L`aderenza alle terapie è facilitata anche dall
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L`aderenza alle terapie è facilitata anche dall
SOTTO LA LENTE –– L’aderenza alle terapie è facilitata anche dall’home care Stefano Caporali, presidente di Italiassistenza, spiega l’evoluzione del settore e auspica un maggior coinvolgimento del sistema sanitario e del farmacista per una gestione olistica del paziente A cura della redazione di AboutPharma and Medical Devices [email protected] aveva già capito Ippocrate nel 400 a.c. quando suggeriva di controllare con attenzione i pazienti ai quali aveva prescritto un “medicamento”. Non dobbiamo quindi sorprenderci quando le statistiche dicono che, nei paesi occidentali, l’aderenza al trattamento terapeutico tra i pazienti affetti da malattie croniche supera a malapena il 50%. La scarsa aderenza si colloca tra le cause principali di risultati clinici sub-ottimali e si manifesta principalmente nell’omettere l’assunzione o nel ritardarla rispetto alla frequenza prescritta dal medico. Tra le cause principali: scarsa informazione sulla patologia, scetticismo, errata interpretazione della prescrizione medica, via di somministrazione (nel caso ad esempio di farmaci iniettivi ma anche compresse difficili da deglutire), over-promising sull’efficacia del trattamento, eventi avversi (soprattutto nelle malattie asintomatiche) o la semplice dimenticanza. Quella dell’aderenza terapeutica è la sfida dell’industria farmaceutica del prossimo decennio e presuppone un approccio multidisciplinare nel quale tutti gli attori coinvolti – medico, paziente, Sistema sanitario nazionale, farmacia, provider di assistenza territoriale e industria farmaceutica – devono fare la loro parte nell’implementare programmi di supporto al paziente che siano in grado di ridurre i fattori di rischio della non aderenza. A tale scopo l’assistenza domiciliare può rappresentare un importante tassello di una gestione olistica del paziente che, per essere veramente efficace, non può limitarsi al presidio ospedaliero ma deve garantire continuità anche tra le mura domestiche del paziente cronico. “Nonostante la penetrazione dei servizi di home care nel nostro Paese sia in generale circa la metà della media europea, il panorama italiano dei cosiddetti Patient support Program (programmi a supporto dell’a- L’ 80 Parole chiave Aderenza, continuità, home care, farmacia Aziende/istituzioni Italiassistenza derenza) in ambito domiciliare è uno dei più attivi e dinamici d’Europa” spiega ad AboutPharma Stefano Caporali, presidente di Italiassistenza, tra i primi provider in Italia a credere nell’home care a sostegno dell’aderenza. Specializzata in assistenza domiciliare integrata (Adi) di media ed alta intensità, l’azienda conta oggi 14 programmi attivi in altrettante aree terapeutiche e 4.000 accesi domiciliari effettuati negli ultimi 12 mesi. “Se storicamente l’adozione di un modello integrato ospedale-domicilio era limitato a nicchie terapeutiche quali le malattie rare o la dialisi domiciliare – continua Caporali – nell’ultimo biennio stiamo osservando un’attenzione crescente anche in altre patologie croniche. Artrite reumatoide, sclerosi multipla, ormone della crescita, emofilia sono le aree che ci hanno visto recentemente collaborare con l’industria farmaceutica nello sviluppo di programmi di assistenza domiciliare finalizzata al sostegno dell’aderenza”. Dal lato paziente, qual è la situazione e quali le richieste più pressanti? “La formazione sulle corrette modalità di utilizzo di penne o siringhe pre-riempite è la prima necessità di un paziente che sta per affrontare un lungo percorso terapeutico. Nei casi di categorie “deboli” – commenta il presidente – il supporto al paziente si amplia, ad esempio non solo attraverso la formazione ma anche la somministrazione vera e propria del farmaco nel caso di pazienti pediatrici o attraverso un servizio di logistica sanitaria domiciliare nel caso di STEFANO CAPORALI pazienti anziani e non autosufficienti. In alcuni programmi più articolati, il nostro operatore sanitario effettua questionari di valutazione dell’efficacia terapeutica il cui esito, attraverso piattaforme web, viene messo a disposizione del medico che può in questo modo monitorare con continuità il paziente tra una visita di follow-up e l’altra”. Per finire, guardando al futuro, quali sono le prospettive di sviluppo del settore? “Siamo solo all’inizio. Vediamo molte direttrici di sviluppo, a partire da un maggiore coinvolgimento del Sistema sanitario nazionale che potrebbe trovare in programmi di questo tipo anche un’importante leva di contenimento della spesa sanitaria. E poi – conclude Caporali – c’è il potenziale ancora inespresso della farmacia che con la fiducia e la vicinanza con il paziente di cui gode potrebbe essere un tassello importante del mosaico, come dimostrato da recenti esperienze in UK e Australia dove è il farmacista a prendersi in carico il paziente e ad avere un ruolo chiave nel garantire l’aderenza terapeutica”. NOVEMBRE 2013 SOTTO LA LENTE –– I trattamenti infusivi diventano a portata delle persone malate L’esperienza del programma SuSTAin avviato da Bristol-Myers Squibb in alcune regioni: Campania, Lazio e Puglia Di Roberto Mancini, direttore business unit Immunoscienze di Bristol-Myers Squibb Italia Maurizio Tropea, direttore market access di Bristol-Myers Squibb Italia avvento dei farmaci biologici ha rivoluzionato il trattamento dell’artrite reumatoide, consentendo a molti pazienti di raggiungere miglioramenti sia della loro condizione clinica che della qualità di vita. Tuttavia i biologici infusivi causano per i pazienti e i caregiver la necessità di doversi spostare da casa verso centri ospedalieri molte volte all’anno per la sola somministrazione della terapia, con un impatto negativo proprio sulla qualità di vita che si cerca di migliorare con la terapia e con un peso gestionale ed economico che grava sulla famiglia. Tali problematiche hanno determinato l’avvio del programma SuSTAin (servizio di somministrazione territoriale di abatacept) che prevede la somministrazione territoriale del farmaco in forma infusiva per migliorare l’accessibilità alle cure, l’aderenza al trattamento e al piano terapeutico e, non ultimo, la qualità di vita dei pazienti, liberandoli dai vincoli logistici e di limitazione temporale derivanti dalla necessità di effettuare l’infusione presso il centro clinico. Intervenire in modo tempestivo e focalizzato con progetti socio-economici è critico poiché le malattie reumatiche più invalidanti colpiscono solitamente una popolazione giovane e in età lavorativa. Secondo l’Osservatorio Sanità e Salute, circa 23 milioni di giornate di lavoro in Italia sono perse annualmente per malattie reumatiche invalidanti. Per tali condizioni morbose il servizio sanitario sopporta solo il 30% del costo della malattia (costi diretti); il rimanente 70% è rappresentato dai costi indiretti e, in particolare, dalla perdita di produttività di 287.000 soggetti/lavoratori per una spesa annua che supera i 2 miliardi di euro. Il programma è stato avviato da BristolMyers Squibb con la collaborazione di partner specializzati nella progettazione ed erogazione di programmi di supporto ai pazienti. SuSTAin è attivo in Campania, Lazio e Puglia, ma è estendibile a tutto il territorio L’ Parole chiave Artrite reumatoide, infusione, abatacept, programma SuSTAin, continuum of care Aziende/istituzioni Osservatorio Sanità e Salute, BristolMyers Squibb, Campania, Lazio, Puglia nazionale, configurandosi come un programma “su misura” per i pazienti e i centri clinici di specifici contesti geografici e organizzativi. Il programma consente di avvicinare le cure e l’assistenza al paziente al suo domicilio con centri infusionali dedicati in Puglia o a casa del paziente nel Lazio e in Campania. In Puglia, l’Agenzia sanitaria regionale ha formalizzato la disponibilità del servizio in tutti i centri clinici della Regione. Nel Lazio il progetto è in essere dal 2011 e l’Agenzia di sanità pubblica ha condotto uno studio per valutare qualità del servizio, livello di soddisfazione dei pazienti e vantaggi per malati e centri clinici. In Campania è stato avviato quest’anno grazie al coinvolgimento iniziale di due poli universitari, che sono anche i supporter clinici del progetto. Ad oggi diversi centri stanno attivando il servizio per i loro pazienti. Il servizio SuSTAin rappresenta una soluzione all’avanguardia che soddisfa le esigenze “integrate” di un quadro ampio di stakeholder: Regioni, singoli ospedali, pazienti e caregiver. La Regione trova nell’azienda farmaceutica (Bms) uno sponsor di questa attività e un valido partner che garantisce la presa in carico totale del paziente, in un’ottica di ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse. Entrambi raggiungono il proprio obiettivo senza gravare sulle casse regionali, soprattutto in un momento di difficile congiuntura economica come quello attuale. Il singolo ospedale non dovendo gestire direttamente le infusioni può liberare le risorse dedicate a questa attività (calcolando il tempo medio di attività infusiva di circa 60 minuti). Inoltre è garantito un alto tasso di compliance al trattamento, uno dei principali driver di risposta alla terapia stessa. Possiamo dedurre anche un impatto positivo in termini di minori ospedalizzazioni legate a eventi avversi. Ai pazienti è garantito il concetto del continuum of care, perché assistiti al proprio domicilio, e rispettato il principio della prossimità della cura al paziente, evitando superflui investimenti in tempo e denaro per doversi recare presso il luogo di somministrazione. Lo spostamento di ogni paziente può essere valorizzato sia in termini di tempo risparmiato, sia di costi non sostenuti (es. benzina, pedaggi, parcheggi). I caregiver, spesso familiari, sono sgravati dal dover essere impattati personalmente dai tempi di somministrazione, con notevole ricaduta sulla propria produttività. I dati che emergono dall’analisi dell’Agenzia di sanità pubblica del Lazio (Asp) dimostrano che i centri hanno visto aumentare l’aderenza alla terapia (la compliance dei pazienti che partecipano a SuSTAin è del 99.41%) e la loro capacità di somministrare terapie infusive senza aggravio per la spesa pubblica e il Ssn. I pazienti e i caregiver (che nel 76% dei casi accompagnano i pazienti ai centri) hanno migliorato la qualità di vita, grazie anche alla riduzione di circa 3 ore dei tempi di spostamento e di attesa per ogni infusione. Il risparmio economico, registrato dall’analisi dell’Asp per due anni, grazie al recupero di ore di produttività media totale per pazienti e caregiver, è di circa 50.000 euro. 81