Ascolto e dialogo - Istituto Trento 5

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Ascolto e dialogo - Istituto Trento 5
Istituto Comprensivo Trento 5 – Progetto Scuola – famiglia 2008/2009
Più ascolto e più dialogo con i nostri ragazzi
“Voglia di diventare grandi”. Potrebbe esser questo, in sintesi, il messaggio che i nostri
ragazzi inviano a noi adulti con i loro comportamenti, bisognosi di scoperte, ma soprattutto
di un senso di vita.
“Voglia di diventare grandi”. Tipica aspirazione dei ragazzi, in fretta e subito, forse più
che in passato, anche se non si smette mai di crescere né di maturare. Per cui, più che
opportuno è l’invito alla riflessione e al confronto, a quell’interrogare e interrogarsi che,
altrimenti, rimarrebbero inespressi, con il rischio di confinare i nostri giovani in forme di
apatia e di non-senso, che mortificherebbero la loro vera aspirazione, che è voglia di vivere.
L’unità con sé e con l’altro
Ciascuno sa, per esperienza personale, quanto tempo e fatica richieda questo fondamentale
esercizio: ricerca di miglioramento, intima tensione all’unità sempre più piena e coerente
con se stessi, con le proprie motivazioni e i propri ideali. In pratica, un percorso di
costruzione dell’identità personale, di quella fondamentale impalcatura dell’essere, tanto
affascinante quanto complessa, a volte tortuosa e irta di difficoltà, soprattutto negli anni
della preadolescenza.
Se l’identità sarà fragile, in seguito di fronte ai molti ostacoli della vita potrà ulteriormente
disgregarsi; se sufficientemente forte, renderà il giovane capace di trasformare le inevitabili
difficoltà in occasione di ulteriore crescita e maturazione. Un processo continuo, che
certamente richiede impegno, sofferenza, assunzione di responsabilità. Un’impresa
personale possibile però nell’incontro con l’altro. Perché crescere significa sempre
“incontrare l’Altro”, specchio del nostro essere come essere dialogico.
E di ascolto e di dialogo hanno soprattutto bisogno i nostri ragazzi. Non solo in quanto
quotidianamente alle prese con i piccoli-grandi “perché” della loro delicata fase di
maturazione, ma anche perché oggi la loro solitudine sta diventando uno dei più emergenti
problemi esistenziali.
Un dialogo profondo
Non è facile dialogare in profondità con i nostri giovani. Spesso, alle buone intenzioni
degli adulti non fa seguito quella pratica d’ascolto e di interessamento che è strumento
indispensabile dell’incontro in famiglia, a scuola, nei gruppi associativi. Forse perché i
genitori hanno poco tempo, ma sta di fatto che a volte essi danno l’impressione di aver
messo da parte il loro tradizionale ruolo di educatori, riciclandosi nel più facile ruolo di
compagni di casa e amici dei loro figli, scambiando tolleranza con assenza di regole,
autorevolezza con lassismo.
Ma tutto ciò ha un prezzo, che risulta evidente nei sintomi che bambini e ragazzi oggi
manifestano con frequenza sempre maggiore: disturbi emotivi e relazionali,
nell’apprendimento e nell’attenzione. Espressioni spesso di un disagio, dai segni e dal
linguaggio di non facile comprensione, che sotto un’apparente normalità nasconde drammi,
angosce che nessuno ha avuto tempo di ascoltare né di accogliere. Problematiche la cui
origine sta in una dis-unità, in quella frammentazione delle relazioni interpersonali e sociali,
il cui effetto spesso è la compromissione della relazione con se stessi.
La dimensione dell’ascolto e del dialogo, come ricerca volta a costruire il senso di sé,
diventa allora componente essenziale, condizione irrinunciabile perché tutti i valori trovino
il loro più autentico significato e siano motivo trainante per le nuove generazioni: un
guardare capace di cogliere la singolarità e la grandezza di ciascuno; sguardo che è
“relazione”, perché si pone con “interesse” e con “attenzione di cura”.
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Istituto Comprensivo Trento 5 – Progetto Scuola – famiglia 2008/2009
Il coraggio di educare
Una delle più grandi difficoltà educative riguarda, allora, proprio quel senso di impotenza,
di scoraggiamento che ogni tanto come adulti proviamo di fronte a ostacoli che sembrano
insuperabili, come i limiti personali, quelli dei nostri figli, la natura degli eventi. Ma è dalla
forza e dal coraggio dei propri educatori che i giovani, a loro volta, sapranno trovare la
strada della loro personale identità.
Occorre, allora, dar vita ad un processo di aiuto reciproco, il cui fine non è quello di
sostituirsi all’altro ma di stimolarlo, prima di tutto, alla consapevolezza di sé. Per questo
serve una particolare attenzione educativa. Non una preoccupazione soffocante, ma una
lungimirante e continua attenzione, che punta a sviluppare la volontà di esser protagonista
delle proprie scelte.
Un’arte educativa veramente difficile, fatta di accettazione costruttiva dei limiti e, a volte,
anche di silenzi da parte dell’educatore. A poco servirebbe soddisfare il bisogno di libertà e
di autonomia dei ragazzi se nello stesso tempo non percepissero gradualmente di acquisire
una personale competenza, quella che li pone in grado di superare di volta in volta la sfida
con se stessi e di diventare capaci di affrontare un compito, di rispondere a un problema, di
scoprire orizzonti nuovi.
Un educatore che si prefigge questi obiettivi, con la forza del dialogo, dell’esempio e
dell’incoraggiamento, sa essere una guida autorevole alla padronanza di sé, evitando
situazioni estreme, di eccessiva forzatura o di facile soluzione. E’ un modello di
autoefficacia, in quanto personalizza il suo rapporto educativo, infondendo fiducia e
positività, senza stancarsi mai di credere nelle loro potenzialità.
E in questo, è maestro, abile stratega, creatore di sempre nuove vie. Un educatore
autorevole e sincero che fa da specchio ai suoi giovani e li aiuta a guardarsi dentro; a
sfidarsi, e a fare i conti con la realtà, imparando nello stesso tempo a interrogarsi e a
spingersi oltre quando gli eventi sembrano schiacciare ogni speranza. In questo dialogo,
realtà e fantasia si fondono, si differenziano, si rincontrano per aprire prospettive e spazi
nuovi.
Attraverso un continuo “gioco” relazionale
Si costituisce così quel particolare rapporto educativo, per certi versi simmetrico,
intessuto di reciproco interesse, e nello stesso tempo a-simmetrico, vissuto su due piani
distinti, ma mai contrapposti tra loro: spesso è l’educatore a fungere da guida ai suoi
ragazzi; e questi, a loro volta, in alcuni casi mostrano in modo sorprendente di
corrispondere non solo alle sagge “lezioni” dei loro maestri, ma di saperne interpretare il
senso più ampio, spingendosi più avanti, scoprendo sfaccettature e trame nuove, impensate
anche dai loro stessi educatori. Una relazione che è educativa nella misura in cui sa porsi
come processo di continua ricerca ed evoluzione verso nuovi orizzonti di senso, che unisce
entrambi, educatore ed educando, in un continuo scambio di prospettive, di dubbi e di
soluzioni creative.
E’ questo l’obiettivo che l’ascolto autentico deve porsi. A patto che si sappia coinvolgere i
ragazzi e che gli educatori, nei diversi livelli e ruoli, sappiano collaborare evitando di
delegare il difficile compito del dialogo ai soli specialisti. I quali, poco o nulla possono fare
senza il preventivo, ampio e articolato coinvolgimento di tutta la comunità educativa.
Perché, come si sa, soprattutto in educazione, è meglio prevenire che curare. Per questo,
servono educatori veri, coraggiosi, che sappiano tutti insieme mettersi in gioco e attivare
progetti all’altezza che i tempi richiedono. E per questo a non badare a mezzi, a sforzi, a
donare tutto se stessi per l’educazione.
Università di Trento, 7 dicembre 2008
Michele De Beni *
* Psicoterapeuta, Pedagogista
Esperto in Processi Formativi
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