Brigaglia Il risorgimento e la rinascita della matematica

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Brigaglia Il risorgimento e la rinascita della matematica
Il Risorgimento e la rinascita della matematica italiana:
da Genocchi a Cremona
Aldo Brigaglia
Questo intervento è dedicato al contributo dato dalla comunità matematica al Risorgimento nazionale e allo sforzo di edificazione della comunità scientifica nella seconda metà del 19° secolo.
Dopo il decennio cosiddetto “di preparazione” tra la prima guerra di indipendenza
del 1848/49 (alla quale molti di loro avevano direttamente partecipato) e la seconda, tre furono le iniziative scientifiche di grande rilievo in cui un gruppo di giovani
matematici si impegnò a fondo.
La prima ebbe come protagonisti due matematici pisani, Enrico Betti e Giovanni
Novi, e si trattò di una iniziativa rivolta alla formazione scolastica: la pubblicazione
di alcune traduzioni di testi di matematica francesi, rivolti alla scuola superiore. Si
trattava della Aritmetica di Bertrand (tradotta da Novi e pubblicata nell’agosto
1856), del Trattato di Algebra Elementare dello stesso Bertrand e di quello di
Trigonometria di Serret (entrambi dell’ottobre dello stesso anno, tradotti rispettivamente da Betti e da Ferrucci), degli Elementi di Aritmetica di Novi del 1857, e
del Trattato di Geometria Elementare di Amiot del 1858.
Si tratta di un corpus organico di testi atti alla formazione matematica degli studenti. L’iniziativa non passò inosservata, e riscosse l’applauso della comunità
matematica lombarda. In particolare Luigi Cremona scrisse un’ampia recensione
dell’ultimo testo per l’autorevole rivista di Carlo Cattaneo, Il Politecnico. Le date
della pubblicazione dell’articolo segnano l’incalzare degli eventi: l’articolo era
pronto nel marzo 1859 quando le truppe franco-piemontesi varcavano il Mincio e
porta una nota aggiuntiva del 9 maggio dell’anno successivo, quando ormai la
Lombardia era liberata e appena due giorni prima che Garibaldi sbarcasse a
Marsala. Cremona scriveva in questa nota:
Ora che il giogo straniero non ci sta più sul collo a imporci gli scelleratissimi testi di Moznik, Toffoli, ecc., che per più anni hanno inondato le nostre scuole, [...] ora sarebbe omai tempo di gettare al fuoco
anche certi libracci di matematica che tuttora si adoperano in qualche
nostro liceo e che fanno un terribile atto d’accusa contro chi li ha
adottati. Diciamolo francamente: noi non abbiamo buoni libri elementari che siano originali italiani e giungano al livello de’ progressi odierni della scienza. Forse ne hanno i Napoletani che furono sem35
pre e sono egregi cultori delle matematiche; ma come può aversene
certa notizia se quel paese è più diviso da noi che se fosse la China?
I migliori libri, anzi gli unici veramente buoni che un coscienzioso
maestro di matematica elementare possa adottare nel suo insegnamento, sono i trattati di Bertrand, Amiot e Serret, così ben tradotti e
ampliati da quei valenti toscani.
Non credo siano necessari commenti per comprendere quanto stretto fosse, nella
coscienza di questi giovani matematici, il legame tra il giogo straniero e gli scelleratissimi testi, tra il bisogno di unità e la distanza dai matematici napoletani. La liberazione dallo straniero era vista anche come l’inizio della liberazione delle
energie che avevano rallentato lo sviluppo scientifico del paese, impedendogli di
occupare quella posizione in Europa che gli competeva.
L’altra importante iniziativa immediatamente precedente al conseguimento dell’unità nazionale riguardò la creazione di un vero giornale matematico italiano, capace
di confrontarsi con le migliori riviste europee fondate nel corso della prima metà
del secolo, come il Journal di Crelle (tedesco) o gli Annales de Mathématiques
(francese). Su questo tema, il 28 aprile 1857, così Francesco Brioschi scriveva a
Enrico Betti:
Probabilmente Ella sarà d’accordo con me che gli Annali del Tortolini
non corrispondono allo scopo al quale dovrebbe tendere ogni giornale
scientifico fra noi. Questo scopo parmi debba essere di far conoscere
fra noi d’Italia il movimento scientifico Italiano, e di tenere al fatto gli
Italiani del movimento scientifico degli altri paesi civilizzati. Ora al
primo intento giungesi soltanto con la pubblicazione di articoli originali ed al secondo mediante riviste bibliografiche critiche. Questo secondo intento è affatto escluso dagli Annali del Tortolini; ed il primo
non è che incompletamente raggiunto giacché come Ella avrà avuto
occasione di osservare i nostri lavori sono ancora poco noti al di fuori
e ciò è anche a me noto per confessione di alcuni matematici stranieri
con i quali mi trovo in relazione. La parte bibliografica è poi a mio
credere di moltissima importanza per noi; essendo in Italia pochissimi
i centri dove si trovino mezzi di studio. Intorno a queste idee, che
potrei meglio sviluppare all’occorrenza, ebbi lunghi colloqui col Sigr.
Genocchi nei primi giorni di questo mese trovandomi a Torino, e d’accordo giungemmo a concludere che se Ella volesse associarsi con noi,
potremmo fare al Prof. Tortolini la seguente proposizione (la quale
però potrebbe essere modificata da Lei). Gli Annali di Matematica
continuerebbero a pubblicarsi in Roma, a spese e a vantaggio del prof.
Tortolini, ma avranno una redazione collettiva composta dal medesimo Professore, da Lei, da Genocchi, e da me. (a questa redazione di
uomini scielti [sic] in varj stati italiani io tengo assai).
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La pubblicazione sarà di un fascicolo ogni due mesi, distinta in due
parti; nell’una si conterranno memorie originali strettamente di
matematica o di fisica matematica o meglio di matematica pura od
applicata; nella seconda articoli bibliografici ed estratti di memorie
principalmente inglesi e tedesche le quali sono meno note generalmente fra noi. A questa seconda parte dovrebbe attendere principalmente la redazione. […] L’idea di una redazione collettiva non è
nuova, anzi venne suggerita da quanto si fa ora in Germania pel giornale altre volte di Crelle. Questo giornale viene ora redatto da
Borchardt, Kummer, Weierstrass […] i quali geometri non si trovano
tutti a Berlino; questa idea sembrami anche molto utile per la diffusione del giornale stesso. Il Giornale di Cambridge ed il Quarterly
Journal diedero esempi di articoli bibliografici scritti anche da matematici distinti, basti nominare il Cayley; ma dove la parte bibliografica ha una sezione apposita è nel nuovo giornale di Schlömilch che
pubblicasi a Lipsia di cui ho veduto i cinque fascicoli del 1856 e il
primo del 1857.
Questa lunga citazione serve a chiarire alcuni fatti che stavano avvenendo proprio
intorno a quegli anni:
1. Si stava formando, attorno al progetto di un nuovo giornale, che si
innestava su quello esistente a Roma e diretto da Barnaba Tortolini, ma ampliandone in modo essenziale le prospettive, un nuovo gruppo di scienziati di avanguardia, di cui facevano parte Brioschi, Betti, Genocchi, Cremona, e poi anche
Tardy, Casorati e Beltrami che si proponeva di guidare la rinascita della matematica italiana, collegandola strettamente al processo di unificazione.
2. Gli obiettivi che si proponeva questo gruppo erano quelli di far
conoscere [...] il movimento scientifico Italiano, e di tenere al fatto gli Italiani del
movimento scientifico degli altri paesi civilizzati. Obiettivi di respiro europeo,
quindi, che andavano perseguiti prendendo a modello appunto le migliori riviste
scientifiche europee.
3. Terzo e non ultimo obiettivo dell’operazione era quello di creare una
redazione di uomini scielti in varj stati italiani. E non si può non vedere riflesso
nitidamente in questo obiettivo il significato politico di questa operazione.
L’obiettivo di dotare l’Italia di un moderno strumento per la diffusione della matematica ebbe pieno successo: già nel 1858 veniva pubblicato il primo volume degli
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Annali di Matematica, diretti da Betti, Brioschi e Genocchi, che conteneva
numerosi articoli di alto livello di Brioschi, Betti, Genocchi, Tardy, Casorati e
anche di famosi matematici stranieri come de Jonquières, Bertrand, Mannheim. Gli
Annali non avrebbero mai perduto, fino ad oggi, una posizione di alto livello tra le
riviste matematiche internazionali. Un grande successo per un manipolo di giovani
di buona volontà!
Questi sforzi non potevano riuscire nell’impresa di creare una nuova scuola matematica nazionale, se non si fossero inseriti in un tessuto fatto di legami personali
con i principali esponenti della matematica europea. Questi legami sarebbero stati
resi vivi attraverso una fitta rete di corrispondenze, ma dovevano basarsi anche su
contatti diretti. È a questo scopo che venne organizzato un viaggio destinato a
restare memorabile nella storia della matematica italiana (Volterra ne diede infatti
ampia illustrazione al Congresso Internazionale dei Matematici di Parigi del 1900).
Il progetto maturò in alcuni incontri nei quali tra l’altro questi giovani matematici
fecero la prima conoscenza diretta (prima era stata solo epistolare) tra loro.
Ne dà notizia Betti a Tardy nel febbraio 1858:
Abbiamo quasi fissato con Brioschi di trovarsi a Genova nelle
vacanze di Pasqua, dove forse verrà anche Genocchi. Vogliamo parlare un poco anche insieme con Te del nostro Giornale; e stabilire bene
tutto ciò che è necessario per il migliore andamento dello stesso.
Ed in effetti nell’aprile Betti, Brioschi e Genocchi si riuniscono a casa Tardy e programmano, oltre al primo numero della rivista, un viaggio scientifico per l’Europa
cui, dopo le defezioni di Genocchi e Tardy, si aggregherà il giovanissimo Casorati.
Del viaggio, durato dal 20 settembre al 30 ottobre, dà notizia Brioschi a Cremona:
Abbiamo tenuto questa via: Zurigo, Monaco, Lipsia, Dresda, Berlino,
Gottinga, Heidelberg, Carlsruhe, Strasbourg, Parigi. A Berlino ci fermammo nove giorni, undici a Parigi, nelle altre città due o tre giorni
al più. […] A Berlino passammo molte ore con Borchardt, Kronecker,
Kummer, Weierstrass, conoscemmo anche Arohnold, Schellbach. A
Gottinga Stern, Riemann, Dedekind; ad Heidelberg Hesse, Cantor; a
Carlsruhe Dinger, Clebsch. A Lipsia abbiamo visitato Moebius ed a
Dresda il Baltzer e lo Schloemilch […] Vorrei essermi ingannato, ma
temo l’Hermite un affigliato ai gesuiti. Esso è però l’unico matematico sia francese che tedesco che mi ha lasciato l’impressione di essere
dotato di un’intelligenza straordinaria.
Come si vede, alla fine del 1858 questi giovani scienziati avevano preparato il ter38
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reno necessario per il grande rilancio europeo della nuova scienza nazionale,
operando, nel campo della cultura scientifica, un processo analogo a quello realizzato dai politici nel cosiddetto decennio di preparazione: oramai si disponeva di
libri di testo scolastici adeguati, di una rivista di ottimo livello e di stretti collegamenti internazionali. Quanto bastava per impegnarsi, con i migliori auspici, nell’avventura unitaria che i venti di guerra del ’59 annunziavano.
Prima di dare un cenno degli ulteriori sviluppi della scienza matematica in quegli
anni, vorrei riepilogare gli avvenimenti cui questi giovani avevano partecipato
dieci anni prima, durante la prima guerra di indipendenza. Prima di tutto qualche
data.
Preannunziate dai moti di gennaio di Palermo, il 18 marzo 1848 avevano avuto
inizio le cinque giornate di Milano terminate con la cacciata dalla capitale lombarda delle truppe austriache comandate da Radetzki. Alle lotte aveva preso parte
Brioschi, allora strettamente legato a Carlo Cattaneo. Tra i rinforzi che da tutta
Italia erano giunti, indicherei il battaglione genovese di cui facevano parte Nino
Bixio, Goffredo Mameli e il suo stretto amico Nicolao Ferrari, destinato, di lì a
qualche anno, a divenire prima commilitone e poi cognato di Luigi Cremona.
Negli stessi giorni insorgeva Venezia e il 23 marzo Daniele Manin proclamava la
Repubblica di S. Marco. A giugno cominciò il lungo assedio che sarebbe continuato fino all’agosto 1849. A Venezia viveva il fratello di Cremona, Giuseppe, che
sulle ali dell’entusiasmo scrisse alla sorella Giovannina:
Lo stesso giorno che celebrava la vostra emancipazione dal giogo
aborrito celebrava pure la nostra. Il giorno 22 marzo fu qui
improvvisata la repubblica […] Voglia il cielo che la grand’opera si
compia al più presto per poterci abbandonare a tutto il gaudio che in
noi ridesta la nostra rigenerazione.
Un clima di grande entusiasmo che non poteva non impressionare il giovanissimo
Luigi (che aveva allora 17 anni).
Il 29 maggio il battaglione degli studenti e professori pisani è impegnato nella
battaglia di Curtatone. Il professor Pilla (un geologo) muore in battaglia; il professor Mossotti, comandante del battaglione, è ferito e il suo migliore studente, Enrico
Betti, combatte con onore.
Il 12 aprile 1848 passa da Pavia il battaglione napoletano Italia Libera. Luigi
Cremona, diciassettenne, si arruola e scrive a sua madre che partiva: senza rimorso, perché avrei creduto mancare ai dettami della più santa delle religioni e di commettere un atto di viltà e di inettitudine ricusando di dare il sangue per la patria.
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Così lo ricorda il suo comandante Francesco Carrano:
Mi pare ancora di rivedere Mauro che in Pavia mi presentò il vispo
giovinetto Cremona, ardente dal desiderio di combattere per
l’indipendenza italiana, e ora diventato l’eminente matematico che
tutta l’Italia onora.
Il battaglione viene inviato alla difesa di Venezia e Cremona, a fianco di Nicolao
Ferrari, partecipa a tutte le fasi di questa impresa: tra le altre le battaglie di Vicenza,
Treviso, Mestre, Porto Marghera, Brondolo, che descriverà così:
[...] in quel giorno sparavamo tanto e così serrato che uno squadrone
di cavalleria nemica non poté avanzare.
In particolare Luigi è impegnato nell’eroica difesa di Marghera. Tra il 4 e il 26 maggio il forte di Marghera viene attaccato pesantemente e colpito da più di 70.000
bombe. 5.000 soldati italiani morirono nella battaglia. Il 24 agosto Venezia si
arrende all’esercito austriaco. Con la quasi contemporanea caduta della Repubblica
Romana, difesa da Garibaldi, si chiude la prima Guerra di indipendenza.
Diverso sarà l’esito, dieci anni dopo, della seconda guerra. Anche in questo caso mi
preme ricordare qualche data:
- 4 giugno 1859: le truppe franco-piemontesi sconfiggono l’esercito austriaco a
Magenta;
- 8 giugno 1859: Napoleone III e Vittorio Emanuele entrano a Milano.
Brioschi aveva seguito da vicino gli avvenimenti e così li commenterà, in un
alternarsi di entusiasmo e delusioni:
Noi abbiamo a Milano giorni di entusiasmo indescrivibile. Io nutro
fiducia che l’Italia sarà finalmente per gli italiani (26 giugno).
Le disillusioni di questi giorni furono purtroppo gravissime; e
sebbene non creda il caso di lasciarsi abbattere d’animo come molti
fanno, pure sento la gran differenza tra una soluzione con mezzi e
scopo così ben definiti, quali almeno sembravano; ed una soluzione
la quale deve ora attendersi dal Caos; o dagli interessi opposti delle
grandi potenze (26 luglio).
Domani è per noi una stupenda giornata! I deputati toscani vengono a
visitare Milano; qui saranno accolti come meritano. Che momento
sublime per l’Italia! Io nutro fiducia che da questo momento incominciano le nuove glorie. Facciamo di tutto per cooperarvi (7 settembre).
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Spero sia stato possibile comprendere, attraverso queste rapide citazioni, che l’entusiasmo per la scienza si collegava strettamente, in questi giovani matematici,
all’entusiasmo per il processo unitario. Per quanto retoriche possano apparire
alcune frasi, esse riflettevano un impegno in prima persona attivo e sincero.
Prima di andare oltre vorrei presentare dei brevi cenni biografici dei principali protagonisti.
Comincerò da due matematici leggermente più anziani, che possiamo definire della
vecchia guardia.
Placido Tardy era nato a Messina il 23 ottobre 1816 (quindi nel 1858 aveva 42 anni:
non era poi così vecchio!). Nel 1837 aveva studiato a Milano con Gabrio Piola e
nel 1838 a Parigi, con Liouville e Poisson; sempre a Parigi era entrato in relazione
con Mossotti e Libri. Nel 1841 era divenuto professore di “Matematiche Sublimi”
a Messina. Qui aveva conosciuto Jacobi e Steiner, tessendo delle relazioni internazionali che saranno preziose nel citato viaggio del 1858. Nel 1848, implicato nei
moti politici di quell’anno, aveva lasciato la Sicilia per Firenze. In Toscana aveva
conosciuto Betti. Nel 1850 era divenuto professore a Genova in una scuola superiore e nel 1851 professore di Matematiche Superiori nell’Istituto Nautico. Dal 19
ottobre 1859 fu professore nella Università di Genova, dove ricoprì anche la carica di Rettore. Morì a Firenze il 1 novembre 1914, quasi centenario.
Angelo Genocchi era nato a Piacenza il 15 marzo 1817 (coetaneo quindi di Tardy)
e si era laureato in Legge nel 1838, iniziando a insegnare Diritto nella stessa città:
nel 1848, al ritorno delle truppe austriache a Piacenza, era fuggito a Torino, dove,
dal 1849, aveva cominciato a studiare matematica con Plana e Chiò e nel 1857
aveva cominciato a insegnare Algebra, ottenendo la relativa cattedra nel 1859. Dal
1861 iniziò a insegnare Analisi nella stessa università ed ebbe tra i suoi allievi
Giuseppe Peano. Morì a Torino il 7 marzo 1889.
Passiamo alla giovane generazione, e in particolare al gruppo facente capo
all’Università di Pavia, che costituì certamente il centro propulsore della rinascita
matematica nazionale.
Francesco Brioschi era nato a Milano il 22 dicembre 1824 e si era laureato a Pavia
nel 1845 con Francesco Bordoni. Dopo avere partecipato ai moti milanesi ed essere
per questo stato tenuto lontano per qualche anno dall’insegnamento, nel 1852 era
divenuto professore di Meccanica Applicata sempre nell’Università di Pavia. Nel
1854 aveva pubblicato il libro sui Determinanti che nel 1856 era stato tradotto in
francese e tedesco, dandogli estesa fama europea. Sono del 1858 i suoi primi lavori
sulla soluzione delle equazioni di quinto grado tramite funzioni ellittiche, lavori
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che lo avrebbero messo in stretta relazione con Hermite che, come abbiamo visto,
ammirava tanto. Del 1863 è la fondazione dell’Istituto Tecnico Superiore
(Politecnico) a Milano. Si tratta della più importante iniziativa messa in opera da
questo gruppo di matematici per la modernizzazione delle strutture nazionali. Il
Politecnico avrà enorme influenza nello sviluppo dell’industria italiana. Vale la
pena riflettere che tra le caratteristiche di questo gruppo di matematici va posta la
stretta connessione tra ricerca pura, cui sono dedicati i principali lavori di tutti, e
ricerca applicata, cui Brioschi dedicò gran parte delle sue capacità organizzative.
Nel 1865 divenne Senatore del Regno e nel 1884 Presidente dell’Accademia dei
Lincei, assommando in sé un enorme numero di cariche di grande prestigio. Nel
1888 presentò la soluzione delle equazioni di sesto grado con le funzioni iperellittiche (Grande et belle découverte qui a été le couronnement de la carrière mathématique de Brioschi, secondo Hermite).
Luigi Cremona fa anch’egli parte di quella che io chiamo la Pavia Connection. Era
nato a Pavia il 7 dicembre 1830. Come si è visto nel 1848/49, appena diciottenne,
aveva partecipato alla difesa di Venezia. Tornato in patria si era laureato a Pavia nel
1854. Dopo alcuni anni nell’insegnamento medio, era divenuto, nel 1860, professore di Geometria Superiore a Bologna. Sono del 1863 i suoi primi lavori sulle
trasformazioni birazionali che gli diedero ampia fama internazionale, che fu consacrata nel 1866 dalla vittoria del premio Steiner, uno dei più prestigiosi dell’epoca.
Nel 1866 fu chiamato da Brioschi quale professore di Geometria al Politecnico di
Milano. Nel 1873 si trasferì a Roma, divenendo direttore della scuola di Ingegneria.
Dal 1879 fu Senatore nel Parlamento Italiano e nel 1898 fu Ministro della Pubblica
Istruzione (per 1 mese soltanto). Morì a Roma il 10 giugno 1903.
Eugenio Beltrami era nato a Cremona il 16 novembre 1835 e aveva intrapreso gli
studi di matematica a Pavia, ma li aveva poi abbandonati nel 1856. Malgrado non
avesse conseguito la laurea, venne chiamato nel 1862 come professore di Algebra
a Bologna. Fu poi professore a Pisa, ancora a Bologna, Roma, Pavia, Roma di
nuovo, mostrando la sua notevole inquietudine. Nel 1868 scrisse il suo famoso articolo sulla geometria iperbolica, che tagliò gran parte delle polemiche sulla validità
delle geometrie non euclidee. Nel 1897 divenne Presidente dell’Accademia dei
Lincei e, nel 1899, Senatore. Morì a Roma il 16 novembre 1900.
Felice Casorati, ancora un pavese, e il più giovane di tutti. Aveva 22 anni quando
iniziò il viaggio in Europa con Betti e Brioschi. Infatti era nato a Pavia il 17 dicembre 1835 e si era laureato in quella università nel 1856, divenendo professore nel
1859 (a 23 anni). Tra i suoi risultati importanti è lo sviluppo delle idee di Riemann
sulle funzioni di variabile complessa, che vennero poi sistemate per esteso in un
libro, apparso nel 1868, che avrebbe avuto grande influenza su tutta la nuova generazione di matematici italiani. A differenza degli altri, Casorati trascorse tutta la
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sua vita accademica nell’università pavese. Nella sua città natale morì l’11 settembre 1890.
Altri giovani protagonisti della grande stagione della matematica italiana si trovano
in due altre sedi, Pisa e Napoli.
Enrico Betti è il principale rappresentante della scuola matematica pisana che avrà
poi grandi protagonisti come Volterra, Bianchi, Enriques, Ricci, ecc. Era nato a
Pistoia il 21 ottobre 1823 e si era laureato a Pisa nel 1846; come abbiamo visto, nel
1848 aveva partecipato alla battaglia di Curtatone come volontario. Dal 1857 era
divenuto professore all’università di Pisa e, nel 1865, direttore della Scuola
Normale, contribuendo in modo decisivo a farne quella scuola di eccellenza che
sarà una vera e propria fucina di ricercatori matematici di alto livello. Nel periodo
unitario proseguì il suo impegno politico divenendo Deputato al Parlamento italiano nel 1866 e Senatore nel 1884. Morì a Pisa l’11 agosto 1892.
Giuseppe Battaglini, napoletano, era nato l’11 gennaio 1826. Emarginato dall’accademia a causa delle sue idee politiche, nel 1860 era stato nominato da Garibaldi
professore di Geometria Superiore. Nel 1863 fondò il Giornale di Matematiche che
in breve divenne uno strumento fondamentale di diffusione delle geometrie non
euclidee (anche il saggio di Beltrami apparve in questa rivista). Nel 1871 divenne
professore a Roma, tornando a Napoli nel 1885. Morì nella sua città natale il 29
aprile 1894.
Come si vede, si tratta di un gruppo di matematici che, negli anni che ci interessano, sono giovani e, in alcuni casi, giovanissimi. Come tali, essi sono attratti
decisamente dai settori più all’avanguardia nel quadro della matematica europea.
Cito solo qualche esempio, senza ovviamente entrare in alcuno dei dettagli tecnici:
Betti è tra i primi in Europa a cogliere il significato rivoluzionario delle teorie di
Galois e a impegnarsi a fondo nel tentativo di chiarirlo anche a una cerchia di specialisti; è ancora lo stesso Betti, seguito poi da Beltrami e Casorati, a cogliere lo
spirito innovatore della visione di Riemann relativamente alle funzioni di variabile
complessa; sarà Brioschi a cogliere la profonda relazione tra algebra e analisi, utilizzando le funzioni iperellittiche per risolvere le equazioni di sesto grado; sarà
invece Cremona, cogliendo appieno la visione geometrica di Plücker e Möbius, a
introdurre le trasformazioni che portano il suo nome e che avrebbero segnato una
svolta profonda nella geometria algebrica. Sarà poi Battaglini a farsi instancabile
propugnatore delle geometrie non euclidee.
A questo proposito, il contributo di Beltrami appare realmente determinante nel
cambiare a fondo il modo stesso di vedere la geometria. Riassumo brevemente - per
coglierne lo spirito innovatore - l’idea di Beltrami di modello di geometria iperbo43
lica (quello che si chiama appunto modello di Beltrami). Lavorando non più sul
piano come noi lo concepiamo, ma su di una superficie e precisamente sulla pseudosfera, Beltrami stabilisce un vocabolario che schematicamente si può riferire
così: “piano - superficie della pseudosfera”, “retta - geodetica (cioè linea di minor
lunghezza tra due punti)”, “misura dell’angolo - misura dell’angolo tra le tangenti
alle geodetiche", ecc. In questo modo si viene a creare una geometria in cui i postulati della geometria euclidea valgono tutti, escluso il postulato delle parallele.
Beltrami così prova che il postulato delle parallele non può essere dimostrato partendo dagli altri (come avevano inutilmente tentato moltissimi matematici per due
millenni). Ma il prezzo che si era dovuto pagare era quello di spezzare il “cordone
ombelicale” che teneva legata la geometria allo spazio fisico. La geometria sarà in
grado, interpretando in modi via via diversi il significato delle parole “retta”,
“punto”, “distanza”, ecc., di costruire modelli differenti, tutti coerenti, mentre il
problema della geometria dello spazio fisico sarà concepito come nettamente distinto. Sarà un processo di astrazione che verrà portato a compimento alla fine del
secolo (trent’anni dopo!) da Hilbert e che diverrà la base costitutiva non solo della
matematica del Novecento, ma anche del nuovo modo di pensare dei fisici. Basti
pensare allo spazio-tempo di Einstein che non ha nulla a che vedere con quello
euclideo-newtoniano.
Avere spezzato i vincoli non tanto con la realtà, quanto con la percezione immediata, permetterà ai matematici italiani ed europei di percorrere strade del tutto
nuove, sviluppando la loro immaginazione nella direzione di spazi sempre più
astratti, anche a più di tre dimensioni, spazi che vanno sempre più affermandosi
come strumenti necessari per una più profonda comprensione della realtà che ci circonda. Voglio chiudere questa parentesi con la citazione da una lettera di Beltrami
a Helmoltz del 1869:
L’insieme delle mie deduzioni riposa sulla rappresentazione delle
superfici attraverso la formula di Gauss. […] Ora, con questo metodo,
i rapporti tra la superficie e lo spazio ambiente sfuggono del tutto: la
superficie è considerata in sé stessa, proprio come lo sarebbe da un
essere che non avesse il senso delle tre dimensioni.
Più tardi, nel 1873, nel corso di una conferenza, Casorati:
Imaginiamo (con Gauss, Helmholtz, e Beltrami), poiché logicamente il
possiamo, degli esseri intelligenti i quali vivano, si muovano in una
superficie, abbiano, direi, un corpo di due dimensioni e percepiscano
soltanto cose che si trovano nella superficie e siano insomma affatto
insensibili a tutto ciò che possa esservi fuori della medesima.
Questa serie di immagini di essere piatti, che vivono e si muovono su superfici bidi44
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mensionali di forma diversa, servivano a chiarire sempre più la relazione esistente
tra la percezione del mondo visto dall’esterno (per esempio si pensi la superficie
terrestre vista da un satellite) e quella del mondo visto dall’interno di essa, come
potrebbe fare un essere costretto a strisciare su di essa. Questo tipo di immaginazione, all’epoca molto al di là delle più sfrenate immagini fantascientifiche1,
servirà a chiarire sempre più i rapporti tra geometria (reale o immaginaria che sia)
e mondo reale. Sarà solo nel secolo successivo, soprattutto ad opera di Einstein, che
i fisici utilizzeranno questo tipo di considerazioni per chiarire il significato delle
nuove teorie che si andavano allontanando sempre più dal cosiddetto senso
comune2.
Ho voluto dare l’idea, attraverso un esempio (uno tra i molti altri), del fatto che i
matematici dei quali ho parlato non erano soltanto giovani di età, ma giovani nel
senso più profondo del termine, cioè disponibili a sviluppare nuove idee e nuovi
punti di vista, aprendo la strada a nuove concezioni e in fin dei conti a un nuovo
modo di intendere la matematica.
Era questo in effetti lo spirito che guidava una buona parte degli intellettuali italiani nei primissimi anni successivi all’unità. Anche in questo caso mi limiterò a
portare un solo esempio, quello del rinnovamento dell’Università di Bologna. Tra
il 1860 e il 1862, insieme a Luigi Cremona veniva in effetti chiamato alla cattedra
in quella università un manipolo di giovani e talvolta giovanissimi, tutti destinati a
lasciare profonda traccia di sé e a innovare profondamente il proprio campo di
intervento. Do qui un rapido elenco di questi studiosi: penso che esso possa suggerire del concetto di rinnovamento un’idea più profonda di quella fornita da tante
parole. Sono quelli che io chiamo i Mamiani boys, dal nome dell’allora ministro
della pubblica istruzione Terenzio Mamiani, alla cui audacia intellettuale l’Italia di
quegli anni deve tanto.
Ecco il loro elenco: Luigi Cremona (1830-1903), professore di Geometria
Superiore, 30 anni; Giosuè Carducci (1835-1910), professore di Italiano, 25 anni;
Francesco Magni (1828-1887), professore di Clinica Oculistica, poi Rettore
dell’Università di Bologna, allora 32 anni; Emilio Teza (1831-1912), grande glottologo particolarmente esperto in sanscrito, allora ventinovenne; Giambattista
1 In effetti solo negli anni ’80 i romanzieri cominceranno a percepire la potenza evocativa
della possibile invenzione di mondi a più dimensioni. Il più famoso romanzo che si muove
in questo senso, Flatland di Abbott, è del 1884.
2 In realtà il processo è molto più antico. Per non parlare dei Greci, basti pensare al Sogno
di Keplero, nel quale egli immagina come ipotetici abitanti della luna percepirebbero l’universo e in particolare la terra.
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Gandino (1827-1905) autore dei più importanti manuali per l’insegnamento del
latino e professore di quella lingua, 33 anni; Pietro Ellero (1833-1933) filosofo del
diritto, accanito propugnatore dell’abolizione della pena di morte, allora ventisettenne; Eugenio Beltrami (1835-1900), 25 anni, di cui abbiamo già parlato;
Francesco Fiorentino (1834-1884) filosofo sui cui libri studiò Giovanni Gentile, 26
anni.
Vorrei qui sottolineare come la nascita del gruppo di matematici non sia frutto del
caso. Esso è anche conseguenza di una politica coraggiosa di svecchiamento delle
strutture accademiche, che caratterizzò i primi anni della politica unitaria.
Tornando alla matematica, possiamo in sintesi dire che gli sforzi di questo gruppo
ebbero pieno successo. Nel brevissimo volgere di dieci anni, la matematica italiana
che nella prima metà del secolo XIX era rimasta in posizione del tutto periferica
nel quadro della matematica europea, aveva acquisito una posizione di primo
piano. Se ne accorsero i matematici europei come è testimoniato da questa lettera,
del 1870, tra due matematici francesi, scritta da Gaston Darboux a Jules Houel3:
Io credo che se continua così gli italiani ci supereranno presto. Così
cerchiamo, con il nostro Bulletin, di risvegliare questo sacro fuoco e
far capire ai francesi che vi sono cose al mondo delle quali non si
sanno dotare e che se noi siamo sempre la Grrrandenazione [sic!],
all’estero nessuno se ne accorge.
I segni della posizione di prestigio raggiunta, in campo europeo, dalla comunità
matematica italiana nella seconda metà del secolo, e nei primi anni del successivo
sono molteplici. Quando alla fine del secolo iniziarono i congressi internazionali,
dopo quello inaugurale di Zurigo (1897), e quelli di Parigi (1900), e di Heidelberg
(1904), la sede prescelta per quello del 1908 fu Roma. Così l’Italia veniva individuata come la terza “potenza” matematica, dopo la Francia e la Germania, in
campo mondiale. Oramai la generazione protagonista di questo “miracolo” era per
la gran parte scomparsa, ma i loro allievi dominavano la scena mondiale.
Voglio ora concludere presentando un altro frutto maturo della grande stagione
della matematica risorgimentale: il Circolo Matematico di Palermo. Nato nel 1884,
sotto la guida di un allievo di Cremona, Giovan Battista Guccia, il Circolo di
3 Je crois que si cela continue les Italiens nous dépasseront avant peu. Aussi tâchons avec
notre Bulletin de réveiller ce feu sacré et faire comprendre aux français qu'il y a un tas de
choses dans le monde dont ils ne se doutent pas, et que si nous sommes toujours la Grrrande
nation, on ne s'en aperçoit guère à l'étranger.
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Il Risorgimento e la rinascita della matematica italiana...
Palermo si impose nel giro di un trentennio come la più importante associazione
internazionale di matematici. Mi limito al solito a fornire qualche dato che possa
dare un’idea della portata di tale affermazione, senza entrare nei dettagli.
Comincio dalla composizione del Circolo. Non soltanto, con i suoi 924 soci, nel
1914 era di gran lunga il più grande del mondo, ma la sua composizione era la sola
realmente internazionale. Infatti i soci erano così distribuiti: 306 erano italiani (cioè
il 33,4%), mentre la gran maggioranza, 618 (il 66,6%) era formata da stranieri. Tra
questi i più numerosi erano i tedeschi (140) e gli americani (140, come i tedeschi);
venivano poi gli austriaci (77), i francesi (67), e via via tutti gli altri con rappresentanze praticamente in tutti i paesi europei.
Ma oltre alla quantità è anche la qualità ad essere impressionante. Se si guarda al
direttivo del 1909 abbiamo: 15 italiani: G. Bagnera (Palermo), M. De Franchis
(Catania), C. Segre e C. Somigliana (Torino), G. Loria (Genova), G. Vivanti
(Pavia), T. Levi-Civita e F. Severi (Padova), F. Enriques e S. Pincherle (Bologna),
E. Bertini, L. Bianchi e U. Dini (Pisa), R. Marcolongo ed E. Pascal (Napoli); 5
francesi: É. Borel, J. Hadamard, G. Humbert, É. Picard e H. Poincaré (Parigi); 6
tedeschi: D. Hilbert, E. Landau e F. Klein (Göttingen), C. Caratheodory
(Hannover), M. Noether (Erlangen), P. Stæckel (Karlsruhe); 2 inglesi: A. R.
Forsyth (Cambridge) e A. Love (Oxford); 3 austriaci: L. Fejer (Koloszovar Ungheria, allora facente parte dell’impero austro-ungarico), F. Mertens e W.
Wirtinger (Vienna); 2 dagli U.S.A.: E. H. Moore (Chicago) e W. Osgood
(Cambridge-Mass); 2 russi: A. Liapunov e A. Steklov (S. Pietroburgo); 2 svedesi:
E. I. Fredholm e G. Mittag-Leffler (Stoccolma); un greco: Stéphanos (Atene); un
belga: C. J. de la Vallée Poussin (Lovanio); un danese: H. G. Zeuthen
(Copenhagen).
Come si vede, un impressionante schieramento internazionale, un vero Almanacco
di Gotha delle matematiche dell’inizio del secolo XX, da Hibert a Poincaré ai più
giovani Landau e Fredholm. La dice lunga sul carattere internazionale e tutt’altro
che localista del Circolo il fatto che l’università più rappresentata fosse non italiana, ma quella di Parigi e che solo un componente del direttivo fosse palermitano.
Un confronto tra le maggiori associazioni matematiche internazionali può confermare la posizione di assoluto primato assunta dal Circolo. Abbiamo infatti in testa,
appunto, il Circolo, con 924 soci (dati del 1914) a seguire con ampio distacco la
prestigiosa associazione tedesca, la Deutsche Mathematiker Vereinigung con 769
soci, l’American Mathematical Society (oggi la più importante del mondo) con
703, la London Mathematical Society con 320 e la Société Mathématique de
France con 298.
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Questo breve excursus si propone di dare la sensazione del fatto che, nel breve
volgere di un paio di generazioni, un gruppo di giovani, spinti da motivazioni di
ordine sia scientifico che patriottico, riuscirono nel “miracolo” di portare la scienza italiana (soprattutto la matematica, ma anche, in misura diversa, la chimica e la
fisica) da una posizione periferica a una di primissima avanguardia su scala mondiale. Questo straordinario risultato fu dovuto alle spiccatissime doti intellettuali
dei protagonisti, ma anche ad una politica di incentivazione della ricerca scientifica portata avanti con grande lucidità da vari governi succedutisi dopo il 1860,
pur travagliati da gravissime ristrettezze economiche. Almeno sul fronte della
ricerca scientifica l’unità d’Italia costituì la base necessaria per l’inserimento del
nostro paese, con piena dignità, nel contesto dei più avanzati paesi europei.
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Il Risorgimento e la rinascita della matematica italiana...
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