Storia - Comune di Pergine Valsugana

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Storia - Comune di Pergine Valsugana
Storia | C’era una volta
3 settembre 1915.
a cura di Claudio Garbari
Undici perginesi verso Katzenau.
Venerdì 3 settembre 1915 a Pergine era una
giornata fredda e piovosa.
Angioletta Ceola, che si era preparata il
giorno prima per andare a raccogliere funghi nei boschi di Vignola e Falesina, rinunciò
alla gita. Così, quando i gendarmi andarono
a casa sua per arrestare il padre Emilio, la sorella Nerina e lei stessa, la trovarono già alzata e pronta per uscire. Poiché Emilio Ceola
era impiegato in Comune di Pergine con la
mansione di tesoriere, fu necessario facesse le
consegne del suo ufficio a chi gli sarebbe subentrato.
Emilio Ceola,
74 anni.
Fonte:
Archivio storico
in Trento
Angela Ceola,
18 anni.
Fonte:
Archivio storico in
Trento
Lo stesso accadde per il segretario comunale dott. Silvio Sette, anch’egli arrestato nel
medesimo giorno. Di fatto fu decapitata la burocrazia comunale. Alla sera furono condotti, assieme ad altri perginesi, in totale undici,
quattro uomini e sette donne, nelle carceri di
Trento. A loro non fu comunicata neppure
verbalmente alcuna motivazione del fermo,
né tantomeno fu loro consegnato un qualche
ordine di cattura. Furono arrestati ed impri-
gionati e basta. Il più anziano, Emilio Ceola, di 74 anni, la più
giovane la figlia Angioletta, di diciotto.
Ad essi fu consentito di portare con sé dei bagagli contenenti indumenti, qualche alimento e poche altre cose, visto che l’assoluta
incertezza sulla sorte non permetteva loro di organizzarsi per una
assenza da casa prolungata, né sapevano dove sarebbero stati condotti al momento o trasferiti successivamente. Che la destinazione
finale fosse il campo di concentramento di Katzenau lo seppero
probabilmente solo il giorno dopo quando, portati nelle prigioni di
Trento, Emilio ebbe la possibilità alle 5 del pomeriggio di scrivere
a casa una cartolina postale alla moglie, con poche righe: «Cara Ela
fu qui a visitarmi Maestro e Tonina. Noi stiamo tutti bene sta di buon animo
e coraggio. Un bacio e abbraccio di tutti noi tuo affez. Emilio».
Maestro e Tonina erano i cognati di Emilio Ceola. Lei, Antonietta
degli Avancini, sorella di Ela, aveva sposato il maestro Antonio
Gramola, insegnante alle scuole elementari di Trento, personalità
di grande prestigio, nominato nel suo ruolo da Paolo Oss Mazzurana.
I cognati Gramola portarono ad Emilio la seguente lettera scritta
da Ela all’una del pomeriggio di sabato 4. La consegna del foglio
poté avvenire con il consenso di un giudice. È senza data. Riporta
solo l’ora: «ore 1 precise.»
«Carissimi, vi ho sempre nel pensiero e nel cuore, prego Dio che vi tenga sani e
che vi faccia ritornare presto. Dite a zia Tonina quello che v’occorre. Vi mando
tutto tutto. Volete tre materassi? Coperte? Da mangiare? Mi cambio pensando
a quante privazioni sarete soggetti. Stavamo troppo bene. Dio ci ha provati.
Da Lui prego rassegnazione - prego benedizione a voi. […] Questa mane mi
alzai per tempo andai in chiesa poi m’occupai della casa ma con poco risultato.
Non mostro ad alcuno il mio dolore - i cattivi ne riderebbero - i buoni son tanto
pochi! Ochner stamane piangeva pensando a papà. Che fa egli? Se ritornasse
almeno lui. Non pensate a me; se voi state sani, io avrò certo coraggio e con
zia Anna al fianco farò tutto bene certo. Ma abbiate cura di papà che vi prego
di tenermelo bene, sano, allegro e ditegli che si consideri in vacanza, così voi,
lontane dalle mie brontolate.
Si vocifera che le Monauni siano state arrestate è certo che oggi alle 2 partono
le monache dell’ospitale. Si vocifera ancora che il municipio sarà amministrato
dal militare - fra pochi dì. Io Vorrei addormentarmi fino al giorno del vostro
ritorno. Dite alle sig. Sartori che ancora ieri sera feci il mio dovere. Trovai la signora rassegnata in compagnia di sua sorella sig. Carolina e signora Borghesi.
Ancora tante cose care e coraggio».
Le notizie di ciò che avvenne in questi primi giorni di settembre
possono essere desunte dai messaggi, in parte spediti clandestinamente, in parte a mezzo cartoline postali inviate durante il viaggio
in treno da Trento a Linz e poi al vicino campo di concentramento
di Katzenau, dove gli undici perginesi giunsero nella notte fra il 6 e
il 7 settembre. Si trattava, oltre ad Emilio, Nerina ed Angela Ceola
di 20 e 18 anni, del dott. Silvio Sette di 64 anni segretario comunale di Pergine, Ottone Tommasini, 28 anni, cugino dei Ceola e notoriamente attivo nella Lega Nazionale, Luigi Janeselli,
32 anni, le sorelle Maria e Pia Sartori di 55 e 52 anni, Maria
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Frisanco, 50 anni, e la nipote Amalia Pangrazzi, 22 anni, Pia Paoli, 23 anni.
Pia e Maria Sartori, sorelle. 55 e 52 anni.
Fonte: Archivio storico in Trento
Incontrarono a Katzenau un gruppo di altri
perginesi che vi si trovavano da qualche mese,
dopo essere stati arrestati quasi tutti il 20 maggio, quindi prima dello scoppio delle ostilità
fra Italia ed Austria. Fra essi, i più noti erano
il farmacista Giuseppe Crescini nato nel
1853, il commerciante Giuseppe Fracalossi nato nel 1860, Amedeo Gasperini nato
nel 1867, proprietario fra l’altro di Palazzo
Gramatica, ove era stato costruito un teatro,
rimasto in funzione fino ai primi anni ’60 del
1900 e conosciuto come “Teatro Amedeo”, il
medico dott. Quirino Morelli nato a Canezza nel 1867. Era transitato per Katzenau anche don Cesare Refatti, il sacerdote perginese operante a Borgo, eccellente fotografo ed
attivo nell’associazionismo giovanile cattolico,
amico di Alcide De Gasperi che volle essere
presente al suo funerale nel 1948. Egli fu arrestato il 28 luglio e poi dall’autunno confinato
nell’abbazia di Sant’Agostino a Reichersberg,
presso Schärding, dove rimase fino alla conclusione del conflitto.
Il giorno 7 i Ceola riuscirono a scrivere a casa
una cartolina postale dove tra l’altro dicevano: «Avessi visto, mamma, che festa ci hanno fatto i
Perginesi stamattina! Tutti ci chiesero di te... E questo
noi ti ripetiamo perché ti faccia coraggio a sopportare la lontananza». Tutte le volte che scrivevano
alla loro moglie e mamma improntavano le
missive ad un costante ottimismo, e tacevano le reali condizioni della vita nel campo di
concentramento, certo per tranquillizzare la
loro cara, ma anche perché istruiti a ciò dalle
regole della “villeggiatura”. In caso contrario
gli scritti, che passavano per l’apposito ufficio
di Vienna, venivano censurati, e ne avrebbero
potuto avere delle conseguenze. Per questo, i
circa 600 pezzi di corrispondenza da e per Pergine, tante cartoline
postali - mezzo abitualmente usato per evitare la lacerazione delle
buste da parte degli uffici censori - portano spesso solo frasi banali,
che riguardano l’andamento delle coltivazioni nella piccola campagna di loro proprietà presso Pergine, i minuti affari di famiglia,
come sbrigare problemi di carattere economico, che avrebbero
avuto necessità della presenza di Emilio a Pergine. Quasi mai venivano fornite notizie reali sulla salute sia da parte degli internati
che da parte di Ela Ceola.
Uno dei problemi più assillanti era il pagamento dell’onorario che
il Comune contrattualmente doveva ad Emilio Ceola per il fatto
di esserne il tesoriere anche se non svolgeva più le sue funzioni.
Come per tutti gli altri dipendenti pubblici del Trentino internati
a Katzenau, senza accuse e senza processi, quindi in forza di un
atto di polizia sostanzialmente illegale, il Comune dovette pagare
a lui, come al segretario dott. Sette, l’onorario dovuto. Anche se
con notevole ritardo. Il podestà Carlo Moser, rimasto in carica,
doveva, per ogni suo atto, avere l’assenso del comando militare
locale, anche perché in Austria vigeva la dittatura militare.
Questo l’inizio della storia di alcuni perginesi nel campo di Katzenau.
Di tanto in tanto di questo campo di concentramento si parla nel
contesto dei campi profughi dei trentini che, vivendo in zone di
guerra, prossime alle linee del fronte, furono evacuati e trasferiti
in località lontane. È palese che, pur non essendo facile la vita di
questi esuli, ed anzi sopportando essi stessi disagi e privazioni, non
possono essere paragonati ai prigionieri politici, presi e rinchiusi
per i loro sentimenti di italianità. Nel campo di Katzenau furono
tenuti, per periodi più o meno lunghi, non solo trentini, ma persone di varia estrazione e provenienza: regnicoli, ovvero cittadini
del Regno d’Italia, stranieri cittadini di paesi belligeranti contro
gli Imperi centrali, divenuti poi soggetti a scambi con l’intervento
della Croce Rossa attraverso la Svizzera; fra questi le suore italiane che gestivano l’ospedale ricovero Santo Spirito di Pergine,
presenti nella istituzione fino a pochi anni fa, citate nella lettera
di Ela in parte riprodotta, oltre a persone di varie nazionalità e
gruppi etnici.
A 25 chilometri da Linz i nazisti aprirono nella guerra 1939-45 il
campo di concentramento di Mauthausen-Gusen.
Ma già durante la prima guerra vi era in quella zona un campo di
concentramento che “ospitò” molti prigionieri, fino a 40.000, anche italiani, adibiti allo sfruttamento della vicina cava di granito.
Difficile sentir cantare oggi l’inno di Katzenau, con le parole di
Romano Ioris su musica di Giacomo Sartori «In alto i cor / bando
al dolor / … / Com’è dolce l’udir / che s’appressa il partir / Katzenau
non sperar / di vederci tornar / … / O voi gavette insipide / di acqua e di
navoni, / O, baionette lucide / profossi, e voi baroni / se fia che un giorno
memori / di un tempo che già fu / diteci, diteci, diteci, / che non ci siete più».
Forse perché con canto e controcanto di difficile resa armonica,
per qualsiasi coro o complesso, ma più probabilmente perché da
noi tende a prevalere in modo artificioso il mito folcloristico della
“felix Austria”, che come tanti miti è frutto di rielaborazioni e di
invenzione, non di realtà, in tanta gente che scambia per storia i
filmetti sulla Sissi interpretati da Romy Schneider.
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