il Segnalibro luglio-agosto 2012:il Segnalibro

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il Segnalibro luglio-agosto 2012:il Segnalibro
Il Segnalibro n. 186 luglio/agosto 2012
CLOTILDE DI SAVOIA
Il “sì” che fece l’Italia
di Cristina Tessaro*
Edizioni Paoline, pp. 302, 8 tavole a colori f.t., € 17,50
lotilde di Savoia è figlia di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e di Maria
Adelaide d’Asburgo-Lorena. A soli quindici anni è costretta, da ragioni di Stato,
a sposare un uomo di circa quarant’anni, il principe Girolamo Bonaparte, nipote di
Napoleone I e cugino dell’Imperatore di Francia, Napoleone III, il quale desiderava
una parentela con i Savoia per motivi politici e di rango. Ma il futuro sposo aveva
anche fama di ateo e libertino. Secondo i piani del ministro Cavour, che lavorava per
l’unità dell’Italia, era importante creare, con queste nozze, una alleanza con la Francia,
necessaria specialmente dopo i Patti di Plombières del 1858.
«Da questo matrimonio dipendono il futuro della dinastia e della Patria», aveva scritto Cavour caldeggiando le nozze. Clotilde si rende conto che dal suo «sì» dipende
anche il futuro dell’Italia. E accetta. Fu, com’era prevedibile, un matrimonio infelice
che la principessa visse con dedizione sofferta accanto al marito, che la trascurava e la
tradiva, e ai figli. Le pagine di Cristina Tessaro mettono bene il luce il carattere mite e
sensibile di Clotilde, dotata al tempo stesso di una spiccata personalità e di un senso
del dovere intransigente (soprattutto verso se stessa). Famosa è la lettera scritta durante la rivoluzione del 1870 al padre, che la supplicava di rientrare in patria: “Il mio
dovere – scrive Clotilde - è il rimanere qui tanto che lo potrò, dovessi io restarci e morirci: non si può sfuggire davanti al pericolo
[...]. Quando mi sono maritata, quantunque giovane, sapevo cosa facevo, e se l'ho fatto è perché l'ho voluto. Il bene di mio marito,
dei miei ragazzi, del mio Paese è ch'io rimanga qui. L'onore persino del mio nome; l'onor suo, caro Papà, se così posso esprimermi, l'onore della mia Patria nativa”.
Una biografia che rende merito ad un personaggio chiave della nostra storia, una vera eroina ingiustamente dimenticata dalla storiografia ufficiale.
--------------------------------------------* Nata in provincia di Varese, dove tuttora vive, laureata in Lettere moderne e giornalista pubblicista, ha lavorato nella redazione di giornali e televisioni locali. Attualmente opera come libera professionista nel campo della comunicazione aziendale e dell’ufficio stampa. Appassionata di storie di santi, ama scrivere biografie di testimoni della fede, antichi e contemporanei. Per le
Paoline ha pubblicato: Santa Rita da Cascia (2009) e Don Isidoro Meschi. Un “prete felice” (2011).
C
IL PONTE SETTE LUCI
di Lidia Maggioli* e Antonio Mazzoni*
Metauro, pp. 136, € 15,00
iuseppe Levi nasce a Genova nel 1911 da famiglia di religione ebraica. Nel 1933 si
laurea in giurisprudenza. Quattro anni dopo, raggiunge Carlo Rosselli a Parigi con
il proposito di arruolarsi nelle brigate internazionali in difesa della Repubblica spagnola.
Per questo viene punito con il carcere e il confino.
Con l'ingresso dell'Italia in guerra subisce tre anni di internamento come ebreo antifascista. Dopo l'8 settembre si unisce ai partigiani laziali e diventa comandante delle formazioni dei Castelli Romani. Compie alcune clamorose azioni di sabotaggio che nel 1961
vengono immortalate da Nanni Loy nel film "Un giorno da Leoni". La sua famiglia è duramente colpita dalla Shoah.
«Sette sono le luci di un ponte. Sette, le luci che si spengono in una notte di dicembre del
1943 mentre è in transito un treno carico di militari tedeschi. A capo dell'azione partigiana, una delle più importanti del Lazio e dell'intera penisola, un trentenne che da avvocato si fa stratega militare, da perseguitato, inflessibile vendicatore di torti. Torti politici
e razziali in un'epoca in cui le apparenze culturali o religiose potevano costituire uno
svantaggio irrimediabile».
--------------------------------------------* Già insegnanti di storia e filosofia, sul tema della persecuzione razziale hanno pubblicato il saggio Ebrei a Rimini, 1938-1944,
tra persecuzione e salvataggio (in Romagna tra fascismo e antifascismo, Clueb, 2006) e Con foglio di via, storie di internamento in Alta Valmarecchia 1940-1944 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2009).
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