IBRA - Titolo pagina

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IBRA - Titolo pagina
Bamboo Journal
ibra online newsletter
Anno 6
Numero 11
Settembre 2013
Italian Bamboo Rodmakers Association
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Bamboo Journal
In questo numero:
pag. 3
Editoriale
di Marco Giardina
pag. 4
Piallatura inale dei listelli sgrossati
di Paul Agostini
pag. 14 The view from Coal Creek - recensione
di Marco Giardina
pag. 18 Parafernalia
di Marco Giardina
pag. 22 Turbocompound
di Giovanni (Gio) Nese
pag. 30 IBRA - Raduno 2013
di Alberto Poratelli
pag. 42 I miti del Rodmaking
di Gabriele Gori e Marco Giardina
pag. 63 Hardy’s at IBRA
di Andrew Herd
Bamboo Journal n. 11 - Settembre 2013
Editor
Marco O. Giardina
Steering Committee:
Marco O. Giardina, Gabriele Gori, Alberto Poratelli
Immagini di:
Giovanni Nese, Alberto Poratelli, Gabriele Gori, Andrew Herd
Progetto gra ico e
creative director :
Alberto Poratelli
Traduzioni:
Moreno e Doria Borriero ([email protected])
In copertina:
Calum Gladstone e Marzio Giglio a pesca con la guida di Gabriele Calzolai
Foto di pagina 2:
Tom Moran e Marzio Giglio a pesca
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Editoriale
…e così si è arrivati al numero 11, anno V.
In effetti sono oramai passati cinque anni dal
maggio 2008 e dal primo numero – pardon,
Numero 0 - di BJ e dalla prima gestione della
rivista af idata ad Alberto Azzoni. Io sono
arrivato secondo.
Devo dire – e per favore non mi si accusi di falsa
modestia o di tentare di sviluppare un moto di
simpatia per l’odierno Editor – che preferivo
senza dubbio la gestione di Alberto, più equilibrata, più attenta alle esigenze dei lettori,
più…lucida (o se preferite, consapevole).
Ma, come per ogni cosa, il tempo passa ed ora è
il mio tempo di preparare l’introduzione a
questo nuovo numero.
Le solite lamentele: un lusso pressoché inesistente di articoli inviati per la pubblicazione da
soci e non, e neppure dei suggerimenti su temi
che potrebbero interessare ed essere di orientamento per chi deve scrivere un articolo. Certe
volte mi sento alla deriva. Potrei intitolare un
saggio La solitudine dell’Editor.
Il rischio è quello che alla ine della storia i nomi
di chi scrive siano sempre gli stessi, gli argomenti nuovi si rarefanno e si inisce come molte
delle riviste cartacee che circolano nel nostro
paese, dove alla ine i nomi degli autori sono
sempre gli stessi e gli argomenti sono spesso
fotocopia di se stessi.
E’ un peccato, perché si perde la funzionalità
stessa della pubblicazione on-line dove, non
essendoci spese di stampa e vincoli di spazio,
tutti potrebbero presentare le proprie idee, la
propria esperienza ed essere di stimolo (e di
divertimento) per chi legge.
Vabbuò! come disse il comandante Schettino, al
quale peraltro questa esclamazione a nociuto
più che lo sbattere una nave sugli scogli. Ma noi
non temiamo ne’ i marosi, ne’ le tempeste, ne’ le
in ide secche perché, come diceva la mia saggia
bisnonna anconitana, “…loda il mare e tienti alla
terra” e noi con i piedi a terra, inché dura, ben
restiamo. O no?
Nonostante le lamentele di rito, bisogna pur dire
che questo numero non è dei peggiori. Vado in
ordine sparso: un articolo del costruttore
francese Paul Agostini sulla ri initura del blank;
Andrew Herd ha portato in un articolo corredato da molte foto la sua esperienza e le sue
sensazioni percepite e vissute nel corso del 9°
Raduno IBRA a Sansepolcro; Giovanni Nese
presenta le sue idee, la progettazione ed i dati
per il disegno di un taper avanzato e alternativo,
da lui sviluppato durante la sua lunga frequentazione della TLT Academy di Roberto Pragliola;
Gabriele Gori e Marco Giardina portano per i
lettori di BJ la relazione presentata al Raduno
IBRA di un test volto a identi icare le differenze
meccaniche e di resistenza relative al trattamento del nodo nella costruzione, confrontando
nodi scaldati e schiacciati e nodi solo spianati
con processi meccanici.
Chiude questa introduzione la presentazione
dell’ottimo libro di una giovane scrittrice
statunitense, Erin Blok “The view from Coal
Creek”, ed. The White ish Press 2013 e la descrizione del ultimo, nuovo giocattolo dell’Editor:
un fantastico portamosche, il The Richardson
Chest Fly Box.
Spero vi divertiate….
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PIALLATURA
FINALE
DEI LISTELLI
SGROSSATI
MISE A LA COTE
FINALE
DES BAGUETTES
DEGROSSIES
di Paul Agostini
Mi chiamo Paul Agostini. Abito nel sud della
Francia nei pressi di Marsiglia e costruisco
canne in bamboo per la pesca a mosca da oltre
vent’anni.
Je m’appelle Paul Agostini. Je réside dans le sud de
la France près de Marseille et je construis des
cannes à mouche en bambou refendu depuis plus
de vingt ans.
In questo articolo vi presento il mio metodo per
lavorare i listelli sgrossati e portarli alla misura
de initiva. E’ un procedimento che mi permette
di ottenere una grande precisione e molta cura
nella initura dei miei blanks.
Je vous présente ici ma méthode pour usiner les
baguettes dégrossies à la cote déϔinitive. C’est un
procédé qui me permet d’obtenir une très grande
précision et beaucoup de soin dans la ϔinition de
mes blanks.
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I – LA PREPARAZIONE : i calcoli
I – LA PREPARATION : les calculs
Per me, tutte le realizzazioni iniziano con dei
calcoli su un foglio. Per questo io utilizzo il
foglio di calcolo messo a punto da Alix Antoni.
Pour moi, toute fabrication commence par des
calculs sur le papier. Pour cela j’utilise le tableau
mis au point par Alix ANTONI
1) Dopo aver determinato quale canna voglio
realizzare, io riporto le dimensioni del taper
nella colonna 2 del foglio: sono le misure lat to
lat dell’esagono.
1) Après avoir décidé de la canne que je veux
construire, je reporte les dimensions de son proϔil
dans la colonne 2 du tableau : ce sont les cotes
entre plats de l’hexagone.
misure sulle facce dell’esagono
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2) In seguito divido per due ognuna delle
misure sulle due facce per ottenere le dimensioni inali del listello. Scrivo i risultati nella
colonna 3 del foglio.
2) Je divise ensuite par 2 chacune de ces cotes
entre plats pour obtenir les dimensions ϔinales
d’une baguette. J’inscris les résultats dans la
colonne 3 du tableau.
3) In seguito misuro con il calibro ogni listello
ottenuto dalla fase di sgrossatura: sono le
misure del grezzo. In seguito calcolo la media
delle misure dei 6 listelli.
Esempio: listelli n. 1, 2, 3, 4, 5, 6
Somma delle misure:
5.2+5.0+5.1+4.9+5.0+5.3= 30.5 mm.
Media : 30.5 : 6 = 5.08 mm.
3) Je mesure ensuite avec le pied à coulisse
chaque baguette obtenue au dégrossissage : ce
sont les cotes brutes. Je calcule ensuite la moyenne des 6 baguettes:
Exemple : N° de baguette : 1, 2, 3, 4, 5, 6
Dimensions: 5.2, 5.0, 5.1, 4.9, 5.0, 5.3
Total des mesures :
5.2+5.0+5.1+4.9+5.0+5.3= 30.5 mm.
Moyenne : 30.5 : 6 = 5.08 mm.
4) Riporto questa media nelle caselle della
colonna 4 del foglio.
4) Je reporte cette moyenne dans les cases de la
colonne 4 du tableau
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Per la initura dei miei listelli io regolo 2 volte la
planning form di initura.
La prima regolazione mi permette di inire con
assoluta precisione una faccia dei miei listelli.
Alla seconda regolazione io inisco la seconda
faccia di ogni listello: a questo punto il listelli
sono pronti per essere incollati.
Pour la ϔinition de mes baguettes je règle 2 fois
mon gabarit de ϔinition :
Le premier réglage me permet de ϔinir avec
beaucoup de précision une face de mes baguettes.
Au deuxième réglage je ϔinis la seconde face de
chaque baguette: les baguettes sont prêtes à être
collées.
5) Prima regolazione della planing form:
Calcolo le aperture della planing form facendo
la media dei valori delle caselle 3 e 4 del foglio.
Esempio:
(0.7+5.08)/2 = 2.89
come dire: (listello inito+listello grezzo)/2
5) Premier réglage du gabarit :
Je calcule les écartements de mon gabarit en
faisant la moyenne entre les cases 3 et 4 du
tableau.
Exemple :
(0.7 + 5.08)/2 = 2.89
c'est-à-dire: (baguette ϔinie + baguette brute)/2
Inscrivo i risultati nella colonna 5 del foglio. Ora
posso effettuare la prima regolazione della
planing form.
J’inscris les résultats dans la colonne 5 du tableau. Je peux maintenant effectuer le premier
réglage du gabarit de ϔinition
II - L’ESECUZIONE IN 6 OPERAZIONI
II – LA MISE EN OEUVRE EN 6 OPERATIONS
Nota bene:
Da un po di tempo io utilizzo due planing form
di initura: regolo la prima con le aperture
indicate nella colonna 5 del foglio e la seconda
secondo le dimensioni del listello inito indicate
nella colonna 3 del foglio.
Remarque:
Depuis peu de temps j’utilise deux gabarits de
ϔinition : je règle le premier aux écartements
mentionnés dans la colonne 5 du tableau, et je
règle le second aux dimensions ϔinies de la
baguette consignées dans la colonne 3 du tableau.
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Esempio
Example
1°) La prima operazione consiste nel posare il
listello sgrossato sulla planning form n° 1, con la
“pelle” sotto. Si carteggia leggermente e poi si
passa con uno scraper al ine di ottenre una
super icie piana.
1°) La première opération consiste à poser ma
baguette dégrossie sur le gabarit n°1, cuticule sur
le dessus. Je ponce légèrement avec une cale munie
de papier abrasif puis j’effectue un passage au
racloir aϔin d’obtenir une surface bien plane.
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2°) In seguito posiziono il listello effettuando
una rotazione di 1/3 delle facce al ine di
preservare la parte dura del bamboo. Il listelo è
posizionato 2 cm. spostato rispetto alla posizione corretta. Posso iniziare a piallare.
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2°) Je positionne ensuite la baguette en effectuant
un 1/3 de tour de façon à préserver la partie dure
du bambou, la cuticule. La baguette est positionnée 2 cm en retrait du repère d’origine. Je peux
commencer à raboter.
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3°) Piallo l’eccedenza del bamboo, poi passo il
raschietto. Quindi faccio avanzare il listello nella
planning form af inchè si trovi nella posizione
corretta quindi inisco con il raschietto.
Questa faccia dl listello è completata.
Utilizzo lo stesso metodo anche per gli altri
cinque listelli.
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3°) Je rabote l’excédent du bambou, puis je passe
le racloir. J’avance la baguette dans le gabarit
jusqu’au repère d’origine puis je ϔinis au racloir.
Cette face de la baguette est achevée. J’utilise la
même méthode pour les cinq autres baguettes.
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4°) A questo punto utilizzo la seconda regolazione della planning form per portare il listello alla
misura inale, piallando le altre facce del listello
e rispettando il medesimo procedimento:
leggera carteggiatura della parte esterna,
rotzione di 1/3 nella planning form, posizionamento spostanto di 2 cm rispetto a quello
corretto.
Quindi piallo l’eccedenza e poi passo il raschietto.
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4°) Je vais à présent utiliser le deuxième réglage
du gabarit pour mettre la baguette à la cote
ϔinale, en rabotant l’autre face de la baguette et
en respectant le même processus : léger ponçage
de la cuticule, 1/3 de tour de la baguette dans le
gabarit, positionnement en retrait de 2 cm par
rapport au repère « origine ».
Je rabote l’excédent puis je passe le racloir.
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5°) In ine, faccio scorrere il listello di 2 cm nella
planning form al ine di recuperare l’esatto
posizionamento e faccio una rotazione di 1/3 di
giro nella planning form per avere la parte
esterna del bamboo superioremente.
Effettuo quindi un leggero passaggio con il
raschietto.
5°) Enϔin, j’avance la baguette de 2 cm dans le
gabarit jusqu’au repère « origine » et je lui fais
effectuer un 1/3 de tour dans le gabarit pour
présenter la cuticule sur le dessus.
J’effectue un léger passage au racloir sur la
cuticule
Rimane solo da fare il controllo delle facce
prima di passare all’incollaggio dei listelli per
formare il blank.
Il reste à contrôler les cotes avant de passer au
collage des baguettes pour former le blank.
Conclusioni:
Per molto tempo ho utilizzato una sola planning
form di initura. Da poso dispondo di una
seconda planning form ed è una grande comodità. Tuttavia anche con un singolo attrezzo ho
utilizzato questo procedimento ottenendo dei
risultati apprezzabili., una precisione ottimale
nel controllo delle misure e un assemblaggio
perfetto dei listelli nell’incollatura.
Conclusion :
Pendant longtemps je n’ai utilisé qu’un seul
gabarit de ϔinition. Depuis peu je dispose d’un
second gabarit et c’est beaucoup plus confortable. Cependant, même avec un gabarit unique j’ai
toujours procédé de la même façon et obtenu
ainsi un confort de mise en oeuvre appréciable,
une précision optimale dans le contrôle des cotes
et un assemblage parfait des baguettes pendant
l’opération de collage.
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C
redo doveroso e piacevole spendere due parole all’inizio di questa recensione per ringraziare la
White ish Press e il Dott. Todd Larsen e per introdurre questa piccola ed intelligente casa editrice di
Cincinnati ai lettori.
La casa editrice è stata fondata nel 2006 dal Dr. Todd E.A. Larson con I suoi partners Marc T. Hanger e
Chad S. Beckett.
Tutti gli editori sono “per se” benemeriti: senza di loro, da Guttemberg in poi, non vi sarebbe la diffusione del libro e della letteratura come oggi la conosciamo.
Ma in particolare sono benemeriti gli editori che hanno il coraggio di esplorare terreni marginali, poco
frequentati – se non inesplorati - proprio come fa la Whithe ish Press.
Leggendo il loro catalogo (http://www.white ishpress.com/catalog.asp) trovate scritti oramai perduti,
notizie e fatti sul rodmaking di oggi e del passato, antiquariato e collezionismo, autori che si affacciano
ora con i loro scritti al pubblico dei lettori.
Ed è proprio di una giovane e nuova scrittrice – e del suo libro – che vi vorrei parlare.
La scrittrice è ERIN BLOCK, ed il libro è il suo THE VIEW FROM COAL CREEK: re lections on ly rods,
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Erin Block è cresciuta in una fattoria dell’Iowa, ha svolto i suoi studi come musicista – è una chitarrista
classica – svolge un lavoro di bibliotecaria in Colorado e, nel tempo che le rimane, è una accanita
pescatrice a mosca, ly tier e, come leggerete, impegnata nella costruzione di canne in bamboo.
No. Non vi preoccupate, non è il solito manuale – francamente un po’ noiosi - su come si costruisce una
canna in bamboo per la pesca a mosca. Tutt’altro. Il libro di Erin Block è un libro sulla vita, le ri lessioni, i dubbi di una giovane donna che descrive le proprie speranze e le proprie incertezze, attraverso il
quotidiano, il rapporto con la natura ed il senso dell’essere in una società complessa e talvolta
aliena/alienante.
Il libro mi ha richiamato alla mente un altro libro, Moose in the Water/Bamboo on the Bench: A Journal
and a Journey di Kathy Scott pubblicato nel 2000 dalla Alder Creek Enterprise.
Kathy Scott che la stessa Block ricorda nel suo libro e ringrazia negli acknowledgment.
Entrambe le due autrici parlano di loro e della loro vita in luoghi isolati, circondati dalla natura – Kathy
Scott nel Maine – con la presenza affettuosa dei loro cani e del catalizzatore emotivo che è la costruzione di una canna in bamboo. Della loro prima costruzione di una canna in bamboo. Kathy Scott sotto la
guida di suo marito David Van Burgel, costruttore molto stimato ed apprezzato. Erin Block allieva di
Frank Drummond - Brush Creek Cane, rodmaker Longmont, CO.
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Ma i parallelismi fra le due autrici iniscono qui, perché profonde sono le differenze fra i due libri.
Moose in the Water/Bamboo on the Bench è la descrizione di un lessico famigliare, di un mondo e di
una esperienza di vita cresciuta e vissuta all’interno di un unicum, descritto nel contesto di una famiglia nucleare, il racconto affettuoso attraverso il racconto di abitudini, comportamenti, riti del quotidiano.
The View from Coal Creek viceversa è un delicato Bildungsroman, un romanzo di formazione e per
questo, forse, complesso e particolarmente articolato, sia nella scrittura che nel ilo logico che lo
percorre. Il racconto, che in alcuni momenti sembra dipanarsi in un apparente percorso autonomo, è
viceversa ben saldo nelle mani dell’autrice che descrive il vivere e le scelte di una giovane donna con
una vivacità ed una attenzione particolarmente felici e si comprende come le sue scelte siano state
ponderate con attenzione ed intelligenza, ma anche con il sentimento e la passione.
Il racconto è accompagnato – anche dove non descritto – dalla presenza di Banjo, un grosso cagnone
bianco con gli occhi cerchiati di nero. Una presenza/ombra. Se la mia conoscenza dell’animo dei cani
non mi tradisce, Banjo è sempre un po’ in ansia per quello che pensa e fa la sua padrona/compagna. Ma
questa è una storia che ancora deve essere scritta.
Il libro mi è piaciuto molto e spero che l’autrice in futuro faccia due cose: continui a costruire canne in
bamboo, e soprattutto continui a scrivere.
Erin Block ha anche un blog molto piacevole ed intrigante http://mysteriesinternal.blogspot.it/
Belle le illustrazioni al libro di Kendall Zimmerman
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PARAFERNALIA:
The
Richardson
Chest Fly Box
di Marco Giardina
Parafernalia erano, nel Diritto Romano, quei beni (gioielli ed altri beni materiali) che restavano nella
disponibilità della moglie anche dopo il matrimonio
Nella accezione moderna, soprattutto di uso anglo-americano, Parafernalia sono l’armamentario, le
attrezzature, gli strumenti e gli accessori utilizzati in una particolare attività.
Qualcuno può sostenere che la pesca a mosca manca di un tale “armamentario”? Giammai!
Per cui vorrei iniziare con questo articolo un piccolo spazio in BJ dedicato appunto a quegli attrezzi,
gadget e “inutilitaria” che tanto ci affascina e rende, in fondo, più lieve la vita.
Naturalmente – ça va sans dire – oggetti che ben si sposino con canne in bamboo o, ancora meglio, con
la loro costruzione. E che comunque siano, appunto, lievi e non indispensabili, ma accattivanti e e
grati icanti.
Potrebbe essere un mulinello particolare, introvabile, costruito, da un artigiano possibilmente scomparso.
Oppure un attrezzo per la costruzione, insolito e, possibilmente, non indispensabile, ma di quelli che
appena li vedi non puoi fare a meno di dire “…lo voglio!...”. Ad esempio il piccolo martello con testa in
ottone della Lie-Nielsen o la lama giapponese in acciaio san-mai per pialle Stanley. Penso che anche
uno scraper giapponese in legno di quercia potrebbe fare la sua igura.
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Ma ora passiamo all’oggetto del mio esaudito desiderio.
Ne ho scoperto l’esistenza trovando l’annuncio
di uno in vendita sulla sezione “Annunci” del
benemerito Classic Fly Rod Forum. Ne sono
rimasto incantato, ma, non avevo fatto in tempo
a leggere l’annuncio ed ammirare le foto…che
era già stato venduto!
Ho ripiegato sul web e ho trovato la pagina di
chi oggi ancora lo costruisce: Bob C. Hegedus Jr.
Un poco di storia: la costruzione del Chest Fly
Box venne iniziata nel 1948 da Ronald Fye che
continuò la produzione ino al 1960. Dal 1960
la produzione passò a Rex Richardson – che
darà il nome de initivo - ino al 1995, quando
subentra Robert C. Hegedus, af iancato, ino al
2011, da Karl Weber.
Il Richardson Chest Fly Box è il tipico prodotto
di nicchia americano. Grande abilità manuale,
disegno pulito ed essenziale, materiali della
migliore qualità. Niente compromessi nella
realizzazione. Un vero gioiello artigianale,
supportato da un ottimo e time-proven progetto
indirizzato all’uso ed all’ef icienza.
Il ly box si presenta, nella sua forma standard,
come uno scatolotto cubico in alluminio, di circa
cm 12.7X15.2X …la terza dimensione la stabilirete voi.
Il box è composto da una serie di piccoli vassoi,
incernierati fra loro e chiusi da un intelligente
sistema che vi permette di accedere ai vari
vassoi con la semplice pressione di un dito.
I vassoi possono essere impacchettati da uno a
cinque, ino a far diventare il sistema profondo
cm 12.7 e del peso di g 680.
I vassoi hanno ciascuno un proprio coperchio
con cerniera che rimane aperto per mostrare il
contenuto e fare da piano di appoggio.
I vassoi possono avere varie con igurazioni:
cellette per riporre dry lies, inserti in foam di
vario tipo al posto delle cellette, scomparto per
tippet dispensers. Il tutto combinabile a piacere.
E vari accessori, come la lente di ingrandimento,
una luce con braccetto snodabile – indispensabile per i coup de soire – un porta bottiglietta
loatant costruito su misura per il vostro
prodotto preferito.
Eppoi vari “imbraghi” per indossare comodamente il box. Di pelle ed in stoffa pesante.
Il modello che io ho scelto è il The Original Style
– vi sono altre tre versioni – De Lux Finish: cioè
con una verniciatura verde tipo Textured
Powder Coating, cernire/chiusure a vista in
ottone, vassoi con 15 cellette/compartimenti.
Il Chest Box, come indica il nome, deve essere
indossato al centro del torace, diciamo
all’altezza dello sterno e, grazie alle sue dimensioni, ci lascia liberi di muoverci senza alcun
impedimento e fastidio.
Io, come alcuni sanno, sono pigro in maniera
radicata, forse genetica, ma – casomai non
bastasse - sono anche leggermente ansioso.
Questo signi ica che se vado a pesca non riesco a
non portare TUTTE le mosche che posseggo, o
quasi.
Questo signi ica, ovviamente, riempire il gilet di
almeno una decina di scatole di varia grandezza
e forma ed assomigliare in tutto e per tutto ad
un omino Michelin spigoloso.
Bene, con la capacità di carico del Richardson
Chest Fly Box ora posso girare sul iume senza
fardelli eccessivi, giusto un piccolo marsupio
per una lattina di Coca Cola e qualche altro
genere di prima necessità. Abolito il gilet e fatta
salva la mia salute mentale
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E’ ovvio comunque che alla ine della giornata avrò usato le solite sei o sette moschine di sempre, ma
perché stressarmi!
Il costo.
Modello de-lux con quattro vassoi con cellette, imbrago in pelle realizzato da artigiano amish, Lampada
laterale e porta loat, $390 più $45 di spedizione. 435 Dollari pari a circa 333 Euro.
Ora, paragonando questo prezzo a singole scatole di qualità con analoghe caratteristiche di stivaggio,
tipo le Richard Wheatley, dobbiamo preventivare circa $385. Anche con le C&F non si và molto più
lontano. Dunque l’equazione qualità/costo/bene icio regge perfettamente.
Ci sarà pur bene qualcosa di negativo. Si! Tempo di consegna dall’ordine: 10/12 mesi.
Per ulteriori approfondimenti vi rimando al sito http://www.chest lybox.com/
La The Richardson Chest Fly Box Company è sita a Bellefonte nello stato della Pensylvania.
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TurbocompounD
di Giovanni Nese
Grazie, ho ricevuto molti complimenti. Non ci sono abituato, sono di scuola teutonica, più abituato a
ricevere critiche, costruttive dicono loro, e sagaci contumelie che complimenti. Ai tempi miei a scuola
anche se andavi benissimo avevi solo fatto il tuo dovere, se andava male era meglio non essere in giro
per casa quando ritornava tuo padre...
Il taper lo chiamerete come preferite, io li chiamo “ret.vel” ,rettangolare veloce ed “esatra incrociato”
ma forse andrebbe trovato un nome più azzeccato, Marzio l'ha nominata compound e devo dire che la
cosa mi garba molto. Mi ha fatto venire in mente i turbocompound Wright R-3350 Duplex Cyclone che
montava la Lockheed sui Constellation secondo me è stato il più bel matrimonio che potesse nascere tra un motore a pistoni e una turbina. Poteva spingere il motore o la turbina ognuno con il suo
ruolo, ma intercambiabile e la turbina sovralimentava anche il motore a pistoni...
Il taper che vedete è abbastanza articolato e nasce da un quesito ben preciso nato dopo un paio di anni
di frequentazione della TLT ACADEMY di Roberto PRAGLIOLA e un bel po' di chiacchiere che hanno
coinvolto amici, conoscenti e tutti quelli con cui mi sono messo a parlare di canne e che mi hanno dato
ascolto: “Come faccio a tirar fuori velocità da una canna di bamboo?”
La geometria da ragione alle canne lunghe, ma le inerzie poi castigano da matti, ne segue che la canna
deve essere corta e leggera, quanto corta? 7, 6 , 5 piedi? Scartati i 5' che sono una misura ridicola e i 7'
che cominciano anche loro ad avere qualche problema legato alle masse e alle inerzie, mi sono dato un
risposta da solo, la più lunga monopezzo che riesci a trasportare in macchina incastrata tra il lunotto
posteriore e il sedile. 6'3”!
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C'è anche un altro presupposto alla base della progettazione: la velocità dell'apicale può essere
parzialmente svincolata dalla lunghezza della canna e legata alle frequenze di oscillazione dell'attrezzo.
Ovvero se la canna ha una vibrazione di base di 10 cicli al secondo, il primo modo di vibrare, ( ricordate il lavoro fatto da Gabriele Gori e da Marco Giardina sulle frequenze?) quando eseguo il gesto del
lancio io applico alla canna una rotazione e degli spostamenti. il risultato più ef iciente in termini di
velocità dell'apicale che riesco ad ottenere è dato dalla somma della frequenza di base: il ritorno
elastico, con la somma degli spostamenti e rotazioni: rototraslazione, che io applico alla canna nel
gesto di lancio.
L'intuizione di Roberto PRAGLIOLA che quali ica la sua tecnica di lancio ed il criterio su cui è stata
ideata la IBRA PRAGLIOLA e queste canne è stato di andare a sommare a questo movimento di rototraslazione non la prima ma la terza frequenza di vibrazione dell'attrezzo. Se la frequenza è alta, è circa
3 volte più alta, sarà più alta la velocità di spostamento del cimino e la velocità di proiezione della coda:
Devo “solamente” coordinare i gesti del lancio in modo che la somma delle velocità sia coerente;
ovvero che : rotazione x braccio di leva+ avanzamento+ rotazione del vettino, che è in fase di ritorno
elastico, si sommino e proiettino la coda nella direzione scelta. Facile a dirsi, un po' meno a farsi senza
passare da una buona scuola di lancio, qualche dritta e assiduo allenamento...
Non è un caso che la tecnica che usiamo in Italia meravigli così tanto i nostri ospiti stranieri e ben più
numerosi connazionali, tutti intuiscono che dentro c'è qualche cosa di molto buono ma è dif icile capire
che cosa sia e come produrlo. Monna lisa non l'hanno capita ior di intellettuali in 500 anni e la teoria
della relatività generale la conoscono in 4, dei 4 due non sanno spiegarla...
C'è da aprire, per amor di correttezza un altro capitolo che individua il gesto che gli americani chiamano rebound, richiamo, rimbalzo e che nel fornire velocità all'apicale fa fare anche lui alla canna la
somma della rototraslazione con il terzo modo di vibrare, se volete documentarvi al riguardo c'è
parecchia roba nel sito di sexyloops con analisi approfondite e documentate. In sintesi: il gesto che
sfrutta questa tecnica è quello classico legato allo stop. La rotazione + lo stop brusco va a sommare la
velocità del vettino dovuta alla rotazione della canna V= ω*r, r è la lunghezza della canna, ωla velocità
di rotazione, con la vibrazione indotta dal brusco arresto e dal richiamo che si somma, in fase, con il
movimento dovuto alla rotazione del braccio e polso. Non male come risultato. Rispetto alla tecnica di
RP mancano ancora la traslazione e l'effetto paranco che possono ancora aumentare la velocità.
Le cose da mettere assieme per lanciare veloce sono parecchie e alcune ancora mi sfuggono ma conto
di arrivarci nei prossimi 20 anni.
Torniamo alla canna, ammesso di aver capito che cosa mi può dare la tecnica di lancio e ammesso di
conoscere la sequenza geometrica delle gestualità del lancio veloce devo far in modo che la canna sposi
questa geometria al meglio. Ovvero fare in modo che sia la canna a fare gran parte del lavoro e che il
gesto di lancio possa essere reso più umano, più facile.
Devo caricare di energia l'attrezzo
E = 1\2*m*v^2*1\2*I*ω^2
e per farlo ho a disposizione due movimenti: traslazione e rotazione, il più ef iciente dei due è la
rotazione, caricare di energia una canna vuol dire sostanzialmente letterla, chi è dei termini che
compaiono nell'espressione che porta più energia?
I termini legati alla velocità , traslazione “v” e rotazione”ω” sono i più ef icienti, hanno un esponente
“2”, anche le masse possono dare un contributo. Hanno però esponente “1” ed è un contributo che si
paga salato: le masse sono legate alle inerzie e dopo averle messe in movimento devo, rallentarle e
fermarle. Meglio lasciarle piccole,usare canne piccole, meglio usare le velocità, rotazioni e le traslazioni. Se faccio analisi dimensionale sui termini noto che tra i due movimenti in quello rotazionale interviene il momento di inerzia dell'intera canna che è legato con potenza 2 alla massa dell'attrezzo. Ho
quindi un vantaggio gratuito se privilegio la rotazione. Le trottole lo sanno, a parità di peso conviene
concentrare le masse in periferia, lontane dal centro di rotazione, se ne guadagna in stabilità del moto e
in potenza!
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 26
Bamboo Journal
Quindi devo ruotare, devo ruotare e lettere la canna, incamerare energia elastica senza spingerla
subito sul cimino e sulla coda come farebbe una canna rigida ma conservarla per un istante, il tempo di
mettere la canna nella giusta posizione, un istante che mi permette di trasferire l'energia nel vettino,
negli ultimi pochi centimetri sotto l'apicale. Per far questo mi serve un settore di canna bello duro
appena sopra il calciolo, che fa da leva e allunga il braccio d'azione, un tratto lessibile, che incamera
energia elastica, che si lette, posizionato appena sopra il tratto rigido, un ulteriore tratto rigido che
trasferisce energia alla punta della canna e un vettino, gli ultimi centimetri, pochi centimetri, larghissimo e basso che sia lessibile , sopporti grandissime deformazioni e sia forte!
Tutto qui!
Il taper compound ha questa inalità: trasferire l'energia nel cimino. Con quella frazione di secondo di
ritardo che mi consente di spianare la canna e “mirare” alla bollata, usare la canna come un lungo dito
indice indirizzato al bersaglio. Tutto qui!
Perchè ho usato un taper compound e rettangolare. È rettangolare per via del fatto che è più facile da
fare, più stabile dimensionalmente quando è sottoposto a lessione, più leggero e potente. Il compound
nasce dalla necessità di realizzare le varie rastremature che lavorano nella canna e facilitano la
caratterizzazione del gesto di lancio veloce alla Pragliola. Le sezioni alte agiscono come leve e la loro
azione è immediata, le sezione larghe agiscono come molle, incamerano energia elastica e la restituiscono in ritardo. Un altro paio di concetti che troviamo spesso negli scritti e nella teoria del lancio di
Roberto.
Un paio di prototipi, 20 anni di canne (sic) e un po' di fortuna e il gioco è fatto, perfettibile, ovviamente;
c'è la possibilità di farla un poco più lunga se avete una macchina più grande della mia, ma non è il
caso di arrischiare oltre un paio di pollici. Con queste velocità le inerzie diventano immediatamente
percepibili e il loro effetto è immediatamente evidente e dannoso. Il primo ad accorgersi della mutata
situazione sarà la capacità di assorbimento delle vibrazioni residue che sulle canne corte praticamente non esistono e si presentano invece evidenti e inarrestabili anche con allungamenti di pochi centimetri.
Esagonali? Non ho la planing per fare le quadre. Come faccio?
E qui si che le cose cominciamo a farsi dif icili. Le stesse rastremature le posso realizzare anche su
sezione esagonale. Le dif icoltà non sono insuperabili ma non tutte le planing consentono di realizzare gli strip in un unica passata o i vettini particolarmente sottili e ci si dovrà adattare a fare più di
qualche regolazione e qualche passata di scraper e cartavetro in fase di initura sulle ibre esterne.
Un altra soluzione, ideale per la sperimentazione è di farle PMQ, a due strip. Non serve praticamente
niente , neanche la planing form, solo un calibro, la pialla e una buona dose di pazienza ed interesse.
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pagina 27
Bamboo Journal
Qui sotto ci sono le misure raccolte dalle canne provate sabato al meeting 2013 IBRA a Sansepolcro. Le
canne sono state ripulite da colla e smalto dopo l'incollatura.
6'3”#3 “quadra”
6'3”#5 “quadra”
strip
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
strip
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
1-3
134
176
260
334
401
441
482
504
523
534
542
546
613
706
760
800
2-4
202
229
259
300
342
373
414
436
464
493
509
553
576
630
653
650
1-3
139
181
261
365
430
460
501
524
539
551
539
588
658
753
784
800
2-4
228
252
273
303
342
394
424
460
504
534
585
600
616
657
650
650
e qui ci sono i taper portati ad esagonale.
Sono un altra cosa, rispetto alle quadre, sono un po' più pesanti e morbidi.
A mio giudizio hanno un trasferimento di energia dalla base verso il cimino ancora migliore delle
quadre, ma sono un po' più lenti. Nello schema riportato sotto sono evidenti i problemi legati alle
dimensioni degli strip nelle varie posizioni, le misure non sono quelle del taper riportato, servono a
dare un indicazione di quanto del vertice interno sia necessario togliere.
6'3”#3 “esagonale”
6'3”#5 “esagonale”
strip
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
strip
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
1-4
121
168
253
329
398
443
488
516
541
559
574
585
655
748
805
850
2-3-5-6
190
219
250
292
335
367
409
433
462
493
511
556
581
634
659
660
Italian Bamboo Rodmakers Association
1-4
126
172
254
357
425
460
506
535
556
575
571
624
696
791
828
850
2-3-5-6
214
240
263
295
335
386
418
455
499
531
582
599
618
659
657
660
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Bamboo Journal
Piccolo inciso: ho fatto 3 ret.vel e 4 esatra
incrociate, 3 di queste si sono rotte! E ovviamente riaggiustate, ma ne ho rotte 3 in fase di
costruzione. È la prima volta che mi capita. Alla
prima e alla terza ho rotto uno strip in fase di
smussatura dello spigolo interno, la quarta l'ho
rotta in un incidente di verniciatura, la seconda
che ho fatto l'ho fatta in 2 pezzi ed è andato
tutto bene. Ne consegue che sono proprio le
monopezzo esagonali ad avere problemi,
almeno con me.
Ciao
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 29
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 30
Bamboo Journal
IBRA
Raduno 2013
Sansepolcro 24-25-26 maggio 2013
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 31
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 32
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 33
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 34
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
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Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 36
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 37
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 38
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
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Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 40
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 41
Italian Bamboo Rodmakers Association
Bamboo Journal
pagina 42
Bamboo Journal
I miti del Rodmaking
§§§
il trattamento dei nodi
di Gabriele Gori e Marco Giardina
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 43
Bamboo Journal
Costruire una canna in bamboo è come preparare una zuppa di pesce!
Gli ingredienti sono più o meno sempre gli
stessi: pezzi di pesce più o meno pregiati –
raramente – molluschi cefalopodi, qualche
crostaceo, una manciata di bivalvi. Insomma,
poca roba. facile da trovate e accompagnata da
fette di pane e brodo.
Eppure non vi sono due zuppe di pesce su
questa terra che possano dirsi eguali: il brodetto
anconitano è cosa ben differente dal cacciucco
livornese, ‘a zuppa del golfo di Napoli è profondamente diversa dalla zuppa aromatizzata con
lo zafferano o alla Quàtaro di Porto Cesareo e
in ine se si attraversa il Tirreno, ci si perde nel
mare magno delle bouillabaisse provenzali. E
così sarà ancora percorrendo sulle strade del
gusto tutto l’arco mediterraneo.
Non sono tanto i prodotti base che fanno la
differenza, ma soprattutto i modi di unirli, i gesti
che portano poveri pesci scartati dal mercato a
divenire un capolavoro per il palato.
Così è per la costruzione di una canna in
bamboo: le componenti base sono semplici.
Listelli di bamboo, colle, sete e ili di varia
natura, pezzetti di metallo – magari costosi, ma
di certo non preziosi – e poche altre cose. Poca
roba, ma è il modo – o meglio i modi – di unirli
insieme che fa la differenza e ci permette di dire
che una canna è una grande canna…oppure no!
Apparentemente il processo costruttivo di una
canna sembra oramai abbastanza codi icato, ma
questa è solo una apparenza, un velo di illusione.
Dopo dieci anni di rodmaking – d’accordo, non
sono molti, ma non sono neppure da buttare –
una libreria di libri letti sull’argomento, conversazioni con costruttori di grande spicco e di non
meno grande saggezza, articoli, discussioni su
forum e mailing list ed in ine interminabili
serate a pensare alle soluzioni più “furbe” per
risolvere al meglio i mille problemi del rodmaking, mi sono convinto che ogni passaggio
costruttivo, anche il più banale, può essere
risolto e portato a termine con una serie di varie
procedure e metodi talvolta anche diametralmente diversi fra loro, ma che alla ine giungono
allo stesso risultato costruttivo inale.
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 44
Eppure, pur giungendo più o meno allo stesso
risultato, questi “modi diversi” di realizzare un
certo processo scatenano talvolta accese discussioni fra gli addetti ai lavori, quasi che vi siano
implicazioni etiche, strade “giuste” e strade
“sbagliate” o processi “morali” e processi
“immorali” su come giungere ad un certo ine.
Tipico, e francamente ridicolo, l’annoso scontro
fra il “Fatto Esclusivamente a Mano” e l’uso di
una macchina in certi processi.
Ma vi sono anche più sottili campi di contrasto
fra i rodmaker.
Talvolta una vera e propria Guerra al Grande
Nulla.
Fra questi campi di battaglia, sicuramente uno
dei più intriganti è quello del trattamento dei
nodi.
Se un giorno la tecnica degli Organismi Geneticamente Modi icati dovesse essere introdotta
nella coltivazione della Pseudosasa Amabilis,
spero che il suo primo campo di applicazione
avvenga nella eliminazione degli ingrossamenti
esterni dei nodi.
Bamboo Journal
Belle canne perfettamente cilindriche senza
soluzione di continuità. Così si porrà ine ad una
interminabile sequela di discussioni – spesso
inutili – su come avere al meglio delle strip
rettilinee e piatte.
Una fonte certamente ricca di suggestioni ed
informazioni è il prezioso sito web di Todd
Telma Bamboo Rodmaking Tips
(http://www.bamboorodmaking.com).
Nella sottosezione TIPS troverete una vera
miniera di informazioni, ben suddivisa nei vari
temi, e fra questi ricco è il tema del trattamento
dei nodi: ben sette sotto-temi.
Filing, General, Planing, Pressing, Sanding,
Steaming, Straightening, ovvero Limare, Generale, Piallare, Pressare, Abradere, Uso del Vapore,
Raddrizzamento.
Dato il tema della ricerca oggetto di questa
relazione , possiamo circoscrivere il tutto a due
elementi fondamentali: rimozione di materiale
con varie tecniche consimili o che almeno
portano allo stesso risultato che possiamo
chiamare “rimozione brutale del nodo”,
Filing ...
Pressing ...
inteso come rimozione dell’ingobbimento esterno
del nodo in maniera deϔinitiva
inteso come schiacciamento forzato del nodo
Ambedue le tecniche si pre iggono lo stesso obiettivo che è quello di avere ...
delle strip perfettamente piatte!
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pagina 45
Su queste due procedure sono stati spesi iumi
di inchiostro, si sono rotte amicizie, è stata
richiamata l’etica del rodmaking – una decina di
anni fà lessi una cosa esilarante: un rodmaker
tedesco diceva che non poteva confessare il
proprio modo di rimuovere i nodi per timore di
essere messo al bando dalla comunità. Ed io
stesso, che affermavo di limare l’esterno dei
nodi, mi sentii dire che limando i nodi “facevo
canne di bassa qualità”. Evviva! –
Bamboo Journal
E non so quanto questo faccia bene al bamboo.
Fra i Cavalieri della Lima, che affrontano senza
timore i nodi irrequieti, dobbiamo arruolare
Everett Garrison.
Ma in realtà non è stata mai posta una pietra
angolare sulla quale poter iniziare una serena
conversazione sull’argomento. In altri termini
non sono mai stati fatto test signi icativi su
questo argomento.
Lo schiacciamento dei nodi ha avuto nella storia
un grande al iere, Jim Payne.
Cito le sue parole come appaiono nel suo catalogo del 1951 “Before illing down the nodes or
raised joints on the cane, we employ an extra
straightening process so that only a small
projection is left to be illed off and the vital
hard surface ibers are not cut away in the wide
area adjacent to the node.”
In realtà credo si possa dire che la tecnica di
trattamento dei nodi della Payne Co. sia un
attento mix delle due tecniche di schiacciamento a caldo e di rimozione isica del nodo.
D’altronde un limite del sistema Schiacciamento
e manifesto ogni volta che temprando le strips i
Piccoli Bastardi si rigon iano ed appaiono di
nuovo, costringendo ad una altra sessione di
riscaldamento e schiacciamento.
Leggendo con cura il libro e soprattutto osservando il docu- ilm di Hoagy Carmichael è
evidente che il Maestro di Yonker trattava i nodi
con mano ferma e modi sbrigativi.
Per altro sembrerebbe che i due metodi dividano oggi i rodmaker in due fronti, da un lato i
professionisti che devono adeguare i metodi del
loro lavoro a delle esigenze realistiche – pranzo
e cena e soprattutto le scarpe per i bambini – e
gli amatori, per i quali i tempi di costruzione di
una canna non sono sempre stringenti.
Grandi rodmaker contemporanei, come Glenn
Bracket, impongono al nodo le loro ragioni a
colpi di disco abrasivo ed anche un grande
cultore della manualità come Mike D. Clark non
disdegna di lasciare i nodi alle capaci mani della
elegante Katy Shulkin-Jansen e della sua Levigatrice a Nastro verticale.
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pagina 46
IL TEST
Se uno dei due metodi è superiore all’altro in
termini di qualità del risultato dal punto di vista
meccanico, allora i due procedimenti debbono
comportare differenze nelle caratteristiche
inali di resistenza e di deformabilità.
Quindi abbiamo pensato di sottoporre ad un
test di forza-spostamento listelli trattati con i
due diversi sistemi.
Come sappiamo, il bamboo è un materiale non
troppo omogeneo: da un culmo all’altro ed
anche nello stesso culmo ci sono differenze
nelle caratteristiche isiche e meccaniche tra la
parte alta e quella bassa.
E addirittura possono esserci variazioni delle
caratteristiche meccaniche anche a seconda del
posizione all’interno della sezione del culmo.
La conclusione è scontata: qualunque test sul
bamboo deve essere condotto su base statistica.
PREPARAZIONE DEI PROVINI
Da una bella stanga di bamboo sono stati
realizzati 24 listelli nella parte superiore ed altri
24 in quella inferiore per un totale di 48 listelli
ciascuno dei quali contenente due nodi.
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Bamboo Journal
pagina 47
Bamboo Journal
I listelli sono stati piallati da un noto rodmaker con la Morgan Hand Mill con la testa 61° alla misura
di mm 3,98.
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pagina 48
Bamboo Journal
Sono stati ottenuti 24 listelli dalla parte inferiore del culmo e 24 listelli dalla parte superiore.
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MARCATURA DEI PROVINI
La marcatura dei provini e’ stata organizzata nel
seguente modo:
Con i numeri da 1 a 24 sono state contrassegnate in senso orario le posizioni degli strip nel
culmo, con le lettere A e B sono stati identi icati
rispettivamente la parte alta e quella bassa del
culmo, per cui ad esempio il campione 3A
identi ica il terzo strip della parte superiore del
culmo.
Poi siccome ogni strip contiene due nodi, è
stata aggiunto il numero 1 per identi icare il
nodo più basso dello strip ed il numero 2 per
identi icare quello più in alto.
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pagina 50
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In de initiva si sono ottenuti i seguenti campioni
da sottoporre ai test:
- 24 provini senza nodi dalla parte bassa del
culmo 1-24 B
- 24 provini senza nodi dalla parte alta del
culmo 1-24 A
- 24 provini contenenti il nodo inferiore della
parte bassa del culmo 1-24 B1
- 24 provini contenenti il nodo superiore della
parte bassa del culmo 1-24 B2
- 24 provini contenenti il nodo inferiore della
parte alta del culmo 1-24 A1
- 24 provini contenenti il nodo superiore della
parte alta del culmo 1-24 A2
Per un totale di 144 provini.
Per cui, ad esempio il provino 24 B 2 si riferisce al nodo più alto del 24° listello della parte
bassa del culmo, ed il 9A1 indica il nodo in
basso del nono listello della parte alta del
culmo.
In ine i provini dispari contenenti i nodi sono
stati sottoposti a trattamento mediante schiacciamento, mentre quelli pari a limatura.
I provini sono stati misurati in tre punti : qui di
seguito, a titolo di esmpio, le misurazioni di un
gruppo di 13 listelli.
I provini marcati solo con il primo numero da
1 a 24 e sola lettera (A o B) si riferiscono
provini privi di nodi.
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GLI STRUMENTI DI MISURA
Gli strumenti di misura e l’attrezzatura utilizzati per i test di forza - spostamento:
DINAMOMETRO DIGITALE SAUTER FH50 CON
RANGE DI MISURA 0-50 N LETTURA 0,01 N
BANCO DI PROVA MANUALE SAUTER MOD. TVL
MISURATORE DISTANZE DIGITALE
CENTESIMALE
SOFTWARE AFH-FD-01 PER LETTURE SIMULTANEE DI FORZA-SPOSTAMENTO
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LE PROVE
Il test è consistito nel caricare progressivamente i provini nel punto centrale con forza crescente ino
alla rottura, eseguendo una serie (circa 100 per ogni campione) di letture simultanee della forza e del
corrispondente spostamento.
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pagina 53
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Bamboo Journal
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I RISULTATI
Per motivi di spazio qui riportiamo a titolo di esempio e per illustrare il procedimento, alcuni gra ici
dei risultati ottenuti elaborando i risultati delle misurazioni.
Comunque chi è interessato può trovare tutti i risultati ed i relativi gra ici al seguente link:
www.rodmakers.eu/Allegati/nodi.zip
Il gra ico sottostante si riferisce ai provini ricavati dalla parte alta del culmo contenenti il nodo più
basso, trattati con la morsa.
Sull’asse verticale è riportata la forza applicata in Newton (1N a 102 grammi)
e su quello orizzontale il corrispondente spostamento in millimetri.
I gra ici delle altre serie di provini DA2,DB1,DB2,PA1,PA2,PB1,PB2, si possono trovare al link:
www.rodmakers.eu/Allegati/nodi.zip
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pagina 56
Bamboo Journal
Successivamente sono state fatte le medie dei risultati di ciascuna serie e messi a confronto i risultati
dei provini aventi analoga posizione nella stanga, ma sottoposti ai due differenti metodi di trattamento
dei nodi.
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Bamboo Journal
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Bamboo Journal
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Bamboo Journal
pagina 60
Bamboo Journal
I gra ici delle pagine precedenti mostrano che non ci sono differenze statisticamente rilevanti tra la
resistenza a rottura dei provini con nodi trattati con i due diversi metodi.
Se proprio vogliamo, potremmo tutt’al più notare che i nodi limati presentano una rottura leggermente
più fragile di quelli pressati: in tre dei gra ici il test “t” di Student indica una certa probabilità che la
maggiore deformazione a rottura dei provini con nodi pressati non sia dovuta al caso, ma bensì al
diverso trattamento.
PROVINI SENZA NODI
Analoghi con analoghi criteri test sono stati eseguiti per i provini senza nodi, i cui risultati si possono
consultare al link:
www.rodmakers.eu/Allegati/nodi.zip
Qui riportiamo solo il gra ico che pone a confronto la media di tutti i provini con i nodi rispetto a quelli
senza nodi
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pagina 61
Bamboo Journal
CONCLUSIONI
1) I nodi sono un elemento di discontinuità del materiale bamboo che produce il duplice effetto
negativo di ridurre la resistenza a rottura e di renderla più fragile . La resistenza diminuisce di circa il
15% e la deformazione a rottura di circa il 20%
2) Il trattamento dei nodi mediante schiacciatura o mediante riduzione per abrasione non produce
effetti apprezzabili sulle caratteristiche meccaniche dei nodi e pertanto in termini di resistenza inale
della canna i due trattamenti si equivalgono.
Sorprendente vero?
Si è discusso per decenni sull’argomento nodi. Veri scontri ideologici con feriti e contusi su ambo i
fronti.
La diatriba divenne soprattutto dura e serrata in Europa dagli anni ’90, s iorando momenti di integralismo.
Coloro che toccavano il nodo senza rispetto e con strumenti atti ad offenderlo, erano ostracizzati e
messi al bando.
Peraltro è divertente constatare come spesso la canonicità nella costruzione manuale di una canna in
bamboo si rifaccia immancabilmente al libro di Everett Garrison e Hoagy B. Carmichael A Master's
Guide to Building a Bamboo Fly Rod, dove gli autori – come abbiamo già accennato all’inizio di questo
lavoro - non parlano mai di “schiacciare nodi”, ma anzi si parla di limare, come è possibile per altro
vedere l’operazione direttamente fatta dal Maestro nel ilm/documentario realizzato appunto da
Carmichael nel 1973.
In realtà l’operazione di schiacciamento dei nodi era praticata da un altro Gigante del Bamboo Rodmaking. Jim Payne, con un apposito” schiaccianodi”.
Alla luce dei risultati della ricerca che abbiamo presentato, è possibile dire che – dal punto di vista
strutturale – l’operazione di schiacciamento o l’operazione di limatura (o di abrasione, o di piallatura)
sono equivalenti.
Non si può per altro negare che la schiacciatura produce un nodo più corto a differenza delle altre
operazioni di eliminazione.
Da questo punto di vista il nodo appare più elegante.
Dunque, tutto diventa più una scelta estetica e formale che non un risultato strutturale e di funzionalità
meccanica e soprattutto diviene evidente che la querelle del nodo fa parte a pieno diritto dei Miti del
Rodmaking.
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pagina 62
Bamboo Journal
Alberto Coppini
Ama definirsi “scultore a mosca” ... quando non
pesca, attraverso la sua Arte, cerca di far rivivere i
suoi pesci.
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 63
Bamboo Journal
Hardy’s at IBRA
di Andrew Herd
E' dif icile per Calum, Tom e per il sottoscritto
rendere attraverso le parole quanto sia l'apprezzamento per l'invito al raduno di questa primavera. Hardy realizza canne in bamboo da oltre
un secolo, ma è sempre bello avere la possibilità
di incontrare nuove persone e vedere nuovi
modi di realizzare le stesse cose.
L'ospitalità è stata eccellente, il cibo meraviglioso e l'hotel superbo - è dif icile pensare ad un
altro incontro dove siamo stati meglio, anche se
Air France ha fatto del suo meglio per fare in
modo che le nostre canne non ce la facessero ad
arrivare in tempo a Sansepolcro e anche se il
tempo (meteorologico) era proprio come a casa
nostra!
E' molto dif icile decidere da dove iniziare per
descrivere quanto abbiamo imparato durante il
ine settimana, ma più che altro è stato fantastico incontrare tanti appassionati di bamboo.
Il principale mercato di Hardy per le canne di
bamboo è quello degli Stati Uniti, più che il
regno Unito, dove, per ragioni storiche, i "drogati" di canne in bamboo sono relativamente rari.
Questo spesso sorprende i turisti, specialmente
quando visitano luoghi come i chalk streams,
dove i visitatori si aspettano di trovare tutti i
pescatori che indossano tweed mentre pescano
con canne in bamboo, è piuttosto uno shock
quando scoprono che la norma è: abbigliamento
tecnico, cappellini da baseball e ibra di carbonio high-tech. L'ironia di questa situazione da un
punto di vista del marketing è che molto spesso
bisogna convincere i pescatori britannici che
l'acquisto di una canna in bamboo non è un
passo indietro nel passato, ma piuttosto un salto
in un nuovo mondo dove ogni canna è unica e ha
il potenziale per diventare una buona amica se
si ha il tempo per imparare a conoscerla.
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 64
Le ragioni di questo allontanamento dai materiali naturali sono molto complesse, ma hanno
molto a che fare con l'esplosione dell'interesse
per la pesca in acque ferme nel regno Unito
durante gli anni ottanta e novanta, un tipo di
pesca che richiedeva canne molto potenti
progettate per lanciare a distanze elevate. Lo
sviluppo della ibra di carbonio in Hardy si è
evoluto in questo senso e, anche se l'azienda ha
sempre costruito in bamboo, si è presa un po' di
tempo per trasformarlo in un prodotto al top di
gamma.
Il contrasto tra la pesca a mosca inglese e quella
italiana era una delle tante cose che ci ha colpito
durante il nostro viaggio. Mentre in Gran Bretagna abbiamo molti club con storie che risalgono
a più di un secolo or sono (uno, lo Houghton
Club, è stato fondato nel 1822), è stata una
rivelazione per noi scoprire che la pesca a
mosca italiana risale effettivamente solo agli
anni '70, nonostante una lunghissima storia
della pesca alla Valsesiana. Nel regno Unito
abbiamo molte riviste di pesca a mosca, mentre
in Italia sembra ve ne siano solo poche - e
tuttavia in Italia si è riusciti a sviluppare una
propria tecnica di lancio e un entusiasmo che ci
ha sicuramente contagiati quando siamo tornati.
Bamboo Journal
Ciò che ci ha colpito di più è che in pochi decenni, l'Italia è riuscita a crescere nella realizzazione amatoriale di canne in bamboo costruendo
una tradizione che ci fa vergognare della nostra;
un raduno come quello dell'IBRA è impossibile
da immaginare in Gran Bretagna, semplicemente perché non ci sono più abbastanza persone
interessate a costruire le proprie canne. Forse,
per alcuni, Hardy dovrebbe assumersene la
colpa perché ha realizzato una tale quantità di
canne classiche che ci sono voluti diversi decenni per esaurirne le scorte!
Ho speso un sacco di tempo per cercare di
capire perché l'Italia ha così tanto entusiasmo
per la costruzione delle canne in bamboo
rispetto al Regno Unito - e ho deciso che il
motivo deve avere a che fare con la passione
italiana per l'arte. Il rinascimento non è iniziato
in Italia per caso e sono talmente tanti i grandi
dipinti e le grandi sculture che ha senso che i
pescatori italiani abbiano costruito col bamboo,
non vi è un materiale più attraente e i costruttori dell'IBRA hanno creato alcune opere degne
dei grandi maestri. Ci siamo ispirati a quello che
abbiamo visto e il nostro unico rimpianto è che
abbiamo avuto troppo poco tempo da passare
con questo gruppo di fratelli.
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 65
Bamboo Journal
6° European Rodmakers Gathering
organizzato dai rodmakers svizzeri dal 4 a 6 Ottobre 2013 a Charmey in Gruyère (Friburgo), Svizzera.
Dopo il successo del primo incontro europeo in Italia e dei successivi in Svizzera e Germania, i nostri colleghi francesi hanno organizzato nel mese di novembre 2012 a Carcassonne il 5 ° Incontro
Europeo dei costruttori di canne in bamboo per la pesca a mosca.
I rodmakers provenienti da tutta Europa si sono riuniti in Francia
per scambiarsi idee e opinioni, per partecipare a dibattiti e conferenze, per provare le canne e non da ultimo per un ine settimana
piacevole, nello spirito e nel profumo del bamboo.
Nel 2013 avrà luogo la riunione a Charmey.
Charmey si trova nel cuore del bellissimo paesaggio della regione
"La Gruyère", tranquilla e soleggiata, ma anche con strutture sportive e per il tempo libero e molte escursioni.
Sono svariate, come al solito le presentazioni in programma: il
design del taper, la initura della canna o i programmi di calcolo,
sono solo alcuni esempi .
Inoltre la riunione vedrà molti pratici e interessanti workshop per
tutti i partecipanti.
Gli interessati possono richiedere ulteriori informazioni:
via e-mail a [email protected]
o
dopo le ore 19.00 telefonando a Jaroslav Vecko
al numero +41 56 426 97 00
Italian Bamboo Rodmakers Association
pagina 66
Bamboo Journal
a pesca nella Tail Water del Tevere
Newsletter e Bollettino
dell’ Italian Bamboo Rodmakers Association
sede c/o Podere Violino
Località Gricignano
Sansepolcro (AR) - Italy
www.rodmakers.it
[email protected]
§
Redazione Bamboo Journal
www.rodmakers.eu
[email protected]
Italian Bamboo Rodmakers Association