Cultura latina. La fondazione di Roma

Transcript

Cultura latina. La fondazione di Roma
Schede di civiltà e letteratura latina. 1
LA FONDAZIONE DI ROMA
La leggenda
Secondo il racconto degli storici romani (Tito Livio, Varrone, Ovidio)
Ovidio
e greci (Dionigi di Alicarnasso, Plutarco) Roma è stata fondata nel
753 a.C. (metà dell'VIII secolo) da Romolo, sul colle Palatino.
Romolo e il suo gemello Remo erano figli del dio Marte e della
vestale (sacerdotessa della dea Vesta) Rhea Silvia, figlia di re
Numitore di Albalonga, il quale era stato privato del potere dal
fratello Amulio;; tutti discendevano da Ascanio, figlio dell'eroe
troiano Enea e della italica Lavinia.
Lavinia
Il dio Marte aveva posseduto con la forza Rhea Silvia, in un bosco
sacro dove era andata a prendere dell'acqua; con la forza, perché
come vestale aveva l'obbligo di rimanere vergine. Alla nascita dei
gemelli re Amulio ordinò di ucciderli, ma i servi ebbero pietà dei
bambini, li misero in una cesta e li abbandonarono alla corrente del
fiume Tevere. Il fiume in piena trascinò la cesta fino a una grotta
collocata alla base del Palatino,
latino, detta Lupercale perché sacra a
Marte e a Fauno Luperco,, un antichissimo dio della fertilità.
fertilità
Qui i gemelli furono allattati da una lupa e poi allevati dal
pastore Faustolo e da sua moglie, Acca Larenzia,, nella loro capanna situata sulla sommità del
Palatino, nella zona del colle chiamata Cermalo (o Germano, che significa "gemello").
Dopo un'adolescenza libera, e un po' selvaggia, una volta diventati grandi e venuti a conoscenza
delle loro origini, i gemelli andarono ad Albalonga, uccisero re Amulio e rimisero sul trono il nonno
Numitore. Numitore diede loro il premesso di fondare una città, e subito i due cominciarono a
litigare sul luogo dove costruirla: Romolo preferiva il Palatino, Remo l'Aventino
Aventino. Alla fine Romolo
ebbe la meglio e scelse il Palatino
ino dove costruì le mura della città: Roma.
L’archeologia
Questo racconto è sempre stato considerato una favola, inventata fra il IV e il III secolo a.C. Non
solo, per molti critici la città di Roma si era formata
soltanto centocinquanta anni più tardi,
tardi all'epoca dei re
Tarquini (VI secolo a.C.)
Gli scavi archeologici realizzati alla base sudoccidentale
sudoccident del
Palatino da Andrea Carandini, professore di Archeologia Classica
all'Università La Sapienza di Roma, permettono di rivedere
questa
uesta posizione della critica moderna. Sul Palatino, Carandini
ha riportato alla luce un circuito di mura fortificate: la fase
iniziale di queste mura, costruite con grandi schegge di tufo e
rinvenute per un tratto di 40 metri, è datata tra 750 e 725 a.C.
Queste mura vennero distrutte all'epoca del re Servio Tullio
(circa 579-544
544 a.C.), che circondò tutti e sette i colli con altre
fortificazioni, le Mura Serviane.
L'aspetto veramente affascinante di questa scoperta è che la
data delle mura fortificate corrisponde a quella che gli antichi
storici romani indicavano per la fondazione di Roma ad opera di
Schede di civiltà e letteratura latina. 1
Romolo, il 753 a. C.
Perché circondare di mura un colle? Perché sulla
sommità del Palatino esisteva un villaggio
protourbano già dall'inizio dell'età del ferro (tra IX e
metà dell'VIII secolo a.C.), e questo è provato dal
ritrovamento delle fondazioni di quattro capanne.
Le tracce lasciate da quella meglio conservata hanno
permesso di ricostruirne l'aspetto: misurava m
4,90x3,60 e presentava sette fori lungo il perimetro
ed uno al centro; i fori corrispondevano ai pali che
sostenevano l'alzato. La porta era preceduta da un
piccolo portico. Il tetto era di paglia e a spiovente; le
pareti erano fatte di canne ricoperte d'argilla. Al
centro della capanna c'era un focolare.
Era un villaggio molto esteso, ampio 250 ettari, ma non era una entità statale, gerarchizzata e
sottoposta a un potere unico. Intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. ci fu un cambiamento: dove
prima c'era una grande capanna ovale vennero costruite due capanne, una delle quali formata da
due stanze. Un cambiamento che è contemporaneo alla costruzione delle mura; le due capanne si
possono forse interpretare come un tempio ed una reggia.
Chi ha costruito le mura fortificate, il tempio e la reggia? Si tratta evidentemente di un
personaggio particolarmente autorevole, un re forse, che ha imposto il suo potere assoluto,
trasformando il precedente villaggio protourbano in uno stato, organizzato e gerarchizzato. Un re
che i romani chiamavano Romolo.
Come si vede, dati archeologici e fonti scritte coincidono: le scoperte confermano la fondazione di
Roma descritta da Livio, Dionisio di Alicarnasso e Plutarco.
Ciò non significa affermare che Romolo sia veramente esistito e che tutte le vicende che lo
riguardano – che era il figlio del dio Marte, che è stato allattato da una lupa, che ha ucciso il
fratello – siano realmente accadute. Significa solo che gli storici romani hanno rivestito con il mito
un fatto realmente accaduto, cioè la creazione di una città fortificata ad opera di un re, sul
Palatino, laddove in precedenza c'era solo un villaggio di capanne non organizzato. Il mito di
Romolo è dunque un prodotto storico.
Il rito di fondazione
Una volta giunti sui pascoli del Tevere, laddove erano stati esposti e allevati, sorge una contesa tra
Romolo e Remo. Racconta, infatti, lo storico Livio che «poiché erano gemelli e il riguardo all’età
non poteva creare diritti di precedenza, affinché gli dèi protettori della contrada indicassero con
segni augurali chi dovesse dare il nome alla nuova città, chi dovesse regnarvi dopo averla fondata,
per prendere gli auspici Romolo occupò come luogo di osservazione il Palatino, Remo l’Aventino».
In particolare, i motivi di contrasto sarebbero tre: il sito su cui fondare l’urbs, il nome da assegnare
alla nuova città e l’eventuale fondatore/ re. La tradizione concorda nel ritenere che i due fratelli
siano ricorsi ad auspicia per dirimere la contesa, ovvero alla pratica di interrogare la volontà divina
mediante l’osservazione del volo degli uccelli (auspicia ex avibus): chi dei due avesse visto per
primo i volatili più favorevoli sarebbe stato il capo della colonia.
Riguardo all’osservazione, Livio parla di sei avvoltoi apparsi prima a Remo e di dodici avvoltoi
apparsi poi a Romolo: dopo l’osservazione ogni gemello è proclamato re dai suoi seguaci. Gli uni
ritenevano infatti che Remo avesse diritto al regno per essere stato il primo a ricevere il segno del
Schede di civiltà e letteratura latina. 1
favore degli dei, gli altri che spettasse a Romolo per il numero degli uccelli. E così scoppiò una lite,
durante la quale Remo, colpito nella mischia, morì.
Lo storico greco Plutarco riferisce una versione un po’ differente: una volta ottenuto il responso
divino, Romolo prende possesso del luogo indicato da Giove, il Palatino, e trasforma il monte in
città, cingendolo di murae sanctae, ovvero invalicabili. Tuttavia, «quando Remo scoprì l’inganno
(di Romolo), si adirò; e, poiché Romolo scavava un fossato con cui avrebbe circondato tutt’intorno
le mura, si faceva beffe dei suoi lavori e cercava di ostacolarli. Alla fine, superò il fossato con un
salto; dicono che cadde lì, secondo alcuni colpito dallo stesso Romolo, secondo altri da uno dei
suoi compagni, un certo Celere» (X 1 - 2).
Dopo l’uccisione di Remo, Romolo si reca sul Cermalo per avviare i riti fondativi della città.
Un’ampia descrizione è offerta, tra gli altri, da Plutarco. Stando alle parole del biografo, «Romolo,
dopo aver sepolto il fratello […] fondò la città, avendo fatto venire dall’Etruria uomini che gli
spiegassero ogni cosa con norme e testi sacri ». In seguito, scava una fossa di forma circolare
intorno al Palatino, ovvero il sulcus primigenius (il solco originario) «per deporvi le primizie di
tutto quanto era utile secondo consuetudine o necessario secondo natura».
Romolo unisce all’aratro un vomere di bronzo, quindi aggioga un bue e una mucca, tracciando un
solco profondo lungo la linea di confine: «Con questo tracciato fissano dunque il percorso delle
mura e con una forma sincopata lo chiamano pomerium, che vuol dire dopo o dietro il muro (pone
+ murum); dove intendono mettere una porta, tirano fuori il vomere, sollevano l’aratro e lasciano
uno spazio in mezzo». Di qui le conclusioni: «Per questo motivo considerano sacra tutta la cinta
muraria ad eccezione delle porte; considerando sacre anche le porte, non era possibile far entrare
e uscire senza timore religioso le cose necessarie e, tuttavia, impure».
Il rituale della tracciatura del sulcus primigenius veniva praticato, ancora in età storica, dai Romani
ogni volta che fondavano una nuova colonia.
Cippo che rievoca la cerimonia di fondazione della colonia di Aquileia mediante il "sulcus
primigenius". Aquileia, Museo Archeologico Nazionale.
Schede di civiltà e letteratura latina. 1
LE FONTI LETTERARIE
TITO LIVIO
Della sua biografia si sa poco. Secondo San Girolamo nacque a Padova nel 59 a.C.
Della famiglia di origine si hanno poche notizie benché probabilmente, a
giudicare dall'ottima formazione culturale dello storico, era di condizioni agiate.
Uno degli avvenimenti più importanti della sua vita fu il trasferimento a Roma per
completare gli studi. Fu
u qui che entrò in stretti rapporti
rapport con Augusto,, il quale gli
affidò l'educazione del nipote e futuro imperatore Claudio. Si dedicò quindi alla redazione degli Ab
Urbe condita libri (“II libri dalla fondazione di Roma”)
Roma per celebrare Roma e il suo imperatore e si
impose ben presto come uno dei più grandi storici del suo tempo. Fu anche autore di numerosi
scritti di carattere filosofico e retorico andati perduti. Morì a Padova nel 17 d.C.
d.C
Iniziata nel 27 a.C., la raccolta Ab Urbe condita si componeva di 142 libri che narravano la storia di
Roma dalle origini (753 a.C.)) fino alla morte di Druso (9 a.C.),
), in forma annalistica (cioè seguendo la
narrazione dei fatti anno per anno).
I libri furono successivamente divisi in decadi (gruppi di 10 libri) che avrebbero dovuto coincidere
con determinati periodi storici. Dell'intera opera,
opera, ce ne è pervenuta oggi solo una piccola parte,
per un totale di 35 libri, cioè quelli dall'I al X e dal XXI al XLV (la prima, la terza, la quarta decade e
cinque libri della quinta). Gli altri sono conosciuti solo tramite frammenti e riassunti ("Periochae").
("Perioch
I libri che si sono conservati descrivono in particolare la storia dei primi secoli di Roma dalla
fondazione fino al 292 a.C., la seconda guerra punica,
punica la conquista della Gallia cisalpina,
cisalpina
della Grecia, della Macedonia e di una parte dell'Asia
dell'
Minore.. L'ultimo avvenimento importante
che si trova è relativo al trionfo di Lucio Emilio Paolo a Pidna (168 a.C.).
Lo stesso Livio affermò che la mancanza di dati e fonti certe precedenti al sacco di Roma da parte
dei Galli, nel 390 a.C.,, aveva reso il suo compito assai difficile. A rendere più arduo il compito dello
storiografo fu il fatto che non poteva accedere, come privato cittadino, agli archivi e dovette
accontentarsi di fonti secondarie (documenti e materiali già elaborati da altri storici). Allo stesso
ste
modo, molti storici moderni ritengono che, per la mancanza di fonti puntuali e precise, Livio abbia
presentato per le stesse vicende sia una versione mitica che una versione "storica", senza
privilegiare nessuna delle due versioni, ma lasciando alla discrezione
discrezione del lettore la decisione su
quale sia la più verosimile. Nella prefazione è l'autore a spiegare che «quanto agli eventi relativi
alla fondazione di Roma o anteriori, non cerco né di darli per veri o mentirli: il loro fascino è
dovuto più all'immaginazione
ginazione dei poeti che alla serietà dell'informazione». Il suo talento non va
tuttavia ricercato nell'attendibilità scientifica e storica del lavoro quanto nel suo valore letterario.
TESTO
Ab Urbe condita, I. 6. 6-7
Ita Numitori Albana re permissa Romulum Remumque cupido cepit in iis
iis locis ubi expositi ubique educati
erant urbis condendae. Et supererat multitudo Albanorum Latinorumque; ad id pastores quoque
accesserant, qui omnes facile spem facerent paruam Albam, parvum Lavinium prae ea urbe quae
conderetur fore. Intervenit deinde his
his cogitationibus avitum malum, regni cupido, atque inde foedum
certamen coortum a satis miti principio. Quoniam gemini essent nec aetatis verecundia discrimen facere
posset, ut di quorum tutelae ea loca essent auguriis legerent qui nomen novae urbi daret, qui conditam
imperio regeret, Palatium Romulus, Remus Aventinum ad inaugurandum templa capiunt.
Schede di civiltà e letteratura latina. 1
[7] Priori Remo augurium venisse fertur, sex voltures; iamque nuntiato augurio cum duplex numerus
Romulo se ostendisset, utrumque regem sua multitudo consalutauerat: tempore illi praecepto, at hi
numero auium regnum trahebant. Inde cum altercatione congressi certamine irarum ad caedem vertuntur;
ibi in turba ictus Remus cecidit. Volgatior fama est ludibrio fratris Remum novos transiluisse muros; inde ab
irato Romulo, cum verbis quoque increpitans adiecisset, "Sic deinde, quicumque alius transiliet moenia
mea," interfectum. Ita solus potitus imperio Romulus; condita urbs conditoris nomine appellata.
Così, affidata Alba a Numitore, Romolo e Remo furono presi dal desiderio di fondare una città in
quei luoghi in cui erano stati esposti e allevati. Inoltre la popolazione di Albani e Latini era in
eccesso. A questo si erano anche aggiunti i pastori. Tutti insieme certamente nutrivano la speranza
che Alba Longa e Lavinio sarebbero state piccole nei confronti della città che stava per essere
fondata. Su questi progetti si innestò poi un tarlo ereditato dagli avi, cioè la sete di potere, e di lì
nacque una contesa fatale dopo un inizio abbastanza tranquillo. Siccome erano gemelli e il rispetto
per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dèi che
proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla
nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali,
Romolo scelse il Palatino e Remo l'Aventino.
Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi
il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re
l'uno e l'altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla
priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal
rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota
la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura
appena erette e quindi Romolo, al colmo dell'ira, l'avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole
di sfida: "Così, d'ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura." In questo modo
Romolo si impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo
fondatore.
GLOSSARIO
Condo, is, condidi, conditum, ere: fondare (una città)
Conditor, -oris: il fondatore
Ab Urbe condita: dalla fondazione di Roma (data da cui si calcolavano gli
anni)
Geminus, -i: gemello
Augurium, -i: rituale religioso volto ad accertare la volontà degli dei
prima di prendere una decisione
Augur, -uris: il sacerdote preposto alla celebrazione degli auguria. Di
origine etrusca, l’augur ha come segno distintivo il bastone ricurvo detto
lituus.
Auspicium, -i: segno della volontà divina che un sacerdote trae
dall’osservazione del cielo e del volo degli uccelli.
Inauguratio, -onis: la consacrazione agli dei di uno spazio (ad esempio un
tempio) o di un uomo (ad es. il re)
Templum, i: letteralmente, uno spazio consacrato dall’augure e ordinato secondo precise
coordinate celesti che riflettano la disposizione delle sedi delle divinità nel cielo. Più
specificamente, edificio di culto.