La fenomenologia d`amore: il Medioevo
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La fenomenologia d`amore: il Medioevo
La fenomenologia d’amore: il Medioevo Andrea Cappellano (1150-1210) De amore I definizioni di Amor L’amore è una passione innata (Amor est passio quaedam innata) che procede per visione e per incessante pensiero di persona d’altro sesso... Che l’amore sia passione, si vede facilmente. Infatti, prima che l’amore sbocci da tutte e due le parti, non esiste angoscia (angustia) maggiore, perché l’amante teme sempre che l’amore non ottenga l’effetto desiderato e che siano inutili le sue fatiche... Ti dimostro chiaramente che la passione è innata poiché la passione, a ben guardare la verità, non nasce da nessuna azione; ma la passione procede dal solo pensiero che l’animo concepisce davanti alla visione... Al sorgere dell’amore non basta il semplice pensiero, ma occorre che esso sia smisurato (immoderata)... Amore è detto dal verbo amo, il quale significa prendere o essere preso (capere vel capi). Infatti chi ama, è preso (captus est) dalle catene del desiderio amoroso e desidera prendere (capere) l’altra persona con il suo amo. la gentilezza Molti dicono che si guadagna l’amore in cinque modi, cioè per la bellezza, per i bei modi e per le buone maniere, per il saper parlare bene, per la ricchezza, e se la donna si concede subito all’uomo. Ma secondo me è con i primi tre modi che l’amore si guadagna, non per gli ultimi due. Tra i principali comandamenti d’amore: - Fuggi l’avidità e ricerca il suo contrario - Segui gli insegnamenti delle donne e legati sempre alla cavalleria d’amore - Non deve mai mancare il senso del pudore - Non essere maldicente - Sii sempre cortese e civile Arnaut Daniel (poeta e trovatore, 1150-1210 circa) Arietta Su quest’arietta leggiadra e leggera compongo versi ... In bene avanzo ogni giorno e m’affino perché servo ed onoro la più bella del mondo, ve lo dico apertamente. Tutto appartengo a lei , dal capo al piede, e per quanto una gelida aura spiri, l’amore ch’entro nel cuore mi raggia mi tien caldo nel colmo dell’inverno. Mille messe per questo ascolto ed offro, per questo accendo lumi a cera e ad olio: perché Dio mi conceda felice esito di quella contro cui schermirsi è vano; ... Il suo cuore sommerge interamente tutto il mio, né s’evapora. ... Di Roma non vorrei tener l’impero, né bramerei esserne fatto papa, se non potessi tornare a colei per cui il cuore m’arde e mi si spezza. ... Io sono Arnaldo che raccolgo il vento e col bue vado a caccia della lepre e nuoto contro la marea montante. Bonifacio Calvo (trovatore, seconda metà del XIII secolo) Ora non muoio, né vivo, né so cosa m’accada, né nulla di me, se non d’avere sin in fondo al cuore pena d’amore quale or vi dirò: così vasta da farmi impazzire e la mia dama neanche lo sa. Non so che faccio, né cosa farò, né dove vada, né nulla di me, se non soltanto che soffro e soffersi pena d’amore quale voglio dirvi: così vasta da farmi impazzire e la mia dama neanche lo sa. Di me non so cosa è, né sarà, amici miei, e null’altro di me, se non soltanto che soffro una tale pena d’amore quale già vi dirò: così vasta da farmi impazzire e la mia dama neanche lo sa. Giacomo da Lentini (1210-1260) Meravigliosamente Meravigliosamente un amor mi distringe e mi tene ad ogn’ora. Com’om che pone mente in altro exemplo pinge la simile pintura, così, bella, facc’eo, che ‘nfra lo core meo porto la tua figura. In cor par ch’eo vi porti, pinta come parete, e non pare di fore. O Deo, co’ mi par forte non so se lo sapete, con’ v’amo di bon core; ch’eo son sì vergognoso che pur vi guardo ascoso e non vi mostro amore. Avendo gran disio dipinsi una pintura, bella, voi simigliante, e quando voi non vio guardo ‘n quella figura, par ch’eo v’aggia avante: come quello che crede salvarsi per sua fede, ancor non veggia inante. Al cor m’arde una doglia, com’om che ten lo foco a lo suo seno ascoso, e quando più lo ‘nvoglia, allora arde più loco e non pò star incluso: similemente eo ardo quando pass’e non guardo a voi, vis’amoroso. S’eo guardo, quando passo, inver’ voi no mi giro, bella, per risguardare; andando, ad ogni passo getto uno gran sospiro ca facemi ancosciare; e certo bene ancoscio, c’a pena mi conoscio, tanto bella mi pare. Assai v’aggio laudato, madonna, in tutte parti, di bellezze c’avete. Non so se v’è contato ch’eo lo faccia per arti, che voi pur v’ascondete: sacciatelo per singa zo ch’eo no dico a linga, quando voi mi vedite. Canzonetta novella, va’ canta nova cosa; lèvati da maitino davanti a la più bella, fiore d’ogn’amorosa, bionda più c’auro fino: «Lo vostro amor, ch’è caro, donatelo al Notaro ch’è nato da Lentino». Guido Guinizzelli (1230/35 -1276) Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo che fate quando v’encontro, m’ancide: Amor m’assale e già non ha reguardo s’elli face peccato over merzede, ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo ched oltre ‘n parte lo taglia e divide; parlar non posso, ché ‘n pene io ardo sì come quelli che sua morte vede. Per li occhi passa come fa lo trono, che fer’ per la finestra de la torre e ciò che dentro trova spezza e fende: remagno come statüa d’ottono, ove vita né spirto non ricorre, se non che la figura d’omo rende. Guido Cavalcanti (1259 circa – 1300) Voi che per li occhi mi passaste ‘l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore. E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco. Sì giunse ritto ‘l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ‘l cor nel lato manco. Francesco Petrarca (1304-1374) Secretum III 164 Desideroso di guarire (dalla malattia d’amore per Laura) ... quante volte ho tentato la fuga! ... l’unico e solo scopo dei miei viaggi e dei miei ritiri in campagna era sempre la libertà. Per inseguirla ho corso in lungo e in largo... Itaque sepe animum tetigit virgiliana Per questo mi ha sempre colpito quel paragone comparatio: di Virgilio che dice: qualis coniecta cerva sagitta, quale una cerva colpita da una freccia, / che un quam procul incautam nemora inter Cresia fixit pastore inseguendola incauta trafisse con dardi / da pastor agens telis, liquitque volatile ferrum lontano nei boschi cretesi, e le lasciò dentro l’alato nescius; illa fuga silvas saltusque peragrat ferro, / ignaro; quella percorre in fuga le selve e le dicteos, heret lateri letalis harundo. balze / dittee; ma non si distacca dal fianco l’asta mortale. Huic ergo cerve non absimilis factus sum. Fugi Ecco: io sono divenuto simile a quella cerva; enim, sed malum meum ubique circumferens. sempre in fuga, ho portato il mio male sempre e dovunque con me. Canzoniere CCIX 9-14 I dolci colli ov’io lasciai me stesso, partendo onde partir già mai non posso, mi vanno innanzi, et émmi ognor adosso quel caro peso ch’Amor m’à commesso. Meco di me mi meraviglio spesso, ch’ i’ pur vo sempre, et non son anchor mosso dal bel giogo piú volte indarno scosso, ma com piú me n’allungo, et piú m’appresso. Et qual cervo ferito di saetta, col ferro avelenato dentr’ al fianco, fugge, et più duolsi quanto più s’affretta, tal io, con quello stral dal lato manco, che mi consuma, et parte mi diletta, di duol mi struggo, et di fuggir mi stanco. CXXXIV Pace non trovo, et non ò da far guerra; e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra; et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio. Tal m’ à in pregion, che non m’ apre né serra, né per suo mi riten né scioglie il laccio; et non m’ancide Amore, et non mi sferra, né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio. Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido; et bramo di perir, et cheggio aita; et ò in odio me stesso, et amo altrui. Pascomi di dolor, piangendo rido; egualmente mi spiace morte et vita: in questo stato son, donna, per voi.