non solo per sport non solo per sport

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non solo per sport non solo per sport
NON SOLO PER SPORT
Le potenzialità del
fenomeno sportivo lo
rendono strumento
significativo per lo
sviluppo globale della
persona e fattore
quanto mai utile per la
costruzione di una
società più a misura
d´uomo.”
Giovanni Paolo II
QUATTRO SERE D’ESTATE
6, 13, 20, 27 LUGLIO ORE 20
QUATTRO INCONTRI PER SCAMBIARE IDEE E RIFLETTERE INSIEME SUL
RUOLO SOCIALE DEL CAMPIONE SPORTIVO
Gazebo
Mostra d’ Oltremare - Napoli
P
remessa
Sono bastati due episodi, le dichiarazioni di Buffon su referendum
costituzionale e quelle di Totti sulle Olimpiadi a Roma, assolutamente marginali
nella quotidianità di notizie di ben altra portata politica, sociale e, anche, sportiva
delle ultime settimane, per innescare un chiacchiericcio povero di idee e ricco di
banalità, sul ruolo che il campione deve rivestire nella società.
Per bilanciare, ma solo come numero, le due notizie di cronaca i precedenti, ricordiamo
due episodi che, invece, sono nella storia, non solo sportiva, del secolo scorso: le
vittorie olimpiche di Jessie Owen e la
“diplomazia del ping pong”. Dovrebbero
bastare per chiudere qualsiasi discussione
sul ruolo che questi, volenti o nolenti,
rivestono.
Eppure, proprio perché è indiscutibile
l’immagine che il campione ha sulle persone
(ulteriore prove ne siano i miliardari
contratti per sponsorizzazione commerciali
di alcuni di loro), una riflessione comune sul
ruolo sociale del campione e dello sport ci è sembrata utile. L’ occasione saranno
quattro incontri del progetto “ Non solo per Sport”, che l’associazione culturale La
città di Pulcinella ha pensato di organizzare nell’ambito del Palextra dell’associazione
MilleCulure.
L’obiettivo: provare a dare una risposta ad una domanda solo all’apparenza semplice :
qual è il ruolo, e di conseguenza la responsabilità, che un campione oggi ha, nel bene e
nel male, nell’ influenzare il modello sociale ?
L’associazione MilleCulure, con il progetto Palextra, concretizza nel bene, il ruolo che
gli atleti olimpici napoletani si sono dati per contrastare la disuguaglianza sociale.
L’associazione La Città di Pulcinella è da anni impegnata in un progetto di promozione
della salute, “La Salute non solo Sanità”, attraverso eventi di informazione ed
educazione sanitaria sui determinanti sociali di questa.
Questa comunanza di intenti ha generato, per il secondo anno consecutivo, la
collaborazione tra le due associazione e la realizzazione degli incontri.
Questi avranno luogo nei mercoledì di luglio con inizio alle ore 20 nel Gazebo di
Palextra all’interno della Mostra d’ Oltremare e saranno preceduti da un film che
introdurrà al tema della serata.
Dr. Ciro Brancati
Presidente Associazione La città di Pulcinella
Mercoledì 6luglio
Un campione, i suoi valori, la società in cui vive
Alì di Michael Mann.
Quanti atleti oggi sarebbero disposti a rinunciare a soldi, successo, titolo mondiale e,
di contro, rischiare il carcere, il ritorno alla povertà, all’impopolarità, per la propria
razza, per la propria religione, per un’idea di non violenza?
Muhammed Alì lo ha fatto. Consapevole di un ruolo ed avendone accettato le
conseguenze. Oggi che la morte lo ha liberato dalle catene di una malattia portate per
decenni con grande dignità, ci piace cominciare proprio dal suo modo di essere
campione questo breve riflessione sul ruolo di un campione nella nostra società.
"Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel
mondo
che
gli
è
stato
dato,
piuttosto
che
cercare
di
cambiarlo.
Impossibile non è un dato di fatto, è un'opinione... Impossibile non è una regola, è una sfida...
Impossibile non è uguale per tutti... Impossibile
non è per sempre...
Impossible is nothing.” Muhammad Alì
Mercoledi 13 luglio:
Non tutte le partite si disputano in un campo di gara
Frost/Nixon-Il duello di Ron Howard
Che attinenza ha con i nostri incontri un film che racconta di una serie di interviste
rilasciate dall'ex presidente Richard Nixon al giornalista David Frost nel 1977 davanti
ad un pubblico televisivo di ben oltre 45 milioni di spettatori? Molta, se si intende
riflettere sul fatto che spesso, nello sport come nella vita, non importa il campo di
gara, a certi obiettivi si arriva “giocandosi la partita” . Ed infatti l’evento di cui si
parla lo si ricorda come un incontro di pugilato. Due contendenti, un giornalista ed un
ex presidente degli Stati Uniti. La posta in palio, l’ ammissione di responsabilità sul
Watergate, che scoperchiò il vaso di Pandora di un potere che nutriva se stesso con
ogni forma di illegalità. Il campione, Nixon, in testa per tutto il match, poi un colpo,
quello del KO dello sfidante e l’allenatore che getta la spugna.
“Mentre queste interviste venivano seguite da milioni di persone in tutto il mondo, il vero
fatto drammatico dell'evento consisteva nella dinamica tra due uomini. Una battaglia di
ingegni in cui ciascuno combatteva per la propria vita professionale, e da cui uno solo poteva
uscirne vincitore". Ron Howard
Mercoledi 20 luglio:
Fare squadra strategia di integrazione
Invictus di Clint Eastwood
Nelson Mandela primo presidente di colore del Sud Africa, eletto dopo i terribili anni
dell’apartheid, ha la necessità che la sua gente, persone nere e bianche, si integri in
un’unica nazione, si riconosca in una stessa patria. Madiba, come lo chiamano i suoi
collaboratori, individua il collante , l’amnios che può nutrire bianchi e neri come figli di
una stessa terra. C’ è uno sport molto diffuso nel Paese, amato da bianchi e neri: il
rugby. C’è una squadra, gli Springboks, nella quale tutti si riconoscono. Una squadra
formata da bianchi e da un giocatore nero. Una squadra simbolo fino ad allora
dell'apartheid. Mandela decide di puntare proprio sul campione di questa squadra, in
vista dei Mondiali di rugby che si stanno per giocare in Sudafrica nel 1995, per
vincere la sua partita. Invictus, che da il titolo al film, è una poesia di Willima Ernest
Henley, per Mandela sollievo alla pena e speranza di un domani migliore negli anni di
prigionia.
“Dal profondo della notte che mi avvolge, / buia come un abisso che va da un polo all'altro,
/ringrazio qualunque Dio esista per la mia indomabile anima…./ … Non importa quanto stretto
sia il passaggio, / quanto piena di castighi la vita, io sono il padrone del mio destino:/ io sono il
capitano della mia anima.” . W. E. Henley
Mercoledi 27 luglio:
Chi paga, e quanto si paga, per il danno all’immagine di un campione?
The Program di Stephen Frears.
Il campione può accettare o meno un ruolo sociale attivo, ma non può rifiutare la
responsabilità che si accompagna alla sua immagine e i cui diritti d’uso, nella nostra
società dove tutto finisce per avere un prezzo, sono spesso pagati a peso d’oro.
Il danno, allora, che si accompagna a comportamenti sbagliati, diviene
immediatamente misurabile in danaro, più facilmente calcolabile di quello morale e
sociale. La vicenda del ciclista americano Lance Armstrong, le sue vittorie “dopate”,
contiene in sé tutti gli elementi di un dibattito che ha per tema : chi paga il danno di
immagine di un campione?
"Per me doparmi era come gonfiare i tubolari o riempire d’acqua le borracce. Su duecento
corridori nel gruppo, forse erano in cinque o sei a non farlo. Era impensabile vincere senza
usare queste sostanze.".
"Mi chiedi quanto mi sia costato tutto questo? 75 milioni di dollari in un giorno, soldi che non
torneranno più. Questo non è certo un bel momento, ma non è la parte peggiore della mia vita:
ci sono state la diagnosi del cancro, la mortalità del 50%...". Lance Armstrong