Musica High-Tech Quello strano connubio fra compositori e computer

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Musica High-Tech Quello strano connubio fra compositori e computer
gli strumenti della ricerca
Musica High-Tech
Quello strano connubio fra compositori e computer
«Comporre significa predisporsi a conoscere la musica che ancora non esiste, lavorare al conseguimento
di un’utopia sviluppando gli strumenti di lavoro adatti
a esso».
Gottfried Michael Koenig, Genesi e forma. Origine e sviluppo
dell’estetica musicale elettronica, Roma, Semar, 1995.
Maria Rosa De Luca
N
on serve a molto scomodare la Dialektik
der Aufklärung, di Adorno e Horkheimer,
i loro tentativi d’esorcizzare l’ipotetico allineamento dei processi creativi con gli avanzati meccanismi di comunicazione di massa, la conseguente distruzione dell’alone auratico del prodotto artistico, per constatare quanto quest’ultimo, sfidando il tempo, si sia
perfettamente adeguato alla progressiva modernizzazione di mezzi e tecniche. Semmai, ad essere chiamato
in causa, non è il suddetto duo filosofico bensì Hans
Heinz Stuckenschmidt, il primo ad avere avuto il coraggio di definire i particolari della terza epoca nella
storia della musica. Che è quella della musica elettronica, la quale ha sviscerato nuove possibilità della produzione sonora, da cui prendere le mosse per analizzare il fenomeno creativo in relazione all’applicazione di
mezzi, strutture e processi legati all’impiego del computer. Ma per far ciò è indispensabile scindere il discorso lungo due direttrici: una di natura prettamente
pragmatica, cioè relativa all’impiego della macchinacomputer nel processo creativo, l’altra di carattere teorico, attinente all’analisi di ciò che è stato prodotto in
nome di una poetica, di un pensiero, fin anche di
un’ideologia, consentendo a Stuckenschmidt di salutare l’avvento di una terza era della storia della musica,
subito dopo quella della musica vocale e quella della
musica strumentale.
Il punto di partenza empirico, la grande conquista
del XX secolo, ha alla base il concetto di costruzione
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gli strumenti della ricerca
del suono in laboratorio, che ha permesso all’artista di
avere a disposizione non solo l’intera gamma delle frequenze ma anche la possibilità di rappresentare tutte le
più sfaccettate proporzioni di tempo, nonché di poter
realmente «sondare lo spazio come dimensione del comporre». Teoria e prassi, ideologia e realizzazione compiuta in partitura hanno trovato un perfetto connubio
nell’opera di Gottfried Michael Koenig. Egli appartiene
alla generazione di Stockhausen, Boulez, Nono, Berio,
Pousseur, Xenakis, Ligeti, e con alcuni di essi ha condiviso esperienze nello studio della musica elettronica
all’interno del Westdeutscher Rundfunk di Colonia. A
differenza di costoro, però, Koenig ha affiancato alla
pratica compositiva anche quella scientifica – la costruzione di teoremi relativi alla cosiddetta musicologia
cognitiva – risultando nel contempo artista e scienziato ‘esatto’. Conquistandosi l’attenzione dei compositori e dei musicologi, egli ha particolarmente intuito
che «l’ambiente di lavoro tecnologico può porsi come
luogo di mediazione della conoscenza musicale». In
retrospettiva storica, Koenig riconosce all’esperienza
dello studio di Colonia, al quale è anche riferibile l’attività degli Studi di fonologia di Milano e di Roma, un
ruolo da antenato della ricerca nel campo informatico
di più recente realizzazione. Insomma, il processo di
produzione elettronico avrebbe avuto gli stessi caratteri di programmazione riscontrabili nel lavoro del computer e, nello specifico, un fondamentale carattere di
progettazione, di sound design.
Se si guarda all’intero processo creativo possono
essere rintracciate quattro aree fondamentali, all’interno delle quali si realizza il connubio musica-computer:
? realizzazione sonora di partiture già precomposte;
? risoluzione di alcuni problemi compositivi mediante l’applicazione di sottoprogrammi;
? stampa di partiture o di grafici musicali;
?generazione del suono sulla base di modelli compositivi semplici, al fine di generare strutture complesse.
In altri termini, nei casi contemplati il computer assume compiti precisi, che vanno dalla produzione sonora di una partitura confezionata, sostituendo così gli
strumenti musicali, alla risoluzione di problemi relativi
alle fasi di costruzione dell’opera mediante l’impiego
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di sottoprogrammi che descrivono ogni passaggio del
processo creativo, alla stampa di partiture (in questo
caso funzionando da vero e proprio copista) e infine
alla generazione del suono, fungendo da artefice delle
sue infinite combinazioni. Per il compositore si tratta
di scegliere se andare nella direzione di una composizione assistita dalla macchina-computer o nella direzione dell’impiego di programmi compositivi capaci di
produrre tutto loro, sulla base di indicazioni preconcette.
Un esempio di programma può essere Project 1,
firmato da Koenig nel 1966, mediante il quale il compositore si limitava a fissare soltanto i tempi di
metronomo, i valori ritmici e la lunghezza della composizione; in altri termini solo la struttura temporale
del lavoro, dal momento che tutti i dettagli venivano
poi generati dallo stesso programma. Da quell’esperienza molta acqua è passata sotto i ponti delle nuove
tecniche di sperimentazione sonora. Lo stesso Koenig
ha prodotto la seconda versione di quel programma,
Project 2 appunto, che a differenza del primo permette
un maggiore dialogo tra compositore e computer.
Una vera e propria pietra miliare nell’ambito della
produzione di opere con l’impiego del computer è considerata la Illiac Suite, nata dal connubio operativo di
un musicista, Lejaren Hiller, e di un matematico,
Leonard Isaacson. L’opera, che deve il suo nome al
computer sul quale è stata interamente composta, per
quartetto d’archi, consta di quattro movimenti, i quali
prendono origine ognuno da un programma diverso,
«lungo un percorso che conduce l’ascoltatore dalla
pallida imitazione di forme musicali classiche fino all’esplicito modernismo dell’ultimo movimento»1.
Un cenno a parte merita la produzione di Iannis
Xenakis, considerato un altro punto di riferimento nell’applicazione dell’intelligenza artificiale alla musica; nel
1962, egli impiegò un Ibm 7090 per il suo lavoro dal
titolo ST/10-1,08880262. A quella che abbiamo definito produzione diretta del suono si deve invece ricondurre l’opera di Max Mathews; artefice di un programma MUSIC III, col quale compose A Bicyle Built for
Two utilizzato da Kubrick per la colonna sonora del
famosissimo 2001: Odissea nello spazio.
Al fine di affermare ulteriormente la propria indagi-
gli strumenti della ricerca
ne, lo stesso Xenakis ha dato vita ad un gruppo di
ricerca, l’Equipe de Mathématique et Automatique
Musicale (EMAMu), poi trasformato in CEMAMu
(Centre de Mathématique et Automatique Musicale).
Nel panorama dello sviluppo della ricerca sonora e di
modelli musicali innovativi va registrata l’attività, fino
ad oggi operosissima, dell’IRCAM (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique) a Parigi; e
in Italia del Centro tempo reale di Firenze, creato da
Luciano Berio, del Centro di ricerche musicali di Roma,
del Laboratorio per la sperimentazione e la didattica
dell’informatica musicale della Civica scuola di Milano, diretto da Alessandro Melchiorre.
L’avvento della Rete ha fatto sì che l’espressione
computer music si possa considerare il volto nuovo, la
punta avanzata della sperimentazione sul campo. Grazie alla miniaturizzazione dell’hardware, ed anche alla
diminuzione dei costi, due sussidi informatici sono diventati indispensabili per un facile approccio del musicista al computer: il campionatore ed il sequencer, che
permettono di «registrare e di ascoltare immediatamente, ma soprattutto di visualizzare e di elaborare i suoni
sullo schermo, ciò che ne fa degli autentici strumenti
di creazione artistica»2. Chissà cosa avrebbe pensato
Theodor Wiesegrund Adorno!
1
Marc Batter, L’informatica musicale viene in soccorso ai laboratori, in Enciclopedia della Musica. Il
Novecento, Torino, Einaudi, 2001, p. 415.
2
Jacques Hains, L'informatica musicale, in Enciclopedia..., cit., p. 814.
Per scongiurare il rischio di perdersi
nell’immenso mare di links e di informazioni sul rapporto tra musica contemporanea e computer, la guida più utile è il
portale dell’Amic, cioè degli Archivi della
musica italiana contemporanea, all’indirizzo http://www.amic.it. È un sito molto ben fatto e abbastanza funzionale; partendo dal quale, sono immediatamente
raggiungibili diversi altri siti come quelli relativi alla Civica scuola di Milano
(www.civichescuolemilano.it), a Nuova
Consonanza (www.nuovaconsonanza.it),
altra illustre e storica istituzione operante nel campo della musica contemporanea, alla Rai - Direzione teche e servizi
tematici/educativi (www.techerai.it), nonché all’Ircam (www.ircam.fr), attivo presso il Centre Georges Pompidou di Parigi
e partner francese dell’Amic. Sempre attraverso il portale, è inoltre possibile
reperire notizie concernenti le diverse realtà archivistiche, scientifiche e produttive
italiane in campo musicologico, come l’archivio Bruno Maderna presso l’università
di Bologna (http://www.muspe.unibo.it).
Insomma, il portale dell’Amic costituisce un punto di riferimento obbligato per
quanti intendono intraprendere una ricerca o un’iniziativa sulla base di una solida indagine documentaria e scientifica.
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