Numero 556 - Tuttoscuola
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TuttoscuolA Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma M E N S I L E P E R I N S E G N A N T I G E N I T O R I E S T U D E N T I F O N D AT O D A A L F R E D O V I N C I G U E R R A N ovem b re 2 0 15 - N U M E R O 5 5 6 - A N N O X L I - E U R O 3 , 5 0 Insegnare oggi LA SFIDA DELL’EDUCAZIONE di Caterina Cangià Nov ità PrimaD 8 C.Cangi Nei cinqu e capitoli del libro all’interno si definisc dei proces e la com si comun cazione da unicazione icativi int ll’ottica di multimed erperson chi riceve la fruizion iale, collo ali e di un e; si delin candola eano le fas messaggio multim massa; si tratta de alla prod lla comun ediale on i della pr uzione; si ogettazion line e offl iaffronta la ra, sull’im ine, ovve e di un tes fase reali magine vis ro delto multim zzativa co iva e su qu ticando l’im ed n considera iale, dall’i ella audio postazione zioni sull’i dea visiva; si di gamm di layout, mmagine propone e cromati la sin so al tesi mon nolettore di che e la de oconcettu esercitar scrizione ale di si pradi metafor e, l’ideazio brani testuali, la scelta ne di icone di navigaz Caterina ione. Ca Caterina delle lingu ngià, di educazion Cangià e e timediale moderne all’Univ multilingue e m ult er in al Milia di Italia, la sua prim sità LUMSA di Ro iculturale, è doce ma. Pion nte di Di a cr Cannes ne iera della dattica in Lingua l 1995. Ha eazione, Europe pr St an Party diretto pe , ha otten oduzione mulcato dalla raniera. I suoi co r 18 edizi uto il Gold rsi Un oni il Festi Award dalla Giun iversité Saint Es per l’apprendimen va l del Te pr ti to studio, di Scuola e CLICK! it di Kaslik (Libano delle lingue – IC atro Didattico I JE VIS, pu ric ), ENGLIS pubblifondato “L erca e di vissuto bblicato da Multi H ON ST AGE, pubb dea – so a condiviso no la tra licato atro e co Bottega d’Europ con disce du a” per pr n il compu omuovere nti di lingue e cu zione di anni di ter. Ha nu su riviste l’inse lture div sp m erse. Ha ha pubblic ecializzate che tra erose pubblicazion gnamento delle lingue co ato L’altr ttano di ed i al suo att n il tea glottodid cazione m ucazione ivo e più ultimedial attica, pe ai media di 400 ar r Tuttosc noscerle ticoli uola Teor e di didattica. Pe e coltivarle e e Insegnanti D. r Gi O. ia media a misura di e Lingue Altre. Ins C., per La Scuola e pratica della co unti Editrice m bambini, egnarle e uniLingue Al Glottotecn impararle tre iche e glo , ttotecnolog per Multidea Old . Co& ie e Dida ttica il LIM New itata. à Teoria e pratica della comunicazione multimediale zione m ultimed comunicazione multimediale, collocandola all’interno un messaggio multimediale online e offline, ovvero della fruizione; si delineano le fasi della progettazione di un testo multimediale, dall’idea alla produzione; si affronta la fase realizzativa con considerazioni Teoria e pratica de lla comun ica dei processi comunicativi interpersonali e di massa; si tratta della comunicazione dall’ottica di chi riceve attica Caterina iale Nei cinque capitoli del libro si definisce la PrimaDid Cangià Teoria e p della com unicazio ratica ne multim ediale 25 euro sull’immagine sonora, sull’immagine visiva e su quella audiovisiva; si propone al lettore di esercitarsi MULTIDEA Every sin praticando l’impostazione di layout, la sintesi gle bud’s an idea monoconcettuale di brani testuali, la scelta di gamme cromatiche e la descrizione di metafore, l’ideazione di icone di navigazione. Desidero acquistare: N. …… copia/e di “Teoria e pratica della comunicazione multimediale” a € 25,00 cad. + contributo spese di spedizione Inviatela/e per: £ Posta ordinaria (aggiungere € 1,50) £ Corriere (aggiungere € 12,00) Scelgo la seguente forma di pagamento: £ Allego la fotocopia di versamento di € …………… sul c/c postale n. 96034004 intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl £ Allego fotocopia del bonifico bancario di € …………… intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl - BANCOPOSTA IBAN IT13C0760103200000096034004 £ Vi autorizzo ad addebitare l’importo corrispondente sulla carta di credito*: VISA Codice di sicurezza MasterCard N. 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Le informazioni custodite nel nostro archivio verranno utilizzate al solo scopo di inviare proposte commerciali, in conformità alla L. 196/2003 sulla tutela dei dati personali. numero 556 RAGAZZI, CHE RISORSA di Marcello Casavecchia INSEGNARE OGGI 8 DIGITALIZZARE LA SCUOLA, ENERGIA PER IL FUTURO di Alfonso Rubinacci 8 NUOVI CONTESTI E NUOVE SFIDE di Filomena Zamboli 9 BUONI E NUOVI INSEGNANTI PER UNA SCUOLA BUONA E INNOVATIVA di Nicoletta Ferroni 12 UN NUOVO MODELLO DI AMMINISTRAZIONE di Dotto Intervista a Jacopo Greco 15 20 “L’ESEMPIO DEL VENETO” di Pietro Panzarino 25 L’INNOVAZIONE NEL SETTORE EDUCATION FIRMATA DA TELECOM ITALIA 26 INTERPRETAZIONI VIRTUALI, ALLIEVI REALI di Benedetto Vertecchi 28 POLITICA SCOLASTICA 22 IL LAVORO BUONO 22 POLIZZE ASSICURATIVE: SERVE UN PROGETTO PER TUTTO IL SISTEMA SCUOLA di Dario Nicoli di Paola Senesi UNA SCUOLA SENZA CONFINI, MA SENZA RISCHI... di Irene Baldriga 28 SE PREVALE LA DISAFFEZIONE PER L’UNIVERSITA’ di Fabio Matarazzo 32 34 IMMATRICOLATI AI RAGGI X 36 “ECOSISTEMA DIGITALE” 37 ABBIAMO DAVVERO BISOGNO CHE CI DICANO COSA FARE? 52 di Paola Torre Intervista a M. Maddalena Novelli PER UNA LEADERSHIP EDUCATIVA EFFICACE E RESPONSABILE 55 LA SCUOLA DIGITALE LUCANA, UN MODELLO PER L’ITALIA di Mario Coviello 57 NUOVE TECNOLOGIE, NUOVA DIDATTICA, NUOVA FORMAZIONE PER I DOCENTI di Dianora Bardi 58 UNO SFORZO CONDIVISO 60 LA SEMPLICITA’ D’USO 61 UN NUOVO STIMOLO di Valeria Biasi Intervista alla profssa Maria Luisa Sabino Intervista al professor Riccardo Lopes 43 LEARN ENGLISH WITH AUDIO RESOURCES 44 LA SCUOLA E’ CENTRALE di Italo Fiorin 62 GENOVA PALAZZO DUCALE 46 ATTORI DELLA RIFORMA 63 BEACH &VOLLEY SCHOOL 64 NARRARE LA GRANDE GUERRA NELL’ALTO VICENTINO di Rita Di Goro DOSSIER BASILICATA TURISMO SCOLASTICO A cura di Alfonso Rubinacci TuttoscuolA n. 556 PIANO REGIONALE PER LA SCUOLA DIGITALE: DISTRETTO SCOLASTICO 2.0 di Claudia Datena di Maria Luisa Marino di Fiorella D’Ambrosio 40 Novembre 2015 VALORIZZARE LE TECNOLOGIE MOBILI NELL’INSEGNAMENTO di Michele Pellerey UNA GERARCHIA CAPOVOLTA di Massimo Di Menna sommario 4 50 PER UNA CRESCITA QUALITATIVA DELLA SCUOLA 65 MUSEO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO 51 FORMARE I FORMATORI 66 UNA PEDAGOGIA DEI DIRITTI Intervista a Raffaele Liberali di Antonio Augenti 3 Carta & Penna ANNO XLI - N. 556 - Novembre 2015 MENSILE - EURO 3,50 Direttore Responsabile Giovanni Vinciguerra Comitato Scientifico Giorgio Allulli - Dario Antiseri Antonio Augenti - Sebastiano Bagnara Giuseppe Costa - Gaetano Domenici Paola Gallegati - Silvano Tagliagambe Coordinatore Comitato Scientifico Alfonso Rubinacci Segretario del Comitato Paola Gallegati Redazione Maurizio Amoroso Sergio Govi Orazio Niceforo Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 1 DCB Roma Registrazione del Tribunale di Roma n. 15857 del 7-4-1975 Per ABBONARSI Contattare i nostri uffici Direzione, redazione, amministrazione TUTTOSCUOLA Via della Scrofa, 39 - 00186 Roma tel. 06.68307851 - fax 06.68802728 http://www.tuttoscuola.com e-mail: [email protected] Editrice Srl “EDITORIALE TUTTOSCUOLA” Via della Scrofa 39 - 00186 Roma Progetto grafico Massimo Cerasi Impaginazione Emilmarc srl Stampa Graphicscalve Spa Località Ponte Formello, 1/3/4 24020 - Vilminore di Scalve (BG) Tel. (+39) 0346 580127 www.graphicscalve.it Gli articoli possono essere parzialmente riprodotti purché venga citata la fonte Una copia arretrata 6 euro I manoscritti e le fotografie anche non pubblicati non verranno restituiti Questo numero è stato chiuso in tipografia il 26-10-2015 Per le inserzioni pubblicitarie contattare direttamente i nostri uffici 4 Rendere gli studenti consapevoli e protagonisti del loro modo di apprendere Ragazzi, che risorsa di Marcello Casavecchia* M otivazione di una scelta. Al termine di un quadrimestre o alla fine dell’anno scolastico sono spesso vittima di una sorta di insoddisfazione, pensando al troppo tempo dedicato alle verifiche e al poco spazio riservato per lo sviluppo delle competenze, forse per il timore di non riuscire a terminare il programma. Questo genera nell’alunno uno stato di ansia, che porta a vivere senza serenità le ore di lezione. Insegno matematica e fisica al Liceo Ginnasio “V. Monti” di Cesena. Le due sole ore per disciplina a settimana rendono problematica la ‘raccolta’ delle necessarie verifiche scritte e orali. Si rischia di perdere di vista il processo di apprendimento quotidiano. Così ho cominciato a pensare che gli alunni rappresentano anche delle risorse e ho deciso di verificare se, cooperando per il raggiungimento di un obiettivo comune, le competenze della classe e la soddisfazione dell’insegnante possono aumentare e il docente può crescere professionalmente sperimentando metodi di insegnamento innovativi e interattivi. Una soluzione è quella di coinvolgere i ragazzi anche nella fase di acquisizione dei contenuti, sfruttando le loro propensioni nell’utilizzo della tecnologia. Ricorrendo all’uso dell’aula “T.E.A.L.” a disposizione dei docenti e degli alunni, ho messo in pratica un metodo di insegnamento per me nuovo, aperto alla partecipazione degli alunni, in grado di permettere ai ragazzi anche di sviluppare competenze utilizzando le nuove tecnologie di cui l’aula è dotata, è infatti risultata utile la possibilità offerta dalla strumentazione didattica, dalle sedie innovative che rendono semplici gli spostamenti alla divisione in gruppi di lavoro. Predisposizione dell’unità didattica. Ho proposto una modalità didattica più interattiva creando cinque gruppi tali da stabilire un equilibrio tra le abilità dei vari componenti. L’argomento scelto è stato quello dei “sistemi lineari”. Abbiamo usato due postazioni desktop, dei tablet e la lavagna interattiva dell’aula T.E.A.L, le sedute particolari con sedie dotate di banco e di ruote. I software individuati per lo sviluppo dell’argomento sono stati inizialmente “GeoGebra” e “CmapTools”. Ho assegnato ad ogni gruppo di lavoro un compito: la produzione di una mappa concettuale sui sistemi lineari e lo studio di uno dei cinque metodi di risoluzione che gli alunni avrebbero poi esposto ai compagni nelle successive lezioni. Alla fine delle esposizioni dei vari gruppi, ho programmato una verifica scritta su tutti i metodi proposti, seguita da un’attività di recupero. Cambiamenti in itinere. Durante l’attività didattica sono emerse alcune difficoltà: gli studenti si sono resi conto che nella loro esposizione non riuscivano ad usare un linguaggio specifico, ad essere chiari e coinvolgenti. Si è reso necessario individuare delle parole chiave per ogni argomento che, una volta divenute patrimonio comune, hanno permesso di apprezzare gli interventi e di dialogare in maniera più efficace. È poi emersa la preferenza per l’uso di software diversi da quelli proposti, più semplici e accessibili anche dall’Ipad in loro possesso. Per la memorizzazione del processo risolutivo, ho sviluppato un “GeoGebraBook” utilizzando il software “GeoGebra”: i ragazzi, variando i coefficienti delle equazioni lineari, vedevano automaticamente sviluppati i vari passaggi algebrici fino alla soluzione del sistema che potevano così confrontare tra loro e individuare gli errori di calcolo commessi, comprenderli e correggerli. Per capire le varie soluzioni di un sistema lineare lo stesso programma ha creato un modello geometrico che permetteva loro di confrontare le soluzioni con le possibili posizioni di due rette, la differenza fra sistema determinato, indeterminato ed impossibile. In occasione dell’inevitabile ‘raffreddore’ nel corso dell’anno, ho proposto agli alunni di diventare docenti e di rispiegare gli argomenti agli assenti. Alla fine dell’unità didattica un’attività di recupero ha permesso il recupero di due sole insufficienze gravi. Conclusioni. L’insegnamento cooperativo mi ha convinto e dimostrato di consolidare negli alunni concetti e conoscenze, favorendo lo sviluppo di competenze riferite all’autonomia nell’apprendimento, permettendomi di attribuire oltre al voto della verifica scritta, una valutazione al linguaggio specifico acquisito, alla comprensione dell’argomento, alla partecipazione, alle competenze informatiche. Inoltre ho potuto concentrarmi di più sulle scelte didattiche e avere un quadro generale aggiornato della classe, seguire in tempo reale il grado di apprendimento di ogni singolo allievo. Gli alunni si sono appassionati ed hanno, consapevolmente, raggiunto discreti risultati. I ragazzi in difficoltà si sono sentiti più integrati, rispettati nei loro tempi, e le lezioni si sono svolte in un clima più sereno pur nella consapevolezza che la valutazione era continua e a 360°, ma senza ansia! Idati raccolti sono stati poi usati per un feedback del metodo di insegnamento e per eventuali criticità, individuare gli alunni che devono essere sostenuti ed è risultato più facile trovare tempi e modalità per avviare una didattica personalizzata. *Docente Liceo “V. Monti” di Cesena i n d i r i z z o w e b d e l ge o ge b r a b o o k (reso pubblico) - https://tube.geogebra.org/ m a t e r i a l / s i m p l e / i d / 17 8 2 2 8 5 # TuttoscuolA n. 556 LE I IA TR EC LA SP CO AL C I C CALCOLATRICE SCIENTIFICA CASIO CLASSWIZ FX-85 EX: PROGETTATA PER LA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO Quando ancora esisteva l’esame di licenza elementare per accedere a quelle che erano chiamate scuole medie, il passaggio dalla scuola dei piccoli a quella dei grandi era scandito da un momento istituzionalizzato. Nonostante i cambiamenti intervenuti ormai più di dieci anni fa, l’ingresso nella Scuola Secondaria di I grado continua a rappresentare una fase densa di significato, un rituale di passaggio che può rivelarsi molto delicato per gli studenti e da affrontare con grandi competenza, passione e -sicuramente altrettanta pazienza- per gli insegnanti. Con l’obiettivo di fornire strumenti di reale supporto alla didattica in aula, CASIO ha progettato la nuova calcolatrice scientifica CLASSWIZ fx-85EX, ad hoc per gli studenti della Scuola Secondaria di I grado. Utilizzare una calcolatrice significa portare le competenze dei professionisti in aula. Un primo dato di realtà, quindi. A questo si somma la possibilità di simulare situazioni di vita reale, ovvero la dimostrazione che la matematica è una materia che ha dei risvolti pratici nella vita di tutti i giorni. Dal punto di vista didattico, l’introduzione di uno strumento di calcolo permette di concentrarsi sul ragionamento strategico da applicare per risolvere un problema, anziché sui singoli passaggi. Si tratta degli stessi obiettivi individuati dalle Indicazioni Nazionali per la Matematica del 2012, che nel paragrafo dedicato agli strumenti di calcolo ribadiscono peraltro come questi siano da utilizzare “ad esempio, per verificare la correttezza di calcoli mentali e scritti e per esplorare il mondo dei numeri e delle forme”. La nuova calcolatrice scientifica CASIO fx-85EX appartiene alla nuova serie CLASSWIZ: il display è a resa naturale del testo, formule e risultati appaiono quindi come sul libro di testo, ed è LCD ad alta risoluzione con un menù a icone anziché con i testi abbreviati. Grazie al processore ancora più veloce, inoltre la calcolatrice fx-85EX gestisce 274 funzioni, tra cui frazioni e potenze, radice quadrata, funzioni trigonometriche e statistiche, sommatoria e deviazione standard. CLASSWIZ fx-85EX Oltre 270 funzioni e visualizzazione naturale dei calcoli, come nei libri di testo In numerosi Paesi in tutto il mondo, CASIO -azienda leader mondiale nella produzione di beni elettronici di consumo- promuove il Progetto Educational con l’obiettivo di essere sempre più vicina alle reali esigenze della Scuola, sia degli studenti sia dei docenti. Dal 2009 il progetto è attivo anche in Italia. Durante questi 6 anni, CASIO si è confrontata costantemente con gli studenti e soprattutto con i professori di matematica italiani, perché le calcolatrici diventino uno strumento di supporto concreto in aula. Per avere maggiori informazioni e partecipare: www.casio-edu.it. Per avere maggiori informazioni e partecipare: www.casio-edu.it Forum on Intercultural Learning and Exchange (FILE) Un incontro annuale di accademici ed esperti di educazione interculturale per valutare gli effetti della mobilità studentesca Che cos’è il FILE? Il FILE - Forum on Intercultural Learning and Exchange - è una conferenza internazionale organizzata annualmente dalla Fondazione Intercultura Onlus (www.fondazioneintercultura.org), in collaborazione con AFS Intercultural Programs e con la Federazione Europea per l’apprendimento interculturale – EFIL. La Fondazione Intercultura invita in questa occasione sessanta persone, tra ricercatori, accademici, volontari dell’EFIL, insegnanti ed esperti di educazione interculturale e di scambi giovanili internazionali, per discutere di temi legati all’apprendimento interculturale che avviene attraverso i programmi di mobilità studentesca internazionale. La lingua veicolare nel corso dell’incontro è l’inglese. Il progetto è stato avviato nel 2009. Gli atti dei Forum tenuti dal 2009 ad oggi sono stati pubblicati nella rivista trimestrale “Intercultura” pubblicata da Fondazione Intercultura e sono consultabili nel sito www.fondazioneintercultura.org, nella sezione “Pubblicazioni”. Obiettivi del progetto • Aggiornamento su cosa si sta già facendo per valutare l’apprendimento interculturale sia durante le esperienza di studio all’estero che al rientro a scuola, al termine dei programmi di scambio. • Analisi degli ostacoli e delle lacune nella valutazione dell’apprendimento interculturale • Sviluppo di idee e possibili strumenti di valutazione ad uso delle scuole Il FILE 2015 Il VI Forum on Intercultural Learning and Exchange si è tenuto dal 29 al 31 ottobre 2015, presso la sede della Fondazione Intercultura in Colle Val d’Elsa (Siena) sul tema della valutazione scolastica delle competenze interculturali acquisite dagli studenti che partecipano a programmi scolastici internazionali individuali. In particolare è stato preso in esame: 1. Come viene valutato l’apprendimento interculturale nelle scuole nei diversi Paesi 2. Come introdurre i percorsi di apprendimento interculturale nelle scuole, con azioni misurabili, nel contesto degli scambi giovanili individuali e dell’apprendimento di una lingua straniera 3. Come valutare i percorsi di apprendimento interculturale, in itinere e a conclusione del programma, da parte delle scuole ospitanti studenti stranieri partecipanti a programmi di scambio 4. Come valutare i percorsi di apprendimento interculturale, in itinere e a conclusione del programma da parte delle scuole che inviano studenti all›estero, partecipanti a programmi di scambio 5. Qual è il ruolo delle organizzazioni che si occupano di scambi internazionali di studenti? Che cosa possono fare per facilitare la misurazione dell’apprendimento? Il FORUM è stato aperto da Mario Piacentini (Organisation for Economic Co-operation and Development - OECD con un intervento su “PISA e la valutazione dell’apprendimento interculturale” La prima giornata è stata introdotta da una Tavola Rotonda con interventi di Marty Barrett - (Surrey University) , Bruno della Chiesa (Harvard University), Emanuele Pesoli (International Baccalaureate), a cui sono seguiti gruppi di discussione mirati a identificare azioni che possono facilitare la valutazione dell’apprendimento interculturale in itinere, da parte degli insegnanti. La seconda giornata è stata introdotta dalla presentazione in plenaria di cinque casi di studio che sono poi stati analizzati in gruppi di discussioni volti a rilevare e sviluppare idee e strumenti per la valutazione delle competenze interculturali. • Melissa Liles - AFS: “Criteria for reports about AFS students during the intercultural experience & learning assessment” • Mattia Baiutti - Ph.D Candidate, University of Rome “Tor Vergata” : “From knowledge to competence in Italian schools: assessing intercultural competence” • Sebastien Thierry - Agence Erasmus+ France, Education and Training – Case studies from Erasmus+ National Agencies • Holger Nagel - Hellenstein-Gymnasium, Heidenheim: The “Handbook on intercultural school development” • Rajesh Awasthi - Choitram School, Indore: Good practices by a secondary school in India Ai lavori hanno partecipato, portando la propria testimonianza e condividendo la propria esperienza, scuole italiane, europee ed extra europee, rappresentanti delle istituzioni educative italiane ed europee (MIUR, Commissione Europea, Consiglio d’Europa), accademici (San Josè state University, Durham University) organizzazioni internazionali che si occupano di educazione (International Baccalaureate, OECD, Agenzie Nazionali Erasmus Plus, AFS International Programs, Experiment in International Living, di vari Paesi europei), rappresentanti di organizzazioni internazionali che si occupano di scambi scolastici, rappresentanti di organizzazioni del mondo della scuola italiana di ANP e LEND. Per informazioni sul FILE e sulle altre attività promosse da Intercultura è possibile contattare: Flaminia Bizzarri Via XX Settembre, 40 - 00187 Roma Tel. 06 48.88.24.01 - [email protected] www.fondazioneintercultura.org www.intercultura.it INSEGNARE OGGI Politica scolastica Digitalizzare la scuola: energia per il futuro di Alfonso Rubinacci L a scuola fino ad oggi è stata il luogo non esclusivo ma strategico, essenziale e determinante per la crescita della persona. Un luogo nel quale investire sulla conoscenza, sulle competenze ed eccellenze. Il profondo cambiamento esponenziale che investe il mondo nel suo complesso, nel quale “il potere” determinante è nelle mani delle grandi rete d’informazione, presenti ovunque, inf luenza soprattutto i giovani. Questo significa che abbiamo bisogno di una scuola dotata di personale docente, dirigente e ATA decisi ad agire uniti per aiutare i giovani. Le nuove generazioni riflettono un nuovo modo di vivere, dove pesano le diseguaglianze sociali che aumentano e si ridefiniscono. Nessuna organizzazione oggi può puntare allo sviluppo se non è in grado di governare l’innovazione digitale, se non sa quali attori deve coinvolgere, quali obiettivi e quali benefici ci si attende nell’uso “dei social network, dei temi della sicurezza, della privacy”. La scuola fino ad oggi ha sicuramente prodotto risultati importanti. Al profondo cambiamento esponenziale che investe il mondo nel suo complesso non c’è dubbio che il sistema scolastico stia mostrando impegno nel voler rispondere in modo adeguato, con un modello coerente e funzionale alla realtà e alle esigenze del nuovo millennio. Il tramonto del “posto fisso”, la crescente consapevolezza di un futuro occupazionale sempre più caratterizzato da mobilità, f lessibilità e riqualificazione, hanno profondamente cambiato le forme di accesso al mercato del lavoro. Le certezze non sono tante ma quella riferita alla “società digitale” non è messa in discussione. Le competenze digitali sono cruciali per l’inclusione nella vita sociale, economica e lavorativa e il sistema formativo fatica a tenere il passo in un quadro di scarsi investimenti in ITC. Da qui la “necessità di introdurre, senza indugio, le nuove tecnologie non per essere al passo con i tempi, ma perché in caso contrario i percorsi educativi (tutti) saranno destinati all’inefficacia e, conseguentemente, il futuro lavorativo di una parte delle generazioni più giovani sarà compromesso” (Astrid, La didattica nell’era digitale, a cura di V. Campione, pag 12). Occorre favorire la nascita presso le reti di segue a pag. 10 8 Nuovi contesti e nuove sfide. U di Filomena Zamboli* n pezzo di scuola italiana viva ha percorso le strade di Bologna, nei giorni del 10 e 11 ottobre, tra il Teatro dell’Antoniano e le aule dell’istituto Giosuè Carducci, dove si sono svolte le “Botteghe dell’insegnare”; sono comunità di docenti che si aggiornano attraverso percorsi professionali stabili e i “Team work”, momenti circoscritti di lavoro, che hanno coinvolto insegnanti e dirigenti scolastici su interessi e problemi specifici, quale la governance delle scuole; il percorso ha interessato anche l’aula magna dell’Università degli Studi “Alma MaterStudiorum”, dove, la mattina dell’11 ottobre, più di quattromila tra insegnanti e operatori del mondo della scuola (mille a Bologna, gli altri in 45 città italiane ed estere videocollegate), oltre a tante personalità del mondo della cultura e dell’educazione, fra cui l’ex ministro Luigi Berlinguer, hanno partecipato alla Convention scuola 2015: “Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide”. L’incontro è stato organizzato dalle Associazioni CdoOpereEducative, Diesse, DiSal e Il Rischio educativo, con l’adesione di molte realtà della società civile e di numerose altre associazioni del mondo della scuola. “Dopo il messaguttoscuolRomagna, gio di saluto del direttore dell’USR dell’Emilia T A n. 556 Buoni e nuovi insegnanti per una scuola buona e innovativa di Nicoletta Ferroni* C Stefano Versari, il Rettore dell’Alma Mater, Ivano Dionigi, ha ricordato come la scuola sia il luogo in cui si formano cittadini completi: «Un luogo di incontri reali che può fare da antidoto alla realtà virtuale e insegnare che cos’è il vero dialogo». Per questo la Scuola, ha concluso Dionigi, «deve insegnare a parlare bene per pensare bene, perché, come diceva Platone, parlare bene, oltre a essere una cosa bella in sé, fa bene anche all’anima»” (dal comunicato stampa). Relatore dell’incontro di domenica mattina è stato don Juliàn Carròn docente di Introduzione alla Teologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano intervistato dal Prof. Tino Giardina, presidente dell’Associazione “Diesse” Didattica e Innovazione scolastica. Caratteristico anche il metodo con il quale si è svolto l’incontro che non ha visto la trattazione di un “discorso tematico” a cura del relatore ma una serie di domande poste da insegnanti, genitori e dirigenti scolastici nella fase preparatoria all’incontro stesso. Partiamo dalla prima. “Lo smarrimento della società adulta di fronte al disagio e alla provvisorietà che vivono i nostri ragazzi. Come affrontarlo?”. Don Carròn ha risposto dicendo che occorre innanzitutto identificare il problema perché di fronte a questo disagio, mediamente, si cerca l’aiuto degli psicologi o dei neuropsichiatri o si assiste al proliferare delle regole, vuol dire che si sta identificando l’origine di esso o in un problema di debolezza psicologica o in un problema etico. E proprio il fatto che si moltiplicano nella scuola i tentativi di rispondere a questo disagio con uttoscuol un aiuto specialistico o con il proliferare dei regolamenti e T A n. 556 segue a pag. 14 on l’antico termine ‘mestiere’ si intende quell’esperienza che permette un risultato ‘ad arte’, ovvero la realizzazione di un prodotto che esprime in modo esemplare una capacità derivata dall’apprendimento non solo di tecniche ma dal possesso di saperi che guidano ad un’esperienza ricca e varia e al suo consolidamento. Il risultato dell’eccellenza nell’insegnare è l’allievo, il ragazzo che ha colto il massimo vantaggio dall’azione dell’insegnare del proprio insegnante, nella propria scuola, che ha appreso ‘ciò che c’era da apprendere’ … quindi dobbiamo riferirci ad un complesso insieme di elementi, fattori determinanti di quel vantaggio che possiamo affermare abbia tratto l’allievo. Per qualsiasi artefatto/prodotto materiale è possibile rilevare con esattezza ‘la maestria’ con la quale è stato realizzato, con un’osservazione che richiede, sì, competenza e consapevolezza ma, soprattutto oggettività. Dunque se ne può ricavare la valutazione del ‘mestiere’, l’abilità e la competenza del professionista che ha operato, di solito, in un ambiente ben attrezzato e idoneo a svolgere quel lavoro. Più difficile è valutare ‘la maestria’ dell’insegnante. Difficile trovare situazioni di lavoro uguali. Difficile che l’ambiente sia adeguatamente attrezzato. Difficile che non ci siano ingerenze di diversa natura e che chi osserva e ‘valuta’ non sia a sua volta influenzato da innumerevoli fattori e circostanze. Non è scontato, inoltre, che chi ‘valuta’ sia in possesso di tutte quelle conoscenze che lo mettano in grado di comprendere e dare il giusto peso ai diversi elementi. Non si tratta soltanto dell’immaterialità del prodotto a rendere difficile una valutazione oggettiva, ma la quantità di variabili che intervengono nel processo che l’insegnante mette in atto svolgendo la sua ‘opera’, un’azione che non si svolge né in solitudine né in una situazione totalmente protetta e scevra di interferenze e variabili. Dunque non è inutile inquadrare l’esercizio della professione docente nel suo contesto, farlo a livello sia micro che macro. L’insegnante, infatti, è lui stesso con la sua professionalità, frutto di una formazione, delle richieste e aspettative dell’ambiente nel quale è prima cresciuto, è poi stato selezionato, abilitato alla professione e infine ha iniziato ad esercitare, spesso non stabilmente. Quindi non ci si può che riferire all’ambiente sociale generale e particolare, all’azione istituzionale segue a pag. 17 9 INSEGNARE OGGI Politica scolastica INSEGNARE OGGI Politica scolastica segue da pag. 8 istituzioni scolastiche di vere e proprie “digital academies” per coinvolgere la maggior parte dei docenti, e per produrre una specie di “effetto contagio” in grado di portare tutto il sistema scolastico sulla strada del digitale. Solo se insegnanti, dirigenti, personale amministrativo centrale e periferico, tutto il personale ATA, insieme ai cittadini utenti e all’opinione pubblica in genere, certo anche le imprese, se tutti crederanno nel cambiamento e condivideranno le scelte operate con il nuovo piano scuola digitale (nuovo PNSD) si troverà quell’indispensabile collaborazione che serve per metterlo in pratica e raccoglierne risultati positivi. Rapporto OCSE: alcuni punti fondamentali Il rapporto dell’OCSE, pubblicato lo scorso mese di ottobre, analizza i fattori legati all’uso del digitale nella scuola, sul vasto campione internazionale di studenti e studentesse che partecipano alla valutazione PISA. I risultati della digitalizzazione della scuola offrono utili elementi di conoscenza rispetto alla domanda che molti si pongono circa gli effetti dell’uso delle tecnologie nei processi di insegnamento e di apprendimento. Il rapporto chiama in causa la scuola, e non solo quella italiana, imputandole di non riuscire a dimostrare la capacità di innovarsi e soprattutto di essere capace di avvalersene per dare a tutti gli studenti le competenze di cui hanno bisogno e garantire adeguati livelli di apprendimento. Elementi interessanti del rapporto si riferiscono all’“acquisto di portatili tablet da parte delle scuole in generale è avvenuto dove erano già disponibili computer fissi; ha quindi soprattutto allargato l’offerta di ITC in 10 quelle scuole, piuttosto che creare nuove possibilità informatiche per tutti” (R.Casati. Chi legge naviga meglio. Domenica, Il Sole 24 Ore del 27 settembre 2015). Altro elemento che condiziona la digitalizzazione è l’assenza in molte scuole di un vero e proprio programma deciso “dalla direzione scolastica per l’integrazione delle nuove tecnologie nell’insegnamento...” che denota l’assenza di una precisa politica educativa per il loro uso. A scuola, in Italia, i PC sono uno ogni 4 studenti e solo il 66,8% degli studenti italiani afferma di usarli contro il 72% della media OCSE. I ragazzi italiani risultano stare on line per una media di un’ora e mezza al giorno (93 minuti contro una media EU di 104), a scuola il tempo ‘online’ è in media di 19 minuti mentre la media Ocse è di 25, sebbene le loro competenze in lettura digitale risultino addirittura sopra la media OCSE (504 rispetto a 497) ma superiore di 11 punti a quello di paesi che hanno una performance simile nella lettura ‘tradizionale’. I ragazzi ‘internet-dipendenti’, ovvero che stanno al pc più di 6 ore al giorno, a casa, sono il 5,7%, sotto la media Ocse che è del 7,2% e dove, in alcuni Paesi (Danimarca, Olanda e Grecia), si avvicina al 10% o lo supera (Svezia al 13,2%). Questa è una categoria - dice l’OCSE - ad alto rischio di solitudine, e mostra assenze ingiustificate da scuola. I nostri ragazzi, però, nella loro navigazione, sono ‘lost in navigation’’, ovvero ‘disorientati’ e il ‘digital divide’ sociale non è quantitativo ma piuttosto qualitativo. Il 15% degli studenti, quando naviga sul web, rispetto al 12% della media OCSE è poco ‘mirato’: quasi tutti gli studenti in Italia commettono errori nella navigazione, e solo il 25% si corregge ritornando sulla rotta di navigazione più appropriata. In Italia l’accesso a internet sembra riguardare il 92,9% degli studenti svantaggiati, 6,3 punti percentuali in meno di quelli più avvantaggiati, ma solo il 66% ottiene informazioni valide (13% in meno degli avvantaggiati), e il 44% degli ‘svantaggiati naviga su Internet per un uso assolutamente ludico. L’uso delle risorse e delle infrastrutture scolastiche da parte degli studenti è un fattore importante nel determinare il livello delle loro prestazioni. Quanto più utilizzano la biblioteca, i computer, i laboratori e i collegamenti internet disponibili, tanto più i risultati tendono ad essere elevati, anche a prescindere dagli altri fattori. I presidi delle scuole ritengono, nella media dei paesi dell’aerea OCSE, che i fattori più significativi e incisivi sui risultati conseguiti dagli studenti sono gli insegnanti per la loro influenza sull’ambiente scolastico, come sulle aspettative che nutrono nei confronti dei loro studenti, l’impegno dimostrato e il livello di soddisfazione che traggono dal loro lavoro gli insegnanti, l’autonomia scolastica. Anche gli studenti ritengono che i fattori indicativi di una correlazione positiva e statisticamente significativa con i risultati da loro ottenuti sono il rapporto con insegnanti, la disciplina tenuta in classe, l’importanza che gli insegnanti assegnano al successo scolastico e le alte aspettative che essi hanno nei confronti dei loro studenti. Lo studio dell’Ocse aiuta a capire che l’accesso ad un computer non è sempre e comunque un vantaggio in sé, e che eventuali vantaggi e possibili svantaggi dipendono da come, perché e con quale obiettivo si adopera la tecnologia a scuola. La sfida sta nel chiedere agli insegnanti di diventare agenti attivi del TuttoscuolA n. 556 cambiamento “non solo per far crescere le innovazioni digitali, ma per disegnarle”. I docenti che meglio integrano computer e lezioni sono anche quelli più innovativi e vicini ai ragazzi. L’effetto combinato di questa serie di fattori spiega le differenze nelle prestazioni tra le scuole all’interno dello stesso Paese e delle variazioni tra i vari Paesi. Questi fattori legati alla scuola, combinati con gli altri di natura socio-economica, arrivano a spiegare il 72% delle variazioni tra scuole all’interno dello stesso Paese e il 43% delle variazioni registrate tra i vari Paesi. Il piano di digitalizzazione e dell’OPEN DATA In questo contesto il Ministero dell’Istruzione ha predisposto il nuovo Piano Nazionale Scuola Digitale, presentato lo scorso 27 ottobre, con il quale intende realizzare l’implementazione e la diffusione dell’uso delle TIC nelle classi e utilizzare la tecnologia come catalizzatore dell’innovazione didattica, promuovere nuove pratiche di insegnamento, nuovi modelli di organizzazione scolastica a sostegno della qualità. Gli interventi sono articolati su tre fronti: quello dell’organizzazione e della formazione del personale, quello infrastrutturale e dell’edilizia, quello della dotazione tecnologica (wifi, software, video proiettori, etc.). Individuare le debolezze del piano è doveroso, come altrettanto necessaria è la critica alle inefficienze, agli sprechi conseguenti il privilegiare lo stanziamento dei fondi per l’hardware (Lim) ed ai ritardi. Il nuovo Piano sembra, però, muoversi proprio dal superamento degli errori del passato per costruire il cammino insieme alla scuola. TuttoscuolA n. 556 Il punto su quanto è stato fatto dal MIUR in questi ultimi 10 anni, parte dalla critica di un’azione poco avveduta e sistemica, legata ad una visione dell’innovazione concepita come sostituzione di mezzi “vecchi” come la lavagna, con altri più nuovi come la LIM, senza cambiare sostanzialmente nulla, senza comprendere appieno la portata dell’avvento delle nuove tecnologie: dal piano LIM alla formazione, dalle classi 2.0, alle scuole 2.0. Dalle 416 classi 2.0 e 15 scuole 2.0 del 2011 si è passati nel 2014 a 2.000 classi 2.0 e a 38 scuole 2.0. Un quadro che inchioda il paese alle ultime posizioni nelle classifiche internazionali. Con qualche ritardo sono stati attivati e finanziati 52 Poli formativi che hanno coinvolto 72.000 docenti. Comunque siamo sempre di fronte a modeste percentuali. Nel 2014/15, infatti le aule/classi sono 375.000, 42.000 i plessi per 8.200 Istituzioni Scolastiche (una media di 5 plessi per ogni IS), 70.000 i laboratori. Risorse stabili e sicure per lo sviluppo delle competenze digitali In questi ultimi anni i finanziamenti sono stati discontinui e non sono stati incisivi nel creare l’infrastruttura, è mancata la sincronia tra il finanziamento e l’utilizzo delle risorse. Il Piano mette in campo molte iniziative per migliorare e promuovere le condizioni di sviluppo di modelli di insegnamento e apprendimento basati sull’utilizzo delle tecnologie. Altro obiettivo prioritario è fornire la formazione necessaria per mettere il docente nella condizione di affrontare le nuove sfide dettate dal cambiamento, modificando la progettazione delle attività didattiche in classe. Un passo necessario verso un’ottica di formazione permanente, capace di promuovere soprattutto un cambiamento culturale, legato più all’apertura mentale che all’età in media troppo alta dei docenti. Il piano nazionale prevede la banda larga per tutte le scuole, wifi sicuro ed efficiente e video proiettori in tutte le classi e spazi della scuola. La decisione si colloca nella strategia nazionale che ne prevede l’attuazione in sinergia con il MISE, le Regioni e gli Enti Locali. È significativo che, finalmente, si sia presa la strada dell’operare in sinergia interistituzionale, coinvolgendo le Regioni e gli Enti Locali nella strategia politica di diffusione e uso delle TIC, anche facendo convergere i finanziamenti, di cui ognuno disponeva separatamente dall’altro, pur destinati allo stesso obiettivo. Tuttavia resta da chiedersi se le risorse previste con la Legge 107 per il finanziamento del nuovo PNSD siano sufficienti, data l’entità dei fronti d’intervento e la dichiarazione da parte del Premier e del Ministro che affermano l’impegno a rendere omogenee le dotazioni e la competenza professionale del personale in tutte le scuole di tutto il territorio. Per l’anno appena iniziato 2015/2016 ci sono 90 milioni e 30 milioni all’anno sono previsti stabilmente per i 4 anni successivi. Ciò rappresenta meno dello 0,1% della spesa pubblica per l’istruzione (ovvero meno di 5 euro all’anno per studente di scuola primaria e secondaria). Un grosso affidamento vien fatto sull’apporto rappresentato dai fondi PON, ma è bene ricordare quanto sia necessario un cambio di rotta sulla gestione, dall’attribuzione ai controlli. Un aumento significativo delle risorse, una corretta e puntuale previsione di quanto è necessario restano la condizione necessaria per il successo nel raggiungere gli obiettivi fin qui dichiarati. 11 INSEGNARE OGGI Politica scolastica INSEGNARE OGGI Politica scolastica Intervista a Jacopo Greco, Direttore generale delle Risorse umane e finanziarie del MIUR Un nuovo modello di amministrazione di Dotto Direttore Greco, dalla riorganizzazione del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca scaturisce il senso della “Direzione Generale per le Risorse umane e finanziarie”, rafforzata nella sua capacità di porsi come rappresentante di valori e interessi generali visibili e riconoscibili sul territorio. Qual è la sua visione? “Nella ratio complessiva del disegno riformatore del nostro Dicastero la Direzione Generale per le Risorse umane e finanziarie di cui ho la responsabilità non è il semplice risultato di un’aggregazione di due Direzioni generali preesistenti, una per il settore risorse umane e l’altra per il bilancio e, in particolare, i temi della contabilità scolastica. Siamo di fronte ad una “pianta nuova” che ha l’obiettivo di riavvicinare la macchina amministrativa del Ministero alle scuole. Per la prima volta si avverte con forza il nesso strategico che unisce il comparto scuola con il comparto Ministero. Si tratta di due mondi connessi che devono saper dialogare e contaminarsi reciprocamente se si vuole dare futuro ad un sistema efficiente e, in questo, all’Amministrazione.” Può sintetizzare, in poche battute, il ruolo e l’impegno della DG da Lei diretta a sostegno dello sviluppo e dell’affermazione della Buona Scuola? “Per il settore delle risorse finanziarie la legge n. 107/2015 ha introdotto delle innovazioni davvero rilevanti che dobbiamo essere capaci di far vivere ed implementare. Per la prima volta dopo tantissimi anni si registra un incremento delle risorse finanziarie a disposizione delle istituzioni scolastiche (126 milioni per il funzionamento, 100 milioni per l’alternanza scuola – lavoro, 40 milioni per la formazione solo per citare degli esempi) ed è da sottolineare, inoltre, che tale aumento dei finanziamenti ha un carattere pluriennale, consentendo così di avviare seriamente un’attività strutturale di programmazione coerente con lo sviluppo dell’autonomia scolastica. Tutto ciò ci impone una gestione amministrativo – contabile delle scuole più snella ed efficiente improntata a principi di semplificazione e trasparenza. Per il settore delle risorse umane la sfida è quella di creare le condizioni per diffondere un nuovo modello di amministrazione, più moderno ed efficiente, dotato di personale 12 Jacopo Greco dal 2007, dopo aver conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense, ha svolto le funzioni di dirigente presso la Direzione Generale delle Risorse Umane occupandosi della gestione di appalti, di contenzioso e disciplina. Dal settembre 2014 è Direttore Generale della direzione risorse umane e finanziarie del Miur. Durante questi anni ha maturato un’esperienza professionale trasversale acquisendo competenze anche nella gestione contabile delle risorse finanziarie e negli aspetti connessi alla predisposizione e alla formazione del bilancio con particolare riferimento alla razionalizzazione e qualificazione della spesa nei settori del personale e degli organici. motivato, valorizzato ed altamente specializzato. Sotto questo profilo è indispensabile che si riesca a dare vita ad un processo virtuoso di passaggio di “consegne” e di conoscenze tra il personale vicino al pensionamento e la nuova generazione di dirigenti e di funzionari che ha fatto ingresso nell’Amministrazione negli ultimi anni. Al tempo stesso, però, noi tutti abbiamo l’obbligo e la responsabilità di interrogarci seriamente e fattivamente su come dare risposta al nodo della grave carenza di personale che caratterizza gli uffici dell’Amministrazione centrale e periferica.” Come si concretizza nel settore della contabilità, il rilancio dell’autonomia scolastica previsto dalla buona scuola? “Innanzitutto grazie alla nuova legge si è data una risposta efficace ad uno dei problemi amministrativi che hanno impedito di far decollare l’autonomia scolastica: le risorse TuttoscuolA n. 556 finanziarie in questi anni sono state erogate in misura insufficiente e con una tempistica costruita attorno alle scadenza dell’anno finanziario (cioè solare) ma non coerente con lo sviluppo della didattica e con la scansione temporale dell’anno scolastico. Quest’anno per la prima volta, per effetto del comma 1 della legge 107, il fondo di funzionamento amministrativo-didattico è stato assegnato fin dall’11 settembre (quindi ad inizio di anno scolastico) per il periodo settembre – dicembre 2015 e, sempre nella stessa data, sono state assegnate le risorse certe per il periodo gennaio – agosto 2016. In tal modo le scuole sono state messe in condizione di poter programmare con certezza finanziaria le attività del POF. Ed inoltre le risorse per il funzionamento, che saranno erogate secondo criteri nuovi fissati nel Decreto firmato dal Ministro Giannini lo scorso 15 ottobre, sono raddoppiate grazie all’incremento di ben 126 milioni di euro stanziati annualmente dalla legge dal 2016 fino al 2021, in aggiunta ai 110 milioni di euro annui ormai consolidati.” appositamente finanziata, di “help desk” dedicato alle scuole mediante l’utilizzo di canali telematici. L’obiettivo è quello di superare la parcellizzazione di comportamenti diversi su tutto il territorio da parte delle scuole, mettendo a disposizione in tempo certo e costante, indicazioni e indirizzi interpretativi dell’Amministrazione a supporto di ogni aspetto della gestione amministrativo – contabile.” L’innovazione dell’Amministrazione non è solo questione di strumenti e di tempi. Il fattore centrale sono i decision maker, il personale, chi deve avere la visione e la capacità mettere in connessione tutte le parti dell’organismo nella gestione del sistema. Quali le prospettive e i progetti in corso? “La gestione delle risorse umane per qualsiasi Amministrazione rappresenta il cuore della vita: nel caso del Ministero dell’Istruzione include aspetti che coivolgono un settore, quello della scuola, di portata fondante per lo sviluppo del Paese. Pertanto quando ci troviamo a dover presentare le prospettive e le azioni in corso per il lato personale del Ministero ci troviamo di fronte a due problemi: - L’età media del personale (abbastanza alta per cui gli organici sono ridotti e senza consistenti ricambi), - il possesso di professionalità adeguata, che include conoscenze giuridico/amministrative, uso di tecnologie avanzate, nozioni di contabilità e di normativa scolastica. Non è facile fare un programma di azione per il reclutamento e la formazione del personale in un periodo in cui non si prevedono nuovi concorsi e le risorse per l’aggiornamento sono molto limitate: le richieste ci sono sia per l’uno che l’altro versante, con prospettive che speriamo migliorino le performance, in breve termine.” Per rafforzare veramente l’autonomia è urgente cambiare la contabilità scolastica, ci sta lavorando? “Certamente siamo al lavoro! Siamo normativamente obbligati (comma 143 della legge 107) a revisionare la contabilità dei bilanci delle istituzioni scolastiche. Entro gennaio si deve adottare un nuovo regolamento in grado di attualizzare quello vigente ( il Decreto Interministeriale n. 44/2001), al fine di incrementare l’autonomia e di semplificare le procedure, includendo anche i convitti ed educandati. L’operazione da realizzare è strategica e molto delicata in quanto rende possibile ridisegnare l’intero sistema di gestione amministrativo-contabile delle scuole, fornendo strumenti innovativi e più coerenti rispetto ai principi di efficienza, tempestività ed efficacia dell’azione amministrativa. In vista di tale passaggio l’Amministrazione è partita dalla convinzione che solo quanti quotidianamente sono impegnati nella gestione amministrativo-contabile possono formulare proposte concretamente utili su ciò che occorre cambiare per gestire la contabilità scolastica. Per questo motivo nel mese di ottobre la Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie ha chiesto alle scuole di inviare idee e proposte di modifica del Regolamento, attualmente in fase di attenta analisi, nel convincimento che occorre sempre essere in posizione di ascolto della parte attiva del settore scolastico.” Quali sono gli obiettivi in termini di risultati che sono stati previsti? “Certamente occorre trovare in via generale, una strategia di valorizzazione delle risorse umane che dia conto dell’impegno che viene annualmente profuso con determinazione da tutti quelli che operano sul versante “Amministrazione”, perché le scuole possano funzionare al meglio e formare al meglio i cittadini di domani: in fondo Istituzioni Scolastiche sul territorio e Amministrazione non sono altro che il recto e il verso di una stessa medaglia, che si chiama ISTRUZIONE!” Quali strumenti concreti si possono adottare per migliorare il rapporto dell’Amministrazione con le istituzioni scolastiche nella gestione quotidiana del settore amministrativo – contabile? “Su questo versante c’è molto da fare. Dobbiamo anzitutto migliorare i processi di comunicazione. Ci stiamo lavorando, con grande attenzione e con le forze a nostra disposizione. A breve partirà un’attività progettuale sperimentale, Abbiamo finito. Prima di salutarci, posso chiederLe qual è la cosa che l’ha “fatta soffrire” di più? “Non disporre personalmente del tempo che occorrerebbe per rispondere direttamente ai quesiti provenienti ogni giorno da tantissime istituzioni scolastiche. Sarebbe un modo per collaborare e dialogare in modo diretto e conoscerci, si renderebbero meglio conto di quanto io e il mio ufficio ci sentiamo impegnati nei loro confronti.” TuttoscuolA n. 556 INSEGNARE OGGI Politica scolastica 13 INSEGNARE OGGI Politica scolastica segue da pag. 9 non si riesce a risolvere il problema, vuol dire che si sta confondendo il sintomo con la causa. L’origine del disagio è da ricercare, invece, in “una debolezza di energia” ovvero “una debolezza affettiva” a causa della quale i nostri ragazzi fanno fatica a riconoscere prima e ad aderire poi alla realtà che hanno davanti. Cita Don Giussani che parlava di “effetto Cernobyl” cioè di un mutamento dell’uomo che apparentemente non si vede ma che è sostanziale. Infatti, è difficile che un ragazzo possa stare ore in un’aula solo a “assimilare contenuti” senza essere coinvolto pienamente con ciò che impara, senza cioè che si attui un vero processo di insegnamento – apprendimento. Non è che la realtà non sia più di fronte agli occhi di chi vive un’ora di lezione, ma quel che manca, e che viene identificato come “crollo delle evidenze”, quel che è venuto meno, è la capacità di “riconoscere la realtà” cioè di vederla, di coglierla nel suo significato profondo. Quindi non si tratta di una debolezza etica (come può avvenire tante volte che si pensi) ma di una debolezza di energia, di coscienza. Se fosse solo una debolezza etica il problema sarebbe facilmente risolvibile, perche ciò vorrebbe dire che l’energia dell’uomo è intatta, che c’è ancora tutto l’uomo e che occorre solo orientare, dare una spinta e una direzione adeguate alle dinamiche del rapporto di insegnamento apprendimento. Invece il problema è ben più ampio: ci troviamo di fronte ad una situazione esistenziale nuova, che investe non solo i ragazzi ma anche noi adulti, figli di una cultura che, intrisa di sociologia, di psicologia e di marxismo, ha come “svuotato l’io di ciascuno di noi da qualsiasi responsabilità”. Cerchiamo, infatti, di spiegare l’origine dei disagi attraverso dei fattori antecedenti di tipo personale, sociologico, culturale, storico e così guardiamo i nostri ragazzi, con un “io ridotto”. Non c’è - dice Juliàn Carròn - un “io” cui rivolgersi. Non c’è, di fronte ai ragazzi, un “io” che sia più di tutti questi fattori, utili solo per l’analisi. Questa mentalità propria 14 degli adulti, una volta che ha attecchito, blocca e impedisce di stare da uomini di fronte ad altri uomini. Se il ragazzo è “ridotto” all’insieme dei fattori che ne determinano un disagio e il docente, adulto, non riesce a “dialogare”con lui, allora qual è il suo compito? E si resta in attesa che gli specialisti “ci rimettono a posto” i ragazzi mentre i docenti diventano superflui e possono anche “andarsene a casa”. E tutto questo accade tante volte con la connivenza dei genitori, anche loro smarriti di fronte al disagio dei figli. Insomma, i ragazzi si trovano al cospetto degli adulti, che vivono loro stessi un disagio e così contribuiscono a incrementare una debolezza esistenziale. La vera questione perciò è se noi adulti costituiamo una provocazione adeguata per i nostri ragazzi o se, invece, li “lasciamo perdere” lamentandoci solo della situazione. Don Carròn, riprendendo ancora una volta Don Giussani, dice che l’Errore dell’insegnamento moderno è che “il giovane non è sufficientemente guidato a comporre l’esperienza della corrispondenza tra il reale e se stesso, cioè con le evidenze e le esigenze che ha dentro”. Ma benché il giovane non sia aiutato sufficientemente a compiere l’esperienza della verità di sè, malgrado tutto l’influsso dell’ambiente, del potere e del tentativo di riduzione dell’io c’è qualcosa che resiste. Forse sotto mille macerie e mille distrazioni. E’ la natura dell’io, l’esperienza elementare che nessuno può cancellare anche se si cerca di ridurla ai soli fattori antecedenti. E fa un esempio: “proviamo a fare una ingiustizia a un ragazzo! E vediamo se il suo vero io emerge!”. Prima di ogni tentativo educativo c’è un giudizio: è uno sguardo sull’io. Si tratta di una concezione culturale: se noi adulti soccombiamo a uno sguardo sulle persone dei nostri ragazzi riducendole già in anticipo ai loro fattori antecedenti siamo già sconfitti e incapaci di sfidarli all’avventura della conoscenza. Il rapporto educativo non dipende, non è condizionato da tutto ciò che ha fatto del ragazzo quello che è e quindi un “insieme di disagio”, anzi, proprio per questo, egli ha bisogno di un adulto, di uno sguardo adulto che non lo riduca ancor di più ma lo guardi per quello che è. E’ questo “sguardo adulto” che gli dà la possibilità e la speranza di poter ripartire. Se non si parte da questa posizione culturale, che prima di tutto deve essereuna convinzione dell’insegnante, la possibilità di incidere sui ragazzi è praticamente uguale allo zero. Le altre tre domande sono una esplicitazione pratica di questa posizione culturale. In particolare appare interessante, per entrare nel merito del contesto della scuola di oggi, la seconda domanda: “le recenti massicce proteste nel mondo scolastico italiano sono state segno di un disagio che ha cercato sollievo sulla possibilità di trovarsi, dopo tanto tempo, di nuovo “uniti” contro un cambiamento visto come nemico. Ora, dopo la piazza, il disagio permane più scottante che mai e si sono evidenziate nelle nostre scuole solitudine e individualismo, un certo corporativismo difensivo, la cultura del lamento, la propensione a reagire anziché a riflettere e a dialogare. Nessuno o quasi ha messo a tema il compito della scuola, la sua natura e il suo scopo. Qual è allora l’autentico compito della scuola e come aiutarci a recuperarlo?” Carròn risponde in maniera interessante perché mette a tema il disagio degli adulti, dopo di aver discusso di quello dei ragazzi. E che i due aspetti - disagio degli adulti e compito della scuola - non vanno affrontati in maniera dicotomica, altrimenti si dovrebbe da subito concludere che fin quando non si sarà debellato il disagio non si potrà dare seguito al compito autentico della scuola, che è insegnare, formare e istruire le nuove generazioni, e con ciò la partita sarebbe chiusa definitivamente. E mette in connessione tre variabili fondative dell’educare: tradizione - dialogo – metodo. Se il compito della scuola è insegnare cioè trasmettere alle nuove generazioni la ricchezza accumulata TuttoscuolA n. 556 da un popolo - cioè quella che chiamiamo tradizione - la vera questione è come possiamo trasmettere questa ricchezza, che non è mai un insieme di contenuti, perché essa deve “passare” da un soggetto ad un altro soggetto. Si chiama dialogo, dialogo educativo. E fa un esempio, ancora una volta ripreso da Don Giussani, che nella sua prima ora di lezione sempre diceva ai suoi studenti: “non sono qui perché riteniate come vostre le cose che vi dirò ma per insegnarvi un metodo per giudicare vero o meno quanto vi proporrò”. Quale professore mette tra le mani di un ragazzo, fin dal primo giorno, il metodo per giudicare quello che lui stesso dice! Che scommessa sulla verità di quello che gli proporrà. Egli aveva, pertanto, consapevolezza che questo percorso di insegnamento -apprendimento non avviene mai senza la “collaborazione” costante dello studente. In un dialogo, appunto. Intervista a Sergio Rosato, Direttore generale Ministero del Lavoro “L’esempio del Veneto” di Pietro Panzarino Sergio Rosato è stato direttore generale al Ministero del Lavoro d a l 1994 , c h i a m a t o successivamente a dirigere Veneto Lavoro dal 2000. La sua funzione gli ha permesso di seguire passo passo l’evoluzione del mondo del lavoro e il suo raccordo con la scuola. Dott. Rosato, a che punto siamo per quanto riguarda il lavoro e l’occupazione e la scuola? Quali le prospettive di sviluppo? “Abbiamo vissuto negli ultimi otto anni la più grave crisi dal dopoguerra ad oggi, che ha modificato il tessuto produttivo, economico e sociale del Veneto. Il 2015 è un anno cruciale, da un lato si hanno positivi segnali di uscita dalla recessione e di arresto della perdita di posti di lavoro, ma resta l’eredità di una situazione del mercato del lavoro molto difficile.” Parliamo di Veneto Lavoro. “I fiori all’occhiello dell’ente sono il Sistema Informativo del Lavoro e l’Osservatorio sul mercato del lavoro, che molti invidiano alla Regione Veneto in Italia ed in Europa. Prezioso è il lavoro che l’Osservatorio sta facendo per monitorare gli effetti delle riforme e delle singole politiche, producendo report trimestrali tradizionali (Bussole) e report mensili sull’andamento delle assunzioni a tempo indeterminato e delle analisi più approfondite (Misure) su altri aspetti della riforma.” E per i giovani? “Resta complicato il rapporto dei giovani con il lavoro: sta migliorando il tasso di inserimento, soprattutto attraverso i tirocini, che sono aumentati moltissimo, ma il tasso di trasformazione da tirocinio a rapporto di lavoro resta sempre basso, intorno al 20/25%. Il che significa che molti tirocini TuttoscuolA n. 556 sono soltanto lavoro temporaneo, mascherato, oppure sono attività di formazione, che non danno sbocchi occupazionali. Prosegue la flessione dei contratti di apprendistato (- 11% nel 2015), nonostante i ripetuti sforzi del legislatore di renderlo molto conveniente sotto il profilo economico e normativo. Il programma Garanzia Giovani ha visto l’adesione di oltre 50.000 giovani, di cui circa 23.500 sono stati presi in carico dai centri per l’impiego.” Questo è il quadro generale del mercato del lavoro. Su questo sfondo quali sono le politiche che il Governo, la Regione e le parti sociali dovrebbero mettere in atto? “Indico due priorità assolute. La prima è una forte azione per rendere sempre più stretto e funzionante il rapporto tra università, istituti scolastici, servizi per il lavoro e imprese. Sotto questo profilo si assiste ad una forte iniziativa sia a livello di sistema di istruzione (con il rilancio dell’alternanza scuola –lavoro), sia a livello di sistema lavoro con il tentativo di introdurre il modello duale nell’apprendistato e il sostegno alle azioni di placement scolastico. Qui, in Veneto, siamo stati antesignani con il patto di prima occupazione, volto a collegare direttamente il percorso degli ultimi anni di studio con l’inserimento lavorativo, mettendo in relazione diretta l’istituto scolastico, il centro per l’impiego e l’impresa. Su questo ci sono molte buone prospettive di successo nella nostra regione, perché il Veneto ha tradizionalmente una buona rete di istituti tecnici e professionali, che si adattano molto a sperimentare questa relazione diretta, più immediata con l’impresa. La seconda priorità riguarda le modalità per impedire che gli espulsi dai cicli produttivi, specie quelli con poca istruzione, qualificazione professionale e con un’età tra i 50 e 55 anni, restino a lungo esclusi dal mercato del lavoro. Per loro bisogna creare una azione preventiva nelle aree della produzione di beni e servizi c.d. del “quasi mercato”, collegate alla famiglia, al territorio, alla cultura, all’ambiente, in cui gli enti locali e le cooperative sociali, sostenuti dalla Regione, possano creare nuova impresa e, quindi, nuova occupazione, facendo uscire le persone dal mero assistenzialismo. 15 INSEGNARE OGGI Politica scolastica INSEGNARE OGGI Politica scolastica Se il docente “mette tra le mani” di ogni ragazzo il criterio per giudicare ciò che gli viene insegnato costringe se stesso oltre che gli allievi a non poter “barare” in un rapporto che si configura così come autentico. Il docente “offre” al ragazzo ciò che per tradizione è già suo come “ipotesi di lavoro”, da verificare continuamente e perciò interessante e dinamica proprio perché non è assimilazione passiva ma riscoperta attraverso l’esperienza. “La realtà si rende trasparente all’uomo nell’esperienza”. Che vuol dire? Che prima dei discorsi, chi impara, scopre le cose attraverso l’esperienza che ne fa: capiamo una lezione sull’amore se siamo o siamo stati innamorati, se ci sentiamo parte di una famiglia; capiamo la lotta di un popolo per la libertà e la giustizia se abbiamo fatto esperienza di libertà o anche se abbiamo subito una ingiustizia. “Succede” nell’esperienza. Dunque, se nell’insegnare le discipline gli insegnanti non stimolano sempre e costantemente questa verifica di esperienza (che vale anche per la matematica, per esempio, quando non è frutto solo di astrazione) sarà sempre difficile che una disciplina possa interessare i nostri ragazzi, perché essi non capiranno mai i nessi tra le cose che si insegnano e la vita, e le vivranno solo come necessaria accumulazione di dati. Per questo spessissimo “ripetono” ciò che imparano e con internet fanno “copia e incolla” e la questione è finita lì! El’io come capacità fondamentale di percepire i nessi dov’è? Che tipo di soggetto viene fuori da questo tipo di metodo? Non possiamo educare e istruire senza far percepire ai nostri allievi i nessi fra le cose, introducendoli alla realtà attraverso la disciplina insegnata. “I ragazzi - continua Carròn - si accorgono subito, quando entriamo in classe, se poniamo delle ipotesi di interpretazione della realtà anche dentro un disagio e siamo leali con il compito di educatori, oppure no. Se siamo leali innanzitutto come uomini”. Il fatto che anche agli adulti non vengano risparmiate le sfide del 16 vivere e che ciò non sia “omesso” di fronte ai ragazzi può essere una occasione stupenda per non barare neppure di fronte a se stessi. Leali con il compito. Perché gli alunni, come i figli, sanno benissimo quando gli adulti hanno capacità di affrontare una sfida o sono i primi sconfitti. “Il problema è che cerchiamo dei sistemi così perfetti che ci risparmino in tutti i modi di essere uomini” dice Carròn. Occorrono, allora, delle esperienze in atto di scuola in cui gli altri colleghi, gli studenti, i genitori, possano “vedere” un modo diverso di vivere le situazioni di tutti. Questa è la sfida. Perché la scuola cambia non attraverso le disposizioni del ministero ma attraverso “uomini che insegnano”. “Il problema è come io entro in classe, cioè se porto stampata sulla faccia una ipotesi di lavoro e di risposta. Perché di fronte ad ogni situazione c’è sempre un io che può vivere diversamente la circostanza che deve affrontare”. L’insegnante non è un attore, non è un funambolo - dice ancora Carròn - non è uno “strumento” seppure vivo in azione, l’insegnante è una persona. E’ la sorgente di una educazione, di una comunicazione di vita, “io sono educatore se comunico me stesso”. Ancora più interessante, diviene, allora, la risposta alla terza domanda (qual è il rapporto tra esperienza e disciplina, l’intreccio tra insegnamento ed esperienza) perché Carròn approfondisce il concetto poc’anzi discusso. E dice: per poter insegnare una materia concreta NON bastano tutti gli strumenti tecnici, tutti i tecnicismi che caratterizzano la materia stessa, perché capire e conoscere è DI PIU’ di tutte le conoscenze tecniche che pure caratterizzano ciascuna disciplina. E questo si capisce perché in ogni forma di conoscenza è sempre presente tutto l’io che conosce e l’oggetto che voglio conoscere. “Senza un atteggiamento adeguato io, docente, sto riducendo ciò che insegno a un tecnicismo e mi sfugge la cosa più importante, il nocciolo di ciò che insegno. E se sfugge a me che insegno perché i ragazzi dovrebbero essere interessati?” E introduce il concetto di “generazione”. “La trasmissione (nel senso latino) di un contenuto si identifica con l’esperienza che una persona vive” e la prima condizione è che la sintesi sia avvenuta prima in se stessi. Un soggetto genera qualcosa la cui sintesi è già avvenuta in lui stesso. L’avventura umana, che un insegnante compie con se stesso e con i ragazzi, rappresenta una possibilità costante di imparare gli uni dagli altri, questo è lo scopo e il compito della scuola. L’ultima domanda completa il cerchio: “gli adulti della scuola vivono spesso esperienze di contrapposizione e non di collaborazione. Per esempio i genitori e i docenti che si addossano vicendevolmente le colpe delle situazioni che vivono i ragazzi. Oppure, nella scuola, tutto si riduce a una “collegialità coatta” tra diversi soggetti estranei. Cosa significa vivere oggi una unità fra i docenti, i dirigenti, le famiglie, gli studenti, che sia utile a sostenere la crescita di un ragazzo nell’avventura della conoscenza?”Carròn richiama il proverbio citato da Papa Francesco: per educare un bambino occorre un villaggio. Il villaggio è uno sguardo unitario e non uno scaricabarile e la premessa di questa collaborazione è il desiderio di tutti di partecipare all’avventura dell’educazione. Sarebbe meglio che tutti decidessero di partecipare prima per se stessi per poi, insieme, aiutarsi ad una unità di giudizio sulla situazione reale che, sempre, chiede pazienza. E’ una collaborazione che si sostanzia prima di tutto nel guardare e poi nell’agire. Se riusciamo ad avere una percezione unitaria del compito e dello scopo della scuola, si determina consequenzialmente la necessità di un dialogo tra docenti, studenti, genitori dirigenti. Occorre coinvolgere tutti anche se questo sembra ci faccia andare più lenti. “Perdere il tempo prima” per non perderlo dopo e favorire la libertà e la responsabilità di ciascuno. La sfida è aperta. *Dirigente scolastico Istituto Superiore “Pascal” di Pompei TuttoscuolA n. 556 segue da pag. 9 con la quale ha interagito, ai comportamenti che determinano il tenore delle relazioni interpersonali che oggettivamente e soggettivamente intercorrono nella sua sfera privata e nell’ambiente di lavoro. Sì, perché quando si parla d’insegnamento si tratta di una professione ‘sociale’ dove a nulla vale possedere una tecnica perfetta da eseguire, né originale né tantomeno seriale, dove il ‘mestiere’ fatto della ricchezza dell’esperienza e dal sapere è frutto più della riflessione e della capacità di cogliere diversità e cambiamenti che non dalla meticolosa applicazione di metodi e paradigmi scientifici e/o esperti. Dove tanto valore hanno, possono o potrebbero avere, il confronto professionale tra pari e la riflessione condivisa: una pratica non certo scontata, che necessita di molteplici circostanze favorevoli per le quali, data la natura umana e le responsabilità in gioco, la competizione è il più temibile nemico. Questa rif lessione non ha nulla a che vedere con gli utilissimi rilievi nazionali e internazionali e con il confronto sui livelli di apprendimento… Ma, come fece l’INVALSI nel 2007, se dobbiamo valutare l’efficacia di un servizio pubblico, pagato con la contribuzione di tutti, dobbiamo prendere in esame e analizzare tutti gli aspetti dal clima all’organizzazione, il contesto stretto e allargato: dal singolo alla classe e alla scuola, dalla famiglia al territorio, per comprendere e migliorare, come il neonato sistema nazionale di valutazione (SNV) ci sta indicando. Altra cosa è la valutazione degli insegnanti, specialmente quando l’obiettivo è quello di una loro costante e generalizzata crescita professionale, una crescita che è indissolubilmente collegata a quella umana, alla capacità autocritica, alla riflessione e osservazione di risposte che coinvolgono l’emotività, la sicurezza e l’autostima della persona. I docenti di una scuola debbono saper condividere e collaborare e, insieme a tutto il personale della scuola, TuttoscuolA n. 556 costituire una comunità educante forte e capace di superare i muri dell’edificio scolastico. In questa prospettiva arriva una prima risposta: sono i 500 euro annui esentasse, dei quali ogni docente può disporre, da subito, per la propria autonoma esigenza culturale, di crescita professionale, di aggiornamento. Una presa di responsabilità da parte dell’Amministrazione che investe negli insegnanti, ‘sulla fiducia’, e che merita un’adesione responsabile e positiva, di giusta reciprocità. Tralasciando di affrontare approfonditamente la crisi che sta vivendo il nostro sistema educativo, non solo italiano, quale specchio di una crisi che ha investito tutta la nostra società, ricordiamo quanto dice l’Europa per “Il rilancio dello “spazio educativo e formativo europeo” che nell’ambito degli obiettivi strategici da conseguire entro il 2020 indica al secondo posto “Migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione” e individua “negli insegnanti le figure chiave per l’innalzamento della qualità dei sistemi educativi” chiamando gli Stati membri “a sostenere adeguatamente la formazione iniziale e continua dei propri docenti a tutti i livelli di istruzione e formazione, per assicurare un’offerta formativa che prepari gli studenti all’ingresso nel mondo del lavoro e contribuisca alla crescita della società.” Può essere utile, allora, ragionare formulando alcune domande che possono aiutare ad affrontare il tema della professionalità docente oggi, nella scuola buona e nuova della quale tanto si parla e si discute, perché non basta certo fare proprie le analisi che ci arrivano dall’Europa per perseguirne gli obiettivi. La prima domanda riguarda senz’altro la preparazione dell’insegnante, aspetto abbastanza trascurato finché l’insegnamento è stato inteso come un ‘travaso’ di conoscenze, soprattutto teoriche e di ‘contenuto’, nella convinzione che gli aspetti più propriamente formativi ne fossero una ‘naturale’ conseguenza e fidando sul fatto che l’aspetto educativo 17 INSEGNARE OGGI Politica scolastica INSEGNARE OGGI Politica scolastica fosse scontato, che ‘la scuola’ in quanto tale promuovesse quella ‘scolarizzazione’ socialmente accettata, condivisa da tutta la società. Ma oggi sono tante le certezze venute meno e dobbiamo spesso fare i conti con un’alta conflittualità tra scuola e famiglia, anche con gli stessi fruitori della scuola, con ragazzi che non sono certo docili né così disposti ad osservare le regole e le richieste che la scuola propone. Non serve forse una preparazione adeguata da parte dell’insegnante? È sufficiente che sappia rivolgersi ai suoi allievi o forse deve anche saper intrattenere un dialogo con i genitori? E quanto è in grado di considerare tutte le diverse esperienze culturali che oggi sono ampliate da una consistente presenza di immigrati? È questa un’azione che può intraprendere un singolo insegnante anche se non trova riscontro in altri e nel resto del personale della scuola? Ed è questa una competenza subito disponibile, alla conclusione del percorso formativo iniziale? In molti paesi europei ritengono di no ed hanno previsto una progressione di carriera e stipendiale! Educare richiede il saper condividere e stabilire alleanze all’interno e all’esterno delle mura scolastiche. Per formare ed aiutare a crescere si deve entrare in contatto con la persona in formazione, con la sua disposizione all’apprendimento per trovare i punti di contatto con il significato che questa dà alla propria crescita, sviluppo e progresso. Per istruire e trasmettere conoscenza ci si deve alleare all’allievo rispetto a precisi, chiari e condivisi obiettivi, da raggiungere attraverso contenuti che non è detto debbano essere sempre e per tutti gli stessi; che non sono per forza quelli posseduti dall’insegnante ma che hanno margini ampi di soggettività e discrezionalità. La tecnologia oggi lo 18 permette! Ci sono dei contenuti che è bene tutti posseggano? Quali sono? Perché? Che parte hanno nello sviluppo e nella formazione di un individuo? Quando e come debbono essere acquisiti e accertati? Sono entrati nel linguaggio degli esperti termini anglosassoni che a volte non corrispondono alla sostanza delle cose e che, a ben guardare, possono risultare inappropriati. È appropriato parlare nella scuola di ‘hard skills’ e ‘soft skills’? La scuola si occupa di fornire skills o è chiamata, tramite l’insegnante, ad un compito formativo più complesso? Non si chiede alla scuola di istruire nel senso più ampio? Quello che comprende l’educazione a 360 gradi? Che cura l’aspetto civico e del rispetto dell’altro nella sua diversità, il rispetto nella conoscenza dell’ambiente e della cultura a partire da quella territoriale e nazionale? O forse vorremmo che la sua funzione si limitasse all’istruire a svolgere un compito? Quale compito conosciamo che non restringa il sapere ad una specificità che ne esclude altre? Di cosa ha bisogno il mondo produttivo? Vuole persone che siano già informate della realtà lavorativa e sappiano eseguire i compiti individuati per le esigenze dell’oggi? O avrebbe bisogno di persone formate e capaci, ad ogni livello, di capire e andare oltre … per sé e per l’azienda nella quale operano? La società cosa vuole dalla scuola? Che svolga l’importante funzione sociale di educare cittadini e formare le risorse umane per il futuro? Che permettano al Paese di competere con il resto del mondo? Allora qual è il sistema educativo d’istruzione e formazione del quale ha bisogno? È per questo sistema che serve una chiara visione della professionalità del docente che non può prescindere dalla rif lessione sulle conoscenze e che possono mettere in grado l’insegnante di capire ed affrontare tanta complessità. E non dimentichiamo che la scuola deve essere un luogo accogliente e sereno, dove si cresce perché si sta bene. Abbiamo bisogno di risalire a monte delle questioni prima di affrontare consapevolmente e responsabilmente tutto il resto, dall’introduzione nella formazione dell’insegnante delle tecnologie, dei linguaggi multimediali, delle lingue straniere, dell’inclusione, dell’orientamento, della comunicazione, dei BES e tutto il resto; della conoscenza dei tanti e diversi metodi della didattica che ogni insegnante dovrà saper scegliere e utilizzare nelle diverse situazioni e circostanze, per incontrare le diverse esigenze che si troverà di fronte. Guardiamo al contesto internazionale, confrontiamoci, ascoltiamo l’Europa ma quello che c’è da fare dobbiamo saperlo noi, lo sappiamo e dobbiamo farlo sempre, senza aspettare che a suggerircelo siano i nostri competitori. *Docente scuola secondaria superiore TuttoscuolA n. 556 FINANZIAMENTI PON 2014-2020 CONTA SU CAMPUSTORE XXXDBNQVTUPSFJUQPO 5FDOPMPHJFFTPMV[JPOJJOOPWBUJWF QFSUVUUJJNPEFMMJEJBNCJFOUJEJEBUUJDJ "VMFBVNFOUBUF EBMMBUFDOPMPHJB -BCPSBUPSJ NPCJMJ 4QB[JBMUFSOBUJWJ QFSMBQQSFOEJNFOUP XXXDBNQVTUPSFJU JOGP!DBNQVTUPSFJU] BUUJWJTV.&1"BDRVJTUJOSFUFQBJU L’intervento di Massimo Di Menna UNA GERARCHIA CAPOVOLTA C i sono state leggi sulla scuola che hanno lasciato il segno: la legge Coppino che istituì l’obbligo della scuola elementare elevandone la durata a 5 anni, la legge Gentile sulla scuola superiore sopravvissuta a tanti cambiamenti, la legge istitutiva della scuola media unica obbligatoria. Poi tanti tentativi, tante buone intenzioni; la stessa legge sull’autonomia non ha trovato la prevista attuazione. Ora la legge sulla scuola del 2015 non ha certo entusiasmato, anzi direi che ha deluso; potremmo dire che è priva di ‘un’anima’. Nel corso della discussione parlamentare sono state evidenziate le tante criticità, in particolare da chi lavorando nelle scuole ne conosce la complessità e le difficoltà. Su questa base sono state formulate proposte chiare e concrete. Il Governo, decidendo di non tenerne conto, ha certificato il vulnus tra politica di governo e realtà scolastica. Questo è il dato più preoccupante. Ci sono criticità nel provvedimento, che vanno oltre le ragioni specifiche sindacali, sempre orientate al riconoscimento professionale, che riguardano le garanzie di pluralismo culturale, la libertà di insegnamento, quali elementi fondanti del valore della scuola pubblica. Le nuove sfide della globalizzazione sono impegnative soprattutto sul piano culturale. 20 Recentemente il Presidente della Repubblica Mattarella ha ricordato come l’Europa è addirittura troppo piccola, quindi non è la sola dimensione nazionale che ci consente di affrontare i nuovi e sempre più complessi problemi. Il processo riformatore deve collocarsi in ambito europeo. C’è anche una ragione economica che ci spinge alla dimensione politica europea. Demograficamente l’Europa rimpiccolisce. Le previsioni indicano che nel 2050 l’Europa rappresenterà il 7% della popolazione mondiale e il Pil sarà il 10% mentre era il 30% negli an n i sessant a. Il capitale immateriale, il sapere, saranno sempre più importanti e la scuola è sede fondamentale per dare una forte spinta al nostro paese, in sinergia con una vision tutta europea. La legge, in presenza di cambiamenti cosi importanti, sembra ripiegata su se stessa, intenta a dare risposte a mode nostrane. L’Italia è fanalino di coda nel rapporto spesa per istruzione e spesa pubblica, nella considerazione sociale e nelle retribuzioni degli insegnanti. Sono appena sfiorate questioni complesse ed importanti come la durata dei percorsi di studio, la essenzialità dei saperi intorno ai nodi fondanti della nostra cultura classica e scientifica, la modernizzazione delle metodologie didattiche, i premi al merito con piani di borse di studio, la dotazione di strumentazione e supporto didattico e di ricerca, la valutazione degli esiti formativi, la integrazione tra formazione, studio, lavoro, la modernizzazione dei nostri istituti tecnici, perno del nostro boom economico del secolo scorso, la piena conoscenza della lingua inglese, la effettiva alfabetizzazione informatica, la carriera degli insegnanti, la formazione di ispettori tecnici per le aree disciplinari e per gli aspetti di innovazione metodologica. Certo non è sufficiente elencare, ma nella legge di tutto ciò c’è appena traccia. Dopo tanti dibattiti si è tenuto un basso profilo inventando novità piuttosto bizzarre, come la valutazione degli insegnanti in capo anche a studenti e genitori, o la confusa scelta da parte del dirigente di alcuni insegnanti dagli ambiti territoriali. Poteva essere occasione per lanciare, come spesso ripete il Presidente del consiglio, la sfida dell’Italia a guidare sul campo culturale e scolastico, la nuova Europa, che non deve limitarsi ai vincoli di bilancio. Sul piano finanziario e della tenuta dei conti, stiamo svolgendo i compiti assegnati, in campo culturale e scolastico dovremmo avere ambizione e presunzione di assegnarli. Per questo occor re mobilitare le migliori energie,tante operanti nelle aule scolastiche,occorre TuttoscuolA n. 556 L’intervento coesione,occor re u na po litica di sostegno. Non saranno un po’ di ore in più di alternanza scuola lavoro, cosa positiva, a dare la scossa innovativa che serve. Penso a come la riforma della scuola media unica, dell’innalzamento dell’obbligo scolastico, fu accompagnata da una grande spinta intellettuale e popolare, nel rilancio di un paese piegato, che scommetteva sul futuro solido delle conoscenze,dell’istruzione, per non restare indietro. Oggi serve una scelta simile. La prospettiva positiva del miglioramento della qualità della vita poggia sulla cultura,sui giovani,sulla scuola. In tal senso una legge sulla scuola deve trasmettere opportunità, fiducia. Come recuperare è la vera questione politica; occorre recuperare in fretta. Anche in riferimento alla autonomia scolastica, che viene continuamente evocata, vedo un aspetto assolutamente conservatore. L’autonomia ha avuto un andamento zoppicante, e sui veri nodi, sulle criticità, la legge non innova, quindi non risolve. Il modello di governance della scuola è rimasto fermo ad una legge del 1974; il collegio dei docenti, il consiglio di istituto, sono regolamentati da norme nate per favorire quaranta anni fa la partecipazione, norme consumate dal tempo. Si potrebbero riempire pagine per spiegare le differenze, che stanno caratterizzando il nuovo secolo. Le scuole funzionano e continueranno a funzionare con nuovi modelli grazie ad insegnanti, dirigenti (presidi e direttori didattici), personale Ata. Tutti hanno dovuto rimboccarsi TuttoscuolA n. 556 le maniche e supplire ai ritardi di una classe politica che non è stata in grado di legiferare in materia. La questione assume rilevanza anche politica, se pensiamo che, finalmente, nella passata legislatura il Parlamento in commissione cultura aveva, con accordo tra maggioranza ed opposizione, caso assai raro, definito un testo che teneva positivamente in conto realtà della scuola e anni di dibattito ed approfondimento. Colpevolmente non fu portato ad approvazione ma lasciato in dote alla nuova legislatura. Su questo testo, conosciuto con il nome del presidente della commissione Ghizzoni, il Governo attuale ha fatto punto e a capo, non ne ha tenuto alcun conto. La legge ora approvata delega il governo. Bene, speriamo che, nel provvedimento, non si ricominci da capo. Hanno conservato una regolamentazione, che nacque per rispondere alla richiesta di partecipazione che veniva nella fine degli anni sessanta. Ma la conservazione è forte se guardiamo a come non è cambiato il ministero, fermo nel suo assetto amministrativo, giuridico, contabile. Non c’è traccia di quanto si pensò con l’autonomia (Berlinguer e Bassanini dovrebbero ricordarlo e testimoniarlo), la trasformazione del ministero in struttura di supporto, di monitoraggio con forte caratterizzazione tecnico professionale, in relazione alla centralità delle scuole, titolari di competenze formative, didattiche, di ricerca, titolarità rafforzata dalla norma costituzionale del nuovo titolo V. Sono esse, rafforzate in rete,la rappresentanza dello stato in materia di offerta formativa, la sede in cui comunità, realtà sociali, mondo professionale costituiscono una sorta di galassia, intorno a cui dovrebbe ruotare il sistema amministrativo, burocratico. Purtroppo la centralità della didattica, della cultura, del libero insegnamento, nella legge non è considerata; anzi si rafforza un sistema burocratico e gerarchico, secondo il modello verticistico: ai vertici il ministero, poi le direzioni regionali, poi i dirigenti scolastici (una sorta di mix di leader educativo, controllore, gestore dalla sicurezza alle graduatorie, soggetto di valutazione degli insegnanti di tutte le discipline, una confusione di ruolo che ne sta minando l’autorevolezza, costringendolo spesso ad essere un generico risolutore di problemi) poi alla fine gli insegnanti che svolgono invece la funzione centrale per cui la scuola esiste. Tutto questo rimane tale e quale con la nuova legge. Non mi pare di sbagliare dicendo che la nuova legge ha conservato, forse accentuato, le criticità che impediscono la autonomia. Rimane una gerarchia capovolta. Ho letto più volte il testo della legge, articolo unico con 212 commi, un testo che difficilmente può mobilitare energie. Anche per questo serve una revisione. Si superi la contrapposizione, non si difenda l’indifendibile, serve coraggio politico per rilanciare il bisogno di accompagnare la spinta innovativa necessaria al nostro paese con la condivisione. Ser ve u na scossa di modernizzazione, la scuola ha tante energie, esperienze, professionalità che possono esserne elemento trainante. 21 Politica scolastica I IL LAVORO BUONO l 13 ottobre 2015 presso l’I.T.I.S. Galileo Galilei l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio ha patrocinato un’iniziativa promossa dal CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale) in collaborazione con Tuttoscuola avente per tema “scuola e impresa: strumento per favorire opportunità lavorative?”. La questione su come viene insegnato il lavoro nelle scuole italiane, ed in altri sette Paesi (Germania, Usa, Brasile, Russia, Giappone, Cina e Turchia), può essere associata a due domande fondamentali: - cosa si intende per “lavoro”? di Dario Nicoli* occupazione, attività finalizzata ad uno scopo economico o manifestazione di una vocazione personale? - in cosa crede la scuola? La scuola propone agli studenti una prospettiva di vita in grado di suscitarne le risorse morali e spirituali e di renderne ragionevole l’impegno di studio e di vita? La lettura dei libri di testo, e dei materiali diffusi nelle scuole, in particolare quelli relativi a storia, educazione civica e materie di indirizzo tecnico professionali, ha portato ad un risultato deludente fatto soprattutto di stereotipi e dimenticanze. La prima riguarda il mancato inserimento nell’obbligo di istruzione della settima competenza di cittadinanza europea che recita “spirito di iniziativa ed intraprendenza”. Perché è accaduto? Forse perché richiama la parola “impresa” che suscita diatribe ideologiche? Ma l’imprenditore non è una figura centrale nella buona economia, quella capace di generare lavoro? In effetti, nei libri di testo non si parla mai di imprenditori, con l’unica lodevole eccezione Polizze assicurative: serve un progetto per tutto il sistema scuola di Paola Senesi* Di recente il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha avviato, presso le istituzioni scolastiche, una rilevazione delle polizze assicurative stipulate negli anni dal 2010 al 2015. L’obiettivo è quello di ricevere da ciascuna scuola ‘[…] indicazione […] della compagnia assicurativa che eroga il servizio, delle modalità utilizzate […] per la selezione, della possibilità […] di avvalersi di società di brokeraggio secondo una procedura di selezione’1. I dati, validati dal dirigente scolastico e poi trasmessi, saranno oggetto di verifica durante la prima visita utile da parte dei Revisori dei Conti, che dovranno attestare la coerenza di essi con le scritture amministrative e contabili della scuola. L’iniziativa può essere ritenuta senz’altro apprezzabile, laddove essa si ponga nell’ottica di esaminare, in tutta la sua complessità e varietà, la situazione nazionale in materia di assicurazioni integrative, stipulate dalle scuole. Al fine di giungere, poi, a un’auspicabile messa a punto di convenzioni e/o pacchetti di beni e servizi, che possano essere messi a disposizione delle istituzioni scolastiche per il relativo acquisto, mediante la Consip Spa (www.acquistinretepa.it) 2. Il motivo del predetto apprezzamento risiede nel fatto che le istituzioni scolastiche, spesso gravate da molteplici adempimenti con relativi conseguenti copiosi carichi di lavoro, sia per il dirigente che per il personale facente parte dell’ufficio della segreteria scolastica, potrebbero sentirsi confortate anche dal solo pensiero di poter risparmiare tempo ed energie, non dovendo porre in campo procedure tutt’altro che semplici, per realizzare una tutela assicurativa il più completa possibile, per sé e per tutte le componenti della comunità scolastica, oltre che nell’interesse dell’Amministrazione3. Per di più, di anno in anno, stante l’inammissibilità del ricorso all’istituto del tacito rinnovo nei contratti stipulati dalla pubblica amministrazione per la fornitura di beni e servizi.4 Tra gli adempimenti previsti dalle procedure ne ricordiamo (a titolo esemplificativo, ma non esaustivo) sommariamente alcuni, al fine di fornire una visione concreta della richiamata complessità. L’avvio della fase istruttoria comporta solitamente lo svolgimento di complesse indagini di mercato, oltre che di un’accurata riflessione sui rischi da assicurare, con il coinvolgimento del Consiglio di Istituto. Tale riflessione è di fondamentale importanza, visto che il contratto assicurativo è stipulato per conto terzi (con 1 cfr. Nota MIUR prot. n. 11694 del 28 luglio 2015, avente a oggetto Rilevazione Polizze Assicurative Stipulate dalle Istituzioni Scolastiche nel periodo 2010 - 2015, indirizzata alle istituzioni scolastiche e, per conoscenza, ai Revisori dei conti per il tramite della scuola e all’USR competente per territorio. 2 Come noto, la Consip Spa costituisce un’ulteriore procedura di acquisto a disposizione delle stazioni appaltanti, il cui presupposto giuridico è costituito dal combinato disposto dell’art. 33 del D. Lgs. 163/2006 e dell’art. 26 della Legge 488/1999. Per approfondimenti, si veda la Guida pratica per i contratti pubblici di servzi e procedure, volume I, Il mercato degli appalti, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Politiche di Gestione e di Sviluppo delle Risorse Umane, s.d. 3 Al riguardo, si vedano gli articoli di Riccardo Lancellotti: Nuove regole per una nuova dimensione culturale assicurativa, Tuttoscuola, n. 552, maggio 2015 e Assicurazioni scolastiche, Tuttoscuola, n. 554, settembre 2015 4 cfr. D. Lgs. 163/2006, art. 57, co. 7: ‘E’ in ogni caso vietato il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e i contratti rinnovati tacitamente sono nulli.’ 5 Le Regioni provvedono a stipulare un’assicurazione a favore delle scuole, per i soli rischi infortuni. Rimane esclusa la responsabilità civile. 6 In merito, si veda la Guida all’assicurazione, INAIL, Direzione Centrale Comunicazione, 2010. 22 TuttoscuolA n. 556 DARIO NICOLI IL LAVORO BUONO CULTURA ED ETICA DEL LAVORO IN ITALIA E NEL MONDO UNA PROPOSTA EDUCATIVA PER LA GENERAZIONE POST-CRISI IL LAVORO BUONO La rimozione nei libri di testo della scuola italiana del tema del lavoro come valore etico-sociale indica che dietro alla gravissima disoccupazione giovanile, una delle più delgrandi caso esclusionidi delleAdriano giovani generazioni Olivetti. dalla vita sociale cheCosì la storia ricordi, non vi è soltanto la crisi economica, ma un atteggiamento culturale, e di costume, di unadell’artigiasocietà che ha come non si parla mai ritenuto di sostituire al valore del lavoro – cioè della responsapubblica – la prospettiva dell’estetica dei consumi – quindi no,bilità una figura peraltro molto caridell’immagine pubblica del cittadino. ripresa economica esige una profonda revisione della propocaLastadi attrattiva per i giovani. educativa rivolta ai nostri giovani centrata sul “lavoro buono”,Vi è un’esperienza fondamentale per la piena realizzazione umana, di fornire alla persona l’occasione di mettersi in poiche ilconsenta caso della totale dimenticangioco mostrando il proprio valore distintivo in quanto soggetto aspettative degli primo altri. zacapace deidi rispondere santia bisogni del edlavoro, fra La pubblicazione è promossa dalla FEDERAZIONE CNOS-FAP, tutti Don Bosco e la sua straordil’organismo che coordina i Salesiani impegnati nell’ambito della Formazione Professionale, in collaborazione con TUTTOSCUOLA. naria opera educativa e sociale che Il volume è curato da Dario Nicoli, docente incaricato di socioloeconomica e delbuona lavoro pressoparte l’Università Cattolica Brehagia ispirato delledi scuole scia; è esperto di sistemi educativi e consulente di regioni, scuole ed enti di formazione professionale. professionali realizzate successivamente in Italia e nel Mondo. Questo quadro deludente presenta due sole eccezioni: il settore delle scienze umane e dei servizi alla persona ed alla comunità dove troviamo un apprezzabile approfondimento della deontologia professionale dei lavori di cura. Vi è inoltre il tema dell’alternanza, su cui torneremo in conclusione, un ambito nel quale l’attuale governo ha investito decisamente e che segnala un cambio Dario Nicoli Politica scolastica rilevante nel rapporto tra scuola e lavoro. La guida operativa appena emanata parla di valore educativo e formativo dell’esperienza di lavoro, anche se manca una riflessione adeguata ed il testo presenta soprattutto indicazioni organizzative e didattico valutative. Attorno alla il contributo delle famiglie) e ha lo scopo di integrare la copertura fornita da altre assicurazioni, per lo più obbligatorie, quali quella della Regione Lazio in relazione ai soli infortuni5 e quella dell’INAIL6 per infortuni derivanti dalle attività rischiose svolte con l’utilizzo (anche in via transitoria) di macchine, apparecchi e impianti ovvero da attività che, per loro natura, esprimono un elevato grado di pericolosità anche se svolte senza l’utilizzo di macchine, apparecchi ed impianti (queste ultime sono comunque soecificatamente indicate in apppositi elenchi). Completata la fase istruttoria, occorre dunque procedere all’elaborazione e all’emanazione del bando, che di solito è accompagnato da un capitolato tecnico, la cui definizione può risultare particolarmente complessa per una struttura “tuttologa” (sotto il profilo amministrativo e giuridico) come quella scolastica, all’interno della quale, spesso, non sono presenti specifiche competenze in materia. Per la stessa ragione, altrettanto complessa può risultatre l’individuazione della commissione di gara, dal momento che in essa occorrerebbe fossero presenti degli esperti, in grado di procedere sia alla verifica dell’adeguatezza e della completezza della documentazione richiesta agli offerenti, sia di effetttuare il dovuto raffronto tra le offerte pervenute, con riferimento ai criteri esplicitati nel bando e con l’adozione di specifiche formule atte a identificare l’offerta più vantaggiosa e/o quella più economica. Senza considerare un altro elemento di complessità presente all’interno della procedura, costituito dal rischio di contenzioso, nascente, talvolta, da puro spirito di rivalsa e mancante di elementi a supporto. Contenzioso, peraltro, che scaturisce anche successivamente all’espletamento della gara, allorché, stipulato il contratto, a seguito di eventi dannosi per la salute delle persone, pervengono richieste risarcitorie da parte di famiglie, e anche di docenti. Pensiamo, dunque, a TuttoscuolA n. 556 presentazione, da parte dell’autore Dario Nicoli, del volume “Il Lavoro Buono. Una proposta educativa per la generazione post-crisi” (edizione CNOS-FAP e Tuttoscuola, 2015), si sono svolti molti interventi, il cui denominatore comune è stato l’urgenza di un profondo raccordo tra mondo educativo e mondo del lavoro. Il dibattito sul libro è stato aperto da Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola e moderatore dell’incontro, che ha ricordato i dati, per molti versi allarmanti, di una ricerca Ipsos, dalla quale risulta che quasi un ragazzo su tre ritiene che il modo più efficace per trovare lavoro sia quello delle conoscenze personali e delle raccomandazioni. Carlo Cipollone, dirigente scolastico dell’istituto quanto un tale percorso possa risultare oltremodo gravoso per il personale scolastico tutto, specie in questo particolare momento storico, che pone sempre di più in primo piano la necessità di far fronte a esigenze educative e didattiche, senza dubbio prioritarie, oltre che a impegni anche amministrativi derivanti dall’attuazione degli importanti nuovi e complessi processi di innovazione in atto (a titolo esemplificativo: autovalutazione; attuazione della legge 107/2015; elaborazione e realizzazione, in prospettiva, del piano dell’offerta formativo triennale, che impone lungimiranza e possibilità di accurata riflessione). Pensiamo, invece, a quanto potrebbero essere agevolate, almeno nell’ambito di questa specifica materia, laddove il nostro Ministero fornisse un supporto concreto, magari proponendo convenzioni e/o beni e servizi da acquistare. Un’opportunità questa, che le scuole, nella loro autonomia, potrebbero cogliere, con vantaggi sotto il profilo del recupero di energie e tempo del personale della scuola (in particolare del dirigente e di tutti coloro che fanno parte della segreteria scolastica). Che potrebbe in tal modo concentrarsi sulle altre priorità, con conseguente guadagno per la qualità dell’istituto e, in prospettiva, del sistema di educazione, formazione e istruzione. Naturalmente bisogna ricordare che l’ottimizzazione delle risorse umane e professionali rappresenta un investimento rilevante all’interno di una comunità, sia essa locale, nazionale o sovranazionale. Pertanto, ogni sostegno utile per sostenere il lavoro delle istituzioni scolastiche - chiamate a gestire il servizio di educazione, istruzione, formazione all’interno del più vasto sistema nazionale - non può che contribuire a fare in modo che esse adempiano al meglio ai propri compiti e valorizzino la loro funzione sociale, secondo il dettato costituzionale. *Dirigente Scolastico IIS “G. Carducci” Roma 23 Politica scolastica ospitante l’incontro: il testo arriva nel momento più giusto, a cavallo di una crisi che ha condannato una parte dei giovani nel limbo della segregazione sociale. Nonostante l’allarme derivante dai dati drammatici sulla dispersione, sui Neets e sulla disoccupazione, la questione dei giovani è assente dall’agenda politica. Occorre invertire questa tendenza, soprattutto perseguendo un patto tra famiglia, scuola e territorio sull’orientamento connesso al percorso di formazione e di crescita dei giovani superando la diffidenza delle imprese nei confronti degli studenti. Angelo Petroni, professore ordinario università “La Sapienza” di Roma, Segretario generale dell’Aspen Institute: il testo affronta il lavoro come una categoria che va oltre la dimensione economica per affrontare quella morale, filosofica e metafisica. I lavori sono tali perché indicano un agire rivolto a qualcun altro in cambio di una remunerazione. Il lavoro si definisce quindi entro una rete sociale di scambi definiti dal mercato che, da duecento anni ad oggi, assume la forma prevalente del capitalismo. Va affrontato il problema del rapporto disarticolato tra lavoro e studi. Spesso i giovani non hanno idea delle scelte che compiono e ciò comporta una distruzione di capitale umano. È questo il caso delle lauree generiche, quelle che escludono a priori la prospettiva dell’industria e sono frequentate da una massa di studenti che impara poco, senza connessione con l’economia. Esistono però segnali di inversione di tendenza dalla “condizione signorile”, come nel caso dei cuochi. Occorre un orientamento che sappia persuadere, rispettando la libertà di scelta di ciascuno; serve un raccordo più stretto tra mondo della scuola, università ed impresa, senza imporre scelte drammatiche come avviene invece nel modello tedesco. Raffaele Morese, segretario generale associazione nuovi lavori: la carenza nei libri di testo in 24 tema di lavoro indica una mancanza grave; questa può essere legata all’idea di autonomia della cultura, una pecca del ‘68 che per altri versi ha rappresentato un’esperienza straordinaria. Occorre combattere l’idea che la scuola costituisca un fortino, per metterla in comunicazione con il resto del mondo. Oggi serve soprattutto la scelta di fare dell’alternanza un sistema stabile. L’analisi dei sette Paesi mostra che c’è lavoro buono dappertutto, anche tenendo conto della varietà di culture e di religioni. Per la crescita della società occorre far prevalere il lavoro buono; questo è tale se è “decente”, esito di buone leggi e buoni contratti, così da eliminare i rischi di sfruttamento e di scarsa professionalità. È preoccupante il fatto che il 40% degli studenti cambierebbe la scelta fatta all’inizio, ciò indica una gioventù spaesata, frustrata nelle sue aspettative. La scuola può contribuire alla crescita della società raccontando bene la realtà del lavoro, frequentando il mondo dell’impresa e delle professioni, infine adottando strumenti idonei per la scelta degli studi degli studenti. Gildo De Angelis, Direttore Generale dell’USR Lazio, ha affrontato le ricadute della Legge 107 “La Buona Scuola” con particolare attenzione al potenziamento dell’offerta formativa secondo la normativa vigente e ai poli tecnicoprofessionali. In particolare, De Angelis si è soffermato sui tempi e i modi della cosiddetta fase C del piano di assunzioni della Legge di riforma della scuola, e sulle modalità di ricerca delle partnership per l’alternanza scuola-lavoro. Conclude l’incontro Don Mario Tonini del CNOS-FAP: il lavoro, nonostante le dimenticanze del passato, è un tema che incontra una sensibilità crescente; è però necessario affrontarlo nel giusto modo, vale a dire nella prospettiva educativa. Il rapporto scuola-lavoro non va ridotto esclusivamente alla dimensione organizzativa, ma richiede uno sguardo pedagogico; ciò significa essenzialmente offrire ai giovani la possibilità di un io a cui rivolgersi, un incontro umano in grado di trasmettere passione per la vita. Inoltre, non va associato esclusivamente all’istanza occupazionale, una dimensione importante, ma assolutamente non sufficiente poiché occorre una proposta antropologica in grado di sollecitare la crescita integrale dei giovani. Infine, esso non va ridotto a mera conoscenza: una corretta educazione al lavoro richiede di dare vita ad un grande cantiere, gestito in collaborazione tra la scuola e le realtà con cui questa si allea, fatto di occasioni di partecipazione e di impegno operoso ed intelligente dei giovani alla vicenda della comunità. *Professore Universitario TuttoscuolA n. 556 La scuola vista da... Telecom Italia|TIM IL FUTURO FIRMATO TELECOM ITALIA . La sinergia con Alfabook, la nuova società acquisita in TI Digital Solutions, consente di offrire alla scuola italiana un pacchetto di servizi innovativi accessibili via web L’innovazione nel settore Education firmata Telecom Italia|TIM: Kit Scuola Digitale e Scuolabook Network Kit Scuola Digitale è l’offerta di Telecom Italia|TIM che accompagna la scuola nel percorso di innovazione didattica e infrastrutturale. Il progetto è stato reso possibile grazie alla recente acquisizione in TI Digital Solutions (Gruppo Telecom Italia) di Alfabook, una delle principali aziende nazionali nell’ambito delle tecnologie didattiche, che opera nel settore dell’editoria digitale, professionale e trade. Il know how di Alfabook e le competenze maturate negli anni, in particolare nei servizi a supporto della didattica, nella realizzazione e gestione di piattaforme ecommerce specifiche per il mondo scolastico e nella distribuzione di contenuti per l’editoria in formato eBook tramite il sito proprietario Scuolabook.it, consentono oggi a Telecom Italia|TIM di rafforzare il proprio ruolo innovativo nel settore Education a livello nazionale. Kit Scuola Digitale è l’offerta integrata di servizi per le scuole, quali wi-fi, registro elettronico e Scuolabook Network, accessibili tramite un unico portale-vetrina. In particolare, la piattaforma Scuolabook Network è l’ambiente interattivo flessibile che si adatta alle nuove esigenze della didattica digitale. Si tratta di un servizio web che necessita solo di un browser e di un collegamento ad Internet e che comprende un mondo di applicazioni pensate per essere utili all’insegnamento. Non è richiesta dunque l’adozione di un metodo http://www.scuolabook.it/network http://nuvolaitaliana.impresasemplice.it/kitscuoladigitale TuttoscuolA n. 555 formativo specifico, ma gli strumenti di Scuolabook Network vengono proposti come arricchimento alle attività didattiche, sia in classe che fuori. I docenti possono organizzare corsi ed esercitazioni direttamente online invitando gli studenti a partecipare alle attività di studio sia in maniera individuale che di gruppo, durante le lezioni o a casa, ampliando così gli orizzonti della didattica anche fuori dall’aula. Scuolabook Network è nativamente integrata con la libreria di Scuolabook per docenti e studenti, permettendo attività di social reading, condivisione di appunti e note sui testi con il resto della classe e apprendimento collaborativo. Gli strumenti messi a disposizione da Scuolabook Network richiamano quelli comunemente utilizzati su Internet: email, blog, social network, forum di discussione. I docenti non devono imparare a utilizzare, né insegnare, da zero nuovi servizi digitali, ma possono fare leva sull’esperienza propria e degli studenti per applicarle a strumenti sicuri sui quali hanno il controllo diretto. Scuolabook Network si propone come il social network della didattica, una soluzione al passo coi tempi, che parla lo stesso linguaggio degli studenti e che porta nella scuola italiana l’Education Technology, al servizio della formazione delle nuove generazioni. 25 VISTO DALL’ESPERTO di Benedetto Vertecchi Interpretazioni virtuali, allievi reali S i direbbe che molti dei politici, degli esperti, degli opinionisti che dispensano la loro sapienza sulla scuola non abbiano dei destinatari reali dell’educazione formale un’idea più precisa di quella che Cristina di Svezia o i letterati che si riunivano in San Pietro in Montorio avessero della pratica della pastorizia. Ormai non ci si preoccupa più di capire i problemi che si presentano nel percorso educativo di bambini e ragazzi, ma si fa riferimento a oggetti virtuali: le scuole di cui si parla non sono istituzioni volte a educare, ma centri in cui hanno luogo ritualità apprezzate dal mercato, la categoria iperonima in nome della quale si perviene a definire le scelte che avranno conseguenze non solo nell’immediato, ma soprattutto nei prossimi decenni. Si pretende di innovare nella didattica, nell’organizzazione delle scuole, nelle dotazioni che sostengono le proposte di apprendimento, e si dà per scontato che ai cambiamenti seguiranno i benefici che ci si preoccupa di annunciare, ma non di dimostrare. Ormai siamo immersi in una corsa insensata, che vede cambiamenti continui di percorso: cambiare è la condizione perché non si stia troppo a sottilizzare su ciò che era stato annunciato in precedenza. L’ossessione con la quale il verbo è usato ne fa apparire, se solo si presta attenzione alle situazioni entro le quali se ne individua il significato, le implicazioni ideologiche: c’è bisogno di cambiare per continuare a disegnare scenari virtuali, senza essere turbati dalla necessità di dimostrare ciò che si afferma, né 26 di giustificare le scelte che ne derivano. Il fatto è che, se gli scenari presi come argomento sono virtuali, gli interessi che si assecondano all’ombra di quegli scenari non potrebbero essere più reali. E non mi riferisco qui ai piccoli affari che fanno acquisire alle scuole, coi pochi mezzi di cui dispongono, dotazioni che debbono essere sostituite prima che una leva di allievi abbia completato un ciclo scolastico, per lo più a tutto danno di altre dotazioni che qualificherebbero in modo ben più impegnativo l’ambiente di apprendimento (penso agli spazi dedicati, ai laboratori per le esperienze scientifiche, alle collezioni, alle biblioteche di cui si è predicata l’esigenza che fossero dematerializzate, con l’unico risultato di mettere in ginocchio l’industria editoriale e di aver accresciuto la dipendenza della nostra cultura dalle centrali globalizzate del pensiero unico e via seguitando), ma alle implicazioni che l’estenuazione della capacità delle scuole di elaborare e proporre una cultura proiettata ai tempi lunghi ha sulle trasformazioni in atto nella stratificazione sociale. Vale la pena di ricordare che il grande sviluppo della scolarizzazione che ha caratterizzato la vita sociale negli ultimi due secoli aveva prodotto una vistosa espansione delle classi intermedie, che comprendevano quanti svolgessero attività qualificate corrispondenti a un buon livello di cultura simbolica. Negli ultimi decenni abbiamo assistito al ridursi, fino all’estinzione, di figure professionali in precedenza apprezzate, come quelle dei tipografi compositori, dei tecnici di camera oscura, dei contabili eccetera. Sono, invece, cresciuti gli addetti ad attività di livello più modesto, rovesciando, spesso, la relazione che prima intercorreva tra il lavoro umano e le macchine: in troppi casi chi si serviva di macchine per svolgere meglio il suo lavoro è ora impegnato per far lavorare al meglio le macchine. Non sto, tuttavia, ricordando questi fenomeni perché attratto da suggestioni luddiste. Quel che mi sembra debba essere notato è che c’è una concomitanza tra le difficoltà che stanno incontrando gli strati intermedi delle popolazioni dei paesi industrializzati (uno studioso dell’MIT, Tyler Cowen, è arrivato a intitolare un suo studio Average Is Over, ossia La classe media è finita) e la riduzione dei repertori conoscitivi stabili che la grande maggioranza degli allievi acquisisce attraverso la fruizione di educazione formale. Poiché la durata dell’educazione formale ha raggiunto un’estensione ragguardevole, che non sarebbe ragionevole sia ancora dilatata, almeno nella forma sequenziale, la minore densità delle proposte di apprendimento fa riscontro alla crescita di una funzione di custodia: le scuole sarebbero interpretate come grandi contenitori dell’infanzia e dell’adolescenza. Gli allievi concorrono a realizzare disegni di mercato per la capacità di spesa di cui dispongono, direttamente o indirettamente, tramite la pressione che sono in grado di esercitare sui genitori. Al diminuire della consistenza della classe media, e al parallelo spostarsi dei riferimenti per l’educazione scolastica da traguardi TuttoscuolA n. 556 VISTO DALL’ESPERTO di lungo periodo all’acquisizione di competenze funzionali a strumentari da usarsi per un rapido, ma transitorio, inserimento in attività produttive, fa riscontro il ritorno, nei paesi industrializzati, ad una stratificazione sociale nella quale la frazione più consistente è quella di condizione più modesta. Si può temere che la capacità di scrivere, che è stata all’inizio dei cambiamenti nei rapporti sociali che si sono avuti in Europa negli ultimi secoli, torni ad assumere, ma questa volta in negativo, il valore di un riferimento critico. I sistemi educativi, non solo quello italiano, stanno perdendo la funzione di miglioramento non solo della cultura, ma delle condizioni di vita delle popolazioni. Tale funzione è stata rilevante fin quando le logiche cui i sistemi erano ispirati erano prioritariamente educative. Ma negli ultimi decenni quelle logiche sono state progressivamente sostituite da altre, ispirate alla cosiddetta “cultura organizzativa”. La proposta d’istruzione è stata frammentata in tessere da mosaico, l’immagine degli insegnanti è stata svilita sul piano culturale e su quello professionale, sono stati eretti simulacri, come quello della valutazione di tutti e di tutto, senza avere a disposizione modelli interpretativi di qualche spessore. O, meglio, alla base delle modifiche che si sono introdotte nel sistema educativo c’è un’idea, anche se a mio giudizio aberrante, quella che si possa progettare l’educazione sulla base della riduzione ai valori intermedi di un certo numero di variabili. La scuola è cresciuta quando si è proposta di raggiungere traguardi che spingessero al superamento di un livello intermedio. Non che ciò comportasse che tale livello fosse realmente TuttoscuolA n. 556 superato, ma questo porre l’asticella in una parte alta della distribuzione dei risultati aveva comunque un’implicazione positiva, quello di impedire effetti perversi di avvitamento verso il basso. Se l’asticella è collocata in una zona centrale della distribuzione dei risultati educativi, si ha come prima conseguenza un aumento dell’incertezza circa ciò che positivo e ciò che non lo è (nella zona centrale si concentra, infatti, il massimo degli errori di valutazione) e, come seconda, l’attenuazione delle attese, che trascina con sé scelte didattiche meno impegnative perché orientate al conseguimento di traguardi più modesti. I livelli centrali sono stati considerati ossessivamente come termini obbligati di riferimento da quando nella valutazione dei sistemi scolastici la comparazione dei livelli di apprendimento è diventata il criterio più importante. Eppure ci sono aspetti della realtà educativa che dovrebbero quanto meno far dubitare di ciò che emerge dalle comparazioni. Intanto, conviene ricordare che nel 1987 in un libro di Allan Bloom (The Closing of the American Mind, Simon & Schuster, New York) si formulava l’ipotesi che una parte cospicua degli adulti stesse perdendo l’uso del linguaggio alfabetico. Una prima rilevazione confermava questa ipotesi per gli Stati Uniti e il Canada. Rilevazioni successive accertavano che il fenomeno investiva, ove più ove meno, gran parte dei paesi industrializzati. Ma quel che oggi meriterebbe di essere attentamente considerato (mi chiedo, fra l’altro, come sia possibile che un fenomeno così grave non sia considerato quando si comparano i risultati di apprendimento) è che la disabitudine alla scrittura, con quel che ne consegue dal punto di vista dello sviluppo (dovrei dire del mancato sviluppo) delle competenze verbali, si presenta sempre più precocemente. Già nella scuola elementare è possibile osservare che non sono pochi gli allievi che tracciano penosamente i segni alfabetici. Il primo segnale cui dovrebbe prestarsi attenzione è la perdita della capacità di scrivere in corsivo, cui si accompagnano crescenti incertezza ortografiche (che è difficile non collegare, almeno in parte, all’uso dei telefonini). Una ridotta capacità di scrivere (e un peggioramento della qualità del linguaggio, certo non compensata da qualche stentata parola in inglese) non riguarda tutti i bambini e i ragazzi, ma è funzionale a quella ridistribuzione delle classi sociali alla quale prima facevo riferimento. Non è un caso che nei paesi in cui il sistema educativo non si caratterizza in senso unitario, com’è ancora nel nostro (ma per quanto?), le scuole frequentate da allievi appartenenti a strati favoriti della popolazione fruiscono di un’istruzione fondata sullo sviluppo di repertori simbolici. In conseguenza, si accresce il divario tra gli allievi. In Italia qualcosa di analogo si sta tentando di fare comparando i risultati delle scuole, con la copertura ideologica del richiamo a una meritocrazia rusticana. Propongo di invertire questa deriva: torniamo a far scrivere in corsivo i nostri bambini e i nostri ragazzi, proponiamo soluzioni che sviluppino il coordinamento fra l’attività mentale e quella manuale, preoccupiamoci di accrescere il lessico di cui dispongono. Non si tratta solo di migliorare per tutti la qualità dell’apprendimento, ma di riprendere quel cammino virtuoso che in 150 anni di storia unitaria era stato determinante per il progresso del nostro Paese. 27 Politica scolastica Le criticità della mobilità studentesca all’estero nell’era della globalizzazione Una scuola senza confini, ma senza rischi… I mmaginiamo un giovane pieno di talento, di curiosità e di interessi. Immaginiamo lo straordinario effetto che potrà avere su di lui/lei un’esperienza di studio in un Paese straniero, che sia in Europa o al di là del mondo, per un tempo di tre, sei o addirittura dodici mesi: farà incontri importanti, migliorerà le capacità di adattamento e di relazione, acquisirà competenze linguistiche invidiabili, apprenderà contenuti disciplinari che – probabilmente – nella scuo- di Irene Baldriga* la di provenienza neppure appartengono alla programmazione più coraggiosa e innovativa. Tornerà diverso e più maturo, forse più sicuro e versatile. In questo scenario entusiasmante, quale genitore – pur a costo del sacrificio di allontanare il proprio figlio dal nido familiare per un tempo così prolungato – non accarezzerebbe l’idea? L’opportunità di integrare nel percorso di studi della scuola secondaria superiore un periodo di scolarizzazione all’estero è divenuta sempre più praticata dalle famiglie, specialmente in determinati indirizzi di studio. Gli studenti hanno la possibilità di recarsi presso scuole di pari livello, assolvendo in tal modo l’obbligo di frequenza e gli impegni di studio previsti dagli ordinamenti scolastici. Il problema, soprattutto Se prevale la disaffezione per l’università… di Fabio Matarazzo è ormai innegabile: l’Università rischia di non appassionare più i nostri giovani e le loro famiglie. Non è una sensazione episodica ma un’analisi della progressiva diminuzione delle iscrizioni nei nostri atenei. E’ una constatazione triste e molto preoccupante. “Il segnale ignorato che viene dalle Università” è il titolo dell’editoriale del ‘Corriere della Sera’ del 3 settembre con il quale Maurizio Ferrera richiama giustamente l’attenzione e la responsabilità politica su una dinamica giovanile che se non convenientemente e tempestivamente contrastata rischia di rivelarsi ben presto irreversibile ed esiziale per il nostro Paese. Diminuzione dei laureati ed emigrazione dei migliori di essi all’estero per ricercare occasioni remunerative e gratificanti di impegno, possono relegare la nostra economia e il nostro Paese in una tenaglia nella quale schiacciare aspettative e speranze per il futuro. Sono diverse le ragioni che di solito si adducono per spiegare questo fenomeno ma non tutte sembrano convincenti e risolutive. Di certo sembra venuto definitivamente meno l’entusiasmo che accompagnò, nei primi anni ’70, l’apertura generalizzata delle Università a tutti i diplomati delle scuole secondarie. Si superava in tal modo l’elitarismo gentiliano della esclusiva provenienza liceale, tradizionalmente privilegiata economicamente e socialmente, e si avviava un opportuno ampliamento e rinnovamento della platea della futura classe dirigente. Una novità non da poco, anche se non sempre, alla prova dei fatti, ha ottenuto quella risposta adeguata ed efficace 28 dalle strutture accademiche necessaria per raggiungere l’obiettivo per il quale era stata concepita. Ciò nonostante, quell’evento ha caratterizzato un salto di qualità della nostra democrazia repubblicana che spiace oggi vedere avvilirsi per il venir meno di quell’entusiasmo, quelle aspettative e quelle speranze che indussero ragazzi e famiglie ad affrontare sacrifici, a volte assai pesanti, pur di salire sull’ascensore sociale garantitodall’Università. Vi era la consapevolezza di avviarsi ad un percorso impegnativo e difficile ma in grado di condurre ad un risultato utile e gratificante. Quanti, giunti oggi ai massimi livelli di responsabilità economica, sociale e culturale del nostro Paese, ricordano con nostalgia quei tempi e quegli affanni, sottolineando la soddisfazione di aver fatto cosa buona e giusta e di averla fatta, con il necessario entusiasmo, non soltanto per il proprio interesse individuale. E’ un aspetto, quest’ultimo, sul quale non si riflette forse abbastanza quando ci si rapporta a questo argomento. Non si è di fronte soltanto ad un disagio o un danno individuale con i quali fare i conti per le scelte recalcitranti o rinunciatarie dei nostri ragazzi. Non possiamo trascurare, infatti, anche l’impoverimento, drammatico, nel tempo dell’economia della conoscenza, dell’intera società. Il livello di istruzione, sanno bene i lettori di questa rivista, influisce in misura assai positiva sulla partecipazione democratica consapevole e sulla stessa coesione sociale; sulle condizioni di vita e di consumo di beni e servizi di qualità e sulla capacità di produrli innovando processi e metodi di realizzazione. Insomma, grado di istruzione e benessere sociale, inteso in senso lato, e non limitato alla TuttoscuolA n. 556 Politica scolastica per le scolarizzazioni di un anno, deriva dalla corrispondenza dei piani di studio e dalla impossibilità di garantire percorsi paralleli tra la scuola di provenienza e quella straniera. Se è vero che la possibilità di seguire discipline diverse, magari con strategie didattiche e in contesti di apprendimento anche molto distanti da quelli praticati in Italia, costituisce uno dei principali fattori attrattivi di questo tipo di esperienza, è anche verissimo che il superamento di un anno scolastico – ovvero l’ammissione all’anno scolastico successivo – comporta nel nostro Paese l’acquisizione di saperi e competenze precisi, considerati prerequisito per affrontare la classe di livello superiore. Come garantire a tutti lo stesso trattamento, senza negare al contempo la possibilità di realizzare il sogno di una scuola senza confini? Come noto, nel 2013 il Ministero dell’Istruzione ha varato delle Linee di Indirizzo sulla Mobilità Studentesca. In esse, si ribadisce che le esperienze all’estero sono riconosciute a livello ordinamentale e che le scuole sono invitate a facilitare i percorsi di mobilità e persino a definire “nel caso di studenti con giudizio sospeso in qualche materia, procedure idonee a pervenire allo scrutinio finale prima della partenza per il soggiorno di studio o formazione all’estero”. Per quanto riguarda la fase di rientro dall’estero la scuola ha il compito di verificare – nell’ambito del consiglio di classe – l’esito “globale” del soggiorno di studio, sulla base della documentazione fornita dalla scuola straniera, ma è “escluso che la scuola possa sottoporre l’alunno ad un esame di idoneità” come è previsto in altre situazioni. Purtroppo, le difficoltà che emer- misurazione del PIL, vanno di pari passo e non si può pensare di ottenere risultati apprezzabili dal punto di vista economico e sociale, senza porre attenzione alla creazione e trasmissione della conoscenza in tutti i suoi aspetti e settori. E’ dunque deleterio l’appannarsi, nei ragazzi, della propensione a raggiungere i vertici della formazione accademica attivandosi coerentemente! Ma per rinvigorire una spinta che sembra prossima ad esaurire la sua capacità inerziale, non bastano le belle parole, anche se scritte in testi normativi. Serve la trasmissione di immagini nuove e diverse dalle attuali dell’Università, delle sue prospettive, della sua utilità. E’ proprio la mancanza di un’immagine nitida e corrispondente alle mutate condizioni di contesto e di comportamento dei nostri ragazzi che, a mio avviso, sembra determinare la delusione e il disincanto nei confronti dell’istruzione superiore di cui stiamo prendendo atto. Le scelte attuali dei giovani sono sempre più lontane da quelle che hanno determinato l’assetto tradizionale delle università. Se il ruolo di queste ultime non è più sufficientemente apprezzato, non possiamo ritenere sia soltanto colpa di un’aggressione mediatica, intesa ad esaltare, oltre misura e oltre ragionevole generalizzazione, i pur miserabili episodi che troppo spesso abbiamo occasione di constatare. C’è di più, credo, se l’investimento nella formazione universitaria non è valutato redditizio e però si è disposti a spendere in corsi di formazione aziendali, extra curricolari, a distanza, finalizzati ad obiettivi più diversi ma in grado, comunque, di risultare attrattivi per i ragazzi, sedotti da nuovi metodi di formazione per la loro crescita culturale e professionale. Le novità della rete e l’utilizzo TuttoscuolA n. 556 gono nel momento della valutazione e della acquisizione dei documenti inviati (spesso con grave ritardo, in lingua straniera, con sistemi di valutazione molto diversi dai nostri e persino con formulazioni incomplete) sono in qualche caso notevoli. Soprattutto, risulta molto problematico stabilire una corrispondenza tra percorsi di studio a volte del tutto contrastanti per orientamento e ispirazione, per cui molte discipline risultano alla fine non valutate e non valutabili. L’esperienza della mobilità studentesca può essere straordinariamente efficace e positiva, sotto tutti i punti di vista, nel contesto di operazioni di gemellaggio tra scuole e in situazioni di reciprocità (cioè quando al soggiorno di uno studente italiano in una determinata scuola straniera ne corrisponde uno, più o meno contestuale, di quella stessa scuola stra- delle ormai variegate forme di insegnamento che consente; l’esperienza dei MOOC, sui quali ci siamo già soffermati nei numeri precedenti, dovrebbero farci riflettere su alcune caratteristiche del nostro tipico impianto didattico universitario che potrebbero risultare obsolete. Nel mondo di internet, nel quale si ha agile e aggiornato accesso a tutte le possibilità di conoscenza, da quelle più scientifiche e vagliate a quelle più banali e fuorvianti, quale senso può darsi ancora alla lezione frontale del docente? La sua funzione può concentrarsi tuttora sulla trasmissione di una conoscenza agevolmente reperibile ‘aliunde’, in modo esaustivo e assai autorevole? Non risulterebbe più idonea una discussione critica sulle acquisizioni già disponibili per razionalizzare la pluralità delle fonti e la quantità delle informazioni che ne derivano? Non sarebbe più proficuo, sia per il docente che per l’allievo, sottoporre ad esame e a valutazione critica i risultati dell’insegnamento a distanza, impartito attraverso i MOOC, dai più accreditati e autorevoli cultori di una disciplina? E dall’esperienza di questi corsi non sarebbe opportuno mutuare la possibilità, concessa a chi vi si iscrive, di scegliere gli insegnamenti o i moduli che più ritiene interessanti e, all’esito di un serio e severo esame, farsi certificare il risultato e utilizzarlo per un curriculum da costruire progressivamente in relazione a interessi ed obiettivi che possono essere diversi e lontani da quelli tradizionalmente organizzati da corsi di laurea mirati a professionalità o impieghi dei tempi passati? Non sono proposte e tanto meno soluzioni! Sono provocazioni per indurre l’avvio di una riflessione su un fenomeno che abbiamo definito “triste” e che merita di essere contrastato subito e in maniera decisa prima che divenga irreversibile. 29 Politica scolastica niera nell’istituto italiano). Questo avviene spesso e con risultati eccellenti negli indirizzi internazionali (ad esempio nel percorso ESABAC o nell’indirizzo internazionale spagnolo), dove oltretutto è possibile definire un autentico parallelismo e una certa equivalenza nell’impostazione dei contenuti disciplinari, fatte salve alcune inevitabili e positive specificità. Altrettanto interessante può essere la soluzione di convenzioni e accordi bilaterali con scuole straniere, peraltro garantendo un processo trasparente di riconoscimento del merito nell’individuazione degli studenti che scelgono il percorso di mobilità all’estero. In questi scenari, la scuola riesce effettivamente a predisporre canali di apprendimento e programmazioni ispirati al principio della personalizzazione, monitorando i progressi dei propri studenti in mobilità e stabilendo un proficuo rapporto di collaborazione con l’istituto accogliente. Più difficile e problematico è il sistema delle scolarizzazioni attuate “privatamente” dalle famiglie, avvalendosi cioè della mediazione di agenzie e di organizzazioni specializzate che – solitamente a fronte di quote di iscrizione molto elevate – si occupano di gestire il soggiorno sul posto, garantendo misure di assistenza e gli indispensabili contatti con le scuole di Paesi anche molto lontani (la Cina, l’Australia, gli Stati Uniti). Benché l’evidente squilibrio che questo canale configura sotto il profilo dell’accessibilità economica venga attenuato dall’attivazione di borse di studio offerte ai più meritevoli, è di chiara evidenza che soltanto le famiglie facoltose possono effettivamente avvalersi di un tale percorso, garantendo ai propri figli un’esperienza di assoluta alterità rispetto all’ordinario svolgimento di un anno scolastico nella scuola pubblica, in condizioni di privilegio cui la gran parte degli studenti non può accedere. Più in generale, non può sfuggire l’anomalia di canali integrati nel curricolo stabilito per il conseguimento di un titolo di studio di valore legale, attraverso la mediazione di soggetti privati retribuiti dai diretti interessati senza monitoraggi “terzi” e sistematici delle opzioni offerte. Con l’affermazione di questa possibilità 30 che il sistema scolastico italiano prevede quale “estensione” del percorso di studi ordinario, le scuole hanno cominciato ad elaborare misure di maggiore controllo e di filtro: vengono stipulati dei “contratti formativi” (Learning agreement) che le famiglie sono tenute a sottoscrivere e si definiscono dei criteri precisi (valutazione del comportamento, media dei voti, eventuale assenza di debiti formativi), più che altro per evitare che l’opzione della mobilità studentesca non si risolva in una facile fuga dagli adempimenti dei percorsi di studio ordinari, per lo più riservata a chi possiede maggiori mezzi economici. L’altra questione fondamentale da chiarire è quella del rientro e della valutazione delle esperienze di apprendimento formale e non formale (come giustamente incoraggiano a fare le Linee di Indirizzo ministeriali): se le scuole non possono sottoporre gli studenti a esami di idoneità, deve anche essere molto chiaro che una evidenza del progresso di apprendimento deve essere restituita alla scuola italiana con adeguata documentazione (positiva o negativa) da parte della scuola straniera che ha accolto, contestualmente ad una dichiarazione della frequenza (attendance) delle attività scolastiche. L’ipotesi di una non ammissione all’anno successivo dovrebbe essere chiaramente declinata e definita per supportare l’azione di controllo e di verifica delle scuole, soprattutto a garanzia dei principi di equità e di effettiva attendibilità del titolo di studio rilasciato al termine del quinquennio. Nell’ambito della propria autonomia e a garanzia di un corretto esercizio della propria mission istituzionale, le scuole dovrebbero tutelare loro stesse e i propri studenti, adottando le seguenti misure: 1.Definire un contratto formativo articolato e vincolante, in doppia lingua, da sottoporre anche nel caso di accoglienza di studenti provenienti dall’estero nelle proprie classi; 2.Stabilire rapporti stabili di gemellaggio con scuole straniere con percorsi di studio affini al proprio e concordando in tal modo modalità di valutazione e di certificazione comuni (che possano agevolare cioè la conversione della verifica degli apprendimenti da un sistema all’altro); 3.Elaborare nel proprio POF criteri di accettazione per la richiesta di scolarizzazione all’estero da parte delle famiglie; 4.Stabilire forme di reinserimento degli studenti provenienti da esperienze di scolarizzazione all’estero, con misure di accompagnamento e di recupero nelle discipline non contemplate nei curricoli della scuola straniera frequentata; 5.Chiarire che in caso di eccessiva divergenza dei percorsi di studio (per esempio, non più di due discipline di indirizzo mancanti), la richiesta di scolarizzazione all’estero può essere negata dal consiglio di classe; 6.Stabilire, ove possibile, momenti obbligatori di contatto con la scuola di provenienza (partecipazione ad attività in classe virtuale/lezioni in skype/restituzione di verifiche a distanza nelle discipline di indirizzo non contemplate nel curricolo della scuola accogliente/contributo al percorso di apprendimento della classe con invio di materiali e/o testimonianze di cui tutti i compagni possano avvalersi, anche dall’Italia, affinché la mobilità diventi davvero un’opportunità di crescita per tutto il gruppo-classe, insegnanti compresi). A livello sistemico, è auspicabile la definizione di indicazioni più stringenti da parte del MIUR soprattutto nel contesto del rientro degli studenti da esperienze annuali all’estero, indicazioni che contemplino con chiarezza la piena e insindacabile discrezionalità dei consigli di classe sia in fase di accettazione della richiesta di mobilità da parte delle famiglie sia in sede di scrutinio finale. Un sistema a maglie troppo larghe, in questo contesto, può determinare – come effettivamente sta determinando – situazioni di forte criticità e di scontento sia da parte dell’utenza che da parte delle scuole. Soprattutto, si rischia che un percorso di assoluta eccellenza come quello dell’esperienza di studio all’estero in contesti qualificati, possa perdere prestigio e riconoscimento effettivo a causa dell’assenza di misure comuni di riferimento. *Dirigente scolastico liceo “Virgilio” di Roma TuttoscuolA n. 556 Tutto il software che serve alla tua scuola a 2.500€ all’anno. E non ci pensi più. Il mondo del lavoro e la tecnologia si evolvono rapidamente e sempre più quest’ultima assume caratteristiche cloud e mobile. I software si aggiornano velocemente e le versioni precedenti diventano subito obsolete. Il mondo della scuola, per la natura stessa della sua struttura, è tra quelle che più fatica ad evolversi verso questi modelli più leggeri e flessibili. Adobe ha cercato di venire incontro alle esigenze degli Istituti Scolastici italiani mettendo a punto un pacchetto da 100 licenze di Adobe Creative Cloud for education, destinato alle scuole K12, al costo fisso di 2.500€ all’anno sottoscrivibile da 1 a 4 anni, con la possibilità di aggiungere licenze ogni anno. Le licenze comprese nel pacchetto, oltre a poter essere installate nelle aule e nei laboratori del tuo Istituto, possono essere utilizzate anche dai docenti sul proprio PC personale di casa. Un pacchetto così strutturato consente a docenti e studenti di accedere alle migliori applicazioni creative sempre nella loro versione più aggiornata e permette all’Istituto di utilizzare una console web per una gestione delle licenze semplice e centralizzata, di pianificare il budget da investire e risparmiare grazie a contratti pluriennali con scadenza flessibile attraverso il programma VIP (Value Incentive Plan). Adobe è da sempre alla ricerca di soluzioni in grado di offrire agli Istituti Scolastici una reale possibilità di portare a scuola tutta la creatività dei suoi strumenti. Le app desktop e mobile di Creative Cloud (per la stampa, grafica, web, video e fotografia) sono perfettamente connesse tra loro, al punto che gli utenti possono avviare un progetto su un dispositivo e terminarlo su un altro, oltre a condividere le proprie risorse creative con altri iscritti Creative Cloud. È un modo di collaborare completamente nuovo: studenti e docenti possono finalmente lavorare ovunque si sentano ispirati. Dai al tuo Istituto un vantaggio competitivo in più. a cura di Per maggiori informazioni: [email protected] Politica scolastica Valorizzare le tecnologie mobili nell’insegnamento L’ Accademia delle Scienze francese ha pubblicato nel 2013 un’informativa e un monito rivolti ai ministri competenti in materia di educazione. Di fronte alla constatazione che l’interazione con gli strumenti digitali sollecita soprattutto il pensiero rapido, fluido, che può essere superficiale e disordinato, si afferma: “Ciò che resta fondamentale è un’educazione, proposta e inquadrata da esseri umani, genitori, docenti, ecc., che utilizza gli schermi e Internet e identifica i loro aspetti positivi, ma anche negativi (pratica eccessiva, mancanza di ripensamento, di sonno, rischio di fatica visuale, etc.). Ma preservando anche forme e momenti di pensiero «senza schermi e Internet», più lenti, profondi, lineari e cristallizzati – periodi di calma e «riposo digitale» – necessari alle sintesi cognitive personali e alla memorizzazione”. Da questo rapporto ben documentato si possono trarre due importanti indicazioni per quanto riguarda l’attuale situazione scolare. In primo luogo, promuovere in maniera equilibrata una integrazione funzionale e formativa tra la valorizzazione di quella che è stata definita la cultura del libro e la cultura dello schermo e digitale. Ciò rimanda a una sollecitazione specifica: l’importanza di una progettazione didattica che tenga conto in maniera consapevole: a) dei soggetti presenti e del loro stato di preparazione sia culturale, sia cognitivo, sia affettivo; b) dei contenuti conoscitivi da promuovere e della loro specifica natura epistemologica; c) delle risorse disponibili sia quanto a preparazione del personale docente, sia quanto a strumenti e materiali effettivamente utilizzabili in classe (sia personali, sia istituzionali). Una seconda istanza sottolinea ancor più fortemente il compito della scuola di 32 di Michele Pellerey* promuovere nel corso degli anni una progressiva competenza auto-regolativa del proprio apprendimento e dei processi cognitivi, affettivi e motivazionali che ne stanno alla base. Il neurobiologo Lamberto Maffei, dopo aver esaminato l’effetto dell’interazione del cervello con strumenti digitali intende: “avanzare la proposta che un’eccessiva prevalenza dei meccanismi rapidi del pensiero, che chiameremo ‘pensiero rapido’ o digitale, possa comportare soluzioni o comportamenti errati, danni all’educazione e in generale al vivere civile, innescando nella mente umana sogni di un dominio sulla natura e sull’uomo stesso quasi soprannaturale, il quale, per evidenti limitazioni biologiche, non può esistere. Il mio è un invito a riconsiderare le potenzialità del cosiddetto ‘pensiero lento’ basato principalmente sul linguaggio e sulla scrittura, anche al livello dell’educazione scolastica. In qualche modo l’argomentazione di Maffei riecheggia quanto ha elaborato il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman in vari suoi scritti, ma soprattutto nel ponderoso volume dal titolo in italiano “Pensieri lenti e veloci”. Dove il pensiero lento è quello di tipo argomentativo, discorsivo, analitico, critico, in gran parte collegato alla parola, in particolare scritta; mentre quello veloce è più di tipo intuitivo, più vicino alla sensazione visiva, uditiva, alle immagini. Le due tipologie di intelligenza non devono porsi però in contrapposizione, bensì cooperare tra loro in modo produttivo. In questo ambito sembra potersi collocare una finalità fondamentale della scuola, soprattutto in un mondo che è sempre più dominato dalle immagini, dalla frammentazione, dalla rapidità, dalla velocizzazione dei processi: promuovere la capacità di riflettere, di approfondire, di argomentare, di discutere, di mettere ordine, di dare continuità all’ininterrotto fluire, spesso caotico, delle sensazioni, delle immaginazioni, delle intuizioni. Questi apporti suggeriscono un’utilizzazione delle tecnologie di rete e mobili secondo una prospettiva ibrida o mista. Gli studiosi insistono sulla validità di una integrazione tra diverse modalità formative. Non solo tra forme di intervento didattico sviluppate valorizzando modalità di insegnamento a distanza o gruppi di ricerca on line, e forme cosiddette faccia a faccia, cioè legate a una interazione diretta quale è possibile in una classe, ma anche tra attività di studio individuale e di tipo collaborativo, tra attività che si svolgono in classe e attività che possono essere realizzate fuori dalla classe, a esempio a casa propria. In altre parole la presenza delle tecnologie di comunicazione mobili e la disponibilità di una rete a supporto di tale comunicazione non vanno intese come sostituzione di forme più tradizionali di attività didattica, ma come nuove opportunità da combinare tra loro validamente ed efficacemente secondo una pluralità di approcci metodologici. Spesso si sente affermare che la presenza delle tecnologie impone una diversa didattica, più collaborativa, più basata su processi di ricerca e produzione, condotti quanto più possibile in autonomia, anche se sotto la guida del docente, ispirantesi al cosiddetto costruttivismo sociale. Si dovrebbero quindi bandire forme di insegnamento diretto, esplicito. Questa argomentazione è però fallace. Il fatto che una tecnologia offra nuove opportunità, nuove possibilità di TuttoscuolA n. 556 Politica scolastica azione, non implica che esse debbano essere seguite, senza confrontarle prima e con chiarezza con le finalità educative e didattiche che la scuola deve perseguire. Già negli anni settanta e ottanta si era già presentata tale questione. Neil Postman scriveva nel 1979, trentacinque anni fa: “La mia argomentazione non è contro la tecnica, senza la quale noi saremmo meno umani; è contro il trionfo della tecnica, ossia contro una tecnica che subordini, giungendo fino ad obliterarla, la finalità umana: una tecnica che ci induca a servire i suoi scopi, non i nostri”. E ciò in particolare nel contesto scolastico. Le ricerche sul cosiddetto carico cognitivo hanno evidenziato come gli studenti possono facilmente essere esposti a impegni di apprendimento che superano le loro possibilità di comprensione, di elaborazione, di valorizzazione di quanto proposto. Inoltre, non è possibile pretendere che una specifica metodologia didattica vada bene per tutti gli studenti, per tutte le discipline di insegnamento, per tutte le età e per tutti i livelli scolastici, per tutti i docenti. Questo sì che si può considerare un imperialismo ideologico. Infine, le evidenze raccolte finora circa i risultati che si possono ottenere attraverso le varie metodologie didattiche, contraddicono molte delle sicurezze con cui varie di esse sono state propagandate. Queste e simili constatazioni ripropongono con ancor maggior forza il ruolo centrale del docente non solo nel progettare l’impianto didattico, ma soprattutto nel condurre la sua azione di insegnamento. Un docente esperto dovrebbe saper individuare le forme principali attraverso le quali è possibile rappresentare ciò che insegna: valorizzando opportunamente quanto lo studente già possiede; collegandolo agli altri insegnamenti; graduando, ed eventualmente modificando, il suo procedere sulla base di quanto riescono effettivamente ad apprendere gli studenti. Per questo è necessario che egli curi l’effettivo impegno di ciascuno nel costruire attraverso i propri processi cognitivi TuttoscuolA n. 556 l’impianto concettuale e operativo che egli propone. A questo proposito Richard Meyer ha fornito una chiarificazione concettuale assai utile. Partendo dalle ricerche psicologiche che fanno riferimento ai processi cognitivi, egli afferma che è corretto pensare al costruttivismo dal punto di vista del processo di apprendimento della singola persona. Infatti, ciascuno di noi costruisce le proprie conoscenze sulla base di quanto ha già acquisito in maniera significativa e stabile. Per chiarire meglio la distinzione tra la considerazione di una teoria dell’apprendimento di natura costruttivista, considerata corretta, e l’indicazione che nel processo istruttivo ci si debba sempre muovere con procedure pratiche di natura costruttivista, posizione quest’ultima vista come errata, Richard Mayer ha descritto quattro possibili situazioni di apprendimento. In primo luogo viene considerato un apprendimento attivo nel quale lo studente si impegna in un appropriata attività cognitiva, ad esempio selezionando informazioni rilevanti, integrando le nuove conoscenze con quelle già possedute e organizzando in maniera coerente quanto acquisito. Un apprendimento passivo si ha quando tale attività non ha luogo e si ha solo una forma di semplice recezione di quanto proposto e ciò rimane non integrato nella struttura conoscitiva, quindi non compreso e non ricordato. Una didattica attiva si ha quando gli studenti sono coinvolti in un’attività pratica, come ricerca di informazioni, di soluzioni a un problema, o discussione in gruppo. Una didattica passiva è attuata quando non si sollecita un’attività pratico-operativa. Un vero apprendimento si ha quando si verifica un cambiamento sufficientemente permanente nel quadro di conoscenze dello studente. La teoria costruttivista dell’apprendimento sottolinea il fatto che lo studente per apprendere deve impegnarsi personalmente nel rappresentare nella sua memoria di lavoro le nuove conoscenze mettendo in atto appropriati processi cognitivi. E ciò è coerente con molte ricerche, anche di natura empirica. La questione però si pone quando si intende trasporre tale teoria, che riguarda i processi cognitivi, a una metodologia didattica che metta in moto soprattutto i comportamenti esterni degli studenti. A un’attività di questo tipo non corrisponde necessariamente un congruente e funzionale processo interno di costruzione concettuale. Ciò è dimostrato da numerose ricerche che l’Autore cita distesamente. Per contrasto non poche ricerche hanno messo in evidenza la possibilità di coinvolgere un apprendimento attivo, che mette in moto appropriati processi cognitivi, attraverso forme di insegnamento che esternamente appaiono passive. La conclusione che si può trarre da queste osservazioni è che nella progettazione sia degli ambienti di apprendimento, sia della metodologie didattiche da adottare, occorre essere fedeli alle situazioni concrete da affrontare; alle risorse disponibili sia come docenti, sia come strumenti didattici; alla realtà con ci si deve confrontare; senza perdere di vista le finalità educative da perseguire e gli obiettivi didattici da raggiungere. Ciò conduce a una prospettiva che può essere considerata pluralista, ibrida, multiculturale, più vicina alle persone a ai loro bisogni, che alle teorie più in voga. Occorre ricordare come alcuni, o molti, manifestano notevoli lentezze e difficoltà di elaborazione e organizzazione mentale, mentre altri sono più rapidi e capaci non solo di capire, ma anche di collegare le nuove conoscenze con quelle già possedute. Nell’attività di apprendimento, poi, alcuni sono più pronti a collaborare con gli altri, mentre altri sono più restii a lavorare in maniera cooperativa. Certo, in quest’ultimo caso occorre favorire la disponibilità a lavorare in gruppo, ma ai fini dei risultati da ottenere nell’immediato occorre tener conto dello stato di preparazione già raggiunto da ciascuno, non solo sul piano delle conoscenze e delle abilità già fatte proprie. *Docente universitario emerito 33 Politica scolastica Il focus statistico Miur e il rapporto Almadiploma sul profilo dei diplomati 2014 disegnano l’identikit degli immatricolati universitari Immatricolati ai raggi X A ll’immediata ripresa dell’impegnativo percorso universitario, il Focus MIUR Gli immatricolati nell’anno accademico 2014/15 (http://www.istruzione. it/allegati/2015/focus_giugno2015. pdf) e il Rapporto Almadiploma sul Profilo dei Diplomati 2014 (www. almadiploma.it/scuole/profilo) disegnano l’identikit degli immatricolati dell’ultimo anno accademico, offrendo una ricca e articolata mole di dati, che ne evidenziano le caratteristiche. Emerge così un’attenta radiografia dei più recenti fenomeni legati all’immatricolazione, che possono favorire la comprensione delle vicende di specifici gruppi di età con orizzonti sempre più ampi e rispondere alle esigenze di orientamento, che facilitino l’incontro tra offerta universitaria e richieste studentesche. Nell’ultimo trentennio il nostro Paese ha perso circa il 40% dei propri diciannovenni a causa del calo demografico, ma al contempo si è raddoppiato, per effetto dell’ampliata scolarizzazione, il numero dei giovani in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore. Eppure, di fronte a un Paese che avrebbe necessità di aumentare la soglia educazionale, si registra una minore attrazione verso gli studi universitari: nell’anno appena conclusosi sia le immatricolazioni a corsi triennali che a ciclo unico (complessivamente 265.500 unità) sono risultate in lieve calo rispetto all’a.a. precedente. Un risultato probabilmente temperato peraltro dalle ampliate possibilità di scelta di percorsi alternativi di formazione terziaria (Istituti Tecnici Superiori, Istituti di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica). Cresce comunque il numero di giovani, che fisiologicamente iniziano 34 di Maria Luisa Marino gli studi subito dopo la maturità: il 71,4% delle ragazze e il 66,1% dei colleghi in età non superiore ai 19 anni, più numerosi nell’area geografica del Nord Ovest (52,5%) e meno presenti nelle Isole (42,3%). In particolare - secondo Almadiploma - l’analisi di un collettivo di 257 Istituti scolastici e di 37.968 diplomati 2014 evidenzia una marcata caratterizzazione dei percorsi di studio dal punto di vista delle prospettive post-diploma: i diplomi liceali preludono chiaramente alla prosecuzione degli studi al più alto livello (l’86% dei diplomati dei licei classici, l’82% di quelli dei licei scientifici, il 73% dei licei linguistici e il 65% del liceo pedagogico sociale secondo una tendenza confermata anche per l’anno 2015/16 (51,9% del totale rispetto al 49,8% del 2014 e al 48,9% del 2013). E con poche eccezioni, scegliendo un percorso di studio liceale si è presa già a 14 anni una decisione che di fatto porta all’Università. Per gli indirizzi tecnici e in particolar modo per quelli professionali, l’accesso universitario non è così generalizzato e le probabilità di iscrizione sono influenzate da altri fattori: il genere (prevalgono quantitativamente le ragazze), il contesto socio-economico e culturale familiare (titolo di studio dei genitori e classe sociale) e la riuscita scolastica (in termini di votazione e di regolarità nel percorso scolastico). In ogni caso la quota di diplomati dediti esclusivamente allo studio universitario: - è nettamente più elevata tra i liceali (73%) rispetto ai diplomati del tecnico (37%) e del professionale (19%); - ha dedicato più tempo degli altri allo studio a casa e ha svolte più esperienze all’estero; - conosce meno il mondo del lavoro, avendo svolto minori esperienze lavorative continuative durante il periodo scolastico; - è spinta dall’aspirazione a svolgere – grazie alla laurea – un’attività professionale gratificante; approfondire i propri interessi culturali e avere in futuro un lavoro ben retribuito. Seguono i contatti sociali offerti dalla condizione studentesca, il prestigio associato alla laurea e la difficoltà nel trovare lavoro con il solo diploma superiore. Entrambe le analisi sottolineano la maggiore attrattività dell’area scientifica per il genere maschile (49%) e dell’area sociale per le studentesse (35%), che comunque prevalgono in tutte le altre aree disciplinari e sono le più interessate a proseguire gli studi superiori. E l’indirizzo di studio della scuola secondaria superiore influenza anche la scelta del corso universitario: più orientati i diplomati maschi dei Licei verso Ingegneria, economia/ statistica e medicina/odontoiatria, mentre le colleghe sono più interessate a medicina/odontoiatria, professioni sanitarie e linguistico. Maggiormente orientati verso Ingegneria ed economia/statistica i maturi degli Istituti tecnici e di quelli professionali; più attente alle professioni sanitarie e al linguistico le ragazze. Il gradimento per le materie presenti nei programmi universitari privilegia nell’ordine Scienze biologiche, psicologia, arte e spettacolo, matematica, lingue e letteratura moderne e informatica. TuttoscuolA n. 556 Politica scolastica All’opposto, figurano in fondo all’ideale graduatoria agraria, veterinaria, ingegneria industriale, ingegneria dell’informazione e statistica. I più determinati nella scelta universitaria, gli immatricolati ai gruppi giuridico, psicologico, architettura e linguistico. Minori certezze invece per chi propende per il settore geo-biologico, economico-statistico, educazione fisica e ingegneria, che ripropongono – semmai ve ne fosse bisogno – l’assoluta necessità dell’orientamento alle scelte postdiploma, determinante nel prevenire abbandoni degli studi, delusioni e insuccessi all’interno del nostro sistema universitario. La maggior parte dei nuovi studenti sceglie Atenei della stessa area geografica dell’Istituto scolastico frequentato; solo nel Sud e nelle Isole un immatricolato su 4 sceglie Atenei del Centro o del Nord Italia, mentre la mobilità più elevata dei fuori Regione interessa Valle d’Aosta, Basilicata e Molise a causa della più limitata offerta formativa. Gli immatricolati con cittadinanza non italiana più rappresentati sono i Rumeni (14,6%), gli Albanesi (13,6%) e i Cinesi (9,0%), seguiti nell’ordine da Ucraini (4,5%) e Moldavi (4,2%). A completare il quadro, la dettagliata Indagine MIUR opera in maniera del tutto originale la ricostruzione del percorso universitario dei diplomati a.s.2009/10 - (420.500 unità, delle quali solo il 54,4% iniziò gli studi superiori) - nei successivi 3 anni fino al conseguimento della laurea triennale. Un arco temporale abbastanza lungo per valutarne il successo formativo (abbandoni, passaggio ad altri corsi, regolarità del percorso ecc.). Ad un anno dall’ingresso nel sistema universitario la prima quota di abbandoni, pari all’11,2% degli immatricolati: migliore è la votazione della maturità, minore è la propensione all’abbandono, che è comunque meno elevata nei corsi a ciclo unico rispetto a quelli di durata triennale e nelle Università ubicate al Nord piuttosto che al Sud e nelle Isole. Nello stesso periodo – che si conferma il più delicato per l’intera carriera universitaria - è stato registrato un decremento numerico in 3 aree disciplinari su 4, fenomeno parzialmente addebitabile alla migrazione, a partire dal 2° anno accademico, degli studenti interessati ai corsi a numero programmato (specialmente Medicina), che, non riuscendo inizialmente a superare le prove di ingresso, si iscrivono provvisoriamente ad altri corsi parzialmente riconoscibili in attesa di centrare l’obiettivo. A tre anni dall’inizio degli studi – il termine del monitoraggio – il 32% ha regolarmente acquisito il titolo, il 17% è regolarmente iscritto a corsi di studio a ciclo unico, il 36% è iscritto fuori corso ad una laurea triennale e il 15% ha abbandonato gli studi. L’area sociale (34,6%) primeggia per il numero di laureati, mentre l’area sanitaria e quella umanistica per il voto dei laureati. Bibliografia ALMADIPLOMA https://w w w.almalaurea.it/sites/ almalaurea.it/files/comunicati/2014/ almadiploma_comunicato2014_def.pdf LA DOCUMENTAZIONE COMPLETA: http://www.almadiploma.it/scuole/ profilo/profilo2014/ EDIZIONE RIASSUNTA RAPPORTO DIPLOMATI 2014: https://w w w.almadiploma.it/ sc uole/ pr of i lo/ pr of i lo2 014 / pd f / 01 _ introduzione%20al%20rapporto%20e%20 commento%20ai%20risultati%202014.pdf https://w w w.almalaurea.it/sites/ almalaurea.it/files/comunicati/2014/ cs _ profilo-diplomati2014.pdf IL RAPPORTO INTEGRALE DIPLOMATI 2014: http://www.almadiploma.it/scuole/ prof ilo/prof ilo2 014 /pdf/00 _ Volu me%2 0 A D14%2 0 ver sione%2 0 ONLINE.pdf SCELTE DIPLOMATI 2009-2011 e 2013 a tre e a cinque anni: http://www.almadiploma.it/info/pdf/ pres _ conti _ online2014.pdf COMUNICATO STAMPA MIUR (17/2/2015) su preiscrizioni a scuola sec.sup. a.s.2015/16: http://www.istruzione.it/comunicati/ cs170215.html TuttoscuolA n. 556 35 Politica scolastica Intervista a M. Maddalena Novelli, Direttore generale per il personale scolastico “Ecosistema digitale” di Paola Torre Maria Maddalena Novelli, Direttore Generale per il personale scolastico del Miur, è impegnata a garantire un qualificato supporto ai processi di cambiamento, a dare significatività all’operare dei dirigenti e docenti. L’intervista mette in luce alcuni aspetti dell’impegno del Direttore Novelli, cogliendone, soprattutto, la costruzione puntuale di iniziative di grande respiro che concorrono a far star “meglio” i docenti nei quali crede G li inseg nanti giocano u n ruolo cruciale nel sostenere lo sviluppo dei sistemi educativi e l’attuazione delle riforme indispensabili a migliorare il livello di apprendimento degli studenti. Gli sforzi del corpo docente e dei dirigenti scolastici vanno sostenuti da un continuo miglioramento delle politiche di formazione degli insegnanti. E’ con i giovani e con i docenti e con la capacità di comunicare la scuola che si vince la sfida per il cambiamento Questo è lo scenario in cui si colloca la strategia di formazione in servizio degli insegnanti raccontata nell’intervista/racconto dalla dott.ssa M.Maddalena Novelli, direttore generale del Miur. Direttore Novelli, quali sono gli interventi che il MIUR ha messo in campo per migliorare la qualità dell’insegnamento? “Uno degli aspetti fondamentali per innalzare il livello della 36 qualità dell’insegnamento è legato allo sviluppo professionale continuo dei docenti, attraverso interventi mirati sulla loro formazione. In questa direzione, il nostro Paese, ha già predisposto interventi normativi ( L.107/2015 – La Buona Scuola) che attribuiscono alla for mazione dei docenti un ruolo di rilievo per inferire innovazione negli attuali modelli didattici ed educativi e per attuarne di nuovi che siano sintonizzati sulle evoluzioni del settore a livello internazionale. Infatti, la formazione dei docenti diventa una misura strutturale, un “asset” centrale e strategico del nostro sistema istruzione, cui, dall’a.s.2015/2016, viene attribuito, un budget finanziario di oltre 420 milioni di euro per anno (387 milioni per la carta del docente e 40 milioni per la formazione in servizio). Si tratta di un consistente investimento nel corpo docente per attuare un percorso innovativo che consenta, nel medio lungo periodo, di innalzare la qualità del sistema istruzione, adeguandolo ai bisogni di continuo e rapido cambiamento imposti dagli effetti della globalizzazione.” Uno sguardo al passato. Quali problematiche? “L’esigenza di un forte cambiamento nell’ambito della formazione dei docenti, nasce da una forte spinta culturale verificatasi a livello internazionale in ambito istruzione il cui effetto ha portato ad un ripensamento sulla inderogabile necessità di una migliore qualità formativa. Occorre concepire la formazione come un’azione coordinata e globale da parte del MIUR e inquadrarla in un contesto di processo e fasi ben definite che delineino il suo intero “ciclo di vita” partendo da un’analisi del fabbisogno e della domanda segmentata per i vari target di riferimento, considerando una semplice ed efficace gestione ed attuazione degli interventi formativi ed un continuo monitoraggio e misurazione degli interventi realizzati in termini di valutazione dell’output e dell’outcome.” Cosa prevede quindi la riforma “La Buona Scuola”? “La riforma prevede una formazione obbligatoria in servizio. Ogni docente dovrà seguire percorsi formativi definiti dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento, sulla base delle priorità indicate TuttoscuolA n. 556 Politica scolastica ABBIAMO DAVVERO BISOGNO CHE CI DICANO COSA FARE? di Fiorella D’Ambrosio* Mi sono chiesta spesso perché termini come inclusione, inclusività, integrazione, diversità, personalizzazione, mettano a volte i docenti in una condizione di difficoltà rispetto al loro ruolo di guida nella crescita e nella formazione del sé degli alunni. Una scuola realmente “inclusiva” dovrebbe garantire e sostenere la piena ed effettiva inclusione di ogni alunno nella società e “parità di opportunità” per tutti, nel “rispetto della dignità intrinseca”, come già nel 2007 stabiliva la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, i cui concetti sono stati ripresi e generalizzati dalle norme successive, includendo negli ultimi anni quelle tutelanti i DSA e successivamente i BES. Uso volutamente il condizionale perché ancora oggi ci si interroga, nelle singole realtà scolastiche, su quale approccio utilizzare nei confronti di alunni che presentano difficoltà più o meno gravi, ponendo l’attenzione alla certificazione medica pervenuta, affinché si possa catalogare la situazione dell’alunno di turno nella giusta tipologia di intervento e stabilire quale iter formale da seguire (PEI – per obiettivi minimi o differenziati in caso di scuole superiori di secondo grado – PDP) o quali discipline delegare tacitamente all’intervento dell’insegnante di sostegno, unico responsabile del successo o dell’insuccesso scolastico, che cura singolarmente, a volte, i rapporti con la famiglia, per prassi ormai consolidata. È infatti difficile incontrarsi e interagire tra colleghi, riuscire a studiare e riflettere insieme per individuare una strategia comune e che possa incontrare le esigenze di tutta la classe. Intendiamoci, non si può prescindere dalla documentazione da predisporre, contenente gli obiettivi, le metodologie e gli strumenti ai quali riferirsi per l’intervento didattico, ma la stessa dovrebbe rappresentare una base di partenza per un’azione condivisa tra tutti gli attori coinvolti nel percorso educativo dell’alunno parte di quella classe e non un adempimento burocratico, necessario e sufficiente, da destinare agli atti della scuola. E’ fuori di dubbio che la formazione degli insegnanti curricolari, pur se obbligatoria, possa talvolta apparire carente su alcuni temi riguardanti l’inclusione e l’integrazione, funzionali all’acquisizione di conoscenze basilari dal punto di vista medico-scientifico e a volte poco adeguata rispetto alla preparazione degli stessi come coaches per lo sviluppo sociale, cognitivo ed emotivo di ogni alunno della classe, come parti di un gruppo di lavoro capace di sperimentare nuove tecniche e metodologie, che possano rendere l’intervento in classe il più eterogeneo e organico possibile. Se è doveroso uno stravolgimento della concezione culturale della propria professione, da parte di ogni insegnante curricolare, rispetto agli obiettivi da perseguire e al come TuttoscuolA n. 556 perseguirli, assegnando diverse priorità, privilegiando la compensazione delle abilità mancanti e tenendo conto dei livelli di partenza, è anche innegabile il carico che hanno da fronteggiare rispetto ad un numero sempre più elevato di studenti e di classi, in una quotidianità dove i problemi sono molti e i tempi da dedicare alla riflessione e condivisione sempre più erosi da adempimenti burocratici. Ma proprio tenendo sempre ben presenti i livelli di partenza di ciascun alunno si riuscirà, giorno per giorno, attivandosi nella scuola come collaborativa comunità educante, a stabilire quali “attenzioni speciali” destinare ad ognuno di loro. L’obiettivo didattico finale non può avere rilevanza assoluta nel processo educativo, in quanto esso stesso discriminante, quanto è importante l’attenzione su quanto ciascun alunno sia riuscito a potenziare le sue competenze iniziali e a migliorare le abilità già acquisite. Con le Classi aperte, la peer education, i lavori di gruppo, il tutoring e soprattutto la tanta voglia di mettersi in gioco con il coraggio di rimettere in discussione l’orientamento metodologico adottato, magari, per i lunghi anni d’insegnamento. In quest’ottica i ragazzi con difficoltà, quelli affetti da patologie gravi o lievi, le eccellenze, tutti con “bisogni educativi speciali”, con le loro singole caratteristiche e peculiarità, riusciranno a sentirsi inclusi realmente in un progetto educativo che non discrimina gli uni e valorizza gli altri: l’inclusione non dovrebbe essere considerata separata dalla valorizzazione delle eccellenze. L’alunno è al centro di tutto il sistema educativo, la relazione con esso, e non più i programmi disciplinari! Ogni docente è chiamato ad accompagnare il singolo studente verso la formazione del suo personale e personalizzato piano di vita, per il quale gli anni del periodo scolastico sono la base fondamentale. L’insegnante di sostegno, conferito al “caso” specifico sulla base della documentazione, ma (attuale incoerenza) assegnato alla classe, potrà svolgere il ruolo di collaboratore-mediatore-progettatore-traghettatore specializzato con il compito di raccordare le parti per la rimozione di tutti gli ostacoli che si pongano nel percorso educativo-inclusivo. Tutta la normativa in materia, compresa la nuova Legge 107/2015, indica questa direzione, cercando di fissare i punti cardine di un nuovo modo di fare didattica, nel quale non è lo studente ad adeguarsi al docente, ma è quest’ultimo che grazie all’aggiornamento stabile e continuo garantito a livello sistemico, alla formazione lifelong learning, incontra le esigenze delle nuove generazioni. Forse non c’è neanche bisogno che ci dicano cosa fare. *Docente di sostegno scuola secondaria di II grado. 37 Politica scolastica nel Piano nazionale triennale per la for mazione che prevede 40 milioni di euro/anno di finanziamento. Tale piano nazionale, che verrà predisposto nei prossimi mesi ed attuato a partire dal 2016, rappresenta il documento fondamentale per le politiche formative che impatteranno su circa 700.000 docenti. Inoltre i docenti hanno ora a disposizione, 500 eu ro ciascuno per l’aggior namento professionale (iscrizione a corsi di formazione, acquisto di libri e riviste, software, hardware, etc.). Con il nuovo impianto normativo, la formazione accompagna tutta la car riera e lo sviluppo professionale del docente ed è ca r at t e r i z z at a d a model l i d i at t u a z ione,aper t i for temente all’innovazione digitale, che a partire da un bilancio delle competenze dei docenti e dall’analisi delle necessità delle scuole sul territorio, privilegino attività laboratoriali e di ricerca-azione, stimolando continue rif lessioni e produzione di documentazione sulla didattica, con l’obiettivo di raggiungere deter minati standard per le competenze disciplinari e trasversali.” Come verrà garantita una eff icace formazione sul territorio? “Tutto ciò necessita inevitabilmente di un nuovo modello e sistema di formazione, dotato di strumenti agili e accurati di misurazione della qualità in tutte le fasi delle iniziative formative intraprese, su tutto il territorio nazionale. A tal fine è stato già sperimentato lo scorso anno, con successo, un nuovo modello di for mazione per i 28.000 neoassunti, a supporto del quale è stata realizzata, in collaborazione con INDIRE, una innovata piattaforma digitale in grado di monitorare ogni fase del processo di formazione, 38 con l’obiettivo di poter intraprendere, se necessarie, immediate azioni di miglioramento. Questo modello è contenuto nel DM per il periodo di for mazione e di prova previsto dall’art.1 comma 118 della L.107/2015, e ver rà adot tato quest’anno in occasione dell’immissione in r uolo dei 100.000 docenti previsti nell’ambito del piano straordinario assunzionale della Buona Scuola.” Q ua l i s ono l e i n nova z i o ni presenti nella riforma per il periodo di formazione e di prova? “Innanzitutto la previsione di un decreto del Ministro sul periodo di formazione e di prova rafforza l’importanza che viene data alla formazione per i docenti neoassunti. E’ prevista una più stretta connessione tra il periodo di prova e le attività formative (occor re un ser vizio prestato per almeno 180 giorni, dei quali almeno 120 per attività didattiche). Inoltre il Dirigente Scolastico dovrà valutare il personale docente al termine del periodo di prova, sentito il Comitato di Valutazione. La legge 107/2015 mod if ica inoltre la composizione del Comitato di Valutazione che, quando esprime parere per il superamento del periodo di prova, è formato da 3 docenti, di cui due scelti dal collegio ed uno dal Consiglio di Istituto, dal docente che svolge funzioni di tutor e dal Dirigente Scolastico che lo presiede. E’ stato anche potenziato il ruolo del docente-tutor che oltre a svolgere funzioni di accompagnamento, consulenza, supervisione professionale, fornisce elementi istruttori al Comitato di Valutazione e al Dirigente.” Come era strutturato il precedente modello di formazione per i neoassunti docenti? “Il Modello era di tipo blended 50 ore (25 ore in presenza e 25 ore a distanza) coordinate da un tutor. Il percorso di formazione era visto come un adempimento e non come una crescita professionale. La formazione in presenza (25 ore) consisteva prevalentemente in corsi espressi in modalità frontale. Il docente era considerato come un “alunno”. I neoassunti dovevano utilizzare i materiali presenti online (documentazione, video, etc.,) at t r ave r so u na piat t afor ma i cui contenuti necessitavano di essere aggior nati rispetto alle innovazioni che si erano succedute nel tempo. Il sistema online considerava principalmente il tempo di connessione ai fini della quantificazione delle ore da effettuare on-line (25 ore) e il percorso di formazione non era sostenuto da adeguati strum e nt i d i m o n it o r a g g io e d i controllo della qualità (sia a livello di processo sia in termini di “feedback” da par te dei docenti).” Come è strutturato il nuovo percorso di formazione per i neoassunti docenti? “Il nuovo modello di formazione ha l’obiettivo di valorizzare la professione docente attraverso una formazione sul campo centrata su un progetto formativo che coniuga le competenze del docente con i bisogni della scuola. E’ articolato su quattro fasi sequenziali: - Incontri propedeutici e di restituzione finale (6 ore) - Laboratori formativi (12 ore) - Peer to peer (12 ore) - Formazione on-line (20 ore) - Un tutor accompagna il neoassunto nel percorso formativo. - Le lezioni frontali sono sostituite da 4 laboratori formativi (della durata di 3 ore ciascuno) per gruppi di docenti. TuttoscuolA n. 556 Politica scolastica Le tematiche da affrontare nei laboratori formativi vengono definite sulla base di un’analisi che parte da un bilancio delle competenze dei docenti neoassunti e dai bisogni della scuola in cui i neoassunti prestano servizio.” Inolt re è stata int rodot ta la for mazione “peer to peer” effettuata attraverso momenti di osservazione in classe con scambio di esperienze e collaborazione tra colleghi già in servizio e neoassunti. Il percorso è più strutturato e s’ispira all’idea del docente “profession ist a” che accresce continuamente le sue competenze attraverso la rif lessione sulle attività didattiche, il lavoro collaborativo in rete, la capacità di documentare la propria attività, un docente quindi che viene sollecitato ad una stretta collaborazione ed invitato a sostenere e migliorare la qualità dell’insegnamento. La piattaforma on-line diventa uno str umento di accompagnamento per il docente nelle diverse fasi del periodo di prova e consente di guidare il docente nella costruzione del: - bilancio iniziale delle competenze attraverso un’ autovalutazione “ex ante” -p o r t f o l i o f o r m a t i v o (C V dell’insegnante, progettazione e rif lessione didattica, documentazione della didattica) - bilancio f inale delle competenze attraverso un’autovalutazione “ex post”. Il portfolio permette ai docenti di documentare e mostrare il loro modo di pensare e realizzare l’insegnamento, rendendolo strettamente correlato al contesto in cui si realizza. Il portfolio supporta inoltre lo sviluppo professionale in quanto la sua costruzione stimola i docenti a rif lettere sul modo di “fare” didattica, nonché allo sviluppo di nuove idee e metodologie. La piattafor ma on-line TuttoscuolA n. 556 consente al docente di costruire il proprio portfolio formativo che contiene : u n o s p a z io p e r l a d e s c r i zione del propr io cu r r iculu m professionale; l’elaborazione di un bilancio di competenze, all’inizio del percorso formativo; la documentazione di fasi significative della progettazione didattica, delle attività didattiche svolte, delle azioni di verifica intraprese; la realizzazione di un bilancio conclusivo e la previsione di un piano di sviluppo professionale. Inoltre la piattaforma, attraverso la som minist razione di questionari strutturati, consente, per ogni singola fase, il continuo monitoraggio della qualità percepita dal docente.” Qual è allora la vision della formazione dei docenti? “L’idea è di considerare all’inter no di u n u nico sistema di regole, processi e tecnologie,la formazione iniziale, in ingresso e in servizio. Lo sviluppo professionale del docente e la sua crescita saranno unifor mati a questo nuovo “ecosistema digitale” non in modo passivo ma attraverso un’attiva e consapevole partecipazione. Tale sistema sarà digitalmente governato in modo tale da assicurare: una semplificazione dei processi, un’inerente capacità di interventi migliorativi in itinere, la possibilità di velocizzare le singole iniziative formative e sarà incentrato sulle attività formative del docente. Queste attività possono essere realizzate o a partire da fondi nazionali nell’ambito del piano nazionale di formazione o fornite da enti accreditati MIUR. Nel p r i mo c a s o i l si st e m a con se nt i r à d i a ccompag n a re l’intero ciclo di vita della formazione: dalla pianificazione degli interventi alla realizzazione delle attività formative da parte di (Istituzioni scolastiche o Università) ed alla successiva rendicontazione per la erogazione dei saldi. Nel secondo caso la piat tafor ma consentirà di gestire il processo di accreditamento, rendendolo più rigoroso e di facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di formazione da parte degli Enti accreditati/qualificati. In questo modo sarà possibile, per il docente, conoscere immediatamente quali corsi sono disponibili e più adatti alla propria crescita professionale, e ancora iscriversi e tenere traccia dei corsi frequentati. Tutto ciò andrà ad arricchire il portfolio del docente e consentirà al MIUR di semplificare e velocizzare l’analisi dei fabbisogni formativi, fase fondamentale per una più mirata ed efficace programmazione dei futuri interventi per il miglioramento delle competenze dei docenti. Tale piattaforma potrà consentire di: - leggere in tempo reale l’and amento degli or ient amenti relativi alle scelte dei corsi di formazione da parte dei docenti; - suggerire azioni di “feedback” per il miglioramento e l’agg ior n a me nt o dei c or si che attengono i diversi tipi di formazione: inziale, in ingresso e in servizio. - valutare il rapporto costi/benefici degli interventi correlando efficacemente l’impatto delle iniziative formative con i risultati del livello d’istruzione degli alunni del nostro Paese. Inoltre la piattaforma, attraverso la som minist razione di questionari strutturati, consente, per ogni singola fase, il continuo monitoraggio della qualità percepita dal docente. 39 Valutare oggi Politica scolastica Le influenze del contesto socio-politico ed economico Per una leadership educativa efficace e responsabile I n continuità con le riflessioni aperte nell’ultimo numero di Tuttoscuola e sempre nell’ottica dell’analisi dei risultati della ricerca scientifica accreditata a livello nazionale e internazionale, e quindi su basi empiricamente dimostrate (evidence based), grazie alla considerazione dei quali diviene possibile intervenire più consapevolmente sulle scelte di politica culturale e scolastica, ci occupiamo in questo breve intervento delle opportunità (o condizioni) offerte dal contesto per una la gestione delle dinamiche conflittuali in ambito educativo, al fine di garantire una maggiore produttività e soddisfazione professionale. Ricordiamo che – come anticipato nella Rubrica del numero precedente – nel determinare le dinamiche relative a relazioni interpersonali orientate ad uno scopo educativo, conveniamo concorrano molti fattori ai quali intendiamo riferirci in base a riferimenti sperimentali pertinenti (Eysenck, 1996; Pianta, 2001; Biasi, 2004, 2011): aLe proprietà socio-affettive della relazione: struttura paritaria o verticale versus ruolo supportivo o competitivo; bLe opportunità offerte dal contesto: influenze ambientali, conf litti riguardanti lo sfondo economico e politico, difficoltà logistiche che possono ostacolare o meno il farsi della relazione; cGli atteggiamenti di chi è coinvolto nella relazione educativa, e i sistemi di valori e di aspettative in cui si inserisce l’intero rapporto (valori sociali, 40 di Valeria Biasi* culturali, con le relative aspettative individuali più o meno definite). Ci occupiamo quindi in questa occasione delle variabili di contesto - fattore indicato al punto b) nel primo intervento ospitato in questa Rubrica -, che possono concorrere a determinare la qualità delle relazioni interpersonali (tra docenti e docenti e tra docenti e dirigenti) negli ambienti scolastici. Le influenze del contesto socioambientale nel co-determinare i rapporti con i colleghi o con i superiori sono facilmente rilevabili attraverso interviste libere o guidate, direttamente condotte con i docenti. Riferisco a titolo esemplificativo alcune testimonianze, prima di passare ad una analisi più sistematica dei fattori socioambientali (Biasi, 2011). 1A.P. (insegnante elementare): “Lo scorso anno ho avuto gravi problemi relazionali con la mia collega di classe. Era diventato difficile anche gestire i bambini in modo corretto e sereno. Il Direttore ha compreso ed ha proposto lo spostamento della collega che ha accettato”. 2 P.F. (insegnante di Scuola Media inferiore): “Perdita di serenità nell’insegnamento a causa di un Preside che tendeva a ‘scrollarsi’ di dosso tutti i problemi e che riversava sul corpo insegnante ogni problema di rapporto alunni-insegnanti. Prendeva sempre posizione a favore di genitori e alunni screditando il corpo insegnante”. 3A.S. (insegnante di Scuola Media superiore): “Non mi capita spesso di avere forti divergenze di opinione con i miei colleghi su come trattare gli alunni, anche perché per lo più operiamo in momenti diversi. L’episodio che ricordo si è però svolto durante gli esami, quando tutti noi insegnanti eravamo schierati di fronte ad un’alunna che, per indole e retroterra culturale affrontava appunto questa prova con grande incertezza e tensione emotiva. Le sue risposte, molto vaghe nei contenuti ed aggravate dall’uso di qualche termine dialettale, ebbero il potere di caricare sempre più una collega che pensò bene di incalzare la ragazza con altre domande alzando sempre più il tono della voce e facendo commenti spregiativi... A questo punto intervenni cercando di tranquillizzare l’alunna facendo prendere una diversa direzione al colloquio d’esame, ma fui esplicitamente zittito dalla collega. Devo dire che l’aver dovuto fare la stessa cosa con lei mi ha molto amareggiato, pensando al triste spettacolo che abbiamo dato ai ragazzi in quell’occasione”. Per quanto concerne lo studio degli aspetti stressanti della posizione professionale dirigenziale (Presidi, Direttori didattici) e dei coordinatori amministrativi, Favretto & Rappagliosi (1997) hanno da tempo identificato i cosiddetti “stressors” più frequenti; tra i quali si annoverano: a) la difficoltà nell’esecuzione di compiti burocratici; b) il confronto e l’organizzazione dei rapporti con genitori ed allievi; c) la gestione TuttoscuolA n. 556 valutare oggi Politica scolastica delle relazioni interpersonali. Inf luenze del contesto socioambientale sulla relazione educativa possono inolt re essere costituite da conflitti, cosiddetti extrapersonali (ma facilmente incorporati poi a livello interiore), riguardanti lo sfondo economico e politico. Tali conflitti possono avere ricadute sulla politica scolastica (Pianta, 1999; Blandino & Granieri, 2002). Hanno importanza, a questo proposito, le difficoltà logistiche, che possono ostacolare o meno il farsi della relazione (possibilità di condividere esperienze formative, ecc.); oppure i conflitti interpersonali e i fenomeni da stress che possono coinvolgere la figura del docente, a causa del tipo di organizzazione scolastica di fatto esistente. Un’analisi delle inf luenze del contesto socio-ambientale sulla relazione educativa è stata svolta nel 2004 e ripetuta nel 2014 grazie ad un sondaggio specifico, registrando una buona stabilità nei risultati principali. L’indagine era volta ad indagare la natura dello stress nella professione docente in un campione di scuole romane con organizzazione didattica modulare o a tempo pieno (Istituti Comprensivi, comprendenti Scuole Elementari e Medie). E’ stato applicato un protocollo per un’intervista a domande aperte relative ai motivi personali di soddisfazione e insoddisfazione nel lavoro scolastico e si è intendeso rilevare un’eventuale influenza dell’organizzazione scolastica sui conflitti esperiti dai docenti. Sono stati considerati vari indicatori per l’interpretazione dei risultati del sondaggio: la quantità di questionari restituiti, la quantità e la qualità degli aspetti problematici reperiti, la quantità e la qualità degli aspetti soddisfacenti reperiti. I questionari restituiti sono risultati circa il 40% di quelli distribuiti: questa percentuale contribuisce a sottolineare le resistenze iniziali TuttoscuolA n. 556 Progetti internazionali Ritorna il CFMUNESCO (26-28 Novembre): grazie al Convitto “Paolo Diacono” 250 studenti da tutto il mondo saranno a Cividale CFMUNESCO, la simulazione dei dibattiti delle Nazioni Unite (MUN) nato lo scorso anno in seno al Convitto Nazionale “Paolo Diacono”, ritornerà a Cividale del Friuli (UD) dal 26 al 28 novembre 2015, coinvolgendo 250 studenti delle scuole superiori che giungeranno da tutto il mondo, per confrontarsi in inglese su problematiche socio politiche mondiali di attualità, imperniate sul tema generale “To pretect and preserve”. Il progetto CFMUNESCO è nato nel 2014 su iniziativa di un comitato spontaneo di studenti dei Licei del Convitto, con pluriennale esperienza di conferenze MUN all’estero. L’iniziativa ha immediatamente incontrato il sostegno della rete di scuole Fri. Sa.Li.*, che hanno condiviso l’intento di offrire agli studenti degli istituti di II grado la possibilità di prendere parte ad un’attività di portata internazionale che vede la partecipazione di ca. 250 studenti: 100 provenienti da Paesi di tutto il mondo (tra gli altri Spagna, Albania, Argentina, Australia, Bangladesh, Isole Mauritius, Moldavia, Nuova Guinea, Olanda, Russia e Slovenia) e ca. 150 studenti provenienti da scuole italiane. L’obiettivo del MUN, unica simulazione UNESCO in Europa, è quello di soddisfare i bisogni formativi degli studenti delle scuole superiori a cui è rivolto. Esso rispecchia il format di una conferenza organizzata dagli studenti, che per tre giorni indossano i panni dei delegati delle Nazioni Unite per rappresentare le posizioni di un Paese. Il che equivale a scrivere e avanzare proposte, confrontarsi con gli altri attraverso il dibatto e il voto per proporre soluzioni plausibili ai problemi mondiali. I confronti avvengono in inglese e si svolgono secondo le procedure formali seguite alle sessioni dell’ONU. Come ha osservato la nuova Dirigente Scolastica del Convitto Nazionale Paolo Diacono, dott.ssa Patrizia Pavatti: “Siamo felici di riproporre un’iniziativa dall’alto contenuto formativo che offre a studenti di diversa provenienza e cultura una preziosa occasione di confronto, in cui mettersi seriamente in gioco, affinando le proprie capacità organizzative e di public speaking, ed acquisendo nozioni importanti relative ai grandi temi della politica internazionale.” Per informazioni visitare il sito www.cfmunesco.it. 41 Valutare oggi Politica scolastica che un sistema di valutazione degli aspetti conflittuali tende ad incontrare. La loro analisi, inoltre, ha fatto rilevare, in sintesi, motivi di soddisfazione nell’attività professionale che vanno dalla libertà di insegnamento all’armonia e collaborazione tra colleghi, alla stima delle famiglie, ai progressi scolastici degli allievi, all’avere un buon rapporto con gli allievi, al sentire di avere buone capacità relazionali e di aver seguito le proprie attitudini, al vivere in un clima rilassato e sereno, allo svolgere responsabilmente il proprio lavoro. Tra i principali motivi di insoddisfazione nell’attività svolta abbiamo i seguenti: scarsa considerazione sociale del lavoro svolto dagli insegnanti; pochi riconoscimenti al merito e all’impegno professionale anche da parte dei Capi d’Istituto; bassa retribuzione; troppa burocrazia; carenze nelle strutture scolastiche; scarsa collaborazione delle famiglie o fra colleghi; scarse opportunità di aggiornamento e di attenzione per l’innovazione (dallo studio della lingua straniera alla disponibilità di aule multimediali); “errori” nel rapporto con i bambini; incertezza riguardo all’organizzazione futura. Come vediamo, tra questi motivi di insoddisfazione vi sono varie voci relative ad una organizzazione istituzionale vissuta come deficitaria. Per quanto riguarda il micro-contesto, si va dalla carenza di strutture e di spazi ampi ed attrezzati, alla distribuzione non equa delle risorse interne. Per quanto riguarda il macro-contesto socio-politico ed economico, si va dalla scarsa retribuzione, ai pochi riconoscimenti al merito, da parte di una organizzazione scolastica che non incentiva a migliorarsi, non gratifica l’impegno, non promuove una leale competitizione e non riconosce avanzamenti di carriera. 42 Il sondaggio, i cui risultati sono stati riferiti collettivamente ai gruppi di insegnanti partecipanti, e debitamente discussi, è risultato valido per l’aquisizione di una maggiore consapevolezza degli aspetti positivi e, soprattutto, delle difficoltà e dei conflitti incontrati dagli insegnanti medesimi nello svolgimento della loro attività; e ha offerto informazioni utili ai fini della coordinazione e programmazione delle attività di sostegno alla funzione docente previste nell’ambito del “Piano dell’Offerta Formativa” delle varie istituzioni scolastiche coinvolte. Si torna così a sottolineare che l’intento, previsto nell’ambito della innovativa gestione autonoma delle istituzioni scolastiche, era tra l’altro quello di rispondere ai bisogni dei docenti e di permettere l’ottimizzazione delle risorse professionali, a chiaro vantaggio dell’utenza: intento che permane tuttora. D’altro canto, in continuità con quanto fin qui sostenuto, studi condotti da Rutter, Herzberg & Paice (2002) hanno dimostrato come laddove una struttura organizzativa comporta per i suoi membri una scarsa autonomia (per via d’una persistente organizzazione centralizzata o d’una struttura societaria estremamente verticale), unitamente ad uno stato di sovraccarico di ruoli e uno scarso equilibrio tra “potere” e responsabilità, essa produce forti condizioni di stress per le figure professionali interessate. Si collegano a questa linea di ricerca lavori recenti condotti da Pedditzi e Nonnis (2014) sul crescente livello di stress nelle professioni della docenza, con fenomeni che vanno dall’esaurimento emotivo al vero e proprio burnout, segno che l’applicazione di una reale autonomia scolastica con valorizzazione delle varie risorse professionali è ancora deficitaria nella scuola italiana. Non solo gli atteggiamenti dei membri di una organizzazione possono rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di condizioni di sovraccarico di stress e per il conseguente deterioramento delle relazioni interpersonali, tra cui quella a scopo educativo; ma anche la struttura organizzativa - di cui lo stile di Leadership è un fattore centrale -, ed il contesto socio-ambientale, possono costituire fattori di rischio nella medesima direzione. Per garantire una buona dinamica relazionale, dalla quale in base ai riferimenti scientifici di settore si rileva come possano discendere benessere e produttività in ogni organizzazione, sarà utile porre attenzione oggi, anche per la scuola, ad entrambi questi fattori, ed alla loro reciproca interazione. *Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi “Roma Tre” Riferimenti bibliografici essenziali Biasi, V. (2011). Dinamiche conflittuali e leadership in ambito educativo: effetti sui processi di apprendimento. In G. Domenici & G. Moretti (a cura di), Leadership educativa e autonomia scolastica. Il governo dei processi educativi nella scuola di oggi. Armando, Roma (pp. 119-144). Blandino, G. & Granieri, B. (2002). Le risorse emotive nella scuola. Cortina, Milano. Pedditzi M.L. & Nonnis M. (2014). Psycho-social sources of stress and burnout in schools: research on a sample of Italian teachers. Medicina del Lavoro, 105(1), 48-62. TuttoscuolA n. 556 Obiettivo docente Learn English with Audio Resources di Maria K. Norton Now that you have settled into the school year and got to know your groups of learners, it’s a good time to consider extending the resources you expose your students to. Using audio with text is the easiest extension from just using text. In its most effective form this consists of a recording being made of someone reading the narrative or poem. The recording might be made by the author, which gives a satisfying degree of authenticity to the project, but, sadly, not all writers are good readers. Sometimes, therefore, the voice will be that of an actor. Either way, this is a chance to hear a native speaker reading aloud a text that the students have studied. And make no mistake, this is an activity that should be carried out after the student has done some study of the text. It should not be used as an introduction – as that would risk a missed opportunity to explore beneath the surface of the words. Poetry sources There are a number of sources for teachers to download poetry being read aloud though not all the poetry is contemporary. Probably the biggest source is Poetry Archive | www. poetryarchive.org |, which features poets reading their own works. Along with an ever-expanding collection of contemporary poets at work, it has an exciting collection of vintage recordings. There is a special section devoted to supporting teachers wishing to use the archive, though it should be noted that the teachers in mind are those teaching literature, not necessarily language, and who are working to the UK National Curriculum. Having said that, much of the material is flexible and can be used in a variety of settings. Another resource, perhaps more easily accessible, is the Teaching Teens stories and poems section of the BBC and British Council’s teachingenglish website. | http://www.teachingenglish.org.uk/ teaching-teens/resources/stories-poems | In this part of the award-winning website, why not start with the resource entitled Tiny Cinderella?http:// www.teachingenglish.org.uk/article/ tiny-cinderella-somewhere-lowerlevel | I like this resource because it combines the audio statement of TuttoscuolA n. 556 the teacher who took the photo under study with a series of exercises to promote vocabulary development and thinking skills. There are a number of other sources of poetry, including the Poetry Society and a number of poets have their own poems available as audio downloads including Roger McGough | www.rogermcgough.org.uk| and Francesca Beard, both of whom have worked with British Council projects in schools. Short story sources Recordings of short stories are readily available and can provide an element of suspense to any lesson. On the aforementioned teachingenglish website, The Landlady is a popular one and it uses a short story by world renowned author Roald Dahl. | http://www.teachingenglish.org.uk/ article/landlady | A number of classic English language short stories are available from | http://www.learnoutloud. com/Free-Audio-Video/Literature/Short-Stories | If you are searching for contemporary short stories, you need to check out Comma Press | www.commapress.co.uk | which is ‘a not-for-profit publishing initiative dedicated to promoting new fiction and poetry, with an emphasis on the short story. It is committed to a spirit of risk-taking and challenging publishing, free of the commercial pressures on mainstream houses.’ Audio is used in the majority of the BritLit kits and, some cases, additional audio of interviews with writers is available. In one case, Lucky by Jane Rogers, the majority of the kit is in audio form, and the story is listened to rather than read. Another text I’d recommend is Billy Elliot. This is the story of a boy from a coal mining family who decides to be a ballet dancer and whose decision causes, perhaps predictably, a great deal of family controversy. The novel by Melvin Burgess is based on the film of the same name. | http://www.teachingenglish.org. uk/article/billy-elliot | If you want a quick fix to venture into the realm of audio files for English language learning, possibly the easiest resource to access is the LearnEnglish Audio and Video app, which can be downloaded from the Google store or from iTunes. Contact Maria K. Norton for more information: [email protected] 43 Il cantiere delle didattica di Italo Fiorin L La scuola è centrale? a legge 107/15, che tutti hanno imparato a conoscere come la legge della Buona Scuola, all’articolo 1, dedicato ad esplicitare le finalità del testo, si presenta quale strumento finalizzato ad “affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza”. Ma è ancora proponibile la centralità della scuola? A prima vista l’affermazione risulta sorprendente. Oggi la scuola ha perso la sua centralità proprio grazie all’avvento di quella società della conoscenza che la stessa legge richiama. La scuola non è centrale per quanto riguarda l’erogazione delle conoscenze, dal momento che l’apprendimento avviene molto di più grazie agli stimoli provenienti dagli ambienti extrascolastici, soprattutto per effetto della potenza, molteplicità e pervasività delle tecnologie della comunicazione. Ciascun possessore di smart phone o di tablet ha tra le mani risorse conoscitive delle quali in nessuna biblioteca cartacea ben provvista si può altrettanto facilmente disporre. Le faticose ‘ricerche’ scolastiche, che un tempo gli insegnanti proponevano agli studenti per spingerli a consultare qualche testo e a metter piede in qualche biblioteca, oggi appaiono anacronistiche, dal momento che basta digitare un po’ su un motore di ricerca per poter ottenere in tempo reale tutte le informazioni desiderate. Senza fatica, per di più. A rendere ancora più marginale il tempo dell’apprendimento 44 scolastico nell’arco della vita di una persona sta il fatto che, malgrado l’obbligo scolastico in questi ultimi decenni sia andato progressivamente aumentando, questo non possa essere considerato affatto sufficiente, tanto che l’apprendimento che viene richiesto riguarda l’intero arco della vita. L’obbligo di andare a scuola finisce, l’università finisce, il tempo dell’apprendimento no. Ma anche sotto un altro profilo, non meno delicato, la scuola oggi non è più centrale. Un tempo vigeva un patto di continuità e di solidarietà con la famiglia e la società, che vedeva la scuola deputata alla trasmissione di quei valori ritenuti indispensabili per costruzione dell’identità nazionale, della cittadinanza. Ricordiamo tutti l’espressione “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Anche su questo terreno le cose sono profondamente cambiate. I valori di riferimento, vengono veicolati dai social network. La globalizzazione avvicina e massifica, il pluralismo culturale e religioso mette di fronte ad una molteplicità di modelli, favorendo nuove identificazioni o nuovi disorientamenti. La scuola che voglia ridiventare centrale nel processo di trasmissione culturale e di educazione alla cittadinanza non può affidarsi alle modalità di un passato che ormai non esiste più, quando il problema era di aiutare gli alunni a far evolvere la dimensione localistica del loro sentirsi parte di una comunità fino ad acquisire il sentimento di una appartenenza nazionale. Oggi la realtà è molto più complessa. La globalizzazione ha eliminato le distanze e cancellato le barriere dei confini locali, facendo sì che ogni villaggio si possa affacciare sulla piazza globale vivendo le vicende del mondo in presa diretta, senza filtri o mediazioni. L’interdipendenza è diventata sempre più stretta, talvolta in termini anche drammatici, come nel caso delle guerre, del terrorismo, dei problemi ambientali. Tutto questo ha conseguenze molto negative, sul piano della costruzione dell’identità culturale e sociale. Una delle più gravi è quella del ripiegamento, dello stringersi attorno al proprio campanile o municipio costruendo una identità difensiva, alimentata da un sentimento di pericolo, fragile nel suo nucleo interno e perciò ostile a tutto ciò che arriva da lontano, sentito come straniero e nemico. Un altro tipo di conseguenza negativa, esattamente opposta a quella appena indicata, consiste nel non saper custodire la propria identità cura, minata dalla massificazione prodotta dal consumismo che appiattisce ogni differenza e riduce le persone alla dimensione di consumatori, avviate, quasi senza accorgersene, a diventare numeri, o come direbbe Musil, uomini senza qualità: “Non si sa bene come avvenga quel mutamento che in certe circostanze trasforma degli uomini coscienti in una massa consenziente, capace di qualunque eccesso nel bene come nel male, e incapace di ragionare”. Le ragioni appena TuttoscuolA n. 556 Il cantiere delle didattica citate mettono in luce una perifericità della scuola dovuta a fattori, per così dire, esogeni, rispetto ai quali l’istituzione scolastica non porta responsabilità. Si tratta di condizioni esterne, frutto di cambiamenti rapidi e profondi che riguardano tutti i Paesi, a livello globale. Ma, accanto a questi, va aggiunta una ulteriore ragione, questa purtroppo tutta italiana, che ci deve preoccupare anche maggiormente. L’art.1 della legge 107, richiama un compito molto importante della scuola, vista come presidio “per contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica”. Purtroppo, rispetto a questo compito, bisogna riconoscere un fallimento. Il fatto stesso che tra le finalità che la nuova legge assegna alla scuola vi sia quella di contrastare le diseguaglianze e arginare gli abbandoni implicitamente porta a riconoscere che tali piaghe sono ancora vive, diffuse, dolorose. La nostra scuola non fa la differenza, non provoca quel cambiamento migliorativo che negli anni Sessanta/Settanta era stato sognato e che ha guidato tanto pensiero e tante esperienze innovative. Oggi, non diversamente dai tempi della Lettera ad una professoressa, conta molto di più nascere bene che andare alla scuola dell’obbligo, anzi il divario tra ricchi e poveri è venuto aumentando, la dispersione scolastica ha toccato vertici paurosi. Ci sono interi pezzi d’Italia scolastica che si stanno allontanando da standard almeno sufficienti, e questo dovrebbe farci rivedere il già citato detto: bisogna fare l’Italia, piuttosto che gli italiani, perché ora di Italie TuttoscuolA n. 556 ce ne sono almeno tre, e quella che sta meglio viaggia a una velocità che sta segnando un divario destinato a divenire incolmabile, se non vi si provvede con urgenza e con efficacia. La scuola è centrale Ma, paradossalmente, proprio per quanto detto, alla scuola, nei fatti periferica e sofferente, va riconsegnata una irrinunciabile centralità. Si tratta di una centralità da ri-costruire e non di una solida base dalla quale partire, purtroppo, ma questa ricostruzione va perseguita con determinazione e coraggio. La necessità che la scuola ridiventi centrale è data, prima di tutto, dal ruolo che deve assumere nello scenario della società conoscitiva. Le conoscenze non scarseggiano, anzi le informazioni sovrabbondano, ma serve un luogo che educhi al pensiero. Senza la capacità di organizzare le informazioni, di filtrarle, di selezionarle, di verificarle, non solo non si è capaci di servirsene utilmente, ma si resta in loro balia, facili prede delle mille manipolazioni possibili. Da qui la necessità di ripensare i curricoli scolastici e, anche di più, le modalità dell’insegnamento. L’impegno richiesto è molto di più di una innovazione tecnologica. E’ evidente che la didattica trasmissiva ancora largamente prevalente deve cedere il posto ad una didattica che aiuti a sviluppare pensiero critico, creativo, capace di fronteggiare la complessità dei problemi che si presentano e si presenteranno, capace di fare i conti con l’incertezza e l’inedito. Bisogna aggiungere che questa educazione al pensiero non può riguardare solo pochi fortunati, deve riguardare tutti. Il raggiungimento del diritto all’istruzione non è sufficiente se non si accompagna al diritto alla qualità dell’apprendimento, una qualità diffusa, generalizzata. Questa è la frontiera da raggiungere, la sfida più difficile. Per perseguire tale finalità la scuola è centrale, senza una buona scuola questa frontiera non sarà raggiunta e sprofonderemo nella mediocrità diffusa. Sarà una buona legge? Per almeno tre buone ragioni, dunque, la scuola deve ridiventare centrale. Perché la società della conoscenza ha bisogno di un luogo che educhi al pensiero critico e alla saggezza; perché la società globalizzata ha bisogno di un luogo che educhi all’incontro con le altre culture e ad una cittadinanza plurale (cittadini del proprio paese e cittadini del mondo); perché se si vuole contrastare l’ingiustizia che divide i più svantaggiati dai privilegiati, c’è bisogno di un luogo che aiuti a colmare questa distanza. Tale luogo, di cui c’è un grande bisogno, non può che essere la scuola. Una scuola diversa da quella che abbiamo conosciuto, una scuola migliore. Non possiamo accontentarci di isole di eccellenza in un mare di mediocrità. La legge 107 sarà in grado di favorire il rilancio della scuola, di restituirne la necessaria centralità? Molte cose ancora non convincono, altre dovranno essere definite da provvedimenti che sono oggetto di delega, e ci auguriamo che tali provvedimenti possano risultare saggi ed efficaci. Non è, però, questo il tempo di contrapposizioni feroci, non possiamo prenderci il lusso di scommettere contro, è un problema nazionale, ci riguarda tutti. 45 Scuola e famiglia di Rita Di Goro* ATTORI DELLA RIFORMA C he cosa sarà de La Buona Scuola? Questo è l’interrogativo che fa dormire sonni poco tranquilli a più di uno di coloro che si occupano di scuola. Non solo il personale scolastico, ma anche genitori e studenti, operatori dei servizi alla prima infanzia, responsabili degli enti locali. Una delle possibili vie interpretative passa dall’analisi dei ruoli che la legge 107/2015 assegna ai vari attori. La prima ricognizione è quella 46 numerica: nel testo della riforma (un unico articolo composto da 212 commi) i docenti sono citati in 52 commi, i dirigenti scolastici in 23, gli alunni in 31, le famiglie in 8, gli organi collegiali in 7. I numeri però da soli non bastano, perché occorre vedere cosa in concreto questi attori sono chiamati a fare. Si è già detto lungamente del preside sceriffo (a detta dei detrattori) o del preside sindaco (da parte dei fautori della riforma), ma a noi pare piuttosto un preside superman, quello che avrà un ruolo di impulso in praticamente tutta l’attività scolastica, dagli indirizzi per le attività della scuola e le scelte di gestione e di amministrazione, alla valutazione dei docenti, all’assegnazione dei compensi. Non c’è da meravigliarsi che i docenti, cui sono stati definitivamente preclusi spazi prima riservati alla collegialità e alla contrattazione sindacale, siano in TuttoscuolA n. 556 Scuola e famiglia pieno fermento. Su di loro il testo de La Buona Scuola si dilunga assai di più che non sui dirigenti scolastici, vedendoli però principalmente quali destinatari di interventi di formazione nonché di norme dettagliate per la loro assunzione. Il ruolo attivo dei docenti nel testo della riforma è limitato ad elaborare il piano triennale dell’offerta formativa; a presentare le candidature per le assegnazioni di sede; ad accettare gli incarichi assegnati dal dirigente scolastico; a coadiuvare il dirigente. Va meglio agli studenti, che sono sì visti come parametri per gli organici e destinatari dell’attività educativa e della gestione amministrativa, ma non si dimentica di dire che occorre tenere conto delle loro scelte, rispettarne i tempi e gli stili di apprendimento, coinvolgerli nei percorsi formativi individualizzati e nelle iniziative di orientamento. Studenti e famiglie hanno poi diritto a una piena trasparenza e pubblicità dei piani triennali dell’offerta formativa, in modo da poter effettuare una valutazione comparativa delle singole scuole; infine è previsto che lo studente esprima un parere sull’istruzione ricevuta, ma limitatamente alla valutazione dell’efficacia e della coerenza dei percorsi di alternanza scuola-lavoro con il proprio indirizzo di studio. Meglio stendere un velo pietoso sul tanto decantato comma 129, che riformula l’art. 11 del Testo unico della scuola, introducendo nel Comitato di valutazione due genitori (ovvero un genitore e uno studente nelle scuole superiori). I facili entusiasmi si smorzano non appena verificate le competenze del comitato, che consistono prevalentemente nel fornire al dirigente scolastico i parametri per attribuire ai docenti una gratifica dal fondo ministeriale per la valorizzazione del merito. In TuttoscuolA n. 556 via residuale, il comitato valuta il servizio dei docenti su richiesta dell’interessato e riabilita il personale docente che abbia subito sanzioni disciplinari; dà infine un parere sul superamento del periodo di prova degli insegnanti, ma non alla presenza di genitori e studenti. Quanto ai genitori, il testo di legge di riforma va poco oltre i buoni intenti di interazione e ascolto delle scelte delle famiglie annunciati nei primi commi. Ci si dilunga invece sulla partecipazione economica, che va dalla possibilità di realizzare attività educative durante la sospensione delle attività didattiche (ma senza oneri per lo Stato, comma 22); alla compartecipazione alle spese dei servizi da 0 a 6 anni, come doveroso contraltare all’attenzione che si auspica rivolta ai tempi di vita, cura e lavoro dei genitori (comma 181e); infine al dettagliatissimo elenco delle detrazioni spettanti a chi si lascia andare ad erogazioni liberali a favore delle scuole (commi 145-151). Viene confermata la possibilità di fornire proposte e pareri ai fini della predisposizione del piano triennale dell’offerta formativa, ma a quanto pare nessuno ancora si è accorto che è stata spazzata via la centralità del Consiglio d’istituto nel definire gli indirizzi e le strategie del POF (comma 14). E allora noi genitori che ci stiamo a fare? viene da chiedersi. Inquietante il comma 2, che senza alcun pudore recita: “le istituzioni scolastiche garantiscono la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali e la loro organizzazione è orientata alla massima f lessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico”. Si investe sull’edilizia scolastica, ma occorreranno anni per vederne i benefici; e se il sostanziale raddoppio del finanziamento per il funzionamento previsto dalla legge 107/2015 fa ben sperare le famiglie di poter destinare il proprio contributo volontario al materiale didattico e agli esperti, anziché alle classiche fotocopie o alla carta igienica, ci pensa la legge di stabilità per il 2015 (L. 190/14, commi 332, 333 e 334) a introdurre ulteriori elementi di instabilità stabilendo il taglio di 2.020 posti di personale non docente e contemporaneamente introducendo il divieto di nominare supplenti: il primo giorno per i docenti, la prima settimana per i collaboratori scolastici e in assoluto per il personale di segreteria. Pur facendo ricorso alle ore a disposizione, al pagamento di ore di straordinario e all’utilizzo di docenti dell’organico dell’autonomia (che saranno non più di 5-6 per scuola), è matematico che in tempo di influenze ci saranno moltissime classi scoperte e plessi privi della necessaria sorveglianza, soprattutto il lunedì, quando saranno contemporaneamente assenti tutti coloro che si saranno ammalati durante il weekend. I genitori non hanno nessuna voglia di assistere ad accorpamenti di classi, entrate posticipate e uscite anticipate e ancor meno desiderano trovare la scuola chiusa per influenza. Abbiamo avuto un assaggio in occasione degli scioperi e di certo non passeremo sotto silenzio questo insensato attacco al tempo scuola. Ma anche se sulla carta si annunciano tempi cupi di centralismo e di chiusura, con il dirigente ancor più arroccato nella sua autoreferenzialità, e forse proprio sulla spinta di ciò che come famiglie stiamo perdendo, confidiamo che i genitori sapranno trovare un giusto spazio per rinnovare una buona e costruttiva collaborazione tra scuola e famiglia. *Presidente Associazione Genitori A.Ge. Toscana 47 DOSSIER BASILICATA a cura di Alfonso Rubinacci Innovazione tecnologica e crescita qualitativa degli esiti formativi sono il terreno su cui si deve misurare il sistema educativo. Ma servono in primo luogo infrastrutture e una strategia funzionale al nuovo piano scuola digitale. Sulla necessità di uno “scatto” avanti vi è un consenso forte, mentre si avverte ancora una diversità di vedute sui modi e sugli strumenti con cui percorrere la strada della modernizzazione. Occorre fare chiarezza su un punto: digitalizzare non significa aggiungere “tecnologia” a quello che si TECNOLOGIE Dossier Per una crescita qualitativa della scuola fa, bensì modificare la lista delle priorità e cambiare il modo in cui facciamo le cose. Digitalizzare un processo non equivale a spostarlo su un pc o su internet, ma impone di modificare il processo stesso e l’organizzazione che ne ha la responsabilità. “La nostra finalità - sottolinea la prof.ssa Maria Luisa Sabino, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo “Torraca” di Matera - “è che i ragazzi imparino a gestire e non subire il loro utilizzo, mantenendo integra la loro innata curiosità critica”. Solo così la trasformazione digitale consente di fare, in modo più efficiente e rapido, cose che prima richiedevano maggiore tempo. Certamente, una radicale ristrutturazione dell’organizzazione e dei processi richiede un impegno profondo e impone il superamento di ostacoli e difficoltà, ma è una sfida che vale la pena di raccogliere. L’introduzione del digitale nei processi di insegnamento/apprendimento ha certamente innescato già una rivoluzione di cui si possono cominciare a raccogliere i frutti, nonostante qualche resistenza persistente. La testimonianza di tante esperienze di istituzioni scolastiche che hanno saputo cogliere l’opportunità della digitalizzazione, fa pensare che la strada sia quella giusta. “Progressivamente i docenti anche quelli più restii - conferma la dirigente Sabino - dapprima costretti dall’introduzione del registro elettronico poi sollecitati dalla presenza di alunni con bisogni speciali, hanno sciolto le proprie riserve sull’utilità delle nuove tecnologie in classe: i risultati più 50 evidentemente positivi si riscontrano nella serenità dell’ambiente di apprendimento che circonda gli alunni, felici di poter utilizzare i loro strumenti tecnologici … “. “Far lezione in modo tradizionale - completa il prof Riccardo Lopes, docente presso l’IIS “ G. Fortunato” di Rionero in Vulture, - non ha senso e l’uso delle TIC, da solo, non migliora l’apprendimento. Occorre “smontare” e “rimontare” metodi, contenuti e spazi per l’apprendimento, tenendo conto del potenziamento offerto dalla tecnologia”. Se le esperienze positive sapranno diventare sistema, grazie all’impulso che viene dalle esper ienze come quella della Basilicata, con il sostegno delle associazioni imprenditoriali e la convinzione di chi lavora tutti i giorni per migliorare il livello di qualità del sistema educativo, allora anche la scuola potrà concorrere con efficace impulso alla crescita del nostro Paese. La banda larga in tutti i comuni entro il 2017 e un processo di digitalizzazione di tutta la scuola lucana sono gli obiettivi che l’assessore regionale all’istruzione Raffaele Liberali persegue, in piena sintonia con la d.ssa Datena, coordinatore dell’ufficio scolastico regionale per la quale: “Le maggiori difficoltà incontrate nel processo di digitalizzazione delle scuole sono legate alla scarsa connettività specie nelle scuole primarie e secondarie di I°grado”. Per superare l’attuale “insufficiente disponibilità di banda larga - ribadisce a Tuttoscuola l’assessore Liberali - la Regione ha messo in piedi un programma di infrastrutturazione digitale che a breve farà diventare la Basilicata la prima regione del sud Italia ad avvicinarsi allo “0 digital divide”. I soggetti istituzionali della Basilicata dimostrano di volere contribuire agli obiettivi del sistema educativo, puntando al miglioramento delle condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche, all’innovazione ma anche alle esigenze di chi opera nella scuola. Va sottolineata la scelta prioritaria della regione di cercare un maggiore contatto con il territorio, alzando il livello di appeal del progetto attraverso iniziative specifiche. Questa collaborazione sembra, infatti, la via più promettente per portare la scuola lucana al centro di una rinnovata rete di relazioni culturali ed economiche nella regione. “Il progetto Distretto Scol@ stico 2.0 promosso dalla regione Basilicata, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale è in corso di realizzazione - osserva il prof Mario Coviello, componente della task force per la digitalizzazione della scuola lucana - ed ha tra gli obiettivi principali quello di sperimentare e analizzare come l’introduzione di strumenti tecnologici avanzati possa cambiare i processi di insegnamento-apprendimento e l’organizzazione stessa del lavoro nelle scuole”, (anche) “la ridefinizione della formazione professionale dei docenti - conclude il prof Coviello - deve partire dall’analisi dei bisogni legate alle istanze, alle aspettative e necessità sia personali che collettive”. L’iniziativa ha le sue radici nella consultazione delle famiglie degli TuttoscuolA n. 556 alunni e degli operatori scolastici denominata “ I visionari della scuola”, avviata nel settembre 2014, che ha permesso di condurre un’analisi obiettiva della realtà aiutando nell’individuazione delle scelte più efficaci. “Il ruolo del docente, e quindi la sua formazione – dice la prof. ssa Dianora Bardi, Vice Presidente di Impara Digitale, associazione accreditata di promozione di didattiche per la scuola digitale, – è ancora più importante oggi nel guidare un processo sano ed efficace, basato su trasversalità, laboratorialità, collaborazione, co-creazione e condivisione nel cloud (…). L’effetto immediatamente rilevabile per la prof.ssa Bardi sono “le continue richieste di aggiornamento da parte dei docenti che ci seguono costantemente e l’entusiasmo con cui questi ultimi coinvolgono gli altri docenti della propria scuola”. In questa scenario si colloca la formazione dei primi 200 docenti delle scuole di primo e secondo grado, delle province di Potenza e Matera, sui temi della didattica digitale, nella prospettiva di coinvolgere tutti i docenti. Il programma, che potrebbe diventare buona pratica nazionale, persegue l’obiettivo del completamento e ampliamento del Distretto Lucano 2.0. Le scelte giuste, le sinergie tra le istituzioni locali sugli obiettivi condivisi e la convergenza delle risorse sembra essere la strada vincente. Si ringraziano la d.ssa Paola Torre, la prof.ssa Nicoletta Ferroni, la dssa Claudia Datena, il dott. Vincenzo Fiore, l’ing. Salvatore Panzarano, l’ing. Pasquale Costante e il prof Mario Coviello, per alcune rif lessioni condivise che hanno contribuito a costruire, grazie anche all’apprezzata disponibilità degli interlocutori coinvolti, il contenuto del dossier. TuttoscuolA n. 556 TECNOLOGIE Intervista a Raffaele Liberali, assessore Dossier all’istruzione della Regione Basilicata “Formare i formatori” Raffaele Liberali, laureato in Ingegneria meccanica all’Università La Sapienza, ha lavorato per 5 anni nell’industria chimica Italiana (Montedison, Ankerfarm). Nel 1979 si è trasferito a Bruxelles presso la Commissione Europea, lavorando nel campo dell’ energia, della finanza, della gestione del personale, e dal 1996 alla Direzione generale della ricerca e dell’Innovazione come Direttore prima degli affari generali, poi delle borse Marie Curie ed infine dell’Energia. Da Aprile 2012 a luglio 2013 ha svolto la funzione di Capo dipartimento Ricerca, Università ed AFAM del MIUR. Successivamente ha collaborato con il CNR e l’INFN per gli affari europei. Dal 28-12-2013 è Assessore della Regione Basilicata con delega allo Sviluppo, Formazione, Lavoro e Ricerca. Dal mondo dell’impresa, molti interventi hanno affermato l’importanza strategica della generalizzazione della cultura digitale nella scuola per rispondere alle esigenze di nuove competenze e di un più agevole inserimento nel mondo del lavoro in continua trasformazione. Assessore Liberali, siamo al penultimo posto in Europa per disponibilità di banda ultra larga da parte delle scuole. In che misura l’insufficiente disponibilità di banda larga può condizionare lo sviluppo della scuola digitale lucana? “La “insufficiente disponibilità di banda larga” di cui lei parla è destinata a finire molto presto, almeno in Basilicata. La Regione ha messo in piedi, grazie anche alle risorse europee provenienti dal PO FERS 2007/2013 (fondo europeo di sviluppo regionale) un programma di infrastrutturazione digitale che a breve farà diventare la Basilicata la prima regione del sud Italia ad avvicinarsi al digital divide 0. E’ stato già deliberato un finanziamento pubblico di 22,1 milioni di euro, con il quale fra la fine del 2015 e settembre 2016 verranno raggiunti dalla Banda Ultra Larga (BUL) 64 comuni lucani, che insieme ai capoluoghi – già serviti da privati - costituiscono il 73,7% del territorio regionale, per un totale di 330.000 abitanti, 170.000 unità immobiliari, 91 scuole, 116 uffici pubblici, 13 strutture sanitarie, 73 sedi di forze armate, 4 aree PIP / industriali. Il completamento è previsto grazie i fondi nazionali e alla prossima Programmazione 2014-2020” Cosa fare per evitare che le scuole della Regione Basilicata, gli studenti e i docenti, rimangano ai margini dello sviluppo tecnologico? Cosa servirebbe per regolare e guidare il processo, e per contrastare i pericoli connessi? “La prima cosa da fare è formare i formatori, ovvero i docenti. Ma anche le famiglie. E’ appena partita la formazione di 200 docenti delle scuole di primo e secondo grado delle province di Potenza e Matera sui temi della didattica digitale, e il programma punta a digitalizzare tutte le scuole della regione, formare tutti i docenti. Un programma disegnato e realizzato con la stretta collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale e che speriamo possa diventare buona pratica nazionale: il MIUR se ne sta già interessando e stiamo 51 TECNOLOGIE Dossier PIANO REGIONALE PER LA SCUOLA DIGITALE: “DISTRETTO SCOL@STICO 2.0 di Claudia Datena* Claudia Datena, Laureata in Economia e Commercio, Dirigente presso l’Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata dal 2005. Da Aprile 2015 Coordinatore regionale dell’USR Basilicata. lavorando insieme in vista di un Accordo di Programma. Partiamo intanto con il completamento e l’ ampliamento del Distretto Lucano 2.0: 13 Scuole 2.0, contro le 2 attualmente esistenti, cui verranno consegnate oltre 1.000 tablet e LIM, nelle quali verrà realizzata la connessione alle reti in banda larga e il potenziamento di infrastrutture di rete; a ciò si aggiungono oltre 200 classi 2.0, con un investimento totale di oltre 5 MLN di euro, tratti anche dal fondo europeo.” 52 Rispetto ad altre aree territoriali italiane dove possiamo posizionare il sistema scolastico della Basilicata? “Le scuole della Basilicata non sfuggono alle problematiche che affliggono la scuola italiana nel suo complesso, legate in particolare alla carenza di fondi, solo in parte compensati dalle risorse comunitarie. In Basilicata poi lo spopolamento dei comuni più piccoli ha costretto ad accorpamenti di plessi scolastici e a ripristinare le pluriclassi, con inevitabile disagio per studenti e famiglie. Ma, come già spiegato, stiamo facendo il possibile per investire sulla scuola, ed in particolare sulla digitalizzazione delle scuole, dei docenti e degli studenti. Crediamo fermamente che è da lì che passa il futuro della nostra regione: dall’immateriale che connette con il mondo. Un solo esempio, e proprio a proposito di pluriclassi: nel corso del 2014-2015 l’European Space Agency - ESA (insieme all’Agenzia Spaziale Italiana - ASI) ha sperimentato il collegamento permanente via satellite fra una piccola scuola di Tricarico (MT) ed una scuola africana. L’ESA, vista l’ottima riuscita della sperimentazione, ha già deciso U na scuola coerente con i bisogni formativi dei “nativi digitali”, in grado di rispondere alle esigenze innovative di una società ad alta tecnologia, deve superare il concetto tradizionale di aula come area delimitata, per creare uno spazio di apprendimento aperto sul mondo, di allargarla a 30 scuole lucane, e il progetto pilota è sotto stretta osservazione MIUR che vuol farne una buona pratica scalabile su altre regioni con i medesimi problemi di dimensionamento scolastico. Questo ci farà salire molto in alto, nella ipotetica “scala di qualità” con le altre regioni cui lei accenna nella sua domanda.” Qual è il contributo che l’assessorato all’istruzione sta dando per incrementare ed accelerare il processo di innovazione e di digitalizzazione del sistema educativo della regione? “A quanto ho già detto, aggiungerei l’Avviso Pubblico “Scuola InnovAttiva”, partito nel 2014, con il quale abbiamo voluto favorire lo sviluppo di progetti ad alto contenuto d’innovazione (non solo digitale) per contribuire alla crescita qualitativa dell’offerta formativa e didattica degli istituti scolastici statali di ogni ordine e grado della Basilicata.” Che cosa la colpisce di più del comportamento dei docenti? Come vede da cittadino, da assessore, lo stato di salute “professionale” dei docenti? “Ci sono sacche di resistenza alla diffusione della cultura e della didattica digitale, e non sempre dipende dall’età dei docenti. A questo serve la formazione, che in questa prima fase di Scuola Digitale è pensata soprattutto per loro. Però c’è anche grande spirito di collaborazione, e molta energia e motivazione rispetto all’obiettivo non solo di mettersi al passo con altre regioni italiane, ma, ove posuttoscuol sibile, di superarle.” T A n. 556 divertente, gratificante, stimolante, f lessibile, adatto ad un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella didattica. In Basilicata, grazie ai finanziamenti ministeriali erogati nel periodo 2007-2012,si è avviato un processo strategico di innovazione digitale nelle scuole di ogni ordine e grado. Con l’azione Piano LIM, sono state installate – nelle scuole di ogni ordine e grado – ben 565 LIM, con il coinvolgimento di oltre 11.000 studenti e la formazione di 1.221 docenti che si sono resi disponibili a integrare la LIM nella didattica quotidiana. L’azione Cl@ssi 2.0, partita nell’a.s. 2009/2010 e proseguita l’anno successivo, ha offerto a 14 scuole lucane, selezionate tramite bandi pubblici, la possibilità di reinventare l’insegnamento e l’apprendimento in un ambiente ad alto contenuto tecnologico. Nel 2012 il MIUR, nell’intento di dare impulso al P.N.S.D.e ridurre il digital divide interno al mondo della scuola, ha stipulato Non crede che sarebbe il caso di incentivare le iniziative tese alla riqualificazione professionale? Quali misure, secondo Lei, potrebbero venire incontro all’esigenza di riqualificazione professionale e di nuove competenze dei docenti? “Il Programma Operativo regionale Fondo Sociale Europeo 2014-2020 stanzia molti milioni di euro per la scuola, e una buona parte di queste risorse sono dedicate all’aggiornamento ed alla riqualificazione professionale dei docenti, con particolare attenzione ad esperienze di livello europeo, scambi, azioni di internazionalizzazione di docenti e insegnanti. Per il sessennio 2014 – 2020, inoltre, possiamo disporre anche delle risorse dei Programmi Operativi Nazionali. Le risorse ci sono. E le regole anche: la riforma della Buona Scuola del governo consente l’introduzione di innovazione e tecnologie digitali nei programmi didattici come mai prima d’ora. Ma come dicevo è assolutamente indispensabile una partecipazione attiva di quella parte dei Docenti e dei Dirigenti scolastici motivati che possano ‘’trasformarsi in promotori del cambiamento dall’interno’’. Quali le iniziative di formazione, non solo sul piano tecnico operativo ma anche più ampiamente culturale, che l’assessorato all’istruzione si impegna a rivolgere al personale della scuola? “Le iniziative di formazione sul piano tecnico operativo le abbiamo già descritte. Sul piano culturale, abbiamo un obiettivo: far comprendere che non basta l’hardware, cioè una LIM o un laboratorio informatico, perché la scuola diventi digitale. Serve far entrare il digitale nella didattica, rivoluzionando gli approcci tradizionali e i tradizionali rapporti docente / allievo / apprendimento. Ci serve far comprendere che l’approccio al digitale deve essere attivo, e non passivo. In questo ci stanno aiutando anche le molte esperienze volontarie sul territorio regionale portate avanti dai Digital Champions, che negli ultimi due anni hanno diffuso la pratica dei CoderDojo, i club per ragazzi fra i 7 e gli 11 anni nei quali i ragazzi imparano a programmare giocando.” Il progetto 2.0 lo ritiene sufficiente per generalizzare uttoscuol il sistema di connettività delle istituzioni scolastiche, T A n. 556 una serie di accordi operativi con le Regioni, sulla base dei quali sono stati effettuati bandi pubblici. In Basilicata l’Accordo, oltre ad incrementare il numero di LIM e le cl@ssi 2.0 (complessivamente n.18), ha previsto una Scuol@ 2.0 e 2 Centri Scolastici Digitali (piccole scuole di montagna con pluriclassi). Le maggiori difficoltà incontrate nel processo di digitalizzazione delle scuole sono legate alla scarsa connettività specie nelle condizione di favorevole sviluppo e qualificazione di tutta la scuola lucana con azioni di formazione dei docenti, di dotazione di infrastrutture e dispositivi mobili? “E’ necessario, ma non sufficiente. E’ solo il primo passo, anche se è un passo molto importante perché dirompente e perché coinvolge un numero ampio, il più ampio possibile in questo momento, di scuole. Questo vuol dire anche che scuole e docenti possono costituire una community, scambiarsi esperienze, affrontare insieme le eventuali difficolta’ connesse alla nuova didattica e al programma Scuola 2.0.” Concretamente cosa sta accadendo? “Un grande cambiamento. E come tutti i cambiamenti, porta scompiglio e un po’ di resistenze. Ma non si poteva più pensare di restare ancorati ai metodi tradizionali in un momento nel quale il digitale fa così parte della nostra vita che nemmeno ce ne rendiamo più conto.” Quali gli investimenti che potrebbe attivare o promuovere il mondo dell’impresa per sostenere la generalizzazione dell’innovazione tecnologica nel sistema educativo? Con quali modi e tempi di attuazione? “Anche nei rapporti fra scuola ed imprese stiamo mettendo tutta l’energia possibile. In questo campo molto resta da fare. Proprio in quest’ ottica la Basilicata ha aderito a tutte le sperimentazioni nazionali che tendono a motivare il mondo imprenditoriale ad essere più strettamente connesso alla scuola: abbiamo aderito alla sperimentazione del nuovo sistema duale (alternanza scuola - lavoro); abbiamo seguito da vicino l’iter delle nuove norme sull’apprendistato. E’ di questi giorni la notizia di un possibile accordo, sostenuto dal Presidente Pittella, fra la Regione Basilicata e Google Italia che, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sta lanciando un grande progetto per rinforzare le azioni di Garanzia Giovani e garantire ai ragazzi iscritti maggiori possibilità di impiego, e alle aziende partecipanti la possibilità di usufruire al proprio interno di un Digital Coach.” A.R. 53 TECNOLOGIE Dossier TECNOLOGIE Dossier scuole primarie e secondarie di I° grado. La tecnologia, se non adeguatamente supportata dalle infrastrutture necessarie,corre il rischio di non essere utilizzata. Altra criticità riguarda la formazione e l’aggiornamento dei docenti, fattore centrale nel processo di diffusione delle tecnologie didattiche nelle scuole. Tuttavia, grazie alle azioni del P.N.S.D. accompagnate da iniziative di formazione dei docenti, ed altre attività di formazione promosse dall’USR, sono nate professionalità con una documentata esperienza, inserite in un apposito elenco regionale di docenti formatori, per l’accompagnamento nelle future iniziative di formazione. In questo contesto, si è avvertita l’esigenza di trovare nuove strategie, puntando sulla razionalizzazione delle iniziative in atto, sulla capacità di attrarre nuovi finanziamenti, sulla cooperazione ed armonizzazione con le politiche regionali, sulla capacità delle scuole “pilota” di agire da leva per il cambiamento. Nasce così, nel 2014, il proget t o “ D i st r et t o Sc ol@ st ic o 2.0”, una Rete di Laboratori per l’Innovazione e la Ricerca per sperimentare nuove pratiche didattiche e organizzative, nuovi modelli di for mazione, nuovi prodotti e strumenti a sostegno della qualità e dei costi. Tra le finalità della rete anche quella di gestire un sistema comune di valutazione dei risultati e dei processi in termini di impatto sulla formazione degli allievi coinvolti nel progetto della sperimentazione digitale. L’idea progettuale, in linea con le raccomandazioni dell’OCSE e le esperienze di altri paesi guida, prende il via dal desiderio di alcu ne scuole pilot a e docenti di comprovata esperienza, di avviare il cambiamento e trainare la scuola lucana verso 54 l’innovazione. La Regione Basilicata ha condiviso gli obiettivi del progetto “Distretto Scol@stico 2.0” e, nell’intento di fornire un impulso all’Agenda Digitale delle scuole, ha disposto nel 2014 u n pr imo f inan ziamento di € 1.690.000,00 (PO FESR Basilicata 2007/2013) per la realizzazione delle seguenti azioni: “Azione 1 – Infrastrutture a Banda larga e ultralarga per le scuole rimaste escluse dai finanziamenti MIUR e dove è già in essere una sperimentazione; “Azione 2: Dotazione e potenziamento delle attrezzature hardware e software”; “Azione 3: piano di addestrame nt o e for m a z ione do ce nt i sull’uso di strumenti e metodologie innovative nell’insegnamento, rivolto a circa 200 docenti. Grazie al f inanziamento PO FESR, il “Distretto Scol@stico 2.0”, comprende oggi ben 53 cl@ssi 2.0, 2 Scuole 2.0, 2 Centri Scolastici Digitali, 2 Poli formativi, 1 scuola Editoria scolastica digitale, 2 scuole con presidio in Ospedale, 2 scuole CTS nuove Tecnologie e disabilità, 3 scuole che promuovono altre sperimentazioni (Progetto di Telecomu nicazioni e di in novazione didat tica “SWAY4EDU2- SAT ELLI T E WAY FOR EDUCATION”, promosso dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla Regione Basilicata, Protocolli in rete Avviso MIURSa msu ng,M EDI ASHOW ). Le scuole aderent i all’i n iziat iva hanno sottoscritto un accordo di rete nel marzo 2015. E’stata anche predisposta una piattafor ma vir tuale di scambio, dove gli insegnanti possono pubblicare le loro risorse educative aperte e condividere la loro esperienza sull’uso di specifici dispositivi e risorse digitali. Ciò aumenterà le opportunità di apprendimento e di condivisione tra le scuole, accelerando la diffusione degli strumenti di ICT, il potenziamento delle risorse didat tiche digitali per l’inseg namento e l’apprendimento, le occasioni di sviluppo professionale, nonché le attività di ricerca scientifica e pedagogica sui modelli innovativi di scuola digitale. L’iniziativa, coordinata da un Gruppo di Supporto Regionale, vede la partecipazione e l’impegno di altri stakeholders, tra cui l’Università della Basilicata, l’Associazione Italiana per l’Infor matica ed il Calcolo Automatico (A.I.C.A.) e la Regione Basilicata. In questi giorni la Regione Basilicata, grazie ad una sinergica collaborazione con l’U.S.R., ha stanziato un secondo finanziamento, di oltre 3.000.000,00 di euro, per la realizzazione di nuove scuole 2.0 e cl@ssi 2.0. G r a z ie al cof i na n z ia mento della Regione Basilicata il Distretto 2.0 potrà contare su 201 cl@ssi 2.0 e 14 scuole 2.0, con molte scuole (r icadent i nelle Unioni dei Comuni e dotate ciascuna di oltre 8-10 cl@ssi 2.0) destinate a diventare a breve nuove scuole 2.0. A distanza di un anno dall’avvio del “Distretto Scol@stico 2.0”, l’ampio consenso riscontrato e le numerose richieste di adesione all’iniziativa da parte di scuole che autonomamente e con fondi propri hanno avviato sperimentazioni analoghe, incoraggiano a proseguire sulla strada intrapresa. L’auspicio è di includere presto nel Distretto le 125 scuole della Regione, offrendo a tutte le medesime opportunità in termini di dotazioni tecnologiche e infrastrutture di rete per favorire la diffusione della cultura digitale nella scuola. *Coordinatore Ufficio Scolastico Regionale della Basilicata TuttoscuolA n. 556 La scuola digitale lucana: un modello per l’Italia L a Basilicata è una piccola regione con appena 600.000 abitanti che sale alla ribalta nazionale quando con la Fiat di Melfi contribuisce notevolmente a far risalire il Pil. Si conosce la Basilicata perché è la regione che produce le più grandi quantità di petrolio e perché Matera sarà capitale europea della cultura nel 2019. I n Basilicat a è i n at to u na grande rivoluzione digitale che coinvolge l’intera rete scolastica regionale. La scuola della Basilicata partecipa al profondo processo di cambiamento, che un mondo in continua evoluzione richiede, con il progetto Scuole 2.0. Esso ha fra i suoi obiettivi principali quello di sperimentare e analizzare come l’introduzione di strumenti tecnologici avanzati possa cambiare i processi di insegnamento-apprendimento e l’organizzazione stessa del lavoro nelle scuole. Il presidente regionale Marcello Pit tella con l’assessore all’istruzione Raffaele Liberali, assicurando la banda larga in tutti i comuni entro il 2017, ha avviato un processo di digitalizzazione di tutta la scuola lucana con un investimento complessivo di 5 milioni e 340 mila euro. Tutto ha avuto inizio nel settembre 2014 con la consultazione delle famiglie degli alunni e degli operatori scolastici denominata “I visionari della scuola”. Ecco come l’iniziativa è stata presentata: “CHI SONO I VISIONA R I DE L L A SC UOL A? Sono gli ospiti nazionali: Dianora Bardi per le tecnologie, Marinella TuttoscuolA n. 556 di Mario Coviello* Sclavi per l’integrazione, Marco Rossi Doria per la scuola di base, Samuele Borri per l’edilizia scolastica e Elena Ugolini per l’orientamento, che per professione si sono occupati del tema, e ne hanno tratto una visione lunga. Sono i presidi delle scuole che spesso, con coraggio e volontà, portano avanti i loro istituti tra mille difficoltà, facendo il meglio che possono, con quello che hanno. Sono le famiglie, che hanno l’obiettivo di chiedere il meglio per i propri figli, e alla scuola chiedono l’opportunità di lavorare di concerto per traguardare il futuro con concretezza e ottimismo. Sono i ragazzi, gli studenti di ogni età, che hanno la giovinezza, hanno il potere della creatività, hanno gli strumenti ma non sanno ancora utilizzarli, hanno le chiavi per capire il mondo che cambia, per interpretare le cose che accadono …Mentre accadono. Siamo t ut ti noi, quando pro v i a mo a r a g io n a r e a s sie m e , orientati da una visione comune, senza qualunquismi, senza perbenismi, senza pessimismi. I Visionari della Scuola è il racconto corale di una scuola che vuole essere migliore.” I referenti nazionali, utilizzando la piattaforma Ask, hanno coordinato cinque gruppi ai quali hanno partecipato centinaia tra genitori, docenti, alunni, associazioni, che hanno discusso per un mese questi temi. Il dibattito si è concluso con la presentazione di cinque tesi il 6 e 7 novembre 2014 nel teatro di Stabile di Potenza, gremito in ogni ordine di posti. L’assessore Liberali in quell’occasione ha dichiarato: “Una discussione aperta e animata sui temi dell’istruzione e della scuola serve a tutti. La due giorni de “I visionari della scuola” nasce proprio dall’idea di riflettere con tutti, a partire dagli studenti, su quale scuola vogliamo domani, su quale visione a lungo termine vogliamo concretizzare”. E subito ha avuto inizio il progetto della scuola digitale lucana. Attraverso un’analisi dei contenuti e dei materiali didattici prodotti dalle Scuole 2.0, nate in Basilicata a partire dal 2008, il progetto ha cominciato a testarne la replicabilità e sostenibilità, attraverso azioni di diffusione, valutazione delle competenze acquisite dagli allievi, anche rispetto ad altre metodologie e percorsi educativi. Con gradualità, progettando processi in continuità fra i tre ordini della scuola dell’obbligo, si è costituita la rete delle scuole del Distretto 2.0. I finanziamenti regionali interessano 201 classi 2.0 (13.000 euro ciascuna) e 14 scuole 2.0 (150.000 euro ciascuna). Sono stati potenziati, inoltre, 2 centri scolastici digitali, 2 poli formativi e quello di editoria scolastica digitale, la scuola in ospedale 55 TECNOLOGIE Dossier TECNOLOGIE Dossier della Regione Basilicata e il Centro Territoriale di supporto nuove tecnologie e disabilità. Obiettivo principale del progetto è quello di ridurre il digital divide inter no al mondo della scuola e fornire un impulso notevole allo sviluppo del Piano Nazionale Scuola Digitale, attraverso la realizzazione delle infrastrutture di connessione alla rete internet a banda larga ed ultralarga di tutte le scuole e classi finanziate L’azione prevede la dotazione/potenziamento dell’hardware e del software (Lim, Tablet, server) La rete di scuole ha cominciato a scambiare esperienze, condividere risorse e soluzioni didattiche, analizzare le diverse problematiche che si presentano nell’uso didattico delle nuove tecnologie, sistematizzare i risultati. La responsabilità del raggiungimento degli obiettivi formativi è affidata alla comunità professionale dei docenti utilizzando nel modo più esteso il Regolamento dell’autonomia. Si sta realizzando un database comune che contiene e mette a disposizione delle scuole del distretto 2.0 tutti i materiali di documentazione ritenuti necessari, frutto di studi e ricerche nazionali e internazionali e l’insieme delle pratiche didattiche realizzate nello svolgimento del progetto. Circa duecento docenti e quattro dirigenti scolastici si stanno formando sull’uso didattico delle nuove tecnologie con un corso che ha avuto inizio nel mese di settembre e si concluderà il 31 ottobre. Il bando regionale per la formazione è stato vinto dall’Associazione “Impara Digitale”. L’Associazione è coordinata dalla professoressa Dianora Bardi, componente della task force sull’innovazione del MIUR, e stimata in Italia e in Europa come ideatrice della “classe scomposta”. La 56 professoressa Bardi ha affrontato, con i docenti in formazione, il tema delle competenze: cosa sono e come si può insegnare affinché gli alunni possano acquisirle. Il corso punta alla trasversalità, come pilastro della progettazione del Consiglio di Classe, che individua una competenza trasversale che viene sviluppata contemporaneamente in due o più discipline, con il linguaggio e il metodo proprio di ciascuna. La formazione si basa sulla condivisione, collaborazione e cocreazione, che sono le strategie per la costruzione e la gestione dei gruppi e delle loro dinamiche, fisicamente e nel cloud. I docenti, già nelle prime dodici ore di formazione, hanno imparato a costruire “la nuvola”, il cloud learning, l’ambiente che amplia gli orizzonti della classe inserendola in una “nuvola informatica” e ne sfrutta le potenzialità. Le attività laboratoriali occupano la gran parte della fase in presenza e si svolgono sotto la supervisione del docente esperto di “Impara digitale” che ha già sperimentato nella sua classe le metodologie che insegna. Il corso si attua con modalità blended e prevede una formazione sia in presenza che a distanza, con la possibilità di approfondire le tematiche sulla piattaforma e-learning di Impara digitale. Le scuole dei docenti che partecipano alla formazione potranno caricare e pubblicare nella piattaforma predisposta le attività svolte e i prodotti realizzati (curriculum mapping), creando così una repository regionale dalla quale tutte le altre scuole potranno attingere progettualità da sperimentare nelle proprie pratiche didattiche La net-generation è nata e vive con computer e iphone, ha bisogno di una scuola al passo con i tempi che si può realizzare solo se i docenti sanno usare questi strumenti e ne conoscono le potenzialità didattiche. E’ necessario che le famiglie siano coinvolte dalle scuole e partecipino a questo processo di modernizzazione, non solo mettendo a disposizione, dei figli a scuola, i computer, i tablet e/o gli i-phone che posseggono, ma offrendo alla scuola e ai figli la propria disponibilità, il tempo per costruire insieme il futuro. *Componente della task force per la digitalizzazione della scuola lucana della Regione Basilicata TuttoscuolA n. 556 Nuove tecnologie, nuova didattica, nuova formazione per i docenti L a scuola ha bisogno di un profondo rinnovamento per adeguarsi ai nuovi scenari della conoscenza e prepararsi al meglio per le sfide del futuro. L’innovazione tecnologica è al centro di un ampio dibattito, al momento più orientato sul potenziale insito nelle tecnologie digitali rispetto all’effettivo uso che se ne fa all’interno del sistema scuola. La sfida è quella di mettere in primo piano la didattica per competenze con l’ausilio delle tecnologie e produrre un modello di “fare scuola” esportabile, la cui efficacia sia verificabile attraverso adeguati strumenti di monitoraggio e valutazione. Questo è il focus con cui il Centro Studi ImparaDigitale si è aggiudicato il bando per ”addestramento e formazione del personale docente nell’uso di strumenti e metodologie innovative nell’insegnamento per la scuola 2.0” indetto dalla Regione Basilicata. Una sfida ambiziosa che ha visto il coinvolgimento di 15 formatori senior del Centro Studi, una programmazione strutturata su cinque poli (Potenza, Rionero, Lauria, Policoro, Matera), per 200 docenti di diversi ordini di scuola e con diversi livelli di conoscenza sia dell’uso delle tecnologie che della didattica per competenze. Purtroppo il tempo è stato molto limitato e non si è avuto il modo di sperimentare adeguatamente nelle classi quanto proposto nei vari corsi, ma l’obiettivo principale del programma era quello di porre l’attenzione sull’importanza della creazione e l’utilizzo di ambienti che ampliano gli orizzonti della classe inserendola nella “nuvola informatica”; far comprendere l’importanza della trasversalità come pilastro della progettazione del Consiglio di Classe, fornendo allo studente strumenti per analizzare, rielaborare criticamente e realizzare un apprendimento personalizzato; sviluppare TuttoscuolA n. 556 di Dianora Bardi* un modo di fare scuola che parta da situazioni problematiche mutuate anche dalla realtà, in cui gli studenti sono chiamati a misurarsi per diventare protagonisti del proprio percorso di apprendimento, crescendo in autonomia e responsabilità; far comprendere l’importanza dell’acquisizione delle competenze della condivisione, collaborazione e co-creazione. Alla base di tutto il percorso vi è il Metodo Bardi-ImparaDigitale, che ha la visione di un cittadino profondamente radicato in una società interconnessa e globalizzata. Una società nuova, digitale, in cui il giovane deve sapersi muovere con spirito critico e deve potersi costruire una personalità forte, riflessiva, autonoma, creativa, capace di risolvere problemi e di adattarsi alle più svariate situazioni. Per far acquisire tali competenze e far sì che lo studente diventi un cittadino digitale consapevole, la contestualizzazione non può non essere che la didattica per competenze: il docente è libero di utilizzare le metodologie che meglio gli sono consone, dalla flipped classroom a classe/scuola scomposta, alla lezione frontale. Non per nulla nell’ultimo report dell’Ocse la scuola italiana risulta ancora in ritardo rispetto al digitale e non bastano le sole competenze digitali definite dall’Agid:“Le capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione sono competenze utili a tutti i cittadini per poter partecipare alla società dell’informazione e della conoscenza ed esercitare i diritti di cittadinanza digitale”. Per realizzare un’innovazione vera nella scuola, è fondamentale l’entusiasmo dei docenti, dei dirigenti scolastici, degli studenti e delle loro famiglie. Ed è il clima con cui la Basilicata ha affrontato questa avventura: una Regione con tanta voglia di essere connessa, di scambiare esperienze, di far sì che i ragazzi rimangano nella propria Regione per farla crescere e sviluppare tutte quelle potenzialità di cui è ricchissima. Per supportare al meglio i docenti è stato proposto il nuovo ambiente web che ImparaDigitale ha realizzato in collaborazione con Fondazione Telecom Italia: il curriculum mapping. Grazie ad essa i docenti potranno condividere programmi tra docenti della stessa disciplina e tra scuole dello stesso network educativo, sotto la supervisione dei coordinatori didattici, agevolando la fruizione ordinata e integrata dei contenuti didattici digitali da parte degli studenti. Nell’ambiente web si possono vedere in modo sinottico i valori educativi fondamentali della scuola, le competenze di riferimento, la loro applicazione nei diversi assi culturali e livelli o gradi di scuola, la programmazione annuale per ogni anno e ciclo scolastico e la strutturazione delle unità di apprendimento della programmazione. D’altra parte, come sostiene sempre l’Ocse, l’integrazione della tecnologia nella scuola non è questione di device, di strumenti o di tempo: “Il fattore cruciale sono i docenti, i dirigenti e gli altri decision maker che hanno la visione e la capacità di mettere in connessione studenti, computer e apprendimento”. *Vice-Pre sidente Cent ro St udi ImparaDigitale 57 TECNOLOGIE Dossier LE INTERVISTE TECNOLOGIE Dossier di Paola Torre Cambiare si può. Così cambiamo i nostri istituti. Al netto delle discussioni le scuole sul territorio stanno cambiando pelle. In prima fila ci sono dirigenti scolastici e docenti. In Basilicata, nell’attesa degli effetti della riforma della “buona scuola”, è presente la capacità di fare buona istruzione, non senza sacrifici personali, ed è forte la convinzione che la scuola è un servizio pubblico, con al centro gli utenti e perciò gli studenti e le loro famiglie. Docenti in formazione a Lauria Intervista alla profssa Maria Luisa Sabino, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo “ Torraca” di Matera “Uno sforzo condiviso” I l modo di vivere delle persone è mutato e gli studenti hanno nuove opportunità di apprendimento. In che modo l’Istituto Comprensivo “Torraca” di Matera si sta muovendo per rispondere al cambiamento? “Consapevoli che le nuove tecnologie saranno sempre più presenti nella vita quotidiana, la nostra finalità è che i ragazzi imparino a gestire e non a subire il loro utilizzo, mantenendo integra la loro innata curiosità critica. Gli insegnanti stanno assumendo un nuovo ruolo di educatori, flessibile e dinamico, pronto a sperimentare e delineare ambienti di apprendimento non tradizionali. La scuola supporta i docenti nello sviluppo di nuove competenze nella creazione della conoscenza, nella gestione dei gruppi classe, nella promozione della conoscenza di nuove possibilità tecnologiche.” Qual è il suo rapporto con le nuove tecnologie? Nel suo lavoro usa le nuove tecnologie: come, per fare cosa? “Ritengo che il rapporto di ciascuno di noi con le TIC sia ormai strettissimo. Gli strumenti tecnologici mi accompagnano costantemente nei miei spostamenti, per essere pronta, anche a distanza, a risolvere i problemi della scuola in cui opero.” La sua scuola ha problemi di connessione? Ha dotazioni tecnologiche sufficienti e aggiornate? “La scuola è collegata alla rete regionale a banda larga. Le dotazioni tecnologiche (compresa la classe 2.0) andrebbero aggiornate, e con grandi sforzi, 58 Maria Luisa Sabino, dopo un’e sper ien za giovanile presso una ditta tedesca a Milano, nel 1992 assume l’incarico di docente a t.i. di lingua e civiltà tedesca nella propria città natale, Matera. È stata componente del Nucleo di Supporto all’Autonomia Scolastica, presso l’ USR Basilicata (2004-2009), in qualità di Referente Regionale per le nuove tecnologie e le lingue straniere. Ha proseguito poi l’incarico di docente, affiancandolo a quello di consulente alla Regione Basilicata per un progetto di potenziamento e innovazione del sistema di istruzione e formazione regionale. In tutto il percorso professionale è sempre stata accompagnata da una forte curiosità, che ha trasmesso nel suo ruolo di docente esperto e Tutor nelle Nuove Tecnologie. È dirigente scolastico dal 2013. ogni anno, la scuola ne rinnova una parte. Nei tre ordini di scuola (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) sono presenti 2 laboratori, 15 LIM, 15 tablet, computer portatili, lettori DVD, ecc. Ci sono anche alcuni alunni che portano i loro apparecchi.” TuttoscuolA n. 556 L’innovazione tecnologica costituisce solo una moda passeggera o determinerà il nuovo volto della scuola in Basilicata? “Sicuramente non sarà una moda passeggera, se riusciremo a trasformare una metodologia didattica basata sulla conoscenza delle TIC ad un approccio basato sul loro uso per creare nuova conoscenza. Ritengo che ciò stia accadendo in Basilicata con la diffusione del “Distretto Scol@stico 2.0”.” Quanti docenti si sono attivati, quante classi e in quali discipline osserva l’uso più frequente delle tecnologie? Quali i risultati positivi? Può fare qualche esempio di buona pratica? Ha potuto rilevare qualche criticità da risolvere? “Progressivamente i docenti, anche quelli più restii, dapprima costretti dalla introduzione del registro elettronico, poi sollecitati dalla presenza di alunni con bisogni speciali, hanno sciolto le proprie riserve sull’utilità delle nuove tecnologie in classe: i risultati più evidentemente positivi si riscontrano nella serenità dell’ambiente di apprendimento che circonda gli alunni, felici di poter usare i loro strumenti tecnologici. Molte le Buone pratiche: il metodo Byod o il progetto “Scuola Multimediale di Protezione Civile”… La principale criticità? Il sovraccarico di connessioni che la rete interna non sempre sopporta.” Dossier Le modalità formative messe in campo da Impara Digitale, promosse nel quadro del progetto “Distretto Scol@stico 2.0” sono soddisfacenti rispetto alle esigenze formative dei docenti? Quali sono i punti forti? Quali le criticità? “Sto frequentando anche io il corso, per acquisire le competenze necessarie a promuovere il processo innovativo a scuola. Penso che i contenuti siano pregnanti ed efficacemente organizzati. Immediatamente i corsisti hanno proposto nelle loro scuole le novità apprese. Nessuna criticità se il processo di formazione vedrà una capillare ricaduta nelle diverse realtà scolastiche.” TECNOLOGIE Come avviene la gestione tecnica delle infrastrutture? Quali e quante figure vi sono dedicate? “Nel primo ciclo di studi manca la figura dell’assistente tecnico, per cui la gestione tecnica viene affidata a docenti o amministrativi che volontariamente se ne facciano fanno carico, con competenze e passione personali.” Le tecnologie impongono ripensamenti della didattica e degli spazi di apprendimento? “Concordo con l’idea di Weinberg che la conoscenza non sia fissa e immutabile, contenuta negli spazi fisici di scuole o biblioteche. Ma se la conoscenza è fluida e multidisciplinare, la didattica va organizzata per moduli condivisi tra le varie discipline, e soprattutto non ingessati in rigidi spazi e tempi di apprendimento. La campanella del cambio dell’ora segna ancora un confine netto, tra uno scompartimento e l’altro, dell’apprendimento dei nostri alunni.” Ha riscontri su come studenti e genitori hanno accolto le innovazioni che la sua scuola ha introdotto? “Certo, attraverso colloqui e, in modo tecnico, attraverso i questionari di valutazione dell’operato della scuola a fine anno Al termine dello scorso anno scolastico abbiamo somministrato, a genitori ed alunni, un questionario di gradimento circa le attività svolte a scuola. La domanda finale richiedeva di specificare quali ambiti avessero riscosso un maggiore successo e in quali settori si desiderassero ulteriori approfondimenti. In entrambi i casi la risposta ha incluso l’uso delle nuove tecnologie.” Ritiene che il processo di digitalizzazione della Basilicata sia sulla strada giusta? Cosa suggerirebbe alla Direzione Regionale e all’Assessorato Regionale all’Istruzione per migliorare il processo? “Il processo innovativo in Basilicata implica un grande sforzo condiviso e cooperativo. L’USR e l’Assessorato Regionale devono continuare a sostenere e coordinare il processo innovativo promuovendo la partecipazione civica, sostenendo la creatività culturale, aiutando le scuole a rimuovere gli ostacoli materiali negli aspetti di organizzazione e gestione dell’innovazione. Se continuiamo tutti a dare, con lo stesso entusiasmo, il nostro contributo, il “Distretto Scol@stico 2.0” costituirà una buona pratica per molto tempo.” TuttoscuolA n. 556 59 LE INTERVISTE TECNOLOGIE Dossier La tecnologica agevola l’innovazione educativa, ma per valorizzarne le opportunità bisogna cambiare la didattica. Il digitale assume un ruolo facilitante ma per sfruttarne tutte le potenzialità elemento decisivo è la connessione in banda larga e la formazione del personale. Intervista al professor Riccardo Lopes, docente presso l’istituto “G. Fortunato” di Rionero in Vulture “La semplicità d’uso” Qual i carat terist iche dovrebbero avere hardware e software per aiutare gli insegnanti nello sviluppo digitale della scuola e della didattica? “La semplicità d’uso è una chiave di successo, non tutti amano le tecnologie. La compatibilità multipiattaforma anche, aiuta nella babele di linguaggi autore.” Il funzionamento degli strumenti tecnologici della sua scuola è soddisfacente? Quali sono le problematiche? “Il programma Scuol@ 2.0, che stiamo attuando con Distretto 2.0 USR e Regione Basilicata, risolverà alcuni problemi, ma i risultati ottenuti con le risorse attuali sono già apprezzabili: nei prossimi giorni, nel meeting “La Scuola nel Virtuale” organizzato a Firenze da Indire, illustreremo alcune esperienze.” Quale ripensamento si impone nell’organizzazione delle “lezioni” e degli spazi di apprendimento? “Far lezione in modo tradizionale non ha senso e l’uso delle TIC, da solo, non migliora l’apprendimento. Occorre “smontare” e “rimontare” metodi, contenuti e spazi per l’apprendimento, tenendo conto del potenziamento offerto dalla tecnologia.” Ritiene che la digitalizzazione abbia effetti sull’interazione con i colleghi? “Interagiamo ora molto più di prima. Presentammo uno School Social Network all’Innovative Edu Forum di Berlino del 2010, era l’unica proposta in tal senso. Oggi le comunità digitali sono una consuetudine nell’interazione e nell’apprendimento informale.” Le tecnologie quale grado di coinvolgimento possono provocare negli alunni? Qual è il mix di elementi che funziona? “Un’esperienza coinvolgente è la didattica 60 Docente di Disegno e Storia dell’Arte presso l’IIS “G. Fortunato” di Rionero in Vulture, è Consulente per il Miglioramento SNV; in aula integra nuove metodologie e tecnologie con la didattica curriculare; ha esperienze come eTutor e IT trainer in programmi IWB e di formazione post-laurea per docenti; ha frequentato a Bruxelles il Future Classroom Lab di European Schoolnet; è specializzato in Comunicazione multimediale e Didattica online; ha partecipato all’Innovative Education Forum 2010 di Berlino come autore di uno dei primi sviluppi di social learning. immersiva. In ambiente edMondo lo studente interagisce e crea, sviluppa competenze innovative e tradizionali. E’ possibile scrivere un Libro 3d in cui esplorare i contenuti standoci dentro, virtualmente.” Parliamo di stili di apprendimento degli alunni: come l’utilizzo delle tecnologie può venire incontro alle diverse esigenze di apprendimento degli alunni? “Velocità e multi direzionalità del mobile inf luenzano le modalità di apprendimento. E’ un trend non contenibile. Vietare l’uso di smartphone in classe è una follia: sono potenti strumenti utili per la didattica.” Quali effetti sui risultati di apprendimento dei ragazzi? “Registriamo risultati molto positivi soprattutto nei ragazzi con problemi di apprendimento o di motivazione.” TuttoscuolA n. 556 Quali le azioni di formazione dedicate ai docenti ha frequentato, sta frequentando o pensa di frequentare in futuro? Quali sono le sue aspettative? “Il Distretto 2.0 di Basilicata svolge un’importante azione con i corsi del Centro Studi Impara Digitale, Dossier un elemento di stimolo per la comunità scolastica. Altri corsi che frequento sono quelli per le Avanguardie di Indire e di European Schoolnet. Tra le aspettative c’è il confronto con nazioni diverse.” TECNOLOGIE Il libro di testo e gli altri strumenti tradizionali del processo insegnamento/apprendimento hanno ancora diritto di cittadinanza ? “Il libro di testo è ‘sempre acceso’, non ha batterie che si esauriscono, è maneggevole, è attuale!” Quali sono i punti forti e quali le criticità riscontrate nella formazione dei docenti? “L’offerta è adeguata e condotta con modalità laboratoriali, per cui i risultati sono immediatamente applicabili nel lavoro in aula. Una criticità è la lentezza dell’infrastruttura di rete, ma si è in fase di soluzione grazie alla banda larga.” La parola a due studenti: Alessia Pietropinto e Giuseppe Mancusi, del IV Liceo Scientifico “Fortunato” di Rionero in Vulture Un nuovo stimolo Quale conoscenza hai delle nuove tecnologie digitali? Cosa ne pensi? Che uso ne fai? “AP: Mi aggiorno su app e gadget. Uso la tecnologia per gioco e per utilità, penso che faciliti la vita.” “GM: Sono molto informato e penso che siano molto utili per lo studio.” Le tecnologie stanno cambiando, nella tua scuola, la “lezione tradizionale”? “AP: Sì la nostra scuola è digitalizzata e presto sarà la prima Scuola 2.0 superiore di Basilicata.” “GM: Si, alcuni professori sono già aggiornati.” Hai notato la differenza tra la lettura sul web e quella su carta? Cosa pensi in proposito? “AP: Il web permette di consultare più contenuti, ma io preferisco il libro cartaceo. Quando leggo adoro sfogliare le pagine.” “GM: Io continuo a preferire il libro cartaceo.” Le tecnologie usate nella tua scuola stanno modificando/arricchendo il tuo modo di apprendere/studiare? C’è qualcosa da cambiare? “AP: E’ più stimolante e meno pesante. Noi nativi apprezziamo di più una cosa se c’è il digitale, usiamo AutoCAD per il disegno, edMondo per la realtà virtuale, Aurasma per la realtà aumentata... e si può sempre migliorare.” “GM: Si, perché possiamo approfondire gli argomenti studiati. Per ora mi va bene così.” TuttoscuolA n. 556 61 Genova Palazzo Ducale Programma attività didattiche 2015-16 Palazzo Ducale, storica sede del Governo della Repubblica di Genova e residenza dei dogi, è oggi un dinamico centro culturale. I Servizi Educativi e Culturali predispongono un ricco programma di attività dedicate alle scuole di ogni ordine e grado e sono disponibili anche a ideare progetti ad hoc. DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO I capolavori del Detroit Institute of Art | 25 settembre 2015 – 10 aprile 2016 Le opere dei grandi maestri della pittura europea provenienti dal Detroit Institute of Arts esposti per la prima volta in Italia, raccontano la rivoluzione artistica e culturale del periodo tra Ottocento e Novecento, e anche la grande avventura del collezionismo americano. LABORATORI – costo 4,50 euro a studente Guidati da artisti, musicisti, illustratori e scenografi i ragazzi possono approfondire la conoscenza dei linguaggi degli artisti esposti in mostra . VISITE PER LE SCUOLE Un ricco programma di visite guidate dedicate agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado: Percorsi in mostra / durata 1h; costo 80 euro a gruppo classe /disponibili anche in lingua straniera Percorsi in mostra + visita guidata in città / durata 1h45’ – costo 140 euro + ingresso in mostra. Percorsi in città. Itinerari tematici nel centro storico di Genova /durata 2h30’ – costo 120 euro 62 Su richiesta è possibile effettuare visite guidate alla Torre Grimaldina in abbinamento al percorso in mostra. LA STOR IA IN PIAZZA | 7 - 10 aprile 2016 Giunta ormai alla settima edizione, La Storia in Piazza è la più importante rassegna italiana dedicata alla Storia in cui per quattro giorni si susseguono incontri, dibattiti, spettacoli, laboratori e mostre. L’argomento prescelto per l’edizione 2016 è quello dello sviluppo dell’industria Palazzo Ducale le g ite del mese Turismo Scolastico cult urale, con una at tenzione particolare al lungo periodo che va dalla fine del Settecento fino alla cultura di massa dei nostri giorni. SE LA SCUOLA NON VA A PA LA ZZO… I L PA LA ZZO VA A SCUOLA Laboratori per le classi e corsi per insegnanti possono essere effettuati anche a domicilio presso le sedi delle scuole, secondo modalità da concordare di volta in volta. Informazioni www.palazzoducale.genova.it - [email protected] tel. 010 8171604 TuttoscuolA n. 556 le g ite del mese Beach&Volley School Turismo Scolastico BEACH&VOLLEY SCHOOL Viaggio di istruzione: tra sport, lingua e cultura Beach&Volley School, originale alternativa alle convenzionali gite scolastiche di fine anno, è un progetto didattico sportivo d’eccellenza nato dall’incontro tra Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV) e Kinder +Sport. Giunto alla sua decima edizione, il Viaggio di istruzione da quest’anno raddoppia la propria location: alla collaudata Bibione (Venezia) si affianca infatti Scanzano Jonico (Matera), con analoghe garanzie di riuscita per la qualità delle strutture ricettive e sportive, per la vicinanza a importanti città d’arte e suggestivi percorsi naturalistici. Socializzazione, integrazione e tanto sport: dal beach volley a Bibione alla pallavolo a Scanzano Jonico, ma anche attività secondarie come tiro con l’arco, zumba, beach soccer, beach tennis, frisbee, ecc. Insomma, una settimana a tutto sport! Fiore all’occhiello del progetto, TuttoscuolA n. 556 l’approfondimento della lingua straniera, con lezioni di inglese, tedesco, francese e spagnolo, inserite in un percorso didattico interdisciplinare dove l’attività sportiva si coniuga con la lingua straniera, le visite culturali e naturalistiche. Beach&Volley School diviene quindi un valido punto di riferimento per tanti Istituti scolastici di ogni parte d’Italia che desiderano coinvolgere i propri studenti in un’esperienza senz’altro originale. Beach&Volley School offre inoltre interessanti agevolazioni agli Istituti scolastici che intendono condividere il viaggio con la propria scuola gemella straniera e si propone come valido “progetto accoglienza” nel quale coinvolgere gli studenti del primo anno con quelli degli anni seguenti, favorendo relazioni tra giovani dello stesso Istituto di diversa età e cultura. I viaggi promossi da Fipav si completano con il MiniVolleyinGita - Giornate di istruzione sportiva al mare, rivolto alla Scuola primaria. Un contesto di sport all’aria aperta con innovativi percorsi didattico sportivi volti a favorire l’acquisizione degli schemi motori di base dei ragazzi e l’apprendimento in forma ludica degli elementi base del minivolley. Per tutte le informazioni e i preventivi, è possibile contattare il Tour Operator Raduni Sportivi srl, unico soggetto legittimato dalla Federazione Italiana Pallavolo a svolgere attività promozionali e di vendita dei propri viaggi di istruzione Beach&Volley School e MiniVolleyinGita. Informazioni e richieste di preventivo www.istruzionesportiva.it e al numero 041.595.06.12 63 Iniziativa realizzata con il contributo della Regione del Veneto, ai sensi della legge regionale 11/2014 art. 9, nell’ambito del programma per le commemorazioni per il centenario della Grande Guerra. Narrare la Grande Guerra nell’alto vicentino attraverso i paesaggi, le testimonianze e i ricordi L e prealpi vicentine sono la linea naturale di un confine, che è diventato protagonista degli eventi bellici tra il ‘15 e il ‘18. Su queste montagne si è combattuto, ma prima si sono costruiti forti su speroni di roccia con paesaggi mozzafiato, trincee lungo i pascoli e al margine di boschi secolari, poi velocemente abbattuti per far fronte alle esigenze della guerra, sono state realizzate postazioni di artiglieria dando concretezza a una strategia di attacco e di difesa, e, ancora, realizzate tante strade per raggiungere velocemente i luoghi cardine della linea del fronte, che si andava definendo e che si muoveva a seconda delle capacità degli eserciti. Oggi possiamo visitare questi luoghi come un unico grande museo all’aperto, grazie a un’attività decennale di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale presente nell’alto vicentino attraverso musei e collezioni, accompagnati da educatori con competenze storiche e ambientali e con una specifica attenzione al paesaggio. La visita nei luoghi teatro delle vicende belliche di uno dei principali fronti di guerra è fonte di apprendimento insostituibile: salire i sentieri già percorsi dalle truppe e vedere dove e come sono 64 Foto di G.Santamaria Ossario Tonezza del Cimone stati realizzati, entrare nei ricoveri, nelle trincee, sono esperienze capaci di trasmettere molte più informazioni di quante si possano apprendere dalle letture o dai documenti, perché restituiscono la quotidianità degli spazi a disposizione dei soldati, delle distanze dalle comodità, dalle fabbriche da cui ci si approvvigionava di armi, di vestiario e di cibo. Qui è possibile conoscere gli aspetti più Musei Altovicentino le g ite del mese Turismo Scolastico significativi dell’esperienza della guerra, della vita di trincea, del camminare lungo sentieri e strade a volte in compagnia di muli, di aspettare il rancio e ancor di più le lettere dalla famiglia, a cui si scriveva ogni volta che era possibile. Musei Altovicentino, progetto culturale sostenuto da 15 Comuni dal 2001, ha avviato, grazie al contributo della Regione del Veneto, un programma articolato e complesso, dal valore didattico di alta qualità per celebrare il Centenario della Grande Guerra, con proposte rivolte alle nuove generazioni: visite a musei, itinerari e laboratori che rispondono a concrete esigenze didattiche per esercitare la memoria attraverso la narrazione. Scarica la guida interattiva gratuita per smartphone e tablet dagli store Android e iOS Per informazioni e prenotazioni di visite e laboratori: Musei Altovicentino [email protected] - tel. 0445 580459 www.museialtovicentino.it/grandeguerra sede: Malo (VI), Largo Morandi 1 È possibile prevedere il soggiorno per una o due notti con soluzioni sia in albergo che in rifugio. TuttoscuolA n. 556 Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino N el cuore di Torino, al piano nobile di Palazzo Carignano, ha sede il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, il più antico e noto tra i musei di storia italiani, “nazionale” per importanza e ricchezza delle sue collezioni. Al suo interno è conservata l’aula della Camera dei deputati del Parlamento subalpino del 1848 con gli arredi originali. Fondato nel 1878, oggi è un museo moderno, multimediale e interattivo, uno dei principali poli culturali della città. Attraverso un percorso di 30 sale, caratterizzate ognuna da un colore, racconta il Risorgimento in chiave italiana ed europea: dalla rivoluzione francese fino alle soglie della prima guerra mondiale offrendo la visione diretta di documenti e oggetti unici nel loro genere. Per le scolaresche sono previste visite guidate, percorsi tematici e laboratori preparati e modulati con carattere più ludicodidattico per la scuola primaria, più approfondito per le secondarie. Le attività che iniziano sempre dalla visita del museo, possono proseguire nelle tre aule didattiche e spesso sono abbinate alla visione di filmati proiettati nella sala cinema. Il ricco patrimonio della Biblioteca specialistica offre inoltre la possibilità di completare e arricchire gli argomenti trattati. Uno degli obiettivi principali è quello di accompagnare gli studenti alla scoperta di fatti e personaggi del passato attraverso un immaginario viaggio nel tempo, per mantenere la conoscenza di quel periodo e stimolare con lo studio della storia, la cultura alla cittadinanza attiva e la condivisione dei valori collettivi. Tra le tante novità segnaliamo le visite: “La Grande guerra” e “La satira nel Risorgimento” e i laboratori: “Giornalisti nell’Ottocento” e “Geografia del Risorgimento”. Tra i percorsi più richiesti e consolidati nel tempo si confermano: il laboratorio “Un giorno al Parlamento” e le visite “I grandi personaggi” e “I canti della patria”. Da settembre è allestita la mostra: “Torino e la Grande guerra”, inserita per chi lo desidera nei percorsi di visita fino alla primavera 2016. INFORMAZIONI MUSEO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO ITALIANO Piazza Carlo Alberto, 8 – 10123 Torino Servizi Educativi: tel. 011.5623719 (lun-ven: 10:00-13:00) [email protected] [email protected] www.museorisorgimentotorino.it Il programma completo delle attività didattiche, realizzate con il sostegno della Fondazione Vittorio Bersezio, è consultabile nella pagina “didattica” del sito: www. museorisorgimentotorino.it. TuttoscuolA n. 556 65 le g ite del mese Museo Risorgimento Turismo Scolastico La Scuola racconta l’Europa di Antonio Augenti UNA PEDAGOGIA DEI DIRITTI L a questione dei diritti umani si pone sullo sfondo di molti problemi che i paesi europei sono spinti ad affrontare nell’epoca che stiamo attraversando. Il fenomeno migratorio in atto da tempo porta con sé non poche implicazioni che attengono al modo di porsi da parte degli europei nei confronti di persone costrette ad allontanarsi per ragioni varie dalle loro terre,per trovare altrove condizioni di sopravvivenza e di crescita. Le tensioni accese da tale fenomeno gettano un’ombra sulla disponibilità che la gente che vive nel Continente europeo avrebbe naturaliter ad accogliere persone in difficoltà, costrette ad allontanarsi dai loro paesi. Vengono così a determinarsi situazioni che mettono in forte dubbio la tenuta di comportamenti rispettosi dei diritti che vari documenti approvati in ambito internazionale (ONU) o in particolare a livello europeo (Unione europea, Consiglio d’Europa) hanno più volte sancito a salvaguardia delle persone. La discr i m i nazione delle minoranze,l’intolleranza, la tratta di esseri umani, la violenza subita dai bambini non dovrebbero trovare spazio in società vocate ad una convivenza civile. Se è difficile portare avanti in generale una politica capace di 66 proteggere i diritti della persona in momenti non particolarmente conflittuali e problematici, si comprende, tuttavia, bene come sia quasi impossibile darvi atto in fasi storiche in cui, come si è notato, esplodono risentimenti, prevenzioni, sospetti che gli equilibri di alcuni paesi possano saltare a causa di fattori che destabilizzano il quadro delle relazioni tra i popoli. La mano passa inevitabilmente, quindi, a chi si occupa di educazione: le istituzioni scolastiche, ma nondimeno le famiglie, perché è necessario fare opera di formazione in termini di quella che un’importante Organizzazione internazionale (“Save the Children”) con il contributo della Commissione europea chiamò qualche anno fa una “pedagogia dei diritti”. Tenuto conto di ciò di cui risentono nel mondo soprattutto i bambini (alta mortalità infantile, violenza, forte disagio economico e sociale) veniva sollecitata l’azione di tutti a favore di una cittadinanza attiva e responsabile, capace di attuare condizioni di pari opportunità e di crescita per tutti. Indubbiamente i contesti scolastici, anche per le professionalità di chi vi lavora, sono quelli da preferire per svolgere quella “pedagogia dei diritti” di cui si è detto. Quali punti di arrivo di questa azione sono da tener presenti gli obiettivi della non discriminazione, del superiore interesse dei minori, della protezione, della sopravvivenza e dello sviluppo, come della partecipazione. L’atteggiamento da osservare per la tutela dei diritti della persona deve trovare evidentemente linfa in una disponibilità culturale in grado di promuovere e favorire le risposte che le società devono dare ai bisogni di ogni uomo. Mi vien fatto di pensare che l’aver trascurato nelle scuole e nelle stesse Università gli studi classici e umanistici ha indebolito, come ho avuto modo di notare in altra occasione, la costruzione di un vivere democratico e di un clima di solidarietà.E’ ciò che è stato notato dalla grande filosofa statunitense, Martha Nussbaum, che ha osservato come “tagliare le radici degli studi storici e umanistici significhi togliere linfa alla vita civile e democratica”. Pensieri del genere inducono a ritenere che una “pedagogia dei diritti” avrebbe bisogno che un cambio di rotta fosse impresso ai percorsi che le società contemporanee stanno seguendo, coltivando la materialità del benessere, il profitto e l’interesse economico a danno dello spirito, del sapere puro e dei valori fondamentali cosiddetti non negoziabili. TuttoscuolA n. 556 ABBONARSI conviene ABBONAMENTO ANNUALE ME alla Rivista NSI LE PER cuolA Roma Poste Italiane spa - sped. Abb. Post. D.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) comma 1, DcB Roma INS NOV EGNA N EM bRE TI GE 200 NITO RI 7 E NU ME STUDE RO 47 6 N T I F O N - A N N D AT O O X X XI DA AL FR II EUR EDO VI O 3 ,50 NCIG U Le tabel le con a 1, DCB NOVIT CONTRA aumenti e arret rati A’ E SO TTO ollRPARESE oscuol TT TToscuo TuuTToscu 1, comm VINCIGUERRA O DA ALFREDO D E N T I F O N D AT ENITORI E STU INSEGNANTI G MENSILE PER - sped. Abb. Post. D.l. 353/2003 (conv. in 2004 n. 46) art. 2008 (persone fisiche) s ese e sPeRAnze ATTese ATT in L. 27/02/ Poste Italiane spa PRIVATI euro 35,00 ERR A ILE P ER IN SEGN ANTI GE MARZ O 2 0 10 N I T O R I E S TUDEN - NUM TI FO ERO 5 N D AT 00 - A O DA NNO X ALFRE XXVI DO VI - EUR NCIGU O 3,5 ERRA 0 MENSILE TuTToscuolA comma 1, DcB Roma l. 27/02/2004 n. 46) 353/2003 (conv. in - sped. Abb. Post. D.l. Poste Italiane spa Roma comma 1, DCB Le tabelle con aumenti e arretrati CONTRATTO cuuo A RA NOVITA’ E ol SORPRESE l DEN ON TI F D AT A O D ALF RED IN O V CIG UER TuuTTTToossc NSI LE PER INS EGN RI TU E S 200 8 AN EN TI G ITO Italiane s e sPe RAnze docenti, dei pieno nella ento nzia, , tempo cosa o, reclutam a nell’infa ni. Che riserva , sostegno ci Contratt primaver indicaziocosa di organico accadere , sezioni Ecco tagli i e nuove anno? primaria formativnuovo cosa potrebbe nel e che debiti ci aspetta certezza con ATTese Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 Poste (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, ME 03 (conv. ABBONAMENTO ANNUALE E T L VO COMPLETO UOLA 500 UE DO VINCIG DA ALFRE F O N D AT O 3,50 STUDENTI VI - EURO NITORI E ANNO X X X NANTI GE ERO 500 PER INSEG 10 - N U M MARZO 20 le Newsletter e tutti i Servizi Web VOLTE INCLUDE il mensile Tuttoscuola • servizio di consulenza INOLTRE, INCLUSI NEL PREZZO L’Annuario dei viaggi di istruzione 2014 1 regalo a scelta tra ** A B C D MENSILE PER INSEGNANTI G ENITORI E STU D E N T I F O N D AT NOVEMbRE 20 O DA ALFREDO 07 - NUMERO VINCIGUERRA 47 6 - A N N O X X XIII - EURO 3, 50 ABBONAMENTO ANNUALE WEB TUTTOSCUOLA dei docenti, Contratto, reclutamento tempo pieno nella tagli di organico, sostegno, nell’infanzia, primaria, sezioni primavera indicazioni. Che cosa debiti formativi e nuove Ecco cosa ci riserva anno? ci aspetta nel nuovo cosa potrebbe accadere con certezza e che D.L. 353/20 Abb. Post. - Sped. ne Spa (persone giuridiche) Poste Italia SCUOLA/ENTE euro 50,00 500 MENS TuTTos SCUOLA/ENTE euro 50,00 (persone giuridiche) PRIVATI euro 25,00 (persone fisiche) INCLUDE la newsletter settimanale TuttoscuolaFOCUS* • servizio di consulenza LE PASSWORD PER l’accesso archivio on-line • l’accesso alle guide on-line l’accesso agli altri servizi riservati del portale tuttoscuola.com RRA TUTTOSC SCUOLA/ENTE euro 80,00 (invece di euro 100,00) (persone giuridiche) PRIVATI euro 48,00 (invece di euro 60,00) (persone fisiche) INCLUDE Il mensile Tuttoscuola • La newsletter settimanale TuttoscuolaFOCUS* Servizio di consulenza on line Tutta l’informazione di Tuttoscuola LE PASSWORD PER l’accesso archivio on-line • l’accesso alle guide on-line l’accesso agli altri servizi riservati del portale tuttoscuola.com INOLTRE, INCLUSI NEL PREZZO L’Annuario dei viaggi di istruzione 2014 2 regali a scelta tra ** A B C - D * (all’indirizzo e-mail indicato nel coupon) ** A Le ultime tre edizioni dell’Annuario dei viaggi di istruzione - B Cd-rom Laboratorio di Chimica C Il volume “1° Rapporto sulla qualità nella scuola” - D Cd-rom Laboratorio di Fisica Forma di pagamento: - Versamento di euro .......................................... sul c/c postale n 23647001 intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl - Bonifico bancario di euro ............................................. su BANCOPOSTA IBAN IT75D0760103200000023647001 intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl - Vi autorizzo ad addebitare l’importo di euro ........................ sulla carta di credito VISA MasterCard N. 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Novità Edizione 2016 una guida di Desidero acquistare: N. …… copia/e dell’Annuario dei viaggi di Istruzione 2014 a € 15,00 cad. + contributo spese di spedizione Inviatela/e per: £ Posta ordinaria (aggiungere € 1,50) £ Corriere (aggiungere € 12,00) Scelgo la seguente forma di pagamento: £ Allego la fotocopia di versamento di € …………… sul c/c postale n. 96034004 intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl £ Allego fotocopia del bonifico bancario di € …………… intestato a Editoriale Tuttoscuola Srl - BANCOPOSTA Codice IBAN IT13C0760103200000096034004 £ Vi autorizzo ad addebitare l’importo corrispondente sulla carta di credito*: VISA Codice di sicurezza MasterCard N. 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