2 attaccamento - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
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2 attaccamento - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
2. La teoria dell’attaccamento 2.1 Bowlby e le origini La teoria dell’attaccamento costituisce oggi uno dei modelli più consolidati e sperimentalmente verificati in psicologia dello sviluppo, in psicologia clinica e in psicoterapia. Molti sono i libri che hanno per tema l’applicazione clinica e psicoterapeutica della teoria dell’attaccamento nelle sue varie articolazioni, sia per gli adulti (Parkes, Stevenson‐Hinde, 1982; Parkes, Stevenson‐Hinde, Marris, 1991; Clulow, 2000; Holmes, 2001, Sable, Aronson, 2001, White, Schwartz, 2005; Wallin, 2007) che nella psicoterapia dei bambini (Oppenheim, Goldsmith, 2007; Lieberman, Van Horn, 2008) Come scrive Holmes nel suo volume “La teoria dell’attaccamento”, Bowlby è una figura di primo piano nel pensiero contemporaneo, nota in molti ambiti a parte quelli strettamente legati alla psicologia e psicoterapia: “Gli effetti nocivi della deprivazione materna (e viceversa); l’importanza del legame tra genitori e figli; il bisogno di una base sicura e il sentimento di attaccamento; il rendersi conto che il lutto ha un corso che deve seguire e che può essere suddiviso in fasi … sono concetti familiari anche a persone molto lontane dal mondo della psicologia e della psicoterapia. Tali concetti possono essere fatti risalire, in tutto o in parte, all’opera di John Bowlby” (Holmes, 1993, p2). La storia di Bowlby, nato nel 1907 è una storia speciale: come studioso si forma all’interno dell’ortodossia psicoanalitica in un momento in cui è forte il conflitto tra due posizioni a proposito di un aspetto chiave delle teoria psicoanalitica, la primitiva relazione che il bambino ha con la madre. La contrapposizione è tra la posizione di Melania Klein che sosteneva l’importanza delle fantasie infantili nelle prime settimane e nei primi mesi di vita e la centralità nel percorso di sviluppo individuale di questi impulsi infantili (Holmes cit., p 3) e la posizione di Anna Freud che metteva in dubbio queste ipotesi. Bowlby sposta la sua attenzione all’osservazione congiunta della relazione tra il bambino e l’adulto significativo, evitando cosi una dimensione interpretativa centrata sul singolo o sui suoi esclusivi vissuti interni e cercando invece di studiare le caratteristiche di questa relazione a partire dai comportamenti osservati e quindi con un’impostazione scientifica e sperimentalista, dovuta anche alla simpatia di Bowlby per una cornice concettuale decisamente estranea alla psicoanalisi e prossima alle scienze biologiche, vale a dire l’etologia (studio del comportamento animale e delle sue basi biologiche) attraverso i lavori di Konrad Lorenz e Nikolaas Tinbergen che vinsero nel 1973 il premio Nobel per la medicina, insieme con Karl von Frisch, per le loro scoperte riguardanti l'organizzazione e la deduzione dei modelli comportamentali individuali e sociali. Il contributo fondamentale di Bowlby è stato quello di riconoscere la necessità evolutiva su base biologica dell’attaccamento di un bambino al suo caregiver e il ruolo centrale dell’ambiente e degli eventi della storia individuale nei primi mesi di vita come fattori essenziali e determinanti nello sviluppo della patologia. Durante gli anni trenta e quaranta alcuni clinici condussero ricerche sugli effetti patologici che la prolungata istituzionalizzazione o i frequenti cambiamenti della figura materna esercitano sullo sviluppo della personalità durante i primi mesi di vita. Alla fine del 1949 John Bowlby fu assunto come esperto di psichiatria infantile presso la World Health Organization per occuparsi dei bambini ospedalizzati o istituzionalizzati per le MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere conseguenze della sconda guerra mondiale in seguito e, alla fine del suo contratto, presentò un rapporto (B 1951, in wallin) che riguardava l’influenza sfavorevole esercitata sullo sviluppo della personalità dall’inadeguatezza delle cure materne durante la prima infanzia, richiamando l’attenzione sulla sofferenza acuta dei bambini piccoli che si trovavano separati da coloro che conoscevano e amavano. Solo in seguito B aggiunse agli effetti traumatici e distruttivi di una separazione reale quelli legati ad una relazione genitore bambino cronicamente inadeguata, sostenendo che per rendere possibile uno sviluppo sano ed equilibrato “ il bambino deve sperimentare una relazione calda, intima e continua con la madre (o chi per essa) nella quale entrambi trovino soddisfazione e gioia” (b 1951, 13, in wallin p 15) Un altro riferimento iniziale che ha portato Bowlbyallo sviluppo della sua teoria che il legame con la madre è un legame psicologico a sé stante e non un istinto derivato dalla nutrizione o dalla sessulità infantile sono i risultati del lavoro sperimentale di Harlow (1958 in holmes) sugli effetti che la privazione di cure materne aveva sulle scimmie Rhesus – i cuccioli di scimmia preferiscono stare attaccati ad una madre‐fantoccio morbida e pelosa fino a 18 ore, pur venendo nutriti da una madre fantoccio di ferro, contraddicendo quindi l’ipotesi che il legame con al madre fosse un semplice riflesso condizionato alla riduzione della fame ‐ e che venivano pubblicati quasi in contemporanea ai primi lavori di Bowlby. Esiste dunque un legame non collegato al nutrimento. A quel tempo era condivisa l’opinione che il motivo per cui il bambino sviluppa uno stretto legame con la madre è che lei lo nutre. Si riteneva che la fame fosse una pulsione primaria e la relazione personale una pulsione secondaria. Ma Bowlby non era d’accordo con tali postulati. Come lui stesso scrive: “Non mi sembrava che questa teoria si adattasse ai fatti. Se fosse vera, per esempio, un bambino di un anno o due dovrebbe accettare con simpatia chiunque lo nutra, il che chiaramente non accade”¹ ¹ J.Bowlby, Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1989, Pag. 23 Durante l’estate del 1951 Bowlby conobbe il lavoro di Lorenz sugli anatroccoli, e ne rimase affascinato. Dimostrava che in alcune specie animali poteva svilupparsi un forte legame nei confronti di una specifica figura materna senza l’intermediazione del cibo, poiché gli uccelli non erano nutriti dai loro genitori, ma si nutrivano da soli catturando insetti. Da qui Bowlby venne influenzato dall’etologia e, nel 1969, apparve per la prima volta “Attachment”, cioè “Attaccamento alla madre”, dove l’autore elaborò il concetto di un attaccamento con una sua dinamica propria, distinta dalle dinamiche riguardanti sesso e cibo. Le sue idee innovative gli procurarono l’ostilità della società psicoanalitica, da cui non si dimise mai formalmente ma che presto smise di frequentare per dedicarsi allo sviluppo della sua teoria. Gli scritti principali di riferimento sono i tre volumi della trilogia: Attaccamento (1969), Separazione (1973) e Perdita (1980) in holmes che costituiscono a tutt’oggi dei libri fondamentali. Il suo ultimo lavoro, terminato poco prima di morire nel 1990, è la psicobiografia di Darwin (1990), che testimonia la centralità nel pensiero di Bowlby della teoria dell’evoluzione. Bowlby ha compreso per primo che la natura essenziale dell’attaccamento è quella di essere un sistema motivazionale radicato nella necessità assoluta di un neonato nel mantenere la prossimità fisica con una figura in grado di garantirgli la sopravvivenza. Nell’ambiente naturale cui i nostri antenati si sono dovuti adattare pieno di predatori e altri pericoli mortali MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere nessun neonato separato dalla madre avrebbe potuto sopravvivere (main hesse kaplan 2005 in holmes). Il sistema comportamentale dell’attaccamento è stato così plasmato dall’evoluzione per aumentare la probabilità della sopravvivenza. Nel momento in cui un individuo si sente esposto a ciò che percepisce come una minaccia alla propria incolumità e avverte un senso d’insicurezza e pericolo vengono mobilitate una gamma di risposte innate che si manifestano in tre grandi classi di comportamenti (Wallin, xxx, p 12): i) ricerca, monitoraggio e tentativo di mantenere la prossimità con una figura di attaccamento protettiva – o qualcuno dentro una gerarchia di figure di attaccamento – che per lo più è un genitore, di solito la madre. Piangere, afferrarsi, chiamare e gattonare verso al figura di attaccamento sono comportamenti che fanno parte del repertorio che il bambino possiede per stabilire la prossimità di sicurezza. ii) usare la figura di attaccamento come una base sicura a partire dalla quale iniziare lì esplorazione di ambienti e situazioni non conosciute (Ainsworth, 1963 in wallin). Il sistema comportamentale dell’esplorazione è strettamente collegato al sistema dell’attaccamento. Quando la figura di attaccamento è disponibile come base sicura che fornisce protezione e supporto quando è necessario, il bambino di solito si sente libero di esplorare. Quando invece manca, il comportamento di esplorazione cessa bruscamente. la tendenza dei bambini all’esplorazione è continuamente regolata dalla capacità della madre di porsi come “base sicura”, da cui allontanarsi e a cui tornare in caso di necessità; esplorazione e riavvicinamento, vengono mantenuti in un equilibrio omeostatico attraverso un monitoraggio continuo della disponibilità della madre iii) correre dala figura di attaccamento in quanto base sicura nelle situazioni di pericolo e nei momenti di allarme. in comune con i primati, ma differenza di molte altre specie, gli esseri umani che si sentono minacciati cercano la salvezza non tanto in un luogo, ma in compagnia di una persona ritenuta più forte o saggia (B 1988, in wallin). Le minacce interne ed esterne alla sopravvivenza del bambino, i cossi detti indizi naturali di pericolo quali buio, soni forti, ambienti ignoti, e la separazione reale o presunta dalla madre posso innescare questi comportamenti di ricerca della prossimità che sono il segnale dell’attivazione del comportamento di attaccamento. La teoria di B ha un’evoluzione infatti se all’inizio la prossimità fisica di per sé era considerata la meta unica del comportamento di attaccamento si è poi passati a dire che la prossimità fisica ha anche il significato dell’accessibilità confortante del cargiver. Sotto questa luce, l’obiettivo del comportamento di attaccamento non è solo la protezione dal pericolo presente, ma anche una rassicurazione sull’effettiva accessibilità del caregiver. Poiché un caregiver può essere fisicamente presente, ma nello stesso tempo emozionalmente assente, b definisce l’accessibilità della figura di attaccamento non solo come un problema di accessibilità fisica, ma anche di responsività emotiva. È importante distinguere tra attaccamento, inteso come termine generale che si riferisce allo stato e all’attualità degli attaccamenti di un individuo, comportamento di attaccamento, che indica le molte cose che possiamo fare nel momento in cui si attiva l’attaccamento ad esempio in situazioni di vulnerabilità, e sistema dei comportamenti di attaccamento inteso come il modello interno del mondo in cui vengono rappresentati il sé, gli altri significativi e le loro interrelazioni (Holmes, cit 72) MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Un altro concetto chiave è la dimensione interna dell’attaccamento nel senso che ciò che è cruciale è la percezione che il bambino ha dell’accessibilità del caregiver , rappresentazione che dipende dalle esperienze passate del bambino con quella persona (b 1973, in wallin). Sroufe e waters (1977 in wallin) ci dicono infatti che l’obiettivo del sistema dell’attaccamento non è primariamente la regolazione della distanza, ma piuttosto la sicurezza percepita uno stato percepito che è risultato sia del comportamento del caregiver, che dell’esperienza interna del bambino e che comprende il suo stato fisico, il suo tono dell’umore e così via. le manifestazioni del bisogno biologico di attaccamento sono presenti in tutto l’arco della vita. Le persone che hanno un compagno o amici intimi tendono a vivere più a lungo di chi vive in isolamento. Quando ci sentiamo in pericolo o minacciati o vulnerabili abbiamo bisogno del contatto anche fisico, la prossimità fisica, il contatto corporeo che è essenziale alla sopravvivenza del bambino è comunque una necessità emotiva anche negli adulti e per tutto il corso della vita (wallin, 13). Sono piuttosto la cultura, le convenzioni o eventi della nostra vita che ci portano a negare o nascondere questo bisogno profondo di intimità. 2.2 la prima allieva: Mary Ainsworth il contributo maggiore di Ainsworth alla teoria dell’attaccamento è che il sistema innato dell’attaccamento, biologicamente guidato è in realtà malleabile e che le differenze individuali nel comportamento di attaccamento dei singoli dipende da un diverso comportamento tentuo dalle loro figure di attaccamento. È a lei che dobbiamo le prime classificazioni dello stile di attaccamento in tipi, una distinzione che si è rivelata essere cruciale per la psicoterapia. L’altro aspetto chiave è avere spostato l’attenzione sugli schemi ricorrenti di comunicazione tra adulto e bambino e sulla centralità delle aspettative che il bambino ha sulla qualità e quantità delle risposte materne, i modelli operativi interni o internal working models, A lei dobbiamo l’espressione base sicura, usata per descrivere l’atmosfera creata dalla figura di attaccamento per chi cerca la sua prossimità. “l’essenza della base sicura è che essa crea un trampolino per la curiosità e l’esplorazione. Quando il pericolo incombe ci si aggrappa alle nostre figure di attaccamento. Una volta passato il pericolo a loro presenza ci rende possibile rilassarci o attivarci, ma solo se siamo ben sicuri che saranno a nostra disposizione se ne avremo ancora bisogno” (75 holmes). A lei dobbiamo la messa punto della prima procedura sperimentale per lo studio della relazione di attaccamento la Ainsworth Strange Situation messa punto al termine del progetto di ricerca svolto in Uganda per studiare in un contesto il più possibile naturalistico come si struttura il legame di attaccamento in uno sviluppo normale. Da questo lavoro (Ainsworth, 1967 in wallin) emerge come ad una fase di iniziale mancanza di differenziazione tra la madre e il bambino segua una fase in cui si consolida trai sei e i nove mesi ‐ una preferenza assoluta per lei cristallizzata in questo potente vincolo che appare chiaramente quando il bambino, stressato o allarmato corre da lei, oppure la usa come base sicura da cui esplorare e dal modo in cui attivamente gestisce al riunione dopo una separazione. Non è la quantità delle cure che conta, ma la qualità MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Parametro vitale è la sensibilità della madre ai segnali del suo bambino e la sua capcità di sintonizzarsi Le idee nate in uganda si confermano poi con lo studio condotto a Baltimore, il Baltimore Longitudinal Project, i cui dati erano sovrapponibili a quelli ugandesi, confermando la natura trasversale alle culture del meccanismo di attaccamento. Mary Ainsworth condusse per un intero anno, dalla nascita del piccolo, osservazioni sistematiche delle diadi madre‐bambino e delle loro interazioni in episodi quali “l’accudire”, “il gioco faccia a faccia”, “il contatto fisico”, “le situazioni di sconforto”. Delle risposte della madre è stata valutata sia la sensibilità, cioè la capacità della madre di riconoscere i segnali del suo bambino, e la responsività, cioè la velocità e prontezza con cui la madre risponde. Questi due aspetti, sensibilità e responsività materna nel primo quarto di vita sono predittive della frequenza del pianto: i bambini che piangono molto e ricevono risposta dalla madre riducono notevolmente il pianto dopo i nove mesi. Accorrere con prontezza al pianto e dare conforto attraverso il contatto, non costituisce un rinforzo positivo e quindi non mantiene il segnale (il piangere). la capacità di affrontare lo sconforto e l’ assenza della madre sono regolate da previsioni sulla disponibilità della madre ad accorrere in caso di necessità. Sin dalla nascita i bambini mettono in atto comportamenti per far avvicinare la madre o di mantenerla in prossimità, ma solo nella seconda metà del primo anno di vita, a partire dai sei mesi, questi comportamenti si organizzano in un sistema coerente. 2.2.1 la procedura della Strange Situation le risposte infantili alla separazione e alla riunione con la figura materna sono indicatori preziosi della qualità della relazione di attaccamento La Strange Situation, misurando il grado di sicurezza presente nel rapporto di attaccamento madre‐bambino, fa emergere il concetto di sicurezza in modo concreto, poiché "nella ricerca la domanda principale non riguardò più la presenza o meno di una relazione di attaccamento […], quanto piuttosto la presenza o meno della sicurezza in tale relazione" (Meins, E. Security of Attachment and the Social Development of Cognition, London, Psychology Press Ltd (trad. it.: Sicurezza e sviluppo sociale della conoscenza. Nuove prospettive per la teoriadell'attaccamento, Milano, Cortina, 1999), p.26). La procedura della Strange Situation è suddivisa in otto episodi della durata di tre minuti secondo un ordine fisso per osservare il comportamento esplorativo del bambino sia in situazioni di apparente tranquillità sia in episodi moderatamente stressanti, che spingono il bambino a ricercare e mantenere la vicinanza con la madre. Il disagio nel bambino è generato da due separazioni dalla madre, dalla presenza di una persona estranea, dalla situazione non familiare. Madre e bambino sono introdotti in una stanza da gioco con uno sperimentatore (l’estraneo); nella stanza vi sono due poltrone, un tappeto, dei giochi. Lo specchio unidirezionale e la video‐registrazione consentono agli osservatori di effettuare la valutazione dei comportamenti del bambino e della mamma. Episodio 1: madre, bambino e osservatore. Durata 30 secondi circa. Lo scopo è introdurre madre e bambino nella situazione sperimentale e di mostrare il luogo e le istruzioni. Episodio 2: madre, bambino (3 minuti): La madre posa il bambino per terra tra le sedie e di fronte ai giocattoli, si siede sulla sedia e legge. Ci si aspetta che il bambino esplori la stanza e manipoli gli oggetti. Le istruzioni prevedono che la madre non debba intraprendere MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere spontaneamente alcuna interazione col bambino, ma possa rispondere alle sue richieste come meglio crede. Oggetto di valutazione: il comportamento esploratorio del bambino, qualità dell’approccio con la madre e risposte della madre Episodio 3: bambino, madre ed estraneo (3 minuti): Un estraneo entra nella stanza e si siede rimanendo in silenzio per un minuto. Quindi inizia un’interazione con la madre e alla fine del 2° minuto interagisce anche col bambino. Alla fine del 3° minuto la madre esce scegliendo un momento in cui il bambino gioca o è impegnato dall’estraneo. Oggetto di valutazione quantità e qualità dell’attenzione del bambino per l’estraneo. Episodio 4:bambino,estraneo (3 minuti): L’estraneo riduce l'interazione con il bambino per permettergli di accorgersi dell'assenza della madre. Se il bambino continua ad esplorare la stanza, l'estraneo si siede sulla poltrona in silenzio; nel caso in cui il piccolo piange, può cercare di consolarlo o di distrarlo con un giocattolo. Se il bambino si calma, l'estraneo cerca di interessarlo con dei giocattoli, se invece la sofferenza del distacco è vissuta troppo intensamente dal bambino l'episodio viene abbreviato. Episodio 5 madre,bambino (3 minuti): La madre rientra nella stanza e si ferma un istante per dare la possibilità al bambino di venirle incontro. La consegna prevede che la madre può confortare il bambino, se è necessario, e provare a interessarlo con un giocattolo. Nel frattempo, la persona estranea esce dalla stanza. Dopo tre minuti, la madre saluta nuovamente il bambino, mette la sua borsa sulla poltrona e lo lascia da solo nella stanza. Episodio 6: bambino (3 minuti) il bambino resta solo e può esplorare la stanza per tre minuti circa. Se il piccolo piange o è a disagio, si attende per vedere se supera la crisi da solo, altrimenti l'episodio si conclude anticipatamente. In questa fase oggetto di valutazione sono le reazioni del bambino alla separazione dalla madre; il comportamento esplorativo del piccolo. Episodio7: bambino,estraneo (3 minuti): L’estraneo chiama il bambino dalla porta ed entra nella stanza. Se il bambino è particolarmente sofferente tenta di consolarlo altrimenti limita le proprie interazioni. Oggetto di valutazione sono le risposte del bambino verso l'estraneo anche in relazione alle condotte esibite con la madre e il grado di interesse suscitato dai giocattoli, che possono assorbire il bambino tanto da permettere all'estraneo di rimanere in disparte. Episodio 8:madre,bambino (3 minuti): la madre ritorna, saluta il piccolo e si ferma sulla porta per consentire al bambino di rispondere spontaneamente. Successivamente, la madre lo prende in braccio, mentre l'estraneo esce dalla stanza. Oggetto di valutazione la reazione spontanea del bambino alla riunione con la figura materna. La Strange Situation ha reso possibile valutare in modo oggettivo e misurabile i deversi pattern di attaccamento, ha creato l'opportunità di costruire l'osservazione di laboratorio "a partire dalle osservazioni nell'ambiente naturale e da ciò deriva la sua utilità, il significato e la validità" (Calvo, V., Fava Viziello, G.M. (1997) La valuatzione dell'attaccamento nel bambino e nell'adulto :Strange Situation e Adult Attachment Interview , in : Del Corno, F. ,Lang, M. (Eds.),La diagnosi testologica,Milano,Franco Angeli, p.482), stimolato una ricca produzione scientifica, che ha permesso di approfondire lo studio della relazione madre‐bambino, in rapporto allo sviluppo emotivo cognitivo e sociale del bambino; creato la possibilità di MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere valutare il legame di attaccamento anche in soggetti con handicap, in cui non sono compromesse le capacità cognitive . Come in tutte le cose ci sono dei limiti: Questo apparato sperimentale ha però anche dei limiti: uno dei limiti più importanti riguarda l'impossibilità di effettuare rilevazioni ripetute dell'attaccamento nello stesso periodo, poiché è necessario rispettare un intervallo di almeno 6 mesi tra una rilevazione e l'altra. Se la Strange Situation fosse somministrata con maggiore frequenza, il bambino potrebbe ricordare la procedura sperimentale. La Strange Situation è utilizzabile dai 12 ai 24 mesi, e ne consegue che il numero limitato di rilevazioni effettuate per ogni bambino, impedisce di confrontare tra loro i diversi legami di attaccamento che possono essere mutati. Nei primi anni di vita, gli aspetti qualitativi dell'attaccamento vengono notevolmente influenzati dagli eventi esterni. Quando sono presenti circostanze negative, i genitori possono risentirne psicologicamente e possono diventare meno sensibili e reattivi nel confronti del figlio. L'alterazione del rapporto genitore‐figlio può causare un cambiamento di condotta del piccolo nella Strange Situation, dando così luogo a classificazioni diverse per quanto riguarda la sicurezza dell'attaccamento. Gli episodi che compongono questo apparato sperimentale sono stati ideati con lo scopo di suscitare uno stress moderato nel bambino, in modo da attivare il suo sistema comportamentale di attaccamento. Poiché la procedura è stata costruita utilizzando campioni di bambini statunitensi, è possibile che sortisca un effetto diverso su bambini di altre culture abituati a stili diversi di cure materne; esistono dei problemi nel somministrare la Strange Situation a bambini che sperimentano quotidianamente delle separazioni dai genitori. Ad esempio, si può creare un forte stress emotivo in bambini soggetti a ospedalizzazioni frequenti, o che stanno affrontando l'inserimento all'asilo nido. Nei casi in cui i piccoli sono abituati alle separazioni dai genitori può accadere che un comportamento indipendente venga interpretato come un segnale di evitamento verso il caregiver . 2.2.2 le tipologie di attaccamento nella prima infanzia Ainsworth, Blehar, Waters e Wall (1978) hanno notato che la Strange Situation fa emergere le differenze individuali dei bambini, nel modo di affrontare una situazione sconosciuta e di utilizzare la madre come base sicura. A tal proposito Mary Ainsworth definisce le differenze individuali nell'attaccamento come "differenze qualitative rispetto al modo in cui sono organizzati i comportamenti di attaccamento, piuttosto che differenze d'intensità di alcune pulsioni generalizzate o tratti" (1972; cit. in Meins, E. (1997) Security of Attachment and the Social Development of Cognition, London, Psychology Press Ltd (trad. it.: Sicurezza e sviluppo sociale della conoscenza. Nuove prospettive per la teoria dell'attaccamento, Milano, Cortina, 1999) p.30) MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Mary Ainsworth ed i suoi collaboratori (1978), al fine di validare la procedura della Strange Situation e di individuare i diversi pattern di attaccamento, hanno utilizzato un campione, costituito da 1061 bambini di 1 anno, e dalle loro madri. In base alle risposte dei bambini agli episodi di separazione e di riunione della Strange Situation, sono stati individuati tre stili di attaccamento: sicuro (B) insicuro/evitante (A) insicuro/ambivalente o insicuro/resistente(C). Tipo B : Sicuro Il bambino sicuro (B) desidera la vicinanza e il contatto fisico con la madre e vuole interagire con lei, soprattutto negli episodi di riunione. Se riesce a farsi prendere in braccio dalla madre, il piccolo protesta se viene messo a terra. Quando la madre rientra nella stanza, il piccolo reagisce attivamente, indirizzandole un sorriso, oppure cercando di avvicinarla o esprimendo il suo sconforto. Il bambino appartenente al gruppo B non si oppone al contatto fisico, interagisce con la madre e non la rifiuta nel momento della riunione. Il piccolo può accettare l'estranea, ma è più interessato alla presenza materna. Se viene separato dalla madre, il bambino sicuro esprime il suo sconforto, e qualche volta l'estraneo riesce a confortarlo, anche se è evidente che il suo stress è causato dalla mancanza della madre e non dall'essere stato lasciato solo. Il soggetto sicuro è in grado di esplorare l'ambiente circostante, utilizzando la madre come base sicura, protesta al momento della separazione, ed è attivo nel gioco e nella ricerca di contatto. I bambini usano la figura di attaccamento come base sicura da cui esplorare il mondo. Al momento della riunione non mostrano evitamento o resistenza. Le madri sono più sensibili e collaborative, si rendono conto dei desideri dei figli e li rispettano. I bambini sicuri hanno uguale accesso sia al loro impulso di esplorare quando si sentono sicuri, e di cercare consolazione vicino a qualcuno quando non si sentono sicuri. Di tutta la procedura della Strange Situation è il momento del ricongiungimento quello più informativo: un bambino sicuro , per quanto sofferente per la separazione, si rassicura quasi immediatamente nel momento in cui ritrova al madre e riprende in fretta il comportamento di gioco. In un certo senso flessibilità e resilienza sembrano essere le eredità delle interazioni con una madre sensibile, che risponde adeguatamente ai segnali e alle comunicazioni del suo bambino. Le madri di bambini sicuri sono mamme che tendono a reflect sensitività rather than misattunement, accettazione e non rifiuto, cooperazionen e non controllo e accessibilità emozionale e non lontananza affettiva (Ainsworth et al 78 in wallin) Tipo A : Insicuro/evitante L'attaccamento insicuro‐evitante è tipico dei bambini che tendono a sfuggire la vicinanza e l'interazione con la figura materna, anche in seguito agli episodi di separazione della Strange Situation, e che ignorano la madre al suo ritorno e la salutano in modo casuale. Se vengono presi in braccio, i soggetti evitanti (A) non si aggrappano alla madre e non protestano se la figura materna li mette a terra. Inoltre, questi bambini non mostrano condotte resistenti palesi, a parte quando si divincolano per protestare, perché sono stati presi in braccio. Con la persona estranea mantengono gli stessi comportamenti che hanno con la madre, anche se a volte le condotte sono meno evitanti. Durante la separazione, i bambini A non sembrano stressati, e se lo sono, ciò è causato dal fatto che vengono lasciati soli, più che dall'assenza della madre. Infatti, questi soggetti si calmano in presenza dell'estraneo. Quando vengono lasciati soli, i bambini A, che hanno paura, non esprimono i loro timori e il loro sconforto. Al contrario, i soggetti si mostrano eccessivamente autonomi o concentrati su un compito. Al MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere momento del ricongiungimento con la madre, i bambini A non esprimono il loro dolore, si mostrano distaccati e la ignorano. I bambini con un attaccamento evitante pur esposti ad una situzione potenzialmente molto allarmante non sembrano mostrare disagio, né sembrano essere particolarmente colpiti al momento della separazione né al momento della riunione. Si tratta di una calma apparente, perché il loro livello di cortisolo – l’ormone che indica uno stato di stress intenso – aumenta in modo molto rilevante nel pre‐post procedura, molto di più che nei bambini sicuri ( spangler, grossa, 1993 in wallin). Questa apparente indifferenza e l’apparente assenza del comportamento di attaccamento sono una forma di protezione dal dolore del distacco, come se questi bambini avvertissero che la loro ricerca di protezione e conforto fosse senza speranza e quindi avessero deciso di farne a meno. Le madri spesso sono madri poco disponibili emotivamente, che hanno rimproverato i loro bambini quando mostravano bisogno di vicinanza (Ainsworth et al 78 in wallin) o tendono ad allontanarsi quando i loro bambini sono tristi (Grossmann e grssmann 91 in wallin), a volte sono madri che faticano nel contatto fisico con i loro bambini e tendono a sottrarvisi. Tipo C :Insicuro/resistente La ricerca di Ainsworth identifa due tipi di bambini ambivalenti: quelli più arrabbiati e quelli più passivi, entrambi accomunati dall’eccessiva preoccupazione di mantenere il contatto con al madre per esplorare tranquillamente l’ambiente. Questi bambini mostrano grande disagio al momento della separazione, piangendo rabbiosamente o lasciandosi andare ad attacchi di collera. Al momento della riunione o oscillano tra l’attiva ricerca della mamma alternata ad espressioni di rifiuto, oppure sembrano così disperati da dover essere raccolti e consolati. In entrambi i casi la riunione non sembra far cessare il dolore e sembra impossibile che si consolino. In questo caso il comportamento della madre non è di rifiuto verbale o fisico, piuttosto la loro responsività ai segnali del loro bambino è poco sensibile e scarsamente sintonizzata. Sembrano inoltre in maniera più o meno sottile, scoraggiare l’autonomia del piccolo I bambini classificati come sicuri sono stati suddivisi in quattro sottotipi (Ainsworth, Bleahr, Waters, Wall, 1978): B1: il bambino è poco turbato durante la separazione, saluta la madre al momento dell'incontro, e non ha bisogno di contatto fisico. Solitamente, il piccolo mostra poco stress durante le separazioni e potrebbe avere qualche condotta evitante (ad esempio guardare altrove), negli episodi di riunione o quando interagisce con la madre; B2: questo sottotipo assomiglia alla categoria B1, anche se il bambino necessita di maggiore contatto fisico, al momento della seconda riunione, prevista dall'apparato sperimentale. Soprattutto nell'episodio 5,potrebbe evitare di avvicinarsi alla madre, anche se nell'ultimo episodio ricerca attivamente il contatto materno; B3: rappresenta il prototipo del bambino sicuro, che ricerca il contatto fisico con la madre e tende a mantenerlo, opponendo resistenza se la figura materna vuole lasciarlo. La maggioranza dei bambini B3 ricerca maggiormente il contatto fisico o la vicinanza della madre nell'ultimo episodio, mentre in alcuni soggetti questi comportamenti sono già molto evidenti alla prima riunione con la figura materna e, dopo la seconda separazione, sono così stressati da non riuscire a esprimere il loro disagio .Al contrario, ci sono anche bambini B3 tanto sicuri da non richiedere di essere presi in braccio, e che si accontentano della vicinanza MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere della madre. La caratteristica saliente dei bambini B3 è quella di non manifestare condotte evitanti o resistenti a contatto con la madre, o mentre interagiscono con lei. Inoltre i soggetti B3 possono ricercare maggiormente il contatto dei bambini B1 e B2 in caso di stress, e nonostante il loro comportamento di attaccamento sia evidente al momento della riunione non incentrano tutta la loro condotta sulla madre; B4: il bambino ricerca il contatto fisico con la madre soprattutto al momento della riunione , avvicinandosi, aggrappandosi e protestando se viene messo giù. Rispetto ai soggetti B3, il bambino B4 è meno competente nella ricerca del contatto fisico, specialmente nell'ultimo episodio. Durante la Strange Situation, il piccolo sembra essere totalmente interessato alla figura materna, resta turbato per tutta la durata delle fasi della procedura sperimentale, e diventa cupo soprattutto durante la seconda separazione. I soggetti B4 possono esprimere il loro disagio, attraverso gesti stereotipati e ripetitivi, possono evitare la madre guardando altrove, oppure possono mostrare comportamenti resistenti . Lo stile di attaccamento evitante A è stato suddiviso da Ainsworth, Bleahr, Waters, Wall in due sottogruppi: A1: il comportamento evitante è molto accentuato. Generalmente, il bambino ignora la madre al momento della riunione e, se la saluta, lo fa con un'occhiata o con un fugace sorriso; non si avvicina spontaneamente alla figura materna, e lo fa solo dopo ripetute richieste del caregiver. A2: questi soggetti presentano dei sentimenti ’’misti’’ nei confronti della madre. Negli episodi di riunione, il bambino tenta di avvicinarsi alla madre anche se non porta a termine l'azione, poiché vi è una moderata ricerca della prossimità alternata ad un forte evitamento della stessa. Se viene preso in braccio, il piccolo può aggrapparsi momentaneamente e se viene messo giù può protestare, tuttavia manifesta comportamenti resistenti per farsi mettere a terra, gira il viso quando viene tenuto in braccio etc. Lo stile di attaccamento insicuro resistente C è stato suddiviso da Ainsworth, Bleahr, Waters, Wall in due sottogruppi C1: il bambino esprime la sua resistenza attraverso esplosioni di rabbia e di collera, che sono rivolte sia alla madre sia all'estraneo. La ricerca di prossimità è molto accentuata negli episodi di riunione e si ritrova negli episodi che precedono la separazione. Questi bambini sono comunque molto angosciati durante le separazioni. C2: la caratteristica più evidente è la passività. Durante la Strange Situation, il comportamento esplorativo e le interazioni con la madre sono limitati. Al momento della riunione, i piccoli manifestano il desiderio di contatto passivamente, attraverso un comportamento di segnalazione e protestano se vengono messi a terra. Generalmente, è nell'ultimo episodio che si riscontra un comportamento particolarmente accentuato, anche se i bambini C2 non sono così arrabbiati come i C1. 2.2.3 il ruolo chiave della comunicazione MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere un aspetto fondamentale che differenzia tra sicurezza e insicurezza dell’attaccamento è la ualità della comunicazione tra caregiver e bambino. Nelle diadi sicure il bambino è in grado di esprimere chiaramente il suo bisogno di conforto dopo la separazione, il suo sollievo durante la riunione e la disponibilità a riprendere le sue attività. La madre è in grado di leggere adeguatamente gli indicatori non verbali e rispondere di conseguenza. È una forma di comunicazione sintonizzata, collaborativa e contingente : è come se ai segnali di una delle due parti l’altra rispondesse dicendo ho capito come stai e rispondo a ciò di cui hai bisogno. Nelle diadi insicure la comunicazione ha una qualità molto diversa. Nelle diadi evitanti il bambino non riesce a mostrare adeguatamente i segnali del suo bisogno e del suo disagio ala separazione (che è segnalato solo da indicatori impliciti come il livello di cortisolo e la frequenza cardiaca) e alla riunione sembra inibire tutti i segnali che invitano al ricongiungimento e al contatto. Il contrario avviene nelle diadi resistenti in cui tutte le espressioni dell’attaccamento sono amplificate. Il problema di questi bambini è la disponibilità e accessibilità della figura di attaccamento, una imprevedibilità spesso legata all’emergere nella mente della madre di stati mentali intrusivi che riducono la sua capcità di sintonizzarsi con il bambino (siegel 99, in wallin) Nei bambini evitanti un reazioni alla percezione del rifiuto è la rabbia e la scoperta che è adattativo, utile inibire ogni comunicazione del proprio bisogno di attaccamento 2.2.4 conseguenze sul lungo periodo dei pattern di attaccamento wallin bambini con una storia di attaccamento sicuro mostrano un maggior livello di autostima, buona salute emotiva, resilienza, iniziativa, competenza sociale e concentrazione nel gioco. A scuola tendono ad essere trattati dagli insegnanti con maggior calore e in modo più consono alla loro età, mentre i bambini evitanti che spesso vengono etichettati come arroganti o oppositivi tendono ad innescare risposte irritate di controllo e quelli resistenti speso descritti come dipendenti e immaturi ad essere infantilizzati o trattati con maggiore indulgenza (sroufe 83 weinfield et al 99 in wallin 2.3 Mary Main: rappresentazioni mentali, la Adult Attachment Interview e procesi meta cognitivi l’attenzione di mary main una altra allieva di bowlby si sposta dal comportamento e dalle interazioni interpersonali al mondo delle rappresentazioni mentali. oggetto di studio in questo caso sono i modelli operativi interni che condensano la storia individuale di attaccamento in una rete di memorie, emozioni, pensieri che regolano e plasmano il comportamento manifesto di attaccamento. In un certo senso main ha reso possibile scientificamente lo studio dei modelli operativi interni modelli operativi interni le ripetute interazioni del bambino con il proprio caregiver creano una conoscenza sul mondo interpersonale che viene rappresentata internamente in forma di modelli operativi interni. Fin dall’infanzia i MOI permettono alla persona di riconoscere pattern di interazione con il cargegiver e quindi di anticipare con ragionevole probabilità il suo comportamento. Il MOI influenza sia le aspettative che il comportamento che da esse deriva e quindi plasma MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere ‘interazione ed è da essa plasmato. In un certo senso il MOI di un attaccamento sicuro è quello con la maggior flessibilità e il miglior grado di adattabilità alle nuove esperienze, mentre nei MOI insicuri è la rigidità che prevale e che porta a cercare di far entrare a forza le esperienze nuove nei propri schemi. La AAI costituisce il modo per valutare le caratteristiche genitoriali associate con le classificazioni della Strange Situation. In secondo luogo focalizzandosi sulla qualità narrativa del racconto che i genitori fanno della loro storia di attaccamento sposta l’attenziobe dal conteuto al modo della narrazione ed infine collegado le tipologie delle narrazioni alle rappresentazioni interne secondo la teoria di Bowlby (Main, kapland Cassidy, 1985). L’idea alla base della AAI è che il modello operativo interno dell’attaccamento si rivela non solo nel comportamento ma anche nei processi immaginativi e nello stile del racconto. Nella AAI che è un’intervsta semistrutturata (george kappa main 1985 in wallin e holmes) si chiede alle persone di ricordare, riflettere e raccontare la storia della loro relazione con i genitori. Si chiede di scegliere cinque aggettivi che descrivano nel modo migliore la relazione con ciascuno dei genitori nell’infanzia illustrarli con ricordi specifici e di riflettere su cosa succedeva nelle situazioni di perdita, rifiuto, separazione o quando si stava male o si era tristi, provando anche a spiegare perchè i genitori si comportavano proprio in quel modo. Delle interviste si analizza lo stile e il modo in cui vengono raccontate le storie e meno sui contenuti specifici e ciò che si coglie è lo stato della mente nei riguardi dell’attaccamento. Sono quattro le categorie identificate: autonomo‐sicuro, abbandonante‐distaccato, preoccupato‐invischiato, irrisolto‐disorganizzato. Si attribuisce la categoria autonomo‐sicuro quando il racconto dell’infanzia è descritto in modo aperto e coerente. La relazione di attaccamento può ed è oggetto di riflessione e valutazione e se le esperienze sono state negative c’è un senso di dolore provato e superato e tutto è valutato in modo obiettivo. Si attribuisce la categoria abbandonante‐distaccato quando chi parla tende a sminuire l’importanza dell’attaccamento e i racconti sono incoerenti, incompleti e brevi, i ricordi sono pochi e tendenti all’idealizzazione, non supportata da ricordi episodici effettivi, alla normalizzazione di tutto ciò che viene narrato, racconti molto brevi. Si attribuisce la categoria preoccupato‐invischiato quando i racconti sono incoerenti, caotici, e la persona appare ancora coinvolta in conflitti e difficoltà passate con cui sta ancora lottando, in qualche modo è come se il passato stesse continuamente invadendo il presente. La persona appare arrabbiata, passiva o spaventata. Le frasi sono lunghe grammaticalmente compesse, piene di termini vaghi, molto lunghi. Si attribuisce la categoria irrisolto‐disorganizzato quando il racconto è disorganizzato, si perde il filo del discorso, ci sono silenzi prolungati (amin 1985 1991. La strange situation coglie la qualità dell’attaccamento all’interno di una specifica relazione, mentre la AAI è indipendente da specifiche relazioni, coglie piuttosto lo stato della mente relativamente all’attaccamento, con il suo richiamare alla mente ricordi relativi alla storia di attaccamento. Ma le due sono legate come nel lavoro di (main 2000 1059 )“diversi pattern di interazione madre‐bambino portano non solo allo sviluppo di comportamenti differenti, ma anche a differenti processi rappresentazionali. I modelli operativi dei genitori hanno un’influenza significativa sulla qualità delle interazioni con il loro bambino che a loro volta costruiscono i loro modelli operativi interni. Main ha trovato una correlazione importante tra la sicurezza dell’attaccamento nel comportamento dei bambini e lo stato mentale relativo all’attaccamento dei loro genitori. I risultati dell’AAi MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere predicono i risultati della SS e viceversa con un’affidabilità del 75% tra sicurezza e insicurezza. E questo vale anche con misure prese prima della nascita del bambino (Van Ijzendorn 95 in wallin). La capcità del genitore di riflettere in modo coerente sul suo passato condiziona in modo importante la sua capacità di dare sicurezza al piccolo. main pensa ai modelli operativi interni come dei processi strutturati che servono ad ottenere o limitano l’accesso all’informazione e li definisce come “un insieme di regole per l’organizzazione delle informazioni rilevanti per l’attaccamento … i modelli operativi interni dirigono non solo le emozioni e il comportamento ma anche l’attenzione, la memoria e la cognizione “ (p 67 mainet al 87 in wllin). Le regole che internalizziamo nel corso delle nostre prime relazioni nascono dall’esperienza di cosa funziona per stare in relazione con una specifica figura di attaccamento e no sono solo regole incarnate nelle strategie comunicative e comportamentali, ma generano anche strategi rappresentative e attenzionali che determinano la natura e la qualità del nostro accesso alle emozioni, desideri e ricordi legati all’attaccamento. Così come per ainsworth un marcatore di un attaccamento sicuro era il bilanciamento tra attaccamento e esplorazione, per main la flessibilità dell’attenzione, delle emozioni, dei pensieri e dei ricordi è l’indicatore di un attaccamento sicuro. Il comportamento del bambino insicuro si amplifica o inibisce a seconda di cosa è meglio per mantenere la relazione con la sua figura di attaccamento e queste strategie comportamentali diventano però parte centrale nel suo modo di regolare i propri stati interni: il bambino evitante anticipando il rifiuto materno e la propria rabbia in risposta si trova a inibire la consapevolezza e l’espressione dei propri bisogni e delle proprie emozioni e esperienze interne. I bambini resistenti, rispondendo all’imprevedibilità materna sviluppano le strategie di amplificazione dei propri stati e la loro espressione dei loro bisogno ed emozioni di attaccamento. LO SVILUPPO SUCCESSIVO IN AMBITO CLINICO DELLA TEORIA DI BOWLBY Dall’impostazione concettuale della AAI sono stati derivati altri strumenti e strategie terapeutiche. Uno tra cui il WMCI (Working Model of the Child Interview, Zeanah, Benoit, Barton, 1986) una breve intervista semi‐strutturata per raccogliere la descrizione che i genitori fanno dei loro bambini integrandola con la valutazione della qualità della loro relazione. È una scala validata, stabile, ben associata al comportamento interattivo madre‐bambino e allo stato clinico. la valutazione della qualità della relazione è sempre il risultato dell’integrazione tra aspetti puramente osservativi e focalizzati sui comportamenti e dalla percezione soggettiva che i partecipanti in relazione hanno di se stessi, dell’altro e di ciò che sta avvenendo. L’intervista segue alcune fasi: dall’inizio della gravidanza e dalle reazioni di entrambi genitori, la percezione che la madre ha del bambino nel corso della gravidanza per cogliere gli aspetti di MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere idealizzazione, la storia del parto, come si rappresenta le reazioni del bambino ni moment di separazione, e le proprie, la percezione della personalità del bambino, le rassomiglianze del piccolo con altre persone familiari, la percezione del grado di affinità e somiglianza tra la madre e il piccolo, quanto lo percepisce diverso dagli altri in positivo e in negativo e come vede nel futuro l’evoluzione di questi aspetti. Lo scopo finale è cogliere nella sua complessità la percezione che la madre ha della personalità del suo bambino e come in generale se lo rappresenta (Zeanah, 2007) Vedere dalla prospettiva altrui. La capacità di un genitore di vedere le cose dal punto di vista del bambino e di comprendere empaticamente i comportamenti problematici del bamino è considerato da molti terapeuti un passaggio chiave per il progresso terapeutico (fonagy et al, 1991). È quella che viene definita insightfulness, cioè la capacità di fornire un quadro emozionale complesso e accettante del proprio bambino che include un ampio spettro di ragioni appropriate e derivate dal contesto mentre aggiornano la loro visione del bambino (oppenheim et 2002). La capacità della rappresentazione materna di adeguarsi ai cambiamenti del bambino è legata ad una diminuzione dei sintomi comportamentali, la sua mancanza al loro aumento (Openheim 2004). Questa capacità fornisce le basi per una cura (caregiving) sensibile, appropriato e ben regolato emotivamente e supporta lo sviluppo di un attaccamento sicuro (oppenheim 2001), a sua mancanza è un fattore di rischio per il senso di autostima, competenza e autoefficacia del bambino (Oppenheim 2002). Tre interazioni genitore bambino vengono video registrate e poi riviste dal terapeuta e dal genitore, cui viene chiesto di raccontare quali pensa che siano i pensieri e le emozioni del bambino e come loro si sentono osservando il video. Le risposte del genitore sono valutate lungo le tre dimensioni della insightfulness: sulla capacità di inferire adeguatamente i motivi del comportamento del bambino, comprendendoli e accettandoli (insight); sulla capacità di avere una visione complessa del bambino, sia nelle sue caratteristiche positive che in quelle negative, accettandole e descrivendole in modo non giudicante, valutativo, disprezzante o rattristato (emotonally complex view). Questo consente al bambino di avere la sensazione che tutti i suoi comportamenti vengono visti e non solo quelli in linea con le aspettative o i desideri della madre (Koren‐karie 2007 chapt book), sulla capacità di vedere e accettare tutti gli asopetti del proprio bambino quelli noti e quelli inaspettati, cambiando di concerto la propria rappresentazione di lui (openness). Una capacità fondamentale è quella per il genitore di vedere le reaizoni del suo bambino come risposte alle diverse situazioni ambientali cui è esposto e non subito come tratti disposizionali stabili e cristallizzati. come l’attaccamento guida il modo di entrare in relazione: i modelli operativi interni Una delle fasi più delicate per la teoria dell’attaccamento è stato il passaggio da disciplina di ricerca, come era nei primi anni di sviluppo della teoria, ad una conoscenza che fosse utile per il clinico e per chi lavora sul campo. Come scrivono Oppenheim e Goldsmith parlando delle sessioni sulla teoria dell’attaccamento al meeting della Society for research in Child Development del 1991 “.. non era solo il problema di far conoscere i risultati della ricerca. C’era il tema molto più importante di adattare i concetti e i metodi della ricerca al lavoro MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere clinico, in modo da mantenerne l’integrità e nello stesso tempo essendo sufficientemente flessibili e utili per far fronte alla complessità dei singoli casi – il bambino, i genitori o la famiglia” (Oppenheim e Goldsmith, 2007, p viii). 2.4 Mentalizzazione l’origine intersoggettiva del sé: Fonagy attaccamento e competenze sociali FONAGY non solo attaccamento sulle competenze sociali? Un’integrazione importante alle osservazioni cliniche della teoria dell’attaccamento sono quelle derivate dai lavori sulla teoria della mente. Il termine viene introdotto per la prima volta nell’ambito delle ricerche di psicologia sperimentale (Gopnick, Wellman, 1992; Gopnick, Melzoff, 1997) e viene poi successivamente articolato, completato e rifinito nell’ambito delle ricerche cliniche. Indica la capacità – che si sviluppa progressivamente – di dare un senso e spiegare il comportamento altrui e proprio a partire da stati mentali sottostanti (credenze, desideri, emozioni). A partire dai primi anni di vita costruiamo teorie sempre più sofisiticate ed articolate che ci permettono di comprendere, spiegare e anticipare quello che gli altri faranno a partire da ciò che noi pensiamo passi nella loro mente. Da un punto di vista clinico l’autore cui si fa maggiormente riferimento in questo campo è Fonagy (fonagy et al 2002), che a partire da una formazione sulla teoria dell’attaccamento ha poi sviluppato un suo approccio alla clinica e alla psicoterapia. Quali sono i concetti centrali e rilevanti per noi del pensiero di Fonagy? Il primo concetto chiave è quello di mentalizzazione. Con il termine mentalizzazione si indica il processo attraverso cui noi comprendiamo che avere una mente media la nostra conoscenza del mondo. Per Fonagy questo indica la capacità di essere attenti agli stati mentali propri e altrui e usare queste conoscenze come guida all’interazione. È una forma di conoscenza che è in parte implicita ed in parte può essere oggetto di conoscenza e consapevolezza. La capacità di mentalizzazione ha le sue radici nella funzione riflessiva, che ci permette di vedere noi e gli altri come esseri dotati di una vita psichica. La funzione riflessiva è la capacità che hanno anche i bambini relativamente piccoli di non rispondere solo sulla base del comportamento osservabile, ma di interpretare il proprio e altrui comportamento in termini di sottostanti stati mentali (Morton, Frith, 1995). Solo a queste condizioni il comportamento è comprensibile e può avere un significato. La funzione riflessiva consente ai bambini di concepire le credenze altrui, sensazioni, atteggiamenti, desideri, speranze, conoscenze, immaginazione, pretese, piani (fonagy, cortina, p 159). La consapevolezza di questi aspetti no solo rende comprensibile e prevedibile il comportamento dell’altro, ma consente anche di attivare flessibilmente, scegliendla tra molteplici rappresentazioni di sé‐altro, la rappresentazione più appropriata in un dato contesto relazionale. “la capacità di esplorare il significato delle azioni altrui è connessa in maniera cruciale alla capacità del bambino di etichettare e dare significato alla propria esperienza. Questa capacità può dare un contributo decisivo alla regolazione affettiva, controllo degli impulsi, automonitoraggio e esperienza di sé come soggetto agente” (id). DA SPOSTARE MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Perché l’attaccamento sicuro è importante? L’attaccamento sicuro è l’insieme delle procedure o memorie tacite con cui il bambino divent capace di regolare stati di attivazione dolorosi. Se nela relazione bambino‐caregiver lo stato affettivo del bambino viene rispecchiato adeguatamente – l’adulto lo riconosce, verbalizza e agisce in modo adeguato – l’intensità della sofferenza diminuisce grazie all’intervento dell’adulto che è nello stesso tempo sensibile attento da comprendere adeguatamente il piccolo e capace di fare ciò che è necessario sul piano fisico per farlo stare meglio (nutrire, coccolare, etc) comunicando un affetto incompatibile con lo stato di sofferenza. Il bambino sicuro si sente sicuro pensando allo stato mentale del caregiver. Nell’attaccamento insicuro il caregiver distanziante non riesce a rispecchiare il disagio del bambino, ignorandolo o trasformandolo in altro – es. stanchezza, malattia ‐ uno preoccupato lo rispecchia con troppa intensità aumentandolo, rendendo impossibile al bambino interiorizzare una rappresentazione del suo stato mentale e la vicinanza è mantenuta a prezzo di una compromissione della funzione riflessiva. Il bambino evitante sfugge lo stato mentale dell’altro, il bambino resistente si focalizza sul proprio stato di disagio finendo per escludere gli scambi intersoggettivi (fonagy cortina 160). L’attaccamento è importante per lo sviluppo del senso di sé (vedi guidano). Un bambino si rende conto di avere sentimenti e pensieri solo progressivamente e diventa capace di distinguerli solo lentamente. Le reazioni degli adulti significativi alle sue espressioni emotive focalizzano l’attenzione del bambino sulle sue esperienze interne, dando loro una forma e un significato. A partire da queste rappresentazioni primarie di questi stati mentali e corporei vengono costruite le rappresentazioni dell’esperienza (Fonagy, target, 1997 in fonagy cortina p 164) e il relativo senso di sé e dell’altro. Come agisce un adeguato rispecchiamento? L’esempio di fonagy (cortina cit) ci permette di capire un po’ meglio. In un gioco immaginativo in cui ad un certo punto nel bambino emerge intenso un senso di paura, l’adulto darà una risposta funzionale se rispecchierà in modo complesso non solo la paura del piccolo, ma anche un’altra emozione incompatibile con l’emozione negativa, la rassicurazione o l’ironia. In questo modo comunica che non c’è nulla di cui aver paura. C’è un risposta affettiva uguale ma non del tutto congruente, bensì un po’ più ricca e complessa, spesso accompagnata da pattern sonori di intonazione molto diversi tra loro. Importanza nei processi educativi di esplicitare la connessione tra stati mentali e comportamento osservabile, lavorare sulle intenzioni La capacità di mentalizzare può essere oggettivamente valutata attraverso la Reflective‐ Functioning Scale (Fonagy, Target, Steele and Steele, 1998). Una buona capacità di mentalizzazione è presente quando c’è: consapevolezza della natura degli stati mentali, ad esempio che la nostra comprensione degli altri può spesso essere solo parziale , che le persone possono modificare i loro stti mentali per minimizzare il dolore, che certe reazioni sono prevedibili riconoscimento degli aspetti evolutivi degli stati mentali ad esmpio che gli stati emotivi cambiano nei giorni o che l comportamento delle pesone è plasmato da quello dei loro genitori e plasma quello dei figli consapevolezza degli stati mentali in relazione all’interlocutore MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Lo specifico contributo di fonagy al corpus delle ricerche sull’attaccamento è avere dato importanza primaria proprio a questa funzione della mentalizzazione scrivendo che “l’attaccamento non è di per sé il fine, piuttosto esso esiste per generare un sistema rappresentazionale che si è evoluto, possiamo supporre, per aiutare la sopravvivenza degli esseri umani” (fonagy et al 2002 in wallin, p. 2 traduzione mia). Il vantaggio evolutivo è quello di costituire un elemento centrale dell’intelligenza sociale. Affettività mentalizzata descrive la capacità che noi abbiamo di avvertire i nostri sentimenti e simultaneamente riflettere sul loro significato Un aspetto centrale nello sviluppo individuale è la progressiva acquisizione delle differenze e delle relazioni che vi sono tra mondo interno ed esterno; Fonagy distingue nella sequenza temporale di sviluppo tra un primo livello in cui mondo interno e realtà esterna sono semplicemente appaiati: dal punto di vista soggettivo ciò che avvertiamo dentro di noi corrisponde esattamente a ciò che c’è nel mondo fuori di noi. Non c’è un “io” che interpreta o crea l’esperienza, ma solo un “me” a cui l’esperienza accade. Nel modo immaginativo – quello del gioco ad esempio – il mondo interno è distaccato dall’esterno: ciò che immaginiamo è avvertito come reale e ciò che ignoriamo non esiste più. Infine nel modo riflessivo diventiamo capaci di riconoscere che il mondo interno è separato, ma in relazione con la realtà esterna e diventiamo capaci di riflettere e capire come i nostri pensieri, fantasie, sensazioni ed emozioni condizionano e sono condizionati da ciò che avviene intorno a noi e a noi stessi e comprendiamo il valore e il senso dell’esperienza soggettiva. Il ruolo dell’intersoggettività Non è agevole dare una definizione di intersoggettività., anche se è diventato negli anni più recenti un concetto chiave in diverse discipline e aree della psicologia e non solo (Carassa et). Ad esempio secondo la definizione del merriam‐webster.com/dictionary indica : “involving or occurring between separate conscious minds, Eg. Intersubjective communication; accessible to or capable of being established for two or more subjects, objective. Eg. Intersubjective reality of the physical word. First known use 1899”. In italiano (da www.treccani.it/vocabolario) intersoggettività s. f. [der. di intersoggettivo]. – In filosofia, il rapporto fra più soggetti, o il carattere di ciò che è intersoggettivo. intersoggettivo agg. [comp. di inter‐ e soggetto2]. – In filosofia, che concerne più soggetti, che avviene tra soggetto e soggetto: rapporto i.; relazione i.; comunicazione i.; carattere intersoggettivo. Fa riferimento alla mente, e quindi implicitamente a tutto ciò che ad essa è legato: stati mentali, consapevolezza, coscienza, ma anche ad un processo di costruzione di qualche cosa di reale. Due approcci concettuali sull’intersoggettività: da una parte l’approccio analitico allo studio dell’intersoggettività che la lega alla capacità cognitiva di inferire gli stati mentali dell’altro come stati interni, dall’altra parte l’approccio fenomenologico che dice come l’esperienza di condivisione degli affetti sia alla base della condivisione di ogni altro stato mentale. L’ approccio fenomenologico alla filosofia e alla conoscenza ha come indicatore di metodo principale partire dall’esperienza così come viene vissuta e basare le proprie considerazioni sul modo in cui le cose sono direttamente esperite. MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Tra le definizioni di intersoggettività cui si fa riferimento in ambito psicologico è stata indicata come il processo per cui si giunge a sapere cosa hanno in mente gli altri e ci si adatta di conseguenza (Bruner, 1996, la cultura dell’educazione); come la capacità di adattare il controllo soggettivo del proprio comportamento alla soggettività dell’altro, per poter comunicare (Trevarthen, 1979, Communication and cooperation in early infancy : a description of primary intersubjectivity. Cambr.Uni Press). Forse è meglio allora – seguendo le indicazioni di Beebe (Beebe et al. 2003 in wallin) ‐ parlare di “forme di intersoggettività”. Le ricerche sui neonati ci dicono che una primitiva forma di intersoggettività è presente fin dall’inizio della vita, testimoniata dalla tendenza dei neonati ad imitare le espressioni che vedono sul volto degli adulti intorno a loro, in un certo senso riconoscendo la corrispondenza tra ciò che vedono sul volto dell’altro e ciò che sentono sul proprio: è l’origine del senso di interconnessione tra sé e l’altro (Meltzoff 1985; Meltzoff, Moore 1998 in wallin). Threvarten (1979) chiama intersoggettività primaria questo senso di connessione con l’altro che si realizza attraverso una compartecipazione di stati affettivi. Non è mediata da rappresentazioni mentali, ma avviene a livello della percezione diretta dell’espressione affettiva che l’adulto rivolge al piccolo. La percezione è facilitata dal processo di rispecchiamento che l’adulto offre alle espressioni del lattante e dalla percezione cross modale delle corrispondenze tra ciò che il lattante vede nella faccia dell’altro e ciò che sente propriocettivamente nella propria faccia Lo sviluppo dell’esperienza intersoggettiva del bambino nel corso del primo anno di vita segue alcune tappe nel periodo neonatale è già possibile individuare i primi indicatori di un adattamento all’interazione sociale, dal secondo mese fino al sesto circa ci troviamo davanti a quella che può essere definita una forma di compartecipazione affettiva, in cui lo scambio di emozioni e affetti è sia mezzo che contenuto della comunicazione …. Fino a 4 mesi circa il focus dell’attenzione del bambino nel corso delle interazioni tende ad essere sostanzialmente sul volto e l’espressione affettiva dell’adulto. Tra i quattro e i sei mesi si inizia a vedere un’alternanza di attenzione tra il volto dell’adulto e gli oggetti, tra sei e nove mesi inizia la coordinazione tra fare attenzione al volto dell’adulto e agli oggetti intorno e l’attenzione sulle azioni di gioco condiviso tra i nove e i dodici mesi si completa la coordinazione con l’adulto in relazione agli oggetti, la condivisione di attenzione, stati affettivi, intenzioni e Lo scambio di emozioni e affetti diventa il mezzo che consente di seguire, comprendere e influenzare il comportamento dell’altro in relazione al mondo esterno (da lavelli). I lattanti più sensibili alla contingenza affettiva nel contesto della comunicazione diadica sono anche quelli che manifestano più coinvolgimento condiviso e capacità di seguire e influenzare l’attenzione del partner nei contesti triadici di comunicazione con l’altro durante l’esplorazione di oggetti (Striano, Rochat 1999. Br. Jou. Of Dev. Psychol. 17, 551‐562) Nell’ambito della psicologia dello sviluppo vi sono vari modelli che cercano di descrivere e spiegare questo fenomeno e che differiscono tra loro per alcuni aspetti: il Focus sulla capacità e vissuto del lattante vs processo diadico di mutua regolazione, la Natura e condizioni di comparsa dell’intersoggettività, il Rapporto tra intersoggettività e sviluppo del sé. Teoria dell’intersoggettività innata: Sensibilità innata a entrare in contatto con gli interessi e le emozioni espressi dalle altre persone e condividere con altri la propria esperienza MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere soggettiva. Bisogno di comunicazione più fondamentale del bisogno di protezione (C. Trevarthen) Imitazione all’origine dell’intersoggettività: Predisposizione innata a percepire le corrispondenze cross‐modali tra le azioni prodotte dai loro partner e le azioni che loro stessi possono produrre e sentire propriocettivamente (A. Meltzoff) Co‐regolazione e processi di cambiamento nella relazione madre‐lattante: Le persone esistono e si sviluppano solo in relazione agli altri e ai loro ambienti. L’adattamento è bidirezionale. Co‐ regolazione dei processi emozionali e di sequenze di azioni condivise. Ruolo importante del corpo nella regolazione (A. Fogel) Trevarthen: oltre l’attaccamento, rispecchiamento non mediato da alcuna elaborazione cognitiva o simbolica, accoppiamento con l’adulto, compatibile con il modello dei neuroni a specchio (rispecchiameto empatico Trev 2005 libro di Nadel , Muir Emotional development, oxford uni press) le emozioni regolano il contatto mentale. Interessante lo sviluppo a partire da questa posizione che ne fa Reddy (cit) introducendo il concetto di conoscenza delle altre menti in seconda persona. REDDY (xxx) La conoscenza delle altre menti può avvenire in tre modi diversi: in prima persona: la conoscenza dell’altro si realizza attraverso un processo di generalizzazione a partire dalla propria esperienza soggettiva; in terza persona: dall’esterno attraverso l’osservazione, l’inferenza o la formulazione di ipotesi; in seconda persona è possibile percepire gli altri in quanto altri attraverso la partecipazione emotiva diretta. Questa serie di osservazioni nasce per reddy da un considerazione di fondo: «… significati immediatamente accessibili negli scambi interpersonali della vita di tutti i giorni – quegli impercettibili segnali di coinvolgimento emotivo come le occhiate reciproche, gli sguardi di intesa, i sorrisi sfrontati, gli improvvisi silenzi e gli slanci emotivi – tendono quasi con un certo imbarazzo a essere messi da parte nei report scientifici che trattano il tema della comprensione interpersonale » (V.Reddy., p. 5). In un certo senso ci chiede un capovolgimento metodologico: se la conoscenza deriva dalla relazione che si stabilisce con ciò che si cerca di conoscere, e se una relazione basata sulla partecipazione attiva permette di ottenere una conoscenza degli altri profondamente personale, allora i metodi tradizionali cui la psicologia ricorre basati sull’osservazione distaccata e sulla sperimentazione possono solo dare risposte piuttosto parziali – e pregiudizievoli ai quesiti sulla conoscenza interpersonale (Reddy, p 39). Un esempio sono le ricerche sull’espressione precoce delle emozioni auto consapevoli, l’analisi della provocazione come esempio della violazione delle intenzioni altrui da parte dei bambini, l’emergere dell’umorismo e la comparsa molto precoce dell’inganno. Contrariamente a quanto sempre affermato, i dati relativi al primo anno di vita mettono in dubbio la convinzione che le emozioni auto‐coscienti siano il risultato dello sviluppo del concetto di sé. Le emozioni autoconsapevoli sembrerebbero essere radicate nella percezione di essere oggetto dell’attenzione e delle emozioni degli altri piuttosto che su pensieri formulati riguardo al sè (reddy, cit). Reazioni che si presentano come molto simili all’ imbarazzo sono evidenti molto precocemente a patto di studiare i contesti appropriati , manifestazioni simili all’orgoglio e al pavoneggiarsi sono evidenti ben prima della fine dl primo anno di età. Dal momento che non ci sono evidenze che supportino lo sviluppo della concettualizzazione del sé MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere prima dei diciotto mesi, va messa in discussione la direzione degli effetti proposti dalle teorie sullo sviluppo cognitivo: sono le emozioni che generano la percezione di me e non viceversa. In questo senso la posizione di reddy è perfettamente integrabile nel modello cognitivo‐ costruttivista che attribuisce questo ruolo centrale alle emozioni. Un altro esempio è il processo attraverso cui i bambini si mostrano capaci di umorismo. Contrariamente alle teorie che datano ai diciotto mesi l’emergere dell’umorismo infantile, in corrispondenza allo svilupo dell’abilità simbolica, i bimbi con sviluppo tipico ridono delle stesse cose di cui ridono gli adulti ben prima di questa età. Non solo, ma sono interessati a suscitare il riso negli altri e di solito e ci riescono. Esistono delle affordance condivise per la comicità grazie alla similarità della fisiologia e dell’ambiente nella condizione di condivisione che si prefigura la capacità di comprendersi per l’altro. L’evidente interesse che i bambini dimostrano per il ridere degli altri e la loro voglia di prendervi parte anche senza comprenderne la causa rivelano la motivazione a condividere il mondo emotivo degli altri. L’interesse ad elicitare il riso negli altri mostra che il bambino coglie gli adulti come interessati alla comicità. Lo stesso vale se si pensa all’inganno. La capacità di ingannare gli altri non nasce tutto ad un tratto: ogni età 8, 10, 12 o 15 mesi ha diverse categorie di inganno. Ingannare è una comunicazione e ha bisogno di un partner intenzionale perché possa presentarsi e significare qualche cosa. Si presenta nel contesto di una conversazione aperta e le reazioni del’altra persona influenzano il tipo di azione ingannevole generate dal bambino: non può essere il risultato di una sola testa. E comunque si può ingannare soltanto in momenti di coinvolgimento reciproco, spesso con azioni inaspettate. Se ingannare non fosse riconosciuto o non gli si rispondesse che significato potrebbe avere per un bambino che si sviluppa? (esempi dal libro di Reddy: Anna 11 mesi dice papà guardando la mamma (e lo sapeva); John 13 mesi si slaccia il pannolino apposta). La domanda che nasce allora è fino a che punto è opportuno adottare una posizione distaccata (come quella degli studi accademici) per comprendere le menti degli altri? È quello che facciamo nella nostra vita quotidiana? Capiamo la mente dell’altro attraverso i dettagli dell’esperienza vissuta o cogliendola attraverso una teoria, attraverso le nostre azioni o attraverso il nostro teorizzare? La risposta di reddy è la necessità di ripensare campi di studio e metodi di lavoro. Melzoff: l’accoppiamento delle azioni è reso possibile dalla presenza nella mente del neonato di un sistema di rappresentazione sovramodale Fogel non usa il termine intersoggettività evoca roppo una reificazione e separazione. Madre riflette, rispecchia e amplifica . La co‐regolazione c’è anche nel caso di emozioni negative Mutua regolazione e espansione diadica degli stati di coscienza Colloca al terzo mese di vita la possibilità di sperimentare stati di connessione affettiva nelle interazioni faccia a faccia. Intersoggettività come mutua regolazione. (E. Tronick). MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Equilibrio tra autoregolazione e regolazione interattiva Intersoggettività come processo dinamico che emerge dall’integrazione tra regolazione interattiva e autoregolazione durante l’interazione. (B.Beebe) Sintonizzazione degli affetti Intersoggettività non prima dei 7/9 mesi (consapevolezza e regolazione stati mentali). È sintonizzazione degli affetti (D.Sterne) Condivisione di significati Non si può parlare di intersoggettività fino al secondo semestre di vita. È condivisione di significati. Condividere e avere accesso alle rappresentazioni reciproche (K Kaye) Tronick : anche se gli individui possiedono capacità di autoorganizzazione che permettono loro di costruire significato, queste capacità sono limitate rispetto a quelle che emergono da processi regolati diadicamente. Stati diadici di coscienza. I limiti dello sviluppo pongono un vincolo alla complessità degli stati che un lattante può generare a livello endogeno , ma la complessità può essere espansa da input regolatori di sostegno affettivoforniti dalla madre, che leggendo l’espressione affettiva del lattante adatta il proprio comportamento cercando di facilitare il raggiungimento dell’obiettivo del piccolo – quando il lattante di una madre depressa inizia a instaurare relazioni con altre persone il solo modo che conosce per espandere la complessità e la coerenza dei propri stati mentali è quello di costruire stati diadici di coscienza attorno a quelle caratteristiche depressive che aveva inizialmente elaborato nell’esperienza di soggettività con la madre. Disregolazione come radice della patologia Beebe : è fondamentale l’incontro con l’altro . La mutua regolazione è inscindibile dal processo di regolazione dei propri stati interni (attivazione e affetti) da parte di ciascuno dei due partner. Impossibilità di separare i processi interni da quelli esterni. Co‐costruzione. Riferimento il lavoro di Sander: autoregolazione come abilità interpersonale attiva. Concetto di spazio aperto : è uno spazio di disimpegno tra la mdre e il lattante di durata abbastanza lunga da permettere al piccolo di agire in base a motivazioni che emergono endogenamente ‐ di agire da protagonista la propria esperienza interna – pur mantenendo sullo sfondo un senso di connessione con la madre (essere soli in presenza di un altro, come base della capaxità di essere soli) Winnicott PERCEZIONE DELLA CONTINGENZA INTERPERSONALE , esperienza di agentività, pattern di azione procedurale vissuti nell’inetrazione con l’adulto indipendentemente dalla loro qualità positiva o negativa Sterne : Matrice soggettiva: ogni persona fin dai primi mesi di vita cresce circondata dalle intenzioni, stati affettivi, desideri, pensieri degli altri che interagiscono in un dialogo incessante. Intersoggettività sistema motivazionale primario interagisce con attaccamento MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Con il cognitivismo classico più compatibili gli approcci che fanno riferimento a rappresentazioni esplicite nella mente, con il cognitivismo costruttivista che è attento alla dimensione embodied della conoscenza più compatibili gli approcci della coregolazione Il concetto di intersoggettività lo troviamo anche in scienza cognitiva/psicologia sociale dove viene definito come : l’abilità di impegnarsi nelle interazioni sociali è un aspetto cruciale del funzionamento umano ed è la base fondante per la complessità della vita sociale e dei processi cognitivi (Lindbloom J, Ziemke T, 2008. Interacting socially through embodied action. In Enacting Intersubjectivity, 49‐63) L’intersoggettività fa riferimento al manifestarsi di significati condivisi costruiti dalle persone nel corso della loro interazione reciproca …l’intersoggettività dunque risulta nella distinzione basica tra sè e l’altro tanto quanto nell’abilità di confrontare e condividere l’esperienza privata o gli stati cognitivi di un individuo con quelli di un’altra persona. In senso ampio possimo dire che l’intersoggettività è la culla dell’interazione sociale e dei processi cognitivi[Braten S, 2003, Participants perception of other’s acts. Culture and psychology, 9, 3, 261‐276; Rochat P, Striano T, 1999, Social cognitive development in the first year. In P Rochat ed. Early social cognition, 3‐34, LEA, NJ] Approccio tradizionale [Information processing] all’intersoggettività nelle ricerche socio‐ cognitive:Gli agenti (individui) sono in relazione tra loro esattamente nello stesso modo in cui entrano in rlazione con gli oggetti del mondo. Ad es. attraverso rappresentazioni interne più o meno esplicitate gli uni degli altri (Kunda Z, 1999. Social Cognition, cambridge MA, MIT press). visione centralizzata della cognizione : avviene tutto nella testa, il corpo è solo una sorta di input‐output device Problema …Le intenzioni degli individui sono viste esclusivamente come stati mentali privati nelle menti individuali ignorando così l’aspetto dinamico e interattivo delle azioni umane, viene rappresentato come un processo passivo, Ciò che avviene nell’interazione sociale viene ipersemplificato mentre Non è un semplice trasferimento di informazioni sociali. Non si tiene in adeguato conto delle differenze culturali e dei contesti in cui avvengono gli scambi sociali (Gibbs RW, 2001. Intentions as emergent products of social interaction. In: Malle BF, Moses LJ, Baldwin DA (eds) Intention and Intentionality. Oxford. Oxford uni press.) Approccio embodied e enactive: Viene sottolineato il modo in cui la cognizione è plasmata dal corpo e dalle sue interazioni sensomotorie con il mondo (Varela FJ, Thompson E, Rosch, 1991. The embodied Mind. Cambridge, Cambridge Uni press; Gallagher S, 2005. How the body shapes the mind, Oxford, oxford Uni press.Clark A. 1999. An embodied cogniive science? Trends in Cognitive Science, 3,9, 345‐351Gibbs R. 2006 Embodiment and cognitive science. Cambridge, Cambridge Uni pressLakoff G, Johnson M. 1999. Philosophy in the flesh. NY. Basic Books). Secondo questa prospettiva aspetto centrale dell’intersoggettività è l’esperienza di essere incarnati in una sfera materiale culturale e sociale. Non si nega l’importanza degli aspetti mentali (es. credenze, atteggiamenti, …) ma viene messo in discussione il loro ruolo centrale: essi emergono da e sono radicati in interazioni incarnate. Due sottocategorie del concetto di cognizione incarnata: Simple embodiment Il fondamento computazionalista/funzionalista della scienza cognitiva tradizionale può essere più o meno preservato e l’embodiment è semplicemente un vincolo ai processi interni di organizzazione e elaborazione MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Radical embodiment. Viene cambiato radicalmente il modo di pensare alla cognizione umana, esempi di effetti del social embodiment: Stimoli sociali che percepiti producono stati corporei e non solo cognitivi; Assetti posturali si riflettono tra gli interattanti ‐ effetto mirror ‐Stati fisici generano stati emotivi; La compatibillità tra trati fisici e cognitivi migliora la prestazione (Barsalou LW, Niedenthal PM, Barbey AK, Ruppert JA. 2003. Social embodiment. In: Ross BH (ed) The psychology of learning and motivation, 43, 43‐92. San Diego Academic Press 2.5. Valutare l’attaccamento nei bambini più grandi Se la Strange Situation Procedure (SSP) costituisce la via d’elezione per la valutazione dell’attaccamento nei bambini fino a due anni di età e se l’Adult Attachment Interview (AAI) quella per la valutazione dell’attaccamento adulto, più complesso è valutare lo stile di attaccamento dei bambini un po’ più grandi, alla fine dell’età prescolare e in età scolare, per i quali la procedura della SSP è troppo semplice e non consente una differenziazione fine dello stile individuale di relazione, ma che sono ancora troppo piccoli per poter completare la AAI. Molti ricercatori hanno cercato di mettere a punto strumenti di valutazione dello stile di attaccamento dei bambini utilizzando l’analisi de narrativa – delle storie – che i bambini creano se messi di fronte a stimoli che attivano l’attaccamento, quali immagini, oggetti, gioco strutturato, o la richiesta di creare una storia. In alcune procedure la valutazione della produzione verbale è integrata con l’osservazione del comportamento infantile che deve essere ovviamente valutato secondo parametri calibrati sui cambiamenti evolutivi collegati all’età e al relativo cambiamento nelle competenze cognitive e relazionali. Un modello interessante di descrizione dell’attaccamento nei bambini di età scolare e di poco inferiore è il Modello Dinamico Maturativo (Dynamic‐Maturation Model ‐ DMM) di Crittenden (2008 in arti crittenden) che costituisce secondo l’autrice un ampliamento del modello classico, più direttamente collegato alle modificazioni cognitive e di competenza dell’età scolare. La critica di base che Crittenden fa al modello classico (definito anche ABCD dalle quattro categorie per classificare l’attaccamento) è che a suo avviso tende a vincolare la valutazione ai costrutti adeguati per l’infanzia, ma che non sono sufficientemente fini per i bambini più grandi. Utilizzare unicamente la dimensione sicuro/insicuro per classificare lo stile di attaccamento dei bambini in età scolare costituisce a suo avviso una contrazione riduttiva inutile per la pratica clinica, perché le configurazioni di attaccamento diventano più complesse con lo sviluppo ed è quindi necessario identificare le sottoconfigurazioni che possono emergere con l’età e la scolarità (Crittenden et al. 2010). L’approccio dinamico‐maturativo è per diversi psicoterapeuti dell’età evolutiva che si muovono nell’area culturale del cognitivismo il modello di riferimento (Lambruschi xxx), mentre altri, che lavorano con l’età adulta e i disturbi gravi, tendono a fare riferimento al modello classico (liotti xx, liotti farina xxx ULTIMO articolo). Va osservato che, a differenza degli altri teorici dell’attaccamento che provengono da un base culturale di tipo psicoanalitico o assai vicina a questa prospettiva, Crittenden ha una base ed un’impostazione di lavoro più legata all’ambito cognitivo‐comportamentale. Rispetto al modello classico il modello DMM sottolinea l’importanza e la centralità nello sviluppo individuale delle strategie di protezione dal pericolo, che ci forniscono una descrizione del comportamento interpersonale oltre che un sistema per la diagnosi, ricostruendo il percorso evolutivo che dal bambino porta all’adulto. MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere L’attaccamento è definito l’insieme delle strategie auto‐protettive apprese dal bambino nel contesto delle relazioni di attaccamento e attraverso l’interazione con le figure di riferimento, che riflettono le differenze individuali nel modo in cui le informazioni contestuali e relazionali relative alla sicurezza e al pericolo vengono elaborate e tradotte sul piano comportamentale ed è il risultato dell’interazione tra processi maturativi e circostanze di vita. Il comportamento osservabile viene messo in stretta relazione con l’attivazione e l’utilizzo di differenti sistemi di elaborazione delle informazioni (come da tradizione cognitivista classica). Il comportamento del bambino e gli eventuali aspetti sintomatologici sono aspetti funzionali della strategia diadica di interazione che lega il bambino con il suo caregiver (ad esempio l’azione non regolata o l’inibizione del comportamento) o il suo risultato (es i comportamenti ansiosi). Le strategie sono sempre in relazione al contesto e scompaiono quando non sono più necessarie a mantenere la relazione. Rispetto al modello classico C sposta il focus su quanto è importante per la nostra specie identificare e strutturare le informazioni relative alla predizione del pericolo e alla protezione da esso e che queste strategie di protezione siano il core che determina la qualità dell’attaccamento. Questo porta a spostare l’attenzione sulla funzione dell’attaccamento e sul modo in cui possiamo selezionare o distorcere le informazioni. Queste distorsioni sono il mezzo di sviluppo e mantenimento della psicopatologia (Crittenden 1996 in crittenden libro cortina). Le categorie dello stile di attaccamento identificate da C sono “una concettualizzazione delle strategie di protezione del sé che si basano su aspetti dell’elaborazione delle informazioni frutto dell’evoluzione. Specificatamente la cognitività e l’affettività sono considerate le due forme fondamentali di informazione su quando e dove potrebbe esserci pericolo. Alla base delle sottoclassificazioni di tipo A c’è l’affidamento fatto sulle informazioni cognitive, fino al punto di una relativa esclusione dell’affettività, mentre alla base delle sottoclassificazioni di tipo C c’è l’affidamento fatto sull’affettività fino all’esclusiva esclusione della cognitività. Il tipo B è definito dall’uso flessibile di entrambe le fonti di informazione e dalla loro integrazione” (critt cortina p 27). Identificare le fonti di pericolo consente di organizzare meglio e più velocemente le risposte protettive. Le configurazioni dell’attaccamento diventano un costrutto dimensionale definito da una dimensione relativa alla qualità delle fonti di informazione e una relativa al grado di integrazione. Si passa quindi da un approccio categoriale all’attaccamento ad uno dimensionale. Altro aspetto interessante è la possibilità di distinguere all’interno di ciascuna configurazione sia gli aspetti disadattativi che quelli adattativi. L’età scolare costituisce un momento di importanti cambiamenti per i bambini, sia per quello che riguarda luoghi, tempi e persone con cui dividono il loro tempo, sia perché devono imparare a regolare anche queste nuove relazioni. Sono esposti a contesti, persone, strategie interpersonali e pericoli nuovi e non sperimentati prima. Le competenze metacognitive e riflessive che si sviluppano in questi anni, la creazione di legami di attaccamento ad altre figure e le relazioni affiliative con i pari, rendono il bambino capace di organizzare strategie auto protettive più complesse e meno trasparenti che in precedenza che fanno parte strutturante dell’esperienza infantile. Tipi di informazioni Due sono i tipi di informazioni rilevanti nel processo di costruzione delle strategie da cui derivano le tipologie di attaccamento: l’ordine temporale, la sequenza, in cui si presentano gli stimoli sensoriali e somatici e la loro intensità. Dalla percezione delle sequenze deriva la MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere percezione dell’ordine temporale e sull’implicita attribuzione di causalità e quindi l’aspettativa di quando in una specifica serie di eventi un evento si presenterà. Dalla percezione dell’intensità degli stimoli sensoriali e somatici deriva la dimensione affettiva delle sensazioni legate al contesto, ad esempio l’attivazione legata al prepararsi alla difesa anche quando non si sa da dove verrà e come sarà il pericolo. Coinvolge il sistema limbico ed è percepita come attivazione non focalizzata. Un equilibrio di queste due fonti di informazione è indicativo del funzionamento di tipo B. Le configurazioni di tipo A utilizzano strategie che si organizzano intorno agli esiti attesi (prevenire quello che accadrà), minimizzando la consapevolezza delle emozioni e facendo ciò che viene rinforzato e evitando ciò che viene punito. Le informazioni cognitive sono predominanti. Nelle configurazioni di tipo C le strategie sono motivate (guidate) da sensazioni somatiche, legate all’intensità percepita. Mancando della fiducia in quello che avverrà poi, si focalizzano sulle loro sensazioni come guida al comportamento (crittenden cortina). Inserire immagine pag 28 libro crittenden cortina Per sopravvivere nel mondo e adattarci nel modo migliore alle situazioni contingenti abbiamo bisogno di saper usare le informazioni sul passato per sapere come regolarci nel contesto futuro. Ciò che all’inizio è un agire sulla base delle contingenze e di anticipazioni non consapevoli, diventa con il tempo un muoversi sulla base della propria rappresentazione consapevole di ciò che ci aspetta e di come ci rappresentiamo in quel futuro (ESEMPIO), in ogni caso sono i due tipi di informazioni – cognitivo e affettivo – che vengono integrate e ci guidano. Ma non sempre le cose vanno lisce: in alcuni casi le informazioni che raccogliamo possono venire distorte, la cognizione viene distorta quando un aspetto di una relazione causale complessa viene enfatizzato escludendone altri, ad esempio “enfatizzare solo le buone qualità di un genitore che a volte è arrabbiato e ostile può aumentare la volontà di un bambino di obbedire alle esigenze del genitore riducendo la probabilità di proteste che potrebbero metterlo in pericolo. L’affettività viene distorta quando un solo sentimento di un insieme di sentimenti misti e complessi viene esagerato a esclusione degli altri. Per esempio quando un soggetto che si sente in collera, impaurito e desideroso di conforto si concentra unicamente sulla sua collera, aumentano le probabilità che il soggetto possa attaccare e lottare senza paura” (critt cortina pa 41). In alcuni casi invece le informazioni appaiono essere non predittive del comportamento del caregiver o del contesto (o in taluni casi pericolose) e quindi possono essere eliminate senza ulteriori elaborazioni mentali. Si parla di affettività o cognitività omessa o scartata. Quando le informazioni predicono l’opposto di ciò che appare – sorrisi che coprono la collera o contesti apparentemente sicuri che sono pericolosi – si parla di cognitività e affettività false. I processi di maturazione, combinati con l’esperienza consentono ai bambini di sviluppare nuove strategie che rappresentano meglio la relazione del sé al contesto. Il contesto di vita dei bambini tende a modificarsi mano a mano che il bambino matura e si modifica. Di conseguenza ogni passaggio evolutivo contiene sia la possibilità di correggere gli errori del passato e di generare comportamenti più adattivi, ma anche il rischio che le nuove sfide poste dall’età costituiscano dei problemi insormontabili o che il bambino non è in grado di affrontare al meglio. Tra le difficoltà dell’infanzia per un bambino è centrale riuscire a condividere i propri stati affettivi con gli altri (sintonizzazione) e regolare il proprio stato di attivazione per mantenere per periodi di tempo sempre più ampi uno stato di moderata attivazione attentiva. La difficoltà nell’ottenere questo nella relazione con le figure di attaccamento porta all’inibizione o all’esagerazione delle manifestazioni affettive (strategie A MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere o C). nel momento in cui le strategie messe in atto dal bambino di modificare il comportamento delle figure genitoriali non funzionano le ripsoste possono essere verso gli stati depressivi o disorganizzati. Li possiamo osservare come bambini tristi, passivi e ritirati; agitati senza attenzione interpersonale, subitanee perdite di controllo nel momento in cui sono sottoposti ad intensi stati di stress. Nel periodo prescolare la difficoltà di In the preschool years, the risks are that some children will fail to establish relations with non‐familial adults and children and that those who choose a strategy of escalation of affect may harm themselves while trying to provoke a response from parents. That is, the estreme Type C patterns carry more immediate and obvious risks than the Type A inhibitory strategies. In addition, preschool‐aged children make the transition from action to language. The risk is that Type A children will learn that their true negative feelings cannot be communicated in words to parents, i.e., they are not “politically correct” from the parents’ perspective. Thus the children learn to use language to please the listener rather than to express the self. Type C children are more likely to learn that language can be used to deceive them, especially about future contingencies. The risk is that they will continue to use action to communicate. During the school years, the cortex matures in ways that, for the first time, permit children to reflect on their own behavior. Children who are not helped to do this by their attachment figures will find it increasingly difficult to regulate their own behavior; this will affect both their inner experience of themselves and their outer experience of relationships with peers (in both best friend peer attachments and affiliative networks). Usually, this failure occurs when (1) the costs of failing to be good are so great that the child relies too heavily on adults’ perspectives or (2) the consequences so unpredictable that the child relies too heavily on his or her own perspective. The former satisfies adults (and goes unnoticed or even praised) whereas the latter upsets adults and results in punishment and referrals to mental heath or correction services. To avoid the latter outcomes, some Type C children begin to use language to deceive others. Aspetti tipici del DMM Partire dal pericolo e dal’ansia e non dalla sicurezza vissuta e percepita Non minimizzare il ruolo del pericolo nell’organizzazione del comportamento Disorganizzazione come incoerenza, mancato adattamento senza riferimento al conotesto esterno in cui la configurazione si è costituita: cosa manca nelle configurazioni non sicure? C: come mai le configurazioni disturbate hanno funzionato? Le configurazioni non b sono sempre meno strategiche delle altre, C no, sono altrettanto strategiche, con una loro coerenza interna Il mancato adattamento è l’uso di una strategia che non massimizza l’attuale potenziale evolutivo dell’individuo date le limitazioni poste dal contesto in cui è Insert p 32c MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere possibilità che si verifichi spontaneamente una modificazione nello stile di attaccamento nel corso della vita. Una caratteristica importante del modello DMM è il modo in cui tratta l’attaccamento disorganizzato non è una categoria a sé, ma uno stato di non integrazione C identifica a partire dai suoi lavori sui bambini maltrattati, trascurati e abusati un’altra categoria A/C Non mi va bene l’impostazione troppo information processing e nonostante le apparenze è poco embodied La separazione tra sistemi di memoria che invece funzionano in modo integrato Andrebbe rivista alla luce delle ricerche più recenti sui meccanismi di funzionamento Il ruolo del corpo nella relazione Un aspetto distintivo dell’approccio cognitivo relazionale alla psicopatologia e psicologia dello sviluppo è l’attenzione alla dimensione corporea. Il corpo è per il bambino il prime mezzo per regolare lo stato di relazione con il genitore. Forme gestuali, espressioni facciali, modulazioni vocali, atteggiamenti posturali, modi specifici di regolare la tonicità muscolare nel suo complesso e in distretti corporei particolari costituiscono un insieme di informazioni preziose sulla storia e la qualità della relazione di una diade adulto bambino (Lambruschi, 1997 in lamb manuale). Abbiamo visto che le rappresentazioni mentali che ci guidano nelle interazioni sono il risultato dell’interiorizzazione di modelli interattivi e di immagini di sé con l’altro in termini di aspettative (relazionali, di stati emotivi, di comportamenti propri e altrui), ma anche il corpo conserva traccia di queste interazioni, sul piano fisico e come aspettative del comportamento altrui. Questo rende particolarmente ragionevole farsi la domanda di quale sia il significato relazionale di un gesto o di una postura, dello stile con cui si cerca (o si evita) di entrare in connessione fisica con l’altro. Decodificare il significato della dimensione fisica e corporea nel lavoro con i bambini è un aspetto essenziale: “chi accudisce il bambino può essere visto come una specie di scultore (Downing, 1994) che asseconda con molta delicatezza l’emergere di certi schemi affettivo‐sensomotori, lasciandone invece altri in stato di relativo sotto‐sviluppo: ciò, ovviamente, del tutto al di fuori dello stato di coscienza di entrambi. Si potrebbe dunque affermare che il corpo del bambino racconta la qualità dei suoi legami ” (Lambruschi manuale p. 51). Il corpo del bambino in un certo senso costituisce un’espressione della conoscenza tacita del bambino. Il termine difesi utilizzato per indicare in età prescolare i bambini di tipo A enfatizza come le energie sono rivolte prevalentemente al controllo e camuffamento degli affetti (in particolare rabbia e disperazione) attraverso la manifestazione di falsi affetti. Il corpo appare come congelato, ingessato anche per tenere a bada l’attivazione di emozioni che altrimenti sarebbero percepite come distruttive e che soprattutto distruggerebbero la relazione. Il tono muscolare elevato in diversi distretti corporei ha come risultato visibile un marcato impaccio motorio. MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere Ma come si differenziano le sottocategorie? Vediamo la tipizzazione di Lambruschi A1‐A2 bambini difesi/inibiti La sensazione che danno questo bambini è quella di avere un corpo neutro, quasi invisibile, utile per mantenere la relazione diadica con una figura di attaccamento intrusiva nel suo prendersi cura. La tendenza è tenere una certa distanza interpersonale dalla figura di attaccamento, evitando se possibile il contatto fisico, con una postura tendenzialmente raccolta, una gestualità assente o neutra ed espressioni del volto tendenzialmente controllate. Flusso verbale tendenzialmente monotono e lieve. A3 bambini compulsivamente genitoriali Nei bambini con un corpo falsamente allegro, di solito la figura di attaccamento è ritirata e depressa, tende ad attivarsi se il bambino si occupa di lei o la stimola attivamente. Anche se il bambino si avvicina spesso, lo fa con contatti però molto brevi e veloci, carezze in punta di dita, sempre in corrispondenza di netti cali di attivazione nella madre. Si nota un’attivazione marcata del sistema dell’accudimento‐cura del bambino verso l’adulto. La sensazione è che si tratti di falsi affetti, segnalati da display incompleti – si sorride con la bocca ma non con gli occhi, il sorriso è obliquo – e tropop repentini, sia nell’attivarsi che nello spegnersi, non appena la figura di attaccamento risponde il bambino torna inibito, volge lo sguardo altrove ed elude il contatto. A4 bambini difesi acquiescenti In questo caso il corpo è plasmato dall’interazione con una figura genitoriale ostile e arrabbiata che richiede espliciti segnali di sottomissione. Ad un allarme corporeo di fondo – come essere pronti a scappare via – segnalato dall’ipertonicità, la postura è piuttosto chiusa e il bambino tende a monitorare in modo indiretto la figura di attaccamento: si tratta di mantenere il contatto senza rischiare di essere percepiti come minacciosi, disinnescando ogni atto e atteggiamento potenzialmente aggressivo verso il genitore, con espressione vocale che presenta blocchi e disfluenze e balbuzie o tic motori C1‐C3 bambini coercitivi attivi: minaccianti e aggressivi Tipico dell’attaccamento ansioso‐resistente è il bisogno di rendersi visibili al genitore per tenere vincolata la sua attenzione che tende ad essere intermittente e imprevedibili le reazioni. Per questo è necessaria un’intensa espressività emotiva. In qualche modo il bambino deve appesantire la relazione per rendersi visibile e centrale nell’ambiente relazionale (lambrusche, manuale p208). In queste tipologie i segnali che il bambino usa prevalentemente sono quelli del registro della rabbia/aggressività/collera. Il corpo è tonico, la postura è spalancata, espansa, e dominante con frequenti ravvicinamenti minacciosi nella distanza interpersonale; l’espressione facciale tende ad essere iperespressiva e intimidatoria con contatto oculare prolungato, anche se si accompagna spesso a segnali corporei di paura (es. oscillare dello sguardo); gestualità direttiva e imperativa (es. segnalare con il dito) volume e tono di voce sostenuti. In questo modo il bambino si sente in controllo e non avverte la paura che ha del mondo. Le competenze motorie sono molto buone, ma spesso sono usate per mettersi in situazioni a rischio. La mamma in molti casi è discontinua a passiva MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere e riesce ad arrabbiarsi solo quando il suo bambino manda segnali e provocazioni intense e marcate. (lambruschi, manuale p208) C2‐C4 bambini coercitivi passivi: disarmanti e indifesi L’altra strategia con cui un bambino può tenere ancorato a sé un genitore che tende a distrarsi è attraverso l’ostentazione della sua fragilità e del suo bisogno di essere aiutato perché in difficoltà (sottoconfigurazione disarmante). La gestualità è pacata, gli sguardi indifesi o addolorati, la distanza interpersonale ridotta e frequente il contatto fisico, l’abbigliamento diventa un amplificatore corporeo di grazia e seduttività. I comportamenti fintamente timidi (coy) sono usati per regolare la distanza da una mamma che ha bisogno di pochi stimoli per arrabbiarsi, ma sono molto più espressivi rispetto al modo di regolare la relazione dei bambini A e soprattutto è presente un costante controllo da parte del bambino degli effetti che il suo comportamento ottiene sugli altri. Sono bambini che utilizzano segnali di immaturità e dolcezza per attivare la cooperazione con i propri desideri. (lambruschi, manuale p209). I bambini indifesi invece si presentano invece come impacciati dal punto di vista motorio, nella deambulazione e nel movimento. Il genitore quindi non può che essere attento e quindi prevedibile mentre aiuta il suo bambino o fa al suo posto, ad esempio vestendolo e allacciandogli le scarpe anche ad un’età in cui il bambino ha perfettamente raggiunto le competenze motorie per fare da solo. Volume e tono di voce sono tendenzialmente bassi e rallentati, ma a differenza dei bambini difesi possono avere escursioni vocali intense anche molto ampie se vogliono e mostrano episodicamente. I genitori si attivano prevalentemente quando il bambino esprime segnali di fragilità, difficoltà, noia e incompetenza. Spesso uso in modo strumentale del linguaggio infantile (es. mammina) È importante osservare i comportamenti del bambino per individuare la strategia funzionale che viene messa in atto per gestire la relazione con la figura di attaccamento o con altre figure di riferimento presenti, ad esempio l’educatore o la maestra. È importante osservare come viene modulata la prossimità fisica: cosa la attiva, in quali situazioni e circostanze, con quanta frequenza o intensità. Quando come e con quanta intensità vengono espressi gli stati affettivi e come vengono regolati (con i movimento, il gioco da soli, la richiesta di attenzione visiva, il contatto fisico e in quale modo), quando è presente la figura di attaccamento come risponde e anche quali sono le emozioni che suscita dentro di noi. MARIA GRAZIA STREPPARAVA - PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO 2011-2012– bozza di lavoro non utilizzare non diffondere