IMPAGINATO BASILICA.qxp - Parrocchia San Leone | Assoro
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IMPAGINATO BASILICA.qxp - Parrocchia San Leone | Assoro
1 2 Don Giovanni Gnolfo S.D.B. BASILICA SAN LEONE ASSORO a cura di G. Nigrelli 3 4 Al Rev. Luigi Ragusa nel XXV di Sacerdozio e I anno di Parrocato assorino La Provvidenza ha voluto che, dopo 70 anni, io potessi celebrare il mio 84” compleanno nella mia cara Assoro; Lei, gentilmente e affettuosamente, fece coincidere il mio compleanno con le solenni celebrazioni centenarie di Don Bosco Santo a cui dedicai la mia vita (in Italia e nelle Missioni) fin dal 1920. Come ringraziarla del tono “salesiano” che Ella ha impresso già nella Sua Parrocchia, dandole l’ardore giovanile ed il timbro Eucaristico-Mariano-Papale tanto caro a Don Bosco Santo? Quod habeo libi do: poche note e disadorne note sulla Storia della Basilica assorina Ogni pietra di questo “Monumento Nazionale” è cementata da gioie e dolori di tantissimi Sacerdoti e Parroci a cui ora Lei succede. Con l’augurio che Ella continui l’opera indefessa dotta e pia di questi predecessori, sotto lo sguardo benigno dell’AUSILIATRICE; nella speranza che sorga presto, per opera Sua l’avita chiesa dell’ “Aiuto” le cui radici affondano, forse nei millenni prima di Cristo. Questo è l’augurio e il voto Don Gnotfo Giovanni salesiano 5 6 7 8 PREFAZIONE Le seguenti notizie sulla storia della Basilica di San Leone di Assoro sono tratte dal vasto repertorio di appunti, documenti, indagini, etc., che il rev. p. Giovanni Gnolfo è andato raccogliendo e preservando nell’arco di tanti decenni. Nonostante il missionario assorino abbia trascorso la sua esistenza sostanzialmente fuori della città natale, seguendo la lunga strada della sua vocazione che lo ha condotto nelle più svariate sedi d’Italia e del Mediterraneo con un lungo periodo (1925-52) in Israele, Egitto, Turchia, possiamo ben dire che non c’è mai stato un altro cittadino di Assoro che abbia come lui seguito le vicende della sua terra così intensamente da conoscere a fondo, - per quanto è umanamente possibile conoscere sulla base dei dati acquisiti - ogni momento della sua lunghissima storia, ogni aspetto della sua civiltà, ogni reperto archeologico, bibliografico, documentano, agiografico, leggendario. Egli ha rivissuto profondamente, con amore e pietà filiale, la storia plurimillenaria della sua Assoro, cercando in tutti i modi di strapparne i vari brandelli all’oblio e affidarne la memoria ai posteri. Tutto il materiale reperibile del comprensorio assorino ha egli esaminato, studiato, documentato; tutti gli scritti dell’archivio della Basilica ha sapientemente e pazientemente interpretato, trascritto e tradotto, impiegando i suoi brevi soggiorni in patria nella frenetica ricerca di dati archeologici, artistici, archivistici esistenti anche nei centri vicini. E quanti sono stati i dispiaceri nel constatare l’insipienza e il disamore per le cose patrie per cui tanto patrimonio viene trascurato, ignorato, disperso. Molto materiale vedeva, tra un ritorno e l’altro al suo paese, scomparire o rovinare inesorabilmente. Molti documenti d’archivio, da lui precedentemente esaminati e trascritti, sono andati smarriti o d’istrutti, per cui la sua paziente cura di recupero 9 appare oltremodo meritevole e di fondamentale importanza per gli studi futuri sulla storia di Assoro. Spesso la sua memoria prodigiosa e sempre lucida ha finito con l’essere l’unico sostegno di tanti documenti e notizie per cui i suoi conversari si sono sempre rivelati una fonte inesauribile di informazioni. Di tutto quanto riguarda la storia della sua città, l’ottuagenario sacerdote ha fatto incetta in una messe enorme di appunti, notizie, stralci, progetti, etc. che, a causa della sua vita errabonda, non ha potuto mai organizzare in una sistematica trattazione. La presente pubblicazione sulla storia del massimo tempio assorino non poteva non trovare una paternità più adeguata di quella di p. Gnolfo. L’antico monumento è stato infatti, quasi per tutto l’attuale secolo, analizzato e studiato in tutte le sue vicissitudini, nella sua architettura, nel suo ricco patrimonio artistico, in tutti gli aspetti molteplici della sua storia di ottocento anni, per cui si può dire che non c’è pietra o vicenda della complessa fabbrica che sia sfuggita alle sue attenzioni. Tutto quanto egli è andato raccogliendo sulla storia della Basilica, attingendo a tutte le fonti possibili (da Assoro a Enna, a Palermo, a Roma), costituisce una gran mole di dati, appunti, notizie, curiosità etc., che solo qualche anno fa, quando, nonostante l’età avanzata, era ancora gagliardo e resistente, avrebbero potuto dar luogo ad una robusta trattazione sistematica, ampia ed esaustiva. Si è inteso con questa pubblicazione estrarre, sia pure con notevoli difficoltà, un quadro sintetico che fornisse le informazioni essenziali sulle vicende storiche, religiose, civili, artistiche del monumento sacro per il quale si va intensificando sempre più l’attenzione degli studiosi e dei turisti. Novembre 1989 Giuseppe Nigrelli N.B. La trascrizione, delle varie scritte con la loro traduzione a parte quella della cena, la criptografia della cancellata di ferro e quelle degli intercolumni, è stata curala da Q. Nigrelli. 10 PREMESSA In epoca normanna (sec. XII) Assoro fu città demaniale, appannaggio diretto della principessa Costanza. Dopo il sisma del 1166 la vecchia città (che sorgeva sul costone “Rjtu-Sjggiu”) si spostava sempre più sul monte la Stella ed era quindi logico che si pensasse a costruirvi anche una chiesa. L’inizio del nuovo tempio, ora Basilica, coincide con l’anno in cui la principessa Costanza, Patrona di Assoro, sposa l’imperatore tedesco Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa (1186). La nuova chiesa assorina può considerarsi un vero dono di nozze: “bollivata” degli assonni alla loro principessa imperiale e regalo principesco della nuova imperatrice. La prima parrocchia di Assoro (Santu Pietru) era stata, fin dal V secolo, al centro della vecchia città, sita nell’attuale via Borgo. Essa continuò le sue funzioni parrocchiali sino al 1492: allora S. Leone fu ingrandita, dichiarata parrocchia ed agli inizi del “500 fu consacrata Basilica In essa dobbiamo distinguere tre periodi differenti: 1° Costruzione: 1186 in puro stile “gotico-siciliano”. 2° Ingrandimento: 1486-1490 con apporti rinascimentali e catalani. 3° Ristrutturazione: dopo il sisma del 11/1/1693, baroccheggiante con stucchi serpottiani. 11 12 IL PRIMO S. LEONE II primitivo tempio dovette avere soltanto le tre navate, con proporzioni 2:1 ed il transetto, senza le alette: cappelle attuali del Sacro Cuore e S. Leone. Esso doveva avere finestre gotiche, ma l’altezza non doveva avere l’odierna ascensionalità. Le pareti perimetrali erano ad archi incrociati, di cui restano vestigia, visibili fra i gradini del transetto e gli altari di S. Giuseppe e S. Petronilla. Forse l’attuale torre campanaria appartiene a questa prima costruzione, almeno fino alla prima meridiana, con qualche piano di coronamento rientrante (come a Monreale) abolito nella ristrutturazione di fine ‘400. Al primo sguardo la basilica si manifesta di stile gotico-siciliano (reminiscenza e sintesi di goticismo nordico ed arabismo orientale). Lo stile ci riporta ai grandi monumenti del XII sec.: Cefalù, Mazzara, Monreale, Palermo. E’ specialmente a queste due ultime città che bisogna riferirsi nella lettura del S. Leone. Un prezioso documento ce ne svela il mistero: il Sovrano chiamò da Assoro un gruppo di “16 burgenses e 40 Villani” per la costruzione del Duomo di Monreale (Tabul. Eccl. Monreg.; notizia confermata dal Piazza: cfr. Arch. Carmelitani Scalzi, Roma: reg. Assoro)1. 1 Chi erano questi “borghesi e villani?” Si tratta di discendenti di quei prigionieri rimasti in Sicilia dopo la cacciata dei Saraceni: potevano essere maestranze anche di alto livello intellettuale, ridotti, secondo lo stile del tempo, allo stato di schiavitù, alcuni dei quali obbligati a stare nelle diverse “Ville” (casali) dipendenti da Assoro. Che Assoro sia stata soggiorno obbligato di saraceni rimasti in Sicilia lo sappiamo da un altro documento (Amari, Bibl. Arabo-Sicula, 1,127). Re Ruggero II affidò al Visconte Arnaldo un dato numero di prigionieri “saraceni” da custodire in soggiorno obbligato nel territorio ‘Ha-sari’. Credo che sede unica di questi saraceni prigionieri sia stato il casale di “S.Giorgio”, già abitato dalla tribù araba dei ‘Banuh”: nome molto diffuso anche in altre parti dell’isola (Amari, Storia dei Muss. in Sicilia, Cat. 1927). Il documento del “Tabularium” da noi citato, parla infatti della zona “Georg”. Saranno state queste maestranze medesime, prelevate da Assoro, a riportare nella terra natia gli schemi architettonici della capitale (Monreale-Palermo). 13 Il confronto stilistico del S. Leone Assorino va fatto, specialmente, con la cappella Palatina di Palermo, di cui la Basilica ha identici stilemi e quasi identiche misure. Esse erano entrambe “Cappelle Palatine”, tanto è vero che le decime di quella assorina furono dal re normanno assegnate all’arcivescovo di Monreale2. Come tutte le chiese dopo il mille, il S. Leone assorino è orientato da est ad ovest; così il sole, simbolo del Cristo, è presente dal sorgere al tramonto, inondando la chiesa di luce, che penetra dai tre finestroni rotondi, due nell’abside centrale ed uno sulla porta maggiore. La pianta primitiva fu un vero ”T”; croce latina senza le alette, forse con tre nicchie nella parete absidale ove poggiavano tre altari; quello centrale, ancora esistente e due laterali. Fra il piano inferiore delle “navate” ed il “transetto” correva un divisorio ligneo l’immancabile “Iconostasi” di origine bizantina di cui si ha notizia anche dopo la ristrutturazione di fine ‘400. Questo divisorio che, secondo l’uso orientale, nascondeva il Mistero ai fedeli (indegni di vedere il volto di Dio), rimase nel cuore dei credenti, educati dal liturgismo orientale; tanto è vero che, quando il divisorio fu distrutto dal sisma dell’11 gennaio 1693, l’iconostasi fu sostituita da un lungo e largo telone istoriato (a tileddra); essa pendeva dall’arco trionfale del Coro e fu usata fin quasi la metà del secolo presente. Gli assonni poterono ammirarla di nuovo nel Natale dell’anno 1988 esposta alla fruizione del pubblico presso l’aula del consiglio comunale. Appartengono a quest’epoca primitiva le graziose sculture che sorreggono l’altare maggiore; tre statue a tutto tondo in perfetto stile “gotico” rinserrate in altrettanti picchiotti, con vesti pieghettate e fasce a tracolla su cui vi era qualche didascalia ora completamente cancellata: si tratta dei Re Magi o di tre Profeti? Forse anche in questa chiesa antica l’ingresso era sul lato lungo, a sud come a Monreale; essa potrebbe essere quell’arco gotizzante, nella parte sud-est della navatella meridionale (fra i gradini del transetto e l’altare di S.Giuseppe). A fine ‘400, quest’ingresso fu sostituito da un grazioso por- 14 tale di stile “catalano”, secondo la moda del tempo; con ghiere profonde e luminose sporgenze d’effetto coloristico quando il portale è illuminato. Tutta la Basilica è una sintesi armoniosa d’oriente bizantino, d’occidente latino, d’influssi normanni nordici e di reminescenze meridionali (di Sicilia, Catalogna e mondo saraceno). La Basilica assorina, come tutta la Storia di Sicilia, è lo specchio di tutte le civiltà sintesi di tutte le Arti. 2 La decima assonna, ricordata fin dall’epoca di Dionigi di Siracusa (397 A.C.) fu continuata in epoca romana II re l’assegnò a Monreale; a fine ‘400 ritornò alla matrice di Assoro. 15 RISTRUTTURAZIONE I conti Valguarnera (venuti in Assoro dalla Catalogna nel 1397),dopo avere abitato il turrito Castello3, s’erano costruito un edificio, ancora oggi chiamato il “Palazzo” per antonomasia. Accanto la loro nuova dimora, il conte Giovanni Valguarnera (1491) pensò di erigere anche un meraviglioso “Palazzo” per il Signore. Ma invece di costruire una chiesa del tutto nuova, si pensò di ingrandire la Chiesa di S. Leone, ormai, di tre secoli. Iniziata nel 1486, nel suo terzo centenario di vita, la nuova chiesa era già ultimata nel 1490. Un’iscrizione su una trave della navata centrale ci dice anche chi fu il benefattore del soffitto ligneo, con travi arabescate e dipinte, secondo la tradizione “saracena”: “LULEGATU DI RUGGERU DI ROCCA NI ACCAPTAU, VIVAI ANIMA EIUS” il legato (lasciato) di Ruggero di Rocca ci comprò, la sua anima viva in Dio. Su una seconda trave vi è anche la data: MCCCCLXXXX ‘(1490) Quello stesso anno la grandiosa Basilica veniva dichiarata 16 “Parrocchia”, anche se il fonte battesimale, commissionato al più grande scultore siciliano (Antonello Gagini) sarà posto nel Battistero solo nel 1514 (data incisa sullo stesso: MCCCCCXIIII). I soffitti delle navate laterali hanno una copertura semplice in legname ed anch’esse hanno la didascalia in ricordo dei loro benefattori: NAVATELLASUD: “Co (n) fratria S.Marci (confraternita di S.Marco, esistente nella chiesa omonima accanto a quella di S.Petronilla attuale Cam-posanto. NAVATELLAEST: “Co (n) fratria S.Petri (confraternita di S.Pietro nella chiesa omonima, presso la parrocchia al Borgo.4 I NUOVI ELEMENTI ARCHITETTONICI Internamente il piano inferiore de! “naos’e quello superiore del transetto rimasero come nella vecchia costruzione. Data la nuova altezza di tutto l’edificio, il transetto ebbe, al centro, due altissime colonne che lo resero doppio. Inoltre, ai suoi lati, si aprirono le “alette” sul cui arco di ingresso ( romanico e non più gotizzante) furono aperte due finestre “bifore” oscurate nel 700, ma visibili dai tetti morti delle cappelle-alette. 3 Costruito all’epoca di Federico II (1250), esso fu dimora degli Uberò, discendenti del Farinata Ma nel 1351 il turrito castello fu sbrecciato dagli assonni contro le prepotenze del conte Scalerò. Da allora in poi andò sempre più in rovina. 4 Quest’ultima trave, che dal 700 serrasse l’organo, ora trovasi sul campanile, portatevi dopo gli eventi bellici del 1344, che, oltre all’organo, distrussero il pulpito. 17 Anche il doppio transetto ebbe soffitto a travatura, come la nave centrale, ma i suoi travi non furono né arabescati né dipinti. In un piano superiore al transetto fu creato il “coro” triabsidato. Il suo soffitto, come pure quello delle alette e dei sucessivi ingrottamenti non hanno travatura alcuna, ma scandito a multiple vele; queste hanno costoloni che si incrociano in una caratteristica chiave di volta (“ganglio” pedulo poligonale con stemmi di vario genere). Ancora in un piano superiore, dietro le absidi, corre il “deambulatorio”, sulla cui porta intema sud è incisa la data: 1531. A questa data erano quindi funzionanti gli ingrottamenti praticati nella parete orientale delle “alette”; attuale cappella “paolottaeMaterGratiae”. Verso il 1570, l’ingrottamento settendrionale sarà prolungato ancora, per creare il “Cappellone del SS. Crocifisso”. Questa nuova cappella era già ultimata nel 1580, anno in cui in Assoro fu portato il detto simulacro. Fra gli ingrottamenti delle “alette” c’è una differenza in profondità; la differenza dovuta alla natura del terreno (più roccioso nella cappella “Paolotta”) o al fatto che la “canonica” (addossata trasversalmente al lato meridionale) sorse prima dell’ingrottamento? Noi sappiamo che la “canonica” era già in funzione, come laboratorio per gli operai nel 1531, (atti Not. Arch. St Enna). 18 ASCETISMO E SCENOGRAFIA Guardare la Basilica assonna dalla porta centrale è una visione indimenticabile: l’occhio è smarrito in un ascenzionismo che si perde nei due archi trionfali del transetto e del coro. Questi sono sostenuti da robusti pilastri in piani differenti. Al misticismo ascenzionale si congiunge un barocchismo scenografico: i diversi tre piani della Basilica (navate, transetto, coro) formano un vero campo teatrale ove, in passato, si recitavano veri “drammi sacri” e la liturgia sceneggiata vi trovava ampio respiro. Il conte Giovanni Valguamera, per i servizi resi al Re Ferdinando il Cattolico, ebbe la gioia di sapere che il figlio Giacomo (Jaime) èra stato proposto dal Sovrano a Vescovo di Malta. Così Mons. Giacomo successe alla sede maltese a Mons. Paterno trasferito alla sede arcivescovile di Palermo.5 II conte Giovanni non ebbe, però, la gioia di vedere consacrato il figlio nella dignità episcopale; quel conte palatino morì nel 1491, prima della consacrazione del figlio. La cerimonia di consacrazione, da parte di altri tre Vescovi, si svolse nella chiesa assonna di S.Leone, óra ingrandita ed abbellita (1495). Per l’occasione vennero in Assoro il Vescovo residenziale di Siracusa e due Vescovi “titolari”; gli stessi che ritorneranno qualche anno dopo per consacrare la chiesa con il grado di “BASILICA”. Il nuovo Vescovo assorino fu generoso con la chiesa del S. Leone; egli portò da Roma, vesti e arredi sacri di finissimo gusto, calici ed incensieri d’argento, uno in stile gotico. Fra gli altri oggetti, due alti candelieri di bronzo e il faldistorio6 in puro stile rinascimentale, unici avanzi di tanta sacra suppellettile del ‘500. Inoltre, resta ancora la cancellata di ferro con una curiosa epigra5 II Paterno era slato l’ultimo “Priore benedettino di Assoro”. 6 Faldistorio, seggio senza spalliera, a doppi braccioli, riservato a chi presiede una cerimonia liturgica. 19 feesornativa, formata da lettere greche e latine talvolta abbreviate. Eccola nella sua integrità con relativa spiegazione: M con V sovrapposta = Melitensis Valguarnera J = Jaimus P con sbarretta trasversale, in funzione di P latino R greca ed E latina = PRE SUL che congiunto con il precedente forma = PRESUL S rovesciata = SUA M = munificenza (a spese per munificenza) S capovolta = Sacravi! (consacrò) Altre due lettere a forma di 3 e di 6 credo siano il giorno e il mese. In ultimo altre quattro lettere a forma di 1 3 6 rovesciato ed S indicano la data 1496. (Giacomo Valguarnera Vescovo di Malta fece a sue spese. Consacrò il 3/6/1496). Nel 1499 fu consacrata la chiesa di S.Leone, elevata al grado di Basilica. Lo storico evento stato registrato in apposita pergamena (Arch. Basilica) e negli scudi apposti negli intercolunni della navata centrale. Le diverse didascalie sono state varie volte copiate e non sempre fedelmente. Noi diamo il testo delle attuali iscrizioni che risalgono a dopo il sisma dell’11/1/1693. 20 SINISTRA DESTRA TArco 21 Aprile De Andrea Episcopo Li falciense 2° Arco Gia+imo Valguarnera Dal+Matio Episcopo Siracusano 3° Arco MCC+CC ANTONIO MCCCC EPISCOPO LXXXXIX (illegibile) HIERACENSE 4° ARCO, furono rovinati per la sovrapposizione di organo (a nord) e pulpito (a sud) nel ‘700. Nei restauri del 1945, a destra nel 3° arco, fu apposto il nome del restauratore (Di Pasquale) e quello del parroco prevosto Grippaldi e dell’architetto Rosario Nicoletti (assorino) del Genio Civile di Palermo; il suo nome fu pure inciso nell’intradosso del primo arco trionfale. La facciata attuale della Basilica opera del 21 tardo ottocento dovuta al “pre-posito” G. Pantano che la rifece nel 1863 con conci della cava comunale .(angolo sud del Castello). Nell’occasione si pose la seguente iscrizione incisa sopra il portale. TEMPLUM VETUSTI) M / PROSPECTO HOC REAEDIFICATUM FUIT / ANNO DOMINI MDCCCLXIII L’antico tempio fu restaurato con questo prospetto nell’anno del Signore 1863 Lo stesso parroco fece la pavimentazione come attesta la lapide posta al centro di essa nella navata centrale. D. (eo) O. (ptimo) M. (assimo) MARMOREO HOC PAVIMENTUM MUNIFICENTIA ET EXPENSIS HUIUS COMUNIS ASSOPÌ DELIBERATIONECONSILIARIA PERACTA DIE SEPTIMAIULII MDCCCXCVIII IOSEPHO MARIA PANTANO PAROCHO POSTULANTE MANUFACTUM FUIT ANNO DOMINI MCM PASQUALE GALLORINI/COSTRUI’ A Dio ottimo massimo, questo pavimento marmoreo fatto generosamente a spese di questo comune di Assoro, su deliberazione del Consiglio comunale del 7 luglio 1898, in seguito alle richieste del parroco Giuseppe Maria Pantano, fu realizzato nell’anno del Signore 1900. 22 SCULTURE La Basilica iniziò la sua vita all’inizio del ‘500. In quel tempo grande scultore di Sicilia era Antonello Gagini che lasciò in Assoro diverse òpere. Ne diamo l’elenco in ordine cronologico: 1°SARCOFAGO del Conte “Palatino” (Giovanni Valguarnera 1491); trovasi intatto nella cappella del Camposante; esso poggia ancora su quattro cariati di PRUDENZA - GIUSTIZIA - FORTEZZA - TEMPERANZA. Poggia per terra come le tombe reali ed imperiali nel Duomo di Palermo. Erano pure così i sarcofagi della Basilica, oggi banalmente sorretti da spranghe di ferro. Delle cariatidi ne restano soltanto due, poste ad ornamento accanto al tabernacolo. Fino agli anni sessanta del nostro secolo altre due cariatidi ornavano l’ingresso dell’absidiola sud. 2 ° S A R C O FA GO del Vescovo G i a c o m o Valguarnera (abside centrale della basilica lato sud); il Vescovo giace sul sarcofago nei suoi paludamenti episcopali; al di sopra una dolce Madonna yeglia sul defunto (+1511). 23 Classicheggiante ed espressivo l’epitaffio: HOC ANTISTES YAJMUS VIRTUTUM CULMEN EGENUM CULTOR PRAECLARA MARMORE GENTE CUBAT. CUI (E) PISCOPI DOMINI WALGUARNERAE JAIMI MILLESIMO QUINGENTESIMO PRIMOQ (uè) RECESSIT SEPTIMA VIGESIMO MAJA NOTATA DIES In questo marmo giace il Vescovo GIAIMO, culmine di virtù, amico dei bisognosi, di illustre stirpe. A lui va l’epitaffio del reverendissimo e del Vescovo di Malta e Signore Yiamo Valguarnera. Morì nel 1501, il 27 maggio, giorno memorabile. 3° SARCOFAGO dei fratelli Ponzio e Vitale Valguarnera rispettivamente morti nel 1510 e nel 1513; anch’essi figli del citato conte palatino Giovanni Valguarnera. 24 L’epitaffio così recita: CONDUNTUR TUMULO GEMINO CORPORA FRATRUM VITÀLIS IUNIOR PONTIUS ALTER PONTIUS HIC PERII! QUANDO IBANT LUSTRA T (re) CENTA BINAQUE AUGUSTINO ET RITE DICATA DIES TERNUM POST ANNUM EST VITÀLIS LUMINE FUNCTUS MENSIS SEPTEMBRIS UNDECIMA DIE HIS LICET ANTE DIEM PROPERASSENT STAMINA PARCE FAMATAMENVALGUARNERASEMPERERIT In un doppio sepolcro sono accolte le salme dei fratelli, Vitale il più giovane e Ronzio. Qui Ronzio morì mentre correva l’anno, 1510, nel giorno dedicato, secondo il rito, a S. Agostino (28 agosto). Dopo tre anni Vitale fu sottratto alla luce del sole, 11 settembre. Seppur le Parche abbiano affrettato prematuramente i loro giórni, la fama dei Valguarnera resterà imperitura. 4° CONA MARMOREA: (1515) la data incisa nella fascia inferiore: ISTUD OPUS+CRISTIPOSTSAECULAQUINQUEDECEMQUETRINAQUELUSTRACTUM EST-SITQUE PERENNE PRECOR+REGENTE CLERO PE-TRO ET FRANCISCO STEFANO. Quest’opera fu scolpita dopo quindici secoli e tre lustri dopò Cristo (1515) mi auguro che resti perenne, reggeva il clero Pietro Panusio e Francesco Stefano. La predella della “Cona” chiusa fra due scene d’oltretomba: Inferno, Purgatorio con a centro gli stemmi della vecchia e nuova città (tre monti sormontati da un albero o da una stella) e quelli del 25 Vescovo e del Conte. Al piano superiore i santi cari ad Assoro: S. Leone Vescovo (titolare della basilica), S.Leone II, papa forse nativo di Assoro, S.Benedetto, in omaggio ai monaci benedettini che evangelizzarono la cittadina e S. Placido martire, figlio del senatore TERTULLO che donò la “villa” assonna all’ordine benedettino. Al centro di questi 4 eroi si innalza maestosa la Madonna “Libera Inferni” la Vergine tiene in mano una “melograna”, simbolo delle moltissime grazie che elargisce ai vivi ed ai defunti; dall’alto Essa guarda le anime del purgatorio che volgono a Lei lo sguardo supplichevole. Infine, dopo alcune formelle con scene evangeliche (Maddalena con profumi, soldati dormienti) in alto trionfa CRISTO RISORTO con bandiera spiegata. La statua attuale non sembra l’originale, sarà stata rifatta dopo il sisma del 1693. 26 5° SCULTURA Importantissima il Crocifisso d’impasto che ogni venerdì santo si porta in processione. Esso giunse in Assoro nel 1580 (cfr. atto costitutivo delta relativa confraternita dei nudi: Arch. Basilica). Chi ne fu l’autore? Il critico tedesco Kruft attribuisce il “Crocifisso” assorino ad Antonello Gagini. (Opus Gaginianum, 1982, Germania). L’insigne critico si basa soltanto sul confronto dell’opera assonna con quella identica di Alcamo; di sicura fattura di Antonello Gagini (resta l’atto di commissione: cfr. Di Marzo voi. Il I Ga-gini etc.). Ma come spiegare che il Crocifisso giunse in Assoro il 1580, mentre Antonello morì nel 1536? Per questo motivo io l’avevo assegnato al figlio di Antonello: Gian Domenico, che certamente fu in Assoro ove “locavit unam puellam” in servizio della moglie (atti not. 1534 arch. st. Enna). SI potrebbe pensare che fu in quell’occasione che gli commissionò la preziosa scultura d’impasto, due anni prima che morisse il padre che lavorava insieme al figlio. Sarebbero così spiegate le rassomiglianze stilistiche del Crocifisso assorino con quello di Alcamo. 27 Altri due imponenti sarcofagi, del secolo XVII, si trovano attualmente sistemati nel cappellone del SS.Crocifisso ma provenienti dalla chiesa agostiniana di piazza “Arcivu”. Entrambi riportano gli stemmi dei coniugi ivi sepolti G. Valguarnera (a sinistra) e Maria del Carretto (a destra), e le iscrizioni seguenti ne esaltano le virtù. D (eo) O(ptimo) M (aximo) O COMES, AETERNIS ALTUM DECUS ADDITE FLAMMIS QUI FIDO SERVAS IN LAPIDE HOC CINERES VOLVISSENT SEXCENTA REOR TISI SAECULA PENSIS FRACTURAE NUMQUAM TAM PIA FILA DEAE VERUNI LUNA FACES HASTAM ADMIRATUS ORION IURE DECUS CAELO TRAXIT UTERO (uè) SUUM IOSEPH VALGUARNERA ET LUNA IV (A) SSORI COM (es) V (ir) C (larus) DIANA LANZA ET CENTEGLIES MATER MAESTISS (ima) P.(osuit) VIXAN, (norum)XLII OBIJT KALENDIS APRILIS A (nno) D.(ornini) M D C X VIII A Dio Ottimo Massimo O conte, alto decoro aggiuto agli eterni splendori, che in questa amica lapide serbi le ceneri, se, credo, le Parche avessero continuato ad awolgere per secoli e secoli i fili (di tua vita), giammai ne avrebbero recisi di tanto amorevoli; ma, la Luna invero alle luci stellari e Orione all’asta mirarono; l’uno e l’altro, a buon diritto, trasse al cielo il proprio decoro, Giuseppe Valguarnerae Luna, IV conte di Assono uomo insigne. La madre, donna Lanza e Centeglies, pose. Ad appena quarantadue anni, morì alle calende di aprile 1618. 28 D (eo) O (ptimo) M (aximo) QUID GENUS IMPERUS GRAVIDUM QUID STEMMATA PROSUNT OBSERAT HIC TUMULUS TOT MONUMENTA PATRUM INTERITU PEREUNT UNO CUM CONIUGE CONIUX NE CADATILLA CADENS ICTUS UTERQUE PERIT ÙNUS AMOR FUERAT VITAE MORS UNA FATICAT CONNUBIO FELIX ARDOR ET INTERITU VIXIT IDEM PROCERUM COR SIC UNUMQUE DUOBUS ET VITA ET MORTE PAR DECUS URNA PETIT OBIJT QUARTO IDUS APRIL (is) M D C X VII A Dio Ottimo Massimo A che giova la stirpe gravida di potere, a che gli sterrfmi? Conserva questo tumulo tante memorie dei padri. D’una sola morte perisce con la moglie il coniuge. Perché non cada lei, quando il colpo s’abbatte, entrambi periscono. Ebbero entrambi lo stesso unico cuore nobile, e nella vita e nella morte l’urna reclama pari decoro. Morì il 10 di aprile 1617. 29 ALTARI II ‘600 fu epoca eminentemente “spagnolesca e barocca”: l’opera del Concilio di Trento chiuso nel 1563 e l’opposizione al Protestantesimo iconoclasta favorirono lo svilupparsi di devozioni e la proliferazione di relativi altari. Anche in Assoro troviamo tracce profonde. 13 primitivi altari del ‘200, nel 1534 sono già otto, di cui tre fissi, quelli citati (Arch. Arciv. Catania). Un atto notarile del Di Stefano (1531 Arch. st. Enna) ci fa sapere che nella “canonica” alcuni “magistri” scalpellini preparavano alcuni altari in pietra; credo che siano gli stessi, che nel 700 saranno ricoperti da paliotti con simboli in perfetto stile barocchetto. Uno di essi nell’attuale cappella petronillia-na venne alla luce con i bombardamenti del 1944. Dopo un secolo (1634) gli altari sono ancora otto, di cui sette indulgenziati come quelli del Vaticano. La Basilica Vaticana come la nuova Matrice assorina possiede un altare con una statua di S. Pietro ed una preziosa reliquia di Santa Petronilla, tratta dal corpo della santa nel 1518, traslato da un antico mausoleo nella basilica di S.Pietro. 30 LareliquiapervenneadAssorotramrteilSac. Guerrerius: essa consiste in un dente molare ed una parte della cestola Nel 1650 gli altari sono già quindici (di cui otto “privilegiati” già notati nel 1634). Ora per tale privilegio v”è la clausola che in Basilica si devono celebrare quattordici messe giornaliere, segno evidente di clero numeroso che in quel tempo sorpassava le trenta unità esclusi i monaci. Parallelamente agli altari si moltiplicano le devozioni e le solennità. In basilica si trovano: Altare Maggiore, del SS. Crocifisso-Spasimo (dolori Maria), S.Leone, S.Pietro, 15 Eletti (Santi ausiliatori), Santa Rosalia, le cui reliquie furono ritrovate a Palermo durante il colera del 1664. Poi saranno portate le statue di S.Crescenzio e di S.Nicola da Tolentino, quando fu chiusa la chiesa ed il convento degli agostiniani di piazza “arcivu”, nonché di S.Petrojiilla nella sopressione degli ordini religiosi del 700. Nel 1776 si ebbe la statua lignea di S.Giuseppe scolpita da FR. Graziano: la data e il nome sono incisi sul globo che porta il Bambinello. La nuova solennità era preceduta dalla pratica dei sette mercoledì. Curiosa e bella la nota apposta per la statua di S.Pietro, opera dello scultore-pittore Chirdo 1534: doveva essere in pioppo, ma un pò più alta del S. Leone. 31 LE CROCI ASSORINE Oltre al Crocifisso gaginiano, Assoro ebbe altri due crocifissi lignei che una volta erano portati in processione nelle chiese di S.Caterina e degli Angeli. Mentre il Crocifisso gaginiano viene esaltato come “Patri amuru-su di Misericordia”, agli altri due il popolo attribuisce pioggia di sabbia al primo e cocci di ceramica al secondo. Artisticamente interessanti risultano le due croci lignee pensili della basilica con pitture ai due lati: da una parte il divin crocifisso e dall’altra il Risorto: sono entrambe lobate. Le carni gialline del Cristo farebbero pensare all’artista siciliano Ruzzolone; egli ha lasciato diverse croci pensili fra cui una in Agira ed un’altra a Piazza. La data di composizione varia tra il 1484-1526. Di grande valore è la Croce d’argento con smalti firmata da Vincenzo Ar-chifel, valente artista che lavorò pure alla “bara” di S.Agata in Catania (Di Marzo, I Gagini, voi. I Basile; Accascina L 32 ed, Flaccovio, PA, 1982). Anche questa croce da un lato ha il Cristo morto e dal l’altra il Cristo Risuscitato, mentre nei lobi vi è la figura della Vergine Maria con quelle degli evangelisti. L’opera, preziosissima nella policromia dei suoi smalti luminosi, nella ricchezza di rilievi, figure, ornamenti vari, è un autentico capolavoro di arte rinascimentale. Alla base del pregevole crocifisso l’autore ha inciso, in modo vistoso, il suo nome: OPERA DI MAESTRO VINCENCIO ARCHIFEL. 33 LA PITTURA Accanto ali scultura del ‘500 ritroviamo una notevole quantità di opere pittoriche. La Basilica brillava di quadri ad olio e di affreschi orientali; oggi di tanto splendore si notano soltanto le figure di 4 Diaconi nell’abside centrale: Stefano - Lorenzo - Marcelle - Ciriaco Grazioso l’angioletto che occhieggiava sotto gli stucchi, nel Battistero. L’altra parete settentrionale della navata centrale era .affrescata con la vita del santo titolare (S.Leone). Dopo la rovina del sisma (1693) in questa stessa parete furono sovrapposti quadri di diversa provenienza. Uno di essi, un bel S. Michele, ora sull’arco trionfale del coro. Ignoriamo chi abbia affrescato la Basilica e chi abbia dipinto i diversi quadri ad olio. Sappiamo che nel 1534 fu chiamato in Assoro, dalla Confraternita dello Spirito Santo, un pittore di Polizzi (Arch. st. Enna, Atti Not. Assoro). Egli doveva affrescare i portici della chiesa di S.Spirito. Nessuno storico della pittura siciliana parla di questo artista. Gli stessi atti notarili (1534) notano, per Assoro, il pittore Chirdo messinese (lo scultore della statua di S.Pietro di cui abbiamo parlato); egli doveva affrescare il salone maggiore del palazzo comitale (Atti Not. Ass., Arch. st. Enna: not. Di Stefano). Era forse suo il S.Michele citato. E’ opera sicura del ‘500 il delicato quadro dei “IBEIetti” (Sancti Adiutores). I n testa al quadro v’è la seguente iscrizione: UT, NOS P (ro) CUNCTIS ELEGISTI FLAMINE S (aneto), SIC TUA QUAE VALENT DEVOTIS MUNERA PRAESTA. (Giacché Tu, o Dio, ci hai eletto per tutti, concedici quelle tue grazie che giovano ai devoti). Tutti questi quadri saranno ritoccati nel 700 dal pittore Matteo Gari-gliano il quale ne dipinge altri per la Basilica e per altre chiese assorine, (cf r. “Giuliana”, registro Conti; Arch. Bas., 34 1776), complessivamente 12 quadritra vecchi e nuovi, 10 per la Basilica e 2 per la parrocchia di S. Lucia. Nell’elenco settecentesco dei quadri si parla dei “15 Eletti” e delle “Anime del Purgatorio” (S. Lucia). Oggi nella Basilica resta uno squarcio di tela con delicati volti di sicura fattura cinquecentesca; un brandello dell’opera originale (Santi Ausilia-tori) ritoccata nel ‘700. E’ di quest’epoca invece, il quadro del “Purgatorio” accantonato in un deposito; sulla predella dell’altare vi si legge questa iscrizione: “Gregorius Papa Ecclesiae Doctor fact (um) ind (ulgentia) et Co-op (eratione) R (everendi) M (ariae)... Polizzi et Can (onici) Cottone. A (nno) D (omini) 1766. Fatto mentre era Papa Gregorio, dottore delle chiese, per indulgenza e cooperazione del Rev. Maria Polizzi e del Canonico Cottone nell’anno 1766. Fra i quadri notati nel 700 compaiono pure quelli di S.Leone e due dell’”Epifania” o “Re Magi”: uno di essi, quello ritoccato (quindi opera del ‘500) fu portato a S.Caterina, mentre quello nuovo rimase in Basilica Ancora un quadro, notato nel ‘700, quello della Madonna del Rosario; e, abbandonato in un-angolo della chiesa, c’è pure un quadro dell’Assunta in cui si legge la data 1725. Altra pittura del ‘700 il S.Antonio affrescato nello sguancio sud della porta maggiore. Ultima pittura ad olio quella di S.Francesco di Paola (1845), opera del Sac. assorino Francesco M. Pantano. 35 I “PORTICI” La ristrutturazione quattrocentesca circondò la fìuova Matrice con un Tri portico. Anche in questo la Basilica assorina ha rassomiglianze con le chiese di Ce-falù e Monreale i cui portici sono un’aggiunta del 1471 (per Cefalù) e del 1545 (per Monreale). I portici laterali assonni accompagnano solo le navatelle e non toccano il transetto. Lungo le pareti correva un sedile lapideo che’forse servì agli scolari della Basilica. Il portico meridionale resiste àncora, ma ridotto a semplice magazzino e chiuso da banali pareti. Sotto di esso, nel ‘400, fu aperta una graziosa porta di stile catalano. Molto bello doveva essere lo scorcio del portico visto dalla rampa che porta a Via Roma: visione di archi romani o gotizzanti: da quelli che delimitano il portico a sud a quelli d’ingresso, compreso l’arco che congiunge Basilica e Palazzo comitale. Quest’ultimo permetteva al Vescovo Valguamera di affacciarsi, da una finestra, direttamente in chiesa (essa si apriva sulla porta interna del campanile, nella navata destra, di fronte alla cappella del Sacramento). Più complesse le vicende del portico settentrionale. Certamente dopo il sisma del 1693 esso fu ridotto a cappella e vi si portò l’altare delle “Anime del Purgatorio” della sottostante cripta e divenuto perciò la cappella dell’Oratorio del Purgatorio. La facciata è ingentilita da un grazioso portale barocco ricco di fregi eleganti, capitelli corinzi, modanature età, e ornato da simboli escatologici: teschi e tibie incrociati, il sole e la luna messaggeri del tempo fugace.... Mentre nella parete sud della navata centrale, dopo il sisma, furono aperte larghe finestre, per alleggerire il peso, nella parte opposta si credette di rinforzare la parte appoggiandovi la costruzione del nuovo Oratorio. Invano dalla roccia della cripta fu fatta partire una robustissima colon- 36 na per sorreggere la parte settentrionale della Basilica, e invano fu posta una catena nella navatella nord, tutt’oggi visibile.7 L’oratorio è certamente opera del II Vescovo assorino, Domenico Valguarnera, promosso alla sede di Cefalù ed ivi sepolto (1762). Assoro ne celebrò solenne funerale (cfr. “Giuliana”, Arch. Bas. 1762, f. 101). II terzo portico che correva lungo la facciata della Basilica serviva da “pronao” ed era, forse, sormontato da una loggetta da cui il clero parlava o benediva il popolo. Tutto crollò nel 1693. 7 Oltre a questa catena la citata ‘Giuliana’ segna acconci per la cappella del PurgatorioTè parla di uno ‘stemma’: certamente la finestra che si apre sopra il portale dell’Oratorio, curiosamente a forma di cappello con fiocchi vescovili pendenti ai lati; bizzarie di quell’arte barocca che tendeva a “meravigliare”, (cfr. Archi. Bas. 1776, f. 13). Altre riparazioni della Cappella sono registrate nel 1741 in cui il prospetto fu interamente “ripiedato” e fu rifatto il tetto con l’impiego di 400 canne fatte venire dal casale “San Giorgio”. 37 TORRI CAMPANARIE L’esistenza di una loggetta sul pronao comporta anche l’esistenza di 2 campanili, come nei duomi di Cefalù e Monreale. Unica testimonianza di una 2A torre campanaria la presenza, in quella ancora esistente, di buche di sostegno per ipotetici travi congiungenti le due torri. Il secondo campanile sarebbe stato appoggiato all’attuale Battistero. Il campanile esistente è scandito nella sua nudità dalle tre linee marcapiano. Originariamente era di cinque piani. Il 5°, che fu demolito qualche decennio fa, era, in origine, di forma conica, con mattoni in ceramica smaltata e colorata e disposti a spirale. Crollato nel sisma del 1693, il 5° piano fu sostituito da una semplice lanterna poligonale che, nel ‘700, fu abbellita da un orologio meccanico. Questo, qualche decennio fa, per ragioni non chiare, sarà trasportato nella torre campanaria del Comune (ex Badia S.Chiara), e la lanterna demolita. Né, fin’ora s’è pensato di dare una degna corona al secolare campanile. La facciata sud della torre campanaria ha avuto diverse meridiane nella sua lunga esistenza. Doveva esisterne una già nell’originale costruzione del ‘200. Poi, dopo la seconda metà del ‘400, in seguito alla costruzione del Palazzo comitale, se ne creò un’altra nel piano superiore, ma anche questa rimase inutilizzabile dopo la creazione della Badia (metà ‘500). 38 39 40 GLI STUCCHI Palermo aveva rivestito le sue chiese di fantastici stucchi, per opera dell’artista Serpotta. Anche Assoro volle imitare quest’arte nuova rivestendo là Basilica di barocchismo serpottiano. L’oro americano aveva dato splendore a molte chiese d’Italia e di Spagna. Assoro non volle restare indietro e fece indorare gli stucchi. Le nuove finestre sfacciatamente luminose avevano tolto le penembre del goticismo e maggiormente mettevano in evidenza le fantasticherie dei nuovi stucchi. Questi erano già ultimati nel 1700 (data incisa nell’arco del coro ma scomparsa in seguito ai danni bellici del 1944). L’autore di tutto era stato tal Joannes De Joanne che finì l’indoratura nel 1711 (la data e il nome sono incisi in rosoni posti nel lato interno degli archi del transetto). IOANNE PRIDIE NO BAPTISTA DE NAS AUGUSTI IOANNE IANAU SEPTINGENT RAVIT HOC SIMO DUO TEMPLUM DECIMO Giovanni Battista di Giovanni inaugurò questo tempio il giorno 4 agosto 1712. Fra le sculture a stucco sono interessanti quelle sul frontone delle absidio-le: a) sulla Cappella SS.Sacramento domina la figura del Pellicano, il mitico uccello che, secondo la leggenda, nutriva i suoi pulcini con le proprie carni; b) sulla Cappella del Cristo Risorto campeggia l’Araba Fenice, altro mitico uccello di cui si diceva che, appena morto, risorgeva al calore dei raggi del sole, I due simboli che brillano nel prospetto delle absidi laterali accanto all’altare maggiore ripropongono i temi centrali della teologia cristiana: il Cristo Eucaristico e il Cristo Risorto. L’opera di rivestimento riguardò anche i pilastri della nava- 41 ta centrale .che persero la loro sagoma originale e ricoperti di stucchi assunsero le sembianze di colonne tortili proprie della moda barocca. Le alte colonne del transetto furono avvolte da tutta una densa trama di viti e viticci con angioletti (che ci riconducono ai puttini del Serpotta) i quali si arrampicano festanti quasi a vendemmiare l’uva per l’Eucarestia. Gli altissimi pilastri dei due archi trionfali hanno una ricopertura di stucchi meno elegante: foglie trilobate di esotiche piante carnose simili a “pale” di fichi d’India, arte veramente “strapaesana” di goffo barocco. Nel 1775 fu indorato anche il cancello di ferro che chiude la Cappella del Sacramento, per opera di tal Francalanza (cf r. Giuliana, 1775, f. 35, Arch. Bas.). 42 LE CONSUETUDINIASSORINE - LA COLLEGIATA All’artistico ‘500 è pure dovuta la Bolla papale di Leone X del 1518, 10 stesso anno in cui Assoro ebbe da Roma la Reliquia di S.Petronilla. Il Pontefice Leone X approvò le Consuetudinesassorinae, norme giuridiche tradizionali. In esse il pontefice riconosceva che: a) Parroco e sacerdoti in cura d’anime della chiesa assonna non fossero forestieri. (In base a questa norma di “autonomia” Assoro ebbe fino agli anni 1930 parroci locali). b) II clero assorino doveva avere una adeguata cultura letteraria e musicale, con una scuola per i chierici della Basilica. e) L’amministrazione della Basilica era affidata a 2 sacerdoti e a2 laici. La Basilica non ebbe mai ricchezze straordinarie, aveva solo da vivere decorosamente. Eppure, nel 1684, nonostante le calamità naturali (siccità, peste del 1684, e la decrescente popolazione) il clero assorino da alla Basilica un nuovo splendore, costituendosi in Collegiata, con beni in comune, equamente distribuiti. I Canonici ebbero diritto alla mezzetta, al baldacchino, e alla mazza-capitolare. Il Capitolo dei Canonici era formato da 3 Dignità: Arciprete o Preposi-to, Cantore (spagnolescamente detto Ciantro), il Tesorier,e. I Canonici semplici erano 2 e rappresentavano il Senato della Basilica. All’apostolato ed al servizio diretto della Parrocchia erano addetti un cerimoniere, 6 mansionari, 4 cappellani. Ma il declino della città si rifletteva sulla Basilica. La contea assonna veniva elevata al grado di Principato, ma questo ben presto esulò a Caropepe ove il \° Principe di Valguarnera fondò l’omonima città. La popolazione assonna decresce in modo innarrestabile (1583, ab. 4985; nel 1637, ab. 4048; nel 1714, ab. 2715). Eppure Assoro, nel ‘600-700 continuerà ad avere oltre alla Basilica, due parrocchie, una ventina di chiese, cinque Ordini religiosi. 43 CRONOTASSI DEI PARROCI ASSORINI 1492 1566 1607 1667 1685 1699 1702 1702 1716 1730 1731 1737 1757 1773 1786 1819 1841 1863 1911 1920 1925 1934 1948 1988 44 - Pannusio - De Caro - DiBernardo - Gaglianò - Tudisco - Vitale - Gangaglia - Spalletta - Litteri - Perdico - Parisi - Giangrasso - Polizzi - Fiorenza - Valenza - Vitale - lnguì - Pantano - Cagliano - Labiunda - Cantello - Grippaldi - Aleo - Ragusa - Screpis INDICE 45 46 47 2° ristampa Finito di stampare nel mese di agosto 2009 presso le Arti Grafiche NovaGraf s.n.c. c.da Piano di Corte, 18 94010 Assoro (En) Tel. 0935.667864 e-mail: [email protected] 48