cioè meno di quanti ne produsse l`industria inglese nel 1940

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cioè meno di quanti ne produsse l`industria inglese nel 1940
La Regia Aeronautica
1940
1943
di Fabio Nuti
I PILOTI ITALIANI,IMBATTIBILI
CAVALIERI DEL CIELO
Dopo l'uscita e lo strepitoso successo ottenuto
all'estero, di “Courage Alone - The Italian Air Force
1940-1945" dello storico ed esperto Chris
Dunning - il primo grande libro inglese sull'epopea
degli aviatori italiani durante il Secondo Conflitto
Mondiale - ecco finalmente crollare un vecchio
malinteso: quello della (presunta) incapacità dei
piloti italiani ad affrontare l'impegno di uno scontro
bellico epocale. Giustizia è resa alle centinaia di
cavalieri dell'aria italiani periti in un confronto
eroico, ma del tutto impari e quindi disperato.
PREMESSA
• Il 10 giugno 1940, la Regia Aviazione Italiana
disponeva complessivamente di 594 velivoli da cacciaassalto:
• 177 anziani biplani Fiat CR32;
• 202 più moderni Fiat CR 42;
• 89 caccia monoplani Fiat G 50;
• 77 Macchi MC200;
• 7 idrovolanti biplani Ro44;
• 12 Breda Ba 65
• 30 bimotori Breda Ba 88.
• Nel giugno del 1940, la Francia, sebbene vicina al collasso
militare, poteva fare conto su un buon numero di solidi
intercettatori Morane-Saulnier MS406 e di più avanzati
Dewoitine D520.
• L'Inghilterra aveva nei robusti HawkerHurricane MK I e negli
agili e veloci Spitfire MK I i suoi punti di forza.
• E se sotto il profilo della maneggevolezza e della solidità
almeno i Fiat CR42, i Fiat G50 e soprattutto i Macchi MC200
potevano - se ben pilotati - tenere testa ai Morane francesi e
agli Hurricane inglesi, dal punto di vista dell'armamento e
della velocità l'inferiorità degli aerei italiani appariva purtroppo
inequivocabile e tale da costringere i piloti ad effettuare
autentiche prodezze per cercare di annullare il pericoloso
divario.
• Basti pensare agli Hurricane e agli Spitfire, che filavano a 505
e 570 chilometri l'ora (contro i 440 dei CR42 e i 500 dei
MC200) e che erano armati con ben otto mitragliatrici alari
Lewis da 7,7 millimetri…
E allora…..?
E allora, di questi pochi aerei gli unici ad essere in grado di
svolgere con efficacia il ruolo di intercettatori risultavano
essere i caccia delle famiglie Fiat e Macchi. Gran parte dei
piloti della Regia Aeronautica che nel corso della guerra si
distinsero nel ruolo di cacciatori, ebbero quindi modo di
iniziare la loro difficile carriera essenzialmente ai comandi di
quattro tipi di macchine (i biplani CR32 e CR42 e i monoplani
MC200 e G50): aerei che a causa della loro bassa forza
motrice e del loro limitato armamento di lancio (due
mitragliere Breda Safat da 12,7 millimetri disposte nel muso, e
nel MC200 sulle ali anche due mitragliatrici Breda da 7,7
millimetri), risultavano sostanzialmente inferiori a quasi tutti gli
altri caccia messi in campo nel medesimo periodo da Francia
e Inghilterra….
Per dare un'idea della situazione in cui si vennero a
trovare i piloti italiani delle varie specialità nel corso
della prima parte del conflitto (10 giugno '40 - 8
settembre '43), basti pensare che l'industria
aeronautica nazionale riuscì a consegnare loro
soltanto un totale di 11.508 velivoli (dal giugno '40
all'agosto '43), cioè meno di quanti ne produsse
l'industria inglese nel 1940, cioè 15.000. Senza
contare che l'Inghilterra e tutti i Paesi del
Commonwealth britannico poterono, nel corso del
conflitto, usufruire di non meno di 35.000 velivoli
forniti dagli Usa: cifra compensativa delle poche
centinaia di aerei (tra Me109, Ju87 e altri) ceduti
dalla Germania all'Italia, dal settembre 40
all’Agosto 43.
Inferiorità tecnologica, incapacità produttiva e
sostanziale carenza di pianificazione industriale
(nel corso della guerra l'industria aeronautica
italiana, già a corto di metalli leggeri, alluminio,
gomma e incapace di approntare un quantitativo
adeguato di strumentazioni e apparecchiature,
mise a punto un numero troppo elevato di modelli
differenti anziché concentrarsi su quei pochi
velivoli, i Macchi C202 e Reggiane 2001, in grado
di controbilanciare, almeno in parte, lo strapotere
dell'industria aeronautica anglo-americana),
costrinsero quindi i piloti da caccia italiani ad
avvalersi quasi sempre di macchine
sostanzialmente antiquate, compensandone le
deficienze con le proprie CAPACITA’ e con il
CORAGGIO.
Le Aquile italiane accettano la sfida
Fatta questa lunga ma doverosa premessa non deve quindi
stupire il numero relativamente basso di vittorie
conseguite dai cacciatori italiani durante il secondo
conflitto mondiale: un bottino che alla luce dei fatti va
doverosamente rivalutato, anche per sfatare le leggende
(diffuse nel dopoguerra soprattutto da fonti britanniche…)
circa una presunta "incapacità" o addirittura scarsa
combattività palesata dalla Regia Aeronautica e, nella fattispecie,
dai piloti da caccia italiani nel corso della guerra. Anche se, a
dire il vero, in questi ultimi anni alcuni autorevoli studiosi
Anglosassoni hanno ammesso nelle loro opere che ciò che
mancò ai piloti italiani, costretti a combattere a bordo di poche
macchine obsolete, non fu certo il coraggio o la perizia, bensì
L A F O RTUNA…
Tra i vari stormi caccia impegnati, tra il giugno del
'40 e il settembre del '43, contro le forze anglo-americane
e sovietiche, quello che forse si distinse maggiormente fu
il 4° Stormo del Cavallino Rampante (il simbolo dell'asso
della Prima Guerra Mondiale, Francesco Baracca). I primi
cinque Assi della graduatoria ufficiosa della Regia
Aeronautica (ufficiosa perché molto spesso gli avversari –
soprattutto gli inglesi che disprezzavano ma temevano i
piloti italiani - non confermarono, o addirittura negarono,
nei loro rapporti le vittorie conseguite dai cacciatori della
Regia) militarono infatti nel 4° Stormo, compreso il
capitano Mario Visintini che tuttavia operò in una
squadriglia distaccata - la 412ma - in Africa Orientale,
dove conseguì a bordo del suo CR42 ben 16 vittorie
personali in azione, distruggendo al suolo altri 32 velivoli
britannici.
Un muso conosciuto- e temuto - dagli
Inglesi…!
L’apparizione di un
aereo valido come il
Folgore (MC202),
dette grandi speranze
alla lotta contro gli
Spitfire in Africa,
tanto da meritarsi le
lodi dei piloti inglesi.
E degli Alleati
tedeschi…
Il Maresciallo Ennio Tarantola
Sotto il comando del capitano Giuseppe Cenni, viene messo ai comandi di uno JunkersJu 87, soprannominato dagli
italiani Picchiatello, della 239ª Squadriglia. Per circa otto mesi del 1941, vola su questa versione italiana dello Stuka.
Il 29 giugno 1941 colpisce con una bomba il cacciatorpediniere australianoyWaterhen che, anche a causa degli
attacchi tedeschi, affonda. Il giorno seguente il suo Ju 87 viene abbattuto e Tarantola rimane 18 ore sul suo
battellino prima di essere recuperato. Allora chiede, e ottiene, di tornare ai reparti caccia. Il 4 novembre 1941 viene
quindi assegnato alla 151ª Squadriglia del 20° gruppo. Il 5 dicembre 1941, ai comandi di un Fiat G.50 abbatte un
Curtiss P-40 in Nord Africa. Alla fine del dicembre 1941, il 20° Gruppo rientra in Italia per essere riequipaggiato con i
Macchi MC.202 e subito dopo viene trasferito nel 51° Stormo. Durante il 1942, Tarantola pilota di solito il Macchi
MC.202, contraddistinto dalla vistosa scritta "Dài, Banana!" sul cofano motore ed è spesso il gregario del Capitano
Furio Niclot Doglio. Nel giugno del 1942, Tarantola, viene trasferito in Sicilia per gli attacchi contro Malta. La sera del
1 luglio 1942, rivendica l'abbattimento di uno Spitfire su Malta.
Il 23 luglio, sempre durante una scorta a Ju 88, abbatte un altro Spitfire che cade nella baia di St. Thomas. E’ la sua
quinta vittoria aerea: Tarantola è ormai un "asso" (anche se solo ufficiosamente, non riconoscendo la Regia
Aeronautica un tale titolo). Pochi giorni dopo, proprio mentre vola assieme a un altro asso, il suo comandante Niclot
Doglio, ha uno scontro dagli esiti tragici con l'asso canadese George Beurling. Il 27 luglio 1942, Tarantola, Niclot, il
sergente Faliero Gelli e il sottotenente Beniamino Spadaro, vengono attaccati contemporaneamente, di fronte da sei
Spitfire e da sinistra da altri otto. Niclot viene abbattuto dall'asso canadese George Beurling e Tarantola ferito al
braccio mentre cerca di rientrare alla base. Il 14 ottobre - mentre Beurling viene abbattuto e ferito, nel suo ultimo
volo su Malta - abbatte uno Spitfire, ma il suo aereo viene seriamente danneggiato ed è costretto a lanciarsi con il
paracadute vicino la costa siciliana.
L'anno dopo, in servizio in Sardegna, abbatte un Curtiss P-40 sull'isola, sempre ai comandi di un M.C.202. Sempre
con il Macchi, il 30 luglio distrugge un caccia bi-coda Lockheed P-38 Lightning. Ottenuto, subito dopo, uno dei
pochissimi Macchi M.C.205 consegnati prima dell'armistizio di Cassibile, il 2 agosto 1943, compie ancora 5 missioni e
riesce ad abbattere altri due P-38.
Ennio Tarantola
Tarantola e Vignoli
DAI, BANANA…!
Furio Niclot Doglio
I due marescialli: Tarantola e Bianchi
Gli Assi…
Gli Assi Italiani della Caccia (da “STORIA” N.245 – Aprile 1978). Il criterio di considerare
Come “ASSO” il pilota che è riuscito a distruggere in volo 5 aerei non trova generale
accettazione.
Per i tedeschi, a esempio, 5 aerei abbattuti non significano niente o, meglio, potrebbero
al massimo significare altrettante circostanze favorevoli. Infatti la Luftwaffe non parla
mai di “assi” ma di “experten” che sono tutti quei cacciatori che hanno dato prova di
capacità superiori alla media, a prescindere dal numero degli aerei abbattuti. Come
assi, o come experten, dovrebbero trovare il loro posto tanti altri, dI cui possiamo fare
una prima cernita: capitano Aldo Alessandrini, capitano Paolo Arcangeletti, maggiore
Mario Bacich, colonnello Giuseppe Bajlon, colonnello Francesco Beccaria, tenente Giorgio
Bertolaso, tenente Romano Biasiol, capitano Manlio Biccolini, capitano Guido Bobba,
maggiore Mario Bonzano, capitano Luigi Borgogno, maresciallo Giovanni Carmello,
capitano Orfeo Cecchet, tenente Fabio Clauser, capitano Italo D’Amico, tenente Nunzio
de Fraja, tenente colonnello Vincenzo Dequal, colonnello Armando Francois, sergente
Antonio Giardinà, tenente Amedeo Guidi, capitano Giovanni Guiducci, capitano Germano
La Ferla, capitano Ippolito Lalatta, capitano Antonio LarsimontPergameni, capitano
Adriano Mantelli, capitano Luigi Monti, maresciallo Enzo Omiccioli, sergente Walter
Omiccioli, capitano Egeo Pittoni, capitano Mario Pluda, colonnello Aldo Quarantotti,
tenente Alvaro Querci, tenente colonnello Alfredo Reglieri, colonnello Aldo Remondino,
tenente colonnello Aldo Romagnoli, tenente Mario Squarcina, tenente Pio Tomaselli,
colonnello Angelo Tondi, tenente Mario Zuccarini.
La classifica degli "assi" italiani della Seconda Guerra
Mondiale non sarebbe però completa né esatta se non si
tenesse conto degli abbattimenti conseguiti dai piloti italiani
impegnati, a partire dal settembre del '43 al maggio del '45,
nelle file della Aeronautica della RSI (Repubblica Sociale
Italiana) e in quelle della Aviazione Italiana Cobelligerante
(quella che combatté a fianco degli Alleati).
E in virtù di questo epilogo sanguinoso per entrambi
gli schieramenti, gli ” A SS I " italiani crebbero
considerevolmente di numero con l'aumentare delle vittorie,
consentendo diversi ribaltamenti nell'ordine di graduatoria e
facendo emergere piloti di estremo valore e capacità come:
Maggiore Adriano Visconti (26 vittorie)
Serg.Magg. Luigi Gorrini (19 vittorie),
entrambi militanti nell'Aviazione Repubblicana.
Pesante, a controbilanciare questi successi, il consuntivo della
attività di questo glorioso Stormo che dal Giugno 1940 al
Settembre 1943, perse in combattimento 32 piloti, mentre altri 8
morirono a causa di incidenti e di bombardamenti aerei nemici (tra
il 21 settembre '43 e il 2 aprile '45 caddero altri 14 piloti, che
avevano aderito al Regno del Sud). Notevole il bottino complessivo
del 4° Stormo, reparto la cui bandiera venne decorata con una
medaglia d'oro al valore militare e una d'argento. Grazie all’abilità
e all'affiatamento dei suoi piloti e specialisti il 4° Stormo abbatté
complessivamente, nel corso di 303 battaglie aeree, ben 585 aerei
avversari più altri 215 probabili, guadagnando un totale di ben 13
singole medaglie d'oro al valore militare.
Ed ora
analizziamo un
altro capitolo che
riguarda grandi
piloti…
Carlo Buscaglia: il mito.
Un nome, quello di Buscaglia, inconfondibile e impossibile a dimenticare per gli
appassionati di aeronautica ma anche di studiosi di quella parte di storia del nostro
paese che fu piena di tragedie,lutti, silenzi, colpevolezze ma anche di eroismo d’altri tempi.
Quella di Buscaglia fu la storia di un uomo che vestendo i panni di pilota di aerosiluranti della Regia
Aeronautica italiana, durante la seconda guerra mondiale, divenne l’eroe per antonomasia,
sprezzante del pericolo e incurante della sua vita, che si lanciava attraverso una tempesta di piombo
e tra nugoli di caccia avversari per cercare di silurare le navi inglesi nel Mediterraneo ed una volta a
terra ritornare ad essere uno studente di giurisprudenza.
Quattro medaglie d’argento guadagnate ritornando con l’aereo crivellato di colpi, in fiamme e con
l’equipaggio composto da morti e feriti e spesso con tanti altri compagni lasciati morire abbattuti in
quello che per il regime fascista doveva essere il “Mare Nostrum”.
Divenne così una leggenda ed un simbolo dell’Italia guerriera e quando si seppe, il 12 novembre
1942, che era stato abbattuto, in fiamme, in Tunisia, con lui caddero le ultime illusioni che con un
pugno uomini /eroi/kamikaze si potesse fermare il baratro in cui il fascismo aveva gettato l’Italia.
Quasi un anno dopo si giunse all’armistizio e poi alla cobelligeranza dell’Italia con gli Alleati contro la
Germania.
Gli Angloamericani riarmarono con molta riluttanza i nuovi “alleati” italiani,
ripetendo un rituale nei confronti degli italiani che già avevamo visto fare dai
”nostri “ex camerati tedeschi.
Così ci rifilarono armi, aerei compresi, usurati da anni di conflitto o tanto pieni
di difetti che i piloti inglesi e americani si rifiutavano di portare in volo .
Eppure i nostri piloti ed i loro meccanici fecero i soliti miracoli rattoppando e
stringendo i denti con tanta voglia di riscattare il proprio paese e il proprio
onore macchiato dall’esser stati alleati con i nazisti.
Molti non rientrarono e spesso non fu per colpa del piombo dell’antiaerea
tedesca, bensì di quelle macchine complicate e difettose che gli Alleati ci
avevano prestato.
Fu probabilmente per lo stesso motivo che per la seconda volta morì il nostro
eroe, Carlo Buscaglia, sul campo di San Giuseppe Vesuviano il 22 agosto 1944.
Sì, perché lo strano destino che spesso si beffa degli eroi, volle giocare sino
all’ultimo con la vita di Buscaglia. Dall’abbattimento in Tunisia, lui, unico
sopravvissuto dell’S79 Sparviero che guidava fu curato dagli americani e dopo
un lungo periodo di prigionia, nel giugno 44, decise di passare nell’Aeronautica
cobelligerante.
Le ustioni riportate avevano sfigurato il suo corpo ma non il coraggio che lo
spinse ad accelerare i tempi per il suo rientro in servizio e la pratica sul
bombardiere Martin A30 Baltimore. Il 22 agosto 1944 al suo primo decollo da
solo, nonostante il disaccordo dei suoi superiori, ebbe un incidente al decollo e
perì per la seconda volta in uno spaventoso incendio.
La sua leggenda lo portò al diventare un’icona, beffa del fato ulteriore, per due
schieramenti contrapposti ed addirittura una squadriglia di aerosiluranti
dell’Aeronautica di Salò portò il suo nome e per molto tempo su quella sua
morte misteriosa si sparse la leggenda che quel maledetto giorno volesse
fuggire, da solo….
La strana storia di IrnerioBertuzzi
Medaglia d’Argento al valor Militare
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
IrnerioBertuzzi detto OCCHI DI GATTO, fu pilota di aerosiluranti, pluridecorato ed eroe di
guerra. Nacque a Rimini nel 1919 e mori a Bascapè il 27/10/1962, in circostanze
misteriose, e che crearono un “caso” nell’Italia di quegli anni. Parleremo più avanti di
questa vicenda che tutti comunque conosceranno... Allievo del corso “Sparviero” (il nome
fu tutto un programma per la sua futura vita di guerra...),durante la seconda guerra
Mondiale fu pilota nelle squadriglie aerosiluranti della Regia Aeronautica con il grado di
tenente. A quel tempo era d’uso valutare la predisposizione al volo in base a due
parametri ben distinti: i cadetti con alto punteggio nel volo acrobatico venivano designati
dagli istruttori alla caccia, mentre quelli maggiormente classificati con propensione
all’orientamento e alla navigazione aerea, ai reparti da bombardamento. Destinato quindi
al 32° Stormo da bombardamento terrestre, Bertuzzi si rese subito protagonista di numerose
missioni offensive, e in seguito, fu uno dei pochissimi italiani a frequentare un corso di
navigazione strumentale in Germania. Questa esperienza non fece altro che affinare le qualità
innate, che ne fecero uno dei più audaci piloti di aerosiluranti di tutto il conflitto. Partecipò
anche ad un ciclo operativo presso la base di Milis, in Sardegna, contribuendo al contrasto dei
convogli alleati nel Mediterraneo occidentale, guadagnandosi il titolo di OCCHI DI GATTO per
la sua predisposizione al volo notturno, di cui fu indiscusso maestro.
Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla RSI e in particolare al Gruppo Aerosiluranti Buscaglia–
Faggioni. Comandante della 2^ squadriglia dell'Aviazione Nazionale Repubblicana, condusse
diverse azioni di siluramento con il suo S.M.79 contro la flotta alleata ad Anzio e Gibilterra.
Durante il conflitto ricevette due medaglie d’argento ed una di bronzo al valor militare.
•
Nel dopoguerra, dopo un lungo periodo come pilota civile dell'Alitalia ed un’esperienza in
Sudamerica sui Douglas DC-6, viene assunto dall'Eni nel 1958, come comandante della flotta
aziendale. Il presidente dell'Eni Enrico Mattei, capo partigiano, si fida ciecamente del repubblichino
Bertuzzi che arriva a totalizzare 11 236 ore di volo di cui 625 sui Morane della Snam.
•
Si trova ai comandi del bireattore Morane-Saulnier MS-760 I-SNAP di Mattei quando questo
precipita in un filare di pioppi nei pressi di Bascapè il 27 ottobre 1962. Nell'impatto Bertuzzi trova la
morte, insieme a Mattei e al giornalista americano William McHale.
•
Poco tempo prima della partenza per l'ultimo volo aveva comunicato a Mattei l'intenzione di
lasciare il lavoro per andare a dirigere una nuova società, l'Alis.
•
A quattro mesi dall'accaduto, la prima inchiesta viene archiviata imputando la responsabilità del
disastro alle condizioni psicofisiche del pilota ed a problemi tecnici.
•
Nel 2003 le indagini del sostituto Pm di Pavia, Vincenzo Calia, appurano che la caduta dell'aereo è
stata determinata dall'esplosione nella cabina di pilotaggio di una carica di circa 100 grammi di
compound-B, sita probabilmente dietro il pannello degli strumenti, in corrispondenza dei comandi
del carrello d'atterraggio.
Certo che se facciamo un parallelo tra oggi e quel periodo,
possiamo comprendere facilmente tutte le grandissime difficoltà,
angosce ed incertezze che provarono quegli eroi del cielo…
Ufficiale Pilota in Africa - 1942
Ufficiali Piloti di Tornado a
Gioia del Colle - 2009
Bibliografia consigliata
•
Chris Dunning, Courage Alone, The Italian Air Force 1940-1943,
HikokiPubblications, Leicester (Great Britain), 1998.
•
Corrado Ricci - Christopher F. Shores, La Guerra Aerea in Africa Orientale
1940-41, Stato Maggiore Aeronautica, Ufficio Storico, Roma, 1979
•
Dimensione Cielo, Aerei Italiani nella Seconda Guerra Mondiale, Vol.1,2,3,
Edizioni Bizzarri, Roma, 1974.
•
Nicola Malizia, Ali sulla steppa, La Regia Aeronautica nella campagna di
Russia, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1987
•
B.H.LiddelHart, Storia Militare della Seconda Guerra Mondiale, Arnoldo
Mondadori Editore, Milano, 1970
•
Ali Tricolori (Rivista Aerei nella Storia), West-Ward Edizioni, Parma, 2002.
•
Franco Pagliano, Aviatori Italiani, Mondadori, 1967
FINE