il filo rosso dell`infiammazione

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il filo rosso dell`infiammazione
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pneireview 1
Direttore Francesco Bottaccioli
BUONE RAGIONI
PER SOSTENERE
SIPNEI
[Uno
Perché è l’unica Società scientifica interdisciplinare, che persegue l’unità della
conoscenza dell’essere umano e dell’ambiente, promuovendo ricerca, studio e
dibattito sia nelle discipline umanistiche sia in quelle biomediche e psicologiche.
[Due
Perché è l’unica Società scientifica interprofessionale, dove medici, psicologi, biologi,
fisioterapisti, osteopati, infermieri, ostetriche e altri professionisti della salute
interagiscono, in pari dignità, tra loro e con filosofi, fisici, antropologi, sociologi.
[Tre
Perché lavora per produrre un nuovo modello di prevenzione e cura, basato su una
visione unitaria dell’essere umano e sulla stretta collaborazione tra terapeuti uniti dal
medesimo paradigma scientifico e culturale.
[Quattro
Perché è attivamente impegnata nel cambiamento qualitativo della formazione dei
ricercatori e degli operatori sanitari, collaborando con le istituzioni Universitarie e le
altre Società scientifiche.
[Cinque
Perché offre Master universitari di formazione in “PNEI e Scienza della cura integrata”.
[Sei
Perché organizza corsi di formazione di base in PNEI con accreditamento ECM per
soci e non soci in diverse città d’Italia a costi contenuti, basandosi sulle docenze
gratuite offerte dai docenti SIPNEI.
[Sette
Perché ogni anno, la Direzione Nazionale e le Sezioni regionali organizzano numerosi
convegni di elevato livello scientifico e clinico.
[Otto
Perché pubblica: 100 pagine l’anno di PNEINEWS, con contributi e interviste ai
leader mondiali della ricerca per mantenersi sempre aggiornati in modo sintetico
ed efficace; 200 pagine l’anno di PNEI REVIEW con approfondimenti monografici
sui temi di interesse scientifico e clinico; un sito web www.sipnei.it continuamente
aggiornato, la cui segreteria invia frequenti informazioni email direttamente ad ogni
socio.
[Nove
Perché offre ai soci la possibilità di organizzarsi in sezioni regionali e in coordinamenti
professionali per promuovere ricerche, esperienze cliniche ed essere in continuo
collegamento con colleghi italiani e stranieri.
[10
Perché, come membro della International Society for Neuroimmunomodulation
(ISNIM), è parte attiva del movimento scientifico internazionale che promuove la
ricerca e la clinica in campo PNEI.
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2015
Rivista della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia
IL FILO ROSSO
DELL'INFIAMMAZIONE
Nuove conoscenze
per un cambio nella cura
Programma Ics Integrated Care Science - Scienza della Cura Integrata
2015
Rivista della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia
IL FILO ROSSO DELL'INFIAMMAZIONE
Francesco Bottaccioli Editoriale
Nuove idee sull’autoimmunità
3
Capitolo 1
M.Cutolo, M.Meroni, S.Paolino
Ormoni e immunità nelle malattie reumatiche
10
sommario
pneireview
Capitolo 2
M.Emmi, E.Silvestri, G.Emmi, D.Prisco
Dentro la complessita' del Lupus eritematoso sistemico
Capitolo 3
David Lazzari Il diabete e la cura centrata sulla persona
28
37
Capitolo 4
Franco Berrino Alimentazione e malattie croniche:
la sindrome metabolica come paradigma
42
1
2015
Capitolo 5
Mauro Bologna
Inquinamento ambientale, infiammazione e interferenti endocrini
Capitolo 6
Michael R.Irwin Sonno e infiammazione nell'invecchiamento resiliente
54
65
Editors
Francesco Bottaccioli (Editor in chief ), David Lazzari (SIPNEI President), Andrea
Minelli (Research Head), Marina Risi (Executive editor)
Scientific Board
Franco Baldoni (Psychosomatic Medicine, Bologna University), Fabrizio Benedetti
(Neuroscience, Torino University), Gianluca Bocchi (Philosophy of Science,
Bergamo University), Mauro Bologna (General Pathology, L'Aquila University),
Francesco Bottaccioli (Psychoneuroendocrinoimmunology, L'Aquila University),
M. Grazia Cifone (Immunology, L'Aquila University), Claudio Franceschi
(Interdepartmental Center Bioinformatics, Biophysycs, Biocomplexity,
Bologna University), Irving Kirsch (Psychology, Plymouth University (UK),
Program in Placebo Studies Harvard Medical School, Boston (USA), David
Lazzari (Medical Psychology, Perugia University), Victoria Maizes (Integrative
Medicine, Arizona University), Andrea Minelli (Physiology, Urbino University),
Marina Risi (Integrated Medicine, Siena and Perugia University), Tullio Seppilli
(Medical Antropology, Emeritus, Perugia University), Andrea Sgoifo (Physiology
of Stress, Parma University).
Editorial Board
Anna Giulia Bottaccioli MD, Roberta De Bellis Ph.D., Andrea Delbarba MD,
Antonella Palmisano M.Sc., M. Psy.
Direttore Responsabile
Editor in Chief
Francesco Bottaccioli
Supplemento al n. 3-4/2015
di Pnei News
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Autorizzazione del Tribunale di Bologna
n. 8038 del 11/02/2010
Redazione
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Università di Torino
Dip. di Scienze Mediche
Dip. di Psicologia
Dip. di Filosofia e Scienze dell’educazione
Università dell’Aquila
Dipartimento di Medicina clinica, Salute pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente
Con il patrocinio della Società Italiana di Endocrinologia
30 OTTOBRE 2015
SESSIONE INTRODUTTIVA: LE BASI SCIENTIFICHE.
Moderatori: David Lazzari, Ezio Ghigo
ore 9-10,45
Ezio Ghigo Dalla scienza degli ormoni alla scienza dell'intero
Maria Grazia Cifone Il sistema immunitario nel network PNEI
Francesco Bottaccioli La Psiconeuroendocrinoimmunologia
come paradigma per le scienze della cura
10,45-11,00 Pausa
I SESSIONE - CERVELLO, METABOLISMO E INTESTINO.
Moderatori: Maria Grazia Cifone, Paola Marina Risi
11,00-12,30
Uberto Pagotto Cervello e metabolismo
Dario Siniscalco Cervello e intestino
Mauro Bologna Interferenti endocrini e disregolazione
dell’asse cervello-intestino
12,30-13,00 Dibattito sulle due sessioni mattutine
II SESSIONE - CERVELLO E INFIAMMAZIONE:
PSICOPATOLOGIA DEI DISTURBI MENTALI.
Moderatori: Secondo Fassino, Mirko La Bella
14,30-18,00
Riccardo Torta Le Citochine nel SNC e nella psicopatologia
David Lazzari Diagnosi e terapia integrata della depressione
Giuseppe Maina Depressione: epigenetica, fattori neurotrofici
e marker metabolici
Fabio Coppedè Epigenetica della neurodegenerazione
16,30-16,45 Pausa
16,45-17,45
Giovanni Abbate Daga La complessità dell'anoressia nervosa:
infiammazione, propriocezione e consapevolezza
Paolo Migone La crisi della psichiatria contemporanea
e il problema dell'integrazione tra saperi diversi
17,45-18,15 Dibattito
31 OTTOBRE
III SESSIONE - STRESS E INFIAMMAZIONE.
Moderatori: Emanuela Arvat, Mauro Bologna
9,00-10,00
Laura Gianotti Stress e sistema neuroendocrino (Univ. TO)
Andrea Minelli Stress e infiammazione
IV SESSIONE IL DOLORE
Moderatori: Rita Ardito e Maria Cristina Ratto
10-11,30
Fabrizio Benedetti Modulazione psicosociale del dolore
Franco Cauda Neuroimaging funzionale del dolore cronico
Mirko La Bella, Luca Scavino Il malato immaginato: l’esperienza
dell’ambulatorio sperimentale di Medicina Funzionale dello Stress,
San Giovanni Battista Antica Sede di Torino
11,30-11,45 Dibattito
11,45-12,00 Pausa
V SESSIONE - LE BASI EPISTEMOLOGICHE
DEL NUOVO PARADIGMA.
IL CONTRIBUTO DELLA FILOSOFIA DELLA SCIENZA.
Moderatori Francesco Bottaccioli, Fabrizio Benedetti
12,00-14,00
Gianluca Bocchi Riscoprire il vivente in un’età di transizioni
e di rivoluzioni scientifiche e filosofiche
Germana Pareti Senso di appartenenza del proprio corpo e riduzione
del senso di sé. Dalla fenomenologia alle ipotesi neuroscientifiche
Silvano Tagliagambe La cura nello spazio intermedio tra corpo e psiche
DIREZIONE SCIENTIFICA
Francesco Bottaccioli, Maria Grazia Cifone, Ezio Ghigo, David
Lazzari, Germana Pareti
SEGRETERIA SCIENTIFICA
Ivano Ancora, Lorys Castelli, Ivan De Marco, Laura Gianotti
ORGANIZZAZIONE
[email protected]
MODALITA’ DI ISCRIZIONE
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RELATORI E MODERATORI
Giovanni Abbate Daga professore associato di Psichiatria
Dip. Neuroscienze Università di Torino
Ivano Ancora psicologo ipnologo, Sipnei Piemonte
Rita Ardito ricercatrice psicologia clinica Università di Torino
Emanuela Arvat professore straordinario Endocrinologia,
Dip. Scienze Mediche, Università di Torino
Fabrizio Benedetti professore ordinario di Neurofisiologia
Università di Torino
Gianluca Bocchi professore ordinario di Filosofia della scienza,
Università di Bergamo
Mauro Bologna professore ordinario di patologia generale, coordinatore
master “Pnei e scienza della cura integrata” Università dell’Aquila
Francesco Bottaccioli direzione Master “Pnei e scienza della cura
integrata” Università dell’Aquila, Fondatore e Presidente on. SIPNEI
Lorys Castelli ricercatore Dipartimento di psicologia, Università di Torino
Franco Cauda ricercatore in psicobiologia e psicologia fisiologica,
Dip. di Psicologia, Università di Torino
Maria Grazia Cifone direttrice Dip. Medicina clinica, Salute pubblica,
Scienze delle vita e dell’ambiente, Università dell’Aquila
Fabio Coppedè docente ricercatore di Genetica Medica, Università di Pisa
Ivan De Marco psicologo psicoterapeuta, Sipnei Piemonte
Secondo Fassino professore ordinario Psichiatria,
Dip. Neuroscienze Università di Torino
Laura Gianotti professore a contratto
di Psiconeuroendocrinologia, Dip Psicologia, Università Torino
Ezio Ghigo professore ordinario Endocrinologia, Dip. Scienze Mediche,
Direttore Scuola di Medicina, Università di Torino
Mirko La Bella psicologo psicoterapeuta, coordinatore SIPNEI Piemonte
David Lazzari presidente SIPNEI, direttore Servizio Psicologia Azienda
Ospedaliera S. Maria, Terni, professore a contratto
di Psicologia medica, Università di Perugia.
Giuseppe Maina professore associato Psichiatria,
Dip. Neuroscienze Università di Torino
Paolo Migone direttore responsabile della rivista
“Psicoterapia e Scienze Umane”, Milano
Andrea Minelli professore associato di Fisiologia, Università di Urbino
Uberto Pagotto ricercatore confermato Endocrinologia,
Dip. Scienze Mediche e Chirurgiche, Univ. Bologna
Germana Pareti professore straordinario Storia della filosofia,
Dip. di Filosofia e scienze dell’educazione, Università di Torino
Maria Cristina Ratto medico psicoterapeuta, SIPNEI Piemonte
Paola Marina Risi docente Master “Pnei e Scienza cura integrata”
Università dell’Aquila, Vicepresidente SIPNEI, Roma
Luca Scavino medico, ambulatorio sperimentale Medicina Funzionale
dello Stress, San Giovanni Battista Antica Sede di Torino
Dario Siniscalco dip. medicina sperimentale
Università di Napoli Federico II
Silvano Tagliagambe professore onorario
di Filosofia della scienza Università di Sassari
Riccardo Torta professore associato di Psicologia clinica
Dip. Neuroscienze Università di Torino
Francesco Bottaccioli
editoriale | Autoimmunita'
'
Autoimmunita
Concetti e malattie difficili da trattare
se si rimane prigionieri del paradigma dominante
Francesco Bottaccioli - Direzione Master in “Pnei e Scienza della cura integrata” Università dell’Aquila.
Il primo libro che tratta della malattie autoimmuni è del 1963 ed era curato
da due grandi dell’immunologia, dagli australiani Ian R. Mackay e Frank
Mackfarlan Burnett. Mezzo secolo dopo, lo stesso Ian Mackay, novantenne, in
un interessantissimo saggio scritto assieme allo storico della medicina Warwick
Anderson, confessa: “Noi ancora sappiamo ben poco su cosa attivi il processo
autoimmune”1.
In effetti il concetto di autoimmunità è contro-intuitivo rispetto all’idea
dominante dell’immunità come sistema di difesa: se il sistema immunitario deve
difenderci dagli agenti di malattia – questo il ragionamento – come fa ad essere
lui stesso causa di malattia? Quindi, a ben vedere, il concetto di autoimmunità è
anche antiparadigmatico e cioè contrasta con il paradigma, che ha dominato per
un secolo, dalla fine dell’Ottocento alla fine del Novecento, che vede le malattie
causate da agenti microbici esterni.
Per cercare di conciliare il “paradigma microbico” con lo “scandalo”
dell’autoimmunità, negli anni ’70-’90 del secolo scorso, la ricerca si è concentrata
sui virus come induttori di autoimmunità con risultati praticamente nulli. Un
filone parallelo ha chiamato in causa la genetica: variazioni (polimorfismi) del
maggior complesso di istocompatibilità (MHC nei topi, HLA negli umani)
sarebbero all’origine delle malattie autoimmuni. Ma ormai è chiaro che questi
polimorfismi spiegano, al massimo, solo una minoranza dei casi di autoimmunità.
Negli ultimi anni lo sguardo si sta allargando.
Autoimmunità, uno
scandalo per il paradigma
microbico delle malattie
Psiche, depressione e autoimmunità
C’è una crescente quantità di lavori che indagano sul piano fisiologico le relazioni
tra stati e tratti psichici e autoimmunità. Analogamente crescono le conoscenze sul
ruolo fisiopatologico, anche nel campo dell’autoimmunità, di sistemi chiave come
il microbiota, l’asse cervello-pancia, e di comportamenti come l’alimentazione e
l’attività fisica. Pochi però sono ancora gli studi che sperimentano queste nuove
conoscenze sul piano clinico. Ma vediamo qualche dato.
È noto da tempo che le persone con Artrite reumatoide soffrono di depressione
in proporzioni maggiori della norma. La classica risposta “queste persone sono
depresse perché sofferenti” è contraddetta da varie evidenze.
Un recente studio nazionale prospettico realizzato a Taiwan su quasi 20.000
pazienti affetti da varie malattie, seguiti per 10 anni, liberi da depressione all’inizio
dello studio, dimostra che le persone con Artrite Reumatoide hanno sviluppato
depressione in misura doppia (11,2% contro 5,1%) rispetto alle persone affette
da altre patologie2.
C’è quindi una specificità della malattia reumatica autoimmune e in generale
n.1 anno 2015
pneireview
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Francesco Bottaccioli
Le evidenze del legame tra
infiammazione, stress
e depressione
editoriale | Autoimmunita'
delle malattie infiammatorie.
Diversi studi prospettici hanno dimostrato che lo stress quotidiano, direttamente
o indirettamente, è associato alle fluttuazioni a breve termine della malattia. Un
lavoro recente su pazienti con Artrite reumatoide ha documentato che lo stress
quotidiano e la preoccupazione in particolare sono predittivi dell’esacerbazione
della sintomatologia dolorosa nel mese successivo.
Analogamente, l’incremento delle citochine IL-1beta, IL-8, TNF-alfa predice nel
mese successivo un aumento della sensazione di astenia (fatigue)3.
È più di un decennio che è stato identificato il legame tra stress-infiammazione
e depressione nelle due direzioni: l’infiammazione causa depressione, la
depressione causa infiammazione4.
In corso di depressione e ansia incrementano IL-6, TNF-α, PCR, ICAM-1, NFKb con diminuzione di IL-105. Lo stesso fenomeno è dimostrato anche in corso
di Disturbo bipolare o di psicosi post-partum.
Dall’altra parte, in corso di infiammazione, anche sperimentalmente indotta
tramite la somministrazione di tossici come l’ endotossina o di citochine
infiammatorie come IFN-alfa, aumentano i sintomi depressivi.
Ad ulteriore riprova di questo legame tra infiammazione e depressione, la
somministrazione di un anticorpo monoclonale anti-TNF in depressi con
infiammazione (misurata con una PCR superiore a 5) riduce la depressione6.
I livelli di Proteina C Reattiva (PCR, principale marker infiammatorio plasmatico)
in effetti correlano con la depressione, come dimostra un lavoro recentissimo,
di tipo prospettico, realizzato su 1167 maschi non depressi. In queste persone,
valutate a 5 anni di distanza, i sintomi depressivi clinicamente rilevanti correlano
positivamente con la PCR che avevano all’ inizio dello studio e con quella valutata
anno per anno. E cioè maggiore erano i livelli della Proteina C Reattiva e maggiori
erano i sintomi depressivi registrati alla fine dello studio7.
Conferme e novità sui meccanismi biologici
Da tempo abbiamo prova che una condizione di stress e di depressione
incrementa la produzione dentro le cellule immunitarie del fattore di trascrizione
nucleare NFkB, che va ad attivare oltre 400 geni, di cui la gran parte comanda
la produzione di citochine e altre proteine infiammatorie8. Nei depressi aumenta
non solo l’attività dei geni infiammatori tramite NFkB, ma viene a disregolarsi il
sistema recettoriale del cortisolo producendo resistenza all’azione dell’ormone
antinfiammatorio.
E qui entra in ballo l’epigenetica. Uno studio recente, realizzato su persone
depresse con gruppo di controllo, ha preso in esame un pool di geni infiammatori
dei monociti. Nei depressi, il 72% dei geni era sopraregolato rispetto ai controlli
con conseguente incremento della produzione di molecole infiammatorie come
IL-8, CCL2, VEGF. Inoltre, era ridotta l’espressione genica per la forma attiva
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n.1 anno 2015
Francesco Bottaccioli
del recettore per il cortisolo (GR-α) e questa riduzione correlava direttamente
con i punteggi della scala Hamilton che, come è noto, è una scala di misura della
depressione: più è alto il punteggio della Hamilton e maggiore è la sintomatologia
depressiva. In questo studio, la ridotta espressione genica del recettore per il
cortisolo correlava direttamente con il maggior punteggio della Hamilton, a
riprova dello stretto legame tra infiammazione e depressione, in quanto è noto
che il cortisolo ha un potente effetto antinfiammatorio, che può essere ridotto
proprio dalla scarsa espressione del recettore nelle cellule immunitarie9.
Il ruolo dell’intestino nell’autoimmunità
Il nostro intestino ha un imponente sistema immunitario conosciuto come
Tessuto linfoide associato alla mucosa intestinale (GALT) che è in stretto
collegamento con il resto del sistema immunitario10.
Sono diversi decenni che i medici che praticano la medicina naturale insistono
nello stabilire un legame tra infiammazione intestinale e malattie di tipo
autoimmune come l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla. Fino a qualche
anno fa, non si avevano prove scientifiche sostanziose di questo legame. Adesso
le prove ci sono
C’è una chiara evidenza che i processi autoimmuni, per esempio nell’Artrite
Reumatoide, iniziano molti anni prima dell’emergenza dei sintomi clinici.
Questa malattia presenta dei marker molto chiari nel sangue: è possibile infatti
rintracciare autoanticorpi specifici che consentono di porre il sospetto di diagnosi
editoriale | Autoimmunita'
Fig. 1. Le diverse fonti
infiammatorie,collocate
nel sistema delle mucose
(gengivali, respiratorie e
intestinali), che possono
contribuire allo sviluppo e
all’aggravamento dell’Artrite
Reumatoide.
Fonte: Curr Opin Rheumatol.
Jan 2014; 26(1): 101–107
PAD = Peptidilarginina
deaminasi (PAD), enzima
che converte arginina in
citrullina. La citrullinazione
delle proteine mucosali genera
neo-epitopi che possono
far perdere la tolleranza
immunitaria e indurre la
produzione di anticorpi anti
proteine citrullinate (ACPAs),
che sono i più specifici
biomarkers per RA
ad oggi (trovati nel 70–80%
dei pazienti), prognostici
di cattiva evoluzione della
malattia
n.1 anno 2015
pneireview
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Francesco Bottaccioli
editoriale | Autoimmunita'
di Artrite Reumatoide anche in assenza di danni articolari. L’origine di questi
autoanticorpi appare essere extra-articolare, come si constata in persone senza
manifestazioni cliniche di artrite e con normale tessuto sinoviale. I luoghi da cui
si propagherebbero gli autoanticorpi sarebbero proprio le mucose, intestinali e
gengivali11.
L’infiammazione delle gengive (malattia parodontale) è fortemente legata
all’alterazione del microbioma orale ed è ben identificata in persone con Artrite
Reumatoide.
Infine, come mostra l’immagine, anche l’infiammazione delle vie aeree e la
presenza di autoanticorpi appare presente in persone che ancora non hanno
sviluppato la malattia.
Quindi l’infiammazione in tutto l’ampio circuito delle mucose (orali, gastrointestinali e respiratore) costituisce la fonte principale dello squilibrio del sistema
immunitario in senso autoimmune.
Stress e autoimmunità intestinale12
Sono ormai 15 anni che è stata identificata una nuova funzione del nervo vago che
non è solo la principale via dell’attività parasimpatica, ma anche una potente via di
controllo dell’infiammazione interna.
Il nervo vago è una grande nervo cranico che collega il cervello agli organi
interni, ai polmoni, al cuore, al fegato, all’intestino. È una connessione a due vie:
da un lato il nervo vago riceve segnali che vengono dagli organi (via afferente) e
dall’altro invia segnali agli stessi organi (via efferente). La via in uscita (efferente)
è il sistema antincendio interno, che è mediato dal rilascio di acetilcolina, un
neurotrasmettitore che, tra gli innumerevoli ruoli che svolge, ha anche la capacità
di bloccare l’attività infiammatoria delle cellule immunitarie. Questo fenomeno,
chiamato “riflesso antinfiammatorio del vago”, è stato identificato per la prima
volta nel 2000, con una pubblicazione su Nature. Due anni dopo, la stessa rivista,
ha ospitato uno studio di Kevin J. Tracey, biochimico e neurochirurgo newyorkese,
che ha dato il via a una ricerca internazionale in pieno sviluppo.
Nell’estate del 2014, un gruppo dell’Università del Michigan ha documentato,
sull’animale da esperimento, che una colite infiammatoria causa non solo i noti
danni alla mucosa del colon e del retto, ma induce anche la morte dei neuroni che,
nel tronco del’encefalo, comandano l’attività vagale13. Quindi, l’infiammazione
intestinale - tramite citochine infiammatorie che, usando proprio il vago, risalgono
a livello cerebrale - va a manomettere il suo principale sistema di controllo,
costituito dal vago. Si crea cioè un circolo vizioso che alimenta l’infiammazione.
Ma per spezzarlo, occorre ancora capire meglio quali sono i meccanismi con cui il
vago controlla l’infiammazione. Recenti lavori di K.J. Tracey su Nature Medicine,
stanno fornendo una visione più chiara correggendo alcune idee del passato14.
Fino a qualche tempo fa si pensava che fosse direttamente il vago a modulare le
6
pneireview
n.1 anno 2015
Francesco Bottaccioli
cellule immunitarie, adesso invece, anche grazie a minuziose indagini anatomiche
e funzionali, appare che il vago svolge il suo ruolo antinfiammatorio realizzando
diverse connessioni: con le ghiandole surrenali, inducendole a produrre dopamina
e anche con i neuroni del sistema nervoso enterico, il secondo cervello. Sono i
neuroni intestinali, a stretto contatto con i macrofagi, che rilasciano acetilcolina e
spengono l’infiammazione.
C’è un ulteriore tassello che apre anche ad applicazioni terapeutiche sempre
più estese: l’attivazione antinfiammatoria del vago può avvenire anche per
stimolazione sensoriale.
Nel lavoro citato su Nature Medicine, l’animale da esperimento, a cui era stata
indotta una grave condizione infiammatoria (sepsi), era stato stimolato con
elettroagopuntura sul nervo sciatico. Tale procedura ha attivato il vago migliorando
la condizione dell’animale rispetto ai controlli non trattati con agopuntura.
Ricercatori cinesi ed europei, negli ultimi mesi, hanno documentato, con varie
pubblicazioni, che determinati agopunti della testa e del collo e dell’orecchio
hanno la capacità di attivare il vago proprio perché vanno a stimolare terminazioni
nervose connesse con i rami vagali di queste zone corporee. E non è un caso che
questi punti vengono usati con successo nel trattamento di epilessia resistente ai
farmaci, mal di testa, insonnia, disturbo bipolare, ipertensione, che poi sono le
indicazioni che la FDA americana ha autorizzato per l’impianto sottocutaneo del
dispositivo stimolante il vago, un congegno simile ad un pacemaker, che genera
impulsi elettrici con una frequenza tra i 20-30 Hz, per 30 secondi, ogni 5 minuti
per tutta la giornata. Con qualche effetto secondario da eccessiva stimolazione
vagale, che l’agopuntura non presenta. Ma si attendono studi di confronto tra
editoriale | Autoimmunita'
Fig. 2. L’immagine
mostra 3 punti, sulla linea
dell’attaccatura dei capelli,
che hanno la capacità di
stimolare il vago:
da sinistra, V10 (vescica
10), VG15 (vaso
governatore detto
anche Dumai 15), VB20
(Vescicola Biliare 20)
n.1 anno 2015
pneireview
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Francesco Bottaccioli
editoriale | Autoimmunita'
agopuntura e stimolazione vagale per decidere in via definitiva se l’antica tecnica
cinese possa essere un’alternativa efficace e ancora più sicura.
Ma un modo antico e ben collaudato di attivare il vago è rappresentato dalle
tecniche di rilassamento, di respirazione e di meditazione. Il controllo del respiro,
tramite la tecnica della respirazione con narici alternate secondo il Pranayama15 è
dimostrato che aumenta l’attivazione vagale.
In accordo con gli studi sull’animale, una sperimentazione su 183 adulti in buona
salute (45 anni in media) ha dimostrato che la regolazione vagale tramite il
controllo del respiro ha effetti diretti sull’infiammazione diminuendo nel sangue
circolante le citochine infiammatorie TNF-alfa e IL-616.
La letteratura scientifica
sostiene lo sforzo di
produrre una svolta
reale nella comprensione
e nel trattamento
integrato delle malattie
infiammatorie
autoimmuni
La gestione della psiche e delle emozioni tramite psicoterapia e tecniche antistress
dà buoni risultati. Una meta-analisi di 25 RCT dimostra che la psicoterapia e anche
brevi sessioni di insegnamento di gestione dello stress migliorano la sintomatologia
clinica dell’Artrite reumatoide e il profilo immunitario dei pazienti17.
Due studi randomizzati controllati su persone con Artrite reumatoide ci danno
ancora più dettagli.
Il primo studio ha diviso in due gruppi i pazienti: un gruppo è entrato in
psicoterapia per 9 mesi e l’altro ha seguito una serie di sedute educazionali e di
informazione sulla malattia. I due gruppi sono stati valutati ogni tre mesi e poi
un anno dopo la fine del trattamento. Il gruppo in psicoterapia ha mostrato una
riduzione statisticamente significativa del dolore e un netto miglioramento della
funzionalità fisica e della gestione malattia18.
L’altro studio, con cui concludo questa rassegna, riguarda sempre pazienti con
Artrite Reumatoide, che hanno seguito un breve corso di gestione dello stress: al
controllo, a 9 settimane dalla fine del corso, mostrano un aumento dell’ umore,
una riduzione del cortisolo e della IL-819.
Mi pare, in conclusione, che si possa affermare con una certa sicurezza che
la letteratura scientifica sostiene lo sforzo di produrre una svolta reale nella
comprensione e nel trattamento integrato delle malattie autoimmuni.
Note Bibliografiche
1. Anderson W., Mackay IR (2014) Intolerant Bodies. A Short History of
Autoimmunity, Johns Hopkins University Press, Baltimore, p. 143
2. Wang SL et al (2014) Risk of developing depressive disorders following
rheumatoid arthritis: a nationwide population-based study. Plos One 9: e107791
3. Evers AWM et al (2014) Does stress affect the joints? Daily stressors, stress
vulnerability, immune and HPA axis activity, and short-term disease and
symptom fluctuations in rheumatoid arthritis. Ann Rheum Dis 73: 1683-1688
4. Dantzer R et al (2011) Inflammation-associated depression: from serotonin to
8
pneireview
n.1 anno 2015
Francesco Bottaccioli
editoriale | Autoimmunita'
kynurenine. Psychoneuroendocrinology 36(3):426-36.
5. Dowlati et al (2010) A meta-analysis of cytokines in major depression. Biol
psychiatry 67: 446-457
6. Raison CL. et al (2013) A randomized controlled trial of the tumor necrosis
factor antagonist infliximab for treatment-resistant depression: the role of baseline
inflammatory biomarkers. JAMA Psychiatry 70: 31-41
7. Tully PJ et al (2015) The longitudinal association between inflammation and
incident depressive symptoms in men: the effects of hs-CRP are independent of
abdominal obesity and metabolic disturbances. Physiol Behav 139; 328-35
8. Kuebler U et al (2015) Stress-induced modulation of NF-κB activation,
inflammation-associated gene expression, and cytokine levels in blood of healthy
men. Brain Behav Immun. 46:87-95
9. Carvalho LA et al (2014) Inflammatory activation is associated with a reduced
glucocorticoid receptor alpha/beta expression ratio in monocytes of inpatients
with melancholic major depressive disorder. Transl Psychiatry 4: e344
10. Bottaccioli F (2008) Il sistema immunitario la bilancia della vita, II ed. Tecniche
Nuove, Milano
11. Brusca Sp et al Microbiome and mucosal inflammation as extra-articular
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