L`ultima di Expo: il grande parco promesso non c`e

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L`ultima di Expo: il grande parco promesso non c`e
L'ultima di Expo:
il grande parco
promesso non c'e
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ultima di Expo: il parco promesso
non c'è più. Per anni gli impresari
dell'ottimismo che hanno gestito e
raccontato l'Expo hanno respinto i gufi che
ipotizzavano una speculazione edilizia di-
cendo: Ma no! Metà dell'area
su cui è stata realizzata l'esposizione universale resterà per sempre a disposizione dei cittadini come
grande parco; un'immenso polmone verde di oltre
500 mila metri quadrati. Di-
cevano: è vero che sui terreni di
Expo dovremo costruire, perrientrare delle
spese sostenute per acquistarli. Ma il cemento occuperà soltanto il 50 per cento, il
resto sarà verde. Ora ci dicono: abbiamo
scherzato. Era anche questaunabugia. Sarà
sì un parco, ma un "parco della scienza, del
sapere e dell'innovazione", che vuol dire un
agglomerato di costruzioni, laboratori, facoltà universitarie, aziende, uffici, edifici,
case, casette e grattacieli. Ma niente più
Central Park allamilanese: ilverde sarà"diffuso", dicono: cioè spezzettato e ridotto a
giardinetti condominiali tra un edificio e
l'altro. È la beffa finale di una storia iniziata
nel 2011, quando si consumò il "peccato originale" di Expo: per la prima volta nella
storia delle esposizioni universali, l'evento
viene realizzato non su terreni pubblici, ma
privati. L'ex sindaco Letizia Moratti e l'ex
presidente della Regione Roberto Formígoni scelgono le aree chiuse tra due autostrade,un carcereeuncamposanto, diproprietà
in gran parte della Fondazione Fiera (allora
controllata dai ciellini di Formigoni) e in
misura minore dal gruppo Cabassi. Sono
terreni agricoli, valgono 10-20 euro al metro
quadrato. La bacchetta magica dell'Expo li
rende pregiati: sono comprati per 142 milioni (circa 150 euro al metro quadro) con
soldi pubblici del Comune di Milano e della
Regione Lombardia, grandi azionisti di una
società fatta apposta, Arexpo. Le banche ci
mettono i soldi veri e fanno partire il tassametro degli interessi. Poi arrivano ben 2,2
miliardi di soldi pubblici per attrezzare le
aree e realizzare l'esposizione. Per rientrare delle spese, Arexpo nel 2014 mette a gara
i terreni per 314 milioni, concedendo di costruire qualcosa come venti Pirelloni. Ma
c'è la crisi e Milano ha già un milione e mezzo di terziario invenduto: nessuno si presenta. Seguono mesi di smarrimento.
POI Si PRESENTA a Milano Matteo Renzi
con l'ideona: facciamoci un centro di ricerca sul genoma (Human Technopole), comandato - chissà perché - da un istituto di
Genova. Un po' poco (40 mila metri quadri)
per riempire 1 milione di metri quadri. Visto
che i privati non la vogliono e che il piano A
(quello dei Pirelloni) è saltato, viene confezionato il piano B, tutto innovazione,
scienza e tecnologia. Inizia il bricolage, si
aggiungono affannosamente tessere del
puzzle per riempire l'area. S'imbarca
nell'avventura l'Università Statale, che invece di ristrutturare le facoltà scientifiche
di Città Studi potrebbe risparmiare costruendole nuove sull'area Expo. Poi si cercano aziende private disposte spiantare lì la
loro sede. Vengono annunciate le disponibilità di Ibm, Nokia, Bayer, Roche. Chissà.
Per attirare imprese si ipotizza di farne una
piccola Irlanda dove non si pagano le tasse.
Si spera nell'arrivo da Londra dell'Agenzia
europea del farmaco. Si dice che il Teatro
alla Scala potrebbe spostare lì i suoi magazzini. Tutto è molto complicato e ancora tutto per aria. Ci vorranno almeno dieci anni.
Quelloche già si saadesso è che l'unica cosa
che era certanonsi farà più: ilgrande parco,
solennemente promesso, sarà spezzettato
in aree verdi "diffuse", che poi saranno in
parte parcheggi e altri servizi. Non mantenere le promesse, un tempo, era disonorevole e anche dannoso per i bugiardi. Oggi la
notizia è stata data tra gli applausi beati dei
cantori delle magnifiche sorti eprogressive
della nuova Milano da bere.