I SOLVENTI Infiammabilità Tossicità

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I SOLVENTI Infiammabilità Tossicità
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I SOLVENTI
L’uso dei solventi è indispensabile nella preparazione dei colori ed i molti interventi di restauro delle
opere d’arte. Nella maggior parte dei casi si tratta di sostanze organiche con un basso punto di
ebollizione, quindi sono più o meno infiammabili e possono formare miscele esplosive con l’ossigeno
presente nell’aria. Inoltre, ricordando che “I simili sciolgono i simili”, siccome molti composti usati
nell’arte, specialmente nella pittura, sono costituiti da derivati di grassi, zuccheri e proteine, dobbiamo
considerare anche gli effetti che le sostanze usate come solventi possono avere sul nostro organismo,
che è costituito da sostanze di natura molto simile.
Infiammabilità
L’infiammabilità è una misura della possibilità che i vapori sviluppati da alcuni liquidi possano
formare, con l’aria, delle miscele capaci di incendiarsi o di esplodere a contatto con una fiamma.
Minore è la temperatura a cui si verifica tale fenomeno, più infiammabile è il liquido. Per ogni solvente
è stata determinata la temperatura minima alla quale esso può incendiarsi, ossia il cosiddetto punto di
infiammabilità L’infiammabilità di un solvente dipende anche dalla concentrazione delle miscele che i
suoi vapori (il combustibile) formano con l’aria o, più precisamente, con l’ossigeno contenuto nell’aria
(il comburente).. Ogni liquido presenta un limite inferiore di concentrazione, ed uno superiore (limiti di
infiammabilità o di esplosione) al di sotto o al di sopra dei quali, anche in presenza di una fiamma, non
si incendia. Parliamo di esplosione quando la reazione di combustione avviene in tempi brevissimi, con
produzione di gas ad alta temperatura e conseguente aumento, praticamente istantaneo, di volume.
Tossicità
Quando si parla di pericolosità delle sostanze chimiche è consuetudine riportare la famosa frase di
Paracelso : “ Tutte le sostanze sono veleni, nulla è senza veleno; solo la dose fa sì che il veleno sia o
non sia.“ Nel secolo scorso, l’utilizzazione incontrollata delle tecnologie chimiche in numerosi settori
applicativi ha introdotto nell’ambiente grandi quantità di sostanze, naturali come i vari componenti del
carbone e del petrolio, o di sintesi, nuove ed estranee alla fisiologia sia dell’uomo che degli altri esseri
viventi. Tutte queste nuove sostanze dovrebbero essere perlomeno sospettate come potenzialmente
tossiche. Ciò non significa affatto che queste sostanze, in particolare i solventi, debbano essere escluse
dall’uso tecnologico; è solo necessario assicurare condizioni rigorose di utilizzo di ogni singolo
composto, ogni prodotto dovrebbe essere manipolato con un livello di precauzione correlato al grado di
conoscenza che si ha di esso, meno è noto, maggiori devono essere le precauzioni
Tornando ai solventi, essi possono costituire un pericolo per la salute in relazione alla loro tossicità
intrinseca, alla loro concentrazione nell’atmosfera dell’ambiente di lavoro ed alla durata di esposizione,
ossia al tempo per il quale un operatore viene a trovarsi in contatto con i vapori. Nel caso di sostanze
che si accumulano nell’organismo anche esposizioni brevi ma ripetute frequentemente per un periodo
più o meno lungo possono portare, ad un certo punto, a raggiungere una concentrazione pericolosa od
addirittura letale. La tossicità può variare a seconda della natura della sostanza, del meccanismo
fisiologico di azione, delle condizioni generali dell’organismo e degli organi interessati. L’assorbimento
dei solventi da parte del corpo umano avviene soprattutto attraverso le vie respiratorie, ma alcuni di essi
possono essere assorbiti anche attraverso la pelle, ad esempio l’acetone, l’etere dietilico, il toluene, gli
xileni possono passare attraverso la pelle integra e provocare dermatiti perché rimuovono le sostanze
grasse presenti. Gli organi interessati più frequentemente dall’azione dei solventi sono il fegato, i reni,
le vie respiratorie e gli occhi. A proposito degli occhi, viene segnalata la pericolosità dell’uso delle lenti
a contatto durante l’impiego di solventi organici perché i loro vapori potrebbero interagire con il
materiale delle lenti stesse.
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Solubilizzazione di solidi macromolecolari
Mentre il meccanismo di solubilizzazione dei solidi costituiti da ioni o da piccole molecole porta ad un
sistema in cui le singole particelle di soluto sono separate tra loro e sono circondate da un certo numero
di molecole di solvente, per molti materiali usati nell’arte, come le resine e le gomme vegetali, l’uovo,
la caseina, eccetera, il processo di solubilizzazione si evolve in modo più graduale; questi composti
Sono formati da macromolecole, in genere di tipo polimerico, formate cioè dalla ripetizione di una o
più particelle di piccole dimensioni, dette monomeri, che formano catene di lunghezza estremamente
variabile, da molto corte a molto lunghe, inoltre, specialmente nei prodotti di origine naturale, oltre ad
uno o più componenti macromolecolari caratterizzanti del prodotto stesso, sono quasi sempre presenti
altre sostanze di vario tipo, alcune anch’esse macromolecolari.
Durante il processo di solubilizzazione le piccole molecole di solvente iniziano con il penetrare in
modo graduale nell’intreccio di macromolecole determinando la rottura di alcuni legami
intermolecolari ed il rigonfiamento del materiale, contemporaneamente vengono solubilizzate le
molecole più piccole.
A seconda del tipo di composto e di solvente il processo può evolversi in vari stadi .
- Può fermarsi ad un primo stadio in cui le piccole molecole di solvente riescono ad intrufolarsi tra le
catene macromolecolari causando un rigonfiamento di entità variabile con un concomitante
rammollimento del materiale, in pratica il solvente si comporta da plastificante.
- Il solvente riesce a suddividere il materiale in piccoli frammenti formando una sospensione di aspetto
torbido e nebuloso.
- Si forma un gel insolubile, cioè un sistema solvente soluto che, per agitazione forma una sospensione
colloidale mentre a riposo il soluto si separa dal solvente sotto forma di gel ( tixotropia ).
- Si forma una soluzione colloidale trasparente dove aggregati costituiti da molte macromolecole
aggrovigliate, le micelle, sono dispersi in modo omogeneo nel solvente e non tendono a gelificare.
Ritenzione ed effetto bloom - sono due termini che si trovano spesso nella descrizione del
comportamento dei solventi e riguardano entrambi il processo di evaporazione.
Ritenzione – Un solvente assorbito su un supporto più o meno poroso, come gli strati superficiali di
un dipinto, presenta, con esso, una grande superficie di contatto, perciò la velocità con cui evapora è
condizionata anche dal tipo e dal numero di legami intramolecolari che si stabiliscono tra le molecole
del solvente e quelle del materiale assorbente. Questo fenomeno, detto ritenzione, deve essere preso in
considerazione nella scelta dei vari solventi, infatti se il solvente evapora troppo velocemente non riesce
a terminare il suo lavoro , ma, se evapora troppo lentamente potrebbe avere il tempo per venire a
contatto con altri materiali presenti negli strati contigui del dipinto, come pigmenti o supporti..
Effetto bloom (fioritura, efflorescenza) – Sappiamo che i liquidi evaporano assorbendo calore
dall’ambiente circostante, quindi un solvente molto volatile può provocare un veloce raffreddamento
della superficie con cui è a contatto determinando su di essa la condensazione del vapore acqueo
presente nell’aria circostante. Le piccole goccioline d’acqua che si depositano possono rimanere
imprigionate nei microscopici pori, presenti nei materiali polimerici, che si possono richiudere per
effetto del solvente, formando delle macchie di colore biancastro spesso molto difficili da eliminare.
Solventi : classificazione e caratteristiche dei più comuni
Quasi sempre i solventi utilizzati nelle operazioni di conservazione delle opere d’arte sono sostanze di
natura organica, liquide a temperatura ambiente, più o meno volatili ed infiammabili. Alcuni sono
risultati essere anche molto tossici e quindi il loro uso viene sconsigliato, tuttavia si tratta di prodotti
ancora in commercio, hanno proprietà solventi conosciute da tempo e prezzi relativamente bassi,
specialmente se confrontati con quelli di alcuni prodotti di sintesi di “ultima generazioni” e tuttora poco
conosciuti. Di conseguenza in molti laboratori di restauro è ancora possibile imbattersi nell’uso di
questi composti, talvolta senza adottare nemmeno le precauzioni più elementari.
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Idrocarburi
Gli idrocarburi usati come solventi sono quasi sempre delle miscele di sostanze con proprietà chimiche
e fisiche abbastanza simili, come la temperatura di ebollizione, La maggior parte di queste miscele sono
di origine naturale, ottenute dalla distillazione di petroli o di carboni fossili, tuttavia, per particolari
applicazioni, è possibile utilizzare una vasta gamma di miscele di solventi idrocarburici, più puri,
ottenuti per sintesi. In merito al potere solvente, ricordiamo che gli idrocarburi hanno molecole apolari
o quasi apolari e sono praticamente incapaci di dare legami ad idrogeno.. I solventi idrocarburici
esercitano la loro azione specialmente verso le cere ed i materiali grassi non polimerizzati.Tra i
principali tipi di idrocarburi commerciati,ricordiamo i seguenti:
Etere di petrolio e miscele analoghe
Si tratta di miscele costituite essenzialmente da idrocarburi saturi con molecole costituite da 5 a 10
atomi di carbonio, con piccole percentuali di idrocarburi naftenici ed aromatici; si ottengono tramite la
distillazione frazionata del petrolio. Vengono commerciate con nomi diversi: le miscele più volatili
sono conosciute come eteri o essenze di petrolio, le frazioni con punto di ebollizione intermedio
prendono il nome di benzine e quelle con un punto di ebollizione un po’ più elevato sono comunemente
chiamate petrolio.
A parte le differenze nei punti di ebollizioni, che rendono disponibili, per le varie esigenze, miscele con
diversa volatilità, le proprietà solventi di questo gruppo sono molto simili: sono praticamente inerti
verso i composti resinosi, salvo pochi termini, come la resina Dammar, mentre sciolgono abbastanza
bene grassi, bitumi, cere e paraffine. Sono infiammabili e formano miscele esplosive con l’aria, ma, se
non contengono benzene e suoi derivati, non hanno una elevata tossicità.
Nafte
Con questo termine si indicano, comunemente, miscele idrocarburiche più ricche in componenti
naftenici e aromatici e, di solito, sono meno volatili delle miscele precedenti. Hanno proprietà solventi
leggermente maggiori, dovute ad un lieve aumento della polarità determinato dalla presenza di
componenti aromatici. Le nafte sono infiammabili e presentano un certo grado di tossicità.
Essenze di Trementine
Si tratta di miscele costituite essenzialmente da idrocarburi insaturi di tipo terpenico o da loro derivati
contenenti gruppi ossidrilici. Con il nome di: essenza di trementina veneta, olio di
trementina, ragia naturale, spirito di trementina, ecc. sono in commercio alcune miscele di
origine vegetale che costituiscono le frazioni più volatili di alcune oleoresine sècrete da
conifere, come pini, larici ed abeti. Un componente di tipo terpenico molto comune in
queste essenze è il pinene ( vedi formula). Siccome i terpeni ed i loro derivati sono tra i
componenti essenziali di molte resine vegetali usate come vernici nella pittura artistica,
le essenze di trementine hanno buone proprietà solventi appunto per queste resine, inoltre sciolgono
anche alcune cere. Trattandosi di composti insaturi, sono chimicamente reattive e, ad esempio,
reagiscono con l’ossigeno presente nell’aria trasformandosi lentamente in sostanze resinose con un
meccanismo di polimerizzazione simile a quello che determina l’indurimento degli oli essiccativi.
Hanno scarsa volatilità e non sono molto tossiche, tuttavia possono causare irritazioni della pelle e,
dopo continua ed eccessiva esposizione, anche danni ai reni
Invece la comune “acqua ragia” è un prodotto commerciale di basso costo ottenuto addizionando, alle
miscele terpeniche vegetali, quantità variabili di derivati del petrolio
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Benzene, toluene e xileni
Il benzene, un liquido incolore, è l’idrocarburo aromatico più semplice. Fino agli anni 70 del secolo
scorso era uno dei solventi organici più usati; dopo avere constatato la sua elevata tossicità, esso è stato
quasi completamente sostituito dai suoi derivati, il toluene e gli xileni che hanno proprietà solventi
simili ma una minore tossicità. Tuttavia questa minore tossicità è tutt’altro che trascurabile e si esplica
attraverso irritazioni alle mucose, agli occhi e con effetti di tipo narcotico. Nel restauro, come in molti
altri campi, si cerca, oggi, di limitarne al massimo l’uso sostituendoli con miscele di altri liquidi, come i
cosiddetti“diluenti nitro” che sono una miscela di esteri, chetoni, alcoli ed idrocarburi aromatici.
Il carattere aromatico conferisce a questi composti,una leggera polarità. Hanno buone proprietà
solventi per moltissime resine, sia naturali che di sintesi, come. le acriliche, per numerose cere, oli e
grassi. Sono moderatamente volatili e danno scarsi fenomeni di ritenzione.
Alogeno-derivati
Si tratta di composti organici di sintesi, dove gli atomi di alogeno, quasi sempre il cloro, sostituiscono
uno o più atomi di idrogeno. Molti termini della serie degli alogeno-derivati degli idrocarburi alifatici,
sia saturi che insaturi, liquidi a temperatura ambiente, presentano notevoli proprietà solventi nei
confronti di molte sostanze usate nella pittura artistica, soprattutto se sono di natura “grassa”; inoltre
hanno il vantaggio di avere una bassa infiammabilità. Anche questi composti, nel secolo scorso, erano
usati in enormi quantità per le più svariate applicazioni, attualmente la consapevolezza della loro
elevata tossicità e pericolosità per l’ambiente sta portando lentamente ad una riduzione ed a una
migliore regolamentazione del loro uso.
Nel restauro vengono impiegati, soprattutto, i cloroderivati del metano, dell’etano e dell’etilene.
Gli atomi di cloro presenti nelle catene idrocarburiche conferiscono, ad esse, un carattere polare.
Cloruro di metilene o di-cloro-metano CH2Cl2
Con una temperatura di ebollizione di soli 40°C è
uno dei clororoderivati più volatili e questo ne limita l’impiego, è un ottimo solvente per resine ed oli
anche invecchiati ma è molto tossico. Molto spesso è contenuto nei prodotti commerciali conosciuti
come sverniciatori, in queste formulazioni viene miscelato con materiali addensanti che ne riducono la
volatilità e, di conseguenza, la pericolosità.
Di solito, la sua azione solvente è, considerata troppo
aggressiva per la pulitura nel restauro
Cloroformio o tri-cloro-metano CHCl3
È un solvente molto volatile con un caratteristico
odore dolciastro, poco solubile in acqua, molto solubile in alcol ed in etere, ha una certa tendenza a
decomporsi all’aria ed alla luce. Sarebbe un buon solvente per cere e resine vegetali, ma la sua elevata
tossicità ne limita fortemente l’impiego nel campo del restauro.
Tetracloruro di carbonio CCl4. Solvente quasi apolare. A causa della sua elevata tossicità, anche per
assorbimento cutaneo, esso è ormai praticamente escluso da impieghi nel campo del restauro.
1-2-dicloro-etano CH2Cl-CH2Cl
Buon solvente per materiali grassi e per alcune resine, ha
una tossicità più contenuta rispetto agli altri ma, tuttavia, deve essere maneggiato con cautela.
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Tricloro-etilene (trielina) CHCl=CCl2
Solvente con proprietà simili a quelle del cloroformio, ma
meno volatile, risulta anche un po’ meno tossico. Tuttavia può provocare dei disturbi in seguito ad una
esposizione prolungata ai suoi vapori, quindi deve essere maneggiato con cautela.
1,1,1-tricloroetano CH3-CCl3
Si tratta di uno degli idrocarburi clorurati meno tossici, tuttavia,
a causa della sua volatilità, è consigliabile usarlo con le dovute cautele. Come solvente ha una azione
blanda nei confronti di sostanze grasse reticolate come i leganti a base di oli essiccativi, mentre scioglie
facilmente alcuni polimeri sintetici, come le resine acriliche.
Alcoli.
Gli alcoli, caratterizzati dal gruppo ossidrile -OH, sono composti che presentano caratteristiche polari e
hanno la possibilità di formare legami ad idrogeno.Queste due proprietà diminuiscono con il crescere
della lunghezza della catena idrocarburica; mentre, al contrario, aumentano le caratteristiche apolari:
Le proprietà solventi degli alcoli variano in modo progressivo, passando dal primo termine della serie,
l’alcol metilico, ai successivi,con 2, 3, 4, ecc. atomi di carbonio.
I primi tre termini sono tra i solventi più simili, come proprietà, all’acqua, con la quale risultano, infatti,
completamente miscibili; già a partire dai butanoli le proprietà della catena idrocarburica, che ha
caratteristiche apolari, diventano gradualmente predominanti e fanno diminuire la miscibilità in acqua.
I polialcoli, composti con più di un ossidrile, come il glicole etilenico, il glicole propilenico e la
glicerina, sono ancora più affini all’acqua e, quindi, facilmente miscibili con essa.
Nei polialcoli
l’affinità con l’acqua, è così grande che, se vengono lasciati esposti all’aria, ne assorbono l’umidità A
causa di questa igroscopicità elevata ed anche per l’alto punto di ebollizione, attorno ai 200°C, i
polialcoli, come solventi, non sono adatti per la pulitura dei dipinti perché tendono a fissarsi nelle
strutture dei film pittorici determinando un effetto ammorbidente o plastificante, perciò il loro uso nel
restauro è limitato a casi particolari per i quali servono degli umettanti plastificanti.
Gli alcoli monovalenti sciolgono bene alcuni componenti delle resine naturali. Sono quindi utili nella
rimozione delle vernici naturali e di alcuni polimeri di sintesi come l’alcol polivinilico (vinavil).
Alcol metilico o metanolo CH3-OH
Liquido incolore e volatile, ha proprietà solventi molto simili a quelle dell’etanolo, è però molto più
tossico, infatti un’ esposizione prolungata ai suoi vapori può provocare danni gravi alla retina ed al
nervo ottico, viene usato solo per applicazioni particolari in quanto è meno igroscopico dell’etanolo.
Alcol etilico o etanolo CH3-CH2-OH
Liquido incolore, volatile, miscibile in tutte le proporzioni con l’acqua e la maggior parte dei liquidi
organici polari e poco polari, componente delle bevande alcoliche, è uno tra i solventi più conosciuti ed
usati per la pulitura dei dipinti, scioglie quasi tutte le resine naturali ed alcune resine sintetiche, scioglie
anche diversi composti inorganici, come la soda caustica..Può essere usato anche come solvente per la
preparazione di alcune vernici, come la gommalacca. Quando viene usato per asportare delle vecchie
vernici lascia una superficie molto arida ed una patina bianca, talvolta difficile da eliminare. È molto
infiammabile I suoi vapori hanno una tossicità assai più contenuta di quella di molti altri solventi
tuttavia, in concentrazioni elevate, provoca effetti anestetici e danni a carico del fegato. L’etanolo
ottenuto tramite distillazione contiene sempre una piccola quantità di acqua, circa il 5%, difficilmente
eliminabile. In Italia, per motivi fiscali, viene commerciato un alcol etilico per uso non alimentare, il
cosiddetto alcol denaturato, reso non commestibile con l’aggiunta di piccole quantità di altri alcoli, di
piridina (con odore e sapore pessimi), e di coloranti rossi.
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Alcol isopropilico o isopropanolo
Solvente con proprietà molto simili a quelle dell’etanolo, sebbene più tossico. Può
essere preferito quando occorre un sovente di tipo alcolico esente da acqua.
Normal Butanolo o alcol n-butilico CH3- CH2-CH2-CH2-OH
Tra i quattro isomeri dell’alcol butilico viene usato soprattutto quello a catena non ramificata.Nella
serie degli alcoli con questo termine inizia a manifestarsi l’immiscibilità in acqua, ossia una sempre più
scarsa disponi-bilità a formare legami ad idrogeno ed una diminuzione della polarità della molecola.
Il n-butanolo è un buon solvente delle resine naturali, tuttavia,viene usato solo eccezionalmente, spesso
in miscela con altri solventi. Usato da solo tende ad ammorbidire troppo gli strati pittorici ad olio.
Ha proprietà irritanti per gli occhi, è tossico per prolungata inalazione e viene assorbito dalla pelle.
Alcol amilico o pentanolo C5H11-OH
Con questo nome si indicano le miscele degli otto possibili pentanoli isomeri, derivati dagli idrocarburi
saturi con cinque atomi di carbonio; è più tossico del butanolo e presenta, in grado maggiore, gli stessi
difetti che lo rendono poco adatto all’impiego nelle operazioni di restauro.
Glicerina
È l’alcol trivalente più importante, molto affine all’acqua con cui è completamente
miscibile. Ha un elevato punto di ebollizione (290°C) ed una volatilità molto bassa,
perciò non viene utilizzata come solvente ma come ammorbidente e plastificante di
polimeri solubili in acqua. Non è tossica e rientra della composizione di sciroppi ,
creme e pomate per uso medicinale e cosmetico.
Cellosolve
HO-CH2-CH2-O-R dove R = - CH3. - C2H5. -C3H7. -C4H9
La denominazione commerciale “cellosolve” è attribuita ad una serie di derivati eterei del glicole
etilenico: HO-CH2-CH2-OH
Il più comune è il derivato etilico, ossia il glicole etilenico mono etil etere. L’eliminazione di un
ossidrile e la sua sostituzione con un gruppo etereo modifica notevolmente le proprietà solventi del
glicole etilenico dando composti più volatili e meno igroscopici. I “cellosolve”, presentando
contemporaneamente una funzione alcolica ed una eterea, hanno proprietà intermedie tra quelle delle
due classi di composti; sono adatti alla solubilizzazione di molte sostanze resinose, sia naturali che
artificiali. Molto usati come solventi per vernici industriali, sono però usati raramente nel restauro per la
loro volatilità troppo modesta, sebbene non diano luogo a fenomeni di ritenzione.
Eteri
Etere etilico C2H5-O-C2H5
Tra gli eteri, è il termine più comune e diffuso come solvente,
noto anche come “etere solforico”; possiede un notevole potere solvente per oli, grassi,cere e resine,
però
la sua volatilità elevatissima, il basso punto di ebollizione (35°C ), l’alta infiammabilità e le sue
proprietà narcotiche rendono sconsigliabile il suo impiego nel restauro,
Diossano
Etere ciclico, è un buon solvente per molte resine naturali e sintetiche,
tuttavia è poco usato a causa della sua tossicità.
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Esteri
Vengono utilizzati quasi esclusivamente quelli derivati dall’acido acetico, con formula generale
CH3-COO-R Si tratta di solventi parzialmente polari, la cui polarità decresce con l’aumentare della
lunghezza della catena corrispondente al radicale R. I termini inferiori presentano moderate proprietà
idrofile, in natura sono presenti, in piccole quantità, in molti frutti a cui conferiscono un odore
caratteristico. I prodotti puri sono ottenuti industrialmente per reazione tra acido ed alcol e vengono
usati anche in campo alimentare per dare l’odore di frutta a dolci come caramelle e gelatine.
In presenza d umidità, questi esteri hanno una certa predisposizione all’idrolisi, con formazione di acido
libero, tuttavia questo processo risulta piuttosto lento, tanto da non costituire un grosso problema nella
pulitura dei dipinti..I più usati sono l’acetato di etile. CH3-COO-C2H5 e l’ Acetato di amile
CH3COOC5H11 detto anche “olio di banana, sono liquidi incolori, con odore penetrante e caratteristico,
buoni solventi di molte resine naturali e sintetiche, miscibili con olio di lino, sono usati spesso in
miscela con dimetilformammide. Anche allo stato puro hanno una bassa tossicità comunque è meglio
evitare di respirarne i vapori.
Chetoni
Sono anch’essi dei solventi parzialmente polari, con una polarità di poco inferiore a quella degli esteri,
Normalmente vengono impiegati quelli a basso peso molecolare: sono liquidi con proprietà idrofile,
perciò miscibili con l’acqua e con un’ottima azione solvente soprattutto nei confronti di resine naturali
ed artificiali non reticolate, specialmente quelle derivate dalla cellulosa, minore nei riguardi di oli e
cere. Il più conosciuto, anche perché viene usato per asportare lo smalto dalle unghie, è l’ Acetone o
dimetil-chetone CH3 – CO – CH3 un liquido molto volatile,con odore caratteristico, infiammabile,
scarsamente tossico solo in elevate concentrazioni, non ha effetti cronici. Come altri solventi dotati di
una volatilità molto elevata, la sua evaporazione troppo rapida può determinare un brusco
raffreddamento della superficie interessata con conseguente condensa di umidità che si presenta sotto
forma di aloni nebulosi noti come “ effetto bloom”.
Grazie alla sua buona miscibilità con molti liquidi,sia polari, sia apolari, è usato spesso come solvente
intermediario per rendere miscibili solventi incompatibili tra loro.
Usati anche il Metil-etil-chetone (butanone)
CH3-CO-C2H5 con proprietà solventi simili a
quelle dell’acetone, è un po’ meno polare e meno volatile.presenta una maggiore tossicità; ed il Diaceton-alcool ( 4-idrossi, 4-metil, 2 pentanone)
È un cheto-alcool, con funzione alcolica e chetonica nella stessa molecola,
poco volatile; può essere usato come additivo nella formulazione di vernici e
per prevenire la formazione di imbianchimenti superficiali dovuti a condensa.
Non è molto indicato come solvente puro nelle pitture ad olio perché tende ad
agire come ammorbidente, usato come solvente di lacche, resine naturali e
derivati della cellulosa, è piuttosto tossico.
Solventi azotati
Tra i solventi che contengono azoto, oltre all’ammoniaca NH3, possiamo prendere in considerazione
alcune ammine ed alcuni composti eterociclici. Le ammine possono essere viste come derivati
dell’ammoniaca in cui uno o più atomi di idrogeno sono stati sostituiti da radicali alchilici, pertanto la
capostipite di questa classe può essere considerata l’ammoniaca stessa
Siccome questi composti contengono un atomo di azoto con un doppietto elettronico libero, essi sono
da considerarsi delle basi secondo Lewis e, quindi, dei solventi potenzialmente reattivi. nei confronti di
alcuni materiali presenti nelle pitture, come resine naturali, oli essiccativi e colle, che contengono
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gruppi carbossilici liberi o gruppi esteri saponificabili. Nel primo caso avremo una semplice reazione di
tipo acido-base e la formazione di un sale quaternario, ad esempio:
NH3 + HOOC-R →
NH4+ + -OOC -R
Nel secondo caso la reazione comporta prima la rottura del gruppo caratteristico dell’estere e poi
nuovamente la formazione di un sale quaternario. Nel caso di materiali proteici possiamo avere
anche la rottura di legami peptidici. I prodotti di interazione formati per questa via risultano più
solubili rispetto ai materiali originali. Inoltre dobbiamo considerare che sia l’ammoniaca che le
ammine formano, con l’acqua, idrossidi di ammonio e di alchil-ammonio, fortemente basici. Per
l’ammoniaca, tale basicità non può essere evitata perché, essendo un gas, viene necessariamente
usata in soluzione acquosa. Per le ammine, che sono liquide, esiste la possibilità di utilizzazione allo
stato anidro, tuttavia anch’esse, con l’acqua danno luogo a soluzioni alcaline e può essere sufficiente
l’umidità dell’aria per creare una soluzione acquosa concentrata con l’ammina stesa sul materiale da
trattare.
I pH raggiunti possono arrivare a valori molto elevati, superiori ad 11, tali da poter innescare delle
reazioni di scissioni idrolitiche nei materiali polimerici con cui vengono a contatto.
Ammoniaca
L’ammoniaca è un gas molto solubile in acqua, con la quale può formare, a temperatura ambiente,
delle soluzioni concentrate di idrossido di ammonio, NH4OH, al 25-35 %.
Queste soluzioni hanno valori di pH intorno a 11-12, hanno una tensione superficiale inferiore a
quella dell’acqua ed hanno, perciò, buone proprietà bagnanti. Le soluzioni mediamente alcaline di
ammoniaca, meglio se miscelate con solventi organici, come alcool etilico o acetone, possono
rimuovere facilmente sottili film di materiali grassi ed ammorbidire film proteici, senza arrecare
danni evidenti alle pitture, sempre che siano utilizzate in condizioni controllate, ad esempio,
disperdendole in gel o sospensioni Tra i solventi reattivi di questa classe, l’ammoniaca è,
comunque, la meno pericolosa.perché un eventuale eccesso evapora velocemente, senza lasciare
residui. Le ammine, invece, presentano quasi sempre dei fenomeni di ritenzione Sia l’ammoniaca
che le ammine formano facilmente ,con il rame, dei sali complessi solubili in acqua, questo significa
che devono essere usate con maggiore precauzione sulle aree pittoriche che contengono pigmenti a
base di rame (azzurri e verdi) e che potrebbero essere solubilizzati.
Butil-ammina CH3-CH2-CH2-CH2-NH2 è la più comune tra le ammine alifatiche usate, è un
liquido incolore con odore penetrante, attiva solo se miscelata in acqua con cui forma soluzioni
ancora più basiche dell’ammoniaca, è un energico solvente delle colle e degli oli invecchiati, però
viene ritenuta fortemente dai materiali grassi e resinosi dei film pittorici, sui quali può continuare,
perciò, ad esercitare la sua azione anche per tempi molto lunghi dopo la sua apparente rimozione. È
chimicamente instabile, irritante per la pelle e molto tossica per inalazione, per cui.,nonostante
l’abbondante uso che se ne è fatto in passato, attualmente viene sconsigliata nel restauro.
Etanol-ammina
Le etanol-ammine ( è riportata la formula della trietanolammina ) sono
ammino-alcoli, quindi contengono, nella stessa molecola, il gruppo funzionale
degli alcoli e quello delle ammine. Si tratta di liquidi miscibili in acqua,
vischiosi e di colore giallognolo. Sebbene abbiano un buon potere solvente per
oli e grassi, anche queste sostanze sono poco usate perché sono estremamente
igroscopiche e non volatili,.sono usate invece come emulsionanti, aggiunte,in
piccole percentuali alle miscele acqua-olio o acqua-cera, oppure come plastificanti.
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Morfolina
La morfolina è una ammina secondaria, eterociclica. Ai fini del restauro è da
considerarsi ancora più dannosa e pericolosa della butil-ammina, in quanto, oltre ad
avere gli stessi difetti, presenta una volatilità molto più bassa.
Ciclo-esil-ammina C6H11NH2
Liquido ottenuto per idrogenazione catalitica dell’anilina,.con forte odore di ammoniaca. Miscibile con
l’acqua, può sostituire la soda caustica
Piridina
La piridina è un composto eterociclico azotato, di tipo aromatico. L’atomo di azoto
impegnato in un anello aromatico, rispetto a quello presente nelle ammine alifatiche, può
disporre in misura minore del doppietto elettronico libero, parzialmente delocalizzato
sull’anello per cui la piridina ha proprietà basiche molto più deboli di queste, con un pH massimo di 8
in soluzione acquosa; é solubile in acqua e in molti solventi organici, ha una grandissima affinità con
molti materiali resinosi che riesce a sciogliere ed ammorbidire a poco a poco, consentendo una azione
graduale nella rimozione, per cui sarebbe un solvente ideale per le vecchie vernici. Tuttavia, a causa
della sua elevata tossicità e della tendenza alla ritenzione nei film resinosi ed oleosi, attualmente se ne
sconsiglia l’uso.
Dimetil-formammide
Liquido incolore, ha notevoli proprietà solventi nei confronti di molti materiali, soprattutto
resinosi, sia naturali che sintetici. È completamente miscibile con l’acqua e con molti solventi
organici, le soluzioni acquose presentano un pH variabile, da debolmente basico, se sono
concentrate, a debolmente acido, se sono molto diluite. Determina fenomeni di ritenzione da
parte di materiali resinosi ed oleosi, sebbene in modo non molto pronunciato; inoltre è molto tossica e fortemente
irritante per la pelle, le mucose e gli occhi. Per tutte queste ragioni se ne sconsiglia l’uso o.quanto meno, si
suggerisce di limitarlo ai soli casi eccezionali in cui risulti realmente indispensabile e con le dovute precauzioni.
Carbonato di ammonio (NH4)2CO3
Il carbonato di ammonio commerciale contiene piccole quantità di carbammato di ammonio NH2-COONH4, un
prodotto intermedio della sintesi dell’urea da ammoniaca ed anidride carbonica. In commercio si trova anche il.
bicarbonato di ammonio (NH4)HCO3 che presenta un proprietà chimiche molto simili:
Le soluzioni acquose di questi sali di ammonio presentano, per idrolisi, un pH debolmente alcalino, maggiore
per il carbonato, minore per il bicarbonato. Inoltre,questi composti subiscono una graduale decomposizione
all’aria con la formazione di soli prodotti volatili: ammoniaca, acqua ed anidride carbonica:
(NH4)2CO3 → 2NH3 + H2O + CO2
Per questo motivo le soluzioni di carbonato di ammonio, agli effetti pratici, agiscono in modo simile ad
un solvente classico, in quanto vengono eliminate gradualmente per volatilizzazione.
Siccome il carbonato di ammonio si può utilizzare solo in soluzione acquosa, risulta difficile da usare
nel trattamento di pitture su tavola e su tela, mentre risulta molto utile nella pulitura dei dipinti murali.
L’applicazione, sotto forma di impacco mantenuto per un tempo opportuno sulla superficie dell’opera
permette infatti, grazie alla sua debole alcalinità,.una graduale gelificazione dei materiali di accumulo e
delle vecchie patine proteiche, consentendone la rimozione senza lasciare residui salini.
Il carbonato di ammonio esercita anche una importante azione solubilizzante nei confronti del solfato di
calcio, sale poco solubile in acqua, trasformandolo in solfato di ammonio, più solubile:
CaSO4 + (NH4)2CO3 → CaCO3 + (NH4)2SO4
Questo permette di eliminare, dalla superficie dei dipinti murali, una buona parte dei prodotti di degrado
dovuti all’inquinamento da anidride solforica. Questa operazione di risanamento può essere completata
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mediante un successivo impacco acquoso a base di idrossido di bario che arresta definitivamente
l’azione dello ione solfato,formando solfato di bario insolubile in acqua e quindi non più soggetto a
fenomeni di migrazione e di cristallizzazione tipici del gesso.
(NH4)2SO4 + Ba(OH)2 → BaSO4 + 2NH3 + 2H2O
Il carbonato di calcio di nuova formazione torna, di solito, a tutto vantaggio dell’operazione, perché
contribuisce al consolidamento delle malte decoese. Tuttavia, nel caso in cui il gesso si trovi,
originariamente, al di sopra della superficie, invece che internamente ad essa, anche il carbonato di
calcio, dopo l’impacco con in carbonato di ammonio, verrebbe a precipitare nella stessa sede, cioè al di
sopra,producendo, in seguito all’essiccamento, dei fenomeni di imbianchimento irreversibili.
Per questo motivo occorre prestare la massima attenzione nel rimuoverlo quando è ancora bagnato, e,
perciò invisibile, sotto forma di gel. L’eccesso di idrossido di bario, con un processo simile a quello
della carbonatazione della calce, viene trasformato, dall’anidride carbonica presente nell’aria, in
carbonato di bario,insolubile e con buone proprietà coesive:
Ba(OH)2 + CO2 →BaCO3 + H2O
Per i dipinti su tavola e su tela l’impiego del carbonato di ammonio è reso problematico per l’azione
pericolosa esercitata dall’acqua e dalla alcalinità sulle preparazioni, a gesso ed a colla, e sui film
pittorici. Tuttavia, facendo in modo di limitare l’attività del composto solo allo strato superficiale di
vernice. Usando, ad esempio, una dispersione di carbonato di ammonio in un gel acquoso di
carbossimetilcellulosa è possibile usarlo per risolvere dei difficili problemi di pulitura.
Altri solventi
Acqua H2O
L’acqua è il solvente più utilizzato per le sostanze polari e per quelle capaci di formare legami ad
idrogeno. può solubilizzare molti sali, alcune colle di natura proteica, alcune gomme vegetali, e molte
altre sostanze organiche, provoca il rigonfiamento di alcuni materiali, specialmente di quelli a base di
amidi e di cellulose. Deve essere usata pura, altrimenti i sali ed i gas disciolti possono provocare degli
inconvenienti. Non è molto usata per i dipinti su tela e su tavola a causa della sua azione ammorbidente
su diverse preparazioni, mentre trova un largo impiego negli interventi di pulitura sui dipinti murali.
Pur essendo un composto ritenuto abbastanza innocuo, non si deve sottovalutare l’azione rigonfiante
che esercita su molte sostanze idrofile e le possibili reazioni di idrolisi, soprattutto quando i tempi di
contatto sono molto prolungati.
Solfuro di carbonio CS2
È un liquidi praticamente apolare, volatile, infiammabile, con ottime proprietà solventi per sostanze
apolari o poco polari, come grassi, oli e cere, però, oltre ad avere un odore nauseabondo, è molto
tossico, per cui il suo uso è stato abbandonato in quasi tutti i laboratori.
Nitroderivati paraffinici
Sono composti con formula generale R-NO2 Il termine più semplice è il nitrometano CH3-NO2
un liquido volatile e molto polare. capace di sciogliere facilmente alcuni sali e diverse sostanze
organiche di natura altrettanto polare. Tuttavia i nitroderivati sono poco usati nelle operazioni di
restauro perché sono piuttosto tossici e perché esistono valide alternative ad essi.
Solventi reattivi
Quando le particelle che costituiscono un soluto allo stato solido si “sciolgono” in un solvente liquido,
composto da sostanze a struttura molecolare, per dare luogo ad un sistema omogeneo, ossia ad una
soluzione, si sono evidentemente verificate delle interazioni tra le molecole del liquido e quelle del
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solido, che hanno reso possibile appunto la formazione della soluzione. Però il liquido può essere
considerato un vero solvente solo nel caso in cui le interazioni portino alla formazione di legami deboli,
di tipo intermolecolare,come le cosiddette forze di London o le forze di Van der Waals, senza
coinvolgere la natura strutturale del soluto e del solvente. Solo in questo caso con l’evaporazione del
solvente riavremo il solido di partenza chimicamente non modificato. Se, ad esempio, sciogliamo della
cera d’api in acqua ragia, facendo evaporare l’acqua ragia riotteniamo la cera d’api nelle stesse
condizioni di partenza..
Se, invece, le interazioni tra il liquido ed il solido che agiscono nella solubilizzazione interessano anche
legami tra gli atoni che costituiscono le particelle di soluto e di solvente, il liquido non può più essere
considerato un solvente in senso stretto, poiché esso interagisce chimicamente con il soluto, ne altera
alcuni legami e, quindi, ne modifica la composizione. Evaporando il solvente, non ritroveremo più le
sostanze solide di partenza, ma altre sostanze con proprietà chimiche e fisiche diverse.
Di solito, in questo caso, il solvente non è costituito da una sostanza pura ma da almeno due componenti
miscibili tra loro, di cui uno si comporta come un reagente nei confronti del soluto e l’altro solubilizza i
prodotti della reazione. Parleremo, allora, di “solvente reattivo” anche se il termine, dal punto di vista
chimico, non è molto corretto.
Consideriamo, ad esempio, il meccanismo d’azione di un comune prodotto anticalcare, esso è costituito
essenzialmente da una soluzione acquosa di un acido, di solito HCl.
L’acido cloridrico reagisce con il carbonato di calcio (il calcare) secondo la seguente reazione:
CaCO3 + 2 HCl → CaCl2 + CO2 + H2O
Il fatto che sia avvenuta una reazione chimica è evidenziato dalla formazione di bollicine di anidride
carbonica, l’altro prodotto della reazione, ossia il cloruro di calcio, che è solubile in acqua, può essere
asportato facilmente lavando appunto con acqua.
Nel XVIII e nel XIX secolo era normale effettuare la pulitura dei dipinti con solventi anche fortemente
reattivi. Ricordiamo, a questo proposito, l’uso delle cosiddette liscive, costituite essenzialmente da
soluzioni acquose alcaline di carbonati e bicarbonati di potassio e sodio o addirittura di alcali caustici,
per eliminare le vernici dai dipinti ad olio, oppure l’uso di miscugli, chiamati “beveroni”, a base di
leganti (uovo, colle, ecc.) mescolati con l’aceto, per togliere le patine saline dalle pitture murali. In
effetti queste sostanze permettevano di ottenere un risultato rapido e molto vistoso, però, mentre
scioglievano o ammorbidivano i materiali da rimuovere, penetravano attraverso gli strati pittorici ed
attaccavano anche pigmenti, leganti, preparazioni e supporti, producendo delle alterazioni spesso gravi
ed irreversibili, visibili solo a distanza di tempo.
Proprio a questi restauri, condotti con scarsa prudenza e con l’uso di sostanze fortemente aggressive, si
deve una gran parte dei danni che oggi si riscontrano in molte opere d’arte.
Nonostante questi risultati negativi, in alcune situazioni l’uso di solventi reattivi risulta l’unica scelta
possibile. Un intervento di questo genere deve essere condotto conoscendo con certezza la natura delle
reazioni chimiche coinvolte, questo significa che, caso per caso, si devono studiare delle metodologie
operative idonee a controllare l’attività di questi prodotti. Tra i vari metodi di controllo adottati, uno dei
più efficaci consiste nell’applicare il solvente sotto forma di una pasta cremosa ottenuta mescolandolo
con una polvere, come argilla, allumina, farina di frumento, eccetera, inerte chimicamente nei confronti
sia del solvente che del materiale trattato.
Tra le sostanze che possono agire come solventi reattivi ne ricordiamo solo alcuni:
Acido acetico
CH3-COOH
Acido debole, è un liquido incolore, con odore pungente, miscibile con molti solventi organici e con
l’acqua, scioglie l’albume d’uovo sbattuto che anticamente era usato per ravvivare i colori dei dipinti.
Può essere usato per asportare le patine di natura calcarea sugli affreschi. Pur essendo un acido debole,
nel restauro deve essere utilizzato solo in casi eccezionali e con molta cautela. É infiammabile e, a
contatto con la pelle. provoca ustioni:
Acido formico
H-COOH
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Acido di odore penetrante, molto caustico. é un liquido incolore, usato come mordente in tintoria e nella
preparazione dei coloranti.Può essere usato, in piccolissime quantità, per rimuovere ritocchi a tempera
particolarmente resistenti. Provoca gravi ustioni a contatto con la pelle ed i vapori sono molto tossici:
Acido etilen-diammino-tetra-acetico (E.D.T.A.)
Solido cristallino, bianco, in soluzione acquosa ha proprietà complessanti e
solubilizzanti verso molti ioni metallici.
Acqua ossigenata (Perossido di idrogeno) H2O2
Liquido incolore vischioso, commerciato in soluzione acquosa in varie concentrazioni, è un energico
Ossidante ed è usata per l’imbianchimento o la decolorazione di molte sostanze, ad esempio per
schiarire gli annerimenti provocati dalla alterazione di pigmenti a base di piombo. Se in forte
concentrazione può provocare ustioni sulla pelle.
Le “ miste “
Spesso, nel restauro, si usano miscele di due o più solventi, chiamate “ miste “ , esistono delle tabelle
che riportano le miscele consigliate per le varie tipologie di materiali da solubilizzare. Naturalmente si
raccomanda di usare la massima cautela nel provare nuove miscele di cui non si conoscono con
precisione gli effetti.
Bibliografia
M: Matteini, A. Moles La Chimica nel Restauro Nardini Editore
C. Rosati Tecniche Pittoriche e Restauro dei Dipinti Ed. Scientifiche A. Cremonese