le mani in pasta

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le mani in pasta
COPIA IN OMAGGIO PER I POSSESSORI DI CARTA PAYBACK
LIFESTYLE MAGAZINE
le mani
in pasta
Cibo per la bocca e per la mente:
una miscela golosa e raffinata
di ingredienti e spunti
per chi ama la vita
Mondi lontanissimi
in Puglia e Basilicata
“Sono nato
vegetariano”
Il percorso
di Pietro Leemann
ISSUE_01_2016 / APRILE
Per vivere di gusto
devi avere testa e cuore.
Testa per comprendere, riflettere, scegliere.
Cuore per abbandonarti alle emozioni
e godere del bello. C’è gusto nel cercare
la qualità e il benessere, nel mostrarsi curiosi
e aperti, nel rispettare le persone e la Natura.
C’è gusto nel dare importanza alle cose
che meritano senza perdere mai la capacità
di sorridere. Per te che vivi di gusto,
ecco questo magazine: pagine belle da ve
vedere
e agili da leggere, cibo per la bocca,
per gli occhi e per la mente.
Stimoli, idee, suggestioni e appunti
ppunti
di viaggio per amanti della vita.
ta.
Buona lettura!
Stéphane Coum
Direttore Carrefour market
Italia
sommario
ia
sco
agg
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v
pri le
e
e
t r a s r ub r i c h e de l m es e c ia l i
apori,
p r o fum i e gus t i s p
l a mat e r ia p r ima
Vivi e veg
cibo per la mente
Le farine
Con Pietro Leemann
Estasi culinarie
Alla scoperta di un ingrediente
versatile, che è alla base di molte delle
cose più buone della nostra tavola
La prima tappa di un viaggio
fra cucina e filosofia in compagnia
del celebre chef vegetariano
Con il romanzo di Muriel Burbery,
l’autrice di L’eleganza del riccio,
alla ricerca del gusto perduto
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ci metto la faccia
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l a f o toricetta
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ambasciatori vivi di gusto
Eros Chiefari
La carbonara
Elisa ed Elena
«Senza passione non si ottengono
risultati»: il lavoro del manager
di sala di un supermercato
Un grande classico della nostra
cucina illustrato da Luciano Monosilio,
chef del Pipero al Rex di Roma
In Toscana un birrificio tutto al
femminile: una storia imprenditoriale
fatta di coraggio e originalità
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il gusto di viaggiare
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Il tema del mese
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hollyfood
Basilicata e Puglia
Pasqua
Un tocco di zenzero
La Capitale Europea della Cultura
2019 e una zona poco nota con un
grande patrimonio naturale e umano
Uova e Pasqua: un binomio
indissolubile fra tradizioni e cucina,
anche quando il cioccolato non c’entra
Lezioni di astronomia con le spezie:
accade in un film ambientato fra
Turchia e Grecia negli anni 60
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Pet chic
Musica per animali
tend e nze gou rm et
s ma rtfood
Hamburger di astice
App
È una tradizione anglosassone
ma si sta diffondendo anche in Italia:
ora i crostacei entrano nei panini
Le cinque app di ricette più
apprezzate dagli utenti e dagli addetti
ai lavori, più una app per il fitness
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k it c he n bi zarre
_46
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s ap ore e psiche
Dolci con insetti
Simbologia dei frutti
Si parla molto di insetti da mangiare.
Ma non tutti sanno che si usano
anche come ingredienti per dolci
Favole, leggende e religioni sono
piene di riferimenti alla frutta,
e ogni frutto ha un suo significato
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Radio, siti e canali tv con suoni
e melodie per cani e gatti
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Yes, we trend
SoulCycle
Una nuova forma di fitness,
a metà fra spinning e yoga
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rime di gusto
Il nostro saluto in “versi”
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colop hon
APRILE 2016 - NUMERO 1 - ANNO 1
Registrazione in tribunale: Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano
n.76 del 29/02/2016
Ideato: Altavia Italia
Proprietario: GS S.p.A., via Caldera 21 - 20153 Milano
Editore: Altavia Italia, Alzaia Naviglio Pavese 78/3 - 20142 Milano
Stampatore: Altavia Italia, Alzaia Naviglio Pavese 78/3 - 20142 Milano
Direttore Responsabile: Niccolò Vecchia
Redazione: The Van, via Cucchiari 20 - 20155 Milano
Foto di copertina: Hive, via Teglio 9 - 20158 Milano
Ricordati di prendere la tua copia cartacea alle casse
la materia prima
Le farine
Uno straordinario punto di partenza. La farina
è il primo passo di quello che sarà un viaggio, mese dopo mese,
tra le materie prime. Ovvero le tessere essenziali di quel grande,
entusiasmante mosaico che è la cucina. Conoscerle meglio ci aiuterà
a divertirci nell’usarle con maggiore creatività, ma anche a darci
quella consapevolezza necessaria a sfruttarne tutte le doti preziose.
Iniziamo dunque dalla farina, ingrediente dalla versatilità assoluta,
alla base di moltissime delle cose più buone che arricchiscono la
nostra tavola. Siete pronti a mettere le mani in pasta?
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la materia prima
Le farine
di Niccolò Vecchia
i l fa s c i n o a n t i c o
d e l l a fa r i n a
Per saperne di più
Alle origini dell’alimentazione e della stessa società: una storia
che ci racconta come l’uomo è diventato un coltivatore stanziale
P
rima della ruota: la produzione di farina è
talmente antica da essere addirittura precedente
a quell’invenzione che, per antonomasia,
consideriamo un punto cruciale per il progresso
dell’uomo. Potremmo poi aggiungere che l’invenzione
della ruota renderà molto più facile la produzione
della farina, aiutando a costruire macine e poi mulini
decisamente più efficaci, ma questa parte della storia
magari la raccontiamo un’altra volta.
Qui ci occuperemo invece di come dei semi, che mangiati
così come sono risulterebbero almeno in parte indigesti,
trasformati in una fine polvere abbiano avuto un ruolo
essenziale per lo sviluppo dell’alimentazione e della
società umana.
segue a pagina 7
Le a lte rna tive
Sarebbe un vero peccato limitare la propria conoscenza alle farine di frumento, le alternative sono moltissime! Come
la farina di segale, molto usata nei paesi nordici per creare i loro classici pani neri, o di grano saraceno, saporita e
naturalmente priva di glutine; inoltre ci si fanno i pizzoccheri, per cui non può che essere lodata. Con la farina di mais in
Italia facciamo la polenta, mentre in Messico è alla base di tacos e tortillas. Ma la farina si ricava anche da legumi come
fave, piselli, ceci, lenticchie, fagioli, lupini, cicerchie, tutte ottime come fonti di proteine vegetali.
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la materia prima
c e n’è u n a
per ogni occasione
Le farine
Farina? No, farine! La varietà di questi macinati è una ricchezza di cui
gioire e con cui giocare. Questi sono alcuni dei cereali (e non solo)
che si possono usare per ottenere farine squisite
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Farro
Miglio
Quinoa
R Venere
Riso
V
KKamutt
O perlato
Orzo
l t
SSegale
l
SSorgo
R rosso
Riso
R Carnaroli
Riso
C
l
AAmaranto
t
Grano saraceno
la materia prima
Le farine
E con un po’ di orgoglio patriottico (solo un po’, mi
raccomando!) ci è concesso dire che i più antichi
ritrovamenti archeologici raccontano che nel Paleolitico
superiore furono alcune popolazioni italiche, in
particolare nella zona del Gargano, le prime a consumare
regolarmente farina, circa 32.000 anni fa.
dal primo, più friabile, si ottengono farine fini, sottili. Il
grano duro, più resistente, produce invece la cosiddetta
semola, caratterizzata da una grana più grossolana. Q
segue a pagina 8
Ma cos’è, davvero, la farina? In latino arcaico la parola
“far”, da cui deriva la nostra “farina”, indicava in
generale tutti i cereali, prima di evolversi e indicare il
solo farro. Questo ci aiuta a sottolineare come la farina
sia il risultato della macinazione dei cereali, non solo
del frumento: nelle grotte garganiche si usavano dei
rudimentali pestelli per ridurre in polvere i chicchi di
avena.
La storia della farina però è strettamente legata alla
nascita dell’agricoltura e, facendo un salto temporale
in avanti, ci troviamo di fronte proprio Sua Maestà il
frumento: una pianta, diretta discendente del farro, che
meglio di ogni altra può raccontare il passaggio che ha
portato l’uomo a diventare un coltivatore civilizzato e
stanziale.
Se siamo quello che siamo, lo dobbiamo molto al frumento
e a ciò che si ottiene dalla frantumazione dei suoi grani.
Non a caso si divide in grano tenero e grano duro,
riportandoci all’idea di macinazione:
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la materia prima
Le farine
un’arte
magica
È l’alimento per eccellenza, ma cosa ne
sappiamo davvero? Alla scoperta di un cibo
più completo di quanto pensiamo
I
l pane è un alimento che unisce tutto il mondo,
di cui esistono varianti pressoché infinite, ognuna
legata alle tradizioni e alle materie prime del luogo
di origine. Il pane è soprattutto una semplicissima
magia, un miracolo di armonia che nasce da una
triangolazione elementare fatta di farina, acqua e
lievito. Una formula così semplice ci dice che la bontà
di un pane deriva principalmente dall’uso sapiente
di questi ingredienti, sia per quanto
riguarda la loro selezione che il
loro trattamento.
Partiamo dalle farine,
che nella panificazione si
distinguono in “forti” e “deboli”
in base alla quantità e al tipo
di proteine che contengono: una
farina “forte” ha una maggiore capacità
di assorbire acqua perché contiene una superiore
quantità di proteine che, a contatto con l’acqua,
sviluppano il glutine, con il risultato di lievitare di più.
Una farina di media forza contiene una percentuale di
proteine compresa tra il 10 e il 12%. Sopra il 12% si avrà
una farina detta “forte”, adatta per le lunghe lievitazioni,
mentre una farina con basso tenore proteico è preferibile
per impasti più rapidi e, una volta cotti, più friabili.
Sulle confezioni delle farine professionali la forza viene
indicata con la lettera W: le farine deboli hanno una W
tra 90 e 160, le medie una W compresa tra 160 e 250.
Esistono anche farine speciali e molto forti, con una W
superiore a 350: vengono chiamate Manitoba perché
originalmente ottenute con grani coltivati in quella
regione del Canada. Sono spesso utilizzate in miscela con
farine più deboli per aumentarne la resa.
È IL FRUTTO DELL’INCONTRO TRA FARINA,
LIEVITO E ACQUA. PER OTTENERE
UN RISULTATO BELLO E BUONO È
FONDAMENTALE CONOSCERE LE
CARATTERISTICHE DI QUESTI ELEMENTI
Per i lieviti possiamo fare una divisione fondamentale tra
lievito di birra e lievito madre. Il primo,
semplice da reperire e da utilizzare,
si trova confezionato sia fresco che
disidratato: è un vero ingrediente,
affidabile e costante nei suoi
risultati. Consente una lievitazione
più veloce, ma al tempo stesso per
questo non permette alla farina
una fermentazione completa,
rendendo quindi meno digeribile il
pane prodotto, inoltre esalta in modo
minore i profumi dei cereali.
Il lievito madre o pasta madre è invece il risultato
di una lunga procedura: si tratta di un impasto di
acqua e farina, che fermenta grazie a lieviti e batteri.
Impastato poi con altra acqua e altra farina, innesca un
processo di lievitazione più complesso e più lungo che
potrà conferire una maggiore complessità gustativa al
pane. Comporta però una maggiore cura: infatti il lievito
madre va conservato con attenzioni quotidiane e offre un
minor controllo nella lievitazione degli impasti. Q
segue a pagina 10
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la materia
prima
Pa
ne
a l lLe
a farine
f r u t ta s e c c a
Ingredienti
• 200 gr farina di farro • 500 gr manitoba • 100 gr
frutta secca (uvette, amarena, bacche di goji) •
25 gr lievito di birra fresco • 3 cucchiai di olio
extravergine • 5 gr sale
Mescolate farine, olio, sale e il lievito sciolto in
precedenza in poca acqua calda. Impastate
aggiungendo man mano acqua tiepida fino a ottenere
un composto morbido ed elastico. Lasciate riposare
l’impasto coperto lontano da correnti d’aria per 20
minuti. Lavorate di nuovo l’impasto, aggiungete
la frutta secca e formate dei cilindri con la punta
arrotondata. Ungete una teglia, adagiate le pagnotte
e infarinatele. Fate lievitare in forno a 50° per circa
2 ore e fate cuocere a 180° per 15-20 minuti.
ricette
Pa n e
cacio e pepe
Ingredienti
• 300 gr farina di grano duro • 200 gr manitoba
• 80 gr pecorino grattugiato • 25 gr lievito fresco
• 5 gr sale • 5 gr pepe grattugiato • 2 cucchiai di olio
extravergine • 1 cucchiaino di malto d’orzo
Mescolate farine, malto, olio, sale e il lievito sciolto in
precedenza in poca acqua calda. Impastate aggiungendo
man mano acqua tiepida fino a ottenere un composto
morbido ed elastico. Lasciate riposare l’impasto coperto
lontano da correnti d’aria per 25 minuti. Lavorate di nuovo
la pasta aggiungendo il pecorino e il pepe e formate una
pagnotta quasi rotonda. Ungete una teglia, adagiate la
pagnotta e infarinatela; praticate delle incisioni parallele
sulla superficie e lasciatela lievitare in forno spento con
solo la luce accesa per circa 2-4 ore, fino al raddoppio.
Scaldate il forno a 190° e fate cuocere per 30-40 minuti.
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la materia prima
Le farine
A l s e r v i z i o d i s ua
m a e s tà . . . l a P i z z a
C
on la farina in Italia abbiamo fatto una
cosa, un disco di pasta, con cui abbiamo
conquistato il mondo. La pizza è un
impasto delicato, che necessita di lievitazioni lunghe
per raggiungere quell’elasticità e quella morbidezza
che la rendono unica. Abbiamo chiesto a tre grandi
protagonisti di raccontarci il segreto dei loro impasti.
Non possiamo che iniziare dal sud, da Napoli. E da
Gino Sorbillo che, partito dalla sua storica insegna in
via dei Tribunali, sta diventando una superstar: «Il mio
impasto lo definisco gentile. Non chiedo alle farine alte
prestazioni, aspettando poi le giuste ore di lievitazione.
Utilizzo una farina 0 biologica che miscelo con una
piccola parte di integrale biologica».
A Roma ci fermiamo invece per ascoltare la voce di
Pierluigi Roscioli, titolare di un forno mitico nella
Capitale: «Il nostro approccio è più vicino a quello
della panificazione, ottenendo una pizza soffice ma
anche croccante. Usiamo solo farine in purezza, senza
mai miscelarle, volendo valorizzare le caratteristiche
dei grani».
Il veneto Simone Padoan con la sua pizzeria I Tigli è
stato invece un pioniere assoluto della pizza gourmet:
«Utilizzo solo farine grezze, macinate a pietra, integrali
o semi-integrali, per avere un prodotto il più naturale
possibile e conservare nel lievitato il sapore del grano.
Propongo molti impasti differenti, giocando con sapori
e consistenze in base ai tipi di guarnizioni». Q
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nei
dol
ci pu
oi fa
re
esp fruttosi
erime
nti co
n f a r i n e a l ter na
tive
Tutto il dolce
d e l l e fa r i n e
L
a farina è la base di infinite ricette da forno salate.
Ora però diamo ascolto alla voce golosa che tutti
abbiamo dentro, che urla: «dolci!».
Come per la panificazione, anche per i dolci da forno
è necessario ragionare sulla forza delle farine: quando
l’obiettivo che si vuole raggiungere è la friabilità, come
nelle crostate, nelle frolle in genere e nei biscotti, si
deve usare una farina che sviluppi poco glutine. Invece
nei dolci con maggiore struttura e con uova e grassi
nell’impasto, come ad esempio i panettoni, servono
lievitazioni più lunghe e quindi farine più potenti.
Anche nei dolci è però possibile fare fruttuosi esperimenti
con farine alternative, non di frumento: ottima è la farina
di castagne, naturalmente priva di glutine, che si può
usare come unica farina per la preparazione di torte e
plumcake particolarmente soffici.
La farina di riso invece può essere aggiunta in
piccola quantità a impasti a base di farina di
frumento, per renderli più leggeri e morbidi. La
farina di farro, cereale antenato del frumento, può far
nascere buonissimi biscotti.
Non possiamo poi dimenticare le farine di nocciole,
mandorle, noci: raramente possono essere utilizzate in
purezza, ma il loro apporto in miscela con altre farine è
alla base di torte e biscotti di grande ricchezza gustativa. Q
la materia prima
Le farine
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ci metto la faccia
Eros Chiefari
ci metto la faccia
Eros Chiefari
Uniti
si vince!
Il manager del fresco di un market milanese
spiega fascino e complessità del suo lavoro
e racconta come la sua passione per il rugby
l’abbia aiutato a superare le difficoltà
S
enza passione non si ottengono risultati.
La passione è quella cosa che rende ogni giorno
diverso e trasforma i problemi in stimoli.
Ho iniziato a sedici anni in
una grande salumeria, di
quelle in cui devi essere
cuoco, macellaio e molte
altre cose. Dal 1996 lavoro
nei supermercati, ho fatto la
mia gavetta e ora coordino
trentatré persone.
Il fresco è molto
difficile da gestire:
controlli, tracciabilità,
certificazioni... Ma dà
anche soddisfazione,
perché è il biglietto da
visita del punto vendita.
Curiamo le vetrine e le
esposizioni nei minimi
dettagli, e ce lo riconoscono sia i clienti sia i superiori.
L’ortofrutta è disposta come in una boutique:
cerchiamo di metterci attenzione e gusto. I clienti li
serviamo noi: è un riguardo in più nei loro confronti ma
può essere molto faticoso, soprattutto quando il market
è affollato. A volte poi bisogna fronteggiare l’assenza
imprevista di un collega. Le emergenze possono
IL FRESCO È MOLTO DIFFICILE DA GESTIRE
MA DÀ ANCHE SODDISFAZIONE PERCHÉ È IL
BIGLIETTO DA VISITA DEL PUNTO VENDITA.
CURIAMO LE ESPOSIZIONI NEI MINIMI DETTAGLI
essere tante, e il modo migliore per risolverle
è comportarsi come una squadra. Nel tempo
libero gioco a rugby (ci chiamiamo Old Blacks, perché
siamo tutti oltre i quaranta!), uno sport in cui unione,
aiuto reciproco e forza di volontà sono particolarmente
importanti. È con questo spirito che affronto le sfide
del mio lavoro. Sono combattivo e resistente, se
necessario anche severo, ma cerco di essere sempre
umile e dare l’esempio: a prescindere dalle mansioni,
non mi tiro indietro di fronte a nessuna esigenza. Sono
un uomo di campo e mi piace stare dove c’è azione.
No, dietro una scrivania proprio non mi ci vedo. Q
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il gusto di viaggiare
Basilicata e Puglia
D i G i u l i a n o Pav o n e
Tante piccole
matera
Colorado e Cappadocia? No, Puglia e Basilicata!
Viaggio tutto italiano fra canyon e case-grotta
S
e non siete stati a Matera, andateci quanto
prima. La città lucana – patrimonio mondiale
dell’Unesco e recentemente proclamata Capitale
Europea della Cultura per il 2019 – è un unicum
mondiale, un suggestivo tuffo nel passato, e per giunta
vive da alcuni anni anche un fervore mondano con
un fiorire di locali, hotel di design, manifestazioni
culturali.
Ma che siate stati o no a Matera, sappiate che la città
dei Sassi è solo un pezzo di una zona più ampia, a
cavallo fra Basilicata e Puglia, che con essa condivide
la stessa storia e la stessa natura. Una zona per molti
p e r sa p e r n e d i p i ù
Matera Capitale Europea della Cultura:
www.matera-basilicata2019.it
MUSMA: www.musma.it - Area 8: www.area8.org
Casa Noha: www.visitfai.it/casanoha
Casa Cava: www.casacava.it - Cripta del Peccato
Originale: www.criptadelpeccatooriginale.it
Parco della Murgia Materana: www.parcomurgia.it
Parco delle Gravine:
http://parcodellegravine.provincia.ta.it
Cea Parco delle Gravine:
http://ceaparcodellegravine.altervista.org
Passaturi: www.passaturi.it
versi stupefacente, fuori dal tempo e che a differenza
di Matera è da un punto di vista turistico quasi vergine.
Parliamo del Parco della Murgia Materana e di quello
delle Gravine. Gole mozzafiato, villaggi scavati nella
pietra, chiese rupestri e affreschi bizantini, e poi
paesaggi incontaminati, piante e animali introvabili
nel resto d’Italia: a volte per raggiungere
“mondi lontanissimi” non c’è bisogno di voli
intercontinentali.
MATERA È SOLO UN PEZZO DI UNA ZONA
FRA BASILICATA E PUGLIA PER MOLTI VERSI
STUPEFACENTE, FUORI DAL TEMPO E DA UN
PUNTO DI VISTA TURISTICO QUASI VERGINE
Partiamo da Matera. I famosi Sassi non sono altro che
un antichissimo insediamento urbano, abitato senza
interruzioni dalla preistoria a oggi (ma tornato fruibile
solo di recente, dopo decenni di degrado), scavato nelle
pareti di una gravina, cioè di una gola. Le case entrano
in profondità nella tenera roccia calcarea, secondo
princìpi che ottimizzano la penetrazione della luce e il
mantenimento di temperature confortevoli. Alle parti
scavate (che spesso nascondono cisterne, pozzi e luoghi
sacri) si aggiungono poi le strutture edificate (compresi
splendidi palazzi e numerose chiese rinascimentali e
segue a pagina 16
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il gusto di viaggiare
Basilicata e Puglia
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il gusto di viaggiare
Basilicata e Puglia
Roba da film
Sassi e gravine sono spesso stati utilizzati come scenario
per pellicole ambientate nel passato o in mondi
immaginari. A Matera sono stati girati,
fra gli altri, La passione di Cristo
di Mel Gibson e il remake di Ben Hur
(nelle sale dall’estate 2016). Pier
Paolo Pasolini ambientò Il Vangelo
secondo Matteo fra Matera e varie
gravine. La grotta dell’orco in Il
racconto dei racconti di Matteo
Garrone si trova nella Gravina di
Petruscio a Mottola.
barocche) per un effetto d’insieme che
ricorda uno strabiliante presepe per umani.
Fra le tante attrazioni di Matera, ci limitiamo a citare la
chiesa rupestre di Santa Maria de Idris e l’inquietante
Chiesa del Purgatorio, il museo della scultura MUSMA
(l’unico museo al mondo in grotta) e due esempi di
come le testimonianze del passato possano trasformarsi
in luoghi contemporanei: Casa Noha (una casa
tradizionale sulle cui pareti è proiettato un filmato sulla
storia di Matera) e Casa Cava, una grande cava di tufo
trasformata in avveniristico auditorium e centro per la
creatività giovanile.
A dieci chilometri da Matera, vicino a un’azienda
vinicola, si trova la Cripta del Peccato Originale,
recentemente recuperata, detta la Cappella
Sistina dell’arte rupestre. Attraverso le parole di
una voce registrata e un gioco di luci scoprirete un
eccezionale ciclo pittorico risalente ai secoli VIII-IX
che raffigura i primi capitoli della Genesi.
Proseguendo in direzione Puglia ci si addentra
nella terra delle gravine. Trekking, osservazioni
naturalistiche, speleologia sono solo alcune delle
_16
possibili attività con cui si può cimentare il viaggiatore
che arrivi da queste parti. Le gravine sono dei
profondi canyon scavati da antichi fiumi. Il particolare
microclima dona loro un’incredibile biodiversità:
vi si trovano orchidee selvatiche, rettili di
origine transbalcanica e rarissime farfalle.
Sempre grazie al clima e alla presenza
di numerose grotte naturali, le gravine
hanno ospitato fin dal periodo Neolitico
insediamenti umani. I villaggi rupestri
sono stati abitati fino agli anni 50,
e oggi si possono visitare insieme
a cripte, chiese e santuari ricchi di
affreschi bizantini.
NELLE GRAVINE SI TROVANO ORCHIDEE
SELVATICHE, RETTILI TRANSBALCANICI E
RARISSIME FARFALLE. I VILLAGGI RUPESTRI
SONO STATI ABITATI FINO AGLI ANNI 50
La gravina più profonda è quella di Laterza (uno
dei canyon più grandi d’Europa). Il locale Centro
di educazione ambientale, il Cea Parco delle
Gravine, organizza fra l’altro corsi di arrampicata e
di autoproduzione di saponi bio, passeggiate con gli
asinelli ed escursioni notturne.
Gli esempi più ricchi e meglio conservati di arte
rupestre sono nei dintorni di Mottola e Massafra.
Proprio a Massafra, Passaturi organizza periodicamente
visite alle chiese rupestri più suggestive della
zona. Siamo ormai alle porte di Taranto, con i due
mari, il centro storico su un’isola e il grande museo
archeologico da poco rinnovato. Ma questa è un’altra
storia. Q
il gusto di viaggiare
Basilicata e Puglia
da n o n
perdere
La Farmacia del Mago Greguro
Il “non hotel”
nei Sassi
Nella Gravina della Madonna della Scala
a Massafra, con una scala di corda si accede
a un complesso di dodici grotte con un centinaio
di nicchie alle pareti: si dice contenessero le erbe
officinali di un mago vissuto intorno all’anno Mille.
tro
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della
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M
as
Area 8 (www.area8.org)
è il bar più cool d’Italia
secondo il magazine americano
Travel+Leisure. Ma più che
un semplice bar è uno spazio
multifunzionale che ospita
una casa di produzione
di materiali video, un caffè,
un teatro.
Il pane
di
Ma
ter
a
Pane di tradizione e di qualità ad Altamura (DOP),
Matera (IGP), e Laterza (PAT).
Molti e pregiati anche i derivati del pane (focacce, friselle,
taralli) e i piatti a base di pane (Cialledda, Panecotto...).
Il pane trad
n
izio
ale
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vivi e veg
Con Pietro Leemann
di Niccolò Vecchia
D i v e n ta r e
v e g e ta r i a n o è s ta ta
u n a r i n a s c i ta
Il grande chef vegetariano Pietro Leemann ci condurrà, numero
dopo numero, in un percorso di conoscenza della cucina e della
filosofia vegetariane. Per iniziare, ci racconta l’origine della sua scelta
I
o credo che si nasca vegetariani. O almeno, io
penso di essere nato vegetariano e di avere appreso
l’alimentazione onnivora condizionato dalla mia
famiglia e dalla cultura del tempo. Mi sono adattato, ma
dentro di me qualcosa strideva.
Me ne sono accorto, come racconto nel mio libro “Il
sale della vita”, facendo le prime esperienze da cuoco:
cucinando la carne si vive in prima persona il
passaggio dalla vita alla morte di un animale. Ho
iniziato a pormi dei dubbi, a cercare un’alternativa, ma ci
sono voluti anni di riflessione.
A vent’anni, grazie a un periodo di pausa, ho capito che
l’alimentazione vegetariana mi corrispondeva molto. Ero
giovane, ma non mi sentivo al meglio, sia fisicamente che
mentalmente, a causa anche di una dieta non adatta a me:
ormai si sa che mangiare troppa carne occlude la
circolazione del sangue, rallentando molte delle nostre
funzioni corporee, comprese quelle cerebrali.
carta d’identità
Chi. Pietro Leemann
il ristorante. Joia, via Panfilo Castaldi, 18 – Milano
Online. www.joia.it
il libro. Il sale della vita, Mondadori Electa,
199 pagg, euro 16,90
_18
Iniziando a mangiare vegetariano ho sentito una
trasformazione profonda, una liberazione fisica e spirituale.
Poi sono partito per l’oriente e ho incontrato la meditazione,
un’altra parte importante della mia vita, trovando
un’ulteriore conferma di come il vegetarianesimo fosse la
strada giusta. Al mio ritorno ho consolidato la mia scelta ed
è iniziata anche l’esperienza di Joia.
Nel mio percorso ho capito che ognuno di noi è il
frutto delle proprie scelte, e il cibo è una delle più
importanti. Se mangiamo quello che non ci corrisponde
diventiamo una non-versione di noi stessi: la scelta non
deve essere necessariamente quella vegetariana, ma deve
essere consapevole. Quando è nato Joia, ventisei anni
fa, venivamo visti come degli idealisti un po’ matti,
la consapevolezza delle persone rispetto al cibo era scarsa
e si pensava che fosse impossibile provare piacere nel
mangiare vegetariano. È stata una sfida dimostrare che non
era così, ma ce l’abbiamo fatta. Per essere considerati un
ristorante di qualità è stata importante la stella Michelin
arrivata nel 1996, ma abbiamo anche avuto la fortuna di
vedere crescere nelle persone la coscienza dell’importanza
di un’alimentazione più sana e più etica. Noi abbiamo
prevenuto questo cambiamento e per questo oggi il Joia può
esserne considerato un’icona. Q
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FOTO DI GIOVANNI PANAROTTO
Risotto con shitaké, barbabietola e scorzonera
dolce, contrasto di olive e capperi,
spuma soffice di cavolfiore affumicato
vivi e veg
Con Pietro Leemann
r i c e t ta
1
Pelare la scorzonera dolce e cuocerla in acqua
salata e acidulata per 10 minuti, tagliarla a
cubi grossi. Tagliare a tocchi grandi gli shitaké,
arrostirli a fuoco vivo in padella per 3 minuti.
Cuocere la barbabietola a vapore per 40 minuti,
frullarla e passarla al setaccio.
2
Tagliare il cavolfiore in pezzi regolari, sbollentarlo
in acqua per 8 minuti, farlo affumicare e lasciarlo
risposare per una notte. Arrostire il cavolfiore con
qualche foglia di timo. Frullare il cavolfiore ed
emulsionarlo con poco olio di semi e di oliva.
3
Pelare lo zenzero e farne dei piccoli quadratini.
4
Tostare il riso con un goccio d’olio, bagnarlo a
poco a poco con il brodo bollente rimestandolo
in continuazione. Dopo 12 minuti aggiungere la
scorzonera, a fine cottura, variabile da 14 a 16
minuti a seconda del tipo di riso, aggiungere le
barbabietole, gli shitaké, le olive e i capperi.
Mantecare con purea di cannellini, sciroppo di
agave, brunoise di zenzero, succo di limone e
rosmarino tritato.
5
Servire il risotto nelle foglie di verza appoggiandovi
sopra una cucchiaiata di spuma al cavolfiore
affumicato.
Ho servito questo riso
durante un evento in
cui una grande azienda
americana, proiettata
verso la green economy
e il rispetto delle
persone, si presentava
all’Italia. Quell’America
che mi piace e che
sembrerebbe sia in grado
di cambiare il mondo
in meglio; forse ancora
un modello da seguire
Ingredienti per 4 persone
240 gr riso carnaroli
50 gr barbabietola cruda
150 gr scorzonera dolce
20 gr capperi dissalati
70 gr purea di cannellini
20 gr olio di semi
10 gr sciroppo di agave
15 gr brunoise di zenzero fresco
40 gr vino rosso
20 gr succo di limone
10 gr rosmarino tritato
40 gr olive snocciolate
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400 gr cavolfiore
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1 mazzetto di timo
80 gr funghi shitaké
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4 belle foglie di verza
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800 gr brodo vegetale
Sale q.b.
_21
prodotti di gusto
Il Limoncello
Il sole
nel bicchiere
Un frutto polposo e fragrante, coltivato con metodi tradizionali e rispettosi
della natura è l’ingrediente insostituibile del Limoncello Terre d’Italia
V
alorizzazione del territorio e
delle tradizioni locali: è così
che Terre d’Italia dal 1999
promuove il patrimonio gastronomico
italiano nelle sue innumerevoli
sfaccettature. Perciò il Limoncello
Terre d’Italia non può che essere
prodotto nella Penisola Sorrentina,
lì, dove cresce una varietà di limone
unica al mondo. Ancora oggi, il nobile
liquore è realizzato artigianalmente
secondo la tradizione.
Il Limone di Sorrento I.G.P. è ovale,
di dimensioni medio-grosse e si
distingue per una polpa di colore
giallo paglierino particolarmente
succosa e una buccia dall’aroma
intenso e caratteristico, dovuto alla
ricchezza degli oli essenziali che
contiene. Cresce in diverse zone
del territorio dei comuni di Vico
Equense, Meta, Piano di Sorrento,
Sant’Agnello, Sorrento, Massa
Lubrense, Capri e Anacapri,
spesso in terreni a picco sul
mare. Per coltivarlo si utilizza il
sistema tradizionale dei pergolati
e delle “pagliarelle”, che sono
stuoie di paglia appoggiate a pali
in legno preferibilmente di castagno
che coprono gli alberi per proteggerli
dalle brezze marine e dalle basse
temperature invernali, favorendo così
una maturazione scalare.
Oltre la qualità intrinseca della
materia prima, è il rispetto per la
natura e la passione del lavoro a
fare la differenza: quando una
pianta si ammala, i contadini si
dedicano alla sua cura, evitando,
ogni volta che è possibile, di
abbatterla e sostituirla.
Le coltivazioni possono così vantare
in alcuni casi anche alberi secolari.
Le fioriture sono due durante l’anno:
i rami vengono piegati a ombrello e
legati con un ramo di salice che fa sì
che il prodotto rimanga protetto dalla
chioma dell’albero anche diversi mesi
prima di essere raccolto. I frutti non
vengono trattati con alcun prodotto
chimico dopo la raccolta.
La coltivazione del Limone di
Sorrento I.G.P. viene realizzata
in modo controllato senza
sfruttare il territorio con
impianti e metodi di agricoltura
intensivi. La raccolta si svolge nel
periodo dal 1° gennaio al 31 ottobre
e deve essere effettuata a mano
da raccoglitori esperti, in grado di
selezionare i frutti al giusto grado
di maturazione e quindi pronti per
essere colti.
Si osserva un fermo biologico per due
mesi, da novembre a dicembre.
Terre d’Italia ci riporta all’origine
del gusto attraverso le eccellenze
gastronomiche tipiche dei nostri
territori. E all’origine del gusto
torniamo sorseggiando un Limoncello
Terre d’Italia, ideale servito freddo
a fine pasto, con la sua tipica nota
fresca e agrumata e il calore alcolico
nascosto dall’armonia del sapore. Q
prodotti di gusto
Il Limoncello
fotoricetta
La carbonara
4 tuorli
d’uovo
(1 tuorlo
per persona)
Le istruzioni
di Luciano
Monosilio
L
uciano Monosilio, chef del
ristorante stellato Pipero
al
@@@@@@
Rex di Roma, è una vera
@@@
cintura nera di Carbonara.
La ricetta di questa pasta, tra le
più amate della nostra cucina,
nonostante sia assolutamente
essenziale, spesso fa discutere.
Quelli che usano la pancetta,
quelli che ci mettono la panna,
quelli che solo il grana, quelli che
senza pecorino non è Carbonara.
E allora ci pensa Monosilio:
seguite le sue indicazioni e saprete
di essere nel giusto!
per 4 persone
280 gr
di spaghetti
_24
20 gr
di guanciale
tagliato a cubetti
30 gr
di grana
grattato
20 gr
di pecorino
grattato
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preparazione
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il tema del mese
Pasqua
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il tema del mese
Pasqua
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uova!!!
di Lucia Ingrosso
T u t t e l e u ova d i Pa s q ua
(tranne quelle di cioccolato)
Si mangiano, si decorano e ci si gioca: viaggio fra tradizioni
pasquali e curiosità alla scoperta di un simbolo di vita e purezza
C
hi dice Pasqua dice uovo. Ma perché? Da cosa
nasce questo legame indissolubile?
L’uovo è, da sempre, simbolo di vita, fertilità e
purezza. La tradizione cristiana, poi, l’ha associato alla
resurrezione di Gesù. Infatti, con la sua forma e il suo
aspetto, liscio e dal colore uniforme, sembra quasi una
delle pietre del sepolcro. Al suo interno, però, cela una
promessa di vita.
LA TRADIZIONE DI DONARE UOVA A PASQUA
RISALE AL MEDIOEVO. IN ORIGINE SI DONAVANO
UOVA BOLLITE CON FOGLIE E FIORI, CHE
ASSUMEVANO UN COLORE DORATO
Tante le leggende che legano l’uovo alla Pasqua: una
narra che Maria Maddalena si recò dall’imperatore
Tiberio per annunciargli la resurrezione di Cristo con
in mano un uovo. L’imperatore disse che l’evento
era probabile quanto il fatto che l’uovo diventasse
rosso. E l’uovo divenne subito di quel colore.
Altra leggenda: una donna nell’antica Giudea, tornando
a casa con un paniere di uova, incontrò un uomo stanco
e con le mani ferite, a cui diede da bere. Tornata a casa,
si accorse che le uova erano tutte decorate.
La tradizione di donare uova a Pasqua risale al Medioevo
e iniziò, probabilmente, in Germania.
uovo d’Italia
A Pasqua e Pasquetta sulle tavole di tutta Italia si
consumano pietanze anche molto diverse tra loro,
ma con un comune denominatore: l’uovo. Fra quelle
salate, sono celebri la torta Pasqualina ligure, con
uova, verdure e parmigiano, e il Casatiello campano,
rustico con vari ingredienti, fra cui le uova cotte
intere. Salati sono anche i vovi e sparasi veneti (uova
bollite con bucce di cipolla e asparagi), la pizza di
formaggio umbra e la Crescia marchigiana (anch’essa
al formaggio). Dolci sono invece la Pagnotta forlivese,
la schiacciata di Pasqua alla livornese (simile al
Panettone, anche con marmellata) e la Titola in Friuli
Venezia Giulia (treccine che avvolgono un uovo colorato
di rosso). In tutto il Sud si preparano pani dolci con
uova intere incorporate, che in ogni regione prendono
forme e nomi diversi (Sguta o Cuzzupa in Calabria,
Scarcella in Puglia, Cuddura in Sicilia).
In origine si donavano uova bollite con foglie e fiori, che
assumevano un colore dorato. In seguito si decorarono.
Sempre al Medioevo risale, fra nobili e aristocratici,
la tradizione di regalare uova gioiello fabbricate o rivestite
di materiali preziosi, come testimonia il re d’Inghilterra
Edoardo I che ne commissionò 450 in oro da dare in dono
ai componenti della famiglia reale.
segue a pagina 28
_27
il tema del mese
Pasqua
Ma è con l’orafo Fabergé a fine Ottocento, che la
tradizione delle uova gioiello prende quota. Fu lo zar
di Russia a ordinargli un dono speciale per la zarina,
un uovo di platino, con all’interno un uovo d’oro e due
regali, una corona imperiale e un pulcino d’oro.
Particolarmente sentita la festività pasquale in Grecia
e nei Paesi di rito ortodosso. Qui le uova vengono
colorate di rosso intenso (ora con coloranti alimentari,
in passato con la buccia della cipolla rossa). Il rosso si
lega alle tradizioni, simboleggia il sangue di Cristo, ma
anche la gioia della Resurrezione. Sulle uova sono poi
disegnati uccellini colorati, vi si aggiungono le ali e le
si appende al soffitto. Il primo uovo colorato, uovo della
Madonna, viene messo in un angolo speciale della casa
e usato per benedire i bambini.
Ma le uova, a Pasqua, non vengono solo
decorate: sono anche usate per giocare e sfidarsi.
Una competizione tradizionale diffusa in vari Paesi è il
combattimento fra uova sode: i due contendenti battono
a Tavola
A Pasqua l’uovo non viene usato solo per decorazioni e
giochi. A Pasqua l’uovo si mangia, e in infiniti modi.
Come mai? Le ragioni sono essenzialmente di tipo
pratico. Innanzitutto, essendo vietato mangiare uova
durante la Quaresima, c’era l’esigenza di smaltire
quelle che le galline, ignare del divieto, avevano
continuato a deporre in quelle sei settimane! Inoltre, da
alimento nutriente e comodo da portare in giro, l’uovo
sodo è particolarmente adatto alla scampagnata di
Pasquetta.
C’è poi una credenza suggestiva: nel giorno di Pasqua
mangiare un uovo deposto il venerdì santo terrebbe
lontani da malattie e malefici.
_28
un uovo contro l’altro e vince chi mantiene integro il
proprio. In Italia, è al centro di veri tornei, come quelli
di Cupra Marittima (Ascoli Piceno) e Fiorenzuola
D’Arda (Piacenza). E per vincere, c’è anche un trucco
(efficace ma scorretto): al posto delle uova di gallina,
usare quelle di faraona, simili ma più resistenti.
E veniamo alla tradizionale caccia al tesoro, che vede
IL COMBATTIMENTO FRA UOVA SODE È
DIFFUSO IN VARI PAESI: I DUE CONTENDENTI
BATTONO UN UOVO CONTRO L’ALTRO E
VINCE CHI MANTIENE INTEGRO IL PROPRIO
i bambini sulle tracce delle uova (vere e decorate o
di cioccolato) nascoste per loro. La tradizione delle
egg hunt nasce in Inghilterra, dove si svolge in
varie località, spesso con fini benefici. In Francia, si
racconta ai bambini che le uova sono state nascoste per
loro dalle campane, volate a prenderle a Roma.
Tornando all’Inghilterra, in alcuni paesi, i bambini si
ritrovano in cima a una collina e da lì fanno ruzzolare
tante uova colorate, in ricordo della pietra che il
mattino di Pasqua rotolò via dal Santo Sepolcro.
Neanche nelle nazioni scandinave mancano le usanze
legate alle uova sode e alla Pasqua: ci si sfida a farle
rotolare giù da un dosso senza romperle; si portano
in chiesa, nascoste in tasca, il giovedì santo per
smascherare le streghe; si lasciano ai quattro angoli dei
campi per propiziare un buon raccolto.
Anche oltreoceano è forte la tradizione di decorare
le uova. Ogni anno alla Casa Bianca, nel giorno di
Pasqua, si tiene una mostra di uova decorate. Q
il tema del mese
Pasqua
ricette
Cocotte con
c a r c i o f i e pa n c e t ta
C e s t i n i c o n l ’ u ov o
( C u d d u r a c u l l ’ o va )
Ingredienti per 2 persone
• 3 carciofi • 50 gr guanciale o pancetta fresca • 2 uova
• 1/2 scalogno • 20 gr burro • 20 gr panna fresca
• pecorino romano grattugiato q.b. • sale e pepe q.b.
Ingredienti per 10 cestini
• 1 kg farina 00 • 50 ml latte fresco • 200 gr burro
• 250 gr zucchero • 1 bustina lievito vanigliato • 4 uova
• 10 uova sode • 1 arancia (la scorza) • codette colorate
Mondate i carciofi eliminando le foglie e barba.
Tagliateli e fateli riposare in acqua e limone. Fate
sciogliere il burro in padella e fate imbiondire lo
scalogno. Scolate i carciofi e uniteli in padella.
Aggiungete il guanciale a cubetti, sfumate con un po’
di acqua e lasciate cuocere con coperchio per circa 15
minuti. Aggiustate di sale e pepe.
Imburrate le cocotte e disponete i carciofi sul fondo.
Versate la panna fresca, il pecorino e, di seguito, l’uovo
badando a non rompere il tuorlo. Salate e pepate.
Disponete le cocotte in una teglia da forno dai bordi
alti; riempite a metà la teglia con acqua e fate cuocere
in forno caldo a 180° per circa 15 minuti, finché l’uovo
si sarà addensato. Servite caldo con crostini di pane.
In una ciotola versate farina, zucchero, lievito, scorza
d’arancia grattugiata e mescolate. Formate un cratere
al centro e versatevi il burro fuso e 3 uova leggermente
sbattute. Lavorate aggiungendo man mano il latte.
Trasferite l’impasto sulla spianatoia infarinata e lavoratelo
fino a ottenere un composto compatto, da dividere poi in
due. Stendete una metà e con la rotella per la pasta fresca
ritagliate delle strisce spesse 1-2 cm. Con l’altra metà,
ricavate dei bastoncini spessi circa 1 cm. Disponete le
uova su una teglia ricoperta da carta da forno e intrecciate
i bastoncini sui bordi dell’uovo formando un nido. Con
le strisce, bloccate l’uovo. Sbattete l’uovo rimasto e
spennellate i cestini. Decorate con le codette colorate e
infornate a 180° per 25-30 minuti.
Da abbinare con Easter Cocktail: ghiaccio, chicchi
di caffè, pepe macinato, vodka, Liquore Strega,
succo di limone, gazzosa
Da abbinare con Mosto dolce di Moscato
Parzialmente Fermentato “Filari Corti”, Azienda
Agricola Carussin
Abbinamenti suggeriti da Giuseppe Palmieri, sommelier dell’Osteria Francescana
_29
cibo per la mente
Estasi culinarie
Uovo di cioccolato Fondente
Uovo di cioccolato al latte
Paperotto di cioccolato al latte
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Pulcino di cioccolato fondente
Il
cioccolato,
quale
prodotto si presenta più
versatile e goloso di
questo? In BEDETTI lo
viviamo come una piccola
dolce coccola vestita di
gusto e di eleganza da
regalare o da regalarsi nei
momenti più preziosi. La
Pasqua tradizionalmente
ci rriavvicina ai nostri cari
eed è con loro che
vogliamo condividere il
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meglio. Una Pasqua
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giocosa per i più piccoli e
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preziosa
iintensamente
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per i più grandi.
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BEDETTI
dal
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al 1902, artisti del dolce.
Via del Consorzio, 4 - Z.I. Falconara Marittima (AN)
www.torronebedetti.it
Campana di cioccolato al latte
cibo per la mente
Estasi culinarie
Alla ricerca del
gusto perduto
Nel romanzo di Muriel Barbery il senso
della vita si nasconde nel ricordo
di un sapore dell’infanzia
M
onsieur Arthens è il più grande critico
gastronomico del mondo, e sta per morire.
Come molti suoi colleghi – letterari o reali
– predica bene e razzola male. “Nella cucina bisogna
mettere il cuore!”, tuona nelle sue spietate recensioni,
ma lui è il primo a non usarlo, il cuore, nel proprio lavoro
e nella vita privata. Ora il destino gli sta giocando uno
scherzo ironico: la causa della sua imminente morte è
un’insufficienza cardiaca!
ARTHENS IMPIEGA LE ULTIME ORE DI VITA
INSEGUENDO UN RICORDO APPARENTEMENTE
INSULSO, EPPURE IMPORTANTISSIMO:
QUAL È IL PRIMO SAPORE CHE HA AMATO?
Mentre le persone che gli sono vicine tracciano il suo
ritratto – definendolo di volta in volta un padre assente, un
maestro severo, un amante insensibile, un marito distratto,
ma anche un artista di genio – Arthens impiega le ultime
ore della sua vita inseguendo un ricordo apparentemente
insulso, eppure importantissimo: qual è il primo sapore
che ha amato? Solo trovando ciò che per Proust era
la madeleine e per Anton Ego (altro memorabile
critico gastronomico, frutto della fantasia degli
sceneggiatori Disney-Pixar) la ratatouille, Arthens
sente di poter capire il senso della vita.
E s ta s i c u l i n a r i e p u b b l i c a t o i n F r a n c i a n e l 2 0 0 0
e i n I ta l i a n e l 2 0 0 8 d a l l e E d i z i o n i e / o , è a m b i e n ta t o
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da l s u c c e s s i v o L ’ e l e ga n z a d e l r i c c i o .
Inizia così un lungo viaggio nella memoria gustativa ed è
qui che Estasi culinarie, il romanzo che Muriel Barbery
ha scritto sei anni prima del best-seller internazionale
L’eleganza del riccio, dà il meglio di sé. L’autrice, infatti,
descrive cibi e profumi con sensibilità e sensualità tali da
mettere l’acquolina in bocca.
Qual è, allora, il sapore perduto? Quello del pesce
grigliato cucinato dai nonni in Bretagna o quello del tiglio
coltivato nell’orto dalla zia Marthe? Quello del sashimi
dello chef Tsuno, o quello aggressivo del whisky della
Borgogna? La risposta arriverà nelle ultime pagine, e sarà
la più sorprendente e al contempo la più logica.
Un sapore dimenticato che serba il segreto di un’intera
esistenza: quella che sembra un’esagerazione da fiction
è in realtà l’occasione per farci riflettere sulla potenza
con cui il gusto e l’olfatto evocano ricordi e sprigionano
emozioni. La nostra memoria è fatta di persone e
di esperienze, di canzoni, libri, film e sì, anche
di cibi: per rendersene conto non c’è bisogno di
essere critici gastronomici. Q
_31
ambasciatori vivi di gusto
Elisa ed Elena
di Lucia ingrosso
amiche
per la birra
In Toscana, tre donne e un sogno: trasformare l’amore per la birra
artigianale in un business. Sogno realizzato, con sacrificio e passione. Ecco come
S
iamo a Capannori, in provincia di Lucca.
Una sera di dicembre del 2012, tre amiche
sono sedute intorno a un tavolo. L’occasione è
degustare la birra realizzata, in casa, da una di loro.
È proprio buona e alle tre viene un’idea: perché non
aprire un birrificio artigianale? Questa l’origine di
Birroir, oggi realtà affermata e innovativa.
Vi partecipano Elena, mastra birraia, Elisa, responsabile
commerciale e della comunicazione, e Linda, ingegnere
chimico e socia di capitale. Tre donne fra i 30 e i 33
anni, che a un certo punto hanno deciso di dare una
svolta alla loro vita. Ne abbiamo parlato con Elisa.
Come siete passate dall’idea all’azione?
«Le idee migliori nascono un po’ per gioco. Volevamo
metterci in discussione, cambiare lavoro e diventare
padrone di noi stesse: la birra è stata l’occasione per
farlo. L’entusiasmo non ci è mai mancato. Abbiamo
fatto tutto da sole. Ci eravamo illuse di ricevere dei
finanziamenti, e invece no. E poi volevamo fare tutto
in fretta. Abbiamo seguito l’iter burocratico, trovato
la sede, studiato il merchandising. Per il logo, ci ha
FRA LE ALTRE COSE, PROPONIAMO DELLE BIRRE
PIÙ DELICATE E PROFUMATE, ANCHE PER
VENIRE INCONTRO AI GUSTI DELLE DONNE
aiutato mio padre che è grafico. Il nostro stabilimento,
a regime, può produrre 80mila bottiglie l’anno.
Abbiamo un piccolo punto vendita, siamo presenti
in ristoranti stellati ed enoteche gourmet, le
nostre birre si trovano anche a New York. Stiamo
procedendo secondo la politica dei piccoli passi che ci
sembra portino nella giusta direzione».
Donne in un mondo di uomini: pro e contro?
«Siamo fiere che il nostro sia il primo birrificio
artigianale tutto al femminile. Lo ribadiamo anche
_32
gli stili
Birroir produce diversi tipi di birre artigianali ispirate
alle tradizioni brassicole del Belgio, dell’Inghilterra
e dell’Irlanda. È prevista anche la produzione di birre
personalizzate per eventi, omaggi, brand...
Isotta. Birra chiara, bouquet delicato e suggestioni
esotiche. Ideale per aperitivi, pesce, carni bianche
e formaggi freschi.
Gigliola. Birra rossa, carattere deciso, note di caramello,
finale amaricante. Ideale con carni rosse, salumi e formaggi
stagionati.
Pantera. Birra scura, aromatizzata con una miscela
di caffè tradizionale. Ideale con dessert a base cremosa,
cioccolato e sigaro toscano.
Lalita. Birra bianca, fresca e aromatica dai profumi
agrumati e speziati. Ideale con crudi di mare e di terra,
tartare, sushi.
Noëlia. Birra speciale di Natale, porter aromatizzata al
cacao. Ideale con panettone, panforte, torrone e frutta secca.
a sinistra Elisa Tealdi,
a d e s t r a d i s pa l l e : E l e n a D i M a r t e l l a
nel nostro logo, in cui le silhouette di tre donne
si intrecciano con quelle delle bottiglie. Questo
crea molta curiosità e interesse nei clienti, a livello di
marketing e promozione. Gli addetti ai lavori, invece,
sono ancora scettici, ma questo fa parte del gioco.
Fra le altre cose, proponiamo delle birre più eleganti,
delicate e profumate, anche per venire incontro ai gusti
delle donne».
Perché avete chiamato il vostro birrificio
Birroir?
«Il termine riprende il termine terroir, usato in
enologia. L’obiettivo è sottolineare il forte legame che
anche la birra, e non solo il vino, ha con la terra e le
segue a pagina 34
_33
ambasciatori vivi di gusto
Elisa ed Elena
a fianco: donne e birra, un binomio
i n s o l i t o e a c c a t t i va n t e
carta d’identità
Cosa. Birroir, birrificio artigianale
Chi. Elena Di Martella, Elisa Tealdi,
Linda Di Martella
Dove. Via delle Ville 526 b/c, Capannori (Lucca)
Online. www.birroir.com
facebook: Birroir Birrificio Artigianale
NON SEGUIAMO LE MODE, MA ASSECONDIAMO
I NOSTRI GUSTI. PENSIAMO CHE SIA
PIÙ FACILE VENDERE QUELLO CHE PIACE
A NOI PER PRIME
materie prime del territorio. Non solo: la nostra birra
è il frutto di un processo artigianale, curato in ogni
sua fase. La materia prima base della birra, che incide
per il 90%, è l’acqua. Per questo abbiamo deciso di
far sorgere il nostro birrificio lungo la Via dell’acqua
di Capannori, usando così acqua di ottima qualità. Poi
utilizziamo anche altre materie prime locali, come
orzo, caffè e cacao. Ma a breve vogliamo usare grano e
luppolo di nostra produzione».
Come create le vostre birre?
«Non seguiamo le mode, ma assecondiamo i nostri
gusti. Primo, perché preferiamo fare quello che ci
piace. Secondo, perché pensiamo che sia più facile
vendere quello che piace a noi per prime».
_34
Come vi promuovete?
«Partecipiamo a eventi non necessariamente
enogastronomici. Organizziamo degustazioni in locali
e ristoranti. Abbiamo una partnership con la
Manifattura tabacchi di Lucca, perché la nostra
birra Pantera si sposa particolarmente bene
proprio con i sigari, e una con Slow Food.
Ci muoviamo su Internet e sui social».
Perché si dovrebbe bere birra
artigianale. E, in particolare,
perché la vostra?
«Il consumo della birra industriale è legato alla pizza.
La birra artigianale ha molte varianti e si può abbinare
a tutto, anche pesce e crudité. Inoltre, permette di
sperimentare, mettendo al suo interno ingredienti
diversi come la frutta e le spezie. Ma, soprattutto, la
birra artigianale è sana, naturale, non filtrata, non
pastorizzata. Nel nostro caso, ricca di materie prime
del territorio, a partire dall’acqua». Q
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di tè in foglia larga di Twinings
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EARL GREY
Tè in foglia larga impreziosito da
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tendenze gourmet
Hamburger di astice
Pa n i n i c o n
le chele
Arriva il Lobster roll: un nuovo
modo, informale e creativo,
di mangiare i crostacei
C
hi ha detto che astici e aragoste vadano mangiati
solo in ristoranti paludati e un po’ retro? È sulla
scia di questa domanda che hanno iniziato a
diffondersi anche in Italia, dalla fine del 2014, locali di
vario genere che propongono i crostacei in una nuova
veste, insolita e informale. La parola d’ordine è
Lobster roll, che in italiano si traduce hamburger
di astice (o di aragosta: il termine inglese definisce
entrambi gli animali), ma esiste anche la variante
Surf&Turf, in cui i crostacei o il pesce convivono
con il tradizionale hamburger di carne. L’astice,
insomma, finisce nei panini, e questa è una piccola
rivoluzione.
Del resto, l’hamburger (di carne) è già da qualche anno
diventato “gourmet”. Non c’è quindi da sorprendersi
se anche i crostacei oggi si propongono in
questo nuovo format, perfettamente a metà fra
nobilitazione del fast food e democratizzazione
dell’eccellenza.
Quella dei Lobster bar è una formula di origine
anglosassone. Molti degli astici utilizzati in Italia per i
Lobster roll provengono dal Maine – costa nordest degli
Stati Uniti – o dal Canada e sono abbattuti termicamente.
Sparisce dunque anche il rituale della vasca a vista da cui
pescare l’animale al momento dell’ordinazione.
Non sono ancora molti i locali in Italia in cui si può
ordinare un Lobster roll. I primi hanno aperto alla fine del
_36
2014. Il mood prevalente è ispirato a un’eleganza rilassata,
ma i contesti possono essere molto diversi fra loro.
Propongono il panino all’astice fra gli altri Joe e Lidia
Bastianich nella Taverna Orsone, lo spazio “easy”
all’ingresso dell’omonimo ristorante che le due foodstar gestiscono a Cividale del Friuli quando non sono
impegnate in qualche trasmissione televisiva. Il taglio
italonewyorkese dei Bastianich si adegua alla perfezione
a un piatto che – storicamente diffuso negli Usa orientali
– approdando nel Belpaese, sposa la nostra grande
tradizione nella cucina di pesce acquistando profumi e
significati diversi.
A Roma, invece, il tempio del Lobster&Burger è TED,
locale del quartiere Prati dall’aria internazionale, che
punta forte su tre elementi: design, cocktail e, appunto,
astice. A Roma ci sono anche due ristoranti di Ham
Holy Burger, la catena napoletana specializzata in
hamburger. Qui il Lobster roll è proposto in due varianti:
nel panino bun bianco classico o in quello nero al carbone
vegetale.
IL TAGLIO ITALONEWYORKESE DEI BASTIANICH SI
ADEGUA ALLA PERFEZIONE A UN PIATTO DIFFUSO
NEGLI USA ORIENTALI CHE SPOSA LA NOSTRA
GRANDE TRADIZIONE NELLA CUCINA DI PESCE
Ham è presente anche a Genova, Verona, Londra e – con
tre ristoranti – a Milano. Il capoluogo lombardo è la città
dove oggi si concentra il maggior numero di Lobster
bar. Uno ha aperto al settimo piano de laRinascente, e
si chiama Corallo Lobster Bar. Qui gli hamburger
di astice all’americana incontrano il tricolore: lo stile
dell’arredo è mediterraneo, e nel menù non mancano
le paste e le catalane. A suggestioni “globali” (Asia,
America Latina, Nord Europa) si ispira invece la cucina
del Fishbar de Milan, ma la location non ha nulla di
esotico, ed è invece ispirata a un’essenzialità molto chic.
Il Lovster & Co, infine – zona Repubblica-Centrale –
propone l’astice in una grande varietà di preparazioni in
un’atmosfera accogliente con mattoni rossi a vista. Q
tre consigli per farlo a casa
• Dopo aver lessato l’astice
e averne ricavato tutta la carne,
lasciala a tocchetti se vuoi
mescolarla “a insalata” con
gli altri ingredienti, oppure
dalle la forma di disco con
un coppapasta e cuocila alla
maniera degli hamburger.
• Il gusto delicato dell’astice va
esaltato, ma non coperto, con
aromi e salse: scegli fra lime,
erba cipollina, guacamole,
salsa agrumata, wasabi,
maionese allo yogurt o lascia
spazio alla tua fantasia.
• Taglia il panino a metà
e per dorarlo cospargi di burro
fuso le parti interne facendole
poi passare su una padella
antiaderente o su una piastra
liscia non troppo calda
(60-70°).
_37
hollyfood
Un tocco di zenzero
Odissea
nella spezia
Fra astronomia e gastronomia,
un bimbo diventa uomo
fra Costantinopoli e Atene
«
I
l nonno diceva che la parola gastronomo
racchiude la parola astronomo». Non ditelo a
Fanis, protagonista di Un tocco di zenzero, ma suo
nonno di etimologia capiva ben poco. La riflessione,
priva di senso linguistico, è comunque suggestiva, anche
perché è la premessa di una lezione che Vassilis, l’anziano
venditore di spezie, impartisce al nipote ancora bambino:
per ogni spezia, una stella o un pianeta, e viceversa.
IL SOLE ILLUMINA OGNI COSA, ECCO PERCHÉ
IL PEPE VA IN OGNI CIBO. LA CANNELLA È DOLCE
E AMARA, PROPRIO COME LE DONNE
Il pepe è caldo e scotta, quindi ci fa pensare al Sole. «Il
Sole illumina ogni cosa» dice Vassilis. «Ecco perché il
pepe va in ogni cibo». Vero a Costantinopoli nel 1964,
un po’ meno in altre epoche e ad altre latitudini. «Venere
era la più bella di tutte le donne» prosegue il nonno,
«ecco perché la cannella è dolce e amara, proprio come le
donne». Notazione risaputa ma universale: malefemmene
dolci come zucchero ma pericolose hanno riempito
migliaia di pagine, pentagrammi e pellicole. Infine la Terra
e il suo sale, che rende più gustoso il cibo e anche la vita.
È proprio il rapporto fra cibo e vita, o meglio l’arte
culinaria come espressione di una filosofia di vita, il
nucleo di questo film greco-turco del 2003, diretto da
Tassos Boulmetis. Un film che accarezza gli animi più
romantici ma rischia di innervosire (o addormentare) chi
- Un tocco di zenzero - Grecia/Turchia 2003
- d u r a ta 1 0 8 ’ - R e g i a d i Ta s s o s B o u l m e t i s C o n G e o r g e s C o r r a fa c e , I e r o k l i s M i c h a e l i d i s ,
R e n i a L o u i z i d o u , S t e l i o s M a i n a s , Ta m e r K a r a d a g l i
preferisce trame imprevedibili e ritmi sincopati. La storia
– un “affrescone” storico e familiare, con il protagonista
costretto da piccolo a trasferirsi ad Atene, tornando
poi da adulto nei luoghi dell’infanzia – è narrata sì con
delicatezza e gusto estetico, ma anche con ridondanza e
prevedibilità. Un film godibile solo a patto di arrendersi
al fascino delle atmosfere esotiche e di tenere spento lo
spirito critico.
Osservando la perfezione formale di questo film, cui
però non si accompagnano slanci di originalità, viene
da pensare che regista e sceneggiatori non abbiano
considerato ciò che dice il vecchio Vassilis consigliando
a una giovane donna di mettere nelle polpette un tocco di
zenzero anziché l’abituale cumino: «A volte bisogna usare
le spezie sbagliate per ottenere l’effetto desiderato». Q
Soul Kitchen
E per conoscere un altro
cuoco greco, meno
tradizionale e più rock’n’roll,
vi consigliamo Soul
kitchen di Fatih Akin, una
commedia piena di ritmo a
base di cucina
e musica.
_39
kitchen bizarre
Dolci con insetti
Togli quell’insetto
da l d o l c e .
Anzi lascialo
Mangiare grilli e cavallette
è sempre meno un tabù. Sono
nutrienti, sostenibili e si usano
persino in molti dessert
I
grilli sono i più facili da essiccare: ideali per
essere trasformati in farina con cui preparare
gustosi biscotti, ma anche dolci tradizionali,
cioccolatini e lecca lecca. La camola del miele (quel
simpatico bruco che infesta gli alveari) invece è un po’
più grassa. Il suo sapore ricorda quello della castagna,
ed è perfetta per farne una crema. La camola della farina
può essere tostata e unita al caramello per preparare un
croccante. Infine la locusta (come dimenticarla?): ottima
saltata in padella e ricoperta di cioccolato.
Se pensate che gli insetti siano solo animali fastidiosi
da cui stare alla larga, vi sbagliate di grosso.
L’entomofagia, cioè la pratica di mangiare gli insetti,
esiste in molti Paesi del mondo. In alcuni (come
Messico e Thailandia) è molto diffusa, in altri (Belgio e
Spagna) lo è un po’ meno, in altri ancora, come l’Italia,
la strada da percorrere è ancora lunga.
«Nel nostro Paese consumare insetti non è vietato,
ma neanche consentito» ci ha spiegato Giulia Maffei,
_40
fondatrice insieme a Giulia Tacchini di Entonote (www.
entonote.com), associazione culturale che ha l’obiettivo
di diffondere la conoscenza sull’entomofagia. «C’è,
come si dice in gergo, un vuoto normativo. Non esiste
un protocollo per la filiera di produzione: allevamento,
processo, packaging e vendita. Così, chi li vuole cucinare
può o coltivarli da sé oppure comprarli all’estero già belli
e pronti». Ma perché farlo, nella patria del mangiar bene e
della dieta mediterranea?
I GRILLI SONO IDEALI PER I BISCOTTI, LA
CAMOLA DEL MIELE È PERFETTA PER LE CREME.
LE LOCUSTE SONO OTTIME SALTATE IN PADELLA
E RICOPERTE DI CIOCCOLATO
Innanzitutto perché gli insetti costituiscono un alimento
completo dal punto di vista nutrizionale: sono infatti
ricchi di proteine, calcio, ferro, vitamine. Gli insetti, poi,
sono “sostenibili”, perché allevarli ha un basso impatto
ambientale. Infine, chi li ha assaggiati giura che hanno un
sapore gradevole.
Allora, siete pronti a mangiare gustosi dolci a base di
insetti o preferite pensarci ancora un po’? La risposta che
darete rivelerà se in voi è più forte la curiosità o il retaggio
culturale. Q
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_41
P
rima che un’azienda Ursini è una famiglia, un gruppo di cultori dell’olivo e dei suoi frutti
con un destino già scritto nel suo soprannome “Putì”, che in dialetto significa potatore
d’olivo! Già nell’800 i componenti di questa famiglia erano ritenuti esperti maestri, oggi
questa sapienza si è arricchita e allargata in diverse forme di produzione dell’olio, beneficiando
della creatività e dell’innovazione insite nel DNA degli Ursini: l’impareggiabile extra vergine di
oliva in tutte le sue espressioni, ma anche tante specialità dai sapori nuovi e sorprendenti seppur
legati alla tradizione e con il comune denominatore dell’olio extra vergine. La qualità dei prodotti
Ursini è dettata non solo da buone intenzioni ma, soprattutto, da rigore tecnico. Frutto di severe
scelte di materie prime, di competenze e saperi affinati nel tempo nella ricerca costante di alti
livelli di eccellenza.
CARATTERE CONTEMPORANEO
DELLE PRODUZIONI
S
R
LA REALTÀ URSINI
ivelazione di un equilibrio tra innovazioni e identità del gusto, i prodotti a marchio
Ursini sono un’espressione rigorosa del Made in Italy ma soprattutto del “Made in
Ursini”. Infatti il processo produttivo ha luogo esclusivamente nei laboratori Ursini.
La produzione è realizzata grazie a qualificati operatori di cucina e tecnici alimentari che
operano utilizzando prevalentemente le tecniche manuali/artigianali per le fasi critiche ed
iniziali delle ricette. Lo stile è contemporaneo e moderno seppur sobrio, adattissimo alle
esigenze di un cliente sempre alla ricerca di novità, creatività ed alta qualità
traordinari oli extra vergine di oliva, seguiti da oli agrumati e speziati ottenuti
trasformando olive, frutti e spezie contemporaneamente in frantoio. Quindi
una linea di manufatti di altissima qualità, come i diversi Fagottini , Pestati e
Manicaretti in Olio proposti in bei vasi a firma Ursini da 145 e 250 gr, oppure una gamma
di Passatine e Zuppe, chiamate Altri Pasti. La produzione si arricchisce anche con una
varietà impressionante di sughi, da quelli “con” pomodoro a quelli “senza” pomodoro assai
originali e ricercati. Una gamma ampia ma rigorosamente fatta in casa perché, secondo la
filosofia dell’azienda, “la qualità, quella vera, non la puoi delegare a terzi”.
smartfood
App
Buon app-etito
r i c e t t e a p o r ta ta d i ta b l e t
GIALLO ZAFFERANO
Forno planetario
ORMAI UN CLASSICO
UN PASSO ALLA VOLTA
Oltre 2.500 ricette e videoricette. Ogni giorno ne trovi una nuova,
mentre nella versione iPad scopri suggerimenti per il menù di un’intera
settimana. Puoi sfogliare le pagine e fare ricerche per categorie.
Una sezione ti permette di raccogliere le tue ricette preferite e riproporle
se hanno ottenuto successo. L’app è gratuita ma c’è anche una versione
a pagamento senza banner.
Se le cucine italiane non ti bastano e vuoi esplorare
anche quelle del resto del mondo, scarica Big Oven.
Le ricette da tutto il globo sono 350mila. Piatti
grigliati, crudi, fritti, insalate, zuppe, antipasti,
per occasioni speciali (festa della mamma, Natale,
Pasqua…): la scelta è vastissima. L’unico limite?
Devi “masticare” un po’ di inglese.
Ricette per cucinare
Tutto Vegan
UN PASSO ALLA VOLTA
UN PASSO ALLA VOLTA
Ricette che cambiano in base
alla stagione e al momento.
Diverse le categorie, fra cui
“Top del Giorno” che presenta
le ricette più popolari.
Per ogni piatto da preparare
c’è una gallery fotografica che
ti spiega come fare un passo
alla volta. Puoi anche effettuare
una ricerca sulla base degli
ingredienti che hai nel frigo.
L’applicazione ufficiale di VeganBlog,
che riunisce la più grande comunità
vegana d’Italia. Contiene un ricco
database di ricette con foto, ingredienti
e descrizioni realizzate da chef esperti.
In più, suddivisione per categorie,
ricerca della ricetta per ingrediente
e possibilità di usare l’app senza
connessione Internet.
cooking
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E SE VUOI RIMETTERTI IN FORMA...
Cook Around
COMPAGNO DI SPESA
Contiene più di 4mila ricette.
Uno degli aspetti originali di questa app è la possibilità
di ricevere notifiche mentre vai a fare la spesa e devi
ricordarti di cosa hai bisogno per preparare i piatti
della giornata. Una sorta di lista della spesa a portata
di smartphone.
FIT Radio Work Music
Music for fitness
Fornisce musica non stop per ogni tipologia di
allenamento. Corsa, ciclismo, stretching, zumba,
spinning, crossfit: c’è una playlist dedicata a
ogni attività. Le sequenze di brani sono divise per
genere, battiti per minuto e allenamento specifico.
_43
sapore e psiche
Simbologia dei frutti
Da B i a n c a n e v e
a Persefone
q ua n d o l a
f r u t ta r a c c o n ta
L
e mele portano guai. Chiedete ad Adamo, a
Paride o a Biancaneve: all’inizio di ogni disastro
di proporzioni più o meno cosmiche c’è sempre
una mela. Sarà che malum in latino significa mela,
ma anche male? Sarà che la sua forma rotonda, i
semini neri racchiusi nell’ovario, la buccia rossa e
la polpa succosa ricordano la sessualità femminile
che tenta e che spaventa (pensateci, la prossima
volta che sognate una mela)? Non a caso
il frutto leggendario è sempre offerto alla più
bella, che sia una principessa dalla pelle
diafana o la dea Afrodite in persona.
LE MELE PORTANO GUAI. LE PESCHE SONO
SIMBOLO DI FERTILITÀ E RICCHEZZA.
QUELLO DI FICO È L’ALBERO DELLA CONOSCENZA.
LA MELAGRANA RACCHIUDE
IL SEGRETO DELLA MORTE E DELLA RINASCITA
Diceva Sant’Agostino: non è la mela a rappresentare
il peccato, il vero peccato è mangiarla. Nel dubbio,
forse è meglio addentare una pesca. Non c’è cultura
orientale che non la celebri come simbolo di fertilità e di
ricchezza. Il dio taoista della longevità, tale Shou-Lao,
era rappresentato come un arzillo vecchietto barbuto che
fuoriesce da una pesca tagliata in due. A Capodanno, in
Cina, le pesche sono come le nostre lenticchie: mangiarle
porta bene, e allora le mettono persino nelle zuppe. Ma
neanche la pesca è un frutto innocente: da dove credete
che venga il rimando alla fertilità se non dalla sua
rotondità soave, da quel solco delicato che attraversa
la buccia in verticale?
Sembrerà paradossale ma per innalzarci dal corpo allo
spirito ci converrà guardare al fico. Pare sia sotto un fico
che Siddhartha, fondatore del buddhismo, abbia raggiunto
l’Illuminazione. Sempre sotto un fico sarebbe nato il dio
induista Vishnu. E all’ombra dello stesso albero il profeta
Muhammad ha compiuto il suo giuramento all’Islam.
Poi ci sono Adamo ed Eva, che con le
foglie del fico coprirono le loro vergogne.
D’altra parte essere considerato l’Albero
della conoscenza del Bene e del Male ha
il suo prezzo.
Che dire, invece, della dolce melagrana? A lei
si lega l’infelice storia di Persefone, costretta
da Ade a vivere per un terzo dell’anno nel
regno dei defunti come sua sposa. Il dio greco
le diede, per dono di nozze, un seme di melagrana.
Da allora il segreto della morte e della rinascita è
racchiuso lì dentro: un mistero rosso che dà un tocco
di colore a quella macedonia di tentazioni, esperienze
e graduali illuminazioni che è la vita. Q
_45
pet chic
Musica per animali
d i E l e o n o r a c h i o da
P O L LY T H E T Z U
la cagnolina che ama
la musica chill out
S
i chiama Polly, è una cagnolina shih-tzu ed è
entrata di prepotenza nella mia vita appena
cucciola. Ora, che ha un anno, inizia a condividere
le mie passioni. Come la musica. Polly ama da pazzi la
lounge e il chill out. Avete presente le musiche suonate
al tramonto al Café del Mar di Ibiza e vendute in tutto il
mondo? Ecco, sono la playlist di Polly.
Appena sale in macchina, Polly si mette a scavare
il sedile, come se si facesse una tana. Ma quando parte
la sua musica si gira a pancia in su, chiude gli occhi
e sembra sognare cose meravigliose.
Polly non ha i miei stessi gusti musicali. È attratta
dai suoni della natura, dalle voci dolci accompagnate
da violini e fiati. Detesta il rock duro e le canzonette
sguaiate. L’ha capito presto anche la mia veterinaria
Laura, che appena la vede mette una sinfonia di
Beethoven. È stata lei a consigliarmi di avvicinare
Polly alla musica. I benefici? La rilassa in alcune
occasioni. La stimola in altre.
Qui trovi la playlist
di Polly
_46
Sembra che la musica sviluppi la sua curiosità e
la sua intelligenza. Far ascoltare la musica agli animali
è ormai una tendenza diffusa in tutto il mondo.
Esistono radio per cani e gatti, come Dogcatradio
(www.dogcatradio.com), brani su Youtube con 8
ore di musica rilassante per intrattenerli mentre siamo
al lavoro (http://bit.ly/1PaTHBT), canali su iTunes
come Classical Music for Dogs.
La musica incanta, guarisce, consola, fa sentire meno
soli anche gli animali. Una veterinaria dell’Ohio
ha realizzato un progetto che porta la musica nei
canili americani. Si chiama Rescue Animal (http://
rescueanimalmp3.org) ed è un mp3, creato grazie
al contributo di artisti da tutto il mondo. In California
è nata anche una dog tv (https://dogtv.com): zero parole,
solo colori, suoni e musica ottimizzati per loro. Infine,
per soli gatti, c’è Musics for cats (www .musicforcats.com),
creato da David Taie attraverso una campagna su
Kickstarter che ha raccolto ben 176mila dollari. Tutto
questo vi sembra strano, e magari vi fa pensare che gli
amanti degli animali sono un po’ pazzi?
Polly mi fa stare bene, mi rilassa, mi capisce (a volte
più degli esseri umani). E poi le piace Morricone.
Provate voi a non amarla... Q
A NEW YORK, LAURIE ANDERSON HA DA POCO
ORGANIZZATO UN CONCERTO PER CANI IN TIMES
SQUARE. L’ARTISTA CON UN PARTICOLARE VIOLINO
HA EMESSO SUONI CON FREQUENZE
PERCEPIBILI SOLO DA ORECCHIE CANINE
yes, we trend
SoulCycle
Lo spinning
dell’anima
Luci basse, istruttori-guru e un po’
di sano sudore: come curare corpo
e spirito a suon di pedalate
M
ichelle Obama ne parla su Twitter. Lady Gaga,
Katie Holmes e Nicole Kidman non possono
più farne a meno. Si chiama SoulCycle
(www.soul-cycle.com) ed è fra le mode fitness più
diffuse negli Usa. Fitness sì, ma non solo. Del resto il
nome parla chiaro: se la parola “cycle” evoca lo spinning,
“soul” (anima) ci parla di spiritualità. Corpo e anima,
insomma. Prendete una sala spinning, con tutte le
bike in fila, condite con yoga e uno spruzzo di new
age a piacere: ecco a voi SoulCycle.
Le lezioni si svolgono a luci basse, a lume di candela. Gli
istruttori, formati in una scuola apposita, si comportano da
veri guru e alcuni di loro sono diventati celebri e richiesti
come delle star: insegnano dei mantra, spingono i clienti
a ritrovare se stessi, a trasformare la loro vita, salvo poi
tornare a incitamenti più “fisici” perché gambe e glutei
non si tonificano certo con la meditazione. Già, perché
con una lezione di 45 minuti (costo: 34 dollari) SoulCycle
promette di far bruciare circa 700 calorie.
“Fai il tuo viaggio, cambia il tuo corpo, trova
la tua anima”, è la filosofia del brand, creato da due
donne: Julie Rice, agente cinematografico, appassionata
di spinning, ed Elizabeth Cutler, agente immobiliare.
GLI ISTRUTTORI INSEGNANO DEI MANTRA,
SPINGONO I CLIENTI A RITROVARE SE STESSI,
SALVO
SALV
LV
VO POI TORNARE A INCITAMENTI
PIÙ “FISICI”: GAMBE E GLUTEI NON
SI TONIFICANO CON LA MEDITAZIONE
Le due si sono conosciute a una festa. Mai incontro fu
più fortunato: il loro business ha in poco raggiunto cifre
incredibili, con 50 palestre aperte negli Stati Uniti, 1.200
dipendenti e 112 milioni di fatturato nell’ultimo anno.
Uomini e donne fanno a gara per accaparrarsi (anche
via App) un posto, e basta un minuto di ritardo per
rimanere senza cyclette e orfani di una guida
spirituale. Fanatismo a stelle e strisce? Può darsi, ma,
come succede spesso, basta qualche mese e la moda
dilaga anche in Europa. Presto anche noi potremo capire
chi siamo a suon di pedalate. Q
_47
r i me d i g u st o
La cipolla
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
{
_48
Wislawa Szymborska
Poetessa polacca (1923-2012)
Premio Nobel per la Letteratura 1996
Della poesia ha scritto:
“Piace - ma piace anche
la pasta in brodo”
pag 18
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pag 13
Se mang
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pag 31
La passion
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rende ogn
trasform
i giorno
a i proble
mi in stim
oli
Vogliamo regalarti una sorpresa musicale
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Buon ascolto!