l`estrazione di petrolio non convenzionale: tra

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l`estrazione di petrolio non convenzionale: tra
L’ESTRAZIONE DI PETROLIO NON CONVENZIONALE: TRA
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE ED ECONOMIA GLOBALE
IL CASO DELLE SABBIE BITUMINOSE DEL CANADA
di
Norma Maccari
L
e maggiori economie mondiali si approvvigionano di energia derivante da fonti
non rinnovabili, maggiormente provenienti da fonti fossili, che durante la
combustione liberano nell’aria grandi quantità di carbonio ed idrogeno con
notevoli implicazioni sulla qualità dell’ambiente.
Secondo la IEA (International Energy Agency), le sei economie che originano circa il
75% delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) sono Cina, Stati Uniti, Unione
Europea, Russia e Giappone e, secondo la IPCC (Intergovernmental Panel on Climate
Change), circa la metà delle emissioni di CO2 sono associate al processo di combustione
che avviene all’interno delle centrali elettriche e delle raffinerie.
Tra le varie tipologie di petrolio ne esiste una detta “non convenzionale”, ovvero il
greggio derivante dalle sabbie bituminose. Tale fonte di energia si trova in circa 70 paesi
ed il Canada ospita la terza più grande riserva di petrolio al mondo, costituita quasi
interamente da petrolio non convenzionale. Tale giacimento ha registrato una
produzione totale di 2.3 milioni di barili al giorno di bitume greggio nell’ultimo biennio.
La IEA stima che la capacità delle riserve di petrolio del Canada si avvicina ai 174
miliardi di barili, 169 miliardi dei quali sono costituiti da bitume estratto dalle sabbie.
Quasi la totalità del petrolio greggio Canadese viene estratto e lavorato nella provincia
di Alberta, precisamente all’interno della foresta boreale, la seconda più grande al
mondo. Il petrolio viene poi trasportato verso le raffinerie all’interno di grandi oleodotti
ovvero pipelines verso gli USA, Texas ed Illinois.
L’interesse rispetto a tale tematica nasce dalla consapevolezza che il mercato delle
sabbie bituminose, fino ad oggi rivolto in gran parte all’esportazione di petrolio sintetico
verso gli Stati Uniti, è in forte espansione verso altre regioni del mondo, in
contraddizione con la tendenza globale mirata alla riduzione delle emissioni di CO2 ed
alla riconversione della produzione di energia da combustibili fossili verso le fonti
rinnovabili. Ciò che desta preoccupazione nella comunità scientifica a vari livelli è
l’influenza che hanno le emissioni di gas ad effetto serra sulla salute, il benessere, la
sicurezza alimentare e alle produzioni agricole delle aree e popolazioni interessate dalla
massiccia estrazione di bitume, ma anche dell’intero pianeta, dato che i danni ambientali
non si limitano solo al luogo in cui vengono prodotte le esternalità negative.
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Cosa sono le sabbie bituminose. Le sabbie bituminose sono una miscela di sabbia,
argilla, acqua e bitume, un olio greggio molto pesante, denso e viscoso. Questo olio
viene convertito in un petrolio sintetico dopo un processo di separazione dagli altri
componenti delle sabbie ed un processo di upgrading che comporta l’utilizzo di agenti
chimici, i quali, una volta entrati a far parte della miscela combustibile, rendono l’utilizzo
di tale petrolio circa 5 volte più inquinante del greggio convenzionale.
Esistono due tipologie principali di estrazione delle sabbie bituminose: “open-pit
mining” ed “in situ”.
Il metodo di estrazione open-pit mining, che letteralmente significa "miniera a cielo
aperto", è popolare tra i grandi operatori (ad esempio, Suncor e Syncrude), mentre i
processi di estrazione in situ di solito vengono utilizzati da quelle aziende impegnate in
progetti più piccoli.
Il processo di estrazione open-pit mining utilizzato in Alberta è simile al classico
processo delle operazioni di estrazione petrolifera. Si tratta di una metodologia che viene
utilizzata quando il bitume è situato più in superficie. Durante l’operazione di estrazione
i siti minerari (in questo caso gli ettari di foresta boreale) vengono deforestati ripulendo
la superficie che sovrasta le sabbie bituminose dalle rocce, sabbia e materiale argilloso.
Il processo in situ si utilizza, invece, quando i depositi di bitume si trovano in
profondità e l’estrazione necessita di tecniche di estrazione quali la stimolazione a
vapore ciclico (CSS) oppure le tecniche di Steam Assisted Gravity Drainage (SAGD) per le
quali si opera la perforazione di due pozzi paralleli, distanti verticalmente circa 5 metri
l’uno dall’altro, immettendo vapore nel giacimento, per diminuire la viscosità del bitume
e riuscire a portarlo in superficie. Tali tecniche contemplano un massiccio impiego di
acqua per generare il vapore, circa 0,4 di barile di acqua per un barile di petrolio.
Figura 1. Andamento emissioni di gas ad effetto serra delle industrie petrolifere dell’Alberta.
Stima delle emissioni di GHG. Dopo un accurata raccolta dei dati ufficiali,
disponibili nei The Alberta Environment: Report on Greenhouse Gas Emissions (2004–2011),
sull’ammontare di emissioni di gas ad effetto serra emessi dalle industrie petrolifere nella
regione dell’Alberta, possiamo stimare che il tasso di crescita medio dei livelli di
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emissione sono cresciuti tra il 2004-2011 del 14,12% annuo e che secondo le stime
(Busato e Maccari, 2016) la metodologia di estrazione open-pit mining è più inquinante
della in situ, suggerendo, quindi, un incremento dello sviluppo delle tecnologie
maggiormente efficienti come la SAGD.
Nonostante i livelli di inquinamento dell’aria siano elevatissimi, vi sia una massiccia
deforestazione (circa 14 milioni di ettari di foresta boreale), con conseguente perdita
della biodiversità vegetale ed animale e, non da ultimo, vi siano versamenti di liquami
tossici tailing pods1, per i quali ancora non vi è un rimedio in termini di bonifica
ambientale, grandi sono i benefici economici evidenziati da una parte di letteratura sul
tema.
Il nesso tra economia ed ambiente. Un recente studio si interroga su quale sia il
nesso tra la variabile economica e quella ambientale relativamente alla tematica
dell’inquinamento derivante dall’attività industriale petrolifera di Alberta. L’indagine
mette in luce una correlazione positiva tra l’aumento del PIL e dei GHG nel periodo
2003-2011 e, come si evince dalla fig. 2, si prospettano due scenari futuri:
Figura 2. Proiezioni future sulla relazione Pil e gas ad effetto serra in Alberta
Il primo scenario prevede un mantenimento della condizione allo stato attuale,
quindi aumento sì del prodotto interno lordo del paese ma a discapito della qualità
dell’ambiente e per questo etichettato "Bad new".
Il secondo scenario, definito “Good news”, prevede lo spostamento dell’economia su
una politica di maggiore eco-coscienza, mediante l’attuazione di tecnologie più efficienti.
In tale scenario, ci si aspetterebbe di osservare un tratto in discesa della curva,
visualizzando quella che in letteratura viene chiamata Environmental Kutznet Curve2, in cui
al miglioramento delle variabili economiche corrisponde anche un aumento della qualità
dell’ambiente ed una conseguente diminuzione dei gas ad effetto serra.
1I tailing pods sono veri e propri laghi artificiali dove si accumulano gli scarti della lavorazione delle
sabbie, costituiti da argilla, silicio, ma anche idrocarburi e sostanze chimiche altamente tossiche come
l’arsenico
2Per una disamina dell’argomento si veda World Bank (1992) and World Development Report (1992):
Development and the Environment.
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Inoltre, se consideriamo la regione dell’Alberta in relazione ad alcuni tra i maggiori
paesi inquinanti quali U.S.A., Arabia Saudita, Venezuela e lo stesso Canada notiamo che
la regione dell’Alberta si configura come la più ricca in termini di PIL ma la meno
virtuosa in termini di sostenibilità ambientale.
Alla luce di tali considerazioni si può affermare che le politiche economiche e gli
investimenti nella ricerca per lo sviluppo di tecnologie ecologiche siano necessari, nella
provincia dell’Alberta ma anche in altre realtà fortemente influenzate dall’industria
petrolifera, al fine di evitare che l'ambiente venga danneggiato irreversibilmente. Il
paradigma della sostenibilità è continuo oggetto di dibattito internazionale e coinvolge
istituzioni, industria e non da ultimo le comunità locali che posso essere individuati
come i maggiori stakeholder della riconversione dell’economia in veste ecologica.
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