CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA X LEGISLATURA

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CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA X LEGISLATURA
CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
X LEGISLATURA
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COMMISSIONE SPECIALE
‘RAPPORTI TRA LOMBARDIA, CONFEDERAZIONE ELVETICA E PROVINCE AUTONOME’
I COMMISSIONE CONSILIARE
‘PROGRAMMAZIONE E BILANCIO’
Seduta del 14 gennaio 2015
Processo verbale n. 1
Il giorno 14 gennaio 2015, alle ore 10.15, è convocata presso la sede del Consiglio regionale, la
seduta congiunta della Commissione I e della Commissione speciale rapporti tra Lombardia,
Confederazione elvetica e Province autonome per la trattazione dell’ argomento di cui all’ordine del
giorno allegato.
Presiede la seduta il Presidente della I Commissione Alessandro COLUCCI.
Assistono alla seduta la Dirigente dell’Ufficio, Francesca SANTAMBROGIO, la responsabile della
posizione organizzativa, Annalisa PELUCCHI e il funzionario verbalizzante Aldo RIGHETTI.
Alle ore 10.35 il Presidente COLUCCI apre la seduta, di cui segue la trascrizione integrale.
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Presidente Alessandro COLUCCI
Buongiorno a tutti. Ringrazio per l’attesa. Abbiamo dovuto fare una seduta di Commissione per la
norma finanziaria su un provvedimento che dovrà andare in Aula, quindi l’allungamento delle
tempistiche è legato a questo e me ne scuso.
Ovviamente, saluto tutti i colleghi intervenuti, lo faccio a nome mio e della Presidente Brianza:
insieme co-presiediamo questo importante incontro delle Commissioni congiunte e porto i saluti a
tutti i membri delle nostre Commissioni, così come al Presidente Pola di Eupolis, che ringraziamo
per essere intervenuto, al Direttore generale di Eupolis Colombo; poi lascerò a loro i ringraziamenti
e la presentazione dei loro collaboratori che li hanno seguiti nella realizzazione di questa importante
ricerca che viene oggi presentata e che rientra in un’importante iniziativa dell’Ufficio di Presidenza,
e per questo saluto e ringrazio il Presidente Raffaele Cattaneo che, devo dire, non in ragione della
sua presenza, ma lui e l’Ufficio di Presidenza hanno dato il via a una serie di iniziative di ricerca e
di approfondimenti in forma totalmente diversa rispetto al passato che ha dato sicuramente più
utilità e più efficacia al lavoro della ricerca, all’approfondimento dei Consiglieri e per avere a
disposizione strumenti che consentono un migliore modo di lavorare da parte di tutti noi.
Anche perché con le ricerche di Eupolis l’obiettivo, che meglio di me spiegherà il Presidente
Cattaneo, è certamente quello non solo di fare una fotografia della situazione ma di avere degli
strumenti che ci aiutino e agevolino nell’attività di Consiglieri regionali, nell’attività della
Commissione.
A tal proposito, in particolar modo sul tema di oggi, sollecito i colleghi appartenenti alla mia
Commissione – ma la stessa cosa certamente vale anche per i componenti della Commissione
speciale − a farsi portatori di spunti e di suggerimenti che possano tornare utili per dare senso alla
ricerca e azioni e conseguenze a questa iniziativa, perché oggi trattiamo un tema importantissimo,
che tra l’altro a breve vedrà l’impegno del Consiglio regionale con la sessione comunitaria, la
sessione europea e che riguarda proprio il ruolo del Consiglio regionale rispetto alle politiche che
l’Unione Europea vara annualmente.
La ricerca è, ovviamente, realizzata da Eupolis per conto del Coniglio regionale e l’analisi dei
processi di partecipazione alla produzione normativa dell’Unione Europea è particolarmente
valutata in questa ricerca e a noi torna molto utile, perché dall’inizio della legislatura abbiamo
cambiato atteggiamento rispetto all’intervento del Consiglio regionale, in quanto siamo sempre
intervenuti nella fase finale quando già in Europa si erano fatte delle scelte.
Ci è piaciuto nell’ultima sessione europea intervenire nella fase ascendente, quindi nella fase in cui
si decide, ma ancor più crediamo si debba fare per dare più importanza e autorevolezza al ruolo del
Consiglio e quindi anche della Commissione stessa.
Perché, obiettivamente, ci sono le condizioni, e − ho visto anche nelle conclusioni della ricerca −
delle possibilità per intervenire con maggiore incisività. Quindi, questo aiuto anche di suggerimento
con cui le ricerche terminano o di sollecitazione su cui i Consiglieri sono chiamati a riflettere,
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perché non c’è nulla di deciso ma, anzi, c’è un buono stimolo a ragionare e a riflettere tra di noi: è
una questione che ci torna molto utile come I Commissione, seppure siamo arrivati a questa ricerca
molto più in ritardo rispetto alle altre, che credo sia l’ultimo tipo di incontro per il Consiglio
regionale rispetto alle ricerche ‘Eupolis Paper’, ma per quanto ci riguarda capita nel momento
giusto, perché posso dire ai membri della mia Commissione che con questo incontro noi iniziamo i
lavori della Commissione europea, quindi capita nel momento giusto, seppure si sperava avvenisse
prima.
Il mio breve intervento e saluto è rivolto a questo, ai ringraziamenti al lavoro che viene svolto,
all’ottimo spunto che ha avuto l’Ufficio di Presidenza, che ha comportato un lavoro aggiuntivo per i
membri della Commissione ma che comunque credo tutti noi possiamo oggi valutare come impegno
fruttuoso e proficuo che migliorerà sicuramente il nostro lavoro.
Ultimo, ma non ultimo, saluto l’autorevolissimo moderatore dell’incontro di oggi, che è il
Presidente Galli, particolarmente autorevole come soggetto di sintesi fra le due Commissioni −
l’abbiamo condiviso con la Presidente Brianza − fa quindi piacere avere un moderatore così
autorevole in questa seduta congiunta.
Vi ringrazio e passo velocemente la parola al Presidente Cattaneo.
Presidente Raffaele CATTANEO
Sono io che ringrazio il Presidente Colucci e la Presidente Brianza per aver voluto ospitare questo
momento di presentazione che, come diceva lui, è il quarto che conclude la quarta sessione e la
presentazione delle ricerche volute e approvate dall’Ufficio di Presidenza, le ricerche del Consiglio
regionale per l’anno 2014.
L’obiettivo di queste sessioni era quello di tirare fuori le ricerche dal cassetto e di renderle uno
strumento di lavoro per i Consiglieri. Mi pare che l’obiettivo sia stato raggiunto, nel senso che nei
casi precedenti il lavoro è stato utile, proficuo, apprezzato e ha permesso di avere dei contributi di
conoscenza su temi importanti per la vita del nostro Consiglio e su materie su cui il nostro
Consiglio si deve esprimere con decisioni, provvedimenti, orientamenti politici e quant’altro.
Mi sembra che l’esperienza sia stata positiva. La ripeteremo. Abbiamo approvato pochi giorni fa il
piano delle ricerche per il 2015 con l’Ufficio di Presidenza − qui ci sono ben due membri
dell’Ufficio di Presidenza, anzi, tre membri dell’Ufficio di Presidenza, oltre me, quattro, per cui,
praticamente, quasi tutti − per cui mi pare possiamo dare atto che l’esperimento è stato positivo e lo
dovremo ripetere.
Da questo punto di vista ringrazio anche Eupolis che sta facendo un lavoro prezioso. Sono fra quelli
che pensano che la ragione per cui esista Eupolis è proprio questa, cioè dare supporto al policy
making della Regione Lombardia, della sua Giunta e del suo Consiglio. Però un lavoro si può fare
bene e si può fare male: mi sembra che in questo caso Eupolis abbia fatto bene il proprio lavoro.
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Quindi ringrazio il Presidente Pola che è qui con noi, il Direttore Colombo, la dottoressa Bandera
ma anche chi ha dato il contributo di contenuto e, in particolare, la professoressa Lorenza Violini e
il professor Remigio Ratti, che hanno lavorato su questi policy paper.
E anche la modalità scelta, il policy paper, che abbiamo ribadito anche per il prossimo anno, mi
sembra opportuna, perché il policy paper non è una ricerca in senso accademico e non è neanche un
articolo in senso divulgativo, è un adeguato mix tra un quadro conoscitivo supportato da analisi
scientifiche solide ma anche una sua rappresentazione, proposizione, in chiave, appunto, di policy
making: cioè non il gusto accademico della citazione dei paper (che spesso gli accademici dicono
“produzione di paper a mezzo di paper”), ciò che spesso affetta il mondo accademico in maniera un
po’ introflessa, ma l’indicazione di elementi che poi possono servire alle politiche.
Oggi i temi sotto la lente di ingrandimento sono due: i due policy paper che riguardano le
competenze della I Commissione e della Commissione Speciale, cioè quello sulle questioni
transfrontaliere che mette in ordine i temi aperti ma che anche dà elementi per una visione strategica
del rapporto tra la Regione Lombardia e la Confederazione Elvetica e quello sull’esperienza del
rapporto dei Consigli regionali con l’Unione Europea, il benchmark di livello nazionale e europeo
che ci è già servito molto: anche a me è servito molto nel rapporto con gli altri Consigli italiani e
con quelli europei in CALR ma che qui, adesso, possiamo approfondire per quanto può essere
utilizzato – diceva, giustamente, il Presidente Colucci – per la sessione comunitaria che abbiamo
calendarizzato proprio lunedì per il 24 marzo.
Quindi è cominciato un percorso che ha uno sbocco ed è bene, appunto, che questo sia messo al
servizio, innanzitutto, di questo lavoro concreto.
Due osservazioni di contenuto, poi ascolterò volentieri insieme a voi la presentazione. Sul primo,
cioè su quello delle questioni transfrontaliere, io credo sia assolutamente opportuno, partendo dai
contributi del policy paper, interrogarsi su modalità di governo transfrontaliero innovative, che
possano orientare le relazioni con i vicini amici elvetici in chiave sempre più cooperativa e non solo
rivendicativa.
Certamente questo Consiglio regionale, questa Giunta regionale, questa legislatura, hanno posto
questo tema al centro dell’attenzione, non a caso c’è una Commissione Speciale presieduta da
Francesca Brianza proprio su questi argomenti; però, finora l’abbiamo fatto forse anche un po’
reagendo, diciamo, ad alcuni episodi che erano accaduti, no? Penso alla vicenda dei lavoratori
transfrontalieri, al tema delle zone economiche speciali per reagire un po’ alle imprese che
andavano via.
Secondo me, oggi dobbiamo – e questo paper mi pare ci dia alcuni spunti – immaginare, invece, una
fase due del nostro lavoro che sia un po’ più proattiva, in cui siamo capaci anche di mettere sul
tavolo proposte innovative per un lavoro comune di qua e di là del confine.
Per quanto riguarda, invece, l’altro paper, quello sul tema dei consigli nel rapporto con l’Europa, io
credo che – di questo tema abbiamo parlato a lungo, anche ieri con il passaggio di consegna con la
Presidenza della CALR − sia davvero una sfida per i Consigli regionali quella di avere un ruolo più
pregnante nei confronti delle istituzioni europee, sia direttamente sia attraverso il rapporto con i
Parlamenti nazionali.
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Su questo, dentro la Conferenza dei Presidenti dei Consigli è cominciato un lavoro. Io andrò nei
prossimi giorni a fare un’audizione per la seconda volta al Senato alla Commissione XIV sul tema
del programma dell’Unione Europea, no del nuovo programma, della Commissione, faremo una
cosa analoga alla Commissione XIV (anche lì è XIV), della Camera dei Deputati.
Però, un conto è se ci va il Presidente che dice quel che pensa, un conto è se c’è un lavoro che può
portare la voce a chi andrà là del proprio Consiglio regionale e magari di tutti i Consigli regionali
italiani, al lavoro della CALRE e spero anche dei Consigli europei.
Il giorno in cui le assemblee legislative territoriali saranno in grado di esprimere con autorevolezza
la propria voce che è frutto di un lavoro − qui è il lavoro della I Commissione, soprattutto, che
conta − per cogliere spunti e contributi sul programma della Commissione, sui provvedimenti
dell’Unione Europea, etc., allora probabilmente la distanza che oggi c’è tra quello che succede a
Bruxelles e quello che succede nei nostri territori si accorcerà, e questa è una responsabilità che il
paper descrive in maniera evidente, anche con una serie di esempi da cui possiamo prendere spunto.
L’ultimo suggerimento che voglio dare è che siccome ci sono delle best practice indicate qui, dei
casi che funzionano meglio di come funzioniamo noi, anche in vista di questa sessione europea,
secondo me un po’ di spunti si possono prendere.
Mi fermo qui. Ringrazio per il lavoro fatto. Starò per un po’ ad ascoltare la presentazione delle
ricerche finché posso, perché sono direttamente interessato io per primo. Grazie.
Presidente Alessandro COLUCCI
Ringrazio il Presidente Cattaneo. Approfittando della presenza del Presidente Pola, lascerei a lui la
parola per poi, dopo il suo intervento, lasciare la gestione dei nostri lavori all’autorevole moderatore
Presidente Galli, che subito dopo il Presidente Pola interverrà.
Prego, Presidente.
Prof. Giancarlo POLA
…Di essere parte di questa comunità, che oggi va a definire i propri impegni e i propri risultati in
tema di relazioni internazionali.
Posso dire semplicemente, proprio per abbreviare i tempi e non ritardare troppo l’esposizione dei
contenuti, che il mio istituto sta facendo il possibile per quanto riguarda il mantenimento, diciamo,
di contatti internazionali.
Siamo, come potrebbe dirvi eventualmente il Direttore, impegnati prossimamente in ulteriori passi
avanti, ad esempio, in quanto organizzatori della Conferenza internazionale sulle politiche
pubbliche, International Conference on Public Policy, che avverrà nel luglio 2015 e anche come
supporto scientifico organizzativo dell’evento conclusivo della Conferenza annuale 2015 del
Regional Studies Association.
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Dopodiché, non posso altro che confermare che l’Istituto è assolutamente, interessato a questa
dimensione internazionale e lo ha fatto anche con un recente convegno, quello del dicembre 2014, e
intende continuare in questa direzione.
Naturalmente, i rapporti tra Lombardia e Svizzera sono parte di questo tragitto, di cui io non ho
nessun merito perché qualcun altro l’ha impostato. Viceversa, mi prendo l’impegno, diciamo, ad
approntare ulteriori sviluppi.
Vi posso anticipare che fra qualche settimana giungerà ad Eupolis l’invito a far parte di un team
internazionale europeo in materia di indebitamento degli Enti locali, tema caro molto, certamente, al
mondo tedesco, più ancora che a noi, ma certamente che non potrà non essere trascurato.
Tutto questo per dire che, sì, ci siamo, siamo sul pezzo, cerchiamo di essere adeguati ai compiti che
ci vengono richiesti.
Io con la mia modesta presenza senz’altro farò da garante perché questi percorsi di organizzazione
internazionale vengano seguiti e vengano sviluppati.
Null’altro da dire, signori. Credo che il lavoro che ci aspetta, soprattutto questa audizione, sarà
molto interessante anche per me che sono affezionatissimo al modello svizzero e che penso
svilupperemo ulteriormente in questa direzione.
Adesso, ripeto, sono qui eventualmente per fare ulteriori precisazioni nel caso mi venisse richiesto
nel corso della seduta e sono a vostra disposizione.
Grazie dell’onore che mi avete accordato.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
Buongiorno a tutti. A me il compito di introdurre l’esposizione di questa ricerca, di questo policy
paper, non prima, però, di aver manifestato innanzitutto un mio problema, come dire, di identità,
perché qui mi sento uno e trino, nel senso che come Consigliere regionale, come professore
universitario, come ex Presidente di Eupolis, come primo Presidente di Eupolis c’è un po’ questo
problema identitario, e dall’altro, diciamo, l’esplicitazione del fatto che sono contento di aver
concordato con il Presidente Cattaneo, con il Presidente Colucci, con la Presidente Brianza la mia
presenza in questa sede per introdurre la ricerca del policy paper di Eupolis, perché appunto Eupolis
è nata proprio, come diceva il Presidente Cattaneo, con questo scopo, cioè di mettersi al servizio del
buon governo di Regione Lombardia e quindi l’attività di Eupolis si esplicita essenzialmente
nell’elaborazione di queste ricerche, di questi policy paper che – e qui lo dico da Consigliere
regionale – intervengono direttamente sulla nostra attività di Consiglieri regionali.
Per cui, giusta l’osservazione del Presidente Colucci quella di ricordare che tra poco saremo
chiamati, nel breve volgere di un paio di mesi, a una sessione europea, per cui, per esempio, il
policy paper, cioè la ricerca sul ruolo dei Consigli regionali, il rapporto delle Regioni con l’Europa,
interviene direttamente su questa nostra attività, così come l’altro documento elaborato da Eupolis
interviene direttamente sulla nostra attività in Commissione Speciale sui rapporti tra la Lombardia,
la Svizzera e le Province Autonome confinanti di Trento e di Bolzano e anche su questo – lo dico
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alla Presidente Brianza ma so che è perfettamente sensibile al tema – dovremo dedicarci, cioè sul
rapporto con le Province Autonome di Trento e di Bolzano.
Quindi, non posso non esprimere la mia soddisfazione come ex Presidente di Eupolis per il lavoro e
anche per le parole che ha detto il professor Pola a livello introduttivo. Esprimo il mio
compiacimento anche al neopresidente della CALRE che ieri ha ricevuto la formale investitura
dalla collega che l’ha preceduto e che, quindi, diciamo, viene direttamente coinvolto dal dibattito e
dalla ricerca che presentiamo in questa sede.
Non ultimo – poi la concludo perché voglio entrare subito nel merito dei lavori – un riconoscimento
per il suo lavoro alla dottoressa Bandera che anche quando io ero Presidente di Eupolis è sempre
stata un pilastro dell’istituto e anche in questa sede si è configurata tale, e poi alla professoressa
Violini con la quale abbiamo una consuetudine qui in Consiglio regionale, visto che quando
parliamo di riforme costituzionali è sempre presente, è sempre puntuale, è sempre precisa nei suoi
interventi, non ultimo quello che abbiamo fatto alla fine di novembre sulle riforme costituzionali, e
poi al professor Ratti che è un autorevolissimo studioso di questioni che riguardano direttamente i
temi della ‘governanza’ in Svizzera, come li chiama lui con un termine che a me piace tantissimo, e
che è intervenuto in un libro che abbiamo curato poco prima di natale io e il professor Pola sulla
macroregione alpina mentre il professor Ratti ci ha fatto un bellissimo saggio sulle aree di potere e
la governanza territoriale e le frontiere nella sfida globale locale.
È un intervento particolarmente significativo nell’economia, appunto, di questo libro dedicato al
tema della strategia macroregionale alpina che, come tutti voi sapete, ci impegna particolarmente.
Prima di passare alle relazioni, io vorrei, diciamo, sollevare alcuni quesiti, alcuni interrogativi sui
quali mi piacerebbe ci si soffermasse proprio in sede espositiva delle ricerche e del paper elaborati
da Eupolis.
Partirei, senza, appunto, invadere il territorio del Presidente Cattaneo, però, giustamente, essendo la
sessione IV Lombardia-Europa partirei proprio dall’Unione Europea − ruolo dei Consigli regionali.
Ora, io nell’affrontare lo svolgimento del tema ho trovato particolarmente interessante alcune
considerazioni. Per esempio, il fatto che i paesi − e qui si sottolinea in particolare il federalismo
belga, il federalismo austriaco e il federo-regionalismo spagnolo − accendono dei rapporti
differenziati rispetto a stati che hanno una struttura più centralizzata con l’Unione Europea. Questo
potrebbe apparire, naturalmente, ovvio, perché i margini di autonomia politica-amministrativa che
hanno le Regioni in questi paesi è completamente diverso, però il fatto che tre modelli di
federalismo così diversi, perché passiamo dal federalismo devolutivo che ci ha messo 25 anni in
Belgio prima di arrivare alla Costituzione federale del ’94 (sono partiti nel 1968 con la definizione
del confine tra valloni e fiamminghi, per poi, attraverso momenti di progressiva revisione
costituzionale, ridefinire il centro-periferia fino ad arrivare a una soglia oltre la quale non poteva
che esserci una costituzione di tipo federale), piuttosto che il federoregionalismo autonomista
spagnolo che è diverso, profondamente diverso, perché nasce come modello federo-regionalista,
mentre il Belgio ci arriva al federalismo, piuttosto che il federalismo, il modello di decentramento
austriaco.
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È interessante rilevare come il federalismo cooperativo tedesco sia considerato su un altro piano in
questa ricerca, e quindi, diciamo, analizzare non solo dare per assunto che gli Stati che hanno un
ordinamento di tipo federale hanno dei rapporti diversi con l’Unione Europea ma addirittura i
differenti modelli di federalismo hanno un rapporto diverso.
Per esempio, a proposito della Germania mi è venuto subito in mente, leggendo le righe dedicate al
modello tedesco, quello che diceva Miglio al proposito del federalismo falso e degenerato – perché
Miglio era sempre un provocatore – della Germania, questo modello di federalismo cooperativo
che, come dire, è stato concepito proprio per scongiurare le recrudescenze, diciamo, totalitarie
nell’immediato secondo dopoguerra.
Proprio da questa analisi, secondo me, si coglie come il processo di euroregionalizzazione possa
adesso assumere una dimensione molto più concreta rispetto all’euroregionalizzazione così come
l’abbiamo studiata, praticata in questi ultimi sessanta anni, settanta anni.
Un passaggio particolare, a mio sommesso avviso, lo merita la realtà italiana, ma non per il fatto
che qui viene definito un modello intermedio (c’è una tendenza centralizzatrice), ma perché ci
troviamo al cospetto di un momento molto fluido dal punto di vista dei rapporti con l’Unione
Europea per il semplice fatto che è in discussione una riforma costituzionale del Titolo V e
soprattutto quello che, secondo me, inciderà direttamente nel rapporto delle Regioni con l’Unione
europea, la nascita del Senato delle Regioni che è il nodo nevralgico, anche qui un passaggio
particolare è necessario.
Sui due strumenti, Comitato delle Regioni e CALRE, non mi soffermo, perché c’è l’autorevole
presenza del Presidente Cattaneo che è più che sufficiente.
Ultima considerazione in ordine alla ricerca sull’Unione Europea e ruolo dei Consigli regionali a
proposito delle indicazioni di policy con le quali si conclude il documento.
L’istituzione della figura politica dell’European Reporter va bene, nel senso che soffermarsi è
interessante, però è una strada dalla quale probabilmente passeremo, o comunque dovremo passare,
con la quale dovremo confrontarci.
In ordine alla task force tecnica e ai momenti strutturati di lavoro con rappresentanti della società
civile e del mondo produttivo, credo che queste due funzioni siano delle funzioni strettamente da
Commissione consiliare.
Il fatto ci possa essere una task force tecnica appartiene al lavoro che svolgono gli uffici come
lavoro preparatorio, dei lavori di Commissione e prevedere momenti strutturati di lavoro con
rappresentanti della società civile e del mondo produttivo sono le audizioni che normalmente
facciamo nelle Commissioni.
Allora – sollecitazione ai colleghi Consiglieri – perché non pensare a una Commissione Speciale su
questo tema? E questo, ovviamente, senza nulla togliere al prestigioso ruolo che da ieri, anzi non da
ieri, ricopre il Presidente Cattaneo. Anche questo potrebbe essere un tema sul quale soffermarci in
maniera particolare.
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Non voglio essere troppo lungo nella mia introduzione. Due parole sul policy paper, sulle politiche
transfrontaliere e i problemi di confine.
Il policy paper parte con una sollecitazione interessante, quella dell’operazione svizzera, cioè della
fiction del 2014 sull’annessione della Lombardia alla Svizzera, battuta che spesso circola anche nei
lavori di Commissione, com’è noto alla Presidente Brianza.
C’è, però, un articolo che a me ha fatto pensare e sorridere: quando il Neue Zurcher Zeitung nel
settembre del 2014 ragiona in termini di ‘grande Svizzera’; è noto al professor Ratti questo
intervento. Ecco, magari più che ragionare sull’operazione svizzera se ragionassimo in termini di
‘grande Svizzera’, cioè di aree omogenee che si traducono in aree di prossimità con la
Confederazione Elvetica sarebbe interessante ragionare in questi termini.
Io sono convinto che i rapporti della Lombardia con il Canton Ticino e i rapporti della Lombardia
con i Grigioni siano profondamente diversi, e questo emerge bene dal policy paper. Non fosse altro
che la dimensione, la fisionomia dei due cantoni è profondamente diversa, ma anche per noi come
Regione Lombardia i rapporti della Valtellina nella fattispecie con il Canton Grigioni per il nuovo
regime di autonomia che viene riconosciuto alla Valtellina come provincia interamente montana,
insieme al Verbano-Cusio-Ossola e alla provincia di Belluno, mette su un piano diverso i rapporti
con il Canton Grigioni rispetto ai rapporti, invece, con il Canton Ticino; rapporti con il Canton
Ticino sui quali insiste sicuramente la strategia macroregionale alpina, sicuramente la politica alla
quale faceva riferimento il Presidente Cattaneo prima, delle ZES, per cui abbiamo avanzato questa
proposta di legge al Parlamento, ma sulla quale potrebbe insistere anche la riorganizzazione del
territorio regionale in base ad aree omogenee, perché allora sarebbe una gravitazione
prevalentemente pedemontana e montana verso il Canton Ticino.
Ultima considerazione, che chiedo al professor Ratti il quale sicuramente ci illuminerà su questo
tema, una considerazione proprio sul modello di ‘governanza’ – e uso il suo vocabolario – a
geometria variabile, a multi attore; c’è il problema dei rapporti multilivello e il professor Ratti fa
riferimento – e non è la prima volta – alla Regio Basiliensis; è del tutto evidente che questo meriterà
un approfondimento specifico.
Credo di aver parlato fin troppo. Il Presidente Cecchetti mi dice di no, ma perché è buono.
Volevo passare la parola per un breve saluto al dottor Colombo che è il neodirettore generale di
Eupolis, da pochi mesi e poi entrare nel vivo dei lavori.
Scusate se ho parlato un po’ troppo, ma sono temi che mi affascinano.
Dott. Alessandro COLOMBO
Grazie. Io, semplicemente, passo la parola. Sottolineo solo il fatto di una gratitudine dell’istituto che
il Presidente ha già manifestato e che io manifesto sul piano operativo. Presidente, Presidenti e lo
dico anche alle Commissioni e all’Ufficio di Presidenza, il lavoro di quest’anno e dei mesi scorsi,
insomma, ci ha anche aiutato a focalizzare maggiormente una funzione, che poi si traduce
concretamente in prodotti e anche in un modo di lavorare.
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Quindi, è stato anche attraverso il dialogo con voi, come con la Giunta, molto utile. Lo dico perché i
paper che oggi presentiamo sono un esempio anche della capacità non solo di valorizzare la
ricchezza delle competenze presenti nel sistema lombardo e nel sistema nazionale contiguo e
internazionale, come ha ricordato il Presidente, ma anche di patrimonializzare all’interno
dell’istituto alcuni percorsi, che sono i percorsi che alcuni borsisti stanno svolgendo: l’esempio che
la dottoressa Bandera ha sviluppato in questi anni.
È con questo , quindi, che passo volentieri la parola a Sabrina Bandera per un’introduzione anche di
contenuto a tutti i lavori.
Dott.ssa Sabrina BANDERA
Grazie. Vi presenteremo, appunto, i risultati, soprattutto, diciamo, i due studi, quello sull’Unione
Europea e quello sulla cooperazione transfrontaliera e le problematiche con la Svizzera.
Abbiamo pensato di fare una parte, diciamo, integrata. Io, appunto, ero il project leader di entrambi
i progetti. La ricerca sull’Unione Europea è stata sviluppata con la professoressa Violini, che è
professore di diritto costituzionale all’Università statale di Milano ed è stata anche componente
della Commissione dei saggi nominata dal Presidente Napolitano per le riforme, mentre il paper
sulla politica transfrontaliera è stato sviluppato con il professor Remigio Ratti, che è stato docente
di economia regionale all’Università di Friburgo e anche all’università della Svizzera italiana, è
stato direttore dell’Istituto di ricerca economica del Canton Ticino, e per chi come me è nata e
vissuta nelle zone di confine è stato soprattutto il Presidente della televisione svizzera (che per noi
allora – immagino anche per la Presidente Brianza – era un punto di riferimento fondamentale
quando eravamo bambini) ed è stato anche, in realtà, deputato del Consiglio nazionale svizzero per
una legislatura.
La scelta di sviluppare il paper con il professor Ratti (che oggi credo sia indiscutibilmente lo
studioso più significativo su questi temi) è stata dettata appunto per dare anche un carattere
transfrontaliero al gruppo di ricerca, ma anche perché dalla rassegna che avevamo fatto sulle
università lombarde non ci sono studiosi che affrontano questi temi, almeno in Lombardia, con una
visione, insomma, complessiva e di ampio raggio come quella del professor Ratti.
Faccio questa sottolineatura perché credo che anche questo possa essere un elemento di interesse
rispetto a come percepiamo oggi questi temi, che spesso sono sui giornali ma che forse fanno
ancora un po’ fatica ad entrare nell’interesse, appunto, delle nostre università o dei nostri istituti di
ricerca.
La ricerca è stata sviluppata tra novembre e giugno 2014, il paper tra novembre e ottobre, e
sottolineo questi aspetti perché in quello che oggi vi racconteremo ci sono degli aggiornamenti
rispetto a quanto trovate nei documenti, perché soprattutto sulla parte della cooperazione
transfrontaliera, come dicevamo prima con la Presidente Brianza, in questi mesi, anche già dalla
conclusione del paper ci sono state notevoli novità che comportano anche un ripensamento rispetto
ad alcuni aspetti.
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Partiamo dalla ricerca. Questa è la struttura, quindi i temi che abbiamo affrontato: la prima parte
“alla ricerca di nuovi spazi sulla sussidiarietà”, è una ricostruzione, un contesto più del contesto
giuridico, quindi nel contesto normativo in cui ci si muove sia a livello europeo, che italiano rispetto
a questo tema e in questa parte è anche ricostruita in dettaglio il contesto normativo della Regione
Lombardia che, come vedremo, è senz’altro uno di quelli più significativi oggi in Italia; la seconda
parte è quella senz’altro più significativa e di apporto più innovativo, dove abbiamo confrontato le
esperienze europee, come le assemblee legislative regionali partecipano al processo europeo in sei
Stati, quindi abbiamo coperto tutti gli Stati della CALRE, ad eccezione del Portogallo dove, però, in
realtà, il tema della competenza legislativa è limitata alle isole e quindi avevano, insomma, un
apporto diverso.
L’altra parte affronta il tema delle best practice delle Regioni italiane, dove sono stati approfonditi i
casi dell’Abruzzo, delle Marche e dell’Emilia Romagna, che soprattutto negli ultimi anni hanno
dimostrato a livello di prassi alcune esperienze innovative, come citava all’inizio il Presidente
Cattaneo.
Nella parte conclusiva sono riportate le indicazioni di policy sulle quali ci soffermeremo in
particolare nella presentazione.
Lascio la parola alla professoressa Violini per la parte sul benchmark.
Prof.ssa Lorenza VIOLINI
Grazie di poter intervenire in questa sede. Ringrazio il Consiglio regionale, il suo Presidente,
l’Ufficio di Presidenza, le Commissioni che ci stanno ascoltando, che mi stanno ascoltando e i loro
Presidenti.
Raccolgo le sollecitazioni che sono venute dal collega Stefano Galli, per cominciare, per riprendere,
appunto, l’esposizione della ricerca così com’è stata compiuta.
Allora la prima parte, come avete visto, riguarda il confronto tra diversi Stati europei. Ci siamo
soffermati in particolare su quegli Stati che hanno assemblee regionali dotate di poteri legislativi.
Questa è una differenza importante per fare della comparazione ragionevole, anche se prego tutti
voi di tener presente che ci sono tante altre realtà locali in Europa, non sono solo le assemblee
legislative regionali che sono rilevanti per il nostro tema. Noi non le abbiamo per forza di cose
analizzate tutte.
Se ci mettiamo dal punto di vista dell’Europa, l’Europa ha di fronte, oltre a una grande pluralità di
Stati, anche un’enorme pluralità di realtà locali che sono interessanti, perché non è solo chi ha il
potere legislativo che interagisce con la realtà europea, sono tutte le realtà locali che in qualche
modo hanno una rilevanza per lo sviluppo delle politiche europee.
Quindi noi abbiamo fatto una scelta potremmo dire tecnica, ma non possiamo dimenticare il resto,
non possiamo dimenticare che le “Regioni” in Europa sono tantissime e profondamente
differenziate.
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Una certa differenziazione, com’è stato rilevato, si vede anche, comunque, con il modello di
benchmark che abbiamo scelto. È vero, i modelli di federalismo/regionalismo influenzano
necessariamente il rapporto con l’Europa. E’ più facile per uno Stato federale avere, per una
Regione che sta nell’ambito di uno Stato federale, dei rapporti diretti con l’Unione Europea.
In passato, fin dagli anni ’80, anche le nostre Regioni hanno cercato di sviluppare politiche
autonome. La naturale tendenza alla centralizzazione presente nel nostro ordinamento, anche dopo
la riforma del Titolo V, ha spesso impedito di sviluppare questi passaggi.
Ricordo un caso per tutti: il Trentino Alto Adige che voleva collaborare con il Voralberg nel fare un
ufficio in Europa di rappresentanza degli interessi regionali fu considerato una prassi
incostituzionale.
Quindi ci sono stati dei tentativi, però questi tentativi di indipendenza dalla struttura costituzionale
poi hanno prodotto relativamente poco.
Quindi, diversi modelli di Stato, diversi modelli di autonomia regionale nei confronti dell’Europa e
necessariamente occorre tenere presente lo schermo che lo Stato nazionale, specialmente per la
nostra realtà, comporta per la relazione con l’Europa.
E’ già stato detto che il Belgio, soprattutto il Belgio e l’Austria – e anche la Spagna in parte – hanno
delle particolarità che poi sottolineeremo. Il modello tedesco, su cui l’introduzione ha sollecitato
qualche considerazione, è veramente un modello sui generis, a parte l’interessante citazione del
professor Miglio; ha delle particolarità, perché il compito di relazionarsi con l’Unione Europea
spetta in Germania alla seconda Camera. Questo che è, appunto, una particolarità della Germania ci
ricorda, però, che anche noi siamo in una fase di transizione dal punto di vista costituzionale e
quindi considerare questo modello è tutt’altro che inutile, proprio in vista delle riforme
costituzionali che si prospettano.
Il modello tedesco ha nella seconda Camera nazionale un forte elemento di sintesi delle diversità
regionali, perché queste realtà regionali possano far sentire la loro voce a Bruxelles, e anche questo
è un elemento interessante, come veniva anche ricordato dal Presidente Cattaneo, perché è chiaro
che se le nostre Regioni riusciranno a coordinarsi al meglio, tramite lo Stato nazionale, tramite le
istituzioni nazionali o direttamente farsi sentire in Europa, questo può veramente fare da detonatore
per una presenza forte della dimensione regionale rispetto all’Europa, ad onta delle grandi diversità
che il nostro paese, per esempio, presenta anche quanto a capacità di relazione già attivata con
l’Europa.
Quindi il modello tedesco è interessante soprattutto in prospettiva, nella prospettiva della riforma
costituzionale. Gli altri modelli, quello spagnolo, soprattutto, sono di rilievo, perché lì la
coordinazione è già molto presente ed è anche molto efficace.
Gli enti, gli istituti, le organizzazioni che a livello nazionale vedono la presenza coordinata delle
comunità autonome sono diventati molto autorevoli e la nostra Conferenza Stato-Regioni potrebbe
essere un bel modello istituzionale per esercitare un ruolo altrettanto autorevole, qualche volta
potrebbe avere anche una capacità di incidenza un pochino più rilevante.
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Austria: molto brevemente, l’abbiamo considerata soprattutto perché, essendo un paese
relativamente piccolo e avendo dei länder relativamente omogenei, hanno sviluppato un modello di
specializzazione, cioè ogni land si è fatto carico di analizzare la legislazione europea secondo
specifiche competenze e questo, evidentemente, favorisce l’approfondimento, perché se tutti
devono considerare tutto evidentemente la nostra capacità di analisi della complessissima
legislazione europea un po’ ne soffre.
Quindi, questa idea che si possa differenziare tra Regioni quanto a conoscenza della legislazione
europea potrebbe essere presa in considerazione.
A me pare che allo stato attuale, ecco, sia una concezione abbastanza avveniristica, però dobbiamo
tenerla presente perché il tempo potrebbe anche rilevarsi amico di questa ipotesi.
Inghilterra: qui il modello di devolution, evidentemente, è molto speciale, moto particolare.
Sottolineo come le realtà devolute, in particolare la Scozia, anche per le note vicende che hanno
visto la Scozia guadagnare in autonomia in questi ultimi tempi: qui la questione è sempre molto
politica come l’esperienza inglese ci insegna; anche i conflitti tra Sato nazionale e realtà devolute
sono quasi sempre le solite in sede politica e non in sede giudiziale come, invece, avviene da noi.
Anche il coordinamento per creare posizioni comuni a livello europeo è una scelta che viene fatta
dalla dimensione politica e in questo senso i nostri Consigli regionali sono proprio la sede ideale,
perché sono il cuore della democrazia locale.
L’idea dell’european reporter che veniva ricordata in precedenza dal Presidente Galli viene proprio
dalla dimensione inglese. Quindi noi ci siamo un po’ riferiti a questa esperienza per ricordar che si
potrebbe anche considerare un portavoce, diciamo così, regionale rispetto alla dimensione europea
che può avere anche un suo significato anche un po’ emblematico, direi, più che non tecnico, dove
invece, evidentemente, le Commissioni svolgono un ruolo fondamentale.
Mi sembra di aver più o meno ricordato tutti i paesi che sono stati analizzati; si può, evidentemente,
poi, approfondire in sede di discussione.
Passerei adesso a una veloce sintesi di quanto abbiamo provato a leggere dentro la complessa
analisi fatta. Allora, in estrema sintesi, incide per definire il rapporto tra assemblee legislative
regionali, Europa, la struttura costituzionale (vedi Germania), molti paesi hanno creato degli organi,
degli organismi ad hoc per effettuare il controllo di sussidiarietà, e qui aggiungerei e di
proporzionalità, perché i due concetti in Europa non vanno mai disgiunti, in quanto sono parametri
per la valutazione dell’opportunità, della coerenza della legislazione europea, non si consideri la
parola sussidiarietà come qualcosa di specifico, per l’Europa è davvero, insieme alla
proporzionalità, il parametro per capire se bisogna o meno intervenire in un certo settore; la
sussidiarietà per quanto riguarda la coerenza dell’azione europea nei riguardi delle competenze
locali e la proporzionalità riguardando il merito degli interventi europei, se gli interventi
dell’Europa sono proporzionali agli scopi che si vogliono raggiungere.
Il terzo elemento che metto in evidenza è quello che, appunto, viene segnalato nel terzo dot della
slide, cioè è molto importante che ci sia sempre una sinergia tra Parlamenti ed esecutivi. Anche la
recente visita, mi è stato riferito, del Presidente negli Stati Uniti ha messo in evidenza che
Parlamenti ed esecutivi lavorano insieme per far sentire la loro voce a livello federale.
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Lì, poi, è chiaro c’è tutto un tema di grants che deve essere ben presidiato, perché i finanziamenti
locali siano adeguatamente supportati da un’azione anche di lobby nei confronti del Governo
federale; ma anche noi possiamo ragionare in questi termini, specialmente se pensiamo al rapporto
con l’Unione Europea e a quanto sta investendo l’Europa sulle realtà locali.
Quindi capacità dei Parlamenti di creare legami con gli esecutivi, appunto, con gli altri Parlamenti
regionali e anche con gli Enti a livello europeo.
Bene, con questo mi sembra di aver concluso sulla prima parte l’esposizione che volevo in breve
fare alla vostra presenza. Possiamo andare avanti. Anche sull’Italia, allora, voi sapete come di
recente sia stata emanata la legge che ha ristrutturato i rapporti tra l’Italia e l’Unione Europea, legge
che rivela − come ormai siamo abituati − una forte tendenza alla centralizzazione. Quindi che spazi
abbiamo di miglioramento perché le Regioni possano essere più presenti, più attive a livello
europeo? Citerei il recentissimo accordo tra la Commissione politiche UE del Senato, che veniva
anche ricordata prima, con la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali: questo è sicuramente
un primo passo ed un passo molto importante per rafforzare la rete interparlamentare, tra cioè
Parlamenti locali e il Parlamento nazionale. Bisogna dargli dei contenuti, dei contenuti forti, e
giustamente veniva ricordato che questi contenuti saranno tanto più forti quanto più forte sarà la
coesione tra i vari livelli delle assemblee legislative regionali cosa che potrà anche incrementare nel
momento in cui il Senato diventerà un po’ il perno − com’è scritto nel progetto di riforma
costituzionale − dei rapporti tra le Regioni e l’Europa.
Dobbiamo rilevare, avendo fatto una ricerca abbastanza accurata delle practice tra le diverse
Regioni, che c’è una forte disomogeneità. Alcune Regioni sono davvero molto attive e ci possono
essere d’aiuto e d’esempio: l’Emilia, anche le Marche hanno lavorato molto bene per cercare di
entrare nel vivo della legislazione europea, altre, invece, sono molto silenti e si sono limitate a fare
gli Statuti, magari le leggi di procedure ma poi in concreto c’è una certa debolezza che dipende
dalla poca consapevolezza, forse, di quanto l’Europa sta diventando importante per tutti i nostri
territori.
Bene, andrei avanti. Sulla Lombardia non ho niente da insegnare a nessuno, non voglio certo
insegnare, si dice banalmente, “ai gatti a arrampicare”, parlo all’organo che più di ogni altro sta
lavorando per rendere concrete tutte le normative che sono state adottate in questi anni.
Rilevo con soddisfazione che le più recenti risoluzioni sono state risoluzioni importanti, hanno
portato anche a effetti interessanti.
Segalo che tutto ciò sarà tanto più rilevante, quanto più sarà capace di coinvolgere il resto della
struttura regionale italiana e anche di rivolgersi alle strutture europee, perché l’Europa in qualche
modo, pur essendo l’Europa degli Stati, ha sempre presente la dimensione regionale, lo vedremo poi
in particolare quado paleremo del Comitato delle Regioni, e quindi questa consapevolezza che le
nostre buone prassi sono buone per noi, ma buone davvero per tutti, non solo in Italia ma anche
nella dimensione europea: è una consapevolezza che io credo sia importante avere, perché
comunque è abbastanza facile, come dire, stare dentro alla propria dimensione istituzionale, è
altrettanto importante aprirsi alla dimensione istituzionale più vasta, nazionale ed europea.
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Sì, non è stata prevista, effettivamente, una Commissione consiliare permanente ad hoc: questa è
una valutazione che lascio alle vostre riflessioni. Il tema è che il rapporto con l’Europa, mi permetto
di sottolinearlo (la ricerca spesso lo mette in evidenza), è un rapporto continuativo, deve essere un
rapporto continuativo, altrimenti si finisce, come dire, per essere un po’ “episodici”
nell’interlocuzione sia con la dimensione nazionale che con la dimensione europea.
Occorre sia un ‘fil rouge’ che attraversa tutte le politiche regionali, perché ormai l’Europa ha tutte
le politiche regionali, ha tutti gli interventi legislativi, quindi è molto interessante che ci sia questo
‘basso continuo’, lo definirei così, di attenzione all’Europa in tutto quanto avviene nella nostra
istituzione e questo anche per diventare più familiari con i linguaggi europei, con i valori che
l’Europa esprime e anche per contestare quello che è spesso un intervento non sempre coerente
rispetto, appunto, a questi valori e agli strumenti che i trattati hanno offerto.
Quindi, una Commissione permanente sì, una Commissione permanente no: sono scelte. La cosa
più importante è che questa maturi e cresca la consapevolezza della necessità di aver sempre
presente un occhio a quello che accade fuori dai nostri confini, ma in questo mi sembra che la
nostra Regione sia sufficientemente attrezzata, e possa solo migliorare le sue prassi.
Questo mi introduce alla parte conclusiva del mio intervento. Mi sono riproposta di concludere
entro le 11:35 per lasciare al collega Ratti sufficiente tempo per passare al secondo tema del nostro
incontro.
Fino adesso abbiamo guardato un po’ questo rapporto Stati nazionali- Europa; bisogna fare qualche
considerazione più o meno conclusiva anche rispetto al Comitato delle Regioni.
Perché se è vero che l’Europa e soprattutto l’impianto normativo europeo considera il rapporto con
le Regioni un rapporto rigorosamente mediato dalla dimensione costituzionale nazionale, cioè se
leggiamo i trattati noi dobbiamo prendere atto che essi citano le Regioni, ma tutte le modalità di
coinvolgimento delle Regioni dipendono strettamente dalle scelte costituzionali degli Stati, ecco, il
velo della presenza degli Stati, della dimensione costituzionale è, come dire, importantissimo per il
diritto primario europeo, e forse anche imprescindibile.
Tuttavia, nell’ambito della dimensione europea, il Comitato delle Regioni a seguito dei poteri
ampliati che ha ricevuto proprio dal Trattato di Lisbona, cioè di poter impugnare gli atti europei
davanti alla Corte di Giustizia per violazione del principio di sussidiarietà e proporzionalità, ha in
questi anni attivato diversi strumenti per far sì che questo controllo ex post − quindi la
contestazione da parte del Comitato delle Regioni deli atti europei per violazione di questi principi
− per arrivare a svolgere adeguatamente questo controllo ex post ha attivato una serie di controlli
che mettono sotto osservazione l’attività legislativa prevalentemente europea fin dal suo sorgere. In
questo senso veniva ricordato anche dal Presidente Colucci, quando si parla di sussidiarietà e
proporzionalità si deve sempre ragionare usando l’avverbio prima. Prima si conosce, prima si
capisce, prima si può intervenire.
Il Comitato delle Regioni ha ben realizzato, cioè ha ben compreso che l’efficacia del controllo ex
post sarebbe stato condizionato dal mettere in atto procedure efficaci che considerano l’attività
europea nella sa dimensione genetica, nel momento stesso in cui viene concepita e ha quindi posto
in essere tutta una serie di procedure al suo interno che consentono, appunto, di svolgere un
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adeguato monitoraggio dei percorsi decisionali europei al fine di arrivare, poi, eventualmente, alla
contestazione ultima, ma la contestazione ultima è sempre una toppa che si mette sul vestito
stracciato, non è mai qualcosa di strutturale che incide veramente sulle decisioni europee.
Quindi, ha messo in atto degli strumenti di dialogo con le Regioni, quali i subsidiarity monitor
network, di cui anche noi siamo parte, e il Regpex, cioè un sito dove le Regioni possono esprimere
le loro opinioni, la loro presenza, anche le loro esigenze, affinché il Comitato delle Regioni possa
farne sintesi.
Evidentemente, tutto questo è un modo per far sì che il Comitato delle Regioni rafforzi i suoi poteri
e non a caso il Comitato stesso ha colto l’occasione offerta dal Trattato di Lisbona per ristrutturarsi
in quest’ottica.
Ecco, aver presente questo elemento sembra importante anche per tutte le attività che vengono
svolte nell’ambito del nostro Consiglio, perché nella misura in cui quello che viene fatto in
Consiglio viene direttamente fatto conoscere alla dimensione europea potrebbe essere molto utile e
anche capace di ricevere quei feedback da altre Regioni o dal Comitato stesso per avere maggiore
efficacia a livello europeo.
Anche la CALRE − mi associo alle congratulazioni al neopresidente − sta svolgendo un ruolo
importante proprio per creare network, per creare coesione, per creare relazioni forti nell’ambito
della dimensione europea ed è diventato anche un interlocutore forte del Comitato delle Regioni. Se
solo banalmente si va a guardare il sito del Comitato delle Regioni o il sito della CALRE si capisce
che tra i due organismi si stanno creando interessanti interrelazioni, anche perché questo è un po’
l’interesse del Comitato delle Regioni stesso. Perché ragionare di sussidiarietà e proporzionalità
comporta anche conoscere molto bene le realtà locali, cioè quale impatto potrebbe avere la
legislazione sulle realtà locali, se effettivamente le realtà locali possono essere aiutate da un
intervento legislativo europeo e non conculcate nell’esercizio delle loro competenze. Quindi c’è un
interesse vicendevole a darsi le informazioni che servono a rendere più efficace l’intervento
europeo, da un lato, utile l’intervento europeo ed efficace l’interazione della dimensione regionale.
Tenere presente quello che succede a questi livelli, cioè al livello istituzionale europeo e a livello
dell’autocoordinazione tra le assemblee legislative può essere un suggerimento utile per rafforzare
la conoscenza ma anche la possibilità di incidenza dell’attività del nostro Consiglio nei confronti
dell’Europa.
Passerei alle conclusioni, mi sembra questi temi di averli già abbastanza trattati parlando della
ricerca in generale.
Come avete visto, nella ricerca abbiamo sintetizzato un po’ tutto questo discorso fatto fin qui in
alcuni punti di policy che sono eventualmente un ‘european reporter’, magari chiamandolo in
italiano, seguendo il buon esempio degli amici svizzeri che non usano il termine governance ma il
termine ‘governanza’, lo stesso vale per la task force tecnica.
Qui dico una cosa assolutamente ovvia e ben conosciuta da voi: la legislazione europea è una
legislazione potentemente pratica, direi, potentemente dettagliata. Non so se vi capita di scorrere il
programma legislativo della Commissione: alcune volte si resta un po’ sconcertati perché non si
capisce bene quale sia il senso dell’intervento specifico sul pesticida di un certo tipo; cioè, sono
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veramente questioni complesse ma sotto si nasconde qualcosa di molto importante, cioè
un’incidenza davvero forte di queste normative, che sembrano tecniche, sulla realtà delle nostre
imprese e dei nostri territori, dei nostri servizi.
Quindi bisogna creare uno ‘skill’, una capacità di lettura in filigrana della legislazione europea, da
parte nostra e da parte di tutti i nostri funzionari, insomma, delle persone che si occupano di questo
tema.
Tra l’altro, leggendo le ricerche che sono state fatte su questi temi a livello europeo, un punto che
tutte le assemblee legislative regionali sottolineano come limite nella costituzione di una relazione
forte tra Regioni ed Europa è la necessità di avere personale molto specializzato. Tutti lo
sottolineano. Quindi non pensiamo che i nostri bravissimi funzionari, che alcune volte, magari,
hanno qualche difficoltà o qualche lag nell’expertise siano in una situazione, come dire, unica in
Europa. È generale la richiesta di incrementare momenti di formazione degli staff delle assemblee
per capire e poter intervenire davvero sulla legislazione europea, e in questo senso anche l’istituto
Eupolis che, appunto, ci ha consentito di realizzare questa ricerca può essere sollecitato in tal senso.
Formazione, formazione, formazione: sia locale, sia anche out, direttamente presso le istituzioni
europee. Uno stage presso le istituzioni europee può essere importantissimo per acquisire anche
certi linguaggi e certe conoscenze che permettono poi di realizzare il nostro scopo che è quello di
essere efficaci e capaci di far sentire la voce dei territori a livello europeo.
Abbiamo già parlato, poi, di quello che succede, cioè le varie audizioni. È chiaro che le audizioni
sono importantissime e, anzi, siccome la legislazione europea è così tecnica, spesso sono proprio gli
stakeholders che possono dare un feedback utile a capire, individuare le conseguenze e, se sono
dannose, evitarle.
Quindi il dialogo con i rappresentanti della società civile e del mondo produttivo è quanto mai utile
e credo che possa essere solo migliorato, dato che mi sembra sia un elemento importante.
Ho già parlato della necessità di coordinarsi con gli altri attori di questo processo, la necessità di
formazione, anche dei nostri funzionari, la necessità di essere a conoscenza che spesso non sono
solo le istituzioni europee ad agire ma sono anche le agenzie, le agenzie tecniche europee che
intervengono, quindi anche con loro bisognerà in qualche modo trovare strumenti di interazione.
Da ultimo, siccome il mondo è grande e tutti siamo chiamati a essere aperti alla dimensione globale,
non è solo l’Europa che incide ormai sui nostri territori ma è proprio tutta la dimensione
internazionale e quindi occorre avere presente che bisogna conoscere e conoscere per capire e
conoscere per agire. Vi ringrazio.
Dott.ssa Sabrina BANDERA
Vorrei far solo due piccole sottolineature rispetto alle indicazioni di policy. Appunto, l’idea di
provare a costituire una rete o comunque di entrare in contatto con le agenzie europee: un’idea
abbastanza immediata o banale potrebbe essere quella di verificare (le agenzie tecniche europee
sono circa una quarantina e nella ricerca sono riportate nell’allegato tutti quanti i nomi e temi) ad
esempio se vi sono lombardi o comunque italiani in queste agenzie e in occasione della sessioni
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comunitaria se ci sono temi di interesse per la Regione e magari prevedere degli incontri, anche
delle audizioni anche con loro.
L’ultimo punto, invece, che esce un pochino dagli aspetti è monitorare i negoziati di sviluppo dei
trattati per valutare l’incidenza e l’impatto sul territorio regionale. L’Unione Europea, appunto, al di
là della produzione normativa che arriva direttamente alle Regioni attraverso il Parlamento, si
occupa anche di grossi negoziati, soprattutto sui temi legati a imprese, commercio e lavoro.
Quello che si sta affrontando in questi mesi in vari round, che proseguono o meno, è il cosiddetto
TTIP, quindi l’accordo con gli Stati Uniti sul quale peraltro è previsto un approfondimento, un
policy paper nel nuovo piano delle ricerche che è, appunto, un’idea nata rispetto anche a questo
lavoro, oltre ad altri lavori che stavamo facendo in istituto.
Con queste indicazioni di policy, che come avete visto sono anche abbastanza puntuali e concrete,
abbiamo cercato dal lavoro che avevamo fatto e dal confronto con le altre esperienze di trarre,
partendo dal contesto lombardo, qualche suggerimento che poi, ovviamente, potrete valutare se e
quanto può, appunto, calarsi o meno nella realtà lombarda.
Altra sottolineatura: ci sembra che questo tipo di indicazioni vadano anche un po’ nella direzione
che tante volte il Presidente Cattaneo ha sottolineato rispetto al fatto di evitare che la partecipazione
dei Consigli regionali alle attività dell’Unione Europea si esaurisca semplicemente
nell’adempimento di procedure: trattandosi soprattutto di una partecipazione, soprattutto quella
nella fase ascendente, molto procedimentalizzata e quindi con il rischio che ci si perda nei tempi,
nelle formule, etc., e ci siano invece strumenti magari meno giuridici che però possano aiutare il
lavoro del Consiglio.
Passiamo, a questo punto, al policy paper sulle politiche transfrontaliere e sulle problematiche di
confine. Il tema è stato particolarmente caldo, è cresciuta l’attenzione da parte anche della stampa in
considerazione delle problematiche di confine che nel corso dello scorso anno hanno caratterizzato i
rapporti tra l’Italia e la Svizzera e anche tra la Lombardia e soprattutto il Canton Ticino. Questo ha
comportato che su questo policy paper siamo stati un pochino più lunghi proprio per poter tenere
conto di una serie di aggiornamenti.
I temi. Anche in questo caso, c’è questa prima parte ‘operazione Svizzera’, come ricordava il
consigliere Galli, o ‘lombardizzazione’, che invece è un’espressione del professor Ratti. In realtà,
entrambi, cioè questa visione per opposti, vuole in realtà richiamare a un aspetto importante:
un’area dove c’è un grande terreno fertile di possibile cooperazione, proprio per le omogeneità
economiche e sociali che la caratterizzano, oltre ovviamente ai legami storici e alla stessa lingua
che, comunque, è un aspetto importante.
C’è poi una parte che fa vedere l’evoluzione da confine a frontiera e a spazio di frontiera e quindi
che cosa vuol dire questo aspetto.
Poi il contesto istituzionale, le modalità della cooperazione, le questioni aperte, quindi i temi, gli
scenari e le proposte.
Noi ci concentreremo nella nostra presentazione, anche in questo caso, soprattutto su scenari e
proposte. Quindi andrei molto velocemente sugli altri aspetti. Il sito della Confederazione Svizzera,
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leggo testualmente, definisce le relazioni bilaterali tra Italia e Svizzera tradizionalmente buone,
contraddistinte da intensi rapporti economici, politici, umani e culturali, da una lingua comune e da
frequenti visite a tutti i livelli.
Questa corretta formula diplomatica nasconde una serie di criticità che hanno caratterizzato gli
ultimi anni, soprattutto legati al tema della tassazione dei capitali esportati in Svizzera che in realtà
si potrebbe risolvere, visto che a fine anno lo Stato italiano ha approvato la legge sulla denuncia
volontaria dei capitali esportati, il tema legato all’accordo sulla doppia imposizione fiscale che,
però, la legge approvata a fine dicembre dovrebbe a questo punto spianare un pochino più la strada,
accordo che la Svizzera ha già sottoscritto anche con altri Stati e soprattutto il tema dell’inserimento
da parte dell’Italia della Confederazione svizzera nella black list dei cosiddetti paradisi fiscali; tema
ovviamente che ha una ripercussione fortissima sulle imprese svizzere, perché comporta tutta una
serie di restrizioni e di appesantimenti burocratici che rendono difficile alle società svizzere poter
operare in Italia.
Questi temi hanno inevitabilmente inciso sulle relazioni tra la Lombardia e, diciamo, la Svizzera, in
particolare il Canton Ticino e in parte anche il Canton Grigioni, confermando anche quanto la
letteratura sui temi transfrontalieri ha più volte sottolineato, cioè che ormai la frontiera catalizza
problemi che in realtà sono a livello più nazionale che non locale, con una serie di ripercussioni:
pensiamo, appunto, alle criticità che ho segnalato prima che effetto hanno avuto, ad esempio, sul
tema dei ristorni dei frontalieri, quindi con i minacciati blocchi da parte svizzera in diverse
occasioni.
Per quanto riguarda le relazioni tra Lombardia e Svizzera, ovviamente, si tratta, diciamo, di un
particolare pezzettino dei temi della politica estera, quindi l’ambito della cooperazione
transfrontaliera. Italia e Svizzera in applicazione della convenzione di Madrid sulla cooperazione
transfrontaliera avevano sottoscritto un accordo quadro nel febbraio del 1993 che individua quali
sono gli ambiti di cooperazione possibili.
Sulla base di questo accordo la Lombardia ha sottoscritto un’intesa con il Canton Ticino nel 2008,
che è in corso di rinnovo e numerosissimi accordi cooperativi specifici, soprattutto sui temi della
sanità e dei trasporti, mentre l’intesa con i Grigioni che sino ad ora non era stata prevista, a seguito
della missione del Consiglio regionale nel settembre 2014 è stata predisposta questa bozza di intesa
che la Giunta ha approvato nella seduta del 19 dicembre e che, quindi, se ne prevede abbastanza
breve la sottoscrizione.
Per quanto riguarda, invece, la cooperazione transfrontaliera, cioè le relazioni, la cooperazione a
livello bilaterale, trilaterale o multilaterale tra autorità regionali ma anche autorità locali (nel caso
lombardo anche Province e Comuni), si muove su un cosiddetto doppio binario, da un lato il
Consiglio d’Europa che definisce il quadro giuridico della cooperazione, con la convenzione di
Madrid e i protocolli attuativi da cui nascono le intese di cui parlavamo poco fa, e dall’altro
l’Unione Europea che in realtà ha come scopo quello più della promozione dello sviluppo
economico e non fornisce un quadro giuridico ben definito, ma permette alla cooperazione di avere
gli strumenti finanziari per poter essere realizzata.
Questo doppio binario, in realtà, comporta poi una serie di criticità sullo sviluppo delle attività di
cooperazione transfrontaliera, perché a volte ci sono i mezzi e non gli strumenti, o viceversa.
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Lo vediamo, ad esempio, nel caso della Regio Insubrica, che è l’unico organismo di cooperazione
transfrontaliera presente in questa area, creato nel 1995, cui partecipano le Province di Como e
Varese per quanto riguarda la Lombardia. La Regione Lombardia ha solamente lo statuto di
osservatore. Ciò, ovviamente, ha comportato, non solo per la Regione Lombardia ma anche per il
Piemonte, una debolezza, comunque, della comunità di lavoro.
Nelle nostre proposte, come vedrete, ce ne saranno anche alcune proprio di rafforzamento della
Regio Insubrica che comunque nel bene o nel male oggi è l’unico strumento, l’unico organismo di
cooperazione formalizzato.
Il punto debole della Regio Insubrica è che è un’associazione di diritto privato svizzero e quindi
questo comporta, anche dal punto di vista della possibilità di utilizzare finanziamenti piuttosto che
di muoversi in un certo modo, una serie di criticità.
L’ultimo tema è quello della cooperazione comunitaria, quindi il programma di cooperazione ItaliaSvizzera: le ultime notizie sembra che dovrebbero avere un po’ risolto il problema, la parte di
finanziamento svizzero. Questa è la parte cosiddetta Interreg dove, però, le quote sono più o meno
uno a dieci e questo comporta un grande squilibrio delle risorse finanziarie impiegate da un lato e
dall’altro della frontiera.
Altre due sottolineature che sono state spesso fatte, è che spesso i progetti hanno dimensioni molto
piccole che hanno sì magari un’incidenza locale, ma che poi fanno fatica ad avere una reale forza di
lungo periodo e il fatto che magari non si concentrano su temi critici come, ad esempio, in questo
periodo quello delle infrastrutture e dei trasporti.
Allora, per quanto riguarda le questioni aperte, abbiamo confrontato nel paper quali erano i temi che
apparivano sulla stampa, facendo un monitoraggio della stampa, soprattutto più i quotidiani locali
che quelli di carattere regionale o nazionale, salvo il Corriere della Sera che senz’altro presta
abbastanza attenzione a questi temi e quanto, invece, ha affrontato la Commissione Speciale nelle
sue 31 sedute dall’istituzione ad aprile 2013.
Qui vedete una mappatura di queste questioni. Accanto a temi che abbiamo provato a riaggregare
per macro temi e temi più specifici, con la seduta di riferimento.
Accanto a temi, passatemi il termine, ‘grossi’, come quello dei lavoratori frontalieri e delle imprese,
vi sono stati anche temi molto più puntuali che avevano però un’incidenza forte sulle realtà locali.
Un esempio è senz’altro quello delle due discariche degli inerti di Genestrerio, Novazzano e di
Stavio, sul quale sono state anche adottate delle risoluzioni da parte del Consiglio e c’è, anche in
questo caso, una bozza di intesa per il regolamento di questi temi.
Quindi questo fa vedere, comunque, che accanto a temi, diciamo, macro ce ne sono, magari,
appunto, anche alcuni molto puntuali che è importante affrontare, perché sono quelli che poi
incidono realmente sulle realtà locali.
Sul tema dei lavoratori frontalieri abbiamo pensato di sintetizzare, una questione molto calda in due
grafici. Questa è l’evoluzione dei lavoratori frontalieri nel Canton Ticino dal 2003 al secondo
trimestre 2014. Come vedete, hanno subìto un aumento considerevole I lavoratori frontalieri italiani
in Canton Ticino sono circa 65.000: di questi la maggior parte arrivano dalle Province di Varese e
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di Como che coprono circa l’85% e dal 2003 al 2014 si è assistito a una crescita complessiva del
75%.
Questi dati segnalano, appunto, anche perché questo tema sia così fortemente sentito dal lato
svizzero ma anche dal lato italiano in termini di posti di lavoro.
Ben diversa è la situazione nel Canton Grigioni, dove i numeri sono molto più contenuti: nel
secondo trimestre 2014 (che erano gli ultimi dati disponibili che abbiamo riportato nel paper) i
lavoratori frontalieri italiani erano 4.800. Anche in questo caso, però, l’aumento tra il 2007 e il 2014
è stato del 57%.
Una sottolineatura rispetto a questi temi è che l’evoluzione del fenomeno non ha influenzato la
collaborazione come, invece, è avvenuto in Svizzera per altre realtà, soprattutto la parte verso la
Francia e la Germania.
Dall’altro, l’approvazione da parte sia del popolo che dei cantoni dell’iniziativa popolare contro
l’immigrazione del febbraio 2014 ha aperto, com’è stato rilevato anche nelle mozioni assunte dal
Consiglio regionale, un tema molto forte, perché in prospettiva, con l’introduzione dei contingenti si
applicheranno anche ai lavoratori frontalieri e questo può comportare, ovviamente, una serie di
criticità.
Lascerei, a questo punto, la parola al professor Ratti che ci presenterà una prima lettura di sintesi
dei rapporti transfrontalieri degli ultimi anni che abbiamo un po’ mutuato dal volume “Vivere e
capire le frontiere in Svizzera”, che il professor Ratti ha curato con il professor Oscar Mazzolini,
che è stato pubblicato a settembre 2014 e che fa, appunto, un po’ il punto anche sui rapporti
transfrontalieri sia tra la Svizzera con la Lombardia, ma anche della Svizzera con gli altri Stati
europei.
Prof. Remigio RATTI
Vi ringrazio tantissimo per avermi associato a questa formulazione di ricerche e di indicazioni
politiche, malgrado le tensioni che ci sono state e che ci sono tra Svizzera e Italia. In questo caso
vuol dire che il mio cappello non è quello di svizzero ma è quello di uno studioso che è stato anche
politico e che cerca di operare veramente vedendo i problemi da una parte e dall’altra.
E quindi, prima di tornare sul problema della governanza, ecco, magari la provocazione del
professor Galli precedente, quando ha fatto vedere la grande Svizzera, credo che valga la pena
soffermarci un attimo perché permette di far vedere come quando si parla di frontiera normalmente
noi pensiamo al confine, casomai a qualche problema di confine.
In realtà, nel mondo della globalità e della globalizzazione quando si parla di frontiera il discorso
diventa molto più ampio e, come ha detto prima la dottoressa Bandera, coinvolge praticamente
Berna e Roma, magari anche al di là, visto che agli Stati nazionali oggi si aggiungono, oppure fanno
da contraltare, nuovi assemblaggi di potere che sono quelli dell’economia di potere funzionale come
dice Saskia.
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Quindi, per coloro che hanno in mano il volume, il documento, prendete a pagina 8 questa cartina
che purtroppo non siamo in grado di proiettare, che sicuramente stupisce. La rappresentazione è
anamorfica, che non segue quindi le dimensioni spaziali, geometriche e istituzionali, ma che
rappresenta in questo caso un criterio: il potere delle forze di lavoro.
Allora, quando si vedono la Lombardia, il Piemonte, la Svizzera che è anche essa spazio
metropolitano, poi Lione e la Germania, ecco, vedete quali sono le poste in gioco territoriali in
questa area.
La Neue Zürcher Zeitung sicuramente non voleva riprendere una provocazione che è stata locale, è
partita da alcuni Comuni lombardi o comaschi, l’idea “andiamo in Svizzera, che risolviamo i nostri
problemi”. La Neue Zürcher Zeitung in un’edizione del mese di luglio, quindi un pochino più
leggera ma sempre molto seriosa, su una pagina intera ha descritto questa Svizzera di 28 milioni di
abitanti (oggi ne ha 9). Se prende in considerazione questa realtà, guardate come può diventare
grande.
Io la trovo molto importante questa provocazione del Neue Zürcher Zeitung, perché fa vedere agli
svizzeri dove c’è un movimento che tende, decisamente, a isolare (poi c’è stato questo quasiincidente della votazione del 9 febbraio scorso contro l’immigrazione di massa), fa vedere agli
svizzeri, almeno a quelli che vogliono vedere in concreto come stanno le situazioni, quale è la realtà
di questa Svizzera, quindi non si può assolutamente vivere in isolamento.
Perché dico questo? Perché, tra l’altro, l’anno prossimo verrà inaugurata la galleria ferroviaria di
base del San Gottardo, la più lunga del mondo (57 chilometri), poi verrà il CERN. Quindi Zurigo e
Milano si avvicinano notevolmente già nel 2016 e poi nel 2019.
Quindi questi problemi di “frontiera” che non sono più di confine, sono i problemi di tutto il nord
Italia e della Lombardia in particolare: ecco com’è importante che la Lombardia sappia interpretare
queste nuove problematiche e venire, poi, più al concreto, alla collaborazione transfrontaliera;
perché se guardate sempre questa figura vedete Zurigo, Milano, poi se aguzzate la vista vedete
anche Lucerna. Ma dove Lugano? Dov’è Como? Varese? Un’area schiacciata, praticamente, tra due
spazi metropolitani dove, però, le regole istituzionali sono molto diverse e quindi le incidenze e le
implicazioni non sono semplicemente quelle misurate a livello del confine.
Allora, con questa premessa credo che effettivamente il tema non è quello di collaborare con un
Canton Ticino che ha 350.000 abitanti in sproporzione con una Lombardia di 10 milioni di abitanti,
ma è veramente occuparsi di processi delle vecchie frontiere che mutano e delle nuove frontiere che
si creano.
Vi è quindi grande interesse da parte mia come studioso, siccome almeno in una legislatura sono
stato anche parlamentare federale a Berna e nelle mie ricerche sono sempre stato comunque animato
dall’obiettivo “devo produrre qualche cosa che poi serva alla società civile e serva al politico in
particolare”.
Molto brevemente: il mio collega Mazzolini, politologo, nel suo contributo che spazia sugli ultimi
venti anni distingue già, però, tre fasi.
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Si è iniziato con una collaborazione a bassa istituzionalizzazione, si è detto della Regio Insubrica,
un’associazione che ha come scopo quello di promuovere la collaborazione transfrontaliera.
Purtroppo, negli anni 2000 questo campo bellissimo è stato trasformato in un campo di lotte
politiche, quindi la politicizzazione delle questioni transfrontaliere da una parte e dall’altra. Tra
l’altro, qualcuno può dire: “ma c’è stata un’ascesa della Lega sia qui, sia in Lombardia, sia nel
Ticino, dovrebbe esserci convergenza”. In realtà, invece, in questo caso è piuttosto uno sfruttare i
problemi locali a fini politici e poi, per fortuna, credo si possa arrivare a delle convergenze e
Mazzolini parla della situazione odierna, situazione di transizione tra instabilità e concorrenza.
Il termine transizione è sempre un po’ pericoloso, perché transizione verso che cosa? Qui non è
definito. Dovremo forse precisarlo.
È chiaro che l’instabilità non è solo italiana ma oggi è diventata anche svizzera, dopo certe
votazioni popolari, dopo che la Svizzera o i partiti politici svizzeri sfruttano lo strumento
dell’iniziativa per proporre addirittura un cambiamento della Costituzione o del referendum contro
una legge adottata dal Parlamento: oggi è diventato facile, è cambiata forse anche la mentalità oltre
alla rivoluzione nelle tecnologie di comunicazione usare questi strumenti che stanno creando
difficoltà anche a una democrazia consolidata e forte come quella svizzera, perché creano
incertezza, non si sa mai domani il popolo cosa potrà votare cambiando le regole del gioco.
Di nuovo un accento politico. Questi problemi li dobbiamo vedere in comune e il Presidente
Cattaneo ha dato la direzione: basta vedere questi problemi in contrapposizione, con la difesa dei
singoli interessi. No, bisogna costruire assieme.
Il mio amico professor Alberto Bramanti della Bocconi, con il quale lavoriamo da tempo assieme
(ultimamente abbiamo scritto un bel contributo su questo tema in un volume apparso pochi giorni
prima di Natale proprio in onore di Lanfranco Senn), parla di capitale territoriale.
In questo caso è in gioco il capitale territoriale almeno della parte nord della Lombardia, nel senso
che i problemi magari visti da parte ticinesi ci sono, indubbiamente, però ci sono anche da parte di
Varese, di Como e degli altri, che vedono la manodopera partire.
Qualcuno può dire “per fortuna vanno a lavorare in Svizzera, altrimenti sarebbe ancora la
disoccupazione”. Però, con questi ragionamenti non si va lontani. Quindi pensando assieme
potremmo essere vincenti e più forti tutti assieme.
Vengo agli scenari, che sono apparentemente complessi. In una matrice SWAT, forze, debolezze,
rischi e opportunità, questa ginnastica dà luogo a quattro casi, a quattro scenari, tutti realistici.
Il primo scenario, quello che incrocia i pericoli con la debolezza strutturale, dà luogo a uno
scenario, una zona di confine – qui siamo proprio alla zona di confine – in balia degli eventi.
Io sono originario di Balerna, a 3 chilometri dal confine, quando ero giovane, da ragazzetto si
diceva “in una zona di confine vige l’arte di arrangiarsi, cosa stai lì a andare all’università a
studiare. Qui se c’è da fare un po’ di contrabbando lo si fa, poi si cambia, è così che si vive”.
Questa mentalità c’è ancora, è rimasta, naturalmente si è evoluta, non è più il contrabbando dello
spallone ma lo si fa per via elettronica, lo si fa per altre vie, è inutile che vada a esemplificare. Lo
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cito perché è uno dei problemi della non collaborazione, quando uno è abituato a dire “ma io mi
arrangio, anzi, trovo nuovi assemblaggi di potere” – alludo alle mafie –, in questo caso purtroppo è
uno scenario realistico.
Il secondo è quello dell’arroccamento, è quello che è scattato, però. Chi gioca a scacchi sa che
l’arrocco è una mossa, si fa una volta sola, però l’hanno fatto. Il Canton Ticino dice “basta, io non
restituisco più la quota dei ristorni prelevati sulle imposte alla fonte frontaliere”. L’Italia cosa ha
fatto? Le black list, mette la Svizzera come paese nero, etc.
Credo che da noi la politica ha perso tantissimo tempo, troppo tempo attorno a questa politica
dell’arrocco che, sì, è una mossa, è un colpo, ma è destinata a esaurirsi, magari con delle
conseguenze negative.
Perché come andrà a finire sulla tassazione dei frontalieri, che io non avrei mai – parlo a titolo
personale, però l’ho scritto, quindi nel Ticino si sa qual è la mia opinione – messa in discussione. È
partita da un ragionamento tecnocratico da fiscalista che dice “no, dopo cinquanta anni questo
accordo va rimesso in discussione”, quando è un accordo che ha fatto pace e fortuna proprio nelle
zone di confine.
Terzo scenario. Viviamo in uno spazio di transizione, quindi, in fondo, le cose cambiano. Gli
operatori sono un po’ abili, anche la politica è un po’ abile, in fondo possiamo trovare un po’ di
interesse di qui e di là. Però non è una soluzione.
Per bene che vada, siamo in uno spazio di transizione, in una zona grigia e essere zona grigia non è
proprio l’ideale nell’immaginario di una popolazione e dei politici.
Quindi il quarto scenario: vederci come area integrata o sistemica dove − per usare i termini di
Senn, di Camagni, di Bramanti − fare una politica a valorizzazione della progettualità e quindi del
capitale territoriale.
Ecco che si può intravedere qual è questo modello d cooperazione.
Definito il problema della frontiera come abbiamo accennato, è chiaro che non dobbiamo pensare a
qualche cosa di strutturato, fisso: c’è una geometria variabile, tanti sono gli attori.
Se andiamo a guardare i migliori esempi, il benchmark anche qui, di cooperazione transfrontaliera
vediamo che Basilea è citatissima e poi se si fa un po’ di storia vediamo che per cinque anni hanno
funzionato così, poi hanno cambiato, etc.
C’è una cartina, in più, questa cartina è stata realizzata molto tempo fa, nel ’91, dall’ex direttore,
oggi deceduto, della Regio Basilensis; lui vedeva Basilea in fondo in tre dimensioni: una
dimensione di agglomerato, una dimensione di spazio, addirittura, che comprende tre nazioni,
trinazionale e poi l’asse del Reno, e aveva disegnato la stessa cosa per Ginevra (si va sino a
Marsiglia, per il Bodanico, poi è andato anche verso sud). Io sarei andato o noi saremmo andati,
oggi, sicuramente, fino a Genova. In questo caso lui non è arrivato lì. Ma questa è veramente la
dimensione geometria variabile dove intravedere i problemi e dove Milano e la Lombardia hanno il
coltello per il manico, insomma.
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È a Milano che si vedono queste tematiche e si possono coniugare, in questo caso, chiamando tutti
gli attori, non solo politici e istituzionali, anzi, quelli imprenditoriali.
Se penso a un capitolo che ho studiato molto, quello della logistica, che l’assessore Cattaneo consce
perfettamente, qui gli operatori della logistica fanno tutto e oggi c’è una rivoluzione che si sta
facendo a partire dai porti liguri, dal Mediterraneo che prende un nuovo peso, quindi domani non
solo i cosiddetti spedizionieri o i trasporti ma sono gli armatori che possono determinare dei flussi,
che poi si traducono in problemi di frontiera perché arrivano per camion o − spero − per ferrovia sul
passaggio del Gottardo: sono, vedete, problemi di frontiera che in realtà portano veramente molto
lontano.
Ho citato la Regio Basiliensis; la voglio citare per terminare, prima di passare allo strumentario,
perché rimane sempre un bell’esempio concreto.
In fondo, la Regio Basiliensis (e magari nella discussione finale forse mi permetterò di dire delle
cose che non c’erano ancora nel paper) oggi è ancora un’associazione che comprende circa 400
membri, anche privati cittadini, etc., istituzioni: ha 6 persone, un direttore con 6 persone a tempo
pieno che hanno come scopo semplicemente quello – un po’ come Eupolis – di supportare non solo
le istituzioni ma tutti quei progetti a carattere transfrontaliero che hanno bisogno di queste
competenze che purtroppo non si possono più trovare nelle singole Amministrazioni.
Sono 6 specialisti che non decidono niente ma semplicemente dicono “il politico ha identificato
questo problema”, magari mi ha dato un mandato. Poi le conoscenze, a un certo punto, si
accumulano e quindi ci sono delle capacità che escono semplicemente da questa somma di
conoscenze; tante volte non c’è più bisogno nemmeno di uno studio per poter dare un consiglio al
politico. Siamo in una zona molo complicata, abbiamo i cantoni Svizzeri con tutte le loro
particolarità (sono ben 5 o 6), abbiamo tre nazioni, Francia, Svizzera e Germania e abbiamo poi
l’asse del Reno che è la spina dorsale nord-sud dell’Europa.
Se andiamo a guardare – in internet trovate una scheda in inglese di due pagine che è un bel
riassunto – come sono organizzati questi qui, dopo un po’ vi perdete, nel senso di dire “no, qui
istituzioni, gremmi*, politici, non politici assieme”, è la geometria variabile e sono i molti attori.
Adesso mi tradisco un pochettino, credo che arriverò già alla conclusione: se penso, ed è qualche
anno che non solo io ma in parecchi pensiamo “ma come possiamo venirne fuori?”, ecco, io penso
che in fondo magari domani ci vorrà anche un’euroregione, il cosiddetto GECT, gruppo europeo di
cooperazione transfrontaliera, quindi qualcosa che giuridicamente ha un buon fondamento, ma non
vorrei perdere cinque o sei anni per costituire un GECT quando il primo e vero problema è quello
della presa di coscienza nei termini indicati da Cattaneo nel suo primo intervento, dell’interesse a
costruire assieme a soluzioni win-win.
Quindi, se i politici da una parte e dall’altra del confine vanno in direzione diversa e hanno
politicizzato la problematica, il primo problema è quello proprio di depoliticizzare la problematica.
Ho in mente un’esperienza citata nel policy paper, quello del forum Italia- Svizzera che è stato
creato due anni fa per cercare di venir fuori da un impasse che durava da troppo tempo.
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Io vi ho partecipato, quindi vedete che non è un forum solo istituzionale, con dei modi di
funzionamento “Chatham House Rule”: a un certo punto ci si riunisce a porte chiuse e ci si dice in
faccia quello che si pensa.
Io dall’ex amministratore delegato delle ferrovie ne ho sentite di tutti colori e lo ringrazio, lo
ringrazio perché mi ha detto…
(Ndt, intervento fuori microfono)
Prof. Remigio RATTI
L’ha detto lui. Il nome l’ha detto lui, io non l’ho detto.
(Ndt, intervento fuori microfono)
Prof. Remigio RATTI
Sì. Però si possono portare fuori i contenuti. Credo che sia stato illuminante da una parte e
dall’altra; io ho capito quali sono i suoi interessi che erano, comunque, gli interessi
dell’Amministrazione ferroviaria, in gran parte anche dell’Italia, ma forse non collimavano del
tutto.
La conclusione sarebbe: viste le difficoltà, perché non proponiamo un forum, chiamiamolo
transfrontaliero, territoriale transfrontaliero? Questo forum Italia Svizzera aveva 100 partecipanti,
magari qui potrebbero anche essere solo 50, però, ci sono gli esecutivi, ci sono i rappresentanti dei
legislativi, ci sono i Sindaci, c’è la Camera di commercio, i sindacati, etc.; ci si riunisce in
Conferenza una volta all’anno, qualcuno prepara bene il dossier e poi si dice “i temi sono questi qui,
per il prossimo anno magari ci concentriamo su questo e qualcuno poi mi prepara un dossier
qualitativamente forte”.
E per non distruggere l’esistente, tutto questo può ancora essere Regio Insubrica: è chiaro che poi
c’è una bella trasformazione dell’interno ma se la Regio Insubrica sposasse questa idea e dice mi va
bene questa conferenza o questo forum annuale di un gremmio della società civile, in fondo,
istituzione e società civile, all’interno mi organizzo per avere questo supporto che oggi
assolutamente non c’è e che è disperso nelle Amministrazioni, dove c’è competenza ma ognuno
deve fare il proprio business e quindi se, come associazione, promuovesse una dinamica del genere
io sarei contentissimo di essere il Presidente di un’associazione del genere.
Mi sono lasciato prendere un po’ dalla foga e forse tutto sommato dall’entusiasmo che ho per questi
temi.
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In realtà, sugli strumenti c’è ancora un capitoletto che vale la pena di fare.
Dott.ssa Sabrina BANDERA
Grazie. Sì, in effetti, il professor Ratti credo abbia esplicitato maggiormente quello che era un po’ il
cappello al capitolo sugli strumenti inserito nel paper, dove promuovevamo la creazione di una sede
permanente di discussione, confronto e approfondimento come cappello per una governance
transfrontaliera.
Nel paper non eravamo andati così a fondo, al punto di denominarlo e di dettagliarlo come,
appunto, il professore ha fatto.
Prof. Remigio RATTI
Ho dimenticato di dire che è un’evoluzione anche della Commissione presieduta da Francesca
Brianza: la logica è questa qui.
Dott.ssa BANDERA
Infatti, nel paper noi dicevamo esattamente questa cosa qua, cioè capire come dal lavoro che la
Commissione ha fatto in questo anno, quasi due anni, poco più di un anno e mezzo, appunto,
proprio a partire dal lavoro della Commissione si possa andare verso la creazione, la promozione,
mettiamola così, il Consiglio potrebbe avere un ruolo, appunto, di promozione di un’entità,
un’aggregazione, un forum di questo tipo.
Anche perché questo permetterebbe, probabilmente, di affrontare un tema che a nostro avviso – e
nel paper è riportato in diversi punti, in diversi paragrafi – ci sembra sia un tema critico che ha poi
un impatto anche sul programma Interreg, cioè che è quello della definizione di modalità di
programmazione maggiormente concordate.
Io originariamente avevo provato a fare, e non ci sono riuscita, una mappa di sintesi dei diversi
obiettivi di programmazione presenti nel nostro programma regionale di sviluppo, nella
cooperazione Interreg, nella nuova programmazione regionale svizzera; poi ci sono, tra l’altro, tutte
le varie sotto-declinazioni.
Era veramente difficile, anche perché ci sono scale temporali diverse ma anche obiettivi diversi.
Una delle criticità su Interreg dal fronte svizzero è che deve essere, come dire, speculare rispetto
alla nuova politica regionale svizzera e quindi questo è completamente in antitesi rispetto, invece…
Insomma, in antitesi no, però, diciamo, ha grosse differenze rispetto agli altri quadri programmatori.
Quindi nel paper, dicevamo che si potrebbe valutare anche l’adozione di un programma di sviluppo
transfrontaliero, cioè l’idea non tanto di un programma, come dire, che devo adottare, però delle
linee condivise che potrebbero uscire dal forum o dalla conferenza in questo senso.
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Da questo punto di vista gli strumenti che vedete sintetizzati in questa slide e che vengono
dettagliati nel paper, appunto, potrebbero essere semplicemente degli strumenti a supporto di questa
visione condivisa.
Qui li abbiamo riaggregati in quattro diverse formule, quindi cooperazioni su problemi specifici,
quindi nel primo caso i sistemi di cogestione territoriale, l’associazione privata Lombardia Ticino, il
primo pezzo va più sugli Enti locali, la seconda dovrebbe coinvolgere maggiormente le università e
le imprese su temi specifici e tra l’altro questi due suggerimenti di strumenti escono proprio dal
forum tra l’Italia e la Svizzera che è stato promosso, come ricordava il professor Ratti,
dall’Ambasciata svizzera, dall’ISPI e dalla rivista Limes: si è riunito sino ad ora due volte, a
gennaio 2013 e a gennaio 2012; le formule di cooperazione basate, invece, su modelli comunitari,
quindi la Regio Insubrica e la sua possibile evoluzione, il gruppo europeo di cooperazione
transfrontaliera che è, appunto, lo strumento giuridico che l’Unione Europea ha individuato per
cercare di superare i problemi della cooperazione transfrontaliera.
Da dicembre 2013 è possibile costituire una GECT anche con uno Stato non membro.
Qui, però, la criticità rispetto alla quale, appunto, nel paper noi sottolineiamo qualche dubbio sulla
possibilità di farlo a breve ,almeno nel caso della Lombardia e della Svizzera, qual è? È che nel caso
in cui partecipi uno Stato non membro deve essere applicata la normativa, però, dello Stato
membro. Ci sembra, quindi, difficile che la Svizzera possa, adattarsi tranquillamente a uno
strumento di questo tipo.
L’altra cosa è che, in realtà, il GECT è interessante, perché (alcuni studiosi addirittura parlano di
un’entità politica transfrontaliera nuova), in realtà crea un’entità giuridica a sé rispetto alla quale le
istituzioni locali possono anche, permettetemi, perdere un po’ di controllo. Infatti, di solito funziona
dove? In realtà molto piccole, cioè su problemi molto definiti e in realtà molto piccole. Sembra
difficile applicarlo all’intera Lombardia e all’intero Canton Ticino o Grigioni.
Le formule di cooperazione implicanti uno Statuto speciale. Ci sono, appunto, le zone economiche
speciali, su cui non mi diffondo perché ovviamente è una proposta di legge che conoscete bene
essendo stata approvata dal Consiglio.
L’unica cosa su questo che vorremmo, invece, sottolineare è che ci sono, diciamo, proposte
analoghe anche in altre zone frontaliere ed è un tema sul quale anche lo stesso Canton Ticino
guarda con interesse. A luglio e agosto era uscito questo articolo dove i rappresentanti del governo
svizzero, del governo ticinese, erano andati a visitare un’esperienza in Lituania di un’area chiusa,
appunto, di una zona speciale chiusa, quindi non aperta come invece è più il modello lombardo
(prefigurato nel progetto di legge), quindi un’area territoriale molto specifica, chiusa nel senso
proprio con barriere – come si chiamano? –, cancellate, inferriate, e ha pensato di fare una cosa
analoga in Svizzera per ospitare le imprese hi-tech.
Questo per dire che cosa? Che in realtà potrebbe esserci un rischio se rimaniamo nello scenario due
che avevamo prima, cioè a posizione di arroccamento, creando, appunto, zone a Statuto speciale da
un lato e dall’altro della frontiera.
Sulle aree di aggregazione e armonizzazione transfrontaliera, che è un’idea del professor Ratti con
Bramanti, lascerei a lui la parola.
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Farei solo un’ultima battuta sulle forme di aggregazione macroregionale. E’ chiaro che la
macroregione alpina può rappresentare anche per questi problemi, come dire, uno strumento che
potrebbe essere interessante capire se e come applicabile.
Dalla ricognizione fatta non ci risultano, nel caso delle altre euroregioni, applicazioni così
specifiche, però è vero che questo tema, verificando che ci sono criticità su alcuni temi, soprattutto
quello del lavoro frontaliero anche in altre aree della macroregione alpina, potrebbe essere
senz’altro un luogo dove studiare anche strumenti innovativi.
In sintesi, ci sembra che – e lo scriviamo, appunto, nelle conclusioni del paper – questa area possa
essere un potenziale laboratorio per sperimentare modelli e modalità di cooperazione innovativi
dove, ovviamente, un ruolo fondamentale è quello dei diversi attori istituzionali e politici rispetto a
questo.
Non so, professor Ratti, se vuole dire qualcosa rispetto al modello del…
Prof. Remigio RATTI
Data l’ora, credo che sia meglio andare avanti. E’chiaro che tengo molto a questa idea, perché tra
l’altro sarebbe a costo zero ed è una risposta per contenere, anzi, per far tornare indietro quelle
imprese italiane che sono in fuga e quindi che vengono nel Canton Ticino (non è che poi ci
apportino molto, perché siccome sono in fuga vengono a salvarsi lì).
Ricordo, c’era anche il caso di un’impresa di Torino che dice ai propri lavoratori “io vado in
Svizzera, chi vuole venga con me in Svizzera e gli altri li lascio a casa”. Quindi se questa è la
logica, non andiamo lontano.
Mentre, se è vero che c’è complementarietà tra le varie regioni e se ci sono delle vere e proprie
filiere, noi potremo identificare delle aree chiamate di aggregazione e di armonizzazione
transfrontaliera, dove diciamo alle industrie che ci sono di qui e di là, che hanno messo un piede di
qui e di là, guardate che a Varese, a Como e anche nello stesso sud Ticino, ci possono essere delle
aree nelle quali pensare in forma privata pubblica a delle norme − visto che voi ce le avete –
‘burocrazia zero’, etc., a delle norme che vengono in particolare applicate in quelle zone, aree, non
solo industriali ma in quelle aree dove degli imprenditori possono accettare di essere al beneficio di
norme particolari, però condizionate con una loro presenza, così, cose da discutere.
Quindi l’idea è semplicemente lanciata, ce l’avete per iscritto. Qualcuno in Italia l’ha raccolta. Nel
Ticino nessuno ha creduto di discuterla. Poi, però, c’è il Presidente del Governo che viene fuori con
l’idea “compro terreni per 2 miliardi di franchi”. Con tutto il rispetto per il Presidente del Governo,
non ci credo, insomma, che una cosa del genere possa e debba essere fatta in un mini cantone, in
una mini-regione come il Ticino.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
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Grazie. Direi che le relazioni della professoressa Violini e del professor Rati e della dottoressa
Bandera sono state ampiamente esaurienti.
Io in termini, così, di disciplina dei nostri lavori passerei subito al dibattito tra i Consiglieri, che
vista l’ora sono rimasti in pochi; però, credo abbiano tutti gli elementi e le suggestioni per fare delle
domande; dopo lascerei chiudere i lavori alla Presidente Brianza, Presidente della Commissione
Speciale sui rapporti con la Svizzera.
Gerarchicamente, volevo chiedere al Presidente Cattaneo se voleva intervenire, voleva fare qualche
considerazione.
Presidente Raffaele CATTANEO
Sì, voglio la fare, perché mi piacerebbe anche sentire un pezzo delle considerazioni della
Commissione − se ce ne sono − poi magari intervengo tenendo conto anche di quelli.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
Presidente Brambilla.
Consigliere Enrico BRAMBILLA
Più che le considerazioni, gli spunti e le suggestioni sono molte, sicuramente cercheremo di
approfondire. Ne approfitto anche per chiedere, visto che è un abstract quello che c’è stato
consegnato, se c’è possibilità, poi, di accedere anche alla documentazione più completa.
Vorrei porre una domanda alla professoressa Violini che, giustamente, ci ha ricordato, del resto è
stata con noi nello scorso mese di novembre a ragionare circa le riforme costituzionali in atto,
soprattutto rispetto alla prima ricerca, quella, appunto sulla partecipazione della Regione alle
politiche europee, come la riforma costituzionale in atto impatta rispetto a questo, cioè se va nel
senso di…
(Ndt, intervento fuori microfono)
Consigliere Enrico BRAMBILLA
Ecco. Se no rischia di ulteriormente comprimere le nostre possibilità o se lì dentro c’è, invece, una
possibilità di poter costruire qualche nuova leva, insomma.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
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Mi aggiungo anch’io, perché in sostanza era la considerazione che facevo a proposito del Senato
delle Regioni, nel senso che io trovo che il Senato delle Regioni possa rappresentare, se concepito
in un certo modo, un valore aggiunto nei rapporti con l’Unione Europea e non credo che da questo
punto di vista il Bundestrat, il modello del Bundestrat, possa essere esemplificativo, perché così
come concepito nella riforma il Senato delle Regioni gode sostanzialmente di grandi elettori che
sono le Regioni dei Senatori, mentre nel Bundestrat i lander non sono grandi elettori del Bundestrat,
sono in rapporto, esattamente.
Per cui anch’io mi aggrego alle giuste considerazioni che faceva il Presidente Brambilla con questi
argomenti.
Poi, se c’è qualcun altro che ha… Consigliere Pizzul.
Consigliere Fabio PIZZUL
Grazie. È molto interessante, ringrazio, davvero, per i contributi di questa mattina.
Solo due spunti, ma proprio nell’ottica di una possibilità di ripresa successiva. Nella sintesi della
ricerca sull’Unione Europea e il ruolo dei Consigli regionali, mi è parso a più riprese di cogliere,
cosa che peraltro anche dal livello europeo giunge come indicazione continua, il ruolo fondamentale
della stabilità di funzionari e anche politici che si occupino di tematiche di carattere europeo, cosa
che spesso si enuncia, altrettanto spesso poi, però, non si ottempera a livello pratico.
Ecco, la domanda − magari è già contenuta nella ricerca, nella versione integrale che ho visto che è
già caricata − ma esistono delle buone pratiche relativamente alla stabilizzazione di strutture
significative e dedicate a una tematica di questo tipo all’interno delle altre esperienze regionali? E
quanto conta avere una struttura stabile di questo tipo anche a Bruxelles?.
Perché noi abbiamo nell’esperienza regionale un ufficio territoriale a Bruxelles da parte della
Giunta; c’è stato simbolicamente nella scorsa legislatura l’apertura anche di un ufficio per quanto
riguarda il Consiglio regionale, però la sensazione è che su questo non ci sia ancora dal punto di
vista delle risorse del Consiglio regionale stesso una stabilità significativa.
E per questo mi aggancio anche alla seconda considerazione che riguarda il rapporto legislativoesecutivo. Perché concretamente qui da noi in Regione Lombardia − ne abbiamo avuto riprova
anche in occasione della programmazione europea per quanto riguarda l’ormai attuale
programmazione − abbiamo un significativo e continuo impegno da parte dell’esecutivo con un
legislativo che va sempre e comunque a rincorrere.
Nel nuovo regolamento del Consiglio abbiamo inserito alcuni aspetti che rendono “obbligatorio” un
maggior collegamento tra legislativo ed esecutivo, però su questo fronte penso che la variabile
‘tempo’ sia determinante, cioè il rischio è che noi arriviamo con la nostra sessione europea sempre a
tentare poi di recuperare per il rotto della cuffia un ruolo istituzionale che in realtà nel corso
dell’anno non riusciamo a mantenere, sia per quel problema della stabilità cui facevo cenno prima
sia per la necessità di avere un maggior raccordo tra legislativo ed esecutivo; perché il rischio,
altrimenti, è che ci limitiamo – lo si accennava anche nell’intervento – a un adempimento formale
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relativamente a qualcosa che, invece, dovrebbe rappresentare un elemento di base e di partenza,
forse, anche della nostra azione politica.
Mi limito a questo. Molto interessante anche il discorso fatto, soprattutto, dal professor Ratti: quel
concetto di capitale territoriale che mi sembra poi sia stato in qualche maniera evocato a più riprese,
dovrebbe essere oggetto di ulteriori riflessioni ma non è questa la sede.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
Io volevo chiosare questa considerazione del consigliere Pizzul. Credo che i rapporti differenziati
Giunta-Consiglio con l’Unione Europea derivino anche da una forma di equilibrio GiuntaConsiglio.
Visto che in questo momento c’è un gruppo di lavoro sulla revisione dello Statuto, che ho l’onore di
coordinare, acceso in seno alla II Commissione, che ha come suoi obiettivi unanimemente condivisi
quello di rendere un pochino più equilibrato il rapporto di checks and balances tra Giunta e
Consiglio.
Nel momento in cui il Consiglio dovesse avere un’incidenza maggiore, è del tutto evidente che non
sarà costretto a rincorrere, come giustamente dicevi tu, le politiche della Giunta sul terreno dei
rapporti con l’Unione.
Io sono convinto che questo sia abbastanza decisivo per trovare una sinergia vera e non, appunto, un
rapporto diverso con l’Unione Europea. Giusto questa chiosa.
Prego, Presidente Cattaneo.
Presidente Raffaele CATTANEO
Qualche considerazione, appunto, anche alla luce degli spunti che sono emersi adesso.
Sulla questione del ruolo dei Consigli regionali partiamo da una premessa: noi veniamo da una
situazione in cui una certa ‘bulimia’ della Giunta ha un po’ atrofizzato la capacità del Consiglio di
entrare dentro alcuni temi, però adesso siamo in uno scenario in cui forse c’è una Giunta meno
bulimica e c’è un Consiglio che almeno come aspirazione vorrebbe – anche questa ricerca lo dice –
esercitare un ruolo maggiore.
Quando dico ‘bulimia’ della Giunta, tra l’altro, non vorrei neanche subito far pensare ai maligni,
che non l’hanno sicuramente pensato, una specie di pensiero unico dominante in chiave politica.
Io, avendo vissuto da dentro l’esperienza della Giunta, so che anche lì c’era lo stesso problema, per
cui poi dovendo fare le cose, la ‘bulimia’ della Giunta si traduceva in una sorta di monopolio
tecnocratico di alcuni funzionari che erano un po’ condannati ad occuparsi di queste cose e
svolgevano un po’ tutte le funzioni, tecniche, politiche, di indirizzo, di controllo, etc.
Secondo me, questo è figlio anche di una debolezza di pensiero.
33
Quindi, la prima considerazione che vorrei fare, e che vale per noi Consiglieri, che vale anche come
spunto per il lavoro di Eupolis, è che noi non abbiamo ancora maturato una consapevolezza
adeguata dell’importanza di questi temi, cioè noi pensiamo che quando parliamo di queste cose,
infondo, si debba adempiere a qualche noiosa procedura, non che si stia facendo un lavoro che ha
condizioni decisive per l’esercizio concreto delle nostre funzioni legislative.
Secondo me, questo è il primo punto su cui anche un momento latu sensu, formativo come questo, è
prezioso per una riflessione tra di noi. Perché se non cresce la consapevolezza nella Commissione
che si occupa di questi temi, innanzitutto, e in generale nel Consiglio dell’importanza di questi
argomenti sarà difficile che il Consiglio possa svolgere un ruolo. E qui è vero che non c’è una
Commissione dedicata, ma c’è una Commissione che ha tra le sue competenze esplicitamente
questo, i temi europei che è la I Commissione presieduta dal Presidente Colucci.
Allargando questa riflessione sempre sul tema europeo, io credo che l’anno di presidenza alla
CALRE può essere un’opportunità per tutto il nostro Consiglio, sia per rendere più stabile
l’organizzazione della struttura tecnica.
Il Segretario generale ha fatto un gruppo di lavoro, ha costituito un gruppo di lavoro che si deve
occupare della presidenza della CALRE ma che, come dire, consentirà in senso più ampio di
coordinare il lavoro su temi europei, sia anche per il lavoro che possiamo fare a un livello più
politico.
Io mi auguro che questo ci possa essere, cioè che questo 2015 che tiene dentro l’Expo, possa essere
un anno in cui su questi temi il Consiglio regionale si spende un po’ di più.
Anche qui il percorso verso questa sessione comunitaria, cioè i due mesi da qui alla fine di marzo
sono decisivi per poter esercitare realmente un ruolo, soprattutto considerato che quest’anno la
sessione comunitaria si cimenterà con il programma di una Commissione che comincia la sua
attività nel 2015, quindi apre un nuovo segno di programmazione europea, come dire, di contenuto
di azione politica e di governo, etc.
Io mi auguro che la prima conseguenza di questo lavoro sia un percorso, com’era stato fatto forse
tre anni fa, se ricordo bene, di ampliamento alla società civile, come anche nel contenuto negli
spunti finali della ricerca di Eupolis, di coinvolgimento vero di soggetti esterni di livello tecnico e
politico, cioè in modo che il Consiglio regionale possa riassumere le voci un po’ di tutti.
Perché qual è la modalità per dare autorevolezza al ruolo del Consiglio? Certo che, innanzitutto,
siano i Consiglieri ad avere consapevolezza dell’importanza di questi temi, ma anche che il
Consiglio possa essere il punto recettore – e questo lo può fare il Consiglio per certi versi più o
meglio della Giunta – di contributi, suggerimenti ed esperienze che vengono da una realtà più
ampia.
Ma c’è anche un livello ulteriore – poi finisco su questo punto della prima ricerca – che è proprio un
contributo di pensiero. Qui credo che Stefano Bruno Galli capisca quello che voglio dire.
Noi non abbiamo un pensiero regionalista europeo, purtroppo, almeno sufficientemente sviluppato e
in una riunione che io ho voluto fare informalmente per cercare qualche spunto da Eupolis e da altre
realtà, ISPI, Globus, etc., che stanno riflettendo su questi temi in Lombardia e in Italia. Questo
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punto è emerso con chiarezza. Noi non abbiamo ancora maturato un adeguato substrato di pensiero
anche scientifico, come dire, di riflessione culturale sulla necessità di un regionalismo europeo che
invece io sento molto.
Veniamo al discorso teorico: l’Europa dei burocrati di Bruxelles è sempre più antipatica e fra un po’
la gente dirà – qualcuno lo sta già dicendo – “vada sulla forca”.
Allora, se vogliamo salvare l’idea europea, un pensiero regionalista europeo è necessario. E qui,
secondo me, c’è un lavoro anche per Eupolis.
Purtroppo, noi non abbiamo dato seguito a un’idea − io per primo non ho nessuna responsabilità −
che avevo avuto io, poi nel piano delle ricerche di quest’anno non lo abbiamo messo, di fare una
sorta di seconda fase di questa ricerca che consolidasse un po’ di più un primo embrione di pensiero
nato dalla ricognizione di quello che c’è.
Io credo che qui ci sia un lavoro che, diciamo, lascio tra i compiti che insieme dobbiamo assolvere
per non far cadere gli spunti di questa ricerca.
Mi convince meno l’idea dell’european reporter in questo contesto, solo perché uno dei modi con
cui di solito si tende a risolvere questo problema è mettere la croce in capo a qualcuno, no? Cioè,
“quello è un problema suo”.
Invece, secondo me, questo è un problema che risolviamo se rimane un problema nostro e aumenta
il numero di quelli che lo sentono.
Mentre, mi sembra più interessante il confronto con altri, perché il confronto con altri − da qui
anche l’idea del forum globale dei Palamenti regionali − ti stimola. Io sono stato, appunto, a New
Orleans, e vedere come gli americani gestiscono le relazioni fra di loro per imparare delle best
practice gli uni dagli altri rispetto a noi europei è certamente molto stimolante. Perché uno dice
“saremo mica più stupidi di loro?”. Quindi credo di più a una modalità di questo tipo. Chiuso sulla
prima.
Sulla seconda, quella sul partenariato transfrontaliero, che anche qui è ricca di spunti, io credo
all’idea finale, come dire, di far nascere in pancia alla Commissione Speciale l’idea di un forum
italo-svizzero, che però non ho capito bene – questa è anche una domanda – se dobbiamo pensarlo
italo-svizzero o se dobbiamo pensarlo lombardo-ticinese. Però, allora, con i Gigioni cosa facciamo?
E poi le immagini che ci ha mostrato il professor Ratti dimostrano che, appunto, l’errore che
potremmo fare è quello di limitare la collaborazione con gli amici elvetici solo ai cantoni di confine.
Perché in realtà, poi, dopo il Gottardo, sarà ancora più evidente che il rapporto si giocherà sulle
relazioni fra le aree metropolitane di Milano e di Zurigo, più che fra le aree di confine di Como e
Lugano, Como, Varese e Lugano.
Quindi, probabilmente, bisognerà immaginare anche su questo qual è la dimensione giusta di un
forum così.
Ma l’idea che ci sia un luogo con cinquanta − da cinquanta a cento persone − che rappresentano non
solo le istituzioni ma anche le istituzioni che si allarghino alla dimensione economica, sociale,
culturale, etc., per riflettere sul quarto quadrante, quello in basso dei quattro che la slide di Eupolis
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ha messo in evidenza, cioè quello di un’area integrata sistemica per avere una capacità integrata di
progettualità, secondo me, è una soluzione politica interessante.
Lasciamo da parte le polemiche, che continueranno a esserci, sulle questioni, diciamo, di scontro,
ma proviamo ad affiancare a questo un luogo che ragioni in una prospettiva diversa e che poi,
inesorabilmente, se lo farà bene alimenterà di contenuti i documenti programmatici, le iniziative
politiche, le azioni operative, di qua e di là.
Questo mi sembrerebbe − anche proprio per una fase due del lavoro della Commissione, come
dicevo in apertura − un’ipotesi di lavoro che potrebbe essere un compito per il 2015 molto
interessante.
Presidente Alessandro COLUCCI
Non aggiungo nient’altro rispetto alle ricerche in considerazione anche del fatto che ci sono le
conclusioni della Presidente Brianza.
Richiamo, invece, all’attenzione di tutti i colleghi e anche del Presidente Cattaneo, come sia emerso
con grande chiarezza che può essere molto decisivo il ruolo di Regione Lombardia rispetto alle
politiche europee, quindi io mi posso riferire, ovviamente, alla prima ricerca e soprattutto mi dedico
a questa, però è chiaro che le tematiche che vengono trattate sono molto ampie e vaste.
Magari interessa meno a Eupolis ma interessa molto a noi (la Commissione referente è la I
Commissione), ma qui ci vorrebbe un lavoro, come definirlo?, intercommissariale, dove ciascuna
Commissione sia consapevole dell’importanza del lavoro che apporta alle diverse materie.
Perché aprirsi − lo spunto è molto interessante, lo dicevamo prima dell’inizio della Commissione −
a una serie di consultazioni è molto importante farle aprire da parte di chi quotidianamente si
impegna sulle diverse tematiche.
Per essere ancor più convinti che si è determinanti nelle elaborazioni che si fanno – e qui mi rivolgo
sempre, ovviamente, a Regione Lombardia – sarebbe importantissimo utilizzare la straordinaria
opportunità del Presidente Cattaneo come Presidente di questo importante organismo che è il
riferimento di tutte le assemblee regionali europee.
Io non mi aspetterò mai che i programmi europei vengano condizionati con parere obbligatorio
delle Regioni e dei Parlamenti: non succederà mai, ovviamente, ma si potrebbe migliorare un po’ di
più nell’ascolto.
Perché si è ancora convinti del ruolo se nel momento in cui arrivano le osservazioni qualche cosa
viene presa in considerazione. E qui l’autorevolezza, la determinazione e l’esperienza del Presidente
Cattaneo in questo nuovo ruolo ci può servire molto e forse in un momento storico particolare dove
anche da questo punto di vista siamo un po’ più stimolati a fare un lavoro di un certo tipo.
Quindi seppure non riguarda specificatamente la ricerca, è un’occasione preziosa quella di avere le
Commissioni, quasi tutto l’Ufficio di Presidenza presente e il ruolo del Presidente Cattaneo proprio
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per essere incisivi a livello europeo rispetto al lavoro che possiamo fare: ci convinciamo di essere
efficaci se vediamo qualche risultato a livello europeo che si concretizza.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
Bene. Io passerei, visto che mancano dieci minuti all’una, la parola al professoressa Violini e al
professor Ratti e dopo faccio concludere alla Presidente Brianza.
Prof.ssa Lorenza VIOLINI
Raccolgo velocissimamente gli spunti. La riforma costituzionale migliorerà o peggiorerà le cose?
Credo che questo dipenda da due elementi. Primo: la preparazione all’attuazione della riforma,
perché quell’accordo che è stato siglato con la XIV Commissione mi sembra l’esempio, la best
practice, se vogliamo dire, più corretta per arrivare a far sì che il Senato delle Regioni non si mangi
tutte le competenze ma le eserciti in dialogo con le realtà da cui proviene. Quindi, primo, la
preparazione.
Secondo, anche l’individuazione – questo non so se posso permettermi di dirlo – di personale
politico che sia in grado di reggere la sfida. Perché è chiaro che se il personale politico poi… No,
non dico altro.
(Ndt, intervento fuori microfono)
Prof.ssa Lorenza VIOLINI
Era sufficiente? Va bene. Mi scuso, allora, doppiamente. Ma su questo posso anche contare sul
personale politico della nostra Regione molto attento a questa dimensione, se saremo in grado, resi
capaci di poterlo attivare.
La seconda questione è il rapporto esecutivo-parlamento, assemblea regionale. Mi sembra che
l’osservazione del Presidente Cattaneo già abbia risposto quasi al cento per cento.
Noi siamo in una situazione di forme di governo regionali che tutti conosciamo. Se non si può
portare Maometto alla montagna, portiamo la montagna a Maometto, cioè creiamo davvero quella
capacità di coinvolgimento forte di tutta la realtà del Consiglio perché il potere e l’autorevolezza
sono sempre due elementi connessi.
Quindi, più saremo autorevoli nel conoscere e nel proporre, più sarà facile relazionare con chi per
forza di cose poi deve gestire tutto un po’ sempre sotto la pressione del tempo e della quantità di
lavoro.
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Anche sull’european reporter, come vedi, siamo stati abbastanza cauti, l’abbiamo evidenziato ma
poi è chiaro che le scelte… Ma io credo che ci potrebbe esserci anche un buon dialogo tra il ‘basso
continuo’ del lavoro delle Commissioni e della Commissione I in particolare e un punto di sintesi.
Perché, come sempre, un conto è il ruolo e un conto è chi interpreta il ruolo, no? Se c’è un punto di
sintesi può essere anche il Presidente, come veniva forse un pochino adombrato nell’intervento del
consigliere Colucci.
Ma un punto dove anche la Giunta possa avere un impatto. forse può non essere inutile.
Quindi, ruolo e interpretazione del ruolo. Proviamo a distinguere e guardare criticamente a questa
ipotesi.
Chiudo qui perché la consigliera Brianza ha diritto a tutto il suo spazio e ringrazio di nuovo per
l’attenzione.
Presidente Francesca Attilia BRIANZA
Direi che dopo tutti questi interventi non credo mi resti molto da aggiungere, però intanto ringrazio
per la presentazione di questi due documenti che per quanto mi riguarda sono stati assolutamente
interessanti e ci forniscono degli spunti fondamentali.
Evidentemente, io parlo prevalentemente per quello che è l’aspetto della Commissione Speciale e di
quello che abbiamo trattato in questo anno e mezzo.
Devo dire che questo lavoro è per noi, sicuramente, fondamentale; verrà poi approfondito da me,
dagli uffici e sicuramente dagli altri Commissari.
Tante tematiche, lo sapete, sono già sul tavolo di questa Commissione. Se parliamo, per esempio,
dell’evoluzione che avrà la Regio Insubrica questo è sicuramente un tema che in questo momento ci
sta toccando da vicino, con l’evoluzione, da un lato, che hanno avuto le Province e questo nuovo
sistema di gestione e le possibilità che si aprono per la Regio Insubrica la quale oggi festeggia i
venti anni di attività: ci auguriamo possa ricollocarsi in questo, se vogliamo, aspetto istituzionale
anche mutato e riesca anche a darsi uno slancio in più e ad avere una legittimazione maggiore. La
Regio Insubrica sta richiedendo con forza la partecipazione delle Regioni coinvolte, quindi di
Regione Lombardia e di Regione Piemonte; oggi, invece, c’è una carenza, come giustamente si
evidenziava, per cui Regione Lombardia partecipa esclusivamente come “osservatore” ma non ha
un ruolo preciso all’interno della Regio.
Queste sono tutte problematiche aperte in continua evoluzione, in grande evoluzione. Infatti,
all’inizio, quando ci siamo trovati proprio prima della presentazione di queste ricerche, il commento
era “abbiamo chiuso le ricerche ma, ahimè, la situazione è talmente in evoluzione che nel giro di
due-tre settimane si continuano ad avere notizie ulteriori, sviluppi ulteriori”. È sicuramente un
momento ‘caldo’ per quanto riguarda la revisione di questi accordi bilaterali.
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Noi, poi, che viviamo nei territori di frontiera, sentiamo quotidianamente quelle che sono le ansie
anche degli enti territoriali, dei comuni, sul tema dei ristorni, piuttosto che proprio della
popolazione, dei 60.000 e oltre frontalieri coinvolti in questa partita.
In questo anno e mezzo, l’attività della Commissione si è orientata cercando di sentire e fare proprie
quelle che erano le varie istanze, istanze sicuramente territoriali delle varie istituzioni coinvolte, ma
anche della società civile, delle Camere di commercio.
Prendo davvero come una cosa assolutamente interessante, e che potrebbe essere una giusta
conclusione anche del lavoro fatto sino ad oggi, l’idea di questo forum che trovo veramente
fondamentale, su questo chiaramente mi associo con quello che ha appena detto il Presidente
Cattaneo, perché noi abbiamo fatto questa attività di ricognizione spalmata su un anno e mezzo, due
anni, di attività, con tutta una serie di audizioni che hanno visto coinvolte le realtà più disparate,
dalle associazioni di comuni di frontiera, per intenderci, alle Camere di commercio, alle
associazioni sindacali svizzere.
Però, è sicuramente mancato un momento di confronto e di raccolta, un momento di sintesi di quelle
che sono state tutte queste istanze.
Mi è piaciuto vedere in questo dossier che si parte definendo la zona di frontiera come una zona
grigia, ma in verità è una zona che ci auguriamo invece possa essere davvero un laboratorio di
grande sviluppo, dove ovviamente il nostro auspicio è quello di poter essere nello scenario quattro,
quindi con un’area integrata e sistemica.
In questo momento siamo arenati su altre posizioni, ci sono delle prese di posizioni sicuramente
politiche che ci impediscono in tanti casi di avere un dialogo costruttivo; in questo, ci sono gli
scenari che conosciamo, che vanno dall’esito dei referendum ma anche al sistema noto, per
esempio, delle infrastrutture: senza andare tanto lontano parliamo dell’Arcisate Stabio, di quello che
è un problema che ormai affligge le relazioni tra Lombardia e Canton Ticino (ben lo sappiamo).
Ci auguriamo di andare in un altro senso che sia l’evoluzione di questo momento di “blocco”, a
qualche cosa invece di più costruttivo.
Credo che l’interesse di Regione Lombardia sia sicuramente volto in questa direzione, prova ne è
l’istituzione di questa Commissione e dell’attività che è stata fatta sino ad ora, i continui rapporti
che si stanno trattenendo tra il Presidente Maroni ma anche tra la Commissione che ha effettuato
visite con il Canton Ticino e con il Canton Grigioni, la revisione degli accordi in corso sia con il
Canton Ticino sia con il Canton Grigioni.
Quindi, da un lato abbiamo problemi aperti e dall’altro, però, siamo anche consapevoli che c’è la
volontà di superarli e di andare avanti in un’ottica di collaborazione.
L’idea di questo forum la prendo davvero con grande entusiasmo; sicuramente valuteremo come
portarla avanti, con le problematiche che ha sottolineato anche il Presidente Cattaneo perché,
evidentemente, ci sono discrepanze che devono essere chiarite e colmate su quelli che potrebbero
essere gli interlocutori all’interno di questo forum, ma sarebbe veramente una sfida interessante che
credo che un Consiglio regionale possa e debba prendersi.
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L’ultima cosa, mi ricollego a quello che diceva all’inizio il Presidente Galli, oggi moderatore, che
ringrazio: l’attività della Commissione, indubbiamente, adesso si orienterà anche per quanto
riguarda le Province Autonome di Trento e Bolzano.
Perché ci siamo indirizzati il primo anno sul Ticino, il secondo anno sul Canton Grigioni, adesso
arriviamo alle Province Autonome di Trento e Bolzano.
Grazie, grazie moltissimo. Grazie ancora per gli spunti veramente fondamentali per il nostro lavoro.
Consigliere Stefano Bruno GALLI
Bene, direi che chiudiamo in perfetto orario, come degli svizzeri, esatto. Grazie a tutti.
(La seduta termina alle ore 13.00)
_______________________
* (N.d.R.) pag. 31 e a pag. 32: «Gremio - Commissione, comitato, consiglio, organo, consesso, corporazione, ecc. (…)
Dal ted. Gremium: eine Gruppe von Personen, die sich zum Zweck der Beratung und/oder Beschlussfassung über einen
speziellen Themenkomplex gebildet;entscheidungstragender Zusammenschluss; Ausschuß, Kommission: ein G. von
Spezialisten, Fachgelehrten. A sua volta dal latino gremium = grembo. Nei territori italiani ex austriaci il termine
gremio designava le associazioni professionali, come il Gremio farmaceutico a Trieste. In Sardegna gremio, o piuttosto
grémiu, vale "associazione, sodalizio, corporazione, allo scopo principale di festeggiare un Santo o la Madonna o
qualche mistero religioso (Vocabolariocasu.isresardegna.it). Sul web (Google): Gremio dei contadini, dei piccapietre,
dei viandanti, degli ortolani, ecc. Con il significato di circolo, corporazione, associazione professionale e simili, gremio
si
trova
anche
in
spagnolo
(lema.rae.es;
es.wikipedia)
e
portoghese
(pt.wikipedia);
https://sites.google.com/site/elvetismi/g
40
Hanno partecipato ai lavori della seduta:
- i seguenti Consiglieri componenti della Commissione I e della Commissione speciale:
Presidente
Cons. Segretario
Alessandro COLUCCI (Nuovo Centro Destra)
Stefano BUFFAGNI
(Movimento 5 stelle)
Enrico BRAMBILLA
Francesca A. BRIANZA
Eugenio CASALINO
Fabrizio CECCHETTI
Jari COLLA
Francesco DOTTI
Stefano Bruno GALLI
Daniela MARONI
Claudio PEDRAZZINI
Fabio PIZZUL
Antonio SAGGESE
Marco TIZZONI
(Partito democratico della Lombardia)
(Lega Lombarda – Lega Nord – Padania)
(Movimento 5 stelle)
(Lega Lombarda – Lega Nord – Padania)
(Lega Lombarda – Lega Nord – Padania)
(Fratelli d’Italia – Centrodestra Nazionale)
(Maroni Presidente)
(Maroni Presidente)
(Forza Italia - Il Popolo della Libertà)
(Partito democratico della Lombardia)
(Maroni Presidente)
(Maroni Presidente)
- il Presidente del Consiglio Regionale, Raffaele CATTANEO; il Prof. Giancarlo POLA,
Presidente Éupolis Lombardia; il Dott. Alessandro COLOMBO, Direttore generale di Éupolis
Lombardia; la Dott.ssa Sabrina BANDERA, Project leader Éupolis Lombardia; la Prof.ssa Lorenza
VIOLINI dell’Università degli Studi di Milano; il Prof. Remigio RATTI dell’Università di Friburgo
(CH).
Risultano assenti i Consiglieri:
Alessandro ALFIERI
Maria Teresa BALDINI
Roberto BRUNI
Riccardo DE CORATO
Luca DEL GOBBO
Elisabetta FATUZZO
Luca GAFFURI
Onorio ROSATI
Raffaele STRANIERO
(Partito democratico della Lombardia)
(Gruppo Misto)
(Con Ambrosoli Presidente - Patto civico)
(Fratelli d’Italia – Centrodestra Nazionale)
(Nuovo Centro Destra)
(Partito Pensionati – Pensionati Lombardia)
(Partito Democratico della Lombardia)
(Partito democratico della Lombardia)
(Partito democratico della Lombardia)
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IL PRESIDENTE
(Alessandro COLUCCI)
Il CONSIGLIERE SEGRETARIO
(Stefano BUFFAGNI)
LA RESPONSABILE DELLA POSIZIONE ORGANIZZATIVA
(Annalisa PELUCCHI)
IL FUNZIONARIO VERBALIZZANTE
(Aldo RIGHETTI)
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Comm. speciale rapporti tra Lombardia, Confederazione elvetica e Province autonome
Mercoledì
14 gennaio 2015
ore: 10.00
Seduta congiunta della Commissione speciale ‘Rapporti tra
Lombardia, Confederazione elvetica e Province autonome’ e della
Commissione I ‘Programmazione e Bilancio’ per la presentazione e
il
confronto sul
policy paper:
“Politiche
transfrontaliere e
problematiche di confine” e sulla ricerca “l’Unione europea e il ruolo
dei Consigli regionali” realizzati da Eupolis.