oratorio di san lorenzo

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oratorio di san lorenzo
ORATORIO DI
SAN LORENZO
Parte storica:
Professore Franco Mondadori
Relazione tecnica:
Architetto Francesco Cappa
Biografia dei Santi:
don Dario Gelati
Fotografie:
Studio fotografico Dal Prato
coordinatore e realizzatore dell’opera
Andrea Dal Prato
Editore
Centro Culturale “San Lorenzo”
Si ringraziano:
Simona Canicossa
Massimo Cauzzi
Enzo Cavallara
Franco Cigognetti
Cristina Delmenico
Claudio Lugoboni
Cesare Monici
Donatello Nocera
Graziano Pelizzaro
Sergio Roverselli
ORATORIO DI SAN LORENZO
Parte storica: Prof. Franco Mondadori
Relazione tecnica: Arch. Francesco Cappa
Biografia dei Santi: don Dario Gelati
Fotografie: Studio fotografico Dal Prato
Progetto grafico: Claudia Dal Prato
Si ringraziano per la preziosa collaborazione:
Simona Canicossa
Massimo Cauzzi
Enzo Cavallara
Franco Cigognetti
Cristina Delmenico
Claudio Lugoboni
Cesare Monici
Donatello Nocera
Graziano Pelizzaro
Sergio Roverselli
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ORATORIO DI SAN LORENZO
Dalle origini al restauro del 1999
coordinatore e realizzatore dell'opera
Andrea Dal Prato
Editore
Centro Culturale “San Lorenzo” - Guidizzolo, giugno 1999
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Pubblicazione promossa nel ricordo di Franco Bombana
che tanto amò la terra dove era nato e tutto quanto era
pertinente alla sua storia, soprattutto l’Oratorio di San
Lorenzo che riassume in sé, anche per il luogo dov’era sorto,
la preistoria e la storia, la spiritualità e la fede della gente
che è qui vissuta e vive.
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San Lorenzo in Bosco. Ricordi di bambino.
Ricordi di estati afose, trascorse all'ombra dei maestosi tigli che circondano la chiesetta, quasi volessero nasconderla agli occhi indiscreti dei
curiosi, proteggerla dalle gesta brutali dei vandali.
Fra quel fogliame ricco e verdeggiante, leggermente mosso dagli aliti
del vento, là albergano i ricordi più belli: le gite festose delle scolaresche, le merende all'aperto, le corse a perdifiato che terminavano in
energiche arrampicate sugli alberi e quell'inesauribile fontanella che ci
aspettava per dissetarci. E, ancora, la ruota del mulino che catturava i
nostri sguardi ammirati e riempiva l'aria dell'inconfondibile fruscio
dell'acqua che veniva portata via.
E, tutt'intorno, un senso di pace avvolgente.
Ricordi che l'incedere inarrestabile del tempo e l'incuria dell'uomo
hanno “sporcato”, gettando questo edificio d'impostazione romanica
in uno stato di profondo abbandono.
Per lunghi anni, quasi un decennio, la Chiesa di San Lorenzo è rimasta chiusa ai fedeli, ma la sua aureola di sacralità, la profonda storia e
religione, la peculiarità dei suoi interni non hanno perso di valore.
Poi, una manciata di uomini, mossi da un amore vero per questo
luogo, ha toccato l'anima di quanti già amavano quest’angolo di
Guidizzolo.
Ecco, dunque, i lavori di restauro, eseguiti nel pieno rispetto dei dettami storico-artistici che hanno saputo riportare questo nostro prezioso edificio all'indimenticato splendore.
San Lorenzo risorge, come l'Araba fenice.
Ed ancor oggi, alla fine di quella stradina sterrata e tortuosa che vi
conduce, ritrovo quella parte di me che il trascorrere degli anni non è
riuscito a scalfire; avverto l'indescrivibile sensazione che nulla è cambiato, come se le lancette del tempo avessero arrestato la loro pazza
corsa per concedermi, ancora una volta, di poter respirare il profumo
del passato.
Andrea Dal Prato
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6
Prefazione
Tra memoria e futuro
Avviene nella vita delle comunità, come nelle famiglie. Il ritrovamento
d’una lettera, d’una fotografia, d’un oggetto dimenticati da chissà
quanti anni in fondo ad un cassetto apre gli orizzonti al ricordo, al
rimpianto, alla riproposta d’un impegno forse negligentemente trascurato.
Così è accaduto a Guidizzolo. Una chiesetta, abbarbicata ad antichi
sassi di murazioni romane, che si eleva su di un leggero dosso nel
contesto d’una vasta proprietà feudale, dalle linee architettoniche semplici, ma che tradiscono tracce di più nobile origine e che racchiude
all’interno una ricca decorazione pittorica, si ripresenta oggi monumento più interessante, per l’arte, la storia, la pietà d’un popoloso
paese non ricco di palazzi o di edifici notevoli, se si esclude la bella
Chiesa parrocchiale e villa Rizzini.
Il merito di questa rivisitazione, non certo occasionale, va ascritto ad
un gruppo di cittadini particolarmente sensibili ai valori della tradizione, dell’arte, della fede.
Li sentivano vibrare nel loro spirito e seppero comunicare quest’entusiasmo all'intera comunità, così da indurre l’Amministrazione civica a
farsi operatrice solerte dell’acquisto, del restauro architettonico, della
valorizzazione condegna del vetusto edificio.
La presente pubblicazione, dovuta a varia e coordinata collaborazione, vuol presentare ai propri cittadini le linee fondamentali di tale
progetto, nell’illustrare la preziosità dell’edificio nella sua storia, nella
tradizione secolare d’un culto devoto, nell’importanza artistica della
decorazione pittorica, nell’aperta progettualità ed il suo possibile reimpiego.
Le indagini, che vorrebbero giungere ad una risposta persuasiva sulle
sue origini, si arrestano, per mancanza di documenti d’archivio, a
tempi recenti e si limitano a supposizioni fondate su valutazioni di
carattere estetico-tipologico. Ma ciò non ha importanza. Il sacello
sorge appartato nella lussureggiante corona di alberi secolari, come
un minuscolo cenobio. Forse Chiesetta plebana, forse modesto
Oratorio eretto dalla spontanea pietà d’un piccolo gruppo di coloni,
forse tempietto votivo d’un ricco feudatario e che, nel susseguirsi dei
secoli, si rende residenza d’una minuscola comunità di Eremiti, conglobata nella grande congregazione benedettina degli Olivetani, per
finire come cappella funeraria di un'aristocratica famiglia.
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Sorprendentemente la sacralità dell’edificio si è conservata nonostante
l’usura del tempo, la trascuratezza degli uomini, la secolarizzazione
delle rivoluzioni sociali. E ciò, credo, per lo straordinario, folto corteggio di Santi che popola le sue pareti. Ecco la Vergine Madre, ecco il
giovane martire S. Lorenzo difensore dal fuoco e titolare della chiesa,
S. Rocco protettore dalla peste, S. Antonio Abate patrono delle stalle e
degli animali domestici, il Vescovo S. Nicola propiziatore del matrimonio onorato e S. Maria Maddalena richiamo alla penitenza ed al perdono. Su tutti si eleva il Cristo crocefisso assistito dalla Madre e dal
discepolo prediletto S. Giovanni. Sono i Santi che la storia e la pietà
collocano in umana partecipazione ai momenti tristi e lieti della nostra
vita. Possiamo dire che qui è raccolta l’anima semplice e devota del
popolo guidizzolese, aperta ad un lungo dialogo orante che vicende
storiche e sociali hanno poi interrotto per mutarsi nel sommerso bisbiglio di preci mortuarie che la pietà familiare dei succeduti proprietari
ha rispettosamente conservato.
Potrà questo dialogo essere ripreso? I Santi ricondotti al primitivo
colore e gli ignoti committenti, effigiati ai loro piedi in serena contemplazione, potranno rivedere fedeli devoti? O solo curiosi visitatori d’un
silenzioso museo d'arte cristallizzata in un tempo lontano, quando il
pennello del Mantegna, di Leombruno, del Costa suscitava rustiche
emulazioni in questi disadorni sacri edifici d’un contado agricolo?
Certo, non vi è “arte povera” quando essa parla di Dio, della Vergine,
dei Santi. Arte, storia, cultura: cose tutte, non c’è che dire, bellissime,
purché il primo servito resti sempre il Signore. Ecco perciò, l’auspicio
che il ritorno funzionale dell'Oratorio di S. Lorenzo avvenga in linea
con la sua origine e la sua tradizione.
Collaterale e sussidiario alla Chiesa madre, senza dubbio, ma sacello
aperto alla preghiera, alla meditazione, all’incontro con Dio e con i
nostri Santi. L’incontro con Dio nella preghiera immette nelle pieghe
della storia una forza misteriosa che tocca i cuori, che induce al rinnovamento e proprio per questo diventa una potente forza storica che
trasforma le strutture sociali e le rende più umane, più giuste, più fraterne.
Il rinnovato S. Lorenzo potrebbe far rivivere l’anima antica e devota di
Guidizzolo fedele, aperta alle alte suggestioni d’un nobile passato,
eredità impegnativa per un presente ancora intessuto di grazia, di bellezza, di civica operosità.
Mons. Ciro Ferrari
Presidente della fondazione d'Arco e del Museo Aloisiano
e della Commissione diocesana per l’Arte Sacra
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PARTE PRIMA
La Storia
Prof. Franco Mondadori
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Cenni storici
1975 L'Oratorio di San
Lorenzo immerso
nella natura.
L
e vicende storiche documentabili risalgono
alla fine del ‘400, quando arrivarono alla
Chiesa di San Lorenzo i Preti Eremiti di Santa
Maria di Gonzaga e fu loro affidato il servizio
religioso. Ciò avvenne per interessamento del
marchese Francesco Gonzaga il quale, nel 1498,
confermava a don Gerolamo Redini, fondatore
degli Eremiti e suo intimo amico “il castello di
Guidizzolo e la Chiesa di San Lorenzo”1. Tale
conferma fa supporre anche la donazione di proprietà e diritti la cui estensione ed entità non
sono note o, almeno per ora, documentabili. Il
verbale o relazione di una visita pastorale del 22
maggio 1566 annota la presenza di un Eremita
“che ivi celebra e gode la rendita di alcuni beni
stabili”.
Alla fine del ‘700, a seguito della soppressione di
ordini religiosi voluta sia dalle leggi austriache che
da quelle napoleoniche, anche i Preti Eremiti
lasciarono Guidizzolo 2 ed i conti Rizzini poterono
acquistare il fondo di San Lorenzo e l’annesso
11
Disegno delle terre di
ragione del sig.
Federico Danieli poste
nel territorio di
Guidizzolo, fatto nel
mese di ottobre
dell’anno 1790.
1- A Gonzaga, nell'anno 1488, il marchese
Francesco subì un
incidente cadendo da
cavallo: Girolamo
Redini era al suo
seguito e subito invocò
l'aiuto della Vergine,
di cui era dipinta l'immagine su di un muro
vicino, e fece voto che,
se il signore fosse
sopravvissuto, avrebbe
lasciato la corte per
vivere da eremita in
quello stesso luogo.
Il marchese si salvò e
saputo del voto fece
edificare nel luogo la
Chiesa di S. Maria.
Nacque così una
nuova congregazione
religiosa, voluta dal
Redini ed approvata
da Papa Alessandro VI.
La Congregazione dei
Padri Eremiti di S.
Maria di Gonzaga
conobbe agli inizi una
certa prosperità,
aprendo nuove case e
conventi, tra cui S.
Maria a Castiglione
delle Stiviere, dall'armonioso loggiato.
L'Oratorio sorge su di
un dosso artificiale del
terreno, circondato da
vegetazione.
A ridosso vi è la casa
colonica.
Oratorio che essi si impegnavano a curare e sovvenzionare 3. Così la Chiesa divenne proprietà privata, officiata in alcune circostanze quali l’annuale
festa del 10 agosto o l’anniversario dei defunti
della nobile famiglia, sepolti nella cripta sotterranea.
Negli anni recenti l’abbandono ed il degrado si
aggravarono. Polvere, ragnatele, pareti rigate
dall’acqua filtrante impediscono al visitatore di
apprezzare adeguatamente sia l’architettura che le
pitture e gli arredi. Il danno maggiore è imputabile
al trascorrere del tempo. Ma fortunatamente l’opinione pubblica, grazie all’interessamento
dell’Amministrazione Comunale e di persone private, si è fatta più sensibile ed ha ottenuto risultati
concreti. Nel 1995, il Comune ha acquistato la
chiesa dai signori Diana, eredi dell'estinta famiglia
Rizzini.
2 - E' da precisare che
la Congregazione ebbe
presto un periodo di
decadenza. Già nel
1577, per volere del
duca Guglielmo, il
convento di Gonzaga
passò ai Carmelitani.
Non si conosce quando esattamente i Padri
Eremiti lasciarono
Guidizzolo.
L'officiatura della
chiesa di San Lorenzo
passò allora agli
Olivetani cui era affidata dal 1508 la
Parrocchia.
3 - Nel 1860 l'arciprete
don Andrea Irma
ottenne dal Vescovo
Mons. Corti “l'invocata
facoltà di ridonare
all'esercizio del Culto
divino l'Oratorio di
San Lorenzo, ridotto
in stato officiabile dal
Nobile Signor Conte
Rizzini”.
12
La cripta funeraria della famiglia Rizzini.
Luigi Rizzini, che predispose la cripta nel 1808, non è sepolto a
San Lorenzo, essendo morto a Mantova nel 1817.
E' sepolto a San Lorenzo il nipote Geronimo, morto nel 1813.
Di lui non c'è lapide.
In ordine cronologico risultano sepolti in San Lorenzo, dai
documenti dell'Archivio parrocchiale e come appare dalle lastre
tombali:
Francesco Rizzini, nel 1867; la moglie, Anna Braghi, nel 1880;
la nuora, Virginia Pignatelli, nel 1886, prima moglie di Italo;
Italo Rizzini, nel 1898; Ippolito d'Oliva, nel 1907;
Maria Montalto, vedova di Italo, nel 1941.
Le lapidi riportano solo i dati essenziali, ad eccezione di quella
di Virginia Pignatelli, benefattrice del paese, che riporta la
seguente epigrafe, un testo esemplare dall'ispirazione romantica:
DILEGUATA IMMAGINE D'INFINITI AFFETTI
VIRGINIA PIGNATELLI CONTESSA RIZZINI
LO SPIRITO IMMORTALE
TROPPO ANZI TEMPO RIPORTANDO AL CIELO
DELL'AVANZO TERRENO
CHE QUESTA PIETRA CUOPRE
MONUMENTO D'INESAUSTO PIANTO
ITALO CONSORTE SUO CHE LA COMPOSE IN ESSA
VOLLE CUSTODE
SIA PACE IN QUESTA OMBRA
FIN CHE NE RISORGA IL SORRISO ANTICO
______________
13 MARZO 1886
______________
13
Finestra a forma
ogivale, posta
in facciata.
14
Le origini
L'Oratorio di San Lorenzo, detto anche San
Lorenzo in Bosco perché eretto nel folto di antiche boscaglie, sorge su di un rialzo artificiale di
terreno, forse sull'area di una sepolta terramara,
come proverebbe il fossato che circonda l'avvallamento della collinetta. Che il luogo sia stato abitato nel periodo preistorico, finora non è stato provato. E' però vero che, a qualche centinaio di
metri dal dosso, durante lavori di sterro per regolare lo scolo delle acque dei campi adiacenti, sono
stati trovati reperti ora custoditi nel museo archeologico di Cavriana.
La chiesetta si appoggia ad un rudere informe di
ciottoli e laterizi creduto avanzo di un castello,
anche perché in antichi documenti l'Oratorio è
citato come “Ecclesia Sancti Laurentii in castro”.
Un'ipotesi azzardata lo ritiene edificato sull'area di
un tempietto di Diana.
Il paesaggio intorno, meno fitto di vegetazione ad
alto fusto in confronto al passato, conserva tuttavia
il carattere del romitaggio che invita al raccoglimento ed alla meditazione.
L'esterno
La casa colonica, costruita a ridosso della chiesa,
disturba l'occhio del visitatore. Astraendo da essa,
l'edificio sacro si presenta in linee semplici e raccolte. La forma, a capanna, ricopre una sola navata con campaniletto pensile incorporato.
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L'Oratorio e la casa
colonica adiacente.
L'Oratorio visto
“dall”abside”
attualmente a pianta
rettangolare.
Nell'ultimo intervento
è emersa la sottomurazione a forma
semicircolare.
Un fregio comune a dentelli decora il sottogronda.
Gli spioventi non troppo marcati ed il barbacane,
addossato per un metro al suolo, conferiscono
all'insieme una massiccia solidità.
Poco sopra il portale a sesto acuto (mt. 3.20 x
1.30) tondeggia un rosoncino che il Portioli descriveva “a fiorami con cornice sostenuta da mensole
sagomate in terracotta, fattura del sec. XIII”.
Lo affiancano due finestrelle lobate al vertice.
La porticina a sesto acuto, incavata nella parete di
sinistra (mt. 2.24 x 0.86), è quasi rasente all'arco
trionfale e risale al sec. XIV. Del medesimo stile
sono la porta principale, le finestre di facciata e
l'arco trionfale. Un altro oculo fa luce dal presbiterio, a destra del quale si apre una porticina rettangolare che comunica con la casa colonica, ma che
anticamente immetteva nell'abitazione di uno o
più Preti Eremiti ivi residenti. Un terzo oculo, nella
parete di destra e protetto da grata lignea finemente intagliata, serviva da spiraglio ad un retrostante
matroneo o comunque alle stanze del monastero.
Lo spessore murario, riferito alle strutture della
navata, misura cm. 50; nel presbiterio cm. 70,
mentre, dal piede sino all'altezza di circa mezzo
metro, si dilata alquanto per un sovrapposto
rinforzo di mattoni. La sezione presbitero-absidale,
quadrata, potrebbe essere successiva ad un'altra
che va immaginata ad emiciclo. La modifica sarebbe avvenuta quasi certamente quando la chiesa fu
sottoposta ad un “restauro molto importante”. Si
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potrebbe definire lo stile della costruzione, nel suo
complesso, come un romanico campestre che
accoglie già elementi gotici, oppure definire la
struttura architettonica di fondazione indubbiamente romanica con qualche rifacimento gotico,
struttura che comunque appare assai manomessa.
Osserva il Matteucci che “l'architettura del tempio
a causa dei molti restauri si può chiamare indefinibile”.
L'interno
L'interno è ad un'unica navata, coperta dal tetto
con capriate a vista. Un ampio arco ogivale poggiante direttamente sul pavimento, senza pilastri e
senza capitelli, separa il presbiterio e l'abside dal
resto della chiesa. Il pavimento in cotto è a due
livelli, separati da tre lunghi gradini che vanno da
una parete laterale all'altra, a circa metà navata. Il
piano che parte dall'ingresso principale è a livello
dell'area esterna, mentre il piano più alto ricorda
le sopraelevazioni proprie dell'architettura romanica e comprende uno spazio lastronato di lapidi
sulle tombe dei conti Rizzini. Le sepolture non
sono corrispondenti alle lapidi, ma ristrette in una
cripta sottostante ad arco 4. L'area presbiteriale
non comunica direttamente con l'abside, ma è
interrotta da un altare le cui murature, fornite di
portali, si collegano ai muri perimetrali, ottenendo
una specie di coro che tuttavia soffoca il libero
respiro del vano.
La lunghezza complessiva della navata è di metri
20 (metri 8 fino al piano rialzato), la larghezza è di
metri 8.
L'altare, in origine l'unico della Chiesa, è abbellito
da un paliotto ad olio su tela rappresentante
S.Lorenzo in piedi, con palma e graticola, entro
una fitta decorazione floreale con due vasi e racemi alla grottesca. Il paliotto (cm. 95 x 195) risale al
primo settecento, in sostituzione di un precedente
paliotto in corame.
Dal fondo dell'abside, entro una nicchia, domina il
simulacro del Titolare: è una statua in legno policromo del sec. XV (alt. m. 1.40), la graticola in
ferro battuto appartiene allo stesso periodo. La
scultura è menzionata in un inventario del 1670 5.
17
4 - La cripta venne
adattata a sepoltura
nel 1808.
5 - Archivio
Parrocchiale
Guidizzolo: Carteggi
antichi.
Inventario dei beni del
1670.
Vista dal presbiterio.
In primo piano, a
pavimento, s’intravedono le lapidi funerarie appartenenti alla
famiglia Rizzini.
Copertura a capriate
scoperte.
Sulla parete destra si
nota l'ancona in legno
scolpito, dorato e laccato, risalente ai primi
del 1600.
Vista dalla porta
principale.
Interno ad unica navata. A metà, il pavimento si alza di tre gradini, a livello dei quali si
innestano i piedritti
che sostengono l'arco
ogivale. L'altare è
affiancato da porte
che chiudono la zona
absidale.
6 - La costruzione
dell'Altare della Pietà è
probabilmente coevo
ad alcuni restauri promossi nel 1739 nella
Chiesa parrocchiale,
ad iniziativa dell'abate di S. Maria del
Gradaro. Forse in
quell'occasione venne
rimossa dall'altare di
S. Carlo “'ancona in
legno dorato con sopra
il Padre Eterno,
costruita intorno al
1616 dal M.R. Padre
Don Aurelio da
Mantova, alla quale
fabbrica concorsero
molte elemosine del
popolo”.
Alla parete sinistra della navata sorge l'Altare della
Pietà, della prima metà del '700, con uno spazio
antistante delimitato da balaustra in legno.
L'ancona in legno dorato con sopra il Padre
Eterno proviene dalla Chiesa parrocchiale 6.
L'arredo incornicia un Trionfo della Croce dipinto
su muro. Sotto, una scena della Pietà, pregevole
affresco rinascimentale, dove l'Addolorata col
corpo esanime del Figlio tra i Santi Giovanni
Evangelista e Maria Maddalena si stagliano sullo
sfondo di una Gerusalemme turrita e cintata (o il
pittore si è ispirato alla Guidizzolo del '500? analogo scenario sulla parete destra: lo sfondo della
Crocifissione fa pensare che l'anonimo artista
18
abbia voluto liberamente rappresentare la panoramica locale). Vicino all'ingresso si trova un'arcaica
acquasantiera marmorea. Notevole, ma assai deteriorata, una piccola lampada di bronzo dalle fattezze gotiche.
Tra gli altri arredi sono da ricordare tre cartegloria
e quattro reliquiari d’intaglio barocco ed altri quattro, a palme incrociate, di stile neoclassico.
Le pitture murali
Svariati riquadri a fresco decorano le pareti della
Chiesa. Ecco i soggetti delle pitture, iniziando da
sinistra della porta d'ingresso: Madonna col
Bambino, San Sebastiano, San Bernardino da
Siena con un devoto, Madonna col Bambino,
Cristo che porta la Croce, la Pietà citata in precedenza, una Santa Maddalena, Santo Vescovo, piccola testa di Santo, nello sperone di muro che fa
da piedritto al grande arco ogivale: S. Antonio
Abate, Madonna col Bambino nell’abside. Ed
ancora: Santo Vescovo, San Rocco, San Martino,
San Sebastiano, Madonna col Bambino, San
Rocco, San Lorenzo, San Sebastiano, San Rocco,
Madonna col Bambino ed altri Santi.
Gli affreschi, eseguiti negli ultimi anni del ‘400 e
nella prima metà del ‘500, sono buoni, anche se
non eccezionali, meritevoli d’essere conservati così
come sono giunti a noi.
Lungo la fascia di affreschi si possono leggere
anche iscrizioni: alcune si riferiscono alle opere
pittoriche con date come agosto 1506, 1505 e
1564, altre sono graffiti riguardanti notizie di cronaca, di risonanza e curiosità popolare. Una, a
modo di esempio e sciogliendo le abbreviazioni,
riferisce: “Addì 15 marzo 1617 il duca Ferdinando
di Mantova sposò la principessa di Firenze
Caterina de' Medici. Allora gran guerra a Casale
con il Duca di Savoia.”7.
Un’altra: “Addì 28 marzo 1569 venne la signora
Duchessa di Mantova”8.
Una terza informa: “Ferdinando III tolse per
moglie la figlia del Duca di Guastalla addì 15 aprile 1671”9.
Iscrizioni e graffiti presentano gravi difficoltà di
trascrizione e d'interpretazione.
19
7 - Ferdinando, figlio
di Vincenzo I, nasce
nel 1589, rinuncia al
cardinalato per succedere, nel 1616, come
duca al defunto fratello Francesco IV. Si
oppone al matrimonio
del fratello più giovane Vincenzo, confinandolo a Goito come
un recluso. Sposa a
Firenze Caterina de'
Medici, figlia del
Granduca. Nessuno
dei fratelli ebbe figli e
ciò provocò la guerra
di successione sia al
ducato di Mantova
che a quello del
Monferrato, possedimento gonzaghesco
fin dal 1532. Al
Monferrato aspiravano anche i duchi di
Savoia.
La “gran guerra a
Casale” è citata più
volte anche dal
Manzoni nel suo
romanzo “ I promessi
sposi”.
8 - La Signora
Duchessa di Mantova,
Eleonora d'Asburgo,
figlia dell'Imperatore
d'Austria Ferdinado I,
aveva sposato nel
1561 il duca
Guglielmo.
Non sono noti i motivi
della sosta a San
Lorenzo. Forse era
diretta o proveniva da
Castiglione delle
Stiviere, dove era feudatario il cugino
Ferrante Gonzaga,
padre di Luigi, il futuro Santo, nato l'anno
prima. La visita è
comunque testimonianza del legame tra
i Padri Eremiti e la
famiglia Gonzaga.
9 - Ferdinando Carlo
Gonzaga Nevers è il
decimo ed ultimo
Vista dal presbiterio.
Si può notare la
fascia con gli affreschi
che ”corre” lungo tutte
le pareti.
Scritta graffita sul
muro alla sinistra della
porta d'entrata.
duca di Mantova. La
moglie è Anna Isabella
del ramo Gonzaga di
Guastalla.
Il duca Ferdinando
perde il potere a causa
della sua politica filofrancese ed il ducato,
feudo imperiale, deposto Ferdinando per
“fellonia”, scompare
nel 1710 dagli stati
d'Italia e viene compreso nei domini
dell'Impero d'Austria.
Nelle intricate vicende
che segnano la fine
del potere gonzaghesco, Anna Isabella si
dimostra più avveduta
del marito: in assenza
di questi governa saggiamente il ducato.
Muore il 19 novembre
1703.
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PARTE SECONDA
Relazione per il restauro
Arch. Francesco Cappa
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22
Rilievo planimetrico
della chiesetta, della
casa colonica e dell'area esterna, con evidenziata la piantumazione esistente.
IL RESTAURO
Obiettivi dell'intervento
L'Amministrazione comunale si prefigge il recupero dell'Oratorio di San Lorenzo e del suo contesto
ambientale.
Il complesso monumentale del dodicesimo secolo,
d’inestimabile valore per la comunità di
Guidizzolo, è insediato su di una probabile sepolta “terramara” ed è ornato da cicli pittorici e da
arredi sacri, databili tra la fine del 1400 e quella
del 1600.
Dopo averlo finalmente acquisito dagli eredi della
Nobile Famiglia Rizzini, (l'Amministrazione comunale) intende restaurarlo e metterlo a disposizione
della cittadinanza quale “museo di arte sacra”.
Fruibilità attuale e potenziale
Già a partire dagli inizi degli anni '50, poco dopo
la sepoltura della Contessa Maria Rizzini Gazzini,
l'Oratorio non è più stato riaperto alla comunità
locale e, recentemente, addirittura ne sono state
murate le porte esterne.
L'ultimo proprietario, Ingegner Diana, per impedire il ripetersi di atti vandalici, le ha fatte tamponare, lasciando come unico collegamento l'accesso al
23
La porta laterale,
murata negli anni '80.
La porta d'ingresso
principale, murata
negli anni '80.
Le porte furono
murate per impedire i
continui atti vandalici.
presbiterio dalla contigua casa colonica.
La sua collocazione, nel contesto comunale ed in
quello più ampio dell'Alta Pianura Morenica del
Garda, ne consentirà la massima valorizzazione,
quale esempio di antico luogo di preghiera e raccoglimento.
Inoltre, la vicinanza con altre analoghe realtà, disseminate nei contermini centri collinari di
Cavriana, Solferino, Castiglione delle Stiviere, Volta
Mantovana o nelle vicine Goito, Ceresara e
Medole, ne permetteranno la piena fruizione
anche a livello sovraccomunale, consentendo la
creazione di un ideale circuito museale, favorito
dalla presenza di una capillare rete di vie di comunicazione e di servizi agrituristici, oltre che dalla
prossimità dei nodi di raccordo autostradale di
Desenzano e di Peschiera del Garda.
Infine, la presenza in loco di un Istituto Statale
d'Arte ne promuoverà altresì l'utilizzo come centro
di ricerca e di studio permanenti.
Questo Ente didattico, infatti, ha tra i propri corsi
propedeutici il restauro degli affreschi e degli arredi.
Sorto nel 1932 come Scuola festiva di disegno, per
iniziativa del Professor Alessandro Dal Prato, insigne Artista ed Accademico Virgiliano, che l'ha
creata e condotta sino al 1974, nel tempo è stato
trasformato prima in Scuola d'Arte applicata e poi
appunto in Istituto Statale.
ANALISI STORICA
Notizie
L'Oratorio di San Lorenzo è un piccolo complesso
di aggregati architettonici che si erge isolato nella
verde campagna alla periferia sud di Guidizzolo.
Un tempo veniva chiamato anche San Lorenzo in
Bosco, in quanto eretto nel folto di antiche boscaglie.
Sorge su di un piccolo rialzo artificiale di terreno,
forse sull'area di una sepolta “terramara”, come
proverebbe un fossato che circonda la collinetta
ed altresì il fatto che, poco distante, siano stati trovati reperti preistorici con resti di utensileria e di
palafitte.
24
Storia
Le vicende storiche documentate risalgono alla
fine del XIV secolo quando arrivarono alla Chiesa
di San Lorenzo i Preti Eremiti di Santa Maria di
Gonzaga e fu loro affidato il servizio religioso.
Negli anni recenti l'abbandono ed il degrado si
sono aggravati portando il tutto sull'orlo del disfacimento irreversibile, ma, per fortuna, la sensibilità
dei Guidizzolesi e l'interessamento
dell'Amministrazione comunale si sono fatti più
attenti e fattivi portando a risultati concreti: nel
1995, infatti, il Comune ha acquisito l'immobile.
Il contesto paesaggistico ambientale dell'Oratorio,
pur essendo trascorsi ormai sette secoli dall'insediamento ed essendo ridotto a pochi (ma stupendi) alberi, il fitto “Bosco” che per molto tempo ha
denominato il luogo, sono rimasti ancor oggi
un'oasi isolata, solitaria e serena così come bene la
descriveva lo storico Vittorio Matteucci nella sua
pubblicazione dei primi del secolo - Le chiese artistiche del Mantovano - riferendosi proprio a San
Lorenzo di Guidizzolo: “la Chiesa è nel più completo abbandono... ma il bosco è sonante, il cielo
è pieno di voli, l'ombra invita al riposo e alla poesia: se nei secoli lontani esistè nel luogo medesimo il tempio pagano, credo che i sacerdoti gentili
vi debbano aver trascorso felicemente la vita”.
Oggi, certo, come detto, il paesaggio circondario è
cambiato: alla fitta selva si è sostituita la distesa
della pianura arabescata dai campi coltivati e da
25
Parte del viale di accesso con boschetto.
(lato nord)
Durante gli scavi per
le nuove opere di
consolidamento delle
sottomurazioni, sono
stati trovati dei resti di
“palafitta”.
lontane cascine, ma l'atmosfera è ancora magica,
surreale, al limite del metafisico e ciò tanto più
invade e coinvolge con il ricordare che questo è il
luogo dove sono vissuti i guidizzolesi della preistoria, come inequivocabilmente testimoniano i
numerosi ed interessantissimi reperti venuti alla
luce in scavi occasionali.
L'insediamento preistorico, che si ritiene qui esistito, è stato ipotizzato da molti storici come una stazione palafitticola di grande rilevanza, tanto che
negli anni sessanta, allorché il Soprintendente ai
Beni Artistici Storici ed Architettonici di Verona,
allora competente per territorio, Architetto Pietro
Gazzola, nel prendere visione di quanto emerso in
un ennesimo ritrovamento, ebbe a dire:
“L'Oratorio di San Lorenzo con l'inesplorato terreno che lo circonda, potrebbe rivelarsi uno dei
punti focali della preistoria e della storia dell'Alto
Mantovano in generale e di Guidizzolo in particolare”.
Nulla tuttavia è mai stato fatto di sistematico a
verifica delle ipotesi avanzate; di concreto vi sono
i reperti d’imponenti palafitte e rozza utensileria
ritrovati ed oggi, in parte, conservati al Museo
Archeologico di Cavriana, la cui datazione parrebbe farli risalire alle prime fasi della civiltà del
bronzo, epoca contemporanea a quella delle stazioni palafitticole di Polada e di Solferino.
Le caratteristiche geologiche e climatiche ambientali, valutabili quali componenti significative di
interazione e determinazione del vissuto del com-
26
plesso artistico in oggetto, sono in generale assimilabili alla tipologia padana, anche se, nel caso
della specifica ubicazione, sono riscontrabili
accentuazioni delle peculiarità essendo stata la
zona, in origine, una palude e risultando tuttora,
in parte, una sacca rispetto all'andamento altimetrico del territorio circostante.
In specifico si riscontra che, geologicamente, ai
terrazzamenti superiori del suolo, staticamente stabili, si sovrappongono, in superficie, stratificazioni
27
Parte della facciata
con alberi d'alto fusto
che circondano
l'Oratorio.
Pianta dell'edificio con
indicati:
1 altare maggiore
2 altare laterale
3 lapidi a ricordo dei
defunti
4 lapide d’accesso
alla cripta; vi è inciso lo stemma della
famiglia Rizzini.
5 porte d’ingresso
principale e lato
nord, murate
meno stabili, soprattutto alla compressione, composte da: torba, argilla, limi, sabbia, con spessoramenti diversificati da zona a zona, in quanto materiale di risulta dal fluire e rifluire delle acque di un
preistorico scaricatore dei ghiacciai che a monte
andavano sciogliendosi, dopo l'ultima glaciazione.
Rilievi geologici confermerebbero l'esistenza nel
terreno di una crenatura riconducibile ad un antichissimo paleoalveo che viaggiava nord-sud, disegnando in parte il primo tracciato della più recente Predosa e Sariola, che lambiva in luogo il versante occidentale dell'attuale dosso dell'Oratorio,
paludando anche tutto il territorio circostante.
Climaticamente si registra pure, nella specifica
zona, un’accentuazione delle caratteristiche termoigrometriche tipiche della Padania, soprattutto
1
3
5
4
2
5
28
per quanto concerne la componente umidità e ciò,
in parte, proprio per le peculiarità della conformazione e natura del suolo.
Come detto infatti, la zona è in una conca e le falde
freatiche risultano molto alte, tanto da produrre innumerevoli casi di fontanili naturali.
Inoltre il terreno, per la sua natura spugnosa, ha
grande capacità di ritenzione idrica, che lo scarso
declivio del territorio non aiuta nello scolo ed al
deflusso, nonostante la fitta rete di canali di bonifica.
Stante questa situazione ambientale, è da rilevare
che, geologicamente, il suolo di superficie era
relativamente stabile, tanto che nelle costruzioni
antiche locali, dove non si era potuto impiantare
le strutture su strati solidi del suolo in quanto troppo profondi, si era ovviato costruendo senza fondazioni, ma allargando notevolmente lo spessore
al piede delle murature, dotandole di contrafforti o
di barbacane e talvolta anche palificandole.
Descrizione generale
La Chiesetta, pur ascrivendosi per epoca e per stile
al Romanico, è certamente da ricondurre ad una
tipologia edificatoria locale, caratterizzata da linee
architettoniche essenziali e compattata con una
tecnica costruttiva semplice e povera, dove venivano esplicate con sapienza le metodiche tradizionali e soprattutto utilizzati i materiali morenici del
luogo, di facile disponibilità e soprattutto di poco
costo. Le strutture, infatti, risultano eseguite in
29
Visti dall'interno:
- una finestra di stile
gotico.
- la grata dell'oculomatroneo.
Tutto è in grave stato
di degrado.
sassi alluvionali, facilmente reperibili nelle campagne limitrofe e frammenti di cotto, legati insieme
da una malta di calce e sabbia estratta da cave del
posto, usata naturale, non lavata o setacciata.
Come detto, l'Oratorio si presenta oggi accorpato
ad un complesso strutturale di aggregati tipologicamente e cronologicamente tra loro estranei.
Sul lato Est, con l'angolo frontale, esso appoggia
su di un rudere informe e, di seguito, sullo stesso
lato, si addossa alla casa colonica.
Poco si può dire di questo rudere, se pure diverse
sono state le ipotesi, anche molto interessanti per
la ricostruzione della storia del luogo; la possenza
del manufatto, la tipologia costruttiva medioevale
e soprattutto la dislocazione su di un'altura al limite di una palude fanno propendere per resti di un
bastione fortilizio.
La casa colonica, a sua volta, è un insieme composito di limitato significato artistico, del quale non è
più possibile individuare il nucleo iniziale e neppure orientativamente le date d'esecuzione, perché
oggetto di numerosi rimaneggiamenti.
E' desumibile comunque, per logica, che una struttura di supporto funzionale esistesse contemporaneamente all'Oratorio.
Passando alla descrizione della Chiesetta va premesso che anch'essa, nel tempo, ha subito numerose trasformazioni più o meno consistenti e decifrabili.
L'edificio sacro, orientato con la facciata ad Ovest,
esternamente presenta linee semplici e raccolte; la
forma a capanna ricopre una sola navata con campaniletto pensile incorporato; un fregio a dentelli
in cotto orna il sottogronda.
Gli spioventi, non troppo marcati ed il barbacane,
addossato per oltre un metro dal suolo, conferiscono all'insieme una massiccia solidità.
La facciata presenta un alto portale a sesto acuto
sovrastato da un oculo, oggi appena vetrato, ma in
cui un tempo tondeggiava un rosoncino che il
Portioli descriveva “a fiorami con cornice sostenuta da mensole sagomate in terra cotta, di fattura
del XIII secolo”; lo affiancano due finestrelle ad
arco ogivale, delle quali però è da verificare se e
quanto corrispondano all'originale; pare infatti che
30
la forma ogivale medesimamente a quella del portale sia una modifica molto tarda, addirittura neogotica.
Esistono sui rispettivi fianchi, all'altezza dell'arco
presbiteriale, altre due piccole aperture archivoltate che mettono in comunicazione con la casa colonica l'una e con il boschetto l'altra; sulla parete di
fondo si apre, speculare a quello di facciata, un
secondo oculo.
L'edificio oggi presenta una pianta rettangolare
abbastanza allungata, ma probabilmente non è
quella dell'impianto iniziale; questa, si divide in
due corpi delimitati dall'arco di trionfo ogivale e si
pone su due diverse altimetrie.
Il presbiterio, ora rettangolare, ma un tempo probabilmente ad emiciclo con volta a catino, è appena rastremato ai lati rispetto all'aula dei fedeli ed è
strutturato su di un piano rialzato di tre gradini; al
medesimo livello si protrae anche alla prima parte
della navata dove costituisce copertura per una
cripta, anche questa con tutta probabilità non originale, o quantomeno riadattata nel tempo.
II pavimento, certamente rimaneggiato più volte
nei secoli, attualmente presenta una tramatura in
tavelline settecentesche di cotto nella zona più alta
ed in cemento nella navata.
Nello spazio rialzato prospiciente l'arco di trionfo
sono inserite a pavimento, giuste allineate, sette
lapidi funebri epigrafate; la centrale, appena più
lunga, è la più antica e commemora “Alojsius
Rizzinius - MDCCCVIII”.
Attiguamente, a medesima guisa, centrata nella
2
1
31
Prospetto ovest con:
1 facciata della chiesa
2 la casa adiacente
con i resti di un
antichissimo muro.
Facciata dalla forma a
capanna, con le finestre ogivali aperte in
epoca tarda.
Il muro in primo
piano è di antichissima costruzione.
zona bassa della navata, è inserita la pietra di sigillo della cripta, incisa con lo stemma della Famiglia
Rizzini. Ad essa si accede attraverso una scaletta
che scende in un vano centrale, rettangolare,
appena archivoltato; le sepolture non corrispondono alla verticale delle lapidi soprastanti, ma sono
composte in bare di legno allineate ai lati perimetrali e rialzate su sacelli.
Il tetto strutturalmente di legno, nella zona navata,
è costituito da capriate con orditure secondarie ed
assito mentre, nella zona presbiteriale, è composto
da una trave centrale, da due laterali intermedie,
da travetti trasversali e tavelline in cotto; su queste
orditure poggiano le tegole in coppi.
Le orditure secondarie e l'assito della navata sono
di recente costruzione.
32
Gli arredi immobili dell'edificio sono costituiti da
vari elementi.
Una semplice nicchia emiciclica a calotta emisferica, locata al centro della parete di fondo del presbiterio è destinata ad accogliere l'interessante statua lignea del Patrono San Lorenzo.
L'altare maggiore, posto a pavimento al centro
dello spazio presbiteriale, è raccordato alle pareti
laterali da due portalini in muratura (di fattura
posteriore) con due porte in legno che danno
accesso ad un vano adibito a coro-sacrestia.
Una predella in legno rialza il piano dell'officiante.
La composizione, estremamente semplice, è costituita da una mensa e da un fondale, culminante
con due gradoni per gli arredi, raccordato ai fianchi da volute modanate; il tutto è eseguito in
muratura in parte rasata a marmorino, con qualche
cenno di ornato dipinto a finta tarsia marmorea.
Molto interessante invece, almeno per alcune
componenti, è l'altare laterale della navata posto
centralmente a ridosso della parete di sinistra
entrando.
Questo è il risultato dell'aggregazione di tre diverse componenti: il corpo mensa del tardo
Settecento, eseguito ex-novo in luogo, secondo lo
stile dell'epoca; la pregevolissima ancona di legno
scolpita, intagliata e dorata, databile al XVII secolo; la pittura del fondale consistente in un affresco
con il Compianto di Maria, parte già esistente e
parte completato appositamente.
Nella navata non si notano altre particolarità strutturali, ma piuttosto due curiosità: un piccolo oculo
con ghiera in cotto e grata in legno traforata che,
posto in alto alla parete destra dell'entrata sotto
una mensolina a capanna in pietra, quasi certamente assolveva alla funzione di mettere in comunicazione la Chiesa con l'abitazione, dalla quale
assistere, non visti, alle funzioni; ed ancora altro
elemento singolare si rileva nella controfacciata su
entrambi i lati dell'entrata dove trova collocazione
una zoccolatura in muratura con risega, della
quale non si conosce la funzione, ma che, vista
l'altezza, potrebbe essere stata semplicemente
quella di sedili, oppure la continuazione del contiguo rudere medioevale.
33
Stemma della famiglia
Rizzini, inciso sulla
pietra a sigillo della
cripta
Scavo esterno per le
sottomurazioni, con
vista dell'originaria
fondazione a semicerchio della parte absidale.
34
In prossimità vi è anche un piccolo basamento
con l'impronta di un’acquasantiera al momento
non rintracciabile.
La componente indubbiamente più interessante
dell’Oratorio, oltre alla dislocazione nel suggestivo
contesto paesaggistico, già ampiamente descritto
nei cenni storici, è il consistente ciclo pittorico ad
affresco che orna tutte le pareti interne dell'edificio.
Degli arredi mobili, allo stato attuale, dopo tanti
anni di abbandono, incuria ed anche di spogliazioni, sono rimaste poche cose, anche se è difficile dire quanto in origine ci fosse.
Di molto interessante, come già accennato, è rimasta la statua lignea del Santo Patrono: scolpita in
35
Veduta dell'altare,
con la statua lignea di
San Lorenzo,gli arredi
ed il paliotto dipinto a
tempera.
Il tetto a capriate in
legno
tuttotondo mostra ancora tracce delle antiche cromie ed è di fattura abbastanza ingenua, ma di
forte espressività.
Nella navata a delimitare in quadratura la zona
dell'altare laterale vi è una prestante balaustra-inginocchiatoio con colonnine seriali, eseguita in
legno di noce e composta da due elementi a
forma di “L” contrapposti specularmente, databili
al XVIII secolo.
Inoltre, vi sono anche due banchi per i fedeli in
legno d'abete, poveri di esecuzione e miserevolmente ridotti.
CONTESTO AMBIENTALE
Descrizione analitica
Dalla vecchia Piazza del Mercato (ora Pezzati) si
giunge all'Oratorio di San Lorenzo percorrendo il
Viale intitolato ai Martiri della Libertà e, poi, una
sinuosa carrareccia che, dopo aver appena toccato
l'entrata di questo eremo, aggira in oriente la presunta “terramara” per arrestarsi nella corte del
Mulinello.
Dopo aver varcato il cancello, per quasi duecento
metri si cammina in leggera salita lungo l'argine di
questo innaturale rialzo, protetti da un doppio filare di svettanti tigli, prima d'immergersi, seguendo
la destra, nel piccolo bosco che avvolge la Chiesa.
La trama di quest’angolo verde sembra riecheggiare schemi ottocenteschi di Haussmanniana memoria; impostata su quattro filari ortogonali al viale si
estende, secondo un rigido schema geometrico di
cinque metri di lato, sin quasi a lambire il fossetto
che ne delimita i versanti nord-occidentali.
L'essenza prevalente di tiglio e la dimensione dei
tronchi fanno supporre che l'impianto sia coevo a
quello di Via Circonvallazione e Via IV Novembre
del Capoluogo, effettuato agli inizi di questo secolo.
Ben poco dell'originale è rimasto, forse solo il
poderoso ed isolato gelso che fa da sentinella tra
la casa colonica e la dismessa stalla.
Un abete prossimo all'ingresso dell'edificio sacro e
qualche altro tiglio sparso lungo il corso d'acqua
“completano” l'orditura alberata.
36
L'altare laterale
spoglio di tutti gli
arredi e la sovrastante
ancona in legno
scolpito dorato
e laccato.
Stato conservativo e criteri d'intervento
Il sottobosco è ormai inesistente e lo strato erboso
che ammanta il declivio è costituito solo da essenze infestanti.
Così come è accaduto alla macchia, anche buona
parte degli alberi che costituivano il reticolo ortogonale è andata perduta, qualche ceppo ne rimane a memoria, i restanti, inoltre, necessitano di
immediate quanto adeguate cure.
L'intervento di recupero più appropriato sembra
quello tendente a ricomporre lo schema perduto
che, seppur lontano dall'originale, rappresenta un
momento della storia del luogo; tuttavia non si
esclude la possibilità di reinserire qualche albero,
37
Il viale della “barriera”
che porta verso San
Lorenzo. Sullo sfondo
si nota il portale neoclassico.
La facciata dalle severe ed armoniose linee.
in modo meno rigido, per completare gli spazi
lungo il fossetto.
Inoltre, per garantire l'accesso alla Chiesetta è
necessario creare un percorso illuminato che, staccandosi dal viale, giunga sino alla porta ogivale
della navata.
Il fondo in mista naturale e la finitura in ghiaietto
favoriranno anche un rapido smaltimento delle
acque meteoriche, contribuendo a ridurre indebiti
recuperi di umidità delle murature.
MASSE MURARIE,
PAVIMENTAZIONI,
COPERTO E SERRAMENTI
Stato conservativo
Dell'Oratorio di San Lorenzo, in questo momento,
non si conoscono ancora le precise caratteristiche
del suolo di appoggio e, per quanto esposto nelle
precedenti note bibliografiche, si suppone che le
fondazioni siano appena accennate.
La strutturazione delle murature appare impostata
poco sotto il piano campagna con piede allargato
alla base, per un rinforzo esterno a barbacane, in
declivio per oltre un metro d'altezza; gli spessori
38
39
Il portale neoclassico
della “barriera” che
delimitava la fine del
paese con l'inizio
delle proprietà Rizzini.
Un tempo meta preferita delle passeggiate
dei guidizzolesi.
medi sono di circa 70 centimetri al piede e di circa
50 centimetri oltre il barbacane fino al tetto.
L'orditura è composta, alla partenza, preminentemente da grossi ciottoli e massi di pietra e di
marmo (botticino) più o meno squadrati, cocci di
cotto e qualche mattone, stabilizzati con malta di
sabbia delle locali cave moreniche usata al naturale (non setacciata o lavata) e calce spenta di fornace (idrossido di calcio); i mattoni sono più frequenti verso l'alto e nella formazione degli spigoli.
I paramenti murari, non sempre ordinati, sono
stati risarciti in andamento portando in superficie a
rasare le medesime malte di orditura.
I segni di dissesto e degrado sono consistenti.
Fessurazioni prolungate e profonde si notano in
particolare sulla facciata orientale e su quella occidentale, oltre che sulle pareti presbiteriali e sull'arco di trionfo ogivale che delimita questo ambito
verso la navata.
La presenza di tiranti in ferro piatto, evidenti sopra
intonaco o segnalati da chiavi di serraggio esterne,
hanno evitato infauste conseguenze.
L'elevata umidità ha causato notevoli fenomeni
disgreganti di salinazione e di solfatazione, nonché muffe e licheni.
Questi fenomeni hanno intaccato anche la pavimentazione in laterizio del presbiterio, che risulta
maggiormente aggredita in corrispondenza dei
gradini.
40
Il coperto dell'aula presbiteriale appare discretamente conservato, mentre quello della navata è
stato maldestramente sostituito di recente, probabilmente perché quello originale era ormai distrutto.
La cornice di gronda a nord è dotata di canale in
lamiera in pessime condizioni.
I serramenti, a prevalente struttura lignea, sembrano in accettabile stato di conservazione; quelli
vetrati hanno subito danni provocati da atti vandalici e dalle conseguenti infiltrazioni d'acqua.
Criteri d'intervento
Per stabilire una precisa metodologia d'intervento
che porti ad un corretto recupero strutturale e ad
eliminare i fenomeni di risalita capillare dell'umidità, sarà indispensabile eseguire approfondite
indagini preliminari.
Uno scavo perimetrale, esterno ed interno all'edificio, esteso sino al piano d’appoggio delle fondazioni ed effettuato per tratti alterni, permetterà di
verificare la reale consistenza di queste ultime e,
di conseguenza, le cause che hanno prodotto i
pericolosi dissesti accertati nelle masse murarie.
L'inserimento in punti strategici di contrafforti in
muratura di ciottolo e laterizio, protratti sotto i
manufatti murari, laddove la poca consistenza del
terreno di appoggio lo richieda, bloccherà le spinte verso l'esterno evidenziate dalle fessurazioni.
L'accurata pulizia dai residui terrosi ed il successivo rinzaffo consolidante con malta antisale delle
murature restituiranno loro la necessaria stabilità;
mentre, la seguente protezione con strato separatore tipo DeltaMS. e con abbondante vespaio in
ciottolo, impedirà il ripetersi della risalita capillare
dell'umidità, in questo aiutati anche dalla posa in
opera di un marciapiede a canale di marmo, lungo
l'intero perimetro esterno della Chiesetta.
Nei casi in cui le cause del dissesto delle masse
murarie richiedano la parziale ricostruzione delle
stesse o l'occlusione degli interstizi, si potrà procedere con operazioni di cuci e scuci o d’iniezione
di boiacca di calce.
Lo scavo interno e la limitata estensione del presbiterio imporranno anche la preliminare totale
rimozione del pavimento in cotto, ma il beneficio
41
Scavo per il consolidamento dei muri perimetrali; sono visibili le
nuove sottomurazioni
e la tombinatura per il
drenaggio dell'acqua.
che deriverà dalla conseguente formazione di un
vespaio aerante compenserà ampiamente questo
sacrificio.
Allo stesso modo si dovrà intervenire sulla pavimentazione della navata, peraltro senza particolari
cautele perché, come detto, è di calcestruzzo.
Nel ripristino dei pavimenti si userà il materiale
originale nel presbiterio e si poserà cotto nuovo
nella navata, riproponendo in entrambi i casi il
disegno attuale del primo.
Il coperto dell'aula dei fedeli dovrà essere ricostruito salvaguardando le capriate originali e sostituendo le travi secondarie e l'assito da ponteggio
attualmente in opera.
L'operazione potrà essere effettuata utilizzando
ancora manufatti di legno (travi ed assito), ovvero
ribadendo l'ordito del presbiterio con travi secondarie e travetti di legno e supporto in tavelline di
cotto nuove.
Per evitare infiltrazioni sarà poi opportuno inserire, sotto i coppi, una barriera in carta catramata
ondulata.
42
Crepe presenti sulla
facciata:
sul lato sinistro vicino
al tetto
e destro vicino ai resti
delle antiche mura.
Sezione verticale della
parete a nord con
indicato:
1 nuove sottomurazioni dei muri perimetrali
2 cripta con le tombe
della famiglia
Rizzini
Qualora da una verifica strutturale del tetto del
presbiterio emergessero carenze statiche si dovrà
intervenire con metodiche poco invasive.
Per proteggere le murature dallo scolo delle acque
meteoriche si dovranno dotare le gronde laterali di
appositi canali di raccolta.
I serramenti dovranno essere restaurati ricostruendo le parti mancanti o marciscenti e sostituendo i
vetri rotti.
Dalle inferriate e dalle parti metalliche dovrà essere rimossa la ruggine e steso un idoneo strato protettivo.
1
2
2
43
1- Crepa interna che
parte da terra
2- Scavi interni per le
sottomurazioni ed il
risanamento dei muri.
3-4 Crepe esterne
sulla parete nord.
INTONACI
Stato conservativo e criteri d'intervento
L'interno dell'edificio conserva ancora, in gran
parte, i suoi intonaci originali che indubbiamente
sono da mantenere, in quanto componenti fondamentali nella caratterizzazione materica ed estetica
dell'ambiente.
Sono costituiti in primo strato dalle medesime
malte delle murature.
Sopra detto rinzaffo è stato applicato un intonaco
finale costituito da calce e sabbia selezionata,
appena più fine, steso in andamento con spessoramenti disomogenei (2-6 cm.) e finito a pennello
con grassello di calce diluito.
Nel tempo, molti sono stati i ripristini e le ritinteggiature, soprattutto nelle zone più basse in conseguenza dell'insalubrità strutturale più volte citata.
Invece, al di sopra della linea di salubrità, gli intonaci sono complessivamente stabili ed anche le
sovracoloriture sono stratigraficamente ridotte.
Il loro recupero dovrà soggiacere ad un piano particolareggiato da definire sulla scorta di una mappatura precisa degli esistenti e delle loro caratteristiche (originali e d'epoca); dopo di che si dovrà
decidere quali mantenere e soprattutto dove e
come effettuare le integrazioni.
A livello operativo, dopo i fissaggi delle zone più
decoese ed a rischio, saranno da asportare le intonacature cementizie di rappezzo e, di seguito,
tutte le sovracoloriture.
Il risanamento murale dovrà essere eseguito con
accurata pulitura ed applicazione di un antisolfatante per bloccare i sali e renderli inerti.
Il risarcimento delle lacune dovrà essere mirato in
base al valore materico-cromatico da produrre ed
alle caratteristiche di salubrità delle diverse zone
ove intervenire.
Così, in funzione della casistica, potranno essere
utilizzati prodotti sperimentati a base di calce per
riempimento delle brecce e dei volumi mancanti,
con iniezioni a bassa pressione e calci specifiche
per il riempimento di tasche e l'incollaggio d’ into44
1
2
3
4
45
Lo scavo per il rifacimento del pavimento.
Si nota la volta in mattoni della cripta ed i
teli a protezione degli
affreschi.
Ponteggio per ispezionare il tetto e riparare
le numerose crepe
presenti sui muri.
Il muro presenta molti
e”preoccupanti rigonfiamenti” dell'intonaco.
naci scollati, nonché di malte ed intonaci con
calce idraulica per zone con presenza di umidità e
di degrado.
La definizione dei materiali da usare e delle metodiche da attuare saranno definite ed adeguate in
sede di stesura del progetto di restauro esecutivo,
in relazione anche alle indicazioni fornite dalla
Soprintendenza.
AFFRESCHI
Descrizione analitica
L'Oratorio del San Lorenzo di Guidizzolo, conformemente ad altri analoghi edifici medioevali, raccoglie sulle sue pareti interne innumerevoli pitture
votive che, aggregandosi nel tempo e spesso
anche sovrapponendosi, costituivano dei veri e
propri cicli pittorici con riscontri devozionali, storici e non raramente anche artistici.
Diversi erano nei dintorni gli edifici sacri similari,
ma molti sono stati demoliti, altri sono stati spogliati e soltanto pochissimi sono rimasti a testimoniare il loro tempo.
Appare paradossale, ma vera risulta la constatazione che sono giunti a noi più facilmente integri gli
edifici più umili e dimenticati per secoli dalla storia.
L'Oratorio di San Lorenzo è uno di questi, assieme
ai limitrofi e coevi della Madonna di Mezza
Campagna di Cereta e quello di San Pietro in
Vincoli di Massimbona, dove soltanto da poco
sono venuti alla luce cicli pittorici interessantissimi
e con molti riscontri con quelli di Guidizzolo.
All'interno di San Lorenzo gli affreschi sono dislocati in tanti riquadri affiancati che costituiscono
una fascia ininterrotta, staccata dal pavimento (cm.
80 ca.), che si protrae in altezza per non meno di
170 centimetri e si sviluppa lungo tutte le pareti
della navata, compresi i piedritti dell'arco presbiteriale; altri riquadri si trovano alti sopra la prima
fascia nel lato destro e sulle pareti laterali del presbiterio.
I riquadri visibili sono una trentina, per un totale
di mq. 45 circa di pitture, ma altri si intravedono
sotto-intonaco o sotto-scialbatura.
46
47
Particolare di muro in
cui si notano:
due strati diversi di
intonaco dipinti ed
una parte di muro
senza intonaco, caduto a causa dell’umidità.
Difficile è stabilire l'epoca di queste pitture, alcune
delle quali, pur ancora impostate su schemi
medioevali, rivelano contemporaneamente anche
echi delle innovazioni rinascimentali.
Orientativamente si potrebbe ipotizzare un periodo comprendente gli anni che vanno dalla fine del
XV secolo a quelli dell'inizio del XVII.
Non esiste un ordine distributivo in successione
cronologica, anche se un'analisi approfondita
potrà in parte definirlo; si notano invece le differenti mani che hanno lavorato, alcune delle quali
anche ricorrenti in più soggetti.
Ad un primo esame, i riquadri centrali della fascia
inferiore, assieme a quelli presbiteriali, appaiono i
più antichi, mentre quelli della fascia superiore
sono postumi.
48
E' comunque da ricordare sempre il trascinamento
stilistico nel tempo che avveniva per gli operatori
indigeni, attivi in zone periferiche ai centri delle
fioriture stilistiche, come certamente era
Guidizzolo dove sostavano generalmente solo
mestieranti di passaggio, ma talvolta, anche artisti
qui richiamati da qualche personalità od ordine
religioso collegati al luogo.
Componente storicamente importante delle pitture
è data dalle iscrizioni: alcune sono originali, riportate dagli autori e riferiscono oltre che le dediche
votive anche le date di esecuzione, quali: 1503;
1506; 1564.
Altre graffite, direttamente sulle pitture da ignoti,
riportano notizie di cronaca di risonanza e di
curiosità popolare.
Altre iscrizioni e graffiti presentano difficoltà di lettura e trascrizione allo stato attuale, ma certamente, una volta liberati da sporco ricoloriture e scialbature, potranno meglio essere decifrati.
49
Frammenti d’intonaco
dipinto, caduti a terra
e recuperati per essere
utilizzati in fase di
restauro.
1
6
4
5
3
6
2
7
4
3
50
Sezioni verticali delle
pareti est ed ovest,
con indicato:
1 porta d'ingresso
principale
2 arco che divide il
presbiterio dalla
navata centrale
3 posizione degli
affreschi
4 cripta
a pag. 50
Sezioni verticali delle
pareti nord e sud, con
indicato:
1
3
1 oculo-matroneo
2 altare laterale ed
ancona in legno
3 cripta
4 porta d’ingresso
principale
5 porta d’ingresso
lato nord
6 posizione degli
affreschi
7 porta di collegamento con la casa
colonica (nel periodo 1995-98, stante
la muratura dei due
ingressi esterni, era
l'unica via per accedere all'Oratorio)
3
2
4
51
Introduzione alla “lettura”
delle pitture murali
Da una relazione del prof. Alessandro Dal Prato, chiesta nel 1990
dall'Amministrazione Comunale di Guidizzolo e già pubblicata integralmente sul n° 2 (settembre 1995) de “la Notizia” riportiamo la parte
riguardante gli affreschi.
...Nell'Oratorio di San Lorenzo, come in quasi tutti gli analoghi edifici
medievali, sulle pareti interne sono conservate pitture votive promossse
dalla devozione dei fedeli; affreschi, affiancati l'uno all'altro senza un
organico piano di svolgimento, realizzati in tempi diversi, qualche
volta da artisti validi e raffinati, qualche altra da artisti un po' rozzi.
Qui sono presenti gli uni e gli altri. Gli affreschi sono una ventina, ma
sotto le scialbature a calce ce ne potrebbero essere altri.
Difficilissimo è stabilire l'epoca di queste pitture, alcune delle quali
ancora impostate su schemi medievali, che rivelano echi delle innovazioni rinascimentali. Grosso modo, si potrebbe ipotizzare un perido
comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV secolo, a quelli dell'inizio del XVII secolo.
Notevoli sono le tre figure a metà della parete sinistra entrando, raffiguranti in altrettanti riquadri due Sante ed un Vescovo, di salda struttura disegnativa e di eccellente smalto cromatico.
Molto vicini a questi, ma di disegno meno elegante e colori meno raffinati, si possono considerare il San Rocco ed il San Sebastiano, posti
52
nella parete a destra entrando, ed il S. Antonio Abate col fuoco nel
cavo della mano, situato in alto nel muro presbiteriale. Nella zona
inferiore prevalgono le figure isolate su fondo generico, mentre nella
zona superiore vi sono composizioni con più figure ambientate, come
ad esempio il “Cristo in Croce fra la Maddalena e San Giovanni”, sullo
sfondo di una città. Interessantissimi i tre devoti offerenti, dipinti inginocchiati ai piedi dei loro Santi protettori, in altrettanti affreschi in
cui sono evidenti gli sforzi per raggiungere la somiglianza; un giovanotto biondo vestito di bianco; un barbuto uomo maturo con cuffia;
un giovane con capelli castano-rossicci con attillati calzoni a scacchi.
Nelle pitture figurano ripetutamente i Santi Rocco e Sebastiano, la
Madonna col Bambino e, inoltrte, qualche Santo non identificabile.
Guidizzolo, gennaio 1990.
Una sezione particolare di questo volume riguarda le pitture murali.
Le note che illustrano gli affreschi, sono state eseguite nel 1979 per
una ricerca condotta da un gruppo di studentesse dell'Istituto Statale
d'Arte di Guidizzolo: Renata Bettega, Rosanna Corini, Francesca
Righetti, Riccarda Pasotti e Susanna Zanni.
53
54
Primo affresco del
ciclo votivo partendo
da destra. Diviso in 4
soggetti, due
Madonne in trono col
Bambino, San
Sebastiano e San
Rocco
Insieme i Santi Rocco
e Sebastiano protettori
della peste. Il colore è
offuscato da polvere e
da muffa leggera, può
ritornare brillante con
il restauro.
55
56
San Lorenzo. Il Santo
titolare della chiesa
compare una sola
volta nel ciclo. La pittura graffiata ed in
parte ricoperta da
calce, è recuperabile.
San Lorenzo.
Particolare della mano
che conferma la
buona pigmentazione
del colore.
57
58
San Francesco d'Assisi
che riceve le stigmate.
In secondo piano frate
Leone, tema svolto da
pittori celebri, da
Giotto ai contemporanei.
Non è sicura l'identità
del Santo; potrebbe
essere San Rocco dalla
mano sinistra appoggiata alla coscia.
59
60
Madonna in trono col
Bambino. Il colore del
manto della Madonna
è sempre sui toni
rossi, gialli o bluastri.
L'elevato costo dei
lapislazzuli sfavoriva
l'uso dell'azzurro.
San Sebastiano. In alto
una conchiglia decorativa, il fondo è
raschiato, ma la figura
risulta leggibile.
61
62
San Martino a cavallo
ed il povero. Il dipinto
in molti punti è spellato, ma ben recuperabile; notiamo in particolare l'uso di terra
verde di Verona.
San Rocco.
Riconoscibile dalla
mano sinistra che indica la piaga sulla
coscia; la figura del
Santo manca di colore
per caduta e sfregamento.
63
Santo Vescovo con
libro in mano.
L'umidità della parete
ha rigonfiato l'intonaco e poco basterebbe
per farlo cadere. Il
colore è solido e ben
consevato.
Santa non identificabile. Dipinto molto rovinato; troviamo in prevalenza terre gialle e
rosse di provenienza
veronese.
64
65
Santo non identificabile. Da alcuni elementi
quali il libro ed il
monogramma di
Cristo sul petto, lo si
pensa San Bernardino
da Siena.
Cristo in Croce fra la
Madonna e San
Giovanni. Si presenta
ben conservato perché
posto in alto; si
riscontra una ricerca
dell'anatomia.
66
67
Madonna in trono col
Bambino. Accanto un
devoto con San Pietro;
notiamo il disegno del
calzare. La pradella
del trono è tipica dei
pittori veneti.
Madonna in trono col
Bambino e devoto.
Dei colori usati rimangono prevalentemente
il rosso ed il giallo;
interessante è la testa
del devoto per l'evidente ricerca di rassomiglianza.
68
69
70
Testa di Santo non
identificabile.
Pittura collocata su
parete interna contigua alla zona absidale;
da notare la sfumatura
dell'incarnato del
volto. Rileviamo graffita una data 1564.
Sant'Antonio Abate.
Nelle mani del Santo
ben risolte, il fuoco ed
il bastone, in basso un
porcellino. Testa ben
disegnata e corpo proporzionato confemano
l'abilità del pittore.
71
72
Santo Vescovo. La
luminosità della veste
è risolta con puntini
bianchi; il dipinto presenta anche delle
velature.
Santo Vescovo.Prima
pittura orientata a
nord, cornici ben
risolte pittoricamente,
il colore è brillante.
Alcune parti coperte
da calce sono recuperabili con sapiente
restauro. Pastorale
diventato trasparente
per un ritardato intervento dell'artista.
73
Santo Vescovo.
Particolare della testa
ben disegnata; espressione triste.
Decorazione alla base
della mitra molto
pesante.
Santa Maddalena.
Seconda pittura votiva
del ciclo orientata a
nord. La Santa appare
con ritratto un devoto
guidizzolese del XV
secolo.
74
75
Santa Maddalena.
Particolare ed insieme
del busto. Si vede il
motivo inciso del disegno di base dell'affresco.
Santa Maddalena. La
Santa tiene con mano
eseguita grossolanamente un balsamario;
tutta la parte è scrostata con raschiatura del
colore.
Santa Maddalena.
Volto molto stilizzato
e ben fatto; ricorda il
modo di operare di
certi pittori della scuola dei Dacemmo.
76
77
78
Santo non identificabile. Eseguito sullo
schema del soggetto
precedente, la lettura
della parte inferiore è
resa difficile dalla
mancanza di colore
Figura vista da vicino.
Particolarmente curati
il busto ed il volto.
79
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L’inserimento dell'altare barocco ha interrotto il ciclo degli affreschi. Nella cornice
lignea dorata, la Pietà
con San Giovanni e
Santa Maddalena.
Sopra la Croce con
angeli eseguiti nel
secolo scorso.
Cristo sulla via del calvario.
Macchie di umidità,
numerose e gravi
crepe ostacolano l'identificazione della
seconda figura; si
direbbe, dal tema trattato, la Veronica.
Madonna in trono col
Bambino. Ultima pittura collocata sulla parete nord. Eseguita con
nuovo stile, ricorda
l'operare dei pittori
dell'Italia centrale. E'
possibile rilevare il
disegno originale dai
solchi dell'affresco.
81
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Madonna in trono col
Bambino. Il drappeggio molto curato e studiato ricorda i mosaici
bizantini.
San Bernardino da
Siena con devoto.
Pittura posta sotto una
delle finestre ogivali;
continua la teoria votiva. Il dipinto è particolarmente malorato
dalle fenditure laterali
e dalle superfici spellate.
83
San Bernardino da
Siena con devoto.
Preoccupante la crepa
laterale; si notano
macchie di umidità.
San Sebastiano. A
fianco scritte graffite;
in basso, ai margini
della cornice, scritta
dipinta in latino, poco
leggibile.
84
85
San Sebastiano.
Particolare che evidenzia una crepa vicino al braccio sinistro
del Santo.
San Sebastiano. Scritta
alla base del dipinto.
86
San Sebastiano.
Ingrandimento della
crepa dove si nota un
grave sollevamento
dell'intonaco. La scritta
latina in particolare e
buona parte del dipinto risultano rovinati
dall'acqua piovana.
San Sebastiano.
Ingrandimento di
parte di scritta con
crepa.
87
Madonna in trono col
Bambino. La testa è
armoniosa, mentre
mani e braccia sono
sproporzionate e mal
articolate. Macchie di
umidità e graffi compromettono il dipinto.
88
Stato conservativo
E' indubbio che il degrado di queste pitture, come
di qualsiasi altra opera d'arte, è correlato al deterioramento dei materiali che lo compongono e
che, a sua volta, l'alterazione di questi materiali è
legata ad una serie di processi che sono in relazione, oltre che con le caratteristiche chimiche e fisiche dell'opera in questione, anche con quelle dell'ambiente in cui questa è posta.
Negli affreschi di San Lorenzo, come è emerso
dall'esame delle condizioni ambientali, risulta evidente che la componente che più ha inciso nel
determinare il loro degrado attuale è certamente la
presenza di acqua sotto le diverse forme; essa ha
prima condizionato lo stato di salute delle murature e di conseguenza, per induzione, le soprastanti
pitture.
Altre componenti di degrado, che spesso stanno
alla base della buona conservazione delle opere
d'arte e degli affreschi in particolare e che qui
sono negativamente presenti, sono: la non sempre
corretta conduzione tecnica esecutiva originale e
l'impiego di materiali non idonei, od impuri.
Infatti, una precaria esecuzione iniziale, spesso
significa compromissione della buona conservazione per la facile disposizione ad ogni sorta di
aggressione.
Anche la non corretta manutenzione comporta
gravi danni alle pitture e per queste, come più
volte ribadito, vi sono stati lunghi periodi di assoluto abbandono.
Nell'esame specifico dello stato conservativo del
ciclo pittorico dell'Oratorio di San Lorenzo, si deve
premettere che si tratta di un complesso composito, stratificatosi nel tempo su di una realtà strutturale preesistente, con una sua identità originale
sulla quale hanno inciso trasformazioni dovute sia
al naturale apporto del vissuto che ad interventi di
manutenzione od anche di vere e proprie trasformazioni.
Le diverse pitture pertanto, pur originate ed accomunate all'interno del medesimo edificio, presentano caratteristiche diverse per epoca, carattere
artistico, tecnico e stato conservativo.
89
E' perciò evidente che in sede di esame diagnostico e di stesura del progetto esecutivo di restauro,
ciascuna opera, pur vista nel contesto di denominatori comuni, dovrà essere considerata in modo
distinto per proprie peculiarità.
Uno dei denominatori comuni alle pitture che ha
avuto grande influenza sulla conservazione delle
opere è indubbiamente la struttura muraria già
ampiamente descritta in precedenza.
All'interno delle zone perimetrali agli affreschi,
appaiono numerosi i riporti d’intonaco riferiti probabilmente a ripristini sia per il dilatarsi delle
riquadrature preparatorie, sia per il risarcimento
del degrado, ma anche per alcuni riquadri di affreschi ricoperti sottointonaco.
Solo dopo una corretta mappatura stratigrafica
sarà possibile definire la reale situazione.
Le caratteristiche tecniche esecutive degli affreschi,
come detto, sono abbastanza eterogenee, anche
se, riguardo alla preparazione del fondo di appoggio, le osservazioni nei pochi rilievi stratigrafici
attuati fino a questo momento, sfruttando brecce
esistenti, sembrano molto similari e semplici; in
pratica, quasi sempre l'allestimento del “letto” per
l'intonachino si riduce ad una semplice puntatura
degli intonaci sottostanti per ottenere delle tacche
di aggancio.
Pochi sono i riquadri dove si nota la presenza di
una diversa preparazione con rinzaffo ed arriccio,
ad agganciare il paramento murario; quasi sempre
si nota invece il mantenimento degli intonaci esistenti, questo forse per sfruttare una superficie già
ben stabilizzata o, forse più semplicemente, per
sbrigare speditamente il lavoro, senza però valutare che gli antichi intonaci degradati avrebbero
contagiato le pitture soprastanti.
Relativamente agli intonachini o veli finali, sui
quali sono state stese le cromie, questi presentano
tipologie diversificate per componenti e metodi
applicativi; alcune sono composte da impasti di
calce con sabbia, talvolta, viva di fiume e, più
spesso, alluvionale di cava a granulometria più o
meno fine e più o meno raffinata dai limi argillosi;
raramente si riscontra nel composto anche la presenza di polvere di marmo; più spesso, questa è
90
usata come scialbatura di superficie a finire la preparazione prima della spalmata a dorso di cazzuola.
Gli spessori, che vanno da un minimo di 2-3 mm.
fino a 7-8, sono dati quasi sempre in unico strato,
in andamento con giunture delle giornate di lavoro ben visibili; la matericità di superficie è generalmente ben lisciata, qualche volta a pennello od a
dorso di cazzuola e talvolta tirata quasi a marmorino.
Solo in alcuni riquadri i contorni della raffigurazione sono incisi nell'intonaco, altre volte riportati a
pennello.
La componente cromatica, normalmente sobria
nell'affresco, per la limitata gamma di pigmenti
compatibili con la tecnica, qui lo è particolarmente, essendo ridotta, in pratica, all'impiego delle
terre, con esclusione di tutti i colori più pregevoli,
quali gli azzurri; ciò probabilmente per il carattere
povero degli interventi e la conseguente impossibilità di usare colori molto costosi, abitualmente
riservati ai grandi maestri, per Committenti facoltosi.
Tuttavia, oltre la presenza di terre assai belle e raffinate, si nota un verde molto luminoso.
L'esecuzione tecnico-pittorica degli affreschi, in
generale, è condotta su di un disegno preparatorio
per lo più abbozzato direttamente sull'intonaco
fresco, talvolta riportato anche a spolvero e poi
graffito.
Il colore è steso prevalentemente a corpo, con
pennellate non sempre curate e precise nelle finiture, soprattutto nei panneggi e nei fondali; diverso, invece, per gli incarnati, quasi sempre luminosi
in quanto prodotti a velature anche su fondo
monocromo di terra verde, proprio come era
costume nel pre-rinascimento.
Alcuni affreschi sono stati eseguiti in un'unica porzione (giornata), altri invece presentano più riprese e ciò a seconda della cura e della laboriosità
che richiedevano le raffigurazioni; non sempre
però le giunture sono state fatte con perizia.
Molte pitture, o meglio parte di esse, sono state
completate fuori dal tempo del “buon fresco”,
compromettendo la corretta carbonatazione e la
conseguente conservazione; alcune sono state finite a tempera con legante organico.
Le condizioni conservative dei dipinti, in questo
91
momento, sono molto precarie, anche se non
compromesse, ma certamente in uno stato di predeperimento irreversibile; la zona più ammalorata
ed a rischio è indubbiamente quella prossima alla
base delle murature, in special modo nelle vicinanze della cripta.
Per quanto sin qui detto, è facile ricondurre gran
parte delle cause agli apporti di umidità dovuti
alle caratteristiche di queste strutture.
Il carattere raccogliticcio e poco selezionato dei
materiali di costruzione delle murature contenenti
sali, argille e residui bitumali, assieme ai nitrati
confluiti dai reflui della cripta, tramite l'umidità
ambientale assorbita capillarmente dal terreno,
hanno costituito sub-strato fertile per l'innesco di
una serie di reazioni chimiche e fisiche dagli effetti
devastanti.
Infatti, i sali contenuti nelle sabbie non lavate e
sciolti a contatto dell'umidità sono trasmigrati con
essa verso l'esterno, ricristallizzandosi in fase di
asciugatura.
L'aumento di volume delle efflorescenze ha prodotto un effetto dirompente e disgregante delle
strutture materiche interessate da questo fenomeno che, ricreatosi in modo ripetitivo ad ogni
bagna-asciuga, ha sfaldato gli intonaci sconnettendoli dai paramenti murari, provocando scatolature
e tasche sottointonaco, nonché sgretolamenti sfaldandamenti e polverizzazione di superficie.
All'azione di scollamento degli intonaci (non solo
di basamento, ma anche affrescati), ora in grave
pericolo di caduta, hanno indubbiamente contribuito le sovraintonacature di ripristino, ma anche
quelle degli affreschi stessi che sono andate in
ricarico degli esistenti, costituendo un corpo spessorato che, con il tempo, i tensionamenti materici
e le diverse sollecitazioni statiche termo-igrometriche hanno, via via, distaccato e reso sempre più
autonomo dalla struttura di appartenenza.
Certamente sarebbe opportuno stabilizzare quanto
prima, con ancoraggi provvisori, le zone più a
rischio poiché potrebbe anche succedere che
qualche ampio strato si stacchi e si frantumi a
terra, dato che attualmente la crosta d’intonaci è
come appesa, essendo la parte bassa ed interna
92
priva di coesione ed ancoraggi; anzi, questa, friabilizzandosi, produce materiale di risulta che confluisce in sacche che spingono il tutto all'esterno,
quindi al distacco.
A carico delle superfici affrescate e delle coloriture
si riscontrano sfaldature e friabilizzazione d’intonaco, polverolenza ed esfoliazione di pigmenti, nonché micro-crettature ed un velo di patina biancastra in superficie; questo in particolare nella zona
inferiore della fascia affrescata ed ai fianchi dell'altare laterale ed ancora negli angoli ed in prossimità della cripta; in pratica nei punti di maggior
sfogo dell'umidità convogliata anche da corpi in
ridosso.
Nel tempo, infatti, sono stati innescati diversi processi degradanti che hanno prodotto effetti diversi
nelle varie zone, talvolta con risultati contradditori.
L'effetto della solfatazione, ad esempio, trasformando il legante delle pitture (carbonato di calcio), in pratica in gesso (solfato di calcio) per una
reazione con acidi, ha causato il distacco della pittura nelle zone più alte dove il fenomeno era più
altalenante, mentre, nelle zone dove più ha persistito, i distacchi non si sono verificati perché si
sono ricreate, in associazione con altre reazioni,
delle ricarbonatazioni in superficie che hanno
chiuso in un sandwich le cromie originali, ammantandole in una coltre di difficile rimozione.
Oltre a quanto esposto, altri gravi danni si sono
perpetrati a carico delle pitture, anche irreversibili,
perché hanno comportato la perdita di originale.
Alcune di queste cause sono risultate congenite
nelle specifiche opere, od anche di parte di esse,
allorquando l'imperizia o la trascuratezza esecutiva
dell'autore, lavorando “fuori tempo”, ha compromesso un'adeguata carbonatazione e l'ancoraggio
dei pigmenti, esponendoli nel tempo al facile
distacco.
Anche la cattiva manutenzione, il pessimo uso del
locale e l'abbandono hanno comportato notevoli
guasti con consunzioni, dilavamenti, graffiature,
scalfitture, ammantamenti di polvere, fumi, imbibizioni di olii, cere e quant'altro può derivare dall'incuria più assoluta.
Pure le buone intenzioni, non supportate dalla
93
Particolare del muro
con patina bianca in
superficie
competenza, hanno lasciato tracce deleterie, come
quando, nell'intento di liberare le pitture dallo
sporco, queste sono state spazzolate energicamente e lavate con acqua; indisconoscibili sono rimaste le tracce di pigmenti smossi e riportati da un
affresco all'altro.
Tuttavia, si può dire che, complessivamente, il
ciclo pittorico dell'Oratorio di San Lorenzo, nonostante gli insulti del tempo e dell'uomo, sia giunto
a noi con una sua unitarietà complessiva apprez-
zabile, sia d’impianto che conservativa, non facilmente riscontrabile in analoghi complessi; inoltre,
tale ciclo, pur appartenendo ad un'arte semplice e
popolare, è testimone di storia e di cultura di
indubbio valore che non può ritenersi di significato solo locale.
Criteri d’intervento
E' indubbio che i criteri d’intervento da seguire
per il restauro degli affreschi debbano risultare
unitari e sovrapponibili con quelli adottabili per il
risanamento strutturale dell'edificio e debbano
tenere conto oltre che della tipologia e dello stato
conservativo acquisito dalle diverse componenti,
anche della nuova destinazione alla quale il bene
verrà adibito.
Stante tale presupposto, l'intervento di restauro
delle pitture può essere più risolutamente orientato ad un recupero di carattere prioritariamente
94
conservativo, senza accanimenti di riproposizioni
estetiche artefatte del perduto, non sussistendo più
esigenze devozionali o di culto.
Quest'ultime, infatti, talvolta inducono a considerare l'opportunità di risarcire le lacune con un ripristino estetico ricostruttivo (seppure in vari modi
differenziati) delle raffigurazioni mancanti, privilegiando la funzionalità dell'immagine sacra all'ortodossia del puro e semplice salvataggio dell'originale esistente.
Nel caso specifico, trattandosi di pitture che hanno
superato tali esigenze, sembra opportuno adottare
dei criteri di restauro preminentemente conservativi, orientando il recupero estetico alla rimessa in
luce di quanto di originale e di significativo del
tempo-vita è sopraggiunto a noi, senza aggregare
apporti ricostruttivi di neo-formazione che, bene o
male, diverrebbero arbitrari e condizionanti.
Il tipo di restauro proposto e da adottare, comunque, non dovrebbe essere neppure rigorosamente
“archeologico” perché, schematizzando e ritagliando quanto rimasto, si rischierebbe di esacerbarne
il carattere di reperto, frazionando l'unitarietà parziale di ogni singola opera e globale dell'intero
ciclo.
Nel contesto del recupero dovranno convivere in
modo unitario, ma distinto, tre realtà sovrappostesi
col trascorrer degli anni: l'originale rimasto, le
lacune ed i segni del tempo-vita più significativi,
divenuti memoria storica dell'edificio e non solo.
Di questi, particolarmente interessanti e meritevoli
di essere mantenuti e posti in evidenza, sono alcune porzioni di affreschi sotto scialbatura, separati
da sovraintonacature e da inserti strutturali ed
ancora, numerose scritte epigrafate a margine
delle pitture o graffite sul tessuto pittorico stesso.
A livello operativo, le tre diverse realtà sono da
ricondurre a giusti valori distinti, armonizzandole
ed adeguandole alle specifiche appartenenze con
neutri modulati a velatura sottotono.
La stabilizzazione ed il risanamento degli intonaci
seguiranno e saranno condizionati, nei tempi e
nelle metodiche, dagli effetti e dall'assestamento
prodotti dalle medesime operazioni realizzate sulle
strutture portanti.
95
E' indubbio, tuttavia, che saranno da privilegiare
tecniche il più possibile poco invasive, preferendo
materiali con caratteristiche simili agli originali.
I rilievi diagnostici attuati fino al momento, eseguiti unicamente a vista, seppure supportati da esperienza, certo dovranno essere suffragati da opportuni rilievi tecnico-scientifici per poter formulare
un progetto di restauro definitivo e dettagliato.
Progetto di restauro
Una volta effettuato il risanamento statico delle
strutture portanti, sarà neccessario attuare una
ricerca delle risalite dell'umidità da eseguire con
l'ausilio della banda termica per individuare i
punti di “pescaggio” ed i processi di veicolazione
e diffusione, rilevando, nei tempi ritenuti opportuni, i dati di un reticolo di riferimento di 50 cm. di
lato, esteso a tutte le murature.
Saranno anche da effettuare preliminarmente delle
analisi chimiche su di una campionatura sistematica per distribuzione e casistica tipologica, atta a
verificare la presenza di sostanze inquinanti che
sono state e sono alla base dei degradi.
I rilevamenti delle indagini sopradescritte, opportunamente mappati, saranno da confrontare e
sovrapporre con la mappatura dei degradi rilevati
a vista in superficie; la comparazione dei referti
permetterà una lettura diagnostica efficace della
tipologia dei degradi e quindi delle metodiche di
recupero da attuare.
L'intervento a livello operativo sulle pitture dovrà
essere protratto, dopo le operazioni di risanamento strutturali, il tempo necessario per una completa stabilizzazione degli interventi eseguiti per una
graduale asciugatura dell'umidità.
Uno dei primi problemi da affrontare sarà certamente quello della ricoesione degli intonaci al
paramento murario; questi ultimi, già in pericolo
statico, potrebbero risentire degli assestamenti
della fase di asciugatura.
E' questa una delle fasi più importanti che necessita di attente considerazioni sulla situazione delle
opere su cui intervenire, in quanto metodiche
troppo invasive potrebbero introdurre nuove forze
che porrebbero a rischio gli equilibri acquisiti ed
96
oramai stabilizzati, anche se diversi da quelli originali.
L'introduzione di nuovi materiali coesivi, soprattutto se costituiti da prodotti con tendenza a “filmare”, alterano l'areazione delle zone in cui divengono operativi, sconvolgendo gli equilibri anche
delle zone limitrofe.
Per la stabilizzazione degli intonaci decoesi dal
paramento murario, uno dei sistemi che hanno
dato buoni risultati è quello dei chiodi di maltina
che ricollegano le due componenti senza vincolarle in modo rigido e senza caricarle di materiali
estranei.
L'operatività del metodo consiste nell'eseguire dei
piccoli fori che con angolazioni diverse, partendo
da punti già lacerati della superficie pittorica, raggiungano la struttura muraria sottostante, in detti
fori viene poi inserita una piccola armatura di
fibre naturali, od artificiali e quindi iniettate delle
maltine di calce naturale simili alle originali, solo
rinforzate con aggiunta di un minimo di resina
acrilica per meglio legare ed elasticizzare i nuovi
inserti.
Con questo sistema si ripristina un collegamento
efficace e soprattutto non si alterano gli equilibri
di areazione e di carichi esistenti che potrebbero
innescare altri processi di degrado.
Anche nel recupero della coesione degli intonaci
friabilizzati e dei pigmenti che spolverano, in particolare dove il problema è causato dalla presenza
di sali cristallizzati, è opportuno intervenire con
carbonato di ammonio e bario, ricreando il legante
alterato con un processo già ampiamente sperimentato.
Il carbonato di ammonio, infatti, trasformando i
cristalli salini dei solfati, in solfato di ammonio,
produce una riduzione di volume della massa in
cui detti sali erano inglobati ed agevola il recupero
in sede della materia in degrado; dopo di che, con
l'apporto dell'idrato di bario si produce il solfato
di bario: prodotto stabile, non più disponibile a
perpetuare i cicli salini degli iniziali solfati.
Col trascorrer del tempo, inoltre, il solfato di bario,
per reazione con l'anidride carbonica dell'aria si
trasforma in carbonato di bario: un consolidante
97
simile all'originale carbonato di calcio.
Per le zone più umide possono essere utilizzate
anche maltine di calce idraulica naturale che, all'elevata traspirabilità, uniscono la tipica capacità di
consolidare pure in presenza di umidità.
Nel recupero delle pitture, le operazioni di pulitura non dovranno prevedere solo l'asporto dei
depositi di superficie, ma anche l'arresto delle
cause che li hanno prodotti: spesso si tratta di
cause elementari, ma più frequentemente di una
combinazione di processi deterioranti che debbono essere focalizzati e quantificati prima di ogni
intervento, attraverso analisi chimiche di campionature opportunamente individuate.
Con tali indagini, tuttavia, non si dovrà analizzare
in modo ossessivo ogni minimo particolare, ma
piuttosto si dovranno ricavare indicazioni sui fenomeni avvenuti e su quelli in atto, per meglio mettere a punto la metodica d’arresto e di risanamento materico, di ripristino estetico e di profilassi di
mantenimento.
Tra le principali cause di deterioramento delle pitture in esame, si rileva, anche se in modo non
eccezionalmente invasivo, la presenza di solfatazioni con gli indisconoscibili fenomeni che nel
tempo si sono perpetuati in causa ed effetto sempre più serrati e devastanti.
L'alveolazione, la crettatura, la friabilizzazione
degli intonaci e delle cromie, nonchè l'umidità di
cortina sono la risultante di un ciclo continuo che
ha fatto da supporto ideale per depositi di ogni
genere di sporco che, a sua volta, si è rivelato
substrato perfetto per processi biologici di proliferazione di batteri, funghi, alghe e così via.
Un prodotto mirato, per la pulitura di tale casistica
di materia, è costituito dal carbonato di ammonio
applicato mediante impacchi a mezzo di un supportante di polpa di legno con interposizione di
carta giapponese.
Tale metodo ha il vantaggio di consentire la rimozione di una vasta gamma di sostanze attraverso
un'azione fisica, più che per reazione chimica, con
notevoli vantaggi sia perché si evitano combinazioni e processi reattivi nei confronti del substrato
pittorico (malta, colore, leganti), sia perché il
98
materiale da asportare viene semplicemente rigonfiato e mantenuto in sospensione dal potere assorbente del supportante, evitando che un’eccessiva
fluidificazione possa portare detto sporco all'interno della porosità della pittura, offuscandola in
modo irrecuperabile.
La metodica dovrà essere gestita con attenzione
soprattutto laddove i pigmenti delle cromie risultano particolarmente polverulenti od in degrado; in
questo caso sarà da valutare anche l'opportunità di
attuare un pre-fissaggio che, similmente, potrebbe
essere parimenti opportuno per ambiti finiti a tempera.
Le zone con depositi di cere saranno da trattare
con l'ausilio di micro-getti di vapore acqueo che,
emulsionando e coaugulando in superficie dette
sostanze, le scorpora dal tessuto pittorico, rendendole asportabili.
Non essendo presenti colori a base di rame quali
l'azzurrite o la malachite, non dovrebbero esserci
particolari controindicazioni all'uso del carbonato
di ammonio quale pulente.
L'uso invece della mista AB57, pur restando valida
per le zone con presenza di efflorescenze di carbonato di calcio (trasudazioni dagli intonaci sottostanti), è da controllare rigorosamente nei tempi,
in quanto la natura acida, soprattutto per la presenza del EDTA, può facilmente intaccare il residuo legante delle pitture.
E' indubbio che l'azione più radicale per la neutralizzazione dei sali nelle strutture e dei conseguenti
effetti sulle pitture sta, fondamentalmente e per
quanto possibile, nell'isolamento delle fonti inquinanti ed ancor più nella limitazione della presenza
di acqua in qualunque forma fisica, in quanto,
questa è l'elemento portante e supportante dei
principali fenomeni di degrado.
Infatti, considerato che è impossibile eliminare
tutte le contaminazioni da sali, in particolare di
quelli già presenti nelle spesse murature, non
asportabili con lavaggi o bloccabili con impermeabilizzazioni, poiché si produrrebbe il risultato contrario, riinnescando processi di efflorescenze e
forze di spinta dall'interno all'esterno veramente
deleteri; il rimedio più efficace, come detto, resta
99
quello di “congelare i sali” facendo loro mancare
l'elemento dissolvente e veicolante: cioè l'acqua.
Vi sono in commercio dei prodotti specifici antisale che aiutano ad “incapsulare” i sali e quindi a
renderli inattivi, pur restando accorpati alle murature.
Comunque, una delle metodiche per interrompere
gli effetti in superficie delle salinazioni in atto e
rimediare, in parte, ai danni arrecati al legante di
carbonato di calcio, resta indubbiamente quello
dell'impiego dell'idrossido di bario.
Tale sistema d'intervento risulta utile anche nel
recupero delle micro-crettature del velo di carbonato di calcio di superficie usurato e sbiancato.
Il recupero plastico dell'unità di superficie dovrà
essere eseguito con particolare diligenza perché,
oltre che colmare le lacune (perdite, fenditure,
increspature, erosioni, ecc.), assolve anche alla
funzione di stabilizzare gli intonaci e di eliminare
gran parte di quelle “ferite” del tessuto della pittura, attraverso le quali facilmente si potrebbero
inserire, con il tempo, nuovi processi contaminanti
e degradanti.
I risarcimenti dovranno essere gestiti in modo
diversificato per matericità e livello di superficie
da raggiungere, le specifiche soluzioni da adottare
dovranno essere determinate una volta assunta
una precisa mappa dello stato delle opere, intese
nel contesto globale dell'intero ciclo.
I materiali da usare dovranno essere scelti tra
quelli già presenti e cioè: idrossido di calce, sabbia, polvere di marmo, in granulometrie adatte,
non trascurando di prendere in considerazione
anche le malte di calce idraulica, ottime se usate
opportunamente; ciò dovrebbe garantire una
migliore amalgama ed assonanza con quelli originali.
Come già accennato nei criteri d'intervento,
obbiettivo finale dell'integrazione pittorica dovrà
essere quella di contribuire a ricondurre ad un
corretto rapporto quella sequenza di valori formali
e pittorici alterati o perduti per le consunzioni del
tempo, ripristinando la lettura unitaria ed omogenea delle opere, secondo gli originali impianti.
Le integrazioni non dovranno tuttavia risultare
100
invasive degli originali e, tanto meno, produrre
invenzioni formali nell'intento di colmare le lacune
o nel voler cancellare, a tutti i costi, i valori che il
tempo ha lasciato inciso sul tessuto pittorico e che
sono divenuti ormai caratteri e testimonianze del
tempo-vita.
Precise finalità e limiti pertanto, dei risarcimenti
pittorici dovranno essere quelli di alleggerire ed
amalgamare l'impatto delle lacune nel contesto
dell'originale circostante, recuperandole in modo
più o meno ricostruttivo in funzione della loro
tipologia materica (perdita, abrasione ecc.), delle
loro caratteristiche formali (ampiezza, dislocazione, incidenza, deducibilità del perduto, ecc.).
Limiti inderogabili restano comunque: la differenziazione delle integrazioni dagli originali, con possibilità di distinzione per trattazione e per distanza
e l'utilizzo di pigmenti temperati con legante
reversibile.
Nello specifico, a livello operativo, nelle microperdite ed abrasioni limitate, si potrà intervenire
con semplici velature di colore, intonate alle cromie originali, mentre, per zone con perdite totali,
si potranno eseguire delle tinte neutre sottotono,
sensibilizzate ai valori cromatici circostanti.
Una tipologia più mirata delle reintegrazioni da
attuare sarà decisa e messa a punto con il progetto
esecutivo di restauro e, ancor meglio in sede operativa, confortati anche dai dati a quel tempo
assunti e dalle indicazioni dei Funzionari della
Soprintendenza, preposti all'alta sorveglianza dei
lavori.
ALTARE DELLA PIETA'
Descrizione analitica
A metà della navata, addossato alla parete di sinistra entrando, è locato l'altare della Pietà.
Esso venne eretto nella prima metà del '700, quando l'Oratorio, dopo la partenza dei Padri Eremiti,
era officiato dagli Olivetani della Chiesa parrocchiale.
I Conti Rizzini vennero in possesso della Chiesetta
in quanto compresa nei molti beni da essi acqui101
stati, in seguito alle soppressioni di congregazioni
religiose ad opera dell'Impero d'Austria. L'idea di
adibirlo a mausoleo di famiglia nacque successivamente. E' documentato che la cripta funeraria
venne predisposta nel 1808 da Luigi. Non esisteva
al tempo dei Padri Eremiti: non era loro consuetudine attuare sepolture di questo tipo. La eseguirono ex-novo i Rizzini. Appare certo, comunque,
che l'altare settecentesco intitolato alla Pietà aveva
come tema il suffragio dei defunti.
La scena della Madonna con il Cristo e le Pie
Donne era una raffigurazione ad affresco preesistente sulla parete, dislocata nel contesto della
fascia del ciclo pittorico votivo, più antico di tre
secoli, ma per l'occasione adattata con l'aggiunta,
nella parte alta, sullo sfondo della Gerusalemme
liberata, della raffigurazione del Trionfo della
Croce; il tutto racchiuso in un’ancona ed elevata a
simulacro devozionale.
L'altare è composto dal basamento, articolato da
un fondale a parete culminante con i gradoni di
appoggio dell'edicola e da un più stretto corpo
mensa dal fronte a setto poligonale appena strombato, con antistante predella.
Il prospetto è ulteriormente movimentato da plastiche membrature architettoniche ed impreziosito
da raffinati ornati di stucco a finta tarsia marmorea
che scandiscono e rimarcano il susseguirsi delle
ripartiture.
Queste arabescano geometricamente tutte le
superfici, accentuando la centralità della mensa.
Ai fianchi, ripetuti motivi di mensole con terminali
a spirale serrano e disegnano l'elegante profilo,
predisponendo il basamento al raccordo con l'unità soprastante.
La strutturazione è in muratura di mattoni in cotto,
legati con malta di calce e sabbia, l'esecuzione è
molto diligente, così come curata appare quella
degli stucchi a finto intarsio marmoreo.
L'elemento del retro-altare, invece, è la componente più interessante del complesso.
Costituito da un'ancona in legno scolpita ed intagliata con decori policromi dorati e laccati, si
innalza dai gradoni del basamento con edicola a
parete, incorniciando il citato affresco.
102
E' questa un'opera veramente interessante che
sembra provenisse dalla locale antica parrocchiale,
dalla quale probabilmente era stata rimossa in
seguito ai lavori di ampliamento.
L'opera, imponente per misure (cm.220x300) ed
effetto scenico, è veramente splendida per concezione e fattura; strutturalmente è costituita da un
ordine architettonico con colonne a fusti decorati,
capitelli corinzi e trabeazione con soprastante timpano spezzato (romanata), al centro del quale
campeggia il busto di Dio Padre.
Stato conservativo
Come per il complesso dell'Oratorio, anche l'altare
presenta problemi di conservazione del corpo in
muratura, ricalcando parimenti quelli delle strutture dell'edificio, qui aggravati dal maggior potere
igroscopico dei mattoni in cotto e dalle finiture a
stucco in finto marmo, poco traspiranti.
Gli effetti delle efflorescenze saline affiorate ed
esplose in superficie risultano numerosi, soprattutto ai lati e coinvolgono, con decoesioni e sbriciolamenti, gli intonaci se non addirittura parti strutturali.
L'ancona lignea ha riportato danni in prevalenza
congeniti alla natura stessa dell'opera, anche se gli
elementi scatenanti sono da ricondurre sempre
all'insalubrità ambientale.
Infatti, a differenza degli affreschi che per natura
sono costituiti da un corpo matericamente armonico (struttura, intonaco, colore), quindi a reazione
omogenea alle diverse sollecitazioni, l'ancona è un
manufatto composito sia per assemblaggi strutturali che per aggregazione tecnica e materica, quindi
a reazione differenziata nelle diverse componenti
e talvolta auto-disgreganti.
La struttura in essenza di frutto, probabilmente
pero, è l'insieme corretto di più elementi disposti
in modo da controbilanciare i movimenti naturali
delle sollecitazioni esterne, come dimostra appunto la scelta di un legno in “pasta” e l'accorpamento
di più componenti per strutturare i corpi più massicci con svuotamento degli interni.
Anche le imprimiture di substrato preparatorio ai
decori di superficie (dorature e laccature) sono
103
L'imponente ancona
(sec. XVII) in legno
scolpito dorato e laccato è collocata sulla
parete nord e sorretta
dall'altare settecentesco.
È evidente la presenza
degli arredi sacri ed
alcuni ex-voto, in
parte ora scomparsi
Particolari dell'ancona
scolpita in legno dorato e laccato:
state applicate con cura, ottenendo un valido
aggancio interponendo veli di tela, in corrispondenza delle giunture, per ammortizzare i sottostanti movimenti strutturali.
Tanta cura e diligenza esecutiva poco hanno potuto di fronte alla deleteria aggressione del tempo e
delle pessime condizioni ambientali.
L'umidità, infatti, imbibendo i legni, li ha portati ad
una serie ininterrotta di dilatazioni e restringimenti
in rapporto ai ripetuti bagna-asciuga; la stessa cosa
si è ripetuta per il legante di colla organica dei
gessi e delle imprimiture; ma, poiché i tempi tra
1- La figura del Dio
Padre, collocata al
centro del timpano.
2- Capitello ligneo riccamente lavorato.
3- Parte centrale della
colonna, finemente
scolpita e laccata.
104
1
2
105
3
causa ed effetto su queste componenti non coincidevano, anzi divergevano, trattandosi di materiali
a sensibilità e ad esposizione diverse, ne sono scaturite alterazioni degli originali equilibri, soprattutto a carico dello strato più sollecitato e debole di
superficie.
A carico degli ornati, i processi di degrado si sono
innescati per l'azione dell'umidità sul legante che
compatta i gessi delle imprimiture e le aggancia al
supporto ligneo; detto legante costituito da colla
di gelatina animale, quindi di natura organica, ha
la peculiarità (e per questo era usata) di rigofiarsi
a contatto dell'umidità, dilatandosi assieme ai suoi
eccipienti (gessi, pigmenti, ecc.) ed in ciò seguendo e soprattutto ammortizzando i diversi movimenti dei legni sottostanti, garantendo così una
calcolata stabilità.
Qualora però il fenomeno si ripeta in modo troppo accentuato ed in tempi troppo serrati, si verificano dilatazioni e restringimenti contrapposti alle
diverse profondità.
In questa evenienza si attua un vero e proprio
disarcionamento dei due corpi.
L'intercalare della fase di asciugatura è il momento
più deleterio del degrado, infatti, iniziando forzatamente dagli strati più esterni, comporta una ricompattazione della materia dilatata di superficie, sia
per l'espulsione dell'umidità, sia per la riattivazione della forza di coesione della colla la quale,
contrariamente a quella in profondità, forza il
restringimento oltre la strutturazione originale, fino
a creare, prima un'infinita ragnatela di crettature
che frazionano la crosta in tante piccole isole e,
successivamente, producendo il loro scollamento
dal supporto, quindi l'arricciamento ed, infine, il
distacco e la caduta.
Con l'umidità si sono innescati, soprattutto a carico della colla di natura organica, anche attacchi di
microbatteri che hanno decomposto la sostanza,
con perdita di potere coesivo e conseguente lassamento e polverizzazione degli eccipienti.
Tale degrado, con il tempo, si è esteso anche ai
legni promuovendo marciscenze e facilitando l'azione di insetti xilofagi.
Attualmente, le condizioni conservative generali
106
dell'ancona, se pur gravi, non sono compromesse,
in quanto le perdite di originale sono ancora contenute e soprattutto perché, in fondo, proprio in
questa situazione precaria ha acquisito una sua
stabilità.
Tuttavia, il momento più critico del restauro di
questo manufatto sarà proprio il controllo del suo
stato nel passaggio ed adeguamento dall'ambientazione termoigrometrica attuale a quella che sarà
ad ambiente risanato e che purtroppo, problema
nel problema, non si può conoscere a priori per
anticiparne l'adattamento.
Progetto di restauro
Una delle primissime operazioni da eseguire nel
restauro dell'Oratorio, dopo i rilievi termoigrometrici ambientali, è quello di rimuovere l'ancona
dalla sua sede e, previa stabilizzazione di parti in
pericolo di caduta, trasportarla in un laboratorio
con camera climatizzata dove, ad iniziali condizioni climatiche della primaria sede, faccia seguito un
adeguamento alle condizioni che il medesimo originale ambiente, via via, aquisirà dopo il risanamento. Ciò, chiaramente, per evitare nuovi traumi
d’ambientazione in sede di ricollocazione.
I lavori di restauro faranno seguito, parallelamente, alla fase di assestamento climatico e saranno
orientati anche dai dati di un'indagine conoscitiva
visiva e chimica dei materiali, loro condizioni e
fenomeni degradanti in atto.
Particolare cura si dovrà avere nel scegliere i
tempi ed i modi di ricondurre in sede le crostine
d'imprimitura con soprastanti cromie e dorature
sollevate ed in pericolo di caduta.
Per questa fase, dopo aver atteso che un giusto
grado di asciugatura abbia ripristinato gli originali
spazi di riscontro nel supporto delle croste rialzate, si attua un fissaggio mediante l'applicazione di
colletta di gelatina animale, previa interposizione
di velina giapponese che prima ferma le croste in
degrado e poi le riconduce in sede.
La metodica messa a punto per altri casi analoghi
è sempre risultata esemplare per l'efficacia raggiunta in quanto sfrutta proprietà sinergetiche di
più materiali: la colla e l'acqua di dispersione per
107
ammorbidire ed agganciare le crostine e le veline
giapponesi che, restringendosi ed accorpandosi
alla superficie durante l’asciugatura, ricompongono gli scollamenti.
Nella fase terminale di stabilizzazione della materia, spesso risulta molto efficace la metodica del
sottovuoto praticata per settori, od anche, più semplicemente, l’azione pressoria di un termocauterio.
La fase della pulitura contemplerà l'asporto di ogni
aggregato non di pertinenza dell'opera, fino a
riportare in luce le cromie, le dorature e le laccature originali, senza però eccedere in profondità,
anche per garantire omogeneità tra le zone più o
meno segnate dalla consunzione del tempo-vita.
Particolare attenzione sarà da riservare anche al
risanamento materico e strutturale del complesso
supporto, utilizzando prodotti specifici e collaudati, sia per le disinfestazioni da batteri, muffe, insetti xilofagi, che per il consolidamento delle zone
inconsistenti da ricompattare con graduali e ripetute imbibizioni di resine.
Le specificità dei prodotti da impiegare saranno da
definire in sede di stesura del piano operativo, alla
luce anche dei referti di approfondimenti visivi,
chimici e di campionature.
Anche le parti strutturali mancanti saranno da reintegrare per le componenti indispensabili al sostegno e stabilizzazione del complesso, mantenendole formalmente sintetiche e matericamente differenziate dagli originali.
Diversamente, le parti mancanti dei modellati di
piccole entità dovrebbero restare tali, come segni
del tempo-vita.
Il recupero estetico dei decori pittorici (dorature,
laccature, cromie), invece, sono da gestire omogeneizzando le lacune con velature in sottotono ai
valori di appartenenza nello stato di fatto in cui si
trovano.
Così, dove le cadute di crosta sono a livello del
supporto ligneo, questo è da conservare a vista
come valore neutro; dove invece le lacune sono a
livello superiore (imprimitura bolo), pur rispettando lo stato acquisito e le specifiche peculiarità
materiche e cromatiche di appartenenza, saranno
da mediare con velature sottotono là dove l'impat-
108
to con gli originali soprastanti sconvolgesse il corretto ordine di valori.
Le consunzioni od abrasioni dei decori di superficie, dove il supporto pittorico è però ancora originale, sono da attenuare semplicemente con velature, adeguate alle cromie di appartenenza o sensibilizzate a quelle circostanti, a seconda se trattasi
di microperdita o di lacuna più ampia.
Relativamente alla parte inferiore dell'altare strutturato in muratura, il restauro dovrà ripercorrere
parallelamente le fasi di risanamento delle strutture perimetrali dell'Oratorio, in quanto le problematiche conservative sono identiche, anzi, forse qui
aggravate per il maggior ristagno di umidità, dovuto sia alla maggior presenza di materiale altamente
igroscopico (mattoni con i quali è costruito l'altare), sia per il ridosso dei due corpi (altare, muratura perimetrale) che limita notevolmente la fuoriuscita dell'umidità.
In fase di restauro strutturale, sarebbe opportuno
valutare la possibilità di creare sul retro dell'altare
degli spazi di areazione che, smaltendo più facilmente l'umidità, ne consentirebbero un risanamento più celere ed una maggior conservazione futura.
Diversamente, ogni lavoro di ripristino risulterebbe inutile nel volger di poco tempo.
Com’è già stato detto, l’altare ha riportato alcune
gravi perdite strutturali, dovute anche ad atti vandalici che, in un concetto di recupero, seppure
conservativo, sono da risarcire in quanto menomano l'idea dell'insieme funzionale ed estetico.
La ricostruzione sarà pertanto da condurre filologicamente, differenziando l'integrato dall'originale,
mediante una diversa trattazione materica di
superficie.
Le zone con perdita delle decorazioni in stucco a
finta tarsia marmorea si integreranno, risarcendo a
livello, con stucco di tinta neutra sottotono.
Le microperdite, invece, saranno da risarcire a
mimetico, sia per la componente plastica, che per
quella cromatica; per questa, tuttavia, si dovranno
utilizzare coloriture di superficie ad acquerello.
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Vista interna del presbiterio completamente spoglio. I pochi
arredi rimasti sono
stati spostati al fine di
salvarli dall'incuria e
dalle appropriazioni
illecite.
ALTARE MAGGIORE
Descrizione analitica
Situato al centro della zona presbiteriale è completamente di muratura.
Non dovrebbe essere l'altare originale che probabilmente si trovava in posizione più avanzata nel
presbiterio ad abside emiciclica; lo fanno supporre
gli speroni nella muratura delle pareti laterali.
L'altare attuale è stato eseguito plausibilmente nel
XVII secolo.
Di estrema semplicità formale, allo stato attuale
non presenta alcun pregio oltre ad una scarna
linearità ed elementari decori.
Da documenti, tuttavia, emerge che esisteva un
pagliotto, ad olio su tela, rappresentante S. Lorenzo
in piedi, con palma e graticola, entro una fitta decorazione con due vasi e racemi alla grottesca.
Questo pagliotto (cm.195x95) risaliva al primo
Settecento e ne sostituiva uno precedente in corame.
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Pagliotto dell'altare
principale dipinto a
tempera su tela e raffigurante il Santo titolare dell'Oratorio.
Pagliotto dell'altare
principale:
particolare di un vaso
di fiori facente parte
della più ampia decorazione a motivi floreali.
Stato conservativo
E' completamente spoglio, manca pure di parti
strutturali quali: il piano mensa ed il tabernacolo,
oltre agli arredi dispersi.
Progetto di restauro
Riprendendo i criteri d'intervento esposti per il
recupero dell'altare della Pietà qui si deve risanare
la struttura e da ripristinarne i dissesti integrandone, sia pure in modo differenziato, le perdite strutturali.
111
Statua lignea di San
Lorenzo, titolare
dell'Oratorio.
Opera molto espressiva, in origine completamente dipinta. La
pessima conservazione ha determinato le
attuali precarie condizioni conservative.
Tale interessantissima
opera è databile tra la
fine del 1.500 e gli
inizi del 1.600.
112
STATUA DI SAN LORENZO
Descrizione analitica
E' una scultura lignea che si trovava in un'alta nicchia posta nella parete di fondo del presbiterio;
negli ultimi tempi, per sottrarla alle ingiurie del
tempo e degli uomini è stata trasferita nella canonica parrocchiale; purtroppo però non è stata adottata alcuna precauzione di climatizzazione e, quindi, non si è in grado di stabilire se questa operazione sia stata di effettivo giovamento.
Raffigura il Santo patrono dell'Oratorio, in piedi, a
misura pressoché reale (cm. 140) che presenta l'attributo del martirio.
E' un'opera piuttosto possente ed espressiva anche
se di fattura non raffinata; in origine era decorata
con cromie che purtroppo però allo stato attuale
sono, in parte, perdute.
Stato conservativo
I danni a quest'opera, gravissimi ed irreversibili, in
gran parte sono derivati dalle imbibizioni di acqua
piovana che, percolando dall'oculo posto sulla verticale della nicchia, ha imbevuto i legni e le murature circostanti di acque cariche, spesso, anche di
sostanze corrosive e putrescenti, inquinate da residui di fuliggini, da guano ed altro.
L'effetto è stato disastroso; infatti le cromie si sono
staccate in buona parte ed addirittura alcune zone
della struttura lignea sono andate completamente
perdute per marcitura e successiva friabilizzazione.
Criteri d'intervento
I criteri d'intervento da adottare ricalcano quelli
esposti per il restauro dell'ancona: in questo caso,
però, non si prevedono integrazioni strutturali poiché alcune parti mancanti (es. mano destra) non
sono importanti e non incidono in modo rilevante
sulla corretta lettura dell'insieme, ma rientrano in
un concetto di segni del vissuto del manufatto.
Progetto di restauro
Come detto, purtroppo la statua è stata rimossa e
trasportata in altra sede, senza programmarne un
113
corretto e progressivo adeguamento alla nuova climatizzazione e ciò ha aggiunto danni piuttosto
gravi ai danni già esistenti.
Il clima secco della nuova ambientazione ha creato un violento e repentino inaridimento degli strati
periferici dell'opera, con arricciamento delle crostine di cromie superstiti, oltre a fenditure e friabilizzazione dei legni, con situazione che, via via, si è
sempre più aggravata mentre l'asciugatura scendeva negli strati più profondi. Operazioni preventive,
quindi, all'intervento vero e proprio riguarderanno
prioritariamente il fissaggio e consolidamento
delle parti strutturali e cromatiche in pericolo di
caduta e la contemporanea riclimatizzazione del
manufatto, secondo i dati della sede definitiva
(Oratorio). Altre operazioni preliminari all'intervento riguarderanno l'esecuzione delle analisi
campione relative alle caratteristiche dei materiali
originali presenti, del loro stato di salute e delle
aggregazioni assunte nel tempo, per mettere a
punto lo specifico piano d'intervento.
A livello operativo, asportati tutti gli aggregati di
superficie più evidenti senza mettere a rischio la
stabilità degli originali, si inizieranno le operazioni
di fissaggio con velinature protettive delle cromie
residue e colletta di gelatina organica, onde far riadagiare le crostine rialzate, con medesima metodica e principio sopra esposti per l'ancona.
Successivamente, sarà da bonificare la struttura in
legno mediante disinfestazioni e consolidamenti
della materia ed in particolare dove ha perso consistenza e rischia di frantumarsi.
I prodotti d’impiego meglio si potranno individuare in sede di stesura del progetto esecutivo, alla
luce dei dati di analisi, di campionature e delle
indicazioni della Soprintendenza.
Il recupero estetico riguarderà unicamente l'adeguamento di eventuali alterazioni che possano
incidere nel contesto di una corretta lettura dell'immagine.
114
ARREDI E MOBILI VARI
Descrizione analitica
Gli arredi mobili rimasti nell'Oratorio sono da
mantenere se si vuole ricomporre un'unità storica
ed estetica dell'ambiente, anche se non tutti sono
di pregio artistico.
I manufatti reperibili da recuperare sono: la balaustra-inginocchiatoio, in legno di noce che delimita
lo spazio antistante l'altare della Pietà; due banchi
per i fedeli, in legno di abete; la grata in legno
traforata ed intagliata dell'oculo-matroneo; le due
porte del presbiterio in larice; un'angoliera in
legno di pioppo; la predella dell'altare maggiore;
tre cartegloria intagliate e dorate; due reliquiari a
stelo argentati; un crocefisso; tre piccoli ex-voto
dipinti ad olio su tela.
Criteri di intervento
Tra questi manufatti non ci sono opere di rilevanza artistica particolare e neppure elementi che
abbiano peculiarità significative tali da richiedere
modalità di conservazione e di recupero diverse
da quelle già esposte in precedenza.
Balaustra-inginocchiatoio
La balaustra in legno di noce, con dipinti finti
intarsi geometrici, è un manufatto dimensionalmente molto consistente ed è coevo dell'altare
della Pietà che cinge e delimita.
E' composto da due elementi angolari lunghi complessivamente nove metri circa; è costituito da un
piano inginocchiatoio e da un frontale a giorno
con colonnine doriche seriali. Globalmente si presenta ancora in buono stato di conservazione, solo
nelle zone a terra la materia è in disfacimento; l'usura ed i maltrattamenti hanno lasciato lacerazioni
e qualche lacuna e soprattutto sporco stratificato.
Necessita di risanamento e consolidamento materico, nonché di risarcimento delle parti strutturali
atte a garantirne la perfetta stabilità.
A livello estetico, dopo la pulitura non troppo
profonda, sarà da verniciare con lacca a tampone.
115
Parte dell'altare laterale con reliquiari ed exvoto. Sullo sfondo l'affresco che raffigura
Cristo sulla via del
Calvario.
Parte dell'altare maggiore con Crocefisso,
reliquiari in legno,
candelabri ed ex-voto
vari. Sullo sfondo,
nella nicchia, la statua
lignea di San Lorenzo.
116
Uno dei banchi in
legno d’abete con la
scritta dell’offerente.
Banchi
I banchi, in legno di abete, se pure appaiono solidi, sono in verità strutturalmente dissestati dal cattivo uso, invece matericamente hanno resistito
meglio agli attacchi dell'umidità.
Dopo un ripristino strutturale, devono essere puliti
mantenendo i nomi degli offerenti che riportano
effigiati e devono essere parimenti verniciati con
lacca a tampone.
Porte del presbiterio
Le due porte laterali all'altare maggiore sono in
legno di larice; non sono molto dissestate e dopo
il ripristino strutturale sono da riportare alle cromie originali.
Predella dell'altare maggiore
Prima di procedere al recupero della predella dell'altare maggiore, sarà opportuno verificarne lo
stato materico e, nel caso emerga che è troppo
fatiscente, si potrà sostituirla con una nuova, in
quanto è un elemento di esclusivo servizio funzionale.
Grata dell'oculo-matroneo
Invece, la grata dell'oculo-matroneo, che giace
divelta e dispersa in vari angoli della Chiesa, a
causa di improvvidi atti vandalici è da ricomporre
e ricollocare nella sua originale sede.
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Reliquiari in legno
scolpito e dorato:
sono molto intaccati
dall'umidità
Reliquiari - candelabri - cartegloria crocefisso - ex-voto
Le tre cartegloria, i due reliquiari ed il piccolo crocefisso hanno riportato gravi danni ai decori in
oro, già in tempi lontani e ciò aveva indotto a
ripetuti ripristini con sovracoloriture di porporina
ed altro; in questo momento sembra necessario
procedere preliminarmente al consolidamento ed
al fissaggio dell'esistente asportando ogni aggregato, dopo di che si debbono riportare alla luce gli
originali rimasti e reintegrare le lacune con neutri
in adeguamento, come previsto per l'ancona.
Impianti tecnologici
La Chiesetta attualmente è sprovvista di qualsiasi
tipo d'impianto tecnologico, ma la nuova destinazione museale e la necessità di salvaguardare le
opere d'arte che vi saranno custodite richiedono
che venga dotata sia d'impianto elettrico d'illuminazione, che d'impianto di climatizzazione.
Le loro caratteristiche tecnico-costruttive dovranno
essere fissate in sede di progettazione esecutiva,
concordandole con la Soprintendenza ai
Monumenti.
118
PARTE TERZA
Relazione
e documentazione
sui lavori di restauro
del 1998-99
Arch. Francesco Cappa
119
I
l 26 ottobre 1998, a due secoli dall'ultimo significativo intervento
realizzato dalla Famiglia Rizzini, sono iniziati i lavori di restauro
dell'Oratorio di San Lorenzo.
I guidizzolesi attendevano da tempo questo evento e finalmente,
dopo decenni di tentativi andati a vuoto, l'Amministazione comunale
ha ottenuto un primo finanziamento Regionale che consentirà il recupero strutturale della Chiesetta.
Il gruppo che sta lavorando è tutto locale: dagli esperti e storici d'arte,
Professori Franco Mondadori e Cesarino Monici, che hanno dato e
stanno dando un indispensabile e fattivo supporto alla progettazione
e direzione dei lavori, all'Impresa dei fratelli Sergio e Giancarlo
Roverselli, assistiti in questa impegnativa operazione dal padre Renzo,
ai Resposabili dell'Ufficio tecnico comunale, Claudio Lugoboni ed
Antonio Malagutti, che seguono con me la gestione del cantiere e
delle pratiche amministrative.
Nel primo mese di lavoro sono state eseguite le sottofondazioni dei
muri perimetrali esterni; opera assai delicata che ha fatto trascorrere
alcune notti insonni sia ai Roverselli che al sottoscritto, ma indispensabile per stabilizzare l'intera massa muraria, pervasa da preoccupanti
fenditure verticali che ne mettevano in pericolo la stabilità.
Anche i coniugi Gennari, residenti nella contigua cascina, hanno
manifestato la loro apprensione per sinistri scricchiolii notturni, ma
tutto si è concluso nel migliore dei modi.
Quest’operazione ha confermato che l'abside originale del luogo sacro
era emiciclica, perché gli angoli del lato orientale poggiavano direttamente sugli strati superificiali del terreno vegetale.
Nelle stesse condizioni era lo sperone posto sulla facciata occidendale, perciò, data la sua inutilità statica, in accordo con l'Architetto
Fasser della Soprintendenza, ho deciso di rimuoverlo per ripristinare il
fronte originale.
Prima di richiudere gli scavi con ciottoli, le murature sono state trattate con intonaci traspiranti antisale e lungo il loro perimetro sono stati
posizionati dei tubi forati di calcestruzzo, confluenti in pozzetti dello
stesso materiale.
Questa condotta, collegata al fossato che lambisce il promontorio sul
quale si erge la Chiesetta, consente un rapido smaltimento delle acque
meteoriche, ma soprattutto serve per ventilare le murature stesse che
in questo modo rilasciano più velocemente l'umidità di cui sono intrise, evitando la formazione di efflorescenze saline e lo sgretolamento
120
degli intonaci affrescati.
Nel gennaio 1999, dopo la pausa Natalizia, sono ripresi i lavori con la
messa in sicurezza delle masse murarie, mediante l'inserimento di
catene di ferro piatto e la ripresa delle fenditure.
Le prime sono state collocate nella parte alta dei muri laterali della
navata e del muro che separa quest'ultima dal presbiterio, per trattenere la facciata e serrare la sommità di questi elementi strutturali.
Le fessure più consistenti, invece, sono state richiuse col metodo del
“cuci e scuci”, rimuovendo le pietre ed i laterizi instabili per poi ricollocarli allettandoli con malta di calce naturale, incrementando il
numero dei mattoni rispetto alle pietre.
Durante questa operazione, sono state inserite anche delle piccole
cannule di plastica attraverso le quali verrà iniettata boiacca di calce
naturale per sigillare le microfessure residue.
In questa fase, sono state riportate alla luce due monofore ed una
finestra ed è stato rintracciato lo sguancio di una seconda apertura.
Le monofore sono collocate al centro delle pareti laterali dell’abside:
quella a monte corrisponde alla sagoma concava presente sulla facciata esterna di questo muro, mentre quella a valle è inserita tra i due
affreschi realizzati tra il coro e la porta che collega alla cascina.
La prima è stata riaperta e verrà vetrata, della seconda sono state ripristinate le cornici interne di battuta di un probabile serramento.
La finestra, di dimensioni consistenti, è affiancata a quest'ultima
monofora e cade nel coro; sulla strombatura inferiore destra continua
la cornice che delimita la parte superiore di una riquadratura d'affresco non decifrabile.
Lo sguancio della seconda apertura, invece, era allineato al lato sinistro di questa finestra e si estendeva per circa un metro al di sopra del
pavimento in tavelle di cotto.
Questa serie di aperture ed il loro orientamento consentono di stabilire con certezza che l'abside, in origine, era staccata dalla cascina.
Inoltre, il doppio ordine di finestre fa supporre che il primo pavimento di questo ambito fosse impostato per lo meno due metri sotto l'attuale.
Tale ipotesi sembra suffragata anche da un altro elemento, emerso nei
successivi lavori di scavo eseguiti all'interno del luogo sacro: il muro
di questo lato della navata è intonacato sino a detta quota e ciò significa che in origine esso era fuori terra, perché non risulta che le murature di fondazione venissero intonacate.
121
Un ultimo, ma non meno importante particolare, apparso durante la
ripresa delle fenditure, riguarda la connessione tra la muratura che
separa l'abside dall'aula dei fedeli ed i lati esterni di quest'ultima: a
partire dall'imposta dell'attuale arco ogivale e sino al tetto, le due
pareti erano completamente isolate su entrambe i lati, la muratura
archivoltata dell'abside era raccordata alle retrostanti con angoli realizzati in mattoni, come se fosse la facciata di un corpo autonomo.
Lascio agli storici ogni supposizione.
I lavori sono quindi proseguiti con la rimozione delle pavimentazioni,
lo sbancamento del sottofondo e l'inserimento lungo le pareti perimetrali interne delle tubazioni drenanti, già descritte in precedenza ed
anche in questo periodo non sono mancate significative scoperte.
Prima di tutto una sicura conferma: l'attuale abside, in origine, era
indubbiamente emiciclica, ne sono state rintracciate le fondazioni
all'interno.
Poi un’interessante sorpresa: il pavimento della navata si estendeva
all'intera abside.
Questa circostanza è particolarmente significativa perché permette di
stabilire, con certezza, che non furono i nobili Rizzini a squadrare
detto ambito: questi si limitarono a rialzare la sua pavimentazione per
ricavare il presbiterio ed il coro-sacrestia retrostante l'altare maggiore.
Anche quest'ultimo era precedente all'intervento dei Conti di
Guidizzolo, come pure la porta di collegamento alla contigua cascina:
infatti, sia il basamento del primo che i gradini del secondo si estendevano sino al pavimento sottostante.
Infine, una possibile ulteriore conferma, non meno importante della
precedente, alla luce delle considerazioni prima svolte sull'indipendenza dell'ambito absidale: la conformazione della cripta contenente
le spoglie dei Conti Rizzini sembra convalidare definitivamente l'ipotesi che si trattasse di un corpo di fabbrica preesistente, adattato appunto a tomba di famiglia; infatti, con la rimozione del pavimento in
cotto, è emerso che la calotta emisferica posta sopra le bare fu inserita
all'interno di murature di ciottolo appositamente ribassate o già ribassate in precedenza.
A questo punto, si tratta di stabilire quale destinazione avesse questo
piccolo nucleo eretto davanti all'attuale abside.
Le ipotesi formulabili sono almeno due: la prima, che si trattasse di
una piccola cappella votiva, primo nucleo di un insediamento sacro
evolutosi nel tempo sino a raggiungere l'attuale conformazione; la
122
seconda, che fosse il portichetto d'ingresso di una Chiesetta, corrispondente all'attuale ambito absidale.
Una volta completata la posa delle tubazioni drenanti, prima di riempire i cavi con ciottoli, come all'esterno, sono state rinzaffate le murature di fondazione con intonaco antisale, dopo di che è stato creato il
vespaio e gettata la caldana di sottofondo del pavimento.
Costruito il nuovo piano d'appoggio, sono stati posizionati i ponteggi
per il ripristino e la pulizia degli intonaci interni.
Contestualmente a questa operazione, il Professor Monici ha verificato
la stabilità delle parti affrescate, chiudendo le crepe ed iniettando
nelle sacche di stacco boiacca di calce naturale.
Dopo aver installato i ponteggi lungo le murature esterne, sono stati
nuovamente sospesi i lavori in attesa di condizioni meteorologiche
più consone al rifacimento della copertura; eseguita quest'ultima, si
proseguirà con la rimozione degli intonaci cementizi e la loro sostituzione con malta e stabilitura di calce, il consolidamento e la pulizia
delle parti stabili di questi ultimi e della cornice di gronda in mattoni.
Infine, verranno ricollocati in opera i serramenti, nel frattempo restaurati e muniti di vetri soffiati.
Con queste opere si chiuderà la prima parte dell'intervento programmato. Un successivo lotto di lavori comprendente: la posa degli
impianti tecnologici e dei pavimenti in cotto, la sistemazione dell'area
pertinenziale esterna con creazione di un percorso e di un piccolo
sagrato pavimentato in marmo, il restauro degli affreschi e degli arredi
sacri, permetterà di nuovo ai guidizzolesi di fruire di questo importante gioiello della storia locale.
123
Allestimento del
cantiere.
Interventi di consolidamento mediante
opere di sottomurazione in mattoni pieni ed
interventi di drenaggio, interni ed esterni,
a salvaguardia della
muratura perimetrale.
124
I particolari interno ed
esterno del punto di
raccordo con la parete
del presbiterio evidenziano il completo
distacco tra le due
murature.
125
Il rifacimento della
pavimentazione interna, mantenendo le
diverse quote, consente l'inserimento nella
stessa degli impianti
ed il mantenimento e
consolidamento della
volta in mattoni della
cripta funeraria.
126
Particolari e foto d'insieme degli interni
mostrano le fasi d'intervento: dalle crepe
preesistenti al ripristino della continuità del
parametro con la tecnica del “cuci-scuci”
ed alla successiva
ripresa dell'intonaco.
127
Particolari di facciata:
sono evidenti le condizioni di dissesto
della muratura prima
degli interventi di sottomurazione della
stessa e le operarioni
di “cuci-scuci” in corrispondenza delle
profonde crepe.
128
La scrostatura
dell’intonaco di facciata porta allo scoperto
l’antica “tessitura”
della muratura in ciottoli morenici, con il
contrafforte ed il torrino campanario di mattoni in cotto.
129
130
PARTE QUARTA
Presentazione degli interventi volti a sensibilizzare
la cittadinanza e gli organismi preposti
per un intervento finalizzato al recupero
di questo importante monumento guidizzolese.
131
V
ari sono stati, negli anni scorsi, i qualificati interventi e sollecitazioni volti a salvare l’Oratorio di San Lorenzo dal degrado e
dall’abbandono.
L'Amministrazione Comunale poi, sollecitata dalle richieste che pervenivano da più parti della cittadinanza, chiese dettagliate relazioni ad
esperti, sul valore storico-artistico del "bene" e sul suo stato di conservazione. Riportiamo, di seguito, gli interventi più significativi che
motivarono l'Amministarazione a deliberarne l'acquisto.
Il primo concreto tentativo di acquisizione fu operato nel 1990
dall’Amministrazione Comunale; il 28 aprile 1990, tra il sindaco Ageo
Gallesi ed il proprietario ing. Massimo Diana, fu sottoscritta una promessa di vendita che non poté concretizzarsi per il cambio di
Amministrazione.
Infatti il proprietario, nell'agosto del 1990, interruppe le trattative a
seguito di un'apertura delle pietre tombali, avvenuta senza il suo consenso e, non avendo avuto risposta dal sindaco cui si era rivolto per
una richiesta di scuse, decise di sospendere la vendita.
Uguale sorte ebbe la deliberazione del Consiglio Comunale del 3
maggio 1991 con cui si tentò di acquistare l’Oratorio ed il terreno circostante.
Non se ne fece più niente fino al 1995, quando il sindaco prof.
Giovanni Zangobbi, grazie anche all’opera di intermediazione del dr.
Enzo Ferrari, ottenne dal proprietario ing. Masssimo Diana la cessione
dell’Oratorio di San Lorenzo per la somma simbolica di lire 1.000.000.
L’atto notarile fu stipulato e finalmente il prezioso monumento era
entrato a far parte del patrimonio della comunità guidizzolese.
Il resto, poi, è storia recente.
132
Gazzetta di Mantova 22 maggio 1980
S
erata dedicata ad un prezioso ed inconsueto lavoro che ha visto
protagonisti tre gruppi di giovani appassionati d’Arte, quella di
lunedì scorso al Rotary mantovano. Una serata completata, nella
sala superiore del “Tre Garibaldini”, dalla proiezione di una bellissima serie di diapositive, a coronamento di una relazione tecnico-artistica del prof. Alessandro Dal Prato ed una testimonianza di esperienze, scaturite dall’aver seguito i lavori dei gruppi di ragazzi, da
parte dell’ing. Amleto Cirocco.
... Ma vediamo di cosa si è trattato.
Il prof. Dal Prato lo ha spiegato molto chiaramente. Due gruppi di
ragazze: uno del Rotarac (Elisabetta Cirocco, Eleonora Gaioni e
Monica Compagnoni) ed un altro della Scuola d’Arte di Guidizzolo
(Renata Bettega, Rosanna Corini, Francesca Righetti, Riccarda Pasotti e
Susanna Zanni) guidate dal prof. Dal Prato, con la collaborazione
dell’ing. Cirocco, ogni sabato e domenica mattina andavano... “per pitture murali in degrado”.
Con un metodo di lavoro sperimentato in altre occasioni, i gruppi fissavano i loro obiettivi d'intervento nella chiesetta di S. Lorenzo di
Guidizzolo, nella Pieve di Cavriana ed in S. Sebastiano di Cavriana.
Si trattava di compiere il primo passo per un futuro recupero di decine di affreschi che stanno miseramente andando in rovina per incuria.
Sotto la guida del prof. Dal Prato, i due gruppi hanno incominciato a
compilare, per ogni pittura, una scheda analitica e sintetica: misure,
crepe, colore, qualità del colore, punto di degrado con foto dell’insieme e dei particolari.
Alla fine del paziente rilevamento, messo insieme con dati ed osservazioni precise, qualsiasi restauratore, ora, sarebbe in grado di fare un
preventivo e quindi recuperare all’arte un patrimonio in completo
stato di abbandono.
Le schede, corredate da ogni dato, sono state poi inviate alle
Soprintendenze interessate, al Sindaco del comune di appartenenza
ed ai proprietari del manufatto. Una specie di denuncia per chi è
responsabile, fatta con garbo, competenza e tempestività. Ci sembra
che dai giovani ci venga un insegnamento di efficienza e di amore
per l’arte da far meditare.
Inoltre, a rendere suggestivo quanto c’è da salvare, l’esecuzione di
una numerosa serie di diapositive è stata affidata ad un altro gruppo
di giovani: quelli del corso di fotografia del Centro di Formazione
Professionale “Casa del Giovane” guidati dal loro insegnante, Andrea
Dal Prato. Questi ragazzi, fotografando di notte affinché la luce verde
del riflesso non alterasse i colori, hanno poi sonorizzato e registrato il
commento per ciascuna diapositiva. Il che rende perfettamente completo un lavoro che può definirsi una vera “proposta di recupero” con
tutte le carte in regola. Il gruppo di “fotografi” che è entrato nella
133
terza fase di questa “proposta” è composto dai seguenti ragazzi: Aldo
Binosi, Loris Boldrini, Bruno Chiarini, Tiziana Cima, Antonio
Lodigiani, Marco Marini, Benito Pelizzoni, Francesco Pirrazzo e
Tiziana Rizzi.
E’ stato appunto durante la proiezione (che dovrebbe essere conosciuta nelle scuole) che i presenti alla serata hanno potuto rendersi
conto dell’efficacia di una rilevazione realizzata, oltre che con perizia
e precisione, con una passione e certosina pazienza animata da spirito
giovanile, pratico e puntiglioso. Bellissime diapositive di resti di affreschi del 1300 e del 1500 (suggestivi quelli di S. Lorenzo, dai tono rossi
gialli e bluastri), di notizie e dati sulla loro recuperabilità hanno concluso, meritando un caloroso applauso, l’interessante serata.
...Una serata che è stata il bilancio di un’iniziativa, ma anche il punto
di partenza per continuarne un'altra: quella della sensibilizzazione. Si
è parlato della possibilità di riunire foto, schede, rilevamenti in una
pubblicazione affinché, chi ama l’arte e la propria terra, sappia.
Un atto d’accusa per chi ha peccato di omissione, ma anche un esempio di cosa possa fare la volontà, soprattutto quella dei giovani.
E l’esempio, come si sa, trascina.
P.Marc.
Quadrante Padano Anno IV n° 2 Giugno 1983
Affreschi a Guidizzolo
I
n questi ultimi tempi s’è visto rifiorire l’interesse per la tecnica pittorica dell’affresco. Interesse tanto vivo e diffuso da spingere gli
immancabili profittatori ad etichettare “affreschi” pitture fatte su
masonite, su compensato, su tela, ecc.; mentre, come tutti sanno,
l’affresco si fa unicamente dipingendo, con colori sciolti in acqua, su
intonaco fresco.
A questo proposito molto opportuna è stata, a Mantova, l’iniziativa del
Museo Civico di Palazzo Te, presa unitamente al settore scuola-museo
del Provveditorato agli Studi, di dedicare all’affresco uno dei cicli
riservati alle lezioni sulle tecniche artistiche. L’affresco, si può affermare, è il genere di pittura più congeniale agli artisti italiani che l’hanno
praticato da sempre, raggiungendo il vertice della perfezione. Basta
ricordare la cappella degli Scrovegni, la Sistina, le Stanze vaticane, la
Camera picta, ecc.
A Mantova e nel mantovano di affreschi ve ne sono molti e ogni poco
ne vengono scoperti di nuovi.
A Guidizzolo v’è un antico Oratorio dedicato a San Lorenzo, posto su
un rialzo artificiale del terreno, semicircondato da un fosso con acqua
sorgiva che scaturisce dal fondo stesso.
134
Un luogo singolare, da alcuni ritenuto parte di una terramara. Infatti
qualche anno fa, poco distante dal dosso sul quale sorge l’Oratorio,
vennero trovati interessanti reperti archeologici, poi acquisiti dal
Museo di Cavriana.
Residui di una poderosa costruzione in muratura, emergenti tra la facciata ed un fianco dell’Oratorio, di sicura fondazione romanica, fanno
pensare ad uno stabile apparato difensivo, antecedente al secolo XI.
Qui sono certamente vissuti i guidizzolesi della preistoria. Scavi sistematici nel terreno potrebbero dare grosse sorprese. Ma che a nessuno
venga voglia di scavare: per farlo ci vogliono gli esperti della competente Soprintendenza.
Nell’Oratorio di S. Lorenzo, come in quasi tutti gli analoghi edifici
medioevali, sulle pareti interne sono conservate pitture votive nate
dalla devozione dei fedeli; affreschi, affiancati l’uno all’altro senza un
organico piano di svolgimento, realizzati in tempi diversi da artisti
qualche volta validi e raffinati, ma più spesso di scarsa perizia, rozzi
nel disegno e nel colore. Qui sono presenti gli uni e gli altri.
Gli affreschi visibili sono una ventina, ma sotto le scialbature a calce
ce ne dovrebbero essere altri.
Difficilissimo è stabilire l’epoca di queste pitture, alcune delle quali,
ancora impostate su schemi medioevali, rivelano echi delle innovazioni rinascimentali. Grosso modo si potrebbe ipotizzare un periodo
comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV sec. a quelli
dell’inizio del XVII sec.
Notevoli sono le tre figure, a metà della parete sinistra entrando, raffiguranti in altrettanti riquadri: due Sante ed un Vescovo, di salda struttura disegnativa e di eccellente smalto cromatico. Molto vicini a questi, ma di disegno meno elegante e colori meno raffinati, si possono
considerare il S. Rocco ed il S. Sebastiano, posti nella parete a destra
entrando, ed il S. Antonio abate col fuoco nel cavo della mano, situato in alto nel muro presbiteriale.
Nella zona inferiore prevalgono le figure isolate su fondo generico,
mentre nella zona superiore vi sono composizioni con più figure
ambientate, come, ad esempio, il “Cristo in Croce fra la Maddalena e
San Giovanni”, sullo sfondo di una città.
Interessantissimi i tre devoti offerenti, dipinti inginocchiati ai piedi dei
loro Santi protettori in altrettanti affreschi, in cui sono evidenti gli sforzi per raggiungere la somiglianza: un giovanetto biondo vestito di
bianco; un barbuto uomo maturo con cuffia; un giovane dai capelli
castano-rossicci con attillati calzoni a scacchi.
Nelle pitture figurano ripetutamente i Santi Rocco e Sebastiano, la
Madonna col Bambino e, inoltre, qualche Santo non identificabile.
Gli affreschi di questo Oratorio, non più aperto al pubblico, sono in
pessime condizioni. Se non s’interviene presto si corre il rischio di
perderli irrimediabilmente.
135
I proprietari abitano molto lontano. I contadini che occupano la casa
colonica addossata all’Oratorio non sanno cosa fare. E sarebbe meglio
che non facessero nulla, che non cercassero di pulire gli affreschi,
come hanno fatto recentemente, strusciandovi sopra spugne o stracci
umidi. Non sempre le buone intenzioni conseguono buoni risultati.
L’Oratorio di S. Lorenzo, con l’inesplorato terreno che lo circonda,
potrebbe rivelarsi uno dei punti focali della preistoria e della storia
dell’Alto Mantovano in generale e di Guidizzolo in particolare.
Ai privati proprietari ciò non interessa granché. Ed alla comunità guidizzolese?
Un bene storico ed artistico è un bene pubblico per definizione. Se il
privato che ne è proprietario non può o non vuole salvarlo e renderlo
disponibile, la legge prevede il dafarsi. Ma io sono convinto che la
comunità guidizzolese ed i proprietari possano raggiungere un accordo senza ricorrere alla legge.
Alessandro Dal Prato
Segnalazione di degrado
Oggetto: Segnalazione al Comune di Guidizzolo (MN) ed alle
Soprintendenze di Mantova e Brescia “Oratorio di S. Lorenzo”.
Estremo degrado di Beni architettonici e di Opere mobili. Intervento
conservativo urgente.
P
remetto di fare la segnalazione congiuntamente alla due
Soprintendenze, in indirizzo (Mantova e Brescia), in considerazione della presenza nello stesso immobile di opere interessanti
le competenze sia dell’una che dell’altra. Per cui l’auspicato intervento comporterà presumibilmente decisioni concordate fra le stesse.
L’Oratorio in oggetto è un modesto edificio posto sopra un dosso artificiale del terreno, costruito in epoca non facilmente databile, date le
molte manomissioni di cui è stato oggetto nel corso dei secoli. Fra le
più evidenti, di cui è rimasta traccia: la demolizione dell’abside semicircolare sostituita con altra a pianta angolare; l’apertura di finestre
archiacute nella facciata. Manomissioni operate probabilmente verso
la metà del sec. XV la prima, alla fine del sec. XIX la seconda.
Parte dei muri, concomitanti nell’angolo tra la facciata e quello laterale
meridionale della Chiesetta, poggiano sul rudere di un grosso muro
che fa pensare ad un antecedente poderoso apparato difensivo.
Nelle pareti interne e nel presbiterio vi sono una ventina di pitture
votive dipinte a fresco, dovute ad artisti di varia estrazione: alcuni di
discreta capacità, altri, i più, assai mediocri, come erano per la maggior parte i pittori di ex-voto, operanti quasi esclusivamente nelle
chiesette, negli oratori, in cappelle isolate ubicate in piena campagna
136
od in piccoli centri rurali. Pitture, queste di cui stiamo occupandoci,
ascrivibili, grosso modo, ad un periodo comprendente gli anni che
vanno dalla fine del XV sec. a quelli dell’inizio del XVII. Pitture di
medio valore artistico, come si è detto, ma di notevole valore storico
poiché esse documentano uno degli aspetti rilevanti della nostra cultura, quella che un insigne studioso, G. A. Dell’Acqua, chiamò “civiltà
dell’affresco”.
Per meglio comprendere il valore di Bene storico attribuibile agli
affreschi dell’Oratorio di S. Lorenzo, bisogna considerare che essi
fanno parte di quel complesso di opere analoghe, esistenti nella circostante zona della provincia di Mantova, comprendenti: La Pieve di
Medole, la Chiesina di Mezzacampagna di Volta Mantovana, la Pieve
di Cavriana, il Romitorio di S. Pietro di Redondesco, l’Oratorio
dell’Annunziata di Campibonelli di Mariana, la Chiesina della
Malongola di Casalromano, l’Oratorio del Camposanto di Marcaria.
Ebbene, mentre i Beni architettonici artistici e storici delle sopracitate
località, dopo lunghi periodi di trascuratezza, hanno trovato chi si è
preso cura del loro ripristino e della loro conservazione, gli affreschi
dell’Oratorio di S. Lorenzo di Guidizzolo, da più di un decennio, sono
stati colpevolmente trascurati fino al degrado, degrado che potrebbe
aver raggiunto le condizioni d'irreversibilità.
Vi fu un momento, circa quattro anni fa, in cui sembrò felicemente
risolta l’annosa vicenda. Un volantino diffuso dall’Amministrazione
Comunale, datato 28 aprile 1990, dava per certa la donazione dell’edificio da parte del proprietario ed il contemporaneo acquisto di circa
diciottomila metri quadrati di terreno circostante.
Sennonché, nelle successive elezioni amministrative quella
Amministrazione non venne riconfermata e dell’Oratorio di S. Lorenzo
nessuno ne parlò. Se si esclude un successivo mio intervento presso il
proprietario, che non ebbe alcun esito.
E’ da allora che comincia la fase più drammatica della vita secolare
dell’Oratorio. Poichè, sfortunatamente, i coloni che abitavano nei locali addossati alla Chiesetta se ne andarono, questa rimase incustodita
giorno e notte. Profittando della situazione, i soliti ignoti ladri e vandali fecero più incursioni. In seguito a tali incursioni i proprietari fecero murare gli ingressi prospicienti l’esterno. Tale operazione ostacolò
sì le incursioni ladresche, ma fece peggiorare le condizioni climatologiche dell’ambiente.
Evidentemente nessuno aveva fatto caso ai vetri rotti delle finestre. Da
quelle aperture potevano entrare, come entrarono, aria umida e nebbia impregnando di umidità gli intonaci. La mancata aerazione dal
basso, indotta dalla chisura delle porte, ha favorito l’abnorme aumento di umidità che nei giorni e nelle notti di gelo diveniva ghiaccio.
Com’è risaputo, l’acqua che diviene ghiaccio e lo stesso che torna ad
essere acqua, aumenta e diminuisce alternativamente di volume
137
rimuovendo, nel nostro caso, i pigmenti in superficie delle pitture. Da
ciò lo scolorimento degli affreschi. Un danno enorme che, volendo, si
può riscontrare confrontando l’aspetto attuale di quegli affreschi con
quello che gli stessi presentavano circa vent’anni fa, come risulta dalle
diapositive fatte in occasione di una ricerca sui beni ambientali del
luogo, fatto da un gruppo di studenti dell’Istituto statale d’Arte di
Guidizzolo, del quale ero il preside titolare.
Per quanto è di competenza della Soprintendenza ai Beni artistici e
storici, segnalo in particolare la presenza di un'ancona poggiante
sopra un altare ed addossata alla retrostante parete. Ancona della
quale è rimasta la sola incorniciatura architettonica, scolpita nel legno,
in parte tinteggiata a tempera verniciata e, in parte, dorata a foglia.
Il dipinto che essa conteneva risulta scomparso da tempo immemorabile. Ma se dal valore dell’incorniciatura è lecito risalire al valore del
dipinto che essa racchiudeva, non è azzardato pensare che tale dipinto fosse di notevole valore. Valore che probabilmente ne ha causato
l’alienazione od il furto.
L’ancona è costituita di due semicolonne sagomate al tornio, frastagliate a scalpello con motivi vegetali e capitello corinzio. Colonne reggenti la trabeazione, suddivisa in: architrave, fregio con testa d’angelo
alata e arfodelo stilizzato, cornice ricca di modanature e di piccole
mensole. Sopra la trabeazione il timpano spezzato con, nello spazio
vuoto, la figura a mezzo busto dell’Eterno Padre.
L’insieme misura metri 2,60 x 1,80 circa.
La Chiesetta era dotata di suppellettili di un certo pregio. E’ sperabile
che siano state messe al sicuro prima delle incursioni vandaliche.
A chiusura, segnalo un fatto positivo: il sindaco di Guidizzolo, geom.
Bruno Mari, mi ha dichiarato che l’Amministrazione è disposta a concorrere, per quanto può essere di sua competenza, al restauro
dell’Oratorio di S. Lorenzo.
Questo è il momento d'intervenire per salvare il salvabile.
Guidizzolo, 14 febbraio 1994
L’Ispettore onorario
Prof. Alessandro Dal Prato
138
PARTE QUINTA
La vita dei Santi
don Dario Gelati
139
San Lorenzo
10 agosto
diacono e martire
(morto nel 258)
Immagine: Bruciato vivo, la leggenda dice su di una graticola che egli
tiene di solito in mano.
U
n antico documento del 354, la Depositio martyrum, ricorda
fra gli altri Santi anche il popolare diacono della Chiesa di
Roma, sepolto il 10 agosto presso l’Ager Veranus (l’attuale
cimitero grande di Roma) sulla via Tiburtina: lì vi è ora la basilica in
suo onore. La sua figura, già nel IV secolo, appare aureolata di leggenda. Arrestato assieme a Papa Sisto II, Lorenzo non sarebbe stato
subito ucciso (perché i persecutori speravano di strappargli i beni
della comunità cristiana), ma bruciato vivo alcuni giorni più tardi,
dopo che egli aveva dichiarato di non possedere altre ricchezze che i
poveri affidati a lui dalla Chiesa. La sua festa era di precetto fino al
secolo scorso e gli elementi della liturgia della vigilia e del giorno
sono presenti nei più antichi Sacramentari. L’esempio di Lorenzo,
caduto in terra come grano pronto per la semina, ha portato frutti
abbondanti, suscitando una schiera di generosi giovani a servizio
della Chiesa e dei poveri.
“Questi è il diacono San Lorenzo, che diede la sua vita per la Chiesa:
egli meritò la corona del martirio, per raggiungere in letizia il Signore
Gesù Cristo”. (Antifona d'inizio della liturgia del 10 agosto)
San Sebastiano
20 gennaio
martire
(inizio secolo IV)
Immagine: Legato ad un albero, con il corpo trafitto di frecce.
S
oldato imperiale di Narbona (Gallia) o di Milano (secondo
Sant’Ambrogio) subì il martirio a Roma in testimonianza della
sua fede in Cristo ai tempi di Diocleziano. L’ininterrotto culto
popolare mostra il luogo della sepoltura nel cimitero della via Appia
antica ad catacumbas (avvallamento), le Catacombe di san
Sebastiano. La liturgia di Roma gli riservò sempre un posto di privilegio. L’iconografia lo ritrae nel martirio, bersagliato da frecce. Per le
sue piaghe fu invocato protettore degli appestati.
140
Santa Maria Maddalena
22 luglio
(secolo I)
Immagine: Elegante signora ben vestita, con un vaso di unguento in
mano (con il quale intendeva ungere il corpo di Gesù morto).
M
aria, oriunda di Magdala, in Galilea, si pose al servizio di
Gesù dopo essere stata da lui guarita (Lc. 8,2). Partecipò alla
sepoltura del corpo del Signore e fu la prima a riconoscere il
Risorto (Gv. 20,11-18). Non vi sono che indizi assai tenui per identificarla
con la peccatrice perdonata da Gesù in casa del fariseo (Lc 7,36-50), o
con Maria sorella di Lazzaro e di Marta. La Chiesa orientale le ha sempre
considerate e venerate distinte. La nuova liturgia delle ore ed eucaristica
è tutta orientata a mostrare Maria di Magdala quale prima fortunata testimone della risurrezione di Cristo ai fratelli, inviata a loro da Cristo stesso
(Gv 20,2.11-18). “Il Signore disse a Maria Maddalena: va' dai miei fratelli,
e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
Gv 20,17 (Antifona d'inizio della liturgia del 27 luglio)
Sant’Antonio Abate
17 gennaio
(251/252-357)
Immagine: Vecchio monaco barbuto, appoggiato ad un bastone a
forma di T (la Tau greca - per Theòs = Dio), con una campanella per
spaventare i demoni ed un maialino ai suoi piedi. Patrono degli animali domestici.
S
e vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dona ai
poveri... poi vieni e seguimi (Mt 19,21). Questo invito di Gesù
ascoltato a poco più di vent’anni, fu per Antonio il segno della
vocazione alla vita religiosa. Si ritirò come eremita nell’Alto Egitto.
Presto, però, sentì i pericoli che in tale solitudine incombono su chi
non vi è preparato; per questo si fece iniziatore di una forma monastica nella quale la vita comune, la preghiera, la guida di un superiore e la carità fraterna sono mezzi di santificazione più sicuri che non
certe pratiche austere della vita eremitica. Collaborò con sant’Atanasio
contro l’arianesimo. Il suo influsso religioso perdura ancora nel monachesimo orientale. La vita religiosa è nata come testimonianza
dell’unione dei cuori e dell’esigenza di autenticità dell’ideale evangelico. Ogni comunità che celebra l’Eucarestia riconsidera questi valori
nella loro fonte: Cristo, costituito “offerta viva” al Padre, rinnega se
stesso e diviene “pane condiviso” per la vita del mondo.
141
San Pietro
29 giugno
(secolo I)
Immagine: Le chiavi del regno dei cieli (come promessa da Gesù nel
fondare su di lui la sua Chiesa) ed in alcuni casi un gallo (che cantò
dopo che Pietro per tre volte aveva negato di conoscere Gesù).
S
imone era un pescatore di Betsaida (Lc 5,3; Gv 1,44) che si era
più tardi stabilito a Cafarnao (Mc 1,21.29). Il fratello Andrea lo
introduce al seguito di Gesù (Gv 1,42), ma probabilmente
Simone era stato preparato a questo incontro da Giovanni Battista. Il
Cristo gli cambia nome e lo chiama “Pietra” (Mt 16,17-19; Gv 21,1517) per realizzare nella sua persona il tema della pietra fondamentale. Simon Pietro è uno dei primi testimoni che vede la tomba vuota
(Gv 20,6) ed ha una speciale apparizione di Gesù risorto (Lc 24,34).
Dopo l’Ascensione, egli prende la direzione della comunità cristiana
(At 1,15; 15,7), enuncia le linee programmatiche della Buona Novella
e, per diretto intervento dello Spirito Santo, è il primo a prendere
coscienza della necessità di aprire la Chiesa ai pagani (At 10-11).
Questa missione spirituale non lo libera dalla condizione umana, né dalle
deficienze del suo temperamento (cf, ad es.: Mt 14,30; Gv 13,6; 18,10).
Paolo non esita a contraddirlo nella famosa discussione di Antiochia
(At 15; Gal 2,11-14), per invitarlo a liberarsi dalle pratiche ebraiche.
Pare infatti che, su questo punto, Pietro abbia tardato ad aprire lo spirito e che egli tendesse a considerare i cristiani di origine pagana
come una comunità inferiore a quella dei cristiani di origine ebraica
(At 6,1-2). Quando viene a Roma, Pietro diviene l’apostolo di tutti.
Allora egli compie pienamente la sua missione di “pietra angolare”,
riunendo in un solo “edificio” i Giudei ed i pagani e suggella questa
missione con il suo sangue. (Messale dell'Assemblea cristiana, festivo)
San Francesco D’Assisi
4 ottobre
patrono d’Italia
(1182-1226)
Immagine: Abito marrone, cintura di corda bianca con nodi, stigmate,
giglio e crocifisso, anche uccelli od animali. Patrono degli animali.
C
onvertitosi a Cristo da una giovinezza gaudente e spensierata,
Francesco prende alla lettera le parole del Vangelo e fa della
sua vita un'imitazione di Gesù povero e tutto proteso a compiere la volontà del Padre. In una conformazione e trasformazione
142
tale che “da Cristo prese l’ultimo sigillo”, come dice Dante (Paradiso,
11, v. 107): “portare le stigmate della Passione nel suo corpo” (cf Gal
6,17). Francesco si allontana dall’antica e tradizionale concezione
della vita monastica. Egli crea una “fraternità”: i grandi ordini francescani che da lui hanno origine - Minori, Conventuali, Cappuccini trovano in Francesco più che una regola, uno stile di vita. La forma
di santità vissuta da Francesco si è diffusa nel mondo attraverso il
Terz’Ordine ed unisce tutti coloro che pongono lo spirito al di sopra
della lettera e l’amore prima della giustizia. La sua azione missionaria, la predicazione evangelica di pace e bene sono andate al cuore
dei popoli e delle classi sociali spesso in lotta fra loro. Pochi uomini
hanno avuto tanto influsso nella società del loro tempo ed oltre,
come Francesco. La sua visione ottimistica della creazione, espressa
nel Cantico di frate sole, il suo amore per “madonna Povertà”, il suo
spirito evangelico intrinsecamente e dinamicamente innovatore e
riformatore, in piena adesione alla Chiesa, sono messaggi vivi per il
mondo attuale.
“Francesco, uomo di Dio, lasciò la sua casa e la sua eredità, si fece
piccolo e povero: e il Signore lo prese al suo servizio”. (Antifona d'inizio della liturgia del 4 ottobre)
San Martino di Tours
11 novembre
vescovo
(317-397)
Immagine: A cavallo mentre dà metà del suo mantello ad un povero
mendicante.
F
iglio di un tribuno romano, Martino nacque in Pannonia
(Ungheria) e si arruolò giovanissimo nell’esercito imperiale.
Abbandonata la milizia, dopo aver ricevuto il battesimo, si recò
in Gallia per divenire discepolo di Sant’Ilario di Poitiers. Condusse
vita eremitica nell’isola Gallinara (Alassio), poi, per consiglio di
Ilario, fondò a Ligugé (Vienne, Poiton) il primo monastero di tutto
l’Occidente. Di lì mandò i suoi monaci all’opera missionaria in tutto
il paese. Nel 373 venne scelto come Vescovo di Tours.
Contemporaneo di Sant’Ambrogio, ne emulò lo zelo, divenendo uno
dei fondatori della Chiesa della Gallia. Eresse il monastero di
Marmoutier in cui preparava i giovani al sacerdozio, un primo vero
seminario che diede molti Vescovi alla nazione. Peregrinava di villaggio in villaggio, svolgendo un efficace apostolato fra pastori e contadini, creando parrocchie rurali: il centro della vita economica si spostava allora dalle città alle campagne. Operò ad eliminare il pagane-
143
simo ed a stabilire la pace religiosa turbata da errori. Fu uno dei
primi Santi non martiri ad essere onorato nella liturgia. Il suo culto fu
ed è ancora diffusissimo: decine e decine di comuni in Italia portano
il suo nome.
San Bernardino da Siena
20 maggio
sacerdote
(1380-1444)
Immagine: Monaco francescano con il monogramma di Gesù: IHS.
B
ernardino Albizzéschi nacque a Massa Marittima (allora territorio di Siena) ed acquistò precocemente una buona formazione
classica, filosofica, giuridica e teologica. Molto pio, a 22 anni si
fece francescano. La sua predicazione divenne sempre più incisiva.
Flagellava il malcostume, le esorbitanze dei principi e dei potenti, le
mode sconce, l’avarizia. Era pieno di arguzia ed otteneva grandi successi. Dal 1417 infiammò gli animi quando ebbe la trovata di raffigurare il nome di Gesù - IHS (iniziali del nome in greco) - circondato
da raggi, su tavolette e su di un gonfalone dal quale si faceva precedere e che teneva presso il pulpito. Con una predicazione piena di
“agganci psicologici”, diffuse questo simbolo in tutta l’Italia (ancor
oggi brilla sulla facciata del palazzo comunale di Siena), facendo
rifiorire fede e pietà. Accusato da teologi e calunniato da curiali, fu
difeso da Papa Eugenio IV che raccomandò la sua predicazione.
Morì a L’Aquila, dove è sepolto in uno splendido tempio. E’ il patrono dei pubblicisti italiani.
San Giovanni
27 dicembre
apostolo ed evangelista
(secolo I)
Immagine: Giovane imberbe con i capelli chiari, vicino a Gesù
all'Ultima Cena, od ai piedi della Croce con Maria, Madre di Gesù;
come evangelista è rappresentato da un’aquila, per la maestà ed ispirazione con le quali scrive.
A
Giovanni noi dobbiamo il Gesù più intimo, quello che più
profondamente si manifesta figlio di Dio fatto uomo. Nato da
Zebedeo, ricco pescatore di Betsaida (Mc 1,20; Mt 4,18-22; Gv
1,44) e da Salomè, una delle donne che si posero al servizio di Gesù
144
e dei suoi apostoli, Giovanni fu probabilmente educato, come il fratello Giacomo, nell’ambiente della setta degli zeloti, come mostra la
vivacità delle sue repliche (Mc3,17; Lc 9,53-56). Essendo discepolo di
Giovanni Battista (Gv 1,35-41), fu indirizzato a Cristo dal suo maestro. Diventato discepolo di Gesù, Giovanni fu presto uno dei membri più attivi del gruppo ed uno di quelli ai quali il Signore affidò il
più gran numero d’incarichi e confidò i segreti più intimi (Mt 17,1-8;
Mc 13,3; Lc 22,8; Gv 13,23; Mt 26,37; Gv 19,26; 20,3). Partecipò al
concilio di Gerusalemme e, al termine di una lunga vita apostolica,
fu esiliato nell’isola di Patmos, al tempo di Domiziano.
Giovanni ha posto al centro del suo Vangelo la manifestazione di Dio
al mondo nella persona del Cristo: Gesù è il figlio di Dio ed esso si
presenta per mezzo dei suoi grandi “Io sono” e di una molteplice
manifestazione concreta. A questa manifestazione Giovanni dà il
nome di “testimonianza” o di “missione”. Essa consiste essenzialmente
in una serie di “segni” della “gloria” di Dio; il più importante di questi
“segni” è compiuto “nell’ora” della glorificazione di Cristo nel mistero
pasquale. Questi segni si perpetuano nella vita della Chiesa e nei
sacramenti della presenza del Signore.
Le lettere di Giovanni prolungano l’insegnamento del suo vangelo:
Dio che è “Amore e Luce”, gli impegni cristiani derivanti dalla carità e
le precauzioni contro il peccato sono i temi principali.
L’Apocalisse è essenzialmente una meditazione sul significato della
storia, redatta secondo un genere letterario molto usato nel mondo
ebraico e destinata a fortificare la fede dei cristiani provata dalle persecuzioni: Cristo ha già vinto il mondo e Satana; coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo, parteciperanno pure al suo trionfo.
San Rocco
16 agosto
Montpellier 1350 - Angera 1378-1379
Immagine: Giovane pellegrino, con il bastone in mano, la coscia scoperta rivela la piaga della peste, il fedele cagnolino (spesso con un
pane in bocca) ai suoi piedi.
F
igura storica, San Rocco è vittima sfortunata di biografi incompetenti. Gli Acta breviora, sinceri, ma composti malamente e la
Vita S.Rochi (1478) di Francesco Diedo, veneziano, più completa, ma cronologicamente impossibile e di dubbio valore, sono considerati oggi le migliori biografie di San Rocco. Rocco era figlio di un
ricco mercante provenzale e di madre lombarda. Nel 1367, quando
Rocco aveva circa 17 anni, Papa Urbano V visitò Montpellier. Poiché
i genitori erano già morti, Rocco decise di andare a Roma come pel145
legrino. Divenne noto per il suo amore della povertà e per la sua
carità verso gli ammalati. Da queste attività discende il suo dono di
guarire che incominciò ad esercitare dapprima ad Acquapendente e
più tardi a Cesena. A Roma guarì il Cardinal Anglic, fratello del Papa.
Lasciò Roma nel 1371 per andare a Rimini, Novara e Piacenza ove
rimase per un certo tempo a causa di una malattia. Fu arrestato ad
Angera, sul lago Maggiore, verso il 1374 ed ivi imprigionato sotto
accusa di spionaggio. Morì là dopo la riunione con lo zio materno.
Fu onorato più tardi (dal 1410 circa) a Montpellier per la sua fama
di taumaturgo. Il suo culto in Italia è associato alla fine della peste a
Ferrara, gennaio 1439, attribuita alla sua intercessione. Le reliquie
furono portate a Venezia nel 1485 ove fu eretto il suo santuario più
importante. E' dubbio che San Rocco fosse membro di qualche
terz'ordine religioso. Se di fatto era terziario, sembra più probabile
che fosse membro del Terz'Ordine di S. Domenico.
Santa Veronica
12 luglio
(secolo I)
Immagine: Rappresentata con il “velo della Veronica - vera icona del
volto di Cristo”.
V
eronica, dal greco Beronica, è il nome dato anticamente ad
una donna variamente identificata nella leggenda con persone,
menzionate nel Nuovo Testamento, quali: la moglie di
Zaccheo, Marta di Betania, la figlia della Cananea, una principessa di
Edessa o la moglie di uno sconosciuto ufficiale gallo-romano. Il
nome è connesso con un'immagine del volto di Cristo che si diceva
esser stata portata a Roma. Il nome fu usato per l'immagine stessa
che fu detta “la Veronica”, grazie al cambiamento da vera icona a
veronica. L'origine dell'immagine è variamente spiegata nelle leggende: impressa da Gesù stesso come favore alla donna che desiderava
averla come conforto quando Egli era altrove; impressa durante l'agonia di sangue al Getsemani, o su di un panno di una donna che
asciugò il volto di Gesù sulla via del Calvario. Tuttavia il nome di
Santa Veronica non si trova in nessuno dei primi martirologi e nemmeno nel presente Martirologio Romano. S. Carlo Borromeo (15381584), a suo tempo, soppresse festa, Messa ed Ufficio per il Rito
Ambrosiano.
146
FONTI DOCUMENTARIE
Archivio di Stato di Mantova
Archivio Diocesano di Mantova
Archivio Parrocchiale di Guidizzolo
Atti della visita pastorale del Vescovo Bollani alla Diocesi di Brescia
(a cura di P. Guerrini, ed. Ancora 1940)
Paul Kevin Meagher, OP, Cambridge, Inghilterra, Editore di
Teologia Morale della "Nuova Enciclopedia Cattolica"
dell'Università Cattolica d’America, Washington.
Jacques Cambell, OFM, Membro della Commissione Liturgica,
Pontificio Ateneo Antoniano, Roma.
Messale dell'Assemblea cristiana, feriale e festivo, Centro
Catechistico Salesiano
Archivio di stato - Archivio Portioli busta 8 - 8bis
Scritti di: Professor Alessandro Dal Prato, Professor Franco
Mondadori, Architetto Pietro Gazzola
LETTERATURA
Grande illustrazione del Lombardo Veneto (a cura di C. Cantù,
Milano 1859)
Dizionario corografico dell’Italia -Vallari Milano 1878
A. Portioli: Le chiese dipinte del mantovano.
V. Matteucci: Le chiese artistiche del Mantovano, 1902.
A. Dal Prato: in “Gazzetta di Mantova”, 1/3/1977
R. Guazza: Mantova attraverso i secoli - ed. Gam 1966
G. Coniglio: I Gonzaga - Dall'Oglio ed. 1967
R. Brunelli: Diocesi di Mantova - La Scuola editrice 1986
A. Dal Prato: in Quadrante Padano anno IV n° 2 - 1983
P. Pelati: in “Gazzetta di Mantova”, 16/10/1981
147
INDICE
Prefazione
PARTE PRIMA
La Storia
Le origini
L'esterno
L'interno
Le pitture murali
SECONDA PARTE
IL RESTAURO
Obiettivi dell'intervento
Fruibilità attuale e potenziale
ANALISI STORICA
Notizie
Storia
Descrizione generale
CONTESTO AMBIENTALE
Descrizione analitica
Stato conservativo e criteri d'intervento
Criteri d'intervento
INTONACI
Stato conservativo e criteri d'intervento
AFFRESCHI
Descrizione analitica
Stato conservativo
Criteri di intervento
Progetto di restauro
ALTARE DELLA PIETA'
Descrizione analitica
Stato conservativo
Progetto di restauro
ALTARE MAGGIORE
Descrizione analitica
Stato conservativo
Progetto di restauro
ARREDI E MOBILI VARI
Descrizione analitica
Criteri di intervento
Stato conservativo e progetto di
restauro
Banchi
Porte del presbiterio
Predella dell'altare maggiore
Grata dell'oculo-matroneo
Reliquiari - candelabri - cartegloria - crocefisso - ex-voto
Impianti tecnologici
STATUA DI SAN LORENZO
Descrizione analitica
Stato conservativo
Criteri d'intervento
Progetto di restauro
PARTE QUINTA
Relazione e documentazione sui
lavori di restauro del 1998-99
PARTE TERZA
Gazzetta di Mantova 22 maggio
1980
Quadrante Padano Anno IV n° 2
Giugno 1983.
Affreschi a Guidizzolo.
Segnalazione al Comune di
Guidizzolo (MN) e alle
Soprintendenze di Mantova e
Brescia
PARTE QUARTA
Presentazione vita dei santi
San Lorenzo
Santa Maria Maddalena
Sant’Antonio abate
San Pietro
San Francesco D’Assisi
San Bernardino da Siena
San Sebastiano
San Giovanni
San Rocco
Santa Veronica
148
Finito di stampare nel mese di giugno 1999 da GVM Tipolitografia
di Volta Mantovana (MN)