riflessioni sulla valutazione della profondita` dell`anestesia
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riflessioni sulla valutazione della profondita` dell`anestesia
RI F LE S S I O NI S U LLA V A LU T A ZI O NE DE LLA PRO F O ND ITA’ D ELL’ ANESTESIA IN CARD IO CH IRURGIA LAVORO DI CERTIFICAZIONE Trapletti Brunella Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche, Lugano-Besso Corso 4 AN, 2005-2007 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Sommario 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Abstract ........................................................................................................................2 Introduzione..................................................................................................................3 Motivazione personale e professionale.........................................................................3 Scelta del tema .............................................................................................................4 Domande di ricerca.......................................................................................................4 Obiettivi personali .........................................................................................................5 Metodo di raccolta dei dati............................................................................................5 Esame di fattibilità.........................................................................................................7 Quadro teorico ..............................................................................................................8 9.1 Profondità dell’anestesia .......................................................................................8 9.1.1 Ma come definire la profondità dell’anestesia?...............................................8 9.1.2 Valutazione, ma come? .................................................................................9 9.2 Awareness...........................................................................................................14 9.2.1 Incidenza dell’awareness .............................................................................15 9.2.2 Conseguenze dell’awareness.......................................................................16 9.2.3 Prevenzione dell’awareness.........................................................................16 9.3 ByPass Aorto-Coronarico ....................................................................................17 9.3.1 Gli interventi di cardiochirurgia .....................................................................17 9.3.2 ByPass “off pump” ......................................................................................19 9.3.3 Anestesia in cardiochirurgia .........................................................................20 9.4 L’anestesia peridurale ........................................................................................21 9.4.1 Vantaggi e anatomia dello spazio peridurale................................................22 9.4.2 Tecnica.........................................................................................................22 9.4.3 Controindicazioni..........................................................................................22 9.4.4 Farmacologia................................................................................................23 9.4.5 Effetti cardiaci dell’anestesia peridurale .......................................................24 10 Interviste preliminari: analisi .......................................................................................25 10.1 Analisi dell’intervista preliminare con riferimento al quadro teorico .....................26 11 Parte pratica ...............................................................................................................31 11.1 Alcune definizioni utili per la comprensione dell’analisi .......................................32 11.2 Descrizione della situazione e analisi del caso n.1: Signor A.G. .........................34 11.3 Descrizione della situazione e analisi del caso n.2: Signor M.R.........................38 11.4 Commento personale relativo alla parte pratica ..................................................42 12 Interviste finali: analisi.................................................................................................43 13 Conclusioni .................................................................................................................47 13.1 Conclusioni con risposta alle domande e obiettivi iniziali ....................................47 13.2 Conclusioni personali ..........................................................................................48 13.3 Conclusioni formative ..........................................................................................49 13.4 Conclusioni professionali.....................................................................................49 14 Bibliografia..................................................................................................................50 14.1 Testi.....................................................................................................................50 14.2 Articoli..................................................................................................................50 14.3 Documenti ...........................................................................................................51 14.4 siti Web................................................................................................................51 15 Ringraziamenti............................................................................................................52 16 Allegati........................................................................................................................54 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 1 Lavoro di certificazione 1 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Abstract Introduzione L’obiettivo di questo lavoro è in primo luogo quello di sensibilizzare gli infermieri del team di anestesia del Cardiocentro Ticino su come i criteri fin’ora utilizzati per valutare la profondità dell’anestesia possono non essere sufficienti (soprattutto in cardiochirurgia). Il secondo intento è invece quello di valutare la possibilità di un utilizzo routinario del sistema CSM come metodo supplementare di valutazione della profondità anestetica in cardioanestesia. Metodo Dopo aver chiesto agli infermieri di esprimere il loro punto di vista in merito ai sistemi e mezzi disponibili per valutare la profondità dell’anestesia, è stata fatta una review della letteratura che ha confermato la parziale insufficienza dei metodi usuali. Ho quindi proposto la prova sperimentale di un nuovo apparecchio in commercio: il CSM. Con l’approvazione dei medici anestesisti e dei cardiochirurghi, il CSM è stato in seguito applicato nel corso di alcuni interventi di by pass aortocoronarico a cuore battente in anestesia combinata. Al termine della ricerca, un intervista finale ha fatto emergere le impressioni degli infermieri: sull’utilizzo pratico del CSM e sui cambiamenti di atteggiamento e mentalità in relazione alla tematica della valutazione della profondità dell’anestesia. Risultati La presa di coscienza del fenomeno dell’awareness, di tutti i sistemi di prevenzione e dei mezzi di valutazione disponibili per valutare la profondità del piano anestetico, sono stati indubbiamente i risultati più significativi. La valutazione infermieristica del CSM ha evidenziato risultati positivi e mostrato la sua possibile applicabilità alla maggior parte degli interventi di cardiochirurgia. Conclusioni L’approfondimento della tematica sviluppata ha portato in tutto il team infermieristico un cambiamento di atteggiamento, una maggior consapevolezza e sensibilità nei confronti della valutazione della profondità dell’anestesia. Il metodo CSM non solo è risultato efficace ma si è rivelato un importante spunto di riflessione nelle varie fasi dell’intervento. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 2 Lavoro di certificazione 2 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Introduzione Negli ultimi anni le scoperte in campo scientifico hanno portato notevoli progressi in ambito anestesiologico: farmaci sempre più versatili, strumenti precisi ed intuitivi, formazione del personale qualitativamente elevata. Purtroppo però rimangono ancora delle tematiche parzialmente sconosciute che ci rendono vulnerabili come professionisti e pongono dei limiti alla nostra pratica quotidiana. I medici e gli infermieri anestesisti hanno l’obbligo morale e professionale di garantire ai pazienti la sicurezza durante l’intervento chirurgico: un’ adeguata ipnosi e analgesia accompagnata al bisogno dai farmaci miorilassanti. E’ proprio l’avvento di quest’ultima categoria di medicamenti che ha portato una svolta importante nella moderna anestesia, ma, se da un lato essi permettono di evitare dosi tossiche di analgosedazione e garantiscono buone condizioni chirurgiche, dall’altro espongono i nostri pazienti al rischio di awareness. Come mostrerò in seguito con il termine awareness si intende, in modo molto generico, il risveglio intraoperatorio: una condizione che nessuno di noi vorrebbe sperimentare o far vivere ai propri pazienti. Nel corso degli ultimi anni questa tematica è stata oggetto di numerosi studi e si è potuto osservare non solo la relazione tra awareness e farmaci impiegati ma anche lo stretto legame che vi è con le varie tecniche chirurgiche e le condizioni generali del paziente. Attualmente disponiamo di molte conoscenze scientifiche in merito e di strumenti atti a prevenire o limitare l’insorgenza di questa temuta “ complicazione anestesiologica”. Purtroppo però non esistono ancora dei mezzi sicuri al 100% per garantire un’adeguata e soprattutto personalizzata profondità dell’anestesia. L’unico modo per evitare questi spiacevoli episodi è la presa di coscienza del problema, una corretta sorveglianza e l’applicazione delle basilari regole di prevenzione. 3 Motivazione personale e professionale Ho scelto di riflettere sulla tematica della “valutazione della profondità dell’anestesia in cardiochirurgia” per vari motivi, chiaramente correlati fra loro. Lavoro da 4 anni al Cardiocentro Ticino (CCT) e anche se si tratta di un'unica specialità la trovo molto affascinante, dinamica e quotidianamente ricca di scoperte sia in ambito professionale che umano. Fin dall’inizio della formazione avevo pensato di trattare un argomento inerente la cardioanestesia e nel corso di una lezione al secondo anno, sono venuta a conoscenza del fenomeno dell’awareness: non ne avevo veramente mai sentito parlare prima di quel momento ma soprattutto non pensavo che proprio in cardiochirurgia l’incidenza fosse così marcata o perlomeno più frequente rispetto ad altre specialità. Ho iniziato a chiedermi se la nostra condotta anestesiologica fosse adeguata al fine di evitare l’awareness ai pazienti. Ampliando la mie conoscenze di farmacologia mi sono chiesta se il tipo e il dosaggio di farmaci impiegati fossero sufficienti per garantire un’adeguata profondità ipnotica e una buona copertura analgesica. Ho iniziato a riflettere sui parametri emodinamici e sui segni clinici ma soprattutto sulle scarse informazioni che questi ultimi forniscono, proprio in cardiochirurgia! Ho maturato così l’idea di sviluppare un lavoro centrato soprattutto sui mezzi attualmente a disposizione per valutare la profondità dell’anestesia in questa specialità spesso caratterizzata da instabilità emodinamica e perciò priva dei classici valori e segni che normalmente ci indicano una superficializzazione del piano anestesiologico. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 3 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Documentandomi ulteriormente, sono venuta a conoscenza di nuovi apparecchi, attualmente disponibili sul mercato, in grado di migliorare la valutazione del piano anestesiologico: il BIS ( Bi Spectral Index®) e il CSM ( Cerebral State Monitor®) che illustrerò in seguito. Il desiderio di capire il loro funzionamento e un eventuale possibilità di applicazione nel mio ambito lavorativo, mi hanno portato a centrare maggiormente gli obiettivi di ricerca. 4 Scelta del tema Ammetto che l’idea iniziale era quella di trattare la tematica dell’awareness in cardiochirurgia ma dopo essermi meglio informata, ho capito che si trattava di un argomento troppo ampio e ancora poco conosciuto. I vari studi condotti fin’ora sono contrastanti fra loro, anche se hanno delle basi comuni convalidate scientificamente. E’ ormai accertato che per poter eseguire un’analisi completa sull’awareness sono necessarie più figure professionali e tempi notevolmente lunghi: anestesisti per la fase perioperatoria , psichiatri e psicologi per poter svolgere le interviste mirate e dilazionate nel tempo. Si sa, come mostrerò nel capitolo successivo, che i ricordi spesso restano nel subconscio e se emergono si manifestano con alterazioni del comportamento, del sonno, della personalità solo nelle settimane o mesi successivi. Questi pazienti richiedono poi accompagnamenti da parte di professionisti adatti a sostenerli nella lunga e difficile terapia. Conosco ampiamente i miei limiti e ritengo di non avere le conoscenze adeguate e nemmeno il tempo necessario per questo tipo di lavoro, inoltre trovo eticamente scorretto giocare un ruolo che non mi appartiene con il rischio di scatenare brutti ricordi, dubbi o paure nei pazienti verso i quali abbiamo un obbligo professionale e umano. Inoltre, l’incidenza del ricordo nell’immediato post operatorio è fortunatamente bassissima come la probabilità che io possa vedere un caso del genere durante la stesura del mio lavoro di certificazione… . Ho deciso dunque di indirizzare questa ricerca verso il tema della “ valutazione della profondità dell’anestesia in cardiochirurgia”: sarà il modo per riflettere e approfondire le mie conoscenze in merito e forse farà da base per un ulteriore ricerca futura sul tema dell’awareness al Cardiocentro… . 5 Domande di ricerca Premessa: per ovvie ragioni metodologiche devo esporre prima le domande alle quali desidero rispondere con il mio lavoro, ma trovo importante spiegare il motivo per il quale ho scelto di utilizzare un apparecchio invece di un altro. Le differenze, descritte dalle case produttrici, emergeranno in modo più dettagliato nel quadro teorico comunque il motivo della mia scelta è stato dettato principalmente dagli studi attualmente a disposizione: il BIS fornisce un dato che subisce un ritardo di ca 30 secondi ed è sensibile a numerose interferenze del paziente ma anche esterne ( per esempio rumori in sala operatoria). Il CSM invece esegue un analisi in tempo reale, possiede un sistema di filtrazione delle interferenze più sofisticato e attendibile. E’ testato e adatto in condizioni di ipotermia ( aspetto fondamentale in cardiochirurgia) e permette di visualizzare l’EEG del paziente in tempo reale. Non da ultimo l’aspetto economico: al di là del costo dell’apparecchio (il BIS costa circa il doppio del CSM), i semplici elettrodi per la rilevazione numerica del CSM costano circa 5 volte in meno rispetto al BIS. Inoltre i normali elettrodi per la rilevazione dell’ECG si adattano perfettamente all’utilizzo del CSM. Penso di aver fatto la scelta giusta, anche se mi rendo conto che gli interessi economici e la concorrenza al giorno d’oggi possano spingere una ditta ad indirizzare gli studi per promuovere il Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 4 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche prodotto. Decido comunque di fidarmi dei dati a disposizione e di testare il CSM per del mio lavoro di certificazione. Con quanto detto fin’ora, mi pongo la seguente domande di ricerca: L’introduzione del CSM potrebbe migliorare la valutazione della profondità dell’anestesia al Cardiocentro? Inoltre, sapendo che in ambito anestesiologico risulta fondamentale valutare la profondità dell’anestesia ma non vi è un metodo univoco e certo, mi chiedo: Cosa significa per gli infermieri del team di anestesia del Cardiocentro valutare la profondità dell’anestesia e che importanza assume questo aspetto all’interno di un intervento di cardiochirurgia? 6 Obiettivi personali Cercherò di trovare una risposta alle due domande formulate in precedenza e parallelamente mi pongo i seguenti obiettivi: approfondire le mie conoscenze sulla tematica della profondità dell’anestesia finalizzandola alla cardiochirurgia sensibilizzare il resto del team su questa rara ma tenuta complicazione anestesiologica: l’awareness 7 Metodo di raccolta dei dati La scelta di questo metodo è stata dettata da una lunga riflessione ed evoluzione: documentandomi in relazione alla tematica ho capito che applicare un metodo comparativo sarebbe stato veramente complesso. Inizialmente pensavo di randomizzare due gruppi di pazienti e confrontare la condotta anestesiologica attuale con una adattata ai valori del monitoraggio CSM ma la”fragilità” del paziente cardiochirurgico mi ha portato ad adattare ulteriormente la scelta. Per “fragilità” intendo ovviamente l’instabilità emodinamica, il precario equilibrio fisico e la velocità con la quale questi pazienti si possono trovare in situazioni di scompenso o addirittura arresto cardiaco. Non è mio compito e nemmeno il mio ruolo modificare la somministrazione di farmaci basata sulla lettura di un dato da un nuovo apparecchio. Inoltre il limitato campione di pazienti da me presi in considerazione avrebbe probabilmente dato risultati statisticamente e scientificamente non attendibili. Ho pensato così di fare un passo indietro e soffermarmi su una ricerca prettamente infermieristica. Per facilitarne la comprensione, l’ho suddivisa in tre tappe. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 5 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 1° tappa: Eseguirò un intervista preliminare rivolta ai miei colleghi infermieri del team di anestesia del Cardiocentro: lo scopo è quello di capire fino a che punto è conosciuto il tema della valutazione della profondità dell’anestesia in relazione al paziente cardiochirurgico. Premetto fin d’ora che nell’equipe di anestesia solo uno dei quattro infermieri ha conseguito la specializzazione in anestesia. 2° tappa: Premessa: da settembre 2005 lavoro presso il reparto di anestesia dell’Ospedale Civico di Lugano: il trasferimento si è reso necessario per la formazione e la mia permanenza si protrarrà fino al termine del corso. Chiaramente questo mi impone di strutturare come segue l’osservazione in sala operatoria: Con l’approvazione dei medici ( anestesisti e chirurghi) e del capo del personale, spiegherò brevemente ai miei colleghi infermieri, il motivo che mi ha portato a sviluppare la tematica della profondità dell’anestesia, i dati disponibili relativi la cardioanestesia e gli obiettivi della ricerca. Introdurrò il CSM: ne illustrerò i principi di funzionamento e l’uso pratico. L’apparecchio sarà in seguito applicato da loro inizialmente a tutti i pazienti per impararne il funzionamento e solo in un secondo momento verrà utilizzato per i pazienti operati di by pass a cuore battente con anestesia combinata ( peridurale toracica e anestesia generale). In ogni caso si tratterà unicamente di un osservazione e non verranno eseguite modifiche del piano anestesiologico sulla base dei dati rilevati dal CSM! Intendo procedere in questo modo, non solo per questioni pratiche ma anche per sensibilizzare i miei colleghi sull’uso di questo strumento e renderli attori principali nella riflessione della valutazione della profondità dell’anestesia. Credo che vedere costantemente un dato oggettivo sia più efficace di sentirsi raccontare le conclusioni di un lavoro di certificazione fatto da una collega…. Quando i turni di lavoro me lo permetteranno, sarò presente nel corso di alcuni interventi chirurgici. Tipologia di pazienti e motivo della scelta: 2 pazienti di entrambi i sessi, dai 50 ai 70 anni. Intervento previsto: by pass aorto-coronarico con a cuore battente (off pump). Tecnica anestesiologica: anestesia combinata ( generale con peridurale toracica). I pazienti non dovranno avere storia passata o recente di danno ischemico o emorragico cerebrale e non dovranno avere in terapia farmaci psicoattivi ( possibile alterazione del valore CSM). Ho scelto questa casistica per diverse ragioni: Il by pass aorto coronarico (BAC) a cuore battente viene eseguito senza l’utilizzo della macchina cuore polmoni (CEC): spiegare le implicazioni fisiche della CEC avrebbe reso ancora più complessa l’analisi dei dati, inoltre l’ipotermia (30-32°C) indotta dalla CEC avrebbe complicato ulteriormente i risultati. Il BAC a cuor battente è caratterizzato da un’ importante instabilità emodinamica dovuta alle condizioni cardiache del paziente, alle manovre di retrazione cardiaca e alla terapia farmacologia somministrata: l’uso intraoperatorio della peridurale per esempio crea bradicardia e ipotensione, aspetti voluti per il lato chirurgico ma difficili da gestire dal punto di vista anestesiologico. L’anestesia in questa situazione diventa quasi un arte dove si deve bilanciare il fabbisogno di ipnosi e sedazione con la stabilità dei parametri clinici. A volte bisogna veramente ridurre al minimo consentito i dosaggi farmacologici e questo espone maggiormente il paziente al rischio di superficializzazione. Questi ultimi pericoli descritti esistono ovviamente anche con l’uso della CEC ma in modo diverso e sono per la gran parte controllati dal cardiotecnico e non dall’anestesista. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 6 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Eseguirò dunque un’ osservazione dei parametri del CSM in relazione ad alcune fasi dell’intervento, presumibilmente le più dolorose per il paziente. Per poter rendere comprensibile l’analisi, il lettore potrà avvalersi di tutta la documentazione necessaria: protocollo anestesiologico e tabella per la raccolta dei dati. Inoltre, per gentile concessione della ditta Danmeter A/S (fornitrice del CSM) dispongo di uno speciale programma computerizzato denominato “Capture” che mi consentirà di stampare il grafico dettagliato del CSM e allegarlo rendendo così l’analisi veramente completa. Anche se il tipo di ricerca mi imporrebbe di scegliere un metodo misto ( qualitativo per le interviste e quantitativo per i dati tecnici), opto per un’ analisi completamente qualitativa che mi permetterà di spaziare maggiormente nell’analisi. Evito il metodo quantitativo anche per ragioni di casistica: il by pass “off pump” con anestesia combinata è solo una delle tecniche eseguite al Cardiocentro e per raccogliere un campione sufficientemente significativo avrei avuto bisogno di diversi mesi. 3° tappa: Eseguirò nuovamente un’intervista ai colleghi infermieri per capire quali sono state le loro impressioni in relazione all’utilizzo dell’apparecchio CSM e le loro osservazioni in merito al tema della valutazione della profondità dell’anestesia dopo l’uso pratico dell’apparecchio. Le interviste verranno eseguite singolarmente e, su desiderio dei colleghi, senza l’ausilio del registratore: durante i colloqui prenderò degli appunti, riscriverò i contenuti e prima di inserirli nel lavoro li riconsegnerò all’intervistato che ne convaliderà il testo finale. Con questa parte pratica cercherò di rispondere agli obiettivi formulati in partenza e trarrò delle conclusioni generali, professionali e personali. 8 Esame di fattibilità Rileggendo quanto fatto fin’ora credo che si tratti di un progetto impegnativo ma fattibile. Innanzitutto la tematica mi appassiona veramente, il contesto di lavoro è da me ampiamente conosciuto e ricco di risorse. Dispongo di una discreta quantità di letteratura per la preparazione del quadro teorico e credo di avere il tempo necessario per svolgere l’intera ricerca rispettando le scadenze previste. Mi rimane qualche dubbio su come analizzare dal punto di vista metodologico i numerosi risultati ottenuti ma confido nella persona di referenza che mi verrà attribuita. Al di là degli obiettivi specifici che mi sono posta, credo fermamente che questo progetto mi porterà ad avere una visione diversa del paziente sottoposto ad anestesia generale: spero di acquisire, e di poterla trasmettere ai colleghi, una particolare sensibilità e maggior precisione nel valutare (per quanto possibile) la profondità dell’anestesia nei pazienti che seguirò in futuro. Spero inoltre di riuscire a far emergere un aspetto che mi sta particolarmente “a cuore”: nella nostra professione, non ci sono solo apparecchi e complesse tecniche da eseguire ma un paziente del quale preoccuparsi e al quale garantire il massimo comfort. Spesso ho sentito parlare altri professionisti del settore e l’idea comune è che chi lavora in anestesia non ricorda che il paziente è un essere bio-psico-socio-culturale. A mio avviso l’anestesia generale ci impedisce di parlare con i nostri pazienti ma non di occuparci del loro benessere generale, anzi… . L’interesse sempre più crescente nei confronti della valutazione della profondità dell’anestesia ne è una prova concreta. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 7 Lavoro di certificazione 9 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Quadro teorico 9.1 Profondità dell’anestesia Lo scopo dell’anestesia generale è provocare uno stato di coma artificiale reversibile al fine di permettere un atto terapeutico o diagnostico sul paziente. Sorvegliare la profondità dell’anestesia permette in teoria di adattare il dosaggio dei farmaci al momento chirurgico e di limitare gli episodi di risveglio intraoperatorio . Nel XIX° secolo, quando l’anestesia veniva condotta con etere e protossido d’azoto, i risvegli intraoperatori non rappresentavano un problema perché servivano in fondo a guidare la condotta anestesiologica. Oggi questo sarebbe inconcepibile poiché si sa che un paziente sottoposto a questo rischio potrebbe riportare ripercussioni psico-comportamentali per tutta la vita: si parla di awareness e stress post-traumatico. L’introduzione di nuovi metodi di monitoraggio ha permesso di limitare notevolmente l’incidenza dell’awareness ma purtroppo non l’esclude al 100%. 9.1.1 Ma come definire la profondità dell’anestesia? Molteplici sono stati i tentativi di definire la profondità dell’anestesia: dai dibattiti sulla minima concentrazione alveolare degli anestetici inalatori (MAC) sino alla descrizione di “anestesia leggera”, “moderata” o “profonda”. Data la diversa natura dei farmaci attualmente impiegati nella pratica clinica, è improbabile che si possa arrivare ad una spiegazione univoca del concetto di profondità… . Nonostante i progressi farmacologici e tecnici contribuiscano a rendere più sicuro il controllo anestesiologico intraoperatorio, il verificarsi occasionale di superficializzazioni e risvegli è da considerare come la sfortunata conseguenza di metodiche recenti peraltro vantaggiose. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 8 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche L’introduzione dei farmaci curarizzanti per esempio ci permette di usare dosaggi meno tossici di ipnotici e analgesici con il rischio però di non applicare un piano anestesiologico adeguato per il paziente. Ritengo importante accennare l’evoluzione storica del concetto ma per motivi di sintesi il lettore la potrà trovare nell’allegato n.1 9.1.2 Valutazione, ma come? 1 Inizialmente la valutazione della profondità dell’anestesia era basata sull’osservazione di segni clinici del paziente e su monitoraggi di routine normalmente presenti in sala operatoria ( PA, P, MAC,..). L’adeguatezza dell’anestesia veniva testata soprattutto in concomitanza di precisi momenti particolarmente stressanti per il paziente, quali la laringoscopia, l’intubazione e l’incisione chirurgica. Tra i segni clinici venivano osservati, se presenti: i movimenti di occhi e sopracciglia, la tosse , la deglutizione, l’attività respiratoria spontanea e i segni di attivazione del sistema nervoso autonomo come l’innalzamento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, la dilatazione pupillare, la lacrimazione, la salivazione e la sudorazione. Effettivamente ancora ad oggi, molti anestesisti si avvalgono di questi parametri per valutare la profondità del piano anestesiologico ma nessuno studio ne dimostra la validità. A questo di aggiunge una recente indagine che ha dimostrato come solo in una trascurabile percentuale di pazienti con awareness questi segni fossero effettivamente presenti2. Appare evidente che la risposta emodinamica non può essere un realistico metodo di valutazione poiché la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca non misurano in modo diretto l’effetto ipnotico-sedativo degli anestetici sull’encefalo del paziente ma soprattutto perché molti altri fattori in corso di anestesia possono alterare il profilo emodinamico del malato. Anche l’osservazione dei movimenti volontari in risposta a stimoli dolorosi o dei movimenti respiratori del paziente sono stati per lungo tempo la misura clinica più accessibile per valutare la profondità anestesiologica, ma l’uso sempre maggiore dei curari non permette più di avvalersi di questi dati. D’altro canto teniamo presente che è stato dimostrato come sia possibile che il paziente in corso di risveglio intraoperatorio risponda a comandi muovendosi, e sia quindi “cosciente”, senza che poi lo ricordi, evento che si verifica soprattutto dopo anestesie poco profonde3. Al di là di ciò che dice la letteratura ho voluto riflette su questo concetto e citarne un esempio che ben si adatta all’anestesia generale e ancor meglio alla cardioanestesia. Pressione arteriosa e frequenza cardiaca 4 Come descritto precendentemente, la pressione arteriosa (PA) e la frequenza cardiaca (P) fanno parte di segni neurovegetativi che non ci indicano la profondità ma possono eventualmente misurare la reattività del paziente in anestesia. Molteplici sono i fattori che possono influire sull’equilibrio cardiovascolare, sia a causa della stimolazione neurovegetativa innescata dallo stimolo chirurgico che dalla depressione funzionale provocata dai potenti agenti anestetici. Questi fattori comprendono anche il volume ematico, la contrattilità miocardica, il tono del sistema nervoso simpatico, l’età e lo stato acido-basico. 1 Torre G. Awareness in anestesia. Ed. Minerva Medica, Torino 2004, pp 34-35 Domino KB. Awereness during anestehesia . Anestesiology 1999, pp 1053-1061 3 Russel IF. Midazolam-alfentanyl: an anesthetic? An investigation using the isolated foream tecnique. Br J Anaest 1993, pp42-46 4 Miller R.D. Trattato di anestesia. Antonio Delfino Editore, 4 edizione, Roma 2000, p 1095 2 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 9 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Per esempio l’ipovolemia, frequente nei pazienti operati a digiuno e negli anziani, si presenta con ipotensione e tachicardia ma non ci fornisce alcuna informazione sulla “profondità ipnotica” del paziente. La frequenza cardiaca è segno di scarso significato dal momento che subisce variazione per effetto di molti fattori. La regolazione della frequenza avviene ad opera dei barocettori sensibili alla pressione arteriosa e alle sue variazioni. Alcuni anestetici, desfluorano e isofluorano, possono provocare aumento della frequenza cardiaca, indipendentemente dallo stimolo chirurgico e dalle variazioni di pressione arteriosa. In tali circostanze si possono prendere decisioni inappropriate riguardo al dosaggio degli anestetici. In cardiochirurgia: la diminuita gittata cardiaca, la ridotta frazione d’eiezione e il ricorso ai farmaci betabloccanti o all’uso intraoperatorio della peridurale, annullano completamente questi due parametri come mezzo per la valutazione del piano anestetico. Spesso anche la componente reattiva viene abolita più o meno volontariamente: il ricorso a farmaci o tecniche atte alla diminuzione del consumo di ossigeno ci porta dunque a non considerare attendibili questi due parametri. Esistono comunque altri dati che ci possono indirizzare verso una valutazione pur sempre indiretta ma più precisa: elencherò i più significativi, citando ciò che ad oggi ci fornisce la letteratura. MAC ( Concentrazione Minima Alveolare) 5 La MAC è definita come la concentrazione minima alveolare degli anestetici inalatori per impedire nel 50% dei soggetti la risposta ad uno stimolo doloroso standard (incisione della cute). Sono insite nel concetto di MAC 4 caratteristiche fondamentali: 1) Dopo l’applicazione di uno stimolo nocicettivo deve intervenire una risposta del tutto o del nulla (quantale) consistente in un movimento. 2) Le concentrazioni anestetiche di fine espirazione negli alveoli, considerati alla stregua di siti di campionamento in equilibrio, sono usate come indice di concentrazione dell’anestetico nel cervello. 3) Un’ idonea valutazione matematica della relazione tra concentrazione alveolare di un anestetico e la risposta quantale viene usata per definire il MAC. 4) Il MAC può essere valutato anche negli stati che comportano alterazioni fisiologiche e dei parametri farmacologici. L’incisione chirurgica è un tipo di stimolazione sopramassimale perfettamente riproducibile. Il concetto di MAC ha subito integrazioni per applicazione di stimoli differenti o per particolari interpretazioni cliniche (vedi allegato n.2). Trovo importante sottolineare ancora un aspetto relativo al MAC: dal momento che la concentrazione del gas è definita come percentuale di un atmosfera, essa è indipendente dalla pressione barometrica. Inoltre la pressione parziale degli anestetici inalati in fase di equilibrio dovrebbe essere simile in tutti i distretti dell’organismo ( es: alveoli, sangue e cervello). In conseguenza la concentrazione di un anestetico di fine espirazione ( indicativa della concentrazione alveolare) è direttamente proporzionale alla concentrazione cerebrale. Dal momento che il cervello è un organo molto perfuso, é possibile raggiungere un equilibrio delle concentrazioni parziali di fine espirazione alveolare, arteriosa e cerebrale in ca 15 min di esposizione ad una concentrazione costante di anestetico di fine espirazione. La concentrazione di alogenato a fine espirazione ci fornisce dunque un buon indice di valutazione ma purtroppo non tiene conto di tutte le caratteristiche individuali. Uno studio prospettico svedese6 mostra che 15 di 18 pazienti che hanno subito una memorizzazione postoperatoria beneficiavano di un corretto monitoraggio della frazione espirata di alogenato. Si è concluso dunque che la MAC non è un indice assoluto per la valutazione della profondità dell’anestesia poiché non tiene conto della variabilità farmacodinamica individuale. 5 6 ibid. pp 1082-1083 Molliex S. Le monitorage de l’opéré. Masson, Paris 2003, p 261 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 10 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Per ciò che concerne la cardioanestesia valgono i concetti sopraccitati tenendo conto che talvolta si rende necessaria la riduzione del MAC per instabilità emodinamica. Inoltre nei classici interventi di by-pass in macchina cuore-polmone, da un lato si assiste ad un aumento del volume di distribuzione con teorico aumento del fabbisogno di alogenato, dall’altro vi è l’ipotermia che gioca un ruolo importante nella riduzione del MAC. Movimento Il movimento come espressione di risposta allo stimolo nocicettivo è di difficile rilievo nella pratica clinica. Il largo uso di miorilassanti rende problematica l’interpretazione di questo segno nella maggior parte dei casi. Un uso moderato di farmaci curarizzanti potrebbe fornirci informazioni sulla profondità del piano anestetico ma talvolta il loro impiego diviene indispensabile. Purtroppo è frequente il ricorso ai miorilassanti per ottenere buone condizioni chirurgiche senza importanti alterazioni emodinamiche date dall’uso di ipnotici e analgesici. In cardiochirurgia: durante l’intubazione l’impiego dei miorilassanti è imperativo. In altre fasi quali il prelievo di vene periferiche, la sternotomia, il confezionamento delle anastomosi o nel corso della macchina cuore-polmone in ipotermia non è strettamente necessario ma la scelta degli anestesisti in relazione a questa categoria di farmaci è prettamente soggettiva. Esistono comunque altri metodi per valutare la profondità dell’anestesia: per esempio l’elettroencefalogramma o i potenziali evocati ( vedi allegato n.3). Purtroppo la loro applicazione pratica diventa complessa e ancora ricca di limiti. Interessante invece è l’arrivo sul mercato di due apparecchi che con modalità e caratteristiche differenti, sono in grado di aiutare l’anestesista nel complesso compito di valutare la profondità dell’anestesia. BIS ( Bispectral Index) 7 Si tratta di un parametro complesso calcolato a partire dall’EEG spontaneo dei pazienti sottoposti ad anestesia generale. Si basa sul principio che più l’EEG è sincrono, più il sonno è profondo. Il suo valore fornisce una stima del livello di sedazione o anestesia e permette di guidare la somministrazione degli agenti anestetici per mantenere questo livello stabile e adeguato con l’intensità dello stimolo chirurgico. Il calcolo del BIS è un trattamento matematico complesso del segnale EEG e di diversi suoi parametri relativi all’analisi spettrale, all’analisi temporale e all’analisi bispettrale. Il tracciato ottenuto viene comparato a una base di dati di registrazioni EEG costituite studiando ca 5000 tracciati EEG raccolti durante delle anestesie generali realizzate con differenti tecniche. I valori visualizzati non sono dunque in tempo reale ma subiscono un ritardo di ca 30 secondi, inoltre, in presenza di artefatti, il BIS si basa su periodi precedenti. Possiede comunque un indice di qualità (SQI) che permette di convalidare l’efficienza della misurazione e un segnale EMG che da informazioni su eventuali interferenze con l’attività elettrica muscolare. Il calcolo del BIS viene interrotto durante l’utilizzazione del bisturi elettrico e può essere perturbato quando il chirurgo lavora vicino agli elettrodi. Altri apparecchi possono interferire con la lettura dei dati: la macchina cuore-polmone (CEC) e i riscaldatori termoconvettori. Infine bisogna ricordare che la Ketamina ne aumenta il valore e che il BIS non è sufficientemente sensibile per rilevare incidenti vascolari o sofferenze cerebrali focalizzate o generalizzate. Costo: da 9000 a 12000 fr per l’apparecchio e 20 fr per ogni striscia (elettrodi) monouso. Il BIS non rimpiazza la valutazione clinica e la sorveglianza emodinamica, ma la completa! 7 Stellante E. Monitoraggio invasivo e avanzato in anestesia, BIS. Scuola Superiore specializzata in Cure infermieristiche. Lugano, 2005 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 11 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Figura 1: la scala dei valori e l’applicazione dell’elettrodo 8 CSM (Cerebral State Monitor) 9 Il CSM è stato creato per monitorare, attraverso l’acquisizione di segnali EEG , lo stato ipnotico di un paziente anestetizzato o sedato. E’ uno strumento non invasivo che analizza le variazioni di frequenza delle onde elettroencefalografiche spontanee in corrispondenza con i cambiamenti dello stato di coscienza. Sulla base di questo principio, il monitor permette di calcolare l’indice dello stato cerebrale (CSI), che serve a valutare il livello di coscienza del paziente. Un amplificatore da strumentazione consente di raccogliere un EEG continuo con un elevato rapporto di reiezione di modo comune ( Common Mode Rejection Ratio), garantendo l’acquisizione di un EEG di alta qualità. Speciali algoritmi in grado di eliminare i loro effetti su successivi calcoli dell’indice CSI rilevano tali artefatti. Principio di misurazione L’energia dell’EEG viene valutata in bande di frequenza specifiche, che vengono utilizzate per definire due rapporti di energia denominati alfa (α) e beta (β). Entrambi mostrano uno spostamento del contenuto di energia dalle frequenze più alte a quelle più basse durante l’anestesia. Il rapporto tra queste quantità viene inoltre analizzato come parametro separato. Questi quattro parametri costituiscono l’imput per un sistema di classificazione a logica estensionale che calcola l’indice CSI. 8 9 Manuale d’uso del BIS Manuale per l’operatore fornito dalla ditta Danmeter AVS®, Danimarca, 2005 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 12 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Scala dell’indice CSI L’indice CSI è una scala da 0 a 100, dove 0 indica un EEG piatto e 100 indica un attività EEG corrispondente allo stato di veglia completo. Valori compresi tra 40 e 60 corrispondono ad un adeguato stato di ipnosi o “stadio chirurgico”. Fig 2: il CSM e la scala dell’indice CSI Parametri del CSM Oltre al valore CSI, l’apparecchio è in grado di fornire numerose altre informazioni necessarie per la corretta interpretazione del dato. o o o o Indicatore Burst suppression (BS): mostra i periodi in cui l’EEG è isoelettrico o piatto. Tale indicazione viene visualizzata graficamente e mostra la percentuale di BS negli ultimi 30 secondi. Ad esempio: una lettura di BS uguale a 20 indica che l’EEG è stato isoelettrico durante il 20% degli ultimi 30 secondi Indicatore del segnale di qualità (SQI%): misura la qualità del segnale acquisito nell’ultimo minuto. La scala va da 0% (segnale non valido) a 100% (segnale migliore). Impedenza dei sensori: per il buon funzionamento dell’apparecchio sarebbe ideale avere un valore ≤ a 1 Ω. (accettati fino a max 3Ω) EMG: in talune circostanze, l’elettromiografia (EMG) dei muscoli del volto può portare ad un aumento dell’indice CSI. Il monitor è dotato di un filtro che consente di eliminare gran parte delle potenziali interferenze dovute all’attività EMG. Di regola l’EMG è presente quando il paziente è sveglio ma può aumentare anche durante il sonno se vi sono reazioni di riflesso agli stimoli dolorosi, assenza di rilassamento muscolare, eccessiva rigidità data dagli oppiacei o presenza di potenti campi elettrici esterni ( diatermia monopolare o pace maker) Applicazione degli elettrodi Fondamentale è la posizione e la preparazione della cute. Gli elettrodi devono essere applicati in un’area del cranio dove siano presenti sole poche fibre muscolari. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 13 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Inoltre: la ditta fornitrice ha già condotto degli studi relativi all’impiego in cardiochirurgia dove il CSM da risultati attendibili e non influenzati dalle apparecchiature della sala operatoria (CEC), è applicabile ai pazienti ipotermici ( interventi di aneurismectomia dell’aorta toracica con arresto di circolo). Come per il BIS, non da alcuna informazione se il paziente sta subendo un danno ischemico o emorragico a livello cerebrale e i valori possono essere alterati se il paziente riceve farmaci che interferiscono con l’attività cerebrale (ketamina o antidepressivi). Il CSM non può essere applicato ai pazienti portatori di pace maker: vi sono delle chiare interferenze elettriche che potrebbero danneggiare lo stimolatore. Nota: Sono numerose le differenze tra il BIS e il CSM ma quelle che ritengo più importanti sono: Il CSM fornisce un valore in tempo reale mentre il BIS ritardato di ca 30 sec Il sistema di filtrazione del CSM è molto più sofisticato di quello del BIS: il CSM subisce quindi meno interferenze dall’ambiente esterno (diatermia, rumori, movimenti del paziente,…) Il CSM è compatto, di facile applicazione mentre il BIS richiede il modulo da inserire al monitor o un sistema video relativamente ingombrante. Costi: all’acquisto, quasi il doppio per il BIS rispetto al CSM. Il BIS richiede l’utilizzo obbligatorio di uno speciale elettrodo dal costo relativamente alto ( 20 fr per ogni paziente). Anche la ditta del CSM ha commercializzato dei particolari elettrodi ma quelli normalmente utilizzati per il monitoraggio dell’ECG si adattano perfettamente all’uso dell’apparecchio. 9.2 Awareness 10 Il termine inglese “awareness” riferito all’anestesia generale rappresenta la memorizzazione ed il ricordo di eventi particolari e specifici occorsi durante l’anestesia generale La sua traduzione in “risveglio intraoperatorio” non è del tutto appropriata: può avere diversi significati che vanno da “avere coscienza di un fatto, di un evento, oppure avere cognizione, percepire il realizzarsi di un evento” , ma può anche significare “uno stato elementare o indifferenziato di coscienza”. Questa è la principale ragione per la quale nella letteratura medica sono fatti rientrare nel fenomeno awareness condizioni diverse e complesse che includono l’aver percepito suoni, voci, rumori che vengono dal paziente memorizzati, l’aver realizzato sogni riferibili all’intervento chirurgico o l’aver ripreso parzialmente o completamente coscienza. Quando l’anestesia è troppo superficiale o condotta con certi farmaci, il paziente può realizzare sogni. Molti di questi sogni vengono spesso dimenticati, altri ricordati nei giorni seguenti all’intervento. Alcuni possono essere piacevoli, altri meno. Su questo punto esiste un ampia letteratura che correla questi sogni all’impiego di propofolo o benzodiazepine mentre sogni talvolta ossessivi di figure animalesche sono spesso correlati all’impiego della ketamina. Alcuni di questi possono essere correlati alla sede dell’intervento: in un operazione di raschiamento la paziente può sognare di partorire o subire addirittura un abuso sessuale11 12. 10 Torri G. Awareness in anestesia.Ed. Minerva Medica, Torino 2004 Villar M. D’Este Gonzales JP, A. Frontera JJ. Erotic hallucination associated with the use of propofol, Rev esp Anesthesiol Reanimation 2000. pp 90-92 12 Weller MP. Midazolam and sexual fantasies. Plast reconstr. Surery, 1993. pp 1368-1370 11 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 14 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Il ricordo di questi eventi può emergere dopo l’anestesia in modo spontaneo attraverso quel meccanismo fisiologico che oggi si definisce come “memoria esplicita” (ricordo spontaneo del paziente, raccontato o no ma rievocabile senza alcuna sollecitazione esterna). In altri casi, deve essere rievocato attraverso il suggerimento al paziente di parole particolari o mediante una seduta analitica anche a distanza di tempo dall’anestesia. L’uso della psicanalisi o addirittura dell’ipnosi può far riemergere nel paziente i ricordi legati all’intervento chirurgico andando ad esplorare in quella che è la “memoria implicita”. Anche per questo capitolo trovo importante conoscere l’evoluzione storica del concetto di awareness e i casi citati dalla letteratura ma per questione di sintesi invito il lettore a consultare l’allegato n.4. 9.2.1 Incidenza dell’awareness A questo proposito, in letteratura si trovano dati piuttosto contrastanti: c’è chi menziona percentuali irrilevanti e chi ben più marcate. Cercherò di riportare di seguito i valori secondo me più significativi. Sottolineo comunque l’importanza di questo aspetto: anche se solo un paziente su 1000 potrebbe vivere l’esperienza dell’awareness ritengo importante conoscere il problema e tutto ciò che possiamo fare per evitarlo. A mio avviso “l’ignoranza” su un tema ci può portare a sottostimare l’incidenza statistica13. Nel 1991, Liu et al. pubblicarono il lavoro, spesso citato, “Incidenza di risveglio con ricordo durante anestesia generale”. L’incidenza dello 0,2% di memoria cosciente dopo anestesia nei pazienti del loro gruppo di studio è diventato il dato più citato dalle fonti ufficiali della Società Americana di Anestesia (ASA) e il punto di partenza per tutti gli studi successivi sull’awareness. Da allora, ci sono molti dati che confermano che forse la memoria cosciente non è una chiave di ricerca adeguata. Per di più una lettura più attenta dei dati suggerisce che l’incidenza di memoria cosciente in corso di anestesia è più frequente di quella riportata. Utting ha pensato che si potrebbe considerare un processo continuo da: un’anestesia adeguata che porta ad una completa amnesia, a un’anestesia più leggera che porta ad un sogno ricordato, a un anestesia ancora più leggera che porta al ricordo di eventi reali. Sono stati fatti molti studi negli ultimi 50 anni per valutare l’incidenza della memoria esplicita e implicita in corso di anestesia. Durante il periodo dal 1956 al 1969, l’incidenza in chirurgia ostetrica era compresa tra lo 0 e il 100%; per la chirurgia generale e gli altri tipi di chirurgia era tra lo 0 e il 35%. Il campione di pazienti in questi studi variava tra 6 e 656 soggetti. Durante il periodo tra il 1970 e il 1976, l’incidenza per tutti i tipi di chirurgia è stata tra lo 0 e il 5,6% con campioni esaminati che variavano da 40 a 490 pazienti. Tra il 1984 e il 1989 l’incidenza per la chirurgia cardiaca, traumatologica e generale era dallo 0,03 al 43% con campioni da 37 a 3000 pazienti. Durante il periodo dal 1990 e il 1998 essa variò dallo 0 al 40% con gruppi esaminati da 45 a 1000 pazienti. Questi dati si riferiscono a differenti tecniche anestesiologiche condotte principalmente senza l’aggiunta di protossido di azoto. Successivamente vi fu una significativa riduzione con l’aggiunta di agente volatile in piccola dose. Waters notò che la tecnica non supplementata da protossido d’azoto, senza premedicazione o senza l’associazione di un agente anestetico inalatorio o di farmaci analgesici e con completa miorisoluzione era associata con il più alto rischio di awareness. 13 http:// www.anestit.unipa.it/esiait/0300_01.htm Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 15 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche I tipi di chirurgia che hanno una più alta incidenza del fenomeno, ad oggi, sono: endoscopia, broncoscopia, ostetricia ( taglio cesareo d’urgenza fino al 50%), traumatologia e cardiochirurgia. Ad oggi, con i farmaci anestetici e le tecniche di anestesia utilizzate, i dati disponibili sono: 1,11,5% nella cardiochirurgia; 4% nel taglio cesareo e 0,2-0,4% negli altri tipi di chirurgia14. L’aumento delle percentuali di casi di awareness non è da interpretare come il peggioramento della qualità dell’anestesia: la maggior conoscenza del problema, gli studi condotti per esplorare la memoria implicita e l’introduzione di nuovi farmaci anestetici, hanno contribuito e contribuiranno anche in futuro a modificare ulteriormente i dati ad oggi disponibili. 9.2.2 Conseguenze dell’awareness Il recupero intraoperatorio della coscienza è un’esperienza descritta come “terrorizzante” che può determinare alterazioni emozionali molto intense fino, in alcuni casi, ad una sindrome definita “disturbo post-traumatico da stress” (PTSD). I pazienti che hanno vissuto l’awareness lo descrivono con percezioni uditive, sensazione di paralisi cosciente, ansia, panico e terrore. Dopo l’intervento ca il 70% di essi sviluppano disturbi del sonno, incubi, flashback diurni che generano ansia, irritabilità e sensazione di morte: sintomi che possono persistere mesi o anche anni. Il PTSD si può manifestare a qualsiasi età, compresa l’infanzia e l’evento traumatico può comunque essere vissuto in modo soggettivo. In genere, la persona, ha ricordi ricorrenti e intrusivi o presenta sogni sgradevoli durante i quali si rinnova l’evento. In alcuni rari casi si arriva addirittura fino alla dissociazione della personalità temporanea con delle fasi in cui la persona si comporta come se stesse vivendo l’evento. Classificazione PTSD Durata dei sintomi PTSD acuto PTSD cronico PTSD ad esordio tardivo inferiore a 3 mesi superiore a 6 mesi esordio dei sintomi 6 mesi dopo l’evento Tabella 2.1.- Esordio e durata del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) Non tutta la sintomatologia, che si manifesta in individui esposti ad un evento stressante deve essere necessariamente attribuita al PTSD: occorre accertarsene con un anamnesi approfondita e con l’intervento di più figure professionali. A tal proposito, la letteratura fornisce una vasta serie di criteri diagnostici e possibili diagnosi differenziali. In caso di accertato PTSD la terapia è estremamente soggettiva e lunga: il primo passo dovrebbe farlo il medico anestesista. Se vi è il dubbio che un paziente possa avere vissuto l’awareness, l’anestesista dovrebbe permette al paziente di parlarne più volte nel corso della degenza e indirizzarlo eventualmente a professionisti in grado di continuare la terapia. Psicanalisi, fino all’ipnosi sono ad oggi i sistemi più utilizzati15. 9.2.3 Prevenzione dell’awareness Conoscere il problema è senz’altro il miglior modo per prevenirlo. 14 Phillips AA et al. Recall of intraoperative events after general anaesthesia and cardiopulmonary bypass. Can J Anaesth 1993, n.40, pp 922-926 15 Phillips AA et al. Recall of intraoperative events after general anaesthesia and cardiopulmonary bypass. Can J Anaesth 1993, n.40, pp 922-926 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 16 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche La letteratura fornisce numerose informazioni in merito, convalidate da studi scientifici ma ciò che mi ha colpito maggiormente in questa ricerca è che l’anestesia condotta con alogenati espone molto meno il paziente al rischio di awareness rispetto alla tecnica endovenosa. (Allegato n.5) Inoltre sembra che proprio l’avvento della TIVA (Total Intra Venous Anaesthesia) abbia portato alla nascita dei nuovi sistemi di monitoraggio cerebrale come il BIS e il CSM. Vi sono inoltre alcune regole fondamentali da seguire al fine di prevenire l’awareness16 : preanestesia: buona informazione al paziente, ambiente tranquillo all’arrivo in sala operatoria e premedicazione con farmaci in grado di provocare amnesia ( benzodiazepine) induzione: somministrare dose adeguata di agenti induttori in funzione del tempo impiegato per le manovre di intubazione soprattutto se quest’ultime si protraggono nel tempo mantenimento: se si utilizza protossido di azoto e /o oppiacei mantenere il MAC ad almeno 0,6. In caso di uso singolo dell’alogenato somministrare concentrazioni non inferiori a 0,8. Adattare il piano di analgesia agli stimoli nocicettivi. Utilizzare i farmaci curarizzanti solo quando strettamente necessario, evitare la paralisi totale. risveglio: sospendere gli anestetici solo quando il chirurgo ha terminato la sutura e la medicazione. componente tecnologica:controllare periodicamente e prima di ogni anestesia gli apparecchi in uso e in particolare assicurarsi della corretta distribuzione ed erogazione degli agenti anestetici. Integrare i nuovi sistemi di monitoraggio che permettono di interpretare il livello di coscienza del paziente. insegnamento e ricerca: mantenersi aggiornati sullo sviluppo tecnico e teorico della tematica. 9.3 ByPass Aorto-Coronarico 9.3.1 Gli interventi di cardiochirurgia I principali interventi di cardiochirurgia sono costituiti dal bypass aorto coronarico (BAC), dalla sostituzione/riparazione delle valvole cardiache, dalla correzione dei difetti congeniti, dalla chirurgia dell’aorta toracica e toraco-addominale. Le arterie del cuore, chiamate coronarie, possono essere ristrette o ostruite a causa di depositi di calcio e colesterolo. Questa malattia generalmente definita come arteriosclerosi, può colpire tutte le arterie del corpo: le principali cause sono da ricercare tra il fumo, l’ipertensione, il diabete, lo stress e anche la famigliarità. Le coronarie quando sono ostruite non veicolano più il sangue al tessuto cardiaco e questo provoca il cosiddetto dolore anginoso. Se la coronaria si chiude completamente si manifesta il quadro clinico di infarto. L’intervento di BAC, previa sternotomia, consiste nel posizionare un nuovo condotto che porti il sangue a valle dell’ostruzione. Questo “ponte” può essere eseguito su tutte le arterie coronarie che abbiano un calibro sufficiente (maggiore o uguale a 1,5 mm). Per realizzare il BAC è necessario un condotto analogo alle coronarie native ma soprattutto autologo. Questo condotto dovrà essere adattato, di facile accesso e non indispensabile al territorio del corpo dal quale viene prelevato. I principali vasi utilizzati in cardiochirurgia, per ordine di importanza e frequenza sono: 16 Torri G. Awareness in anestesia. Ed. Minerva Medica, Torino 2004 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 17 Lavoro di certificazione ♥ ♥ ♥ ♥ Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Arteria mammaria interna Vena Safena Magna Arteria radiale Arteria gastroepiploica dello stomaco La maggior parte degli interventi di cardiochirurgia si fanno con l’aiuto della circolazione extracorporea (CEC), ovvero con un sistema esterno al corpo e che rimpiazza la funzione del cuore e dei polmoni. ( fig.1) Fig.1: Macchina cuore-polmone, CCT maggio 2006 La CEC permette al chirurgo di operare avendo un cuore completamente fermo, esensangue ma garantendo comunque la normale perfusione ed ossigenazione del paziente. Tutto ciò è reso possibile attraverso l’uso di un circuito artero-venoso costituito da cannule e tubi che collegano il cuore del paziente ad una macchina composta da un ossigenatore, una pompa (che assicura la progressione del sangue all’interno del circuito) ed uno scambiatore di calore. L’ossigenatore ha lo scopo di sostituire i polmoni arricchendo il sangue di ossigeno ed eliminando l’anidride carbonica. Poiché il sangue al di fuori del letto vascolare coagula è necessario impedire che questo avvenga mediante la somministrazione endovenosa di eparina (al CCT 300 UI/Kg). Per arrestare l’attività Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 18 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche cardiaca il chirurgo si avvale dell’infusione intracoronarica di una speciale soluzione a base di potassio chiamata cardioplegia. La temperatura corporea viene abbassata a 30°C circa (miocardioprotezione) Tuttavia, l’utilizzo della macchina cuore-polmone è una procedura invasiva e potenzialmente traumatica. Vi sono numerose complicanze possibili e tra queste le più significative sono: ictus ischemico o emorragico e turbe cognitive alterazioni del sistema di coagulazione maggior necessità di trasfusioni degenza prolungata La fase della CEC è condotta interamente da personale specializzato (cardiotecnico). La CEC è indispensabile negli interventi di sostituzione valvolare e nella chirurgia aortica ma non lo è in quella del bypass aorto-coronarico. In effetti, in alcuni casi è possibile utilizzare la tecnica “off pump”, letteralmente “senza pompa” ossia senza l’ausilio della macchina cuore polmone17. 9.3.2 ByPass “off pump”18 19 20 Si tratta di un intervento di rivascolarizzazione coronarica eseguito senza la CEC, a cuore battente (fig 2). Il cuore continua a pompare al corpo il sangue ricco di ossigeno e le sostanze nutrienti durante tutta la procedura chirurgica. E’ sicuramente una tecnica più impegnativa per il chirurgo ma anche per l’anestesista che si trova confrontato con un importante instabilità emodinamica: il paziente riceve prima dell’intervento un farmaco betabloccante o beneficia se possibile della tecnica peridurale, che favoriscono le manovre chirurgiche, fungono da cardioprotettore ma destabilizzano l’aspetto emodinamico. Inoltre, durante le fasi di retrazione cardiaca si manifestano ulteriori alterazioni della pressione arteriosa e disturbi del ritmo. In questi momenti l’anestesista deve riuscire a sopperire ai bisogni di ipnosi ed analgesia mantenendo però stabile l’assetto emodinamico. Fig 2: Bypass a cuore battente, CCT maggio 2006. Fig 3: Stabilizzatori, CCT maggio 2006. L’intervento chirurgico con bypass dell’arteria coronarica via sternotomia senza CEC, è per lo più convenzionale e può essere considerato meno invasivo solo perché evita le complicazioni della circolazione extracorporea. Proprio perché non viene usata la CEC e il cuore continua a battere, per immobilizzare il sito anastomotico distale sono necessari degli stabilizzatori. 17 http://www.cardioanestesia.it/faqs.ht#Circolazione%20extracorporea http://www.aosp.bo.it/reparti servizi/cardiochir/cec1.html#p1 19 http://www.guidant.it/Patient/Procedures/bypass traditional.aspx 20 http://cesil.com/giugno99/vanermen/6vanrme.htm 18 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 19 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Questo tipo di chirurgia è specificatamente indicato nei casi di affezione di vasi singoli, malignità precedente o corrente, emodialisi, insufficienza polmonare grave, età avanzata, frazione scarsa dell'eiezione, radice e arco aortico calcificato o in caso di recente emorragia cerebrale. Diverse aziende hanno promosso una tecnologia particolare al fine di “stabilizzare” l'area anastomotica, come lo stabilizzatore “CTSTM” o Octopus™ (fig 3). Viene somministrata una dose inferiore di eparina rispetto al bypass “tradizionale” e la temperatura corporea rimane normale. I risultati sono sovrapponibili a quelli ottenuti con la tecnica standard in termini di mortalità, intervallo libero da malattia e pervietà delle anastomosi. Ma al di là del lato chirurgico, ritengo importante soffermarmi ulteriormente sull’aspetto anestesiologico: di seguito elencherò le fasi temporali dalla preparazione al termine dell’intervento 9.3.3 Anestesia in cardiochirurgia21 valutazione preoperatoria: la visita preoperatoria è specificatamente volta alla valutazione dell’apparato cardiovascolare, ma deve anche indagare sulle funzioni respiratoria, renale, epatica, neurologica, endocrina ed ematologia. Di pari importanza è il colloquio con il paziente proiettato sugli eventi del giorno dell’intervento ( preparazione, induzione fino al risveglio in cure intense). Altrettanto fondamentale è la valutazione della terapia farmacologica da mantenere ed eventualmente somministrare al paziente in premedicazione e l’attenta osservazione di eventuali fattori predittivi per difficoltà di ventilazione e/o intubazione. premedicazione: anche la più scrupolosa preparazione psicologica pre-operatoria è spesso insufficiente ad attenuare le ansie di un paziente che si appresta ad affrontare la chirurgia cardiaca. La premedicazione ha lo scopo di rendere il paziente calmo ma risvegliabile e soprattutto emodinamicamente stabile. La scelta e il dosaggio del farmaco dipendono dall’età, dalle condizioni cardiovascolari e dal livello di ansia del paziente. Un’inadeguata sedazione può predisporre ad ipertensione, tachicardia o vasospasmo coronarico. La scelta della premedicazione può inoltre influenzare la risposta emodinamica ai farmaci anestetici. monitoraggio: dipende molto dalle condizioni generali e cardiache del paziente. In modo standard vengono monitorate: la pulsossimetria, l’elettrocardiogramma (5 derivate e tratto S-T)), la temperatura centrale e periferica, la pressione arteriosa invasiva e non, la pressione venosa centrale ( l’accesso al circolo centrale è d’obbligo per l’infusione dei farmaci vasoattivi) e l’ecocardiografia transesofagea. Nei pazienti più critici si ricorre al catetere polmonare Swan-Ganz e se necessario al sostegno con dispositivi di assistenza ventricolare (contropulsatore aortico). Vista la complessità dell’intervento, si posizionano 2 vie venose di grosso calibro, catetere venoso centrale e la sonda vescicale. scelta dei farmaci anestetici: il compito con cui si confronta l’anestesista è di conferire al paziente analgesia e ipnosi inibendo nel contempo la risposta endocrina dello stress intraoperatorio. Di uguale importanza è la prevenzione di episodi di ischemia perioperatoria. Le difficoltà previste per l’intubazione, la durata attesa per l’intervento, le condizioni del paziente e i momenti particolarmente dolorosi determinano la scelta dei farmaci da utilizzare. I miorilassanti: rappresentano una componente della gestione anestesiologica in cardiochirurgia. Sebbene essi non siano indispensabili per l’esposizione chirurgica del cuore, la paralisi muscolare agevola l’intubazione, previene il brivido, diminuisce il consumo di O2 e attenua la 21 Barash e Al. Anestesia Clinica. Antonio Delfino Editore, 4 edizione, Milano 1999 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 20 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche contrazione dei muscoli scheletrici durante la defibrillazione. Inoltre sono necessari per prevenire o trattare la rigidità del tronco indotta dagli oppioidi. preparazione del paziente: previa completa preparazione del materiale necessario, il paziente giunge al blocco operatorio. Il monitoraggio avviene a seconda dei criteri descritti in precedenza. Se il paziente può beneficiare della tecnica peridurale, viene posizionato il catetere la sera prima dell’intervento e controllato all’arrivo in sala operatoria. induzione ed intubazione: la precisa scelta dei farmaci e della loro sequenza è una sottile combinazione tra arte, esperienza e scienza. I dosaggi, la velocità di somministrazione e gli specifici agenti selezionati dipendono principalmente dalla riserva cardiovascolare del paziente. Importante ricordare comunque che l’intubazione oro-tracheale rappresenta un potente stimolo per la vasocostrizione coronarica. periodo pre-incisione: dall’intubazione all’incisione cutanea non vi sono particolari stimolazioni nocicettive. Spesso si rende necessaria la riduzione della profondità dell’anestesia o il supporto, tramite vasocostrittori, della pressione arteriosa soprattutto se il paziente è sottoposto all’intervento con la tecnica combinata ( ipotensione da peridurale). dalla sternotomia al confezionamento dei bypass: il periodo pre-bypass è caratterizzato da momenti di intensa stimolazione chirurgica. L’anticipazione di quest’ultimi diviene fondamentale al fine di prevenire alterazioni emodinamiche e conseguente ischemia. Sternotomia, pericardiotomia, eventuali manipolazioni sulla parete dell’aorta sono considerati tra le più importanti sollecitazioni nocicettive. L’instabilità emodinamica, le manovre di retrazione cardiaca e altri fattori associati rendono questo intervento uno tra i più “instabili” nella chirurgia cardiaca. fine intervento: dopo essersi accertati della pervietà delle anastomosi e aver assicurato la stabilità emodinamica, si procede con la chiusura sternale. Quest’ultimo passaggio rappresenta un ulteriore stimolo doloroso da trattare adeguatamente e in modo preventivo. trasferimento in cure intense: tutti i pazienti sottoposti a bypass aortocoronarico vengono trasferiti in terapia intensiva intubati. L’estubazione sul tavolo operatorio è riservata unicamente a quei pazienti che hanno potuto beneficiare della tecnica combinata e che possiedono particolari condizioni di stabilità. Il trasporto avviene sempre con il monitoraggio completo, l’ossigeno terapia, eventualmente la ventilazione controllata o assistita con Ambu® e i farmaci necessari per il sostegno emodinamico o per la reintubazione d’urgenza. 9.4 L’anestesia peridurale 22 L’anestesia peridurale (o epidurale) fa parte assieme alla spinale ( o subaracnoidea) dei blocchi centrali. Esse permettono di eseguire certi interventi senza dover ricorrere all’’anestesia generale evitando così di dover affrontare tutti i rischi che quest’ultima comporta. In alcuni casi, come in cardiochirurgia, la peridurale viene combinata con l’anestesia generale al fine di sfruttarne al massimo i vantaggi che elencherò in seguito. Al Cardiocentro questa tecnica è riservata unicamente agli interventi di by pass aortocoronarico a cuore battente e alla chirurgia mini-invasiva ma solo se non vi sono controindicazioni legate alla terapia farmacologica assunta o alle condizioni del paziente. Per le sostituzioni valvolari classiche o per la chirurgia dell’aorta questa tecnica è attualmente improponibile dal momento che viene richiesta dai chirurghi l’anticoagulazione completa e l’uso della macchina cuore polmone. 22 Barash P. e al. Manuale di anestesia clinica. Milano 1999, pp 332-356 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 21 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche In realtà l’uso combinato della peridurale con l’anestesia generale non è una tecnica standard in cardiochirurgia: il CCT è l’unico centro in Svizzera che, ad oggi, utilizza questo metodo. 9.4.1 Vantaggi e anatomia dello spazio peridurale Tra i vari vantaggi che può dare, l’anestesia peridurale è in grado di eliminare le risposte dovute allo stress chirurgico, diminuisce le perdite ematiche intraoperatorie, permette di utilizzare un minor dosaggio di anestetici durante l’intervento nella tecnica combinata, previene la tromboembolia postoperatoria e garantisce un buon livello di analgesia nelle ore e nei giorni dopo l’atto chirurgico. La buona riuscita della tecnica richiede però un’ottima conoscenza dell’anatomia della colonna vertebrale e del midollo spinale. La colonna è formata da 33 vertebre ( 7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali e 5 coccigee). Ad eccezione di C1 le vertebre sono formate anteriormente da un corpo da cui si originano due prominenze laterali ai quali si uniscono posteriormente due lamine ossee in modo da formare il canale vertebrale, nel quale sono contenuti il midollo spinale, i nervi spinali e lo spazio peridurale. L’identificazione delle singole vertebre è importante per un corretta localizzazione dello spazio intervertebrale scelto per l’esecuzione dell’anestesia peridurale. Lo spazio peridurale si trova tra le meningi spinali e le pareti del canale vertebrale. 9.4.2 Tecnica Vi sono differenti modalità ma per ragione di sintesi li limiterò ad accennare solo la tecnica utilizzata al Cardiocentro. Per poter usufruire al meglio dei vantaggi dati dalla peridurale, al CCT si è deciso di adottare le tecnica combinata con anestesia generale e peridurale continua: l’uso di cateteri attribuisce molta flessibilità rispetto alla tecnica dell’iniezione singola. La sera prima dell’intervento, dopo aver verificato l’assenza di controindicazioni e ottenuto il consenso del paziente, il medico anestesista procede alla posa del cateterino epidurale in anestesia locale a livello T3-T4 ( 3°-4° vertebra toracica). Per ragioni anatomiche e di esperienza al CCT si adotta la tecnica della perdita di resistenza con approccio paramediano. All’arrivo nel blocco operatorio, l’infermiere anestesista verifica le condizioni della medicazione e rileva eventuali problematiche insorte durante la notte. Se non vi sono problemi particolari si procede con l’iniezione di 50 mcg di Sintenyl® e 1 ml di Naropina® 1% nel catetere epidurale. Nel minuto seguente, l’infermiere anestesista ha il compito di osservare attentamente l’eventuale comparsa di segni di intossicazione da anestetico locale: disturbi del ritmo cardiaco, alterazione dello stato di coscienza del paziente, acufeni,… . Se vi sono significa che il catetere è si è spostato nel canale spinale o comunque a contatto con un vaso sanguigno: in tal caso la tecnica combinata non è fattibile e si opta all’anestesia generale classica. Fortunatamente questa evenienza è rarissima questo anche grazie alla competenza e alla professionalità del personale di reparto istruito attentamente sulla sorveglianza di un paziente portatore di catetere peridurale. Nel periodo che precede l’intubazione, vengono poi iniettati altri ml di anestetico locale ed eseguito il test con il ghiaccio per valutare la quantità dei dermatomeri realmente coperti con la peridurale e la simmetria della tecnica. Nel corso dell’intervento, la peridurale viene utilizzata con lo scopo di raggiungere una buona analgesia, limitare l’utilizzo degli oppiacei endovenosi e favorire un risveglio precoce. In alcuni casi, se le condizioni generali del paziente lo permettono, il risveglio e l’estubazione avvengono in sala operatoria o nell’immediato postoperatorio in terapia intensiva. 9.4.3 Controindicazioni rifiuto del paziente ( controindicazione assoluta!!) coagulopatie o trombocitopenia ( valutare i valori di laboratorio, eventuale presenza di Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 22 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche farmaci antiaggreganti o anticoagulanti) ipovolemia aumento della pressione intracranica sepsi infezioni nel sito di iniezione gravi malformazioni della colonna vertebrale malattie neurologiche pre-esistenti ( anche se non é provato che l’anestesia peridurale possa peggiorarne il decorso) 9.4.4 Farmacologia La grande variabilità individuale rende difficoltosa ogni previsione circa il livello e la durata del blocco centrale, che sarà comunque influenzata dalla dose di anestetico locale utilizzata. Per scegliere il più appropriato anestetico locale e la dose adeguata ad una particolare situazione clinica, l’anestesista deve avere famigliarità con le variabili della diffusione e della durata di un anestesia peridurale. Il tempo di insorgenza di un’anestesia peridurale generalmente può essere rilevato entro 5 min nei dermatomeri più prossimi alla sede di iniezione. Il massimo effetto dell’anestesia è raggiunto dopo 15-20 min utilizzando farmaci a breve durata d’azione e dopo 20-25 min con quelli a lunga durata. Aumentando la dose di anestetico locale il tempo d’insorgenza del blocco, sia motorio che sensitivo, diminuisce. I fattori che possono influenzare la diffusione della soluzione anestetica nello spazio epidurale sono: sito d’iniezione volume dei farmaci ( aumentando il volume aumenterà la diffusione e la densità del blocco) concentrazione del farmaco posizione ( non sembrano esserci differenze clinicamente rilevabili nella diffusione da lato a lato) età ( nell’anziano lo spazio peridurale è meno compliante e ne risulta una diffusione maggiore) altezza e peso gravidanza Anestetici locali utilizzati per l’anestesia peridurale Farmaco Regressione di due Risoluzione completa dermatomeri (min) (min) Cloroprocaina 3% Lidocaina 1% Mepivacaina 2% Ropivacaina 0,5-1% Bupivacaina 0,5-0,75% 45-60 60-100 60-100 90-180 120-240 100-160 160-200 160-200 240-420 300-460 Prolungamento della durata con adrenalina (min) 40-60 40-80 40-80 ininfluente ininfluente L’uso di vasocostrittori ( Adrenalina®) nella peridurale è riservato quasi esclusivamente alla dose test iniziale (per accertarsi della corretta posizione del catetere) ma in realtà in passato venivano utilizzati per prolungare l’effetto degli anestetici locali. L’arrivo sul mercato di farmaci sempre più specifici e con minor effetti collaterali ha soppiantato quasi totalmente l’uso dell’adrenalina, riservata appunto unicamente alla dose test iniziale. Al CCT, come descritto in precedenza, l’adrenalina in peridurale non viene utilizzata. L’uso di oppiacei nel catetere peridurale invece, garantisce un buon livello di analgesia potenziando l’effetto degli anestetici locali. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 23 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 9.4.5 Effetti cardiaci dell’anestesia peridurale Il blocco del sistema nervoso simpatico efferente è il principale meccanismo mediante il quale l’anestesia peridurale produce depressione cardiovascolare. L’incidenza di significativa ipotensione o bradicardia è generalmente in relazione con l’estensione del blocco del sistema nervoso simpatico. Il paziente con peridurale può dunque presentare ipotensione e bradicardia anche se questi effetti sono nettamente più marcati con l’anestesia spinale. Il trattamento delle variazioni emodinamiche secondarie alla peridurale e alla spinale consiste nella somministrazione di vasopressori e fluidi. In cardiochirurgia il trattamento è simile ma i farmaci vanno titrati in base alle condizioni cardiache del paziente. I farmaci impiegati sono: Ephedrina (5-10 mg ev): provoca aumento della gittata cardiaca e delle resistenze vascolari sistemiche, aumenta la frequenza cardiaca grazie alla liberazione periferica di noradrenalina Fenilefrina ( 50-100 mcg ev): aumenta la pressione arteriosa tramite un aumento delle resistenze vascolari sistemiche Fluidi: normalmente i pazienti sottoposti ad anestesia peridurale ( e maggiormente a spinale) andrebbero reidratati con 30 ml/kg di soluzioni cristalloidi in modo da prevenire l’ipotensione data dal blocco del sistema nervoso simpatico. In cardiochirurgia questa procedura viene effettuata con molta cautela per non sovraccaricare la funzione cardiaca già compromessa. L’anestesia peridurale e ancor più quella combinata, è molto più complessa di come l’ho appena decritta ma per motivi di sintesi credo sia sufficiente quanto detto in precedenza. Il lettore può ricercare altre informazioni utili nella bibliografia menzionata. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 24 Lavoro di certificazione 10 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Interviste preliminari: analisi Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 25 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 10.1Analisi dell’intervista preliminare con riferimento al quadro teorico Cercherò di seguito di far emergere i punti salienti delle interviste con un particolare riferimento ai concetti trattati nel quadro teorico. Le interviste complete si trovano nell’allegato n. 6. Domanda n1) Secondo te quali sono i problemi più importanti legati all’anestesia nel corso di by pass a cuor battente? Tutti gli intervistati hanno risposto che la problematica principale è rappresentata dall’instabilità emodinamica. In effetti, come citato nel quadro teorico, le manovre di retrazione cardiaca e le condizioni del paziente rendono il by pass a cuor battente un intervento caratterizzato da notevoli sbalzi pressori e disturbi del ritmo cardiaco. Solo in due interviste su quattro emerge l’aspetto della profondità dell’anestesia ( infermiere n2 e n3): gli intervistati fanno una riflessione sull’importanza della relazione fra instabilità emodinamica e mantenimento della profondità presunta adeguata. L’infermiere n. 2 aggiunge che probabilmente il problema di mantenere un anestesia adeguata in corso di by pass a cuor battente è più articolato di quel che si possa immaginare. In effetti la problematica è molto articolata e forse anche poco conosciuta: come trattato in precedenza molti anestesisti ancora ad oggi si basano unicamente sulla clinica e sulle variazioni dei parametri emodinamici ma nessuno studio scientifico ne dimostra la reale attendibilità. Inoltre proprio in cardiochirurgia, questi ultimi possono venir influenzati da molti altri fattori, quindi ancor meno attendibili per valutare la profondità dell’anestesia. Sono emersi comunque altri aspetti interessanti: due intervistati su quattro toccano il problema dello standard in cardiochirurgia. Non ne ho parlato nel quadro teorico perché non è un aspetto inerente alla tematica che ho scelto ma trovo corretto riflettere su questo aspetto. In cardioanestesia si impiegano metodi e tecniche piuttosto standardizzate e routinarie. Indubbiamente, a livello infermieristico, questo ci da una notevole sicurezza e un metodo di lavoro univoco. Ma quando ci si trova confrontati con situazioni nuove o semplicemente più complesse, diventa difficile mettere in atto azioni alternative o semplicemente avere una visione più ampia della situazione. Infine, in un intervista vengono evidenziati degli aspetti più organizzativi e gestionali. Non a caso si tratta della capo reparto che vede l’intervento chirurgico non finalizzato a se stesso ma inserito in un contesto globale dove è importante includere anche la tempistica, l’accompagnamento alle persone in visita e la gestione del personale infermieristico. Domanda n 2) Pensi che il paziente possa avvertire delle sensazioni durante l’anestesia generale nel corso di bypass a cuore battente? Per questa domanda ho ottenuto quattro risposte differenti nel contenuto. Un collega (intervista n.3) si sente “abbastanza sicuro” poiché si basa sulle conoscenze farmacologiche. Analizza la triade necessaria per un anestesia generale (ipnosi-analgesia e curarizzazione) e pensa che con un corretto dosaggio farmacologico il paziente non possa avvertire alcuna sensazione. Con riferimento al quadro teorico, posso dire unicamente che sono conosciuti fenomeni di awareness anche in pazienti dove l’anestesia è stata condotta correttamente, inoltre si sa che per alcuni anestetici (per esempio Propofolo®) la dose corretta è strettamente individuale e non necessariamente correlabile al peso corporeo. Inoltre mi sorge spontanea una riflessione dettata dalle conoscenze farmacologiche ma anche dall’esperienza professionale in cardiochirurgia: purtroppo, proprio per la notevole instabilità emodinamica, i pazienti cardiochirurgici spesso devono ricevere i farmaci in dosi ridotte, il che contribuisce notevolmente ad aumentare il rischio di superficializzazione dell’anestesia e quindi il potenziale fenomeno dell’awareness. Gli altri tre colleghi hanno risposto che probabilmente il paziente può avvertire qualche senzazione. Nella prima intervista, il collega narra di un episodio vissuto in prima persona nell’ospedale dove lavorava prima: interessante notare che si tratta, secondo me, di un chiaro caso di awareness con Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 26 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche memoria esplicita. Il collega lo descrivere come esperienza terribile da sentire raccontare ma non vi attribuisce il termine “awareness”: questo mi ha fatto pensare ad una non conoscenza del fenomeno da parte sua, come emergerà poi nella domanda n.4. Nell’intervista n.2 il collega pensa che i pazienti possano avvertire qualcosa ma non sa di cosa si tratta: si riferisce soprattutto ai momenti, per fortuna rari, in cui i pazienti iniziano a respirare o a muoversi nel corso dell’intervento. Francamente non mi sento in grado di escludere con certezza che un paziente che si muove e respira possa vivere effettivamente awareness ma è chiaro che si tratta di una superficializzazione del piano di anestesia: un primo campanello di allarme che deve far riflettere sulla condotta adottata e sui successivi passi da intraprendere per affrontare la situazione. In letteratura sono riportati casi di pazienti che eseguivano ordini semplici nel corso dell’intervento ma che poi non ricordavano niente. Il collega aggiunge giustamente “ prima faccio un bolus di analgesico o sedativo e poi passo alla curarizzazione”. In effetti talvolta i chirurghi richiedono l’assoluta immobilità del paziente e l’associano alla somministrazione immediata del curaro. Scientificamente, ad oggi, è risaputo che i farmaci curarizzanti non sono indispensabili per condurre l’anestesia se non in certe fasi ( intubazione, in chirurgia viscerale,…) e se somministrati senza supporto ipnotico o analgesico predispongono all’awareness. In questo caso mi riallaccio alle “ regole di prevenzione” citate nella parte teorica: ridurre al minimo l’utilizzo di questa categoria di farmaci! Al CCT i medici anestesisti insistono molto sull’uso limitato del curaro e come vedremo nella parte pratica, salvo casi particolari, il curaro viene somministrato unicamente per l’intubazione. Un’ ultima riflessione che mi sorge dalla risposta del collega è la seguente: è giusto che un movimento o l’attività respiratoria del paziente in momenti indesiderati ci facciano paura. La paura deve invitare a riflettere e a mettere continuamente in discussione il nostro operato. In questa riflessione trovo ancora più motivazione nell’approfondire la mia ricerca e spero che possa servire a me e ai miei colleghi per prendere maggior coscienza del fenomeno, giustamente temuto, dell’awareness. Anche l’ultimo infermiere intervistato crede che i pazienti possano avvertire qualche sensazione: riflette sulle variazioni emodinamiche e pensa che queste possano aiutarci a capire se un paziente dorme a sufficienza, ci pensa ancora un attimo e poi aggiunge che probabilmente vi sono troppe interferenze ( per esempio catecolamine in perfusione). Propone allora di chiederlo ai diretti interessati: potrebbe essere un idea per una ricerca futura anche se sappiamo bene che l’awareness con memoria esplicita rappresenta solo una minima percentuale e che una ricerca su quella implicita diventerebbe davvero complessa. La sua risposta mi ha fatto riflettere: forse anche in questo caso non vi è la conoscenza del termine, o meglio del concetto, di awareness. Francamente non mi stupisco per due motivi. Innanzitutto ¾ del personale infermieristico d’anestesia non ha ancora conseguito la specializzazione e io stessa non ne avevo mai sentito parlare fino al secondo anno del corso. Domanda n.3) Per la nostra casistica pensi che sia possibile valutare correttamente la profondità dell’anestesia? E in che modo? Interessanti le risposte ottenute. Tre colleghi ( interviste n.1, 3, 4) mi hanno risposto che secondo loro è possibile valutare correttamente la profondità del piano anestesiologico osservando tutto ciò che abbiamo a disposizione attualmente: i parametri emodinamici, la clinica, i trend, integrandoli con le conoscenze di farmacologia e l’esperienza dei medici anestesisti. Le mie riflessioni in merito si rivolgono in due direzioni: se penso a quanto riporta le letteratura ( come detto anche in precedenza) non vi sono studi che convalidano l’attendibilità dei parametri e della clinica in relazione alla profondità dell’anestesia, i dosaggi di alcuni anestetici sono spesso estremamente individuali e influenzabili da molteplici fattori e soprattutto, senza alcuna critica in merito, ogni medico anestesista lavora in modo differente. Cercherò di spiegarmi meglio in relazione a quest’ultimo aspetto: non ho molta esperienza professionale in anestesia, ma in questi anni ho potuto notare che ogni medico anestesista applica la sua modalità di lavoro con spiegazioni teoriche leggermente differenti. E’ vero che la medicina non è una scienza esatta come la matematica ma mi è già successo di assistere ad un intervento condotto con modalità anestesiologiche diverse. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 27 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Non lo dico in termini critici ma mi sorge una domanda alla quale probabilmente non troverò mai risposta: “ se con metodi e dosaggi differenti si conduce lo stesso intervento chirurgico con esito positivo, quale sarà la scelta corretta?”. Indubbiamente il medico anestesista porta con se molta esperienza e conoscenze che a livello infermieristico probabilmente ignoriamo, ma trovo professionalmente corretto documentarsi e aggiornarsi per poter capire le scelte, giuste o discutibili, delle figure professionali che lavorano quotidianamente con noi. Inoltre, le risposte dei colleghi hanno stimolato in me un’ulteriore riflessione: nella domanda precedente avevano detto quasi tutti ( tranne l’infermiere n.3) che probabilmente i pazienti avvertono qualcosa nel corso dell’intervento. Si tratta, a mio avviso, di una contraddizione: se possiamo valutare che il paziente si trova ad un livello sufficientemente profondo di anestesia, perché dovrebbe avvertire sensazioni spiacevoli? Quest’ultima riflessione è nata dopo la rilettura delle interviste e a posteriori penso che probabilmente avrei potuto approfondire meglio questo aspetto. Sicuramente, la mia inesperienza come intervistatore o la cattiva formulazione della domanda mi hanno portato a non avere una visione più globale e attenta delle risposte ottenute. Non so comunque come avrei potuto fargli notare questa ipotetica contraddizione senza farli sentire in qualche modo giudicati. Penso che alla fine sia stato meglio così: ho ottenuto tanti spunti di riflessione interessanti e utili per proseguire la mia ricerca. Infine, un solo collega ( intervista n. 2) sostiene che nonostante i progressi compiuti dalla scienza, le conoscenze sul cervello sono ancora limitate come lo è quindi la possibilità di valutare correttamente la profondità del piano anestesiologico. Aggiunge inoltre che in cardiochirurgia questo problema si amplifica: i mezzi attualmente a disposizione come i parametri e la clinica sono meno utilizzabili dal momento che vi sono numerosi fattori che li influenzano. Anche in questo caso, l’intervistato dice di tener conto di tutto ciò che ha a disposizione pur ammettendo che talvolta gli sorgono “ mille dubbi”. Il fatto che nessun paziente si sia mai lamentato un po’ lo rassicura ma come citato nel quadro teorico questo punto può rappresentare una piccola garanzia perché vi sono pazienti che non esprimono i loro vissuti perché li ricordano solo in seguito e altri che li portano nel loro inconscio esternandoli poi con disturbi post-traumatici a lungo termine. Domanda n.4) Se ti dico “awareness” tu cosa mi rispondi? In due casi su quattro gli intervistati sostengono di non aver mai sentito questo termine ( intervista n.1 e 2). L’infermiere anestesista specializzato (n.3) dice di averne sentito parlare nel corso della formazione ma si ritiene abbastanza sicuro della condotta anestesiologica adottata al Cardiocentro. Propone comunque uno studio a lungo termine dove chiedere ai diretti interessati le loro sensazioni legate all’intervento chirurgico. A questo proposito mi sono già espressa in precedenza. Credo che attualmente, la complessità e la parziale conoscenza del problema debba spingerci ad affrontare il problema awareness in termini maggior conoscenza del problema e atti di prevenzione. Spero comunque in che in futuro e con la collaborazione dei medici anestesisti si possa affrontare la situazione anche da altri punti di vista… . Infine, l’ultimo intervistato ( n.4) dice di aver letto “qualcosa in merito” e sa che in ginecologia e nei politraumi l’incidenza dell’awareness è piuttosto elevata. In effetti, come trattato nel quadro teorico, si tratta di due specialità a rischio per l’obbligato bassodosaggio di farmaci da utilizzare nel corso dell’intervento ma ci terrei ad aggiungere che nella ginecologia solo il taglio cesareo d’urgenza é l’intervento a rischio e soprattutto che proprio la cardiochirurgia rappresenta un’altra delle specialità iscritte sulla lista delle più a rischio. Domanda n.5) Hai già sentito parlare o magari usato il BIS, il CSM o altri metodi che al CCT non usiamo per valutare la profondità dell’anestesia? L’intervistato n.1 non ha mai sentito parlare del BIS, del CSM o di altri metodi per valutare la profondità dell’anestesia. Aggiunge inoltre che in Italia, per motivi economici, tutte le innovazioni arrivano con ritardo rispetto ad altri paesi. Da parte mia posso solo dire che il CSM in mio Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 28 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche possesso, è stato creato in Danimarca ma arriva proprio da una ditta italiana che lo sta utilizzando da ca un anno in numerosi ospedali proprio sul territorio italiano. Comunque il collega si trova in Svizzera da almeno 4 anni e il CSM è nato da poco più di un anno. L’infermiere n.4 ne ha sentito parlare dai medici anestesisti ma non l’ha mai visto utilizzare nella pratica clinica. In effetti, ad oggi, i sistemi di monitoraggio cerebrale sono ancora poco utilizzati. Nell’intervista n.2 l’infermiere dice di aver visto il BIS una volta in reparto: l’apparecchio era in prova ma vi sono stati problemi tecnici e il suo utilizzo è stato così abbandonato. Effettivamente il BIS da loro usato necessitava di particolari elettrodi forniti esclusivamente dalla ditta costruttrice e talvolta vi erano comunque problemi di posizionamento. Si creava un impedenza tale da non permettere la corretta interpretazione dei valori. Come spigato nel quadro teorico, il BIS oggi possiede un elettrodo particolare, facile da posizionare ma costoso. Conclude dicendo di non aver mai visto né utilizzato nessun altro apparecchio o metodo. L’infermiere n.3, specializzato in anestesia ha invece utilizzato il BIS nella sua pratica lavorativa presso l’ospedale di Zurigo. Dice “ vi era un medico particolarmente sensibile che lo usava in ginecologia e urologia ambulatoriale”. Due aspetti interessanti: la sensibilità e l’anestesia ambulatoriale. Sensibilità: è un aspetto fondamentale per l’introduzione di un nuovo apparecchio o metodo in qualsiasi ambito lavorativo e uno degli obiettivi di questo lavoro è proprio sensibilizzare i colleghi alla problematica della valutazione della profondità dell’anestesia. Solo prendendo coscienza del problema si può prevenire ed eventualmente affrontare. Credere in ciò che si sta facendo secondo me è fondamentale ma anche cercare di trasmetterlo agli altri e non isolare le proprie convinzioni e farne un uso individuale nella pratica quotidiana. Personalmente credo che il CSM sia un apparecchio valido: è supportato da lavori scientifici e facilmente applicabile alla pratica lavorativa. Anestesia ambulatoriale: come citato nel quadro teorico il CSM e in modo differente anche il BIS, sono strumenti che permettono di “personalizzare” l’anestesia. Eseguire una tecnica generale o semplicemente una sedazione con questi tipi di monitoraggio permette, fra le altre cose, di evitare il sovra-dosaggio di farmaci. In relazione alla chirurgia ambulatoriale questo comporta un risveglio più rapido, una dimissione precoce e la riduzione dei costi. Al termine di questa domanda ho spiegato ai colleghi gli obiettivi del mio lavoro di ricerca, il metodo d’utilizzo del CSM e la differenze con il BIS. Li ho informati su come intendo procedere per raccogliere i dati necessari e ho posto di seguito la seguente domanda: Domanda n.6) Pensi possa essere utile introdurre un apparecchio del genere nel nostro reparto? Sono cosciente del fatto che dal punto di vista metodologico questa domanda è discutibile ma ci tenevo ad avere le loro prime impressioni. Effettivamente, dopo aver illustrato ai colleghi i vantaggi del CSM, mi aspettavo una risposta positiva ma anche in questo caso i colleghi hanno saputo fornirmi interessanti spunti di riflessione. L’intervistato n.1 si è detto contento di poterlo provare ma impaurito dal risultato: “…e se non dormono abbastanza? Avremo il coraggio e la possibilità di cambiare qualcosa?”. Spiego al collega che, indipendentemente dai risultati che emergeranno, ci limiteremo inizialmente ad osservare i dati e ad ipotizzare delle conclusioni. Sarà un motivo di riflessione per tutti. Chiaramente ho riflettuto molto sulle implicazioni etiche di questa mia scelta ma non avevo alternative: se effettivamente si dovessero creare delle situazioni in cui sorgerà il dubbio di una non corretta condotta anestesiologica, dovrò sottoporre il problema ai medici anestesisti il più tempestivamente possibile! Anche in questo caso, riallacciandomi al quadro teorico, ci tengo a sottolineare che il CSM non rappresenta il metodo di interpretazione assoluto per la profondità dell’anestesia ma un valore che assieme all’osservazione globale del paziente può aiutarci a capire se il paziente si trova in uno stadio chirurgico o meno. Ho riflettuto anche sul consenso dei pazienti per l’applicazione del CSM e sono giunta alla seguente conclusione: il CSM è un monitoraggio non invasivo esattamente come l’ECG o il pulsossimetro, la mia ricerca è infermieristica e basata sull’osservazione, i dati saranno protetti Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 29 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche dall’anonimato e non divulgati. Se avessi chiesto il consenso ai pazienti spiegando il motivo della mia ricerca, avrei probabilmente scatenato ulteriori ansie e paure: sentimenti già ampiamente presenti in pazienti che si sottopongono ad interventi a cuore aperto! Ho deciso quindi, in accordo con l’insegnante della scuola e i medici anestesisti di non chiedere ai pazienti il permesso per l’applicazione del CSM. Tornando alle risposte ottenute…: L’infermiere n.2 desidera provarlo ma spera di non incontrare le difficoltà tecniche avute con il BIS. Personalmente credo che il CSM sia davvero semplice da utilizzare: con il premesso dei medici dell’ospedale Civico l’ho applicato per 2 settimane a diverse categorie di pazienti senza riscontrare difficoltà particolari. Riallacciandomi al quadro teorico ricordo solo che l’applicazione degli elettrodi deve venir eseguita dopo la corretta pulizia della cute. L’infermiere n.3 individua già nell’apparecchio alcuni lati positivi: gli sembra semplice, poco ingombrante e compatto. L’infermiere n.4 si dice “amante di tutto quello che è monitoraggio”: sostiene che avere un dato oggettivo lo rende più sicuro che non l’osservazione di parametri interpretabili ( colore della cute, sudorazione,…). Sono contenta della sua positività ma gli ricordo che si tratta unicamente di un osservazione e non di un dato del quale dobbiamo tener conto per modificare l’anestesia. Infine in ¾ delle interviste (n.1, 2 e 4) è emerso un aspetto importantissimo: l’approvazione da parte del team medico, anestesisti e chirurghi. Con modalità differenti gli infermieri hanno espresso il desiderio di sapere se i medici erano al corrente ma soprattutto d’accordo di utilizzare il CSM. Per me l’approvazione medica era fondamentale per poter iniziare questa ricerca: ho avuto un riscontro positivo ma soprattutto ho scoperto che il capo servizio aveva già richiesto tempo fa il CSM ad un rappresentante ma, non so per che motivo, non era mai riuscito ad ottenerlo. Inoltre, proprio gli anestesisti, mi avevano chiesto di rivolgere la mia ricerca ai pazienti sottoposti alla macchina cuore-polmone. Come detto in precedenza, per evitare di complicare ulteriormente il lavoro ho preferito indirizzarmi ai pazienti sottoposti al bypass a cuore battente lasciando però la possibilità di utilizzarlo quotidianamente in qualsiasi intervento chirurgico ( escludendo i portatori di pace maker). Dopo questa chiarificazione, gli infermieri del team di anestesia del CCT, si sono detti entusiasti di poter provare il CSM. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 30 Lavoro di certificazione 11 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Parte pratica Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 31 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 11.1Alcune definizioni utili per la comprensione dell’analisi Nel corso dell’analisi dei casi clinici, utilizzerò spesso delle abbreviazioni. Per evitare al lettore di dover ricercarne il significato nel quadro teorico, ho deciso di stilare di seguito un piccolo “promemoria”. Includerò inoltre il significato di alcuni termini solo accennati o non trattati nel quadro teorico. PA Pressione arteriosa espressa in mmHg P Frequenza cardiaca espressa in battiti al minuto Bolus Somministrazione di un singolo dosaggio di farmaco, generalmente per via venosa. Il bolus può essere ripetuto più volte Concentrazione alveolare minima che, alla pressione di 1 Tor abolisce la risposta motoria del paziente all’applicazione di uno stimolo standard (incisione della cute). Il MAC 1,0 nell’analisi si riferisce all’1,2 necessario per l’Isoflurane. Purtroppo al CCT non viene ancora trascritta sul protocollo la concentrazione espirata, più attendibile ai fini dell’interpretazione analitica. Cerebral State Monitor: l’apparecchio MAC CSM CSI SQI BS EMG Capture Isoflurane® (Forene) Neosinephrina® ( Fenilefrina) Ephedrina® Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 Cerebral State Index: il valore misurato. Va da 0 a 100 e lo stadio chirurgico si trova tra 40 e 60. Onda di colore giallo. Misura del segnale di qualità rilevato dal CSM nell’ultimo minuto. Va da 0 al 100%. Sopra l’80% i valori misurati si possono considerare attendibili. Onda di colore verde. Burst Suppresion: mostra i periodi in cui l’EEG del paziente è isoelettrico o piatto. Ad es BS a 20 indica che l’EEG è stato isoelettrico durante il 20% degli ultimi 30 secondi. Onda di colore rosso. Indica l’elettromiografia dei muscoli, in particolare quelli del volto ma anche eccessiva rigidità data dagli oppiacei, riflesso agli stimoli dolorosi o potenti campi elettrici esterni. Onda di colore blu. Programma computerizzato che grazie alla tecnica wirless consente al CSM di comunicare in tempo reale con un computer dal quale si può vedere e stampare tutto il rapporto dell’intervento. Alogenato impiegato in anestesia per il mantenimento dello stato ipnotico. Tra gli altri effetti, produce potenziamento degli oppiacei e dai miorilassanti. La fenilefrina è un alfa-agonista ad azione diretta privo di proprietà beta-adrenergiche che agisce subito sui recettori vascolari della muscolatura liscia. Tale farmaco risulta utile soprattutto per il trattamento dell'ipotensione attraverso infusione endovenosa continua senza aumento della frequenza e della contrattilità cardiaca. Si rivela particolarmente utile quando i valori pressori sistemici devono essere sostenuti solo per un breve periodo. Alfa e beta simpaticomimetico. Con 2 differenti 32 Lavoro di certificazione Noradrenalina® Naropina® Fentanyl® Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche meccanismi induce tachicardia e aumento della PA. Si somministra a piccoli bolus di 5-10 mg La noradrenalina è un valido agonista alfa e beta che può essere utilizzato per il trattamento dell'ipotensione acuta durante l’intervento chirurgico. Al fine di evitare possibili stravasi, il farmaco deve essere somministrato attraverso un catetere centrale; generalmente, viene iniettato con infusione continua e la quantità è dosata in base all'effetto che si desidera ottenere sui valori pressori. Anestetico locale ad effetto analgesico. Si può utilizzare in differenti modalità ma nel mio lavoro di ricerca ci si riferisce unicamente all’uso tramite il catetere peridurale. Concentrazione utilizzata al CCT: 1%. Oppiaceo, analgesico. 100 volte più potente della morfina. Nella ricerca compariranno sia somministrazioni endovenose che nel catetere epidurale. Quest’ultima modalità permette il prolungamento dell’effetto dell’anestetico locale nel tempo. 33 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 11.2 Descrizione della situazione e analisi del caso n.1: Signor A.G. Il lettore potrà avvalersi per ulteriori approfondimenti della tabella di rilevazione dei dati, del grafico CSM e del protocollo di anestesia presenti nelle pagine seguenti. Dati anagrafici Sesso Età Peso (Kg) Altezza (cm) Patologia di base Intervento eseguito Frazione d’eiezione Patologie concomitanti Altro A.G. maschio 69 anni 72 164 coronaropatia trivasale Posa di 3 by pass aortocoronarici con tecnica off pump 65% ITA, angor instabile, altro ( vedi protocollo) Dormicum® 7,5 mg la sera prima dell’intervento e un ora prima di giungere in sala operatoria Commento all’applicazione del CSM in relazione alle varie fasi dell’intervento: Arrivo in sala operatoria: Il paziente giunge in sala operatoria alle 7.10, sveglio: parametri emodinamici stabili, movimenti chiaramente presenti. Il CSI viene applicato dopo ca 10 minuti e indica 85: valore compatibile con lo stato di veglia e premedicazione. Sul grafico del CSM l’SQI ( onda verde) è attendibile e sono presenti onde azzurre di EMG che indicano attività muscolare presente, il paziente si muove spontaneamente e il CSM lo rileva. Le onde azzurre possono significare movimenti della muscolatura del corpo ma in questo caso sono così evidenti perché si tratta della mimica facciale: vi è comunicazione tra il paziente e il personale curante durante la posa della via venosa, del catetere arterioso e durante il test della peridurale. Segue la fase della preossigenazione. Intubazione: Dopo ca 15 minuti dalla posa del CSM si procede all’induzione farmacologica. La pressione arteriosa subisce un calo correlabile al dosaggio di ipnotici e analgesici iv. Il CSI subisce una drastica diminuzione e passa dal valore iniziale di veglia 85 a 33. Compaiono le onde di BS che evidenziano un temporaneo appiattimento delle onde elettroencefalografiche compatibile con la fase d’induzione. In questo caso non si può dire che il piano anestesiologico è troppo profondo perché la laringoscopia è uno degli stimoli dolorosi più potenti e richiede buona copertura del piano analgesico e ipnotico. Il paziente rimane comunque stabile emodinamicamente, non sono presenti segni vegetativi (lacrimazione/sudorazione). Il pericolo di superficializzazione del piano ipnotico dato dalla rapida emivita del Propofol® non sussiste perché il paziente sta già ricevendo l’alogenato (MAC 0,8). Anche se purtroppo questo dato non compare sul protocollo per i primi 15-20 min si mantiene un flusso di gas freschi superiore a 4l/min il che garantisce una rapida saturazione cerebrale con l’ Isoflurane®. Non vi sono movimenti perché il paziente è curarizzato e in effetti non compaiono onde di EMG. Le pupille sono miotiche e reagiscono lentamente probabilmente per il dosaggio di oppiacei somministrati all’induzione. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 34 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Sternotomia: Dopo 1 h e 48 minuti dall’applicazione del CSM inizia la fase della sternotomia. Il CSI si trova in uno stadio chirurgico sia nel periodo precedente che in quello successivo all’apertura chirurgica dello sterno. I parametri emodinamici rimangono stabili e non vi sono segni vegetativi. Il paziente non compie nessun movimento forse perché ancora parzialmente curarizzato ma più probabilmente perché ha una buona ipnosi (MAC 1,0) e analgesia (peridurale). In questo periodo temporale però si possono notare sul grafico del CSM alcune importanti alterazioni: per ca 18 min l’SQI diminuisce (CSI e EMG aumentano ma non sono interpretabili per la scarsa qualità del segnale). Ho cercato di trovare una risposta e l’unica spiegazione attendibile credo sia da ricercare nell’uso dell’elettrobisturi: usato in sede toracica crea interferenze con il segnale CSI! In effetti si possono notare delle onde estremamente rapide e precise in concomitanza con l’uso di questo apparecchio che va a interferire con la rilevazione dell’EEG del paziente. Per essere puramente teorici analizzando quel tratto di grafico si possono notare delle brevi fasi ( per es dopo 1 h e 48 min) in cui l’SQI torna normale: il CSI è in stadio chirurgico e compaiono onde di EMG. In questo caso si potrebbero formulare due ipotesi: movimenti muscolari lievi dovuti all’assenza di curarizzazione o reazioni di riflesso al dolore? Non me la sento di pronunciarmi in questo senso ma il fatto che subito dopo l’uso dell’elettrobisturi tutto il grafico torna lineare, mi fa pensare ad un puro problema di interferenza elettrica. Pericardiotomia: Questo evento avviene dopo ca 3 h dalla posa del CSM. In questa fase la PA si trova leggermente al di sopra di 110 mmHg sistolica. Il chirurgo chiede di mantenere la pressione attorno a 100 mmHg e per questo motivo viene aumentato il MAC da 1,0 a 1,2. Il CSI scende al di sotto dello stadio chirurgico e si porta in uno stadio profondo: compaiono le onde di BS. L’emodinamica resta abbastanza stabile anche grazie al passaggio dall’uso di vasopressori a bolus con quello di Noradrenalina® in infusione continua. Le pupille, appaiono leggermente midriatiche ( circa 3 mm) ma è difficile formulare un’ipotetica “diagnosi” di dolore poiché l’uso della Noradrenalina in perfusione continua può indurre midriasi. Quel che è certo, è che da questo momento in poi la valutazione delle pupille non è più un parametro affidabile perché influenzato farmacologicamente. Il valore del CSI, la presenza della peridurale, il MAC a 1-1,2, i parametri emodinamici e l’assenza di movimenti, lacrimazione e sudorazione, fanno pensare a un corretto piano di analogosedazione. Confezionamento del by pass: In questo caso la rilevazione del dato è stata fatta durante l’esecuzione della prima anastomosi dopo ca 3 h e 40 min dalla posa del CSM. Tutto procede senza problemi. Il CSI si mantiene in stadio chirurgico, stabilità emodinamica data dall’equilibrio fra alogenatoNoradrenalina® e liquidi iv. Importante sottolineare che la somministrazione si circa 2000 ml di cristalloidi e 500 ml di colloidi si è resa necessaria probabilmente per sostituire l’ipovolemia relativa data dalla peridurale ma anche dall’anestesia generale e dalle ore del digiuno del paziente. La funzione cardiaca conservata (65%) del paziente ha permesso di mantenere un ottima stabilità senza rischi di scompenso: per esempio la pressione venosa centrale non ha subito alterazioni significative. ( vedi protocollo). Il MAC a 1,2 è probabilmente responsabile, in questa fase della diminuzione del CSI. Dal punto di vista pratico si sarebbe potuto probabilmente diminuire un po’ la concentrazione dell’alogenato. Inoltre ipotizzo anche la conseguente diminuzione della Noradrenalina. Si tratta comunque di mie considerazioni puramente teoriche fatte comodamente davanti ad una scrivania e non in sala operatoria dove gli elementi da osservare sono moltissimi. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 35 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Ricostruendo la situazione ho saputo che in questo momento in sala era presente solo il medico assistente: impegnato nella sorveglianza del paziente e nell’esecuzione dell’ecocardiografia transesofagea. Nessuna modifica dei segni vegetativi, pupille a 3 mm ma, come detto in precedenza, influenzate dall’uso di catecolamine in infusione continua. Il lettore potrà inoltre notare che a 3 ore e 48 minuti dall’applicazione del CSM, si rileva un importante variazione nel grafico: l’SQI scende al di sotto dell’80%, il CSI si eleva fino a 90 con onde di EMG: in questo momento è stato utilizzato dal chirurgo l’elettrobisturi per eseguire una breve emostasi. Il valore del CSM non è quindi da interpretare con fase dolorosa ma ancora una volta come probabile interferenza elettrica. Chiusura sternale: Al di là del momento vero e proprio della rilevazione, trovo utile commentare questa fase nella sua totalità: dalla chiusura sternale al risveglio del paziente. Le condizioni generali del Signor A.G. si sono mantenute stabili durante tutto l’intervento, non ci sono state complicazioni né dal punto di vista chirurgico né anestesiologico e il medico anestesista decide di svegliare il paziente. Le anastomosi sono pervie e la funzione cardiaca rilevata all’ecocardio appare conservata. La fase della chiusura sternale è caratterizzata quindi da un alleggerimento del piano ipnotico e da un ulteriore somministrazione di anestetico locale nel catetere peridurale. I parametri emodinamici si modificano mostrando un rialzo della PA e della frequenza cardiaca. Il CSI si eleva gradualmente nel corso del tempo toccando il primo picco massimo dopo 4 h e 38 min circa. Si evidenzino onde di EMG date probabilmente dalla ripresa dell’attività muscolare del paziente. Il bolus di analgesia è probabilmente responsabile dell’ulteriore discesa del CSI fino alla fase finale dell’intervento dove vi è la sospensione completa dell’alogenato. Nella parte finale dell’intervento non vi sono stimoli dolorosi importanti: si esegue la medicazione e lo smantellamento del campo operatorio. Basse dosi di alogenato sono probabilmente sufficienti per mantenere l’ipnosi del Signor A.G. . Il CSI nella fase di risveglio completo ed estubazione giunge addirittura al di sopra dei valori iniziali per stabilizzarsi oltre 90 al risveglio ( dopo 5 ore e 15 minuti circa). Negli ultimi momenti, con la risposta del paziente ai comandi verbali, il CSM mostra le onde di EMG correlabili alla ripresa completa dell’attività muscolare. I dati sono attendibili perché l’indice SQI rimane al di sopra del 90%. Le pupille si dilatano e reagiscono bene alla luce. Non compaiono comunque né sudorazione né lacrimazione. Il paziente viene estubato e trasferito in cure intense per il proseguimento delle cure. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 36 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Caso n.: 1 Iniziali paziente: A.G. sveglio intubazione sternotomia pericardiotomia conf. by pass chiusura sternale CSM 85 PA (mmHg) 130/70 33 31 48 51 99/60 100/60 100/60 105/63 30 28 113/62 115/62 32 32 50 52 111/60 111/60 125/80 130/75 P (b/min) 60 59 61 62 65 63 61 58 59 72 73 0,8 0,8 1,0 1,0 1,0 1,0 1,2 1,2 0,6 0,6 1L 2L 2L 3L 3L 3L 3L 4I 4I MAC Isoflurane (%) pupille 3I 1L movimenti presenti no no no no no no no no no no assente no no no no no no no no no no assente no no no no no no no no no no sudorazione lacrimazione (*) Valutazione delle pupille. reazione immediata (I); reazione lenta (L), reazione assente (N) Scala in mm.: NB: negli eventi suddivisi in due colonne, inserire i dati nel seguente modo: a sinistra nel momento precedente e a destra nel momento successivo all’episodio scritto nella colonna in alto. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 37 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 11.3 Descrizione della situazione e analisi del caso n.2: Signor M.R. Il lettore potrà avvalersi per ulteriori approfondimenti della tabella di rilevazione dei dati, del grafico CSM e del protocollo di anestesia presenti nelle pagine seguenti. Dati anagrafici Sesso Età Peso (Kg) Altezza (cm) Patologia di base Intervento eseguito Frazione d’eiezione Patologie concomitanti Altro M.R. maschio 62 anni 82,4 180 coronaropatia trivasale Posa di 5 by pass aortocoronarici con tecnica off pump 69% ipercolesterolemia Dormicum® 7,5 mg la sera prima dell’intervento un ora prima di giungere in sala operatoria Commento all’applicazione del CSM in relazione alle varie fasi dell’intervento: Arrivo in sala operatoria: Il paziente giunge alle 7.10 in sala operatoria. Nonostante la premedicazione, appare molto nervoso e preoccupato per l’intervento. Il CSI indica 98: normale perché il paziente è sveglio ma lievemente più alto rispetto al valore abitualmente presente in caso di premedicazione “ben riuscita” (85-92 ca). Il paziente è però visibilmente teso e questo comporta indubbiamente una stimolazione a livello del sistema nervoso centrale, in effetti la PA è 172/95. la frequenza cardiaca è di 80 b/min. Compaiono sul grafico onde di EMG perché il Signor M.R. comunica con noi e si muove sul letto: in questo caso l’attività muscolare è ben presente e il CSM lo rileva. Le pupille sono normali e reagenti, non vi è lacrimazione né sudorazione anche se il paziente esprime chiaramente le sue paure. Dopo la posa della via venosa, arteriosa e il test della peridurale, si passa alla fase della preossigenazione. Intubazione: Dopo l’induzione farmacologica con Propofolo®, Fentanyl® e Norcuron® rileviamo i seguenti dati: Il CSI scende a 38 a si mantiene stabile anche dopo la laringoscopia, la pressione arteriosa si abbassa da 172/95 a 123/68 mmHg e la frequenza cardiaca si porta dal valore iniziale di 71 a 62 (induzione e utilizzo della peridurale). La pupille sono miotiche per la somministrazione di oppiacei, i movimenti assenti grazie alla profondità dell’anestesia e alla curarizzazione. Non vi è né lacrimazione, né sudorazione. Se analizziamo più attentamente il grafico del CSM possiamo notare un importante discesa del CSI fino a 14 dopo ca 17 min dall’applicazione dell’apparecchio: in questo caso si tratta probabilmente del picco cerebrale massimo degli ipnotici. Come ho già menzionato nel caso precedente, non si può affermare che si tratta di un “eccesso di sedazione” ma di un effetto voluto per procedere nella fase forse più stimolante dell’intervento: la laringoscopia. Sul grafico compaiono in questo momento anche onde rosse di BS che indicano un periodo in cui l’elettroencefalogramma frontale del paziente è stato isoelettrico, cioè privo di attività rilevata. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 38 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Sternotomia: A circa 1 ora e 10 minuti dall’applicazione del CSM inizia l’apertura chirurgica dello sterno. Periodo caratterizzato da stabilità emodinamica anche grazie alla somministrazione ripetuta di Fenilefrina ( Neosinephrina®). La peridurale, come detto nel quadro teorico, induce un blocco del sistema nervoso simpatico con conseguente bradicardia e ipotensione: la somministrazione di liquidi ( cristalloidi e colloidi iv) e vasocostrittori diventa spesso indispensabile al fine di mantenere una condizione di stabilità. La scelta di dare fenilefrina in bolus ripetuti o Noradrenalina® in infusione continua è puramente medica: per questo paziente l’anestesista ha preferito continuare fino quasi al termine dell’intervento, unicamente con Neosinephrina® a piccoli bolus. Il CSI rimane nello stadio chirurgico anche se, come si può notare dal grafico del CSM, vi sono numerose interferenze date dall’utilizzo dell’elettrobisturi: dopo circa 1h e 17 min e per tutta la fase di apertura sternale, si possono notare onde blu di EMG, sovrapposte a onde rosse di BS con altalenante alterazione dell’indice di qualità. La rilevazione del CSI per la sternotomia è stata fatta comunque in un momento in cui l’SQI era 91 dunque perfettamente attendibile. A casa, comodamente seduta, ho potuto soffermarmi con maggior precisione su questo periodo. Grazie al programma Capture installato dalla ditta del CSM ho eseguito un osservazione più precisa e notato che, escludendo le interferenze elettriche, il valore CSI nella fase della sternotomia era veramente attendibile. ( per gli interessati è possibile visionare questo sistema prendendo direttamente contatto con me). Per terminare, le pupille di 2 mm e con reazione lenta, non hanno subito variazioni. Il paziente non ha compiuto alcun movimento probabilmente per la curarizzazione ancora parzialmente presente e per lo stato ipnotico mantenuto (MAC 1,0). Non sono comparsi né lacrimazione né sudorazione. Pericardiotomia: L’apertura del pericardio permette l’esposizione definitiva del cuore ma è un momento particolarmente doloroso per il paziente. L’anestesia peridurale, se “isola” adeguatamente i metameri interessati, permette di superare questa fase senza dover ricorrere a ulteriori dosi di oppiacei iv. Ma se andiamo ad analizzare attentamente il grafico, possiamo notare che dopo ca 2 h e 27 min cioè in corrispondenza della pericardiotomia, compare un picco estremamente verticale. Ero presente a questo intervento e posso descrivere esattamente gli avvenimenti: alla prima rilevazione il CSI era 38, parametri stabili, nessun movimento né lacrimazione, né sudorazione. Poco dopo, il paziente ha iniziato a respirare: il CSM ha segnalato un repentino aumento del CSI fino a 60 e comparsa di segnale EMG. La PA e la frequenza cardiaca non hanno subito modificazioni significative ma l’anestesista di fronte a questa situazione, ha aumentato la concentrazione di Isoflurane® a 1,2 e somministrato 100 mcg di Fentanyl®. L’alogenato e l’oppiaceo hanno interrotto la respirazione spontanea del paziente e sul grafico del CSM si è potuto notare un ritorno a 40 dell’indice CSI senza più comparsa di onde EMG. Ho provato ad attribuire un significato a quest’episodio e sono emerse due possibili spiegazioni: dolore per il taglio del pericardio o semplicemente ripresa dell’attività respiratoria del paziente con insufficiente copertura ipnotica. Ritengo più probabile la seconda ipotesi perché il paziente aveva ricevuto circa un ora prima un bolus di Naropina® in peridurale. Non escludo però nemmeno la possibilità del dolore dal momento che non è possibile effettuare un preciso controllo dei metameri durante anestesia generale. La somministrazione di oppiaceo endovenoso e l’aumento contemporaneo del MAC non mi permettono comunque di trovare una precisa risposta alle mie ipotesi. Le pupille non hanno variato il loro diametro, il paziente non si è mosso e non ha mostrato gli altri due segni vegetativi che osservavamo ma come detto nel quadro teorico, la clinica non è sempre un buon parametro perché può essere influenzata da molti altri fattori… . Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 39 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Confezionamento del by pass: Il dato è stato rilevato dopo 3 h e 50 minuti dall’inizio dell’intervento. Periodo caratterizzato da stabilità di tutti i parametri, clinici e strumentali osservati. CSI nel range chirurgico, PA e frequenza cardiaca stabili, nessuna alterazione dei segni vegetativi. Osservando più attentamente il grafico è interessante notare però il periodo successivo: discesa del CSI dallo stadio chirurgico a quello profondo con comparsa di onde di BS. Le manovre di retrazione cardiaca hanno reso il paziente instabile emodinamicamente con caduta della PA fino a 70/45 mmHg. Per correggere questo problema l’anestesista ha compiuto i seguenti passi: diminuzione del MAC fino a 0,8 e somministrazione di Noradrenalina® in perfusione continua. La discesa del CSI è da interpretare, a mio avviso come un eccesso di concentrazione di alogenato in questa fase chirurgica non particolarmente dolorosa. Le pupille da questo momento in poi non saranno più valutabili per l’utilizzo della Noradrenalina® in infusione contunua. Chiusura sternale: I dati ripresi nella tabella corrispondono alla prima fase della chiusura sternale dove il Signor M.R. aveva valori relazionabili ad un perfetto stadio chirurgico: stabilità di tutti i parametri emodinamici e clinici ( dopo ca 5h e 30 min). Osservando attentamente il grafico però si possono notare delle alterazioni significative nel periodo immediatamente successivo (5h e 48 min). In previsione di un imminente estubazione in terapia intensiva, verso la fine della chiusura sternale è stata diminuita la concentrazione dell’alogenato fino a 0,6. In questo momento non ero più presente in sala operatoria perché iniziavo il turno all’Ospedale Civico ma i colleghi mi hanno fornito una dettagliata spiegazione dell’accaduto. Alla diminuzione, forse precoce dell’alogenato, il paziente ha risposto con una ripresa dell’attività respiratoria e muscolare: movimenti lievi degli arti inferiori. Il CSI è salito fino a 78 con comparsa di onde blu di EMG ( attività muscolare) e SQI attendibile: dopo un bolus di Propofolo® si può notare sul grafico una rapida discesa del CSI fino quasi a zero con elevazione delle onde di BS. Forse, la sospensione dell’alogenato è stata precoce per questo paziente e il CSM lo ha segnalato perfettamente. Interessante notare però che l’unico parametro clinico osservabile è stato il movimento. Per riallacciarmi ancora al quadro teorico: nelle regole di prevenzione è stata sottolineata l’importanza di curarizzare il meno possibile i pazienti per poter lasciare il movimento quale segno clinico di superficializzazione dell’anestesia. La PA e la frequenza in questa fase davano ben poche informazioni perché influenzate dall’uso della peridurale e dalla somministrazione di catecolamine in perfusione. Non vi è stata sudorazione né lacrimazione forse anche per il breve periodo in cui tutto questo episodio si è svolto ma più probabilmente perché, come detto nel quadro teorico, non sempre la clinica ci da informazioni sulla situazione del paziente. La pupille non sono state prese in considerazione per l’utilizzo della Noradrenalina®. Il CSM è stato tolto durante il trasferimento in cure intense, dove poco dopo è avvenuta l’estubazione. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 40 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Caso n.: 2 Iniziali paziente: M.R. sveglio intubazione sternotomia pericardiotomia conf. by pass chiusura sternale CSM 98 PA (mmHg) 172/95 38 40 38 60 123/68 126/73 108/66 110/74 38 42 40 105/62 108/64 92/59 43 52 48 93/60 94/62 97/65 68 P (b/min) 80 62 MAC Isoflurane (%) 0,8 64 0,8 46 48 49 51 57 55 65 1,0 1,0 1,0 1,0 1,2 1,2 0,6 0,7 Pupille 4I, 4I 1L,1L 1L,1L 2L,2L 2L,2L 2L,2L 2L.2L 2L,2L 2L,2L 4I,4I 4I,4I movimenti presenti no no no no no no no no no no assente no no no no no no no no no no assente no no no no no no no no no no sudorazione lacrimazione (*) Valutazione delle pupille. reazione immediata (I); reazione lenta (L), reazione assente (N) Scala in mm.: NB: negli eventi suddivisi in due colonne, inserire i dati nel seguente modo: a sinistra nel momento precedente e a destra nel momento successivo all’episodio scritto nella colonna in alto Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 41 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 11.4Commento personale relativo alla parte pratica Mi rendo conto che per il lettore l’interpretazione della parte pratica può essere stata estremamente complessa. Personalmente non ho trovato una valida alternativa: la mia intenzione era quella di fornire tutti gli elementi necessari per comprendere la situazione in modo globale e realistico. Il protocollo di anestesia era necessario per ottenere la visione d’insieme del paziente ma purtroppo era incompleto per alcuni aspetti a me necessari: CSI, movimenti, lacrimazione, sudorazione,… non vengono mai segnati. Inoltre la scala temporale adottata non mi permetteva di risalire con precisione agli eventi ricercati. Ho creato la tabella per poter rilevare oggettivamente i dati specifici che mi servivano per l’interpretazione dei casi. Infine il grafico del CSM: per questioni di sicurezza, il programma Capture è stato installato dalla ditta Danmeter sul mio computer portatile a casa. Di conseguenza il resoconto dell’intervento veniva stampato qualche ora o il giorno dopo l’intervento chirurgico. In futuro, se il CCT dovesse acquistare il CSM, tutta la documentazione verrebbe inglobata nel protocollo di anestesia. Attualmente è già in corso di valutazione il progetto di integrazione della cartella computerizzata. Dunque, solo con questi tre documenti, il lettore poteva risalire in modo preciso a quanto detto nell’analisi dei casi clinici…. Discutibile dal punto di vista metodologico, complesso da comprendere ma, secondo me, l’analisi è stata ricca di spunti di riflessione e sicuramente interessante! La scelta di includere solo due casi è stata dettata ancora una volta da esigenze di sintesi: dispongo comunque di numerosi altri interventi analizzati. Ho eseguito l’analisi senza l’aiuto di nessun altro professionista quindi solo con le conoscenze attualmente a mia disposizione in ambito anestesiologico. Forse, anzi probabilmente, saranno imprecise o incomplete ma mi ritengo soddisfatta perché penso di aver perlomeno raggiunto gli obiettivi iniziali. Personalmente credo che il CSM sia un valido strumento da integrare nella pratica quotidiana: un sostegno da includere con tutti gli altri sofisticati monitoraggi e naturalmente con l’osservazione clinica. L’unico inconveniente, che ho peraltro già citato, è stato l’uso del bisturi elettrico: questo apparecchio ha creato numerose interferenze e alterazioni del CSI segnalate però dalla concomitante discesa dell’indice di qualità (SQI). Spero che la ditta costruttrice, in futuro, riesca ad ovviare anche a questo problema. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 42 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 12 Interviste finali: analisi Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 43 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Cercherò ora di far emergere i punti salienti delle interviste eseguite dopo l’applicazione pratica del CSM. Il lettore potrà trovare le interviste complete nell’allegato n.7. Domanda n1) Hai utilizzato il CSM con diversi pazienti cardiochirurgici, che impressioni hai avuto? Le risposte ottenute hanno fatto emergere numerosi elementi che in parte riappariranno anche nelle domande seguenti. Quasi tutti gli intervistati (n.1,3,4) sostengono che il CSM “fa riflettere”: l’interpretazione dei dati obbliga al ragionamento e al richiamo delle conoscenze in ambito anestesiologico. Effettivamente per comprendere il semplice dato numerico bisogna cercare la relazione fra situazione, farmaci impiegati, parametri e clinica. L’intervistata n.2 parla invece di “conferma e sollievo”: relativamente sicura che il modello adottato al CCT sia efficace, trova conferma oggettiva nei dati del CSM e si sente più tranquilla del lavoro svolto quotidianamente. Per ciò che concerne i dati, nelle interviste emergono altri aspetti: tutti i colleghi sostengono che l’interpretazione del CSI e del SQI è abbastanza semplice. Quella del BS e del EMG richiede invece maggior considerazioni: in effetti relazionare e trovare una spiegazione pratica ai 4 dati assieme, talvolta può diventare difficile e richiede indubbiamente numerose conoscenze approfondite. Qui si evidenzia a mio avviso un altro aspetto fondamentale: talvolta, proprio per le scarse informazioni che fornisce la clinica e i parametri emodinamici in cardiochirurgia, restano solo i dati del CSM e il ragionamento sostenuto dalle conoscenze scientifiche. Un altro problema che evidenzia il collega n.1, è la distinzione fra alterazione dell’ipnosi e dell’analgesia: come detto nel quadro teorico, il CSM si riferisce al lato ipnotico ma può segnalare indirettamente una reazione allo stimolo doloroso con l’aumento rapido del valore CSI. Credo che solo l’osservazione attenta del paziente e la relazione con tutti gli altri parametri possa aiutare l’infermiere e anche il medico anestesista ad interpretare correttamente le variazioni del CSM! Inoltre, come ben sottolineato da tutti gli intervistati, solo l’uso prolungato e l’esperienza pratica, può permetterci di conoscere e osservare con “spirito critico” questo nuovo apparecchio. L’intervistato n.3 fa delle considerazioni a mio avviso estremamente interessanti: “è chiaro che bisogna crederci, ma non lo stiamo valutando solo con la nostra pratica. Il CSM è sostenuto da studi scientifici…”. Fondamentale a mio avviso credere, provare, osservarne gli aspetti positivi e negativi e affidarsi anche a studi condotti in modo scientifico. Già nelle interviste preliminari era emerso l’aspetto della “sensibilità” nei confronti di questi nuovi sistemi: la stessa cosa vale per il CSM. Secondo me bisogna essere oggettivi: in cardiochirurgia, la clinica e i parametri non sono sempre relazionabili alla situazione del paziente e la valutazione della profondità dell’anestesia può diventare veramente complessa. Oggi abbiamo a disposizione questi mezzi, forse in futuro verranno soppiantati da altri più sofisticati, ma vale la pena adottare tutti i sistemi possibili per fornire al nostro paziente la massima sicurezza. Infine: un diverbio con un medico anestesista. L’infermiere n 1 si è trovato confrontato con una situazione a mio avviso prevedibile. Un anestesista poco convinto delle “qualità” del CSM: lui sostiene che bisogna guardare il paziente e i parametri. Non è mia intenzione attaccare questa sua presa di posizione ma spero di poter oggettivare con questa ricerca, che il CSM funziona e soprattutto che è perfettamente applicabile là dove la clinica ci fornisce ben poche informazioni. Sarà il mio prossimo passo… . Mi rendo conto però che per il medico può essere visto come una sorta di “attacco alla sua condotta anestesiologica”. Appena verrà chiarito il concetto che il CSM ci permette si indirizzare e personalizzare l’anestesia, penso che gli ostacoli sul percorso diminuiranno per tutti… . Domanda n.2) Dal punto di vista prettamente pratico, hai incontrato delle difficoltà o ti sembra ti facile utilizzo e interpretazione? Tutti gli infermieri trovano l’apparecchio “pratico, poco ingombrante, intuitivo e per l’applicazione: a prova di deficiente..”. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 44 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Effettivamente è semplice applicarlo, ma come detto in precedenza, talvolta può diventare complessa la sua interpretazione globale in alcune situazioni. L’aspetto dell’interpretazione del BS e dell’EMG emerge in tre intervistati su quattro anche in questa seconda domanda. Altro problema, rilevato da tutti, è l’interferenza con l’elettrobisturi: durante l’uso di questo strumento il CSM non riesce a rilevare i dati e l’SQI scende parallelamente. Come citato nella parte pratica, spero che la ditta fornitrice riesca in futuro ad ovviare anche a questo inconveniente. Infine, ma non per importanza, è affiorato in due interviste (n.1 e 4) un elemento che in realtà non avevo completamente previsto: la modifica del piano d’ipnosi sulla base dei dati del CSM. L’accordo iniziale era di osservare e non porre cambiamenti in base al CSM. Purtroppo è successo e gli infermieri interessati hanno giustificato questo gesto in modo estremamente naturale da farmi pensare un errore di valutazione da parte mia. “il MAC era sceso a 0,7 senza che me ne accorgessi: l’avrei aumentato comunque, il CSM me l’ha solo fatto notare prima… . Non è facile perché quando credi nei dati che hai, l’istinto è quello di correggere il problema…” e ancora “Devo dire che non è stato facile: se tutto va bene ti limiti ad osservare e a pensare che stai facendo tutto correttamente, ma se qualcosa non va e il CSM te lo segnala con un dato oggettivo… difficile trattenersi…”. Si è trattato di due episodi isolati in tre mesi di applicazione ma in effetti se si “crede” in un valore oggettivo diventa difficile non tenerne conto e comportarsi come se nulla fosse… . Domanda n.3) Ti sembra che i dati rilevati dal CSM erano attendibili o hai notato delle nette divergenze con la situazione del paziente? Tutti gli infermieri hanno risposto positivamente a questa domanda: i dati rilevati sembrano attendibili e non vi sono evidenti divergenze con la situazione generale del paziente. Le variazioni più eclatanti sono chiaramente all’induzione e al risveglio ma i colleghi notano che anche durante il mantenimento, se si modifica l’ipnosi, anche il CSI varia parallelamente. In tutte le interviste emerge nuovamente il problema delle interferenze con l’elettrobisturi trattato in precedenza e un collega ha notato anche variazioni importanti dell’SQI e del CSI con l’uso del defibrillatore: questo caso non appare nella ricerca ma in effetti abbiamo rilevato che l’uso delle placche interne genera alterazioni dei dati. Si tratta comunque di una scarica elettrica a 10-20 J di breve durata: dopo la defibrillazione tutti i parametri tornano interpretabili. L’intervistato n.1 aggiunge inoltre che il CSM ha destato l’interesse dei cardiochirurghi: durante gli interventi chiedono “cosa dice l’apparecchio?, tutto bene?”. A questo proposito posso solo ribadire che al CCT il rapporto con i chirurghi è veramente privilegiato rispetto ad altre realtà lavorative che ho vissuto. Forse perché il team è piccolo o perché durante gli interventi di cardiochirurgia vi è molta interazione fra chirurghi e anestesisti o semplicemente perché si tratta di persone sensibili e intelligenti non solo dal lato professionale… . Domanda n.4) Secondo te sarebbe utilizzabile nella nostra pratica quotidiana? Tutti gli intervistati hanno risposto positivamente a questa domanda. Emerge nuovamente il presupposto di dover “credere” nelle potenzialità dell’apparecchio. Gli infermieri si sono espressi in modo molto ottimistico e ritengono che per l’approvazione da parte medica sarà sufficiente mostrare gli studi scientifici, i casi clinici e le nostre impressioni raccolte. Io, forse per natura, non mi sento così positiva ma mi pongo come obiettivo per il mio rientro al CCT, la promozione motivata del CSM: la mia ricerca è il primo passo per il raggiungimento di tale scopo. Infine, l’infermiere n.3 aggiunge una frase che a mio avviso si commenta da sola: “Credo che la cardioanestesia, così sofisticata e all’avanguardia, debba dotarsi di un apparecchio del genere. Ma non lo dico in termini di prestigio ma di utilità”. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 45 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Domanda n.5) Dopo aver sentito parlare di awareness, dell’incidenza di questo fenomeno in cardiochirurgia, della relazione fra parametri e clinica,… hai ulteriori osservazioni da fare in merito alla valutazione della profondità dell’anestesia in cardiochirurgia? Le osservazioni emerse dal quest’ultima domanda riprendono in parte le risposte precedenti con qualche spunto in più. I colleghi sostengono che la ricerca, ma in particolare l’applicazione pratica , li ha invitati a riflettere e a “rinfrescare” le conoscenze teoriche. L’esperienza è stata per tutti positiva e una collega riprende l’affermazione della “conferma”: a lei il CSM ha dato la conferma e la sicurezza oggettiva che quel che stava facendo era corretto. A questo proposito devo fare un osservazione che è scaturita in me solo dopo le interviste. La collega è rimasta coerente con le sue idee iniziali: era abbastanza sicura del metodo adottato al CCT e voleva solo oggettivare il suo pensiero ed eventualmente escludere qualche piccolo dubbio. Gli altri invece, partiti comunque con relativa sicurezza nel proprio operato, hanno un po’ modificato le osservazioni dopo l’uso del CSM: appaiono ragionamenti sulla scarse utilità della clinica e dei parametri, riflessioni più approfondite e complesse che non emergevano nelle interviste preliminari. A mio avviso si è trattato di un evoluzione del concetto di profondità dell’anestesia dettato dalle loro riflessioni personali. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 46 Lavoro di certificazione 13 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Conclusioni 13.1 Conclusioni con risposta alle domande e obiettivi iniziali Per concludere il mio lavoro di certificazione potrei riprendere e approfondire ulteriormente i numerosi e interessantissimi elementi emersi dalle interviste e dalla parte pratica ma rischierei di essere ripetitiva. Mi limiterò dunque a rispondere alle domande e agli obiettivi iniziali. L’introduzione del CSM potrebbe migliorare la valutazione della profondità dell’anestesia al Cardiocentro? Con quanto detto in precedenza, sento di poter affermare con sicurezza che il CSM è un apparecchio in grado di aiutare l’anestesista a valutare con maggior precisione la profondità dell’anestesia. Non è da considerare come dato unico e assoluto ma come monitoraggio da integrare con tutti gli altri senza comunque tralasciare l’osservazione clinica del paziente. E’ applicabile in tutti gli ambiti della cardio-anestesia: dalla sedazione in emodinamica alla cardiochirurgia. Permette di personalizzare la condotta anestesiologica e di evitare sovra o sottodosaggio di farmaci. Ha riscontri positivi anche dal lato economico, a breve e lungo termine. Infine credo che i pregi del CSM siano ben al di sopra dei limiti tecnici. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 47 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Cosa significa per gli infermieri del team di anestesia del Cardiocentro valutare la profondità dell’anestesia e che importanza assume questo aspetto all’interno di un intervento di cardiochirurgia? Valutare la profondità dell’anestesia è indubbiamente una priorità per tutti gli infermieri del team del CCT. Il mio lavoro di certificazione e in particolare il CSM ha “solo” creato ulteriori spunti di riflessione e soprattutto ampliato le conoscenze sui mezzi attualmente a disposizione. Abbiamo, e mi includo ampiamente in questo aspetto, riflettuto sulle scarse informazioni che i parametri e la clinica ci possono dare in molti casi: pressione, frequenza, movimenti e altri segni vegetativi spesso non ci permettono di capire il livello di profondità dell’anestesia in cardiochirurgia. Evolvere il nostro concetto di valutazione è una priorità e un obbligo nei confronti dei pazienti: bisogna solo conoscere e accettare le innovazioni che la scienza ci propone. Inoltre mi ero posta altri due obiettivi: approfondire le mie conoscenze sulla tematica della profondità dell’anestesia finalizzandola alla cardiochirurgia sensibilizzare il resto del team su questa rara ma tenuta complicazione anestesiologica: l’awareness Credo di aver pienamente raggiunto entrambi gli scopi: ho approfondito elementi che conoscevo solo superficialmente e anche grazie alle numerose domande poste dai miei colleghi ho potuto apprendere aspetti dell’anestesia che ignoravo. Abbiamo discusso a lungo sul tema dell’awareness anche se in effetti la tematica si è concentrata maggiormente sulla prevenzione e valutazione della profondità dell’anestesia. I dati relativi alle statistiche dell’awareness in cardiochirurgia hanno sconvolto tutti ma sono stati probabilmente il punto di partenza dal quale sviluppare l’intero lavoro. 13.2 Conclusioni personali Come in ogni situazione della vita vi sono degli aspetti positivi e altri un po’ meno…. Innanzitutto ho potuto, ancora una volta, notare la disponibilità e la collegialità di tutti i miei colleghi del Cardiocentro Ticino: solo nella stesura della ricerca mi sono resa conto del carico di lavoro che avevo aggiunto ai già complessi interventi chirurgici ma loro hanno saputo dimostrarmi una collaborazione fuori dal comune e una motivazione inaspettata. L’introduzione del CSM in un reparto dove non ero più presente non è stata cosa semplice: abbiamo dovuto modificare più volte il progetto iniziale perché ad ogni caso si presentavano problemi non previsti. Per esempio peggioravano le condizioni del paziente e si rendeva necessario l’uso della macchina cuore-polmone, oppure pianificavo gli incontri per le interviste ma il collega doveva rientrare in sala o ancora difficoltà con l’uso dei sistemi informatici (stesura tabella o utilizzo del programma Capture del CSM). Mi rendo conto che la raccolta dei dati è criticabile dal punto di vista metodologico ma sono comunque soddisfatta perché so quanto lavoro sta racchiuso tra queste pagine. Negativo, o comunque meno positivo è il fatto che ho scoperto dei lati di me stessa che forse conoscevo solo in parte: ero partita con un progetto ambizioso, forse al di sopra delle mie capacità. Volevo parlare di awareness, intervistare i pazienti, i colleghi, i chirurghi, seguire l’intervento ma evidentemente questo non era possibile né per questioni di tempo, né ai fini della ricerca. Il ridimensionamento del lavoro mi ha reso un po’ “delusa” ma durante la stesura mi sono accorta di quanti elementi difficili avevo da analizzare. Forse non riuscivo a vedere la globalità del lavoro fin dal principio. Spero comunque di aver raggiunto in modo soddisfacente gli obiettivi scolastici. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 48 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Infine, mi sono resa conto che la capacità di sintesi non è proprio la mia “qualità migliore”… . 13.3 Conclusioni formative Dal punto di vista formativo ho potuto ampliare le mie conoscenze in relazione ad una tematica che avevo solo sentito nominare nel corso della formazione: l’awareness, ma non solo. Ho potuto riflettere su tanti aspetti relativi la profondità dell’anestesia e, non meno importante, è stato un modo per conoscere meglio i miei colleghi. Nel lavoro compare solo una minima parte si ciò che ho letto e ricercato ma tutto ciò che ho appreso fa ormai parte del mio bagaglio professionale. Me ne rendo conto quotidianamente quando, affrontando un paziente in anestesia generale, mi sento particolarmente sensibile ai gesti utili nella prevenzione dell’awareness e nel post-operatorio mi sento più attenta al lato umano ascoltando con particolare attenzione ciò che i pazienti mi dicono. Senza esagerare, posso affermare con certezza, che questa ricerca scolastica ha cambiato il mio modo di “fare anestesia”. 13.4Conclusioni professionali Ho acquisito conoscenze che mi permettono di lavorare quotidianamente con maggior sicurezza e consapevolezza, ho imparato ad affrontare con maggior coscienza situazioni in cui la sedazione viene diminuita per favorire l’aspetto emodinamico e a prendere ferma posizione quando determinati criteri di prevenzione non vengono rispettati. Infine, ho percepito maggiormente il mio ruolo e responsabilità professionale: so che quanto appreso non dovrà rimanere fine a se stesso ma dovrò metterlo a disposizione dei miei colleghi anche in futuro, indipendentemente dal fatto che il CSM venga acquistato o meno. Concludo il mio lavoro di certificazione prendendo spunto da una frase detta da un anestesista ad un collega infermiere: “Se trovi il modo di valutare la profondità dell’anestesia ti danno il Premio Nobel”. Conoscere, ricercare, autovalutarsi, prevenire e mettere in atto tutto ciò di cui oggi disponiamo è già, a mio avviso, il primo grande passo verso il Premio Nobel…. Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 49 Lavoro di certificazione 14 14.1 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Bibliografia Testi 1. Torre G. Awareness in anestesia.Ed. Minerva Medica, Torino 2004, pp 34-35 2. Molliex S. Le monitorage de l’opéré. Masson, Paris 2003, p.261 3. Miller R.D. Trattato di anestesia. Antonio Delfino Editore, 4 edizione, Roma 2000, p.1095 4. Barash e Al. Anestesia clinica. Antonio Delfino Editore, 4 edizione, Milano 1999 5. R.D.Miller, Trattato di anestesia, Antonio Delfino Editore, 4° edizione, Roma 2000, pp 1082-1083 6. G. Crile An Autobiography, Philadelphia, Lippincott, 1947 7. Domino KB. Awareness during anesthesia. Anestesiology 1999, pp 1053-1061 14.2 Articoli 1. Russel IF. Midazolam-alfentanyl: an aneshtetic? An investigation using the isolated foream tecnique. Br J Anaest 1993, pp 42-46 2. Villar M. D’Este Gonzales JP, A. Frontera JJ. Erotic hallucination associated with the use of propofol. Rev. esp Anestesiol Reanimation 2000, pp. 90-92 3. Weller MP. Midazolam and sexual fantasies. Plast reconstr. Surery, 1993, pp. 13681370 4. Phillips AA et al. Recall of intraoperative events after general anaesthesia and cardiopulmonary bypass. Can J Anaesth 1993, n. 40, pp. 922-926 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 50 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche 14.3 Documenti 1. Stellante E. Monitoraggio invasivo e avanzato in anestesia, BIS. Scuola Superiore specializzata in cure infermieristiche. Lugano, 2005 2. Manuale d’uso del BIS 3. Manuale per l’operatore fornito dalla ditta Danmeter AVS®, Danimarca, 2005 4. Dr Orlando A, Anestetici Inalatori, Scuola superiore specializzata in Cure infermieristiche, Lugano-Besso, 2005 14.4 siti Web 1. 2. 3. 4. 5. http://www.anestit.unipa.it/esiait/0300_01.htm http://www.cardioanestesia.it/faqs.ht http://www.aosp.bo.it http://www.giudant.it/Patient/Procedures/bypasstraditional.aspx http://cesil.com 6. http://www.minervamedica.it/journalsx.t?idprod=R02Y2004N05A0293 Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 51 Lavoro di certificazione 15 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Ringraziamenti Tante persone hanno contribuito alla stesura di questo lavoro di ricerca ma in particolare desidero dire ancora una volta grazie a: ♥ a Nicola, mio compagno di vita (e avventura) che ha condiviso ogni momento di questo percorso e lo ringrazio per non avermi “buttato dalla finestra” anche se so che qualche volta l’ha pensato…. ♥ a Manuela, la mia capo-reparto del Cardiocentro che prima fra tutte ha creduto nell’importanza di questo lavoro. Con impegno, amicizia e professionalità mi ha sempre sostenuto. ♥ a Mariagrazia: eccezionale segretaria-psicologa e amica dell’anestesia del CCT. Grazie per le risate e le lunghe chiacchierate fatte assieme…( e per quelle che faremo al mio ritorno). ♥ ai colleghi del team di anestesia del Cardiocentro che ho esaurito per due anni con mille domande, dubbi e paure: mi avete sopportato e so che continuerete a farlo anche al mio ritorno… . ♥ ai colleghi della sala operatoria del Civico che mi hanno fatto crescere professionalmente e che mi hanno accolta con grande simpatia e umanità. ♥ alle mie tre fantastiche compagne di scuola: Olga, Jasmine e Manuela Con tanta allegria e motivazione sono state per me la colonna portante della formazione: abbiamo condiviso momenti di lavoro, studio e divertimento che hanno contribuito a rendere più leggera questa formazione. A loro devo un pensiero speciale: GRAZIE per avermi permesso di far parte della “ squadra fortissimi”… . Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 52 Lavoro di certificazione Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche ♥ a Jeanette, la mia persona di referenza per questa ricerca. Grazie per la disponibilità, per i numerosi consigli ma soprattutto per l’interesse dimostrato nei confronti della tematica. ♥ a Enrico: non ha bisogno di presentazioni. Grazie a lui per tutto ciò che in questi due anni ha saputo trasmettermi con estrema precisione e competenza. E grazie per il clima sereno che ha saputo sempre creare anche durante gli insegnamenti clinici. ♥ a Fabio della ditta M.O.S.S.(distributore del CSM): grazie per la pazienza e per l’incoraggiamento nei momenti di sconforto, grazie per non aver cambiato indirizzo e-mail in questi mesi e grazie anche per tutto il materiale che ha messo gratuitamente a mia disposizione. ♥ alla mia famiglia e ai miei amici: dico grazie per non avermi mandato a cercare a “Chi l’ha visto?” ( famosa trasmissione televisiva per la ricerca degli scomparsi) in questi due anni ma di aver aspettato con pazienza il mio ritorno alla “normalità”… . Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 53 Lavoro di certificazione 16 Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche Allegati Allegato n.1: Storia del concetto di “profondità dell’anestesia” Allegato n.2: Vari tipi di MAC Allegato n.3: EEG e potenziali evocati Allegato n.4: Awareness nella storia dell’anestesia Allegato n.5: TIVA versus alogenati Allegato n.6: Interviste preliminari Allegato n.7: Interviste finali Brunella Trapletti, Corso 4 AN, 2005-2007 54