogato. Da aprile e fino alla fine dell’anno 1601 arrivano a Giustiniani una mole di richieste per ordinazioni, sia di ordini minori sia maggiori, di consacrazioni di paramenti e oggetti liturgici, di trasferimenti e altro. Tutte le richieste provengono dall’ambito della Sede Vacante di Acerenza: Pomarico, Pisticci, Montescaglioso, Anzi e la stessa Acerenza. Il vescovo, che si trova a Napoli, resta sempre in contatto con il suo Vicario a Gravina, che lo aggiorna non solo per tutte le questioni riguardanti cause pendenti e altre spinose questioni che riguardano la Chiesa e i Capitolari gravinesi, ma anche su minacce ricevute. Lo stesso Vicario aggiunge, però, che è disposto anche a morire piuttosto che fuggire. L’arciprete di Altamura De Mari è convocato dal tribunale vescovile di Gravina nell’inverno 1601, in seguito anche dal Consiglio Collaterale di Napoli. La Santa Sede incarica il vescovo di Ortona e Campli, mos. Alessandro Boccabarile, di mediare e verificare i fatti accaduti. Il vescovo di Ortona scrive al Duca di Parma, informandolo che il conflitto era stato provocato dalla risoluzione del viceré di opporsi agli accordi proposti da Roma. Giustiniani insiste sulle accuse. Il De Mari è così arrestato e rinchiuso nelle carceri pontificie, in seguito è confinato a Civitavecchia. Paolo V emette un interdetto nei confronti della città di Altamura che dura diciotto anni. Nel 1601, a Laterza (TA), nasce un conflitto tra il capitolo di San Lorenzo e la confraternita omonima, per via di omissione di un accordo di pagamento reso per la celebrazione di una messa quotidiana: le messe sono ridotte a quattro per settimana e la Confraternita sospende il pagamento. Il Vicario generale arcivescovile intima il sodalizio a versare il dovuto, ma questi fanno ricorso alla Sede Apostolica, che a sua volta incarica il vescovo di Gravina. Giustiniani invita per iscritto la confraternita a estinguere il debito, in “ostaggio” fa requisire delle capre di proprietà della confraternita, facendole portare in territorio di Ginosa. Tuttavia la confraternita, senza pagare il debito, riesce a recuperare le capre, ma riceve la scomunica dal Vicario di quell’arcidiocesi. La “Visita” a Gravina per quest’anno è espletata per procura dal vicario generale Giacomo Antonio Caporale. Gravina, Basilica Cattedrale Area del presbiterio Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1601 settembre, Roma Comunicazione di papa Clemente VIII per la raccolta di decime da destinare alle spese per la guerra contro i Turchi Gravina, Archivio Unico Diocesano17 17 Le decime erano necessarie a causa del protrarsi del conflitto e per la terza spedizione del duca Vincenzo Gonzaga contro i Turchi che avevano invaso l’Ungheria. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1601 settembre, Gravina Note delle decime raccolte tra il Clero di Gravina per la guerra contro i Turchi Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Per la nuova chiesa di Santa Maria de la Gratia continuano ad arrivare fondi sotto forma di legati pii. Tuttavia tali donazioni sono talvolta oggetto di dispute tra donatori e i loro eredi, in quanto quest’ultimi si oppongono, chiedendo alle autorità competenti il sequestro del legato. A riscontro di ciò, ci sono alcune lettere depositate nel locale archivio diocesano.18 A Napoli, nell’ottobre dello stesso anno, mons. Vincenzo discute anche dei rapporti col duca Orsini e alcuni personaggi che cercavano di farlo trasferire. Racconta anche di attentati nei suoi confronti, chiedendo al Viceré una scorta armata, così come gli era già stata suggerita dal Vicario Giovanni Antonio Caporale e che sarebbe stata composta dal fratello dello stesso Caporale e da altri uomini. Nel dicembre 1601, lo stesso Vicario Capitolare comunica al vescovo di essere venuto a conoscenza, tramite un frate cappuccino, di un possibile attentato omicida nei suoi confronti. Il 9 maggio 1602 muore a Roma il cardinale Giulio Antonio Santoro. Suo padre Leonardo Antonio era nato a Gravina. Lo stesso cardinale era legato alla nostra città, dove un suo parente aveva svolto l’incarico di Vicario vescovile e nominato vescovo di Alife nel 1568, fu ordinato proprio da Giulio Antonio. L’amore del cardinale Santoro per Gravina lo si evince anche dalla scelta, da cardinale, di vescovi prestigiosi per la Diocesi di Gravina, nei concistori a cui lo stesso Santoro partecipava. Mons. Giustiniani seguì con attenzione il suo incarico come prefetto della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio e suoi processi importanti contro il cardinale Giovanni Morone, contro Giordano Bruno, contro Tommaso Campanella e contro Enrico IV di Francia. Dal giugno 1602, mons Giustiniani inizia un’altra Visita Pastorale. In quest’anno si attendono la fine di gran parte dei lavori del santuario dedicato alla Madonna della Grazia, apprestandosi alla consacrazione della chiesa. La facciata della nuova chiesa stupisce chiunque l’ammiri: su di essa una grande aquila con le ali spiegate, al di sotto tre torri. “Ma è lo stemma di monsignore!”, divenne l’affermazione più ricorrente. I delatori del monsignore l’accusarono di megalomania. Tuttavia, avvicinandosi proprio al di sotto della facciata, un’iscrizione scioglie il dubbio: mons. Giustiniani fa incidere in latino: «come aquila veglia sul suo nido e volteggia, planando sopra i suoi nati, spiega le ali, li prende e li porta sulle proprie penne» (così la Chiesa). La frase è presa dal Deuteronomio. L’aquila ha sul capo una corona regale tempestata di pezzi di vetri cromatici. Dal Salmo 60, invece, deriva la spiegazione della presenza delle torri: esse stanno a significare le fortezze che difendono dai nemici, per questo è inciso: «Turris, Fortitudinis a facie inimici». Tutto questo per far meglio comprendere il ruolo istituzionale della Chiesa. Il Santuario, costruito interamente con denaro del vescovo, del clero di Gravina, obbligato dallo stesso Giustiniani, e da offerte volontarie, è voluto “Ad instar Cathedralis”. Al suo interno, tre navate con i pilastri quadrati con le loro basi, piedistalli, capitelli, architravi, fregio e cornicione di struttura dell’ordine toscano, corinzio e dorico con dodici medaglioni ovali in pietra locale raffiguranti gli apostoli. Sul percorso per raggiungere il Santuario, ubicato a circa centocinquanta passi dalle mura cittadine, sono innalzate quattordici edicole in ricordo della Via Crucis: avevano lo scopo di far meditare sulla Passione di Cristo i pellegrini che si sarebbero portati al Santuario. Accanto al santuario è innalzata una residenza estiva ad uso dei vescovi pro-tempore e dei seminaristi.19 18 19 Archivio Unico Diocesano Gravina, Lettera del Capitolo Cattedrale sul Legato eredi di Provenzale. Alla fine della scheda, in appendice notizie storiche sulla chiesa Madonna delle Grazie Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi 1602 luglio 07, Roma Breve di papa Clemente VIII con cui affida al vescovo di Gravina o suo vicario, l’esame della causa in merito a pratica usuraria, su istanza di Ferdinando Iannunzio, presbitero di Matera, contro gli eredi di Pietro Antonio Cassoli e gli altri laici di Matera. Gravina, Archivio Unico Diocesano 1602 luglio 08 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha battezzato nella Chiesa Cattedrale, Maria Celidonia figlia del dottor Ludovico Colantonio e Dorotea Camerota Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Il 3 agosto 1602, Giustiniani riceve da Roma una lettera del suo predecessore sulla cattedra vescovile di Gravina, mons. Antonio Maria Manzoli, che gli sollecita il pagamento annuale della propria pensione per motivi di bisogno. Mons. Giustiniani ha buoni rapporti con i frati domenicani di San Nicola in Bari, con documento datato 17 dicembre 1602, il vescovo dona allo stesso capitolo di San Nicola un vigneto di sua proprietà posto in territorio di Bari e gravato da un censo annuo di sette carlini, che da allora furono versati al nuovo proprietario. Mons. Giustiniani, molto attento alla condizione sociale dei meno abbienti, nota un cospicuo numero di fanciulle orfani, abbandonate o perdute, da cui seleziona quelle decise a dedicarsi al servizio di Dio e a condurre una vita comune in penitenza. Per tale scopo fa innalzare un edificio sul fianco della parrocchia di San Matteo (oggi chiesa Santa Teresa) destinandolo a conservatorio. Per le fanciulle decise a proseguire nella vita religiosa, consiglia la Regola e il saio francescano. Poiché vivevano di elemosine, il popolo le appella come “le penitenti” o “cappuccinelle”, proprio per via del saio indossato. Il vescovo vuole per loro anche l’istruzione, per questo li obbliga a seguire lezioni di "gramatica, humanità et musica".20 Mons. Giustiniani spesso dimora tra l’Urbe e Napoli, dove può meglio seguire le incombenze legate alla Diocesi. A Napoli è informato dal Vicario circa l’irregolarità in merito alla gestione della Confraternita di Santa Maria del Piede. Con prontezza risponde che avrebbe preso provvedimenti sul mancato rispetto della riforma dello statuto da egli redatta precedentemente: Volendo noi rimediare agli disordini,si commettono nel govemo et administrare i beni dell'hospitale et confraternita della cappella di Santa Maria del Piede, havendo gl'anni passati fatto una riforma, conforme il Sacro Consiglio di Trento cap. 8 sessione 22 "de reformatione et osservanza" della quale si è ottenuto il braccio regio dell'eccellenza del Regno suo Collaterale Consiglio come appare per detta Regia provisione intimata nell'istesso tempo al procuratore et consultori di detto hospitale , quali sotto nove scuse et colori, non le hanno osservate sino che citati nella nostra corte vescovile a dir la causa perche non devono essere condennati per non haver osservato dette riforme. Comparsero da noi con dire che in decta riforma vi erano molte cose che nel metterle in prattica portavano seco molta difficultà che perciò havea llno bisogno di revisione. Datum Neapoli die 13 aprilis 1604. + Vincenzo vescovo di Gravina La nuova chiesa di Santa Maria della Grazia diviene meta di molti visitatori, che giungono anche da zone limitrofe. Tanti offrono contributi in denaro, secondo le proprie possibilità. È il caso del signor Girolamo De Foresta di Gravina che, nel 1603, nomina erede universale dei suoi beni il Santuario mariano. Con atto notarile, « sibi fecit herede universalem Sanctae Mariae della Gratia civitatis gravina», esprime il suo desiderio. Per questo, alla sua morte, ha il diritto di sepoltura nella stessa chiesa. 20 Al tempo di Monsignor Arcasio Ricci (1630-1636) fu convertito in conservatorio di clausura e da allora alle ricoverate non fu più permesso di uscire né di andare questuando per la città. Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Il 18 aprile 1603 invia ancora una “Relatio ad Limina” a Roma. Nell’Urbe si ferma per un po’ di tempo, incontrando spesso sia personalità legate alla sua funzione sia i suoi parenti che vivono stabilmente nella città. 1603 agosto 12 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha battezzato nella Chiesa Cattedrale, Angela figlia del dottor fisico Angelo Bruno Ludovico Colantonio e Giovanna Maddalena Gravina, Archivio Unico Diocesano Nel mese di dicembre giunge al vescovo, al clero e alla città di Gravina, la notizia della morte di mons. Antonio Maria Manzoli, avvenuta il 17 dicembre. Manzoli era stato predecessore del Giustiniani sulla Cattedra gravinese (1581-1593) e nel 1593 rassegnò le dimissioni ritirandosi a Roma. A Gravina sono celebrate messe in suffragio e ricordo del presule. 1604 gennaio 04 Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina, ha battezzato nella Chiesa Cattedrale, Vito figlio di Donato di Pipolo e Thomasa Sanocca (?) Gravina, Archivio Unico Diocesano Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Nell’ Aprile 1604 si trova a Napoli. Da questa sede redige la riforma della Confraternita ospedaliera di Santa Maria del Piede sulla base di irregolarità riscontrate nella gestione, ordinando tra l’altro di non ammettere persone che potrebbero dare scandalo a causa di una vita sgregolata. Nella gestione del sodalizio, ordina che non sarebbe potuto succedere un parente del priore. La sua maggiore preoccupazione è dovuta al motivo che l’ospedale, «opera pia tanto santa et necessaria per li poveri di Cristo», avrebbe potuto chiudere. Nello stesso tempo, verifica anche gli statuti e la situazione delle altre Confraternite gravinesi, imponendo regole ferree, soprattutto per la parte amministrativa. Il 12 luglio 1604, il vescovo di Gravina è invitato a Roma ad assistere, insieme a mons Agostino Quinzio, il cardinale Girolamo Bernerio nella consacrazione di suo nipote Marco Giustiniani, eletto vescovo di Chios, terra natale del nostro presule. Ignoto artigiano napoletano Vaso per Oli santi Sec. XVII p.m. Gravina, Museo Capitolare di Arte Sacra “Benedetto XIII” Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Ignoto argentiere Pisside Sec. XVII p.m. Gravina, Museo Capitolare di Arte Sacra “Benedetto XIII” Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi Fine Prima parte le notizie e le immagini contenute non si ritengono essere esaustive, qualora si possiedono notizie ed immagini sulla figura di Mons. Vincenzo Giustiniani ed il suo periodo a Gravina, saremmo molto grati se venissero inoltrate a : [email protected] Ultimo aggiornamento febbraio 2016 Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi e/o [email protected]