Che acqua, che acqua… quant`acqua!

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Che acqua, che acqua… quant`acqua!
cha
WET AND SEE...
Quando la sorte si accanisce
sulle piste e, soprattutto,
quando si tratta di capricci
meteorologici coi suoi rovesci
piovani, non c’è molto da fare,
se non mettersi al riparo ed
aspettare… oppure equipaggiarsi e proteggersi, per far
fronte alle condizioni avverse.
I piloti lo sanno bene e sanno
anche come affrontare il clima,
evitando di bagnarsi, grazie
alle loro tute in pelle, protettive ed impermeabili. Tanto
a Brno quanto a Silverstone,
avrebbero però volentieri fatto
a meno della pioggia. Lo stesso
vale per i nostri tecnici specialisti dello sviluppo...
agence
backtoMotoGP
#7
«Che acqua,
che acqua…
quant’acqua!»
QUANDO IL CLIMA S’ACCANISCE
Il cielo non è decisamente dalla parte della Michelin in quest’anno di preparazione al ritorno della marca transalpina
nei Gran Premi di MotoGP. Il 17 agosto scorso, tutti i piloti della MotoGP dovevano valutare le ultime evoluzioni
in fatto di mescole, approntate dalla casa di Clermont-Ferrand. Nessuno, però, ha potuto saggiare le slick.
«È piovuto tutto il giorno – constata amaramente Nicolas Goubert, direttore tecnico della Michelin Motorsport – per
cui alcuni piloti hanno potuto fornirci, nel pomeriggio, informazioni interessanti sui nostri pneumatici wet, per
pista bagnata, ma non abbiamo potuto svolgere il programma che c’eravamo prefissati». Conseguenza di questo
intoppo: è stata programmata una nuova giornata di prove il 28 settembre, l’indomani del Gran Premio d’Aragon,
sul circuito Motorland d’Alcaniz (Spagna).
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In fondo, la Suzuki fabbrica anche
eccellenti motori per fuoribordo
nautici… Che sia questo quanto
si sta dicendo, tra sé e sé, Alex
Espargaró in quest’istante...?
«Abbiamo bisogno delle
impressioni dei piloti di
punta…»
…prosegue Nicolas Goubert. «Non possiamo, in effetti, chiedere ad un pilota collaudatore di sollecitare
gli pneumatici altrettanto a fondo di quanto riesca a fare uno degli assi della MotoGP. Abbiamo potuto
provare un giorno, a luglio, con la squadra Honda Repsol, ma faceva veramente troppo caldo. Ci sarebbe
quindi piaciuto poter trovare conferma dei nostri progressi e convalidare le nostre scelte a Brno…
Le ultime prove che avevamo realizzato al Mugello, ad inizio giugno, coi piloti ufficiali avevano confermato
che stavamo lavorando nella giusta direzione, ma sappiamo che dobbiamo ancora progredire, in particolare
per quello che concerne lo pneumatico anteriore. Spero che potremo completare questo lavoro ad Aragon.»
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Pascal Couasnon, Nicolas Goubert
e Piero Taramasso qui ritratto in
grande discussione durante le
prove di Brno.
MATHIEU VANNSON
Quest’anno, lo staff de dipartimento Sviluppo
Moto alla Michelin è in totale fermento ed il
suo responsabile, Mathieu Vannson, sente
una certa pressione.
Dopo otto anni trascorsi alla Peugeot ad
occuparsi della messa a punto dei telai,
un giorno Mathieu Vannson ha sentito la
necessità di tornare nella sua Alvernia natale.
«Inoltrai una candidatura alla Michelin e
venni assunto direttamente al dipartimento
Competizione, con la «promessa»
d’assegnarmi ai Rally ma, alla resa dei conti, mi
sono occupato della serie nipponica GT 500*»
racconta Mathieu. «Una volta frequentata
la Scuola dello Pneumatico (L’École du Pneu)
della Michelin, ho infatti lavorato per tre
anni in questo Campionato giapponese, che
riveste un’importanza capitale per la nostra
marca. Abbiamo vinto due volte (nel 2011 e
nel 2012) e siamo stati battuti al terzo anni,
per giunta all’ultima corsa!» Al termine di
quest’avventura asiatica, indubbiamente
coronata dal successo, Mathieu Vannson si
vide proporre il posto di Responsabile dello
Sviluppo Moto.
«Eravamo presenti nel mondiale Endurance,
nel campionato SBK francese, nel CEV e nel
CIV (rispettivamente Campionato spagnolo
ed italiano Velocità. Ndr). I nostri pneumatici
funzionavano bene e, a metà dello scorso
anno, s’è concretizzata l’opportunità MotoGP.
Avevamo un anno e mezzo per prepararci a
fornirla. È al contempo molto e poco tempo,
poiché la Bridgestone non ha dormito sugli
allori. Hanno, anzi, continuato a sviluppare i
loro prodotti e la concorrenza viene affrontata
a distanza» analizza Mathieu.
«Si tratta d’un lavoro appassionante, in cui
è indispensabile restare umili e pragmatici.
Ci vuole anche un certo senso poetico per
tradurre le informazioni che ci forniscono
i piloti, inclinando la testa o muovendo
le mani» prosegue Mathieu Vannson,
sorridendo. «Se non si è appassionati, lo
si diventa! E se, in aggiunta, i pneumatici
funzionano, questo lavoro è semplicemente
favoloso. Sappiamo anche che tutto quello
che impareremo in fatto di percezione
dell’aderenza al limite e d’aderenza in senso
generico, ecc. …lo ritroveremo più tardi sugli
pneumatici stradali». Non vediamo l’ora che
sia il 2016!
* Campionato giapponese per vetture Turismo. Le GT 500
sviluppano circa 500 cv.
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ALLA RICERCA DELLO PNEUMATICO «IDEALE»?
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MATHIEU VANNSON
Oggi, è già domani
Via via che ci sia avvicina al mese d’agosto ed
alle prova di Brno, lo stress aumenta. «Si riesce
a gestire la pressione… la si condivide e la si
ripartisce tra le squadre di sviluppo e di gestione,
ma non c’è dubbio che ne si sente il peso sulle
spalle», ammette Mathieu. «Oggi, lo pneumatico
posteriore non è male, mentre quello anteriore
deve ancora progredire», ammette il responsabile
dello Sviluppo. «Si tratta d’un problema di percezione
dei limiti. Le prestazioni ci sono, ma lo pneumatico
non trasmette al pilota segnali d’avvertimento quando
avvicina il limite d’aderenza. Il pilota pensa di poter
spingere un po’ di più e… cade. Abbiamo preso a cuore
il problema e dobbiamo trovare al più presto modo di
risolverlo» confessa Mathieu. Il lavoro della squadra di
sviluppo si svolge anche sui circuiti. «È fondamentale poter
essere presenti alle sessioni di prova per conquistare la
fiducia delle squadre, ascoltare i piloti e vedere coi propri
occhi il comportamento in pista degli pneumatici…»
prosegue Mathieu. «D’altra parte, le sessioni di prova
formano anche il carattere poiché, molto spesso, nulla
va com’era previsto che andasse! A causa del clima
non si possono provare gli pneumatici nell’ordine
programmato, oppure ci si trova confrontati ad avarie
o, talvolta, cadute. Bisogna imparare a convivere con
tutti questi parametri per poter trarre conclusioni
e derivare risultati anche in simili condizioni»,
spiega, divertito, Mathieu Vannson.
Patrick isacco, l’Honda nella pelle
commenti. Poi, conosco molto bene
Santi Hernandez, il suo capo-meccanico,
che nei primi anni del 2000 s’occupava
delle sospensioni delle moto di Rossi».
Nato a Clermont-Ferrand, Patrick Isacco
è entrato a far parte della Michelin nel
1979, a 23 anni. Racconta lui stesso:
«Ho svolto diversi lavori ed occupato
diversi posti alla produzione prima
d’entrare a far parte del dipartimento
Competizione, nel 1983. Iniziai come
montatore nel Campionato di Formula
2, all’epoca di Philippe Streiff. Poi,
passai alle moto, nel 1989, per gestire
lo staff di montatori. Lasciai quel ruolo
di coordinatore quando divenni il
tecnico assegnato alla squadra HRC, nel
1992. A quei tempi, lavoravo con Mick
Doohan e Wayne Gardner. Due piloti
con un fortissimo carattere, ma con
cui ho sempre avuto ottime relazioni».
Quando la Michelin si ritirò dai Gran
Premi motociclistici, al termine della
stagione 2008, Patrick Isacco prese
a carico la parte commerciale della
competizione automobilistica, nel GT
Tour, nelle World Series by Renault e
nella Porsche Cup. «Nel 2012, ritrovai
con grande piacere il mondo della
moto, in veste di tecnico, seguendo il
CEV ed il mondiale Endurance presso il
GMT».
Quando Patrick è concentrato
sul suo lavoro, tutti i fotografi sanno che è difficile
strappargli un sorriso…
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In vent’anni trascorsi alla Competizione
Moto alla Michelin, Patrick Isacco ne ha
effettuati sedici presso i piloti ufficiali
della Honda. Il che significa che questo
tecnico quasi sessantenne (59 primavere
al contatore) ha lavorato al fianco dei
più grandi campioni: Gardner, Doohan,
Crivillé, Kocinski, Beattie, Biaggi,
Barros, Pedrosa, Hayden, Rossi…
«Senza contare che quelli con cui ho
lavorato nella 250 e nella 125, come
Cadalora, Okada, Ukawa, Aoki, Bradl,
Pons, Roth ed altri ancora», precisa
Isacco. Uomo umile, discreto, ma aperto
al dialogo pur senza esser loquace, il
tecnico della Michelin ha sempre avuto
eccellenti relazioni coi suoi piloti ed
anche con gli ingegneri della HRC con
cui ha collaborato. È, quindi, stato del
tutto naturalmente che - quando la
Michelin è stata scelta come azienda
fornitrice del Campionato MotoGP
dalla prossima stagione - ha ripreso con
loro il dialogo a suo tempo interrotto.
«Sono contento di ritrovare quelli
della Honda – sussurra quasi - tanto,
più che ne conosco già molti. Inoltre,
anche quelli che, invece, ho incontrato
per la prima volta quest’anno, mi
hanno fatto un’ottima impressione. In
particolare un certo Marc Marquez, che
mi ha stupito per la pertinenza dei suoi
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Un montaggio ed un’equilibratura meticolosi
Come dice l’assioma: non c’è nulla che assomigli ad uno pneumatico più d’un altro pneumatico.
Detto ciò, si monta uno pneumatico da MotoGP su uno specifico cerchio esattamente così
come si fa per una moto stradale? «Il procedimento è analogo», risponde Piero Taramasso, il
Responsabile dell’attività Moto al dipartimento Competizione della Michelin.
La macchina monta-gomme che consente di realizzarlo è anche molto simile a quelle utilizzate
per i prodotti stradali. Da un lato una leva, per «scollare» ed estrarre il vecchio pneumatico
dal cerchio, dall’altro il sistema di montaggio, che consente di fissare la ruota per eseguire le
varie operazioni d’inserimento del nuovo pneumatico. «Per prima cosa bisogna accertarsi che
il cerchio sia pulito e che non vi siano tracce di grasso o d’umidità. Per facilitare l’installazione
dello pneumatico, si utilizza una soluzione a base d’alcool, che s’evapora molto velocemente».
Non se ne parla neanche, infatti, d’utilizzare una soluzione a base di sapone, che potrebbe
provocare uno slittamento dello pneumatico sul cerchione. Una volta montato, a secco, lo
pneumatico viene gonfiato a 5 bar per consentirgli di tallonare e far sì che il tallone si posizioni
correttamente nella gola interna del cerchio stesso.
«Dopo di ché, si effettua un controllo visivo, prima di passare alla ruota equilibratrice». Si tratta
d’una macchina sofisticata, dotata di sensori al centro, a 45° e sull’angolo massimo, al fine di
verificare che l’insieme montato, ruota-pneumatico, sia perfettamente rotondo ed accertare,
quindi, che lo pneumatico è correttamente alloggiato sul cerchio. «Se ce n’è bisogno, viene
incollato sul cerchio un peso d’equilibratura, di 10 grammi al massimo, per garantire il perfetto
bilanciamento della ruota», conclude Piero.
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UN PO’ DI STORIA
1987
WAYNE GARDNER
SCOLPITO NELLA ROCCIA!
Interrompendo il lungo dominio dei piloti statunitensi, Wayne Gardner è stato il primo australiano a conquistare
un titolo di Campione del mondo nella categoria regina. Gli sono, poi, succeduti Mike Doohan e Casey Stoner.
Arrivato in Europa all’inizio degli anni ottanta, Wayne Gardner fece la sua gavetta in Gran Bretagna, come molti piloti australiani. In sella ad una Kawasaki
Moriwaki Superbike riuscì a farsi notare abbastanza per essere invitato a firmare un contratto con la Honda Britain per la stagione 1982. Wayne partecipò, così,
al suo primo Gran Premio nel 1983, al Dutch TT olandese. Si dovette, però, attendere la stagione 86 per vedere Wayne Gardner conquistare la sua prima vittoria
in Gran Premio, al Jarama (Spagna), con una Honda 500 NSR calzata Michelin. In assenza di Freddie Spencer, per il quale stava iniziando un periodo di crisi, si
ritrovò «promosso» leader della squadra Honda Rothmans Michelin. Vinse altri due GP classificandosi Vice-Campione del mondo, alle spalle d’Eddie Lawson.
Nel 1987, controllando scivolate, brusche scalciate della ruota posteriore e sbacchettate (le infide oscillazioni laterali, dette anche «effetto wobble» o «shimmy») di quella anteriore, Wayne s’impose come il boss, diventando il primo australiano a laurearsi Campione del mondo nella 500 cm3. Con sette successi in 15 Gran Premi disputati (quello del
Belgio fu annullato) vinse il Campionato in occasione del penultimo Gran Premio, in Brasile, precedendo Randy Mamola (Yamaha-Dunlop) ed Eddie Lawson (Yamaha-Michelin).
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Secondo Jean Hérissé, il «suo» tecnico dell’epoca, le due principali qualità di Gardner
erano il suo fisico e la sua determinazione. «Assieme a Randy Mamola, Wayne era uno
dei rari piloti ad esser capace di contenere le ‘scalciate’ d’una 500!» si ricorda Jean. «Alla
8 Ore di Suzuka 1985, Wayne condivideva la Honda ufficiale con Masaki Tokuno.
Si ritrovarono davanti, lottando per il successo. In due occasione, Wayne dovette
raddoppiare il suo turno di guida. Col caldo e con l’umidità che c’era, i piloti
crollavano letteralmente a terra al momento di scendere dalla moto.
Tant’è che, per aiutarli, passavamo loro un boccaglio d’ossigeno.
Wayne, invece, rimaneva in sella alla moto durante i rifornimenti
e, poi, ripartiva a manetta!» racconta Jean Hérissé.
Quell’anno, Wayne vinse per la prima volta la 8 Ore
divenendo, poi, una vera e propria star in Giappone
grazie alla sua foga, alla sua fame di vittoria ed
ai suoi altri tre successi in quella gara mitica
(1986, 91 e 92). Tutti conquistati su moto
Honda.
Lo stile australiano
Talento mal ricompensato
Nel 1988, «Crocodile» Gardner e Lawson scrissero un nuovo episodio della loro lotta al vertice. Raramente una stagione è mai
stata altrettanto disputata di quella! Alla fine, a conquistare
il suo terzo titolo di Campione del mondo fu un Eddie Lawson imperiale, con la sua Yamaha-Michelin. Solo contro tutte
le Yamaha, in sella ad una NSR potente ma poco agile, Wayne
Gardner si classificò secondo, ad un paio di manciate di punti da
Eddie. Wayne Rainey salì sul podio finale. La stagione 1989 vide
il passaggio d’Eddie Lawson alla Honda, sotto la protezione e
la responsabilità d’Erv Kanemoto. Il duello tra i due piloti della
Honda non ebbe però luogo, poiché Wayne si fratturò una
gamba al terzo Gran Premio della stagione. Quelle successive si
«In quegli anni, ho fatto molte prove di
pneumatici. La Michelin me ne faceva
provare tanti e volentieri, poiché ero
particolarmente aggressivo con la
manopola dell’acceleratore…»
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Intrepido e lottatore
«Gli pneumatici creavano differenze enormi. Quel che apprezzavo con gli Michelin era proprio la
loro regolarità di comportamento», confida Wayne. «Se provavo uno pneumatico con mescola
Media, sapevo a priori che avrei poi potuto riprendere lo stesso tipo di pneumatico il giorno della corsa, fidandomi completamente che si sarebbe comportato allo stesso modo. Con loro c’era un controllo di qualità produttiva
assolutamente impressionante».
A quei tempi, la potenza delle 500 cm3 era aumentata
considerevolmente e gli pneumatici avevano subito una
grande evoluzione. «Lo pneumatico posteriore era stato
allargato per far fronte efficacemente all’incremento
di potenza delle moto. Questo aveva generato
molta aderenza supplementare», continua Wayne.
«In quegli anni, ho fatto molte prove di pneumatici.
La Michelin me ne faceva provare tanti e volentieri,
poiché ero particolarmente aggressivo con la manopola
dell’acceleratore. Con l’avvento degli pneumatici radiali,
scomparirono gli scarti di tempo sul giro da un passaggio
all’altro: potevamo contare sugli pneumatici dall’inizio al
termine della corsa».
Jean Hérissé sottolinea come Gardner facesse
sempre scelte diverse rispetto agli altri piloti.
Wayne optava costantemente per un tipo
di pneumatico più «duro» rispetto ai
suoi avversari. «In prova, Wayne
s’impegnava al 100 %, cosicché
se uno penumatico funzionava
meglio, questo si traduceva subito
in qualcosa di concreto e lo si
vedeva immediatamente nel
tempo sul giro».
riveleranno deludenti per Gardner, spesso infortunato. In compenso, i suoi successi e la sua tenacia spinsero le case nipponiche a guardare cosa si muoveva nel vivaio dei piloti australiani.
Kevin Magee, Daryl Beattie, Mat Mladin e – soprattutto – un
certo Mick Doohan avrebbero in futuro dato fil da torcere ai
piloti della categoria regina.
Se Wayne Gardner s’impegnava al 100 % in corsa, sapeva però anche rilassarsi
una volta sceso dalla moto. Gérard Bombled, che lavorava con Christian Sarron,
si ricorda d’un aneddoto che riassume bene l’atmosfera del paddock in quegli
anni. «Al sabato mattina, Christian Sarron e
Kareen, la sua compagna, erano letteralmente
sottosopra. Il loro cane, Boss, stava male,
soffriva visibilmente ed alcuni rinomati e costosi
specialisti, consultati al riguardo, ritenevano che si
dovesse assolutamente rimpatriare il cane, a loro
avviso reso malato dagli ultra-suoni emessi dalle
moto da corsa…
…Fu Dominique Sarron, compagno di squadra di Gardner alla Honda,
ad evitare a suo fratello il rimpatrio d’urgenza della povera bestia.
Discutendo con Jean Hérissé, il tecnico responsabile della Honda,
Dominique gli aveva spiegato che suo fratello era preoccupato per
quello che accadeva a Boss. Un po’ più tardi, Jean confidò a Wayne
che Christian Sarron non era al meglio della sua forma a causa dei
problemi del suo cane. A quelle parole, Wayne esplose in una risata.
Alla vigilia, durante una festa organizzata da una marca di birra
australiana, Wayne ed i suoi amici avevano dato da bere birra al
cane del rivale francese. «Ha bevuto più di me! Basterà dargli una
compressa d’aspirina!» ammise, ridendo, l’australiano.
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Un attimo di relax
Specialista delle medie cilindrate,
Anton Mang vinse quell’anno il solo dei
suoi cinque titoli con la Michelin.
1987
Campione del mondo della 125 cm3 nel 1985 e nel
1987, Fausto Gresini ha creato la sua scuderia nel
1997. Come noto, le sue moto corrono tuttora nella
MotoGP.
Nella stagione 1987, Wayne
Gardner (Honda-Michelin) si
laureò Campione del mondo
classe 500, mentre la Michelin
vinse anche i titoli della 80 cm3,
con Jorge Martinez (Derbi), della
125 cm3, grazie al nostro Fausto
Gresini (Garelli) e della 250 cm3,
con Anton Mang (Honda). In
questa categoria «quarto di
litro», la Honda e la Michelin si
rivelarono realmente invincibili,
conquistando addirittura i primi
cinque posti della classifica del
Campionato (con, nell’ordine,
Anton Mang, Reinhold Roth, Sito
Pons, Dominique Sarron e Carlos
Cardus).
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Company
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Barry Sheene
1977
Kewin Schwantz
1993
UN ALBO D’ORO DI TUTTO RISPETTO
Con 360 vittorie in MotoGP e 26 titoli mondiali, 12 titoli e 269 vittorie nel mondiale Superbike, e 14 titoli nel
Campionato del mondo Endurance, oltre ai successi in vari campionati nazionali in Europa, la Michelin dimostra
da sempre la sua capacità a proporre pneumatici il cui equilibrio delle prestazioni è senza compromessi: costanza,
competitività e polivalenza sono caratteristiche sempre riunite negli pneumatici Michelin.
Freddie Spencer
1985
Valentino Rossi
2002