Si allega, come esempio, il capitolo 5.

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Si allega, come esempio, il capitolo 5.
5 Elaborazione elettronica nel
calcolo delle strutture in c.a.
In questo capitolo saranno analizzate le principali fasi attraverso le quali l’utente di un software di calcolo strutturale ha la possibilità di modellare e calcolare una struttura a telaio in
calcestruzzo armato. Si farà riferimento alla struttura descritta nella figura 5.1. Per questa
struttura si prenderanno in esame gli aspetti legati alla modellazione, all’impostazione delle analisi e all’analisi dei risultati secondo i requisiti dell’Eurocodice 8 (5).
Per la realizzazione del modello a elementi finiti e per l’esecuzione dell’analisi è stato
utilizzato il software ModeSt (3), sviluppato dalla società Tecnisoft s.a.s. che fa uso del
solutore ad elementi finiti Xfinest (4), sviluppato dalla Ce.A.S. s.r.l.di Milano. Il modello
analizzato è riportato nel progetto denominato “Telaio” che potrà essere visionato dopo
avere installato la versione Free del software ModeSt (3), contenuta nel CD-ROM allegato
a questo testo, e quindi presenta un numero di nodi inferiori a 100. Il modello è contenuto
all’interno del progetto “Telaio” .
Nella guida in linea del software ModeSt (3) e nel tutorial disponibile una volta installata la versione Free viene descritto come aprire un progetto esistente e come rendere attiva una struttura. La struttura descritta in questo capitolo può essere modificata a piacimento rimanendo nei limiti della versione di prova. Oltre a quanto descritto in questi paragrafi
la versione Free dispone anche di alcuni moduli per la progettazione e verifica degli elementi strutturali secondo il D.M. 1996 e secondo l’Ordinanza n° 3431. L’utente potrà pertanto ricalcolare la struttura secondo queste normative arrivando fino alla generazione degli esecutivi per le travi e i pilastri.
5.1 Le tre fasi della progettazione strutturale
La progettazione di una struttura in calcestruzzo armato è un attività molto complessa che
si articola attraverso diverse fasi. Il progettista ha di solito a disposizione una serie di dati
progettuali quali carichi, vincoli, dati del terreno, a cui si aggiungono le indicazioni di carattere architettonico che impongono determinate scelte a livello di strutturale (si pensi alle
travi in spessore). Unendo tutte queste informazioni si dovrà individuare un adeguato modello di calcolo che meglio riassuma il comportamento reale dell’edificio.
I calcoli forniranno una serie di risultati numerici che consentiranno di attivare la fase
di analisi e di verifica fino ad arrivare alla progettazione delle armature nei singoli elementi strutturali (travi, pilastri, setti ecc). In generale possiamo suddividere la progettazione
strutturale assistita con l’uso di un software in tre fasi distinte:
– pre-processing,
– soluzione del sistema matriciale,
– post-processing.
La prima fase è quella nella quale il progettista ipotizza lo schema strutturale e lo traduce in un modello congruente agli elementi finiti, completo di vincoli e di carichi. Questa
è una fase cruciale perché nella generazione del modello saranno prese decisioni che si ri-
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percuoteranno inevitabilmente nei risultati finali. La seconda è quella nella quale sono impostate le opzioni di calcolo e viene attivato il solutore agli elementi finiti. I risultati del
solutore vengono trasmessi al programma principale che mette a disposizione una serie di
strumenti per eseguire l’analisi dei risultati (deformate, mappe di colore delle azioni sugli
elementi strutturali ecc.). Se l’analisi mostra un comportamento soddisfacente il progettista
potrà attivare, se disponibili, moduli specifici che consentiranno di tradurre in elaborati
grafici e relazioni numeriche il comportamento della struttura. Queste tre fasi sono tra loro
integrate e il processo di progettazione tipicamente prevede un continuo passaggio tra le tre
fasi fino a quando la struttura non raggiunge la configurazione voluta dal progettista.
Figura 5.1 Esempio di un modello di una struttura in c.a.
5.2 Il modello geometrico
Se pensiamo alla realizzazione di una tipica struttura a telaio in calcestruzzo armato e supponendo di lavorare con un software agli elementi finiti partiremo inserendo una serie di
elementi monodimensionali che consentono di modellare la presenza delle travi e dei pilastri.
Nella definizione di questo modello dovremo in generale rispettare due esigenze: da un
lato la necessità di individuare lo schema statico della struttura, dall’altro di adeguare il
modello di calcolo ad uno schema architettonico. Questa seconda esigenza, che si aggiunge
a quella ben nota di modellazione, è un aspetto ormai presente in numerosi software di
progettazione strutturale diffusi nel settore dell’ingegneria civile. In questi software oltre
all’obiettivo di produrre risultati si vuole anche fornire in modo automatico esecutivi grafici relativi agli elementi strutturali in calcestruzzo armato. Tali esecutivi vanno considerati
come “basi grafiche” da completare tramite software di disegno CAD.
Se un software di calcolo ha l’obiettivo di risolvere anche questo aspetto in pratica deve
avere una doppia “anima”: da un lato consentire di creare il modello ad elementi finiti,
dall’altra deve consentire il posizionamento degli elementi finiti nella loro reale posizione
di costruzione, vale a dire deve poter gestire il cosiddetto “filo fisso”.
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Oggigiorno i software dispongono di numerosi strumenti automatici per semplificare la
modellazione strutturale. Tutti i software prevedono la possibilità di importare file in formato CAD da utilizzare come base per costruire il modello di calcolo sfruttando indicazioni architettoniche. A parte questi riferimenti le modalità di inserimento di una struttura sono molteplici, ma in generale possiamo distinguere le tre che ricorrono piuttosto di frequente:
a) Creazione di un modello in cui gli elementi vengono inseriti in modo che gli estremi
superiori dei pilastri e dei muri verticali coincidono con le quote di estradosso del solaio e
con l’estradosso delle travi alla stessa quota dell’estradosso dei solai. Per ogni elemento
strutturale monodimensionale il software crea delle “zone rigide” solo nella direzione
dell’asse degli elementi stessi. Vedere figura 5.2, tratta da (1).
Figura 5.2 Approccio con modellazione di tipo a.
Figura 5.3 Approccio con modellazione di tipo b.
b) Creazione di un modello in cui gli elementi vengono definiti senza riferimenti a fili
architettonici ma in posizione baricentrica. I nodi delle travi, posizionati in corrispondenza
del baricentro, saranno a quota diversa da quella di estradosso solai; la quota dei nodi dei
pilastri è pari alla quota del piano medio delle travi. Per ogni elemento strutturale monodimensionale il software crea delle “zone rigide” solo nella direzione dell’asse degli elementi
stessi. Non vi sono offset nel piano della sezione delle aste. Vedere figura 5.3, tratta da (1).
c) Creazione di un modello in cui gli estremi superiori dei pilastri e dei muri verticali
coincidono con le quote di estradosso solaio. In corrispondenza degli impalcati l’estradosso ed i nodi delle travi sono posti alla stessa quota dell’estradosso solai. In questo caso
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si deve distinguere tra l’unifilare di modellazione (tratto continuo in linea più spessa) e
l’unifilare di calcolo (linea tratteggiata). Per ogni elemento strutturale monodimensionale il
software genera delle “zone rigide” sia nella direzione dell’asse degli elementi stessi sia
nel piano della sezione dell’asta (offset rigidi). Vedere figura 5.4, tratta da (1).
Figura 5.4 Approccio con modellazione di tipo c.
Ognuno degli approcci descritti può essere in teoria utilizzato senza grossi problemi in
termini di modellazione. Rimane però il problema di comprendere l’effetto delle varie opzioni sul comportamento della struttura.
In generale possiamo affermare che l’ultimo tipo di modellazione è da sconsigliare soprattutto se usato in combinazione con una opzione di piano rigido che agisce in corrispondenza dei nodi strutturali di ogni impalcato. In questo caso infatti si può verificare (1)
come nascano delle discontinuità “artificiali” nel diagramma delle azioni interne flettenti
sulle travi (considerati sul tratto deformabile delle travi) che si sommano a quelli corretti e
attesi, legati alla presenza di azioni concentrate o di azioni esercitate da elementi strutturali
secondari.
L’opzione (b) è interessante perché permette di impostare la struttura inserendo tutti gli
elementi in modo baricentrico (come tipicamente avviene in presenza di software di calcolo general purpouse). Tuttavia questa modellazione porta alla perdita delle informazioni
relative al filo fisso degli elementi e quindi impedisce la produzione automatica degli elaborati grafici.
L’opzione (a) può essere considerata un buon compromesso tra i gli approcci (b) e (c).
Da un lato si lavora sui fili fissi nella fase di introduzione, dall’altra si tiene conto nella generazione degli oggetti della presenza di zone rigide in corrispondenza dei nodi strutturali.
La figura 5.5 mostra una parte di una struttura che è sta modellata facendo uso dell’approccio tipo (c). Tramite l’attivazione della vista tridimensionale si può notare come la trave individuata dai nodi 4011 e 4012 è posizionata con i nodi all’estradosso del solaio mentre il pilastro 3011-4011 è posizionato con i nodi all’esterno dell’ingombro del pilastro.
Infine un altro possibile approccio fa uso di rigid link. Nella figura 5.6 è riportato a titolo di esempio il particolare di un nodo nel quale sono evidenziati il modello con riferimento alle linee d’assi, (delimitato dai nodi indicati tramite dei cerchi) e il possibile modello di calcolo riportato ai baricentri delle aste.
I rigid link sono elementi finiti particolari in quanto consentono di collegare nodi non
coincidenti tra loro con l’obiettivo di trasmettere un certo numero di azioni interne. Nel
nostro caso potrebbero essere utili per risolvere i nodi trave-pilastro. Il comportamento del
nodo è discusso in più dettaglio nel capitolo 2.
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Figura 5.5 Modellazione con tentativo di rispettare la collocazione geometrica degli assi delle
travi e dei pilastri.
Figura 5.6 Particolare del posizionamento di travi e pilastri.
Consideriamo ora l’andamento del momento flettente nel pilastro (fig. 5.7).
Avvicinandosi al nodo dall’alto, il momento flettente cresce e la sezione nella quale è
ragionevole collocare il massimo è la sezione di estradosso della trave. Analogamente, il
momento flettente nella trave cresce avvicinandosi al nodo. La sezione alla quale raggiunge il massimo coincide con il filo del pilastro. Il nodo è soggetto ad un complesso stato di
sforzo. In questa sede è sufficiente riconoscere che un buona rappresentazione del nodo,
agli effetti del comportamento del telaio, è quella di corpo rigido delimitato dai fili della
colonna e da estradosso ed intradosso delle travi.
È chiaro che l’utilizzo di questo tipo di elementi è sostanzialmente diverso rispetto a
quello di fare uso di aste con offset, in quanto certamente dal punto di vista del comportamento dinamico complessivo dell’edificio comporta una maggior rigidezza, con periodi
propri conseguentemente ridotti. Dal punto di vista delle azioni interne, consente di leggere
le azioni su travi e pilastri al filo esterno del nodo, anziché all’intersezione degli assi.
Questo approccio consente un ulteriore affinamento della modellazione, in quanto in
condizioni sismiche si ricorre spesso a travi alte e a pilastri di sezione considerevole.
Nel CD-ROM il lettore potrà ritrovare il modello realizzato facendo uso dell’approccio
(a). Eventualmente per esercizio potrà provare ad eseguire gli altri tipi di modellazione.
Nel caso dei rigid link non disponendo, nel caso di ModeSt (3), di questi elementi specifici
si potrà fare uso di elementi beam fittizi svincolati in modo opportuno nei due estremi a
seconda di quali tipi di azioni vogliamo trasmettere.
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Figura 5.7 Distribuzione dei momenti flettenti e dei tagli, nel rigid link.
5.3 La gestione dei carichi elementari
Una volta definito il modello di calcolo la fase successiva da affrontare è quella legata
all’inserimento dei carichi. La definizione dei carichi consiste in generale in una prima definizione dei carichi elementari (peso, permanenti, accidentali, ecc.), seguita dalla generazione, in funzione della normativa utilizzata, delle combinazioni di carico.
La definizione dei carichi elementari è una procedura ormai piuttosto semplice e consolidata. Tipicamente si parte dall’archiviazione del peso proprio che viene calcolato automaticamente a partire dai dati degli elementi finiti inseriti in precedenza. Nella fase di archiviazione di questo carico troviamo due aspetti che dovremo risolvere per ogni caso elementare:
– Le definizione dei coefficienti moltiplicativi da usare nelle combinazioni agli stati limite
– La gestione del carico in termini di sicurezza e variabilità
Come previsto dal metodo degli stati limite a ogni carico deve essere associata una “tipologia”. In questo modo sarà possibile caratterizzare il carico stesso con due diversi coefficienti (γ) da utilizzare uno nel caso in cui il carico aumenti la sicurezza della struttura ed
uno nel caso in cui la diminuisca. Purtroppo nella realtà di una struttura molto complessa
non è facile determinare a priori se certi carichi aumentino o no la sicurezza della struttura
e quindi ModeSt (3) consente di operare in entrambe le ipotesi. Si pensi ai carichi accidentali in un capannone in cui i pilastri si comportano come mensole: associati alle azioni sismiche potrebbero essere a favore di sicurezza in quanto diminuiscono l’eccentricità dello
sforzo normale, mentre senza le azioni sismiche gli stessi carichi aumentano semplicemente la compressione nel pilastro e quindi sono a sfavore di sicurezza. Resta inevitabilmente
compito dell’utente operare le necessarie distinzioni per limitare il numero di casi da esaminare da parte di ModeSt (3). Ogni condizione di carico può quindi essere classificata
come a favore di sicurezza, a sfavore di sicurezza o ambigua. In quest’ultimo caso vengono generati entrambi i casi di sollecitazione (se i due coefficienti γ sono diversi), creando
però un notevole numero di combinazioni da esaminare. I carichi di tipo variabile possono
inoltre essere considerati come di base o come carichi indipendenti. Anche in questo caso
ModeSt consente di operare la corretta classificazione dei carichi, introducendo anche la
tipologia ambigua che comporta la creazione di entrambe le combinazioni.
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Figura 5.8 Archiviazione del peso proprio.
Nella figura 5.8 sono riportati, a titolo di esempio, i coefficienti usati per la gestione del
peso proprio strutturale. Si nota come i coefficienti siano quelli previsti dagli Eurocodici 1
ed 8. Nel nostro esempio il peso proprio per noi è sempre a sfavore e quindi verrà sempre
considerato con il coefficiente massimo.
Come evidenziato nella figura 5.9 nella scheda di archiviazione del peso sceglieremo la
tipologia di carico elementare denominata “permanente EC1”.
Altro carico tipico è quello relativo ai solai. Questi carichi sono tipicamente associati
ad aree di carico. Per semplificare il lavoro dell’utente i software mettono a disposizione
strumenti automatici per la generazione rapida di queste aree di carico e per la determinazione dei carichi sulle travi di coronamento di questa aree. L’utente deve procedere definendo i valori dei carichi permanenti ed accidentali, le aree di carico e la direzione di scarico (di solito si ipotizza una ripartizione a trave, come da figura 5.10 per esempio); il software provvede a calcolare i carichi sulle aste che costituiscono il perimetro dei solai.
Nella fase di archiviazione del carico dei solai potremo generare due diversi set di carico, uno per quelli permanenti e l’altro per quelli accidentali. Nel caso dei carichi accidentali, dovendo rispettare le indicazioni dell’Eurocodice, potremo fare uso del coefficiente Φ
per eventualmente scontare il contributo dei carichi variabili. Nella figura 5.11 si nota come è stato considerato un coefficiente pari a 0,33.
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Figura 5.9 Coefficienti moltiplicativi per peso proprio.
Altro interessante parametro riguarda la modalità di ripartizione dei carichi. Siccome
abbiamo considerato dei carichi di area, e quindi non abbiamo inserito alcun elemento
finito per la simulazione dei solai potremo comunque fare in modo di distinguere tra le
aste esterne e le aste interne per tenere conto che queste ultime nella realtà assorbono un
maggiore carico rispetto a quelle terminali a causa dell’effetto iperstatico. Questa è una
tipica approssimazione gestita dai software di calcolo. È responsabilità dell’utente che
potrà decidere se tenerne conto oppure no. Globalmente la somma dei carichi non viene
modificata.
Definiti i carichi da solaio gli altri carichi seguono le stesse considerazioni viste in precedenza e si rimanda alla documentazione del software per i maggiori dettagli. Alla fine le
condizioni di carico elementari possono essere visualizzate come nella figura 5.12.
Esaminando la figura 5.12 si nota come tutti i carichi sono definiti come “a sfavore di
sicurezza” e con variabilità “ambigua”. Nella figura 5.13 si può osservare lo schema riassuntivo dei coefficienti che il software utilizzerà per generare le combinazioni di carico
agli stati limite.
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Figura 5.10 Schemi di carico dei solai per piano tipo di edificio.
Figura 5.11 Coefficienti per la definizione dei solai di piano.
Figura 5.12 Riassunto dei casi di carico elementari coi relativi coefficienti.
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Figura 5.13 Coefficienti per le combinazioni di carico agli stati limite.
5.4 La gestione delle masse sismiche
Tornando alla definizione ed archiviazione dei casi elementari di carico vi è un altro aspetto che l’utente deve saper gestire correttamente. Si tratta dei coefficienti per la definizione
delle matrici di massa in caso di analisi dinamica con la tecnica dello spettro di risposta.
L’analisi dinamica secondo il metodo dello spettro di risposta prevede una prima fase
in cui viene eseguita un’analisi modale. Questa analisi richiede la determinazione sia della
matrice di rigidezza sia della matrice di massa della struttura. Nei termini della matrice di
massa compaiono i contributi legati ai carichi gravitazionali agenti sulla struttura che vengono trasformati in masse secondo opportune direzioni. L’aspetto importante da considerare è che queste direzioni devono essere scelte dall’utente in base al risultato che si vuole
raggiungere.
Esaminando la figura 5.12 è opportuno notare come tutte le condizioni di carico elementari sono state generate con coefficienti 1 nelle colonne Mx, My e Jpz. In questo modo
i carichi verranno tutti trasformati in masse che agiranno in direzione orizzontale ed attorno all’asse globale Z della struttura. Questa è l’opzione tipica utilizzabile quando si svolge
un analisi dinamica di un edifico, ma è bene che l’utente possa decidere con semplicità ed
intervenire sulla modalità di generazione delle masse. In questo caso ad esempio non viene
considerato il sisma in direzione Z.
Altro aspetto è quello relativo alla modalità di generazione della matrice di massa. In
generale possiamo avere due diversi approcci: consistent e lumped.
Nel caso di approccio tipo Consistent la matrice di massa del generico elemento finito
viene generata facendo uso delle stesse funzioni di forma utilizzate per la generazione dei
termini delle matrici di rigidezza. Lo schema Consistent porta ad avere una matrice di massa “piena”, con termini diversi da zero anche fuori diagonale. L’approccio lumped prevede
invece che le masse siano concentrate in corrispondenza dei nodi di congruenza della struttura con la conseguenza che la matrice di massa risulterà diagonale. La figura 5.14, tratta
da (1), mostra in modo semplice la differenza tra i due approcci. Nel caso di matrice di
massa generata in modo Lumped in pratica le masse vengono concentrate nei nodi del modello.
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In presenza di un approccio Lumped bisognerà chiarire quali dei termini presenti sulla
diagonale principale della matrice di massa vengono determinati dal modellatore. In generale i termini non nulli sono quelli legati alle traslazioni nel piano x,y ed alla rotazione rispetto all’asse z globale, ipotizzando quindi che le altre masse concentrate abbiano inerzia
rotazionale trascurabile.
Esiste quindi il problema di verificare in che modo i software trasformano i vari carichi
in massa perché in generale non tutti i programmi di calcolo consentono di generare matrici di massa Consistent per tutti i tipi di carico. Nel nostro caso Xfinest (4) possiede opzioni
specifiche per la gestione in modo Consistent delle masse derivanti dal solo peso proprio
mentre per gli altri carichi bisogna procedere creando masse concentrate ai nodi. Sebbene
Xfinest possa generare matrici di massa Consistent per il peso proprio ModeSt (3) per semplicità genera sempre matrici di massa Lumped.
Figura 5.14 Schematizzazione “lumped” e “consistent”.
5.5 La scelta dei vincoli
Nella modellazione degli elementi strutturali di un edificio in calcestruzzo armato tutti gli
elementi (mono e bidimensionali) vengono di solito inseriti in modo da trasmettere tutte le
componenti di sollecitazione. In questo modo la parte più delicata diviene la definizione
dei vincoli con il terreno. Nel campo dell’ingegneria la maggior parte dei software consentono di modellare il comportamento del terreno utilizzando l’approccio alla Winkler: il terreno viene schematizzato come un letto di molle a comportamento elastico, resistente a
trazione e compressione nella sua versione lineare. Questo tipo di schematizzazione viene
di solito introdotto utilizzando elementi finiti beam e shell specifici in cui la matrice di rigidezza deriva dalla teoria classica delle travi e delle piastre su suolo alla Winkler. In altri
casi si introducono molle equivalenti ai nodi degli elementi calcolate in automatico dal software stesso sulla base dei già citati dati di input (costante di sottofondo ed impronta trasversale della fondazione) con il terreno.
Nel nostro esempio la struttura di fondazione è costituita da un graticcio di travi rovesce (fig. 5.15). L’elemento beam utilizzato è quello di Xfinest (4), specifico per le travi su
suolo elastico.
Definita la fondazione la struttura troverà in automatico un vincolo elastico in direzione
Z globale a quota terreno. Allo scopo di impedire moti rigidi in orizzontale l’utente dovrà
intervenire per bloccare lo spostamento anche nel piano orizzontale (direzioni X ed Y ) e
rispetto ad una rotazione attorno all’asse Z.
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Figura 5.15 Fondazione a graticcio.
Figura 5.16 Vincoli aggiuntivi per i nodi della fondazione.
Da un punto di vista numerico basterebbe vincolare un unico nodo per garantirsi contro
eventuali labilità. Tenendo però conto che la struttura ha di fatto una sua parte al di sotto
del terreno potremo considerare tale tipo di vincolo su tutti nodi in fondazione (vedi figura
5.16).
5.6 Le opzioni di calcolo
Definito il modello ed i vincoli si tratta di definire in che modo eseguire il calcolo strutturale. In questa fase coesistono da una parte le tipiche impostazioni di calcolo per un solutore agli elementi finiti dall’altra i vari parametri richiesti dalla normativa nel caso intendiamo eseguire analisi sismiche.
In prima istanza l’utente deve stabilire che tipo di analisi svolgere. Prescindendo dalla
classica analisi statica, l’Eurocodice permette di svolgere in generale i seguenti tipi di analisi:
– analisi statica equivalente,
– analisi sismica dinamica,
– analisi statica non lineare (o di pushover),
– analisi dinamica non lineare.
Le analisi ovviamente differiscono tra loro in base all’obiettivo che si vuole raggiungere ed ovviamente all’impegno richiesto all’utente. Le prime due analisi sono certamente i
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tipici calcoli che vengono eseguiti in presenza di nuovi edifici. La prima rappresenta una
semplificazione della seconda e in base a quanto riportato dall’Eurocodice 8 può essere
efficacemente utilizzata in presenza di strutture regolari nelle quali il comportamento è determinato in massima parte dal primo di vibrazione.
I due tipi di analisi rappresentano strumenti molto raffinati di indagine che a seguito
delle recenti evoluzioni normative stanno via via stimolando l’interesse dei progettisti. Di
certo però pongono l’utente di fronte a molteplici difficoltà interpretative e operative. In
questa sede verranno analizzate le fasi che portano all’impostazione di un analisi sismica
con la tecnica dello spettro di risposta.
Nell’illustrazione del significato dei vari parametri si fa riferimento direttamente alle
schede attivabili dal software ModeSt (3).
Nel momento in cui attiviamo il comando per l’attivazione del calcolo strutturale con
metodo agli elementi finiti l’utente si trova a disposizione una scheda composta da diverse
sezioni. La prima è quella relativa all’impostazione degli aspetti generali del calcolo (fig.
5.17).
All’interno di questa sezione possiamo evidenziare quattro parti essenziali:
– tipo di normativa da utilizzare,
– tipo di calcolo da svolgere,
– opzione sui piani rigidi,
– modalità di trasferimento delle masse in caso di analisi sismica.
Figura 5.17 Scheda per l’impostazione degli aspetti generali del calcolo strutturale.
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5.6.1
CAPITOLO 5
Normativa
La scelta di un determinato codice si riflette nei parametri che dovremo inserire. Volendo
svolgere un’analisi agli stati limite e volendo rispettare le indicazioni dell’Eurocodice si
può selezionare l’opzione “Stati limite Ordinanza 3431” Questa scelta consente di attivare
una serie di schede orientate allo svolgimento di analisi sismiche del tutto simile (a parte
alcuni parametri) a quanto prescritto dall’Eurocodice 8.
5.6.2
Opzioni di piano rigido
La prima opzione attivabile consiste nel considerare i nodi di ogni impalcato come liberi di
muoversi tenendo conto delle rigidezza mutue che si scambiano gli elementi che convergono in ogni piano. L’opzione quindi prescinde dal considerare rigidezze aggiuntive che
potrebbero provenire dalle strutture presenti negli impalcati quali i solai.
La seconda opzione è quella maggiormente utilizzata nei calcolo di strutture a telaio.
Consiste nell’imporre l’opzione di piano infinitamente rigido (opzione master-slave) su
tutti gli impalcati definiti nella struttura. Questa opzione porta a vincolare gli spostamenti
relativi nel piano orizzontale di uno stesso impalcato ma garantisce l’inflessione delle travi.
L’opzione consente di ridurre il numero di gradi di libertà di un modello velocizzando la
fase di calcolo simulando la presenza dei solai. È importante notare come questa opzione
ha anche un impatto a livello di analisi dinamica modale in quanto la massa di ogni impalcato viene concentrata nel centro di massa dell’edificio diminuendo quindi anche il numero
di autovalori attivabili.
Figura 5.18 Aste a raggiera per controvento solai.
L’altra tecnica attivabile prevede la possibilità di eseguire il controventamento a livello
dei singoli solai, fig. 5.18, tratta da (1). Questa opzione viene di solito risolta individuando,
per ogni solaio, un centro geometrico; in corrispondenza di questo punto viene creato un
nuovo nodo, collegato ai nodi esistenti sul contorno del solaio con elementi di elevata rigidezza assiale. Questi elementi possono essere di tipo truss o beam (con opportuni svincoli
per ripristinare un comportamento a biella). In questo modo si impone ai nodi di mantenere
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praticamente invariata la loro distanza reciproca nel piano del solaio, anche quando questo
sia inclinato. L’introduzione del nodo aggiuntivo centrale necessita di una precisazione: mentre nel caso di solai orizzontali basterà vincolare lo spostamento in direzione z e le rotazioni
attorno agli assi cartesiani x e y, nel caso di solai su piani inclinati, non potendo in generale
assegnare vincoli in direzione obliqua, i software introducono un’elemento truss perpendicolare al piano che collega il centro del solaio con un nodo in corrispondenza del quale viene
assegnato il vincolo sullo spostamento uz e sulle rotazioni attorno agli assi x ed y.
Rispetto a questa tipiche opzioni appena commentate possiamo aggiungere che è molto
importante la possibilità di poter attivare l’opzione di master-slave oppure di controventamento solai differenziandola tra i diversi impalcati. In questo modo diviene possibile valutare correttamente la presenza di zone particolari ma tipiche di un edificio quali le coperture inclinate spingenti.
È interessante inoltre accennare ad altre soluzioni quale la modellazione delle solette in
calcestruzzo tramite una mesh di elementi finiti bidimensionali aventi un comportamento
puramente membranale. La mesh può essere anche grossolana in quanto la sua funzione è
solo quella di ripartire le forze orizzontali. Nel nostro esempio è stata considerata l’opzione
di piano-rigido a tutti i piani con esclusione della copertura.
5.6.3
Opzioni di trasferimento delle masse
Nel caso di un’analisi sismica dinamica è opportuno definire in che modo il software deve
considerare le masse che non appartengono agli impalcati. In generale è sufficiente fare in
modo che le masse intermedie generate a seguito della modellazione (si pensi ai nodi di
elementi shell di setti verticali) vengano trasferite sugli impalcati più vicini. In questo modo, se è stata attivata anche l’opzione di piano rigido, potremo sempre ragionare con tre
gradi di libertà dinamici per ogni piano.
Proseguendo nell’analisi delle opzioni di calcolo, volendo svolgere un’analisi sismica,
dobbiamo definire i parametri sismici relativi all’edificio (fig. 5.19). Queste opzioni cambiano nei dettagli tra le diverse normative ma nella sostanza consistono nel definire un set
di parametri che consenta al software di individuare un primo valore di calcolo del coefficiente di struttura (o behaviour factor secondo la denominazione dell’Eurocodice 8). Questo coefficiente è di estrema importanza perché consente di determinare le ordinate degli
spettri di progetto da utilizzare in fase di calcolo.
5.6.4
Considerazioni sul coefficiente di struttura q
Nei capitoli 1 e 2 sono state introdotti le nozioni relative al concetto di coefficiente di
struttura. Nell’ambito di un software di calcolo strutturale di solito si hanno a disposizione
degli strumenti automatici per la determinazione di questo valore in modo rapido tenendo
conto delle indicazioni presenti nella normativa utilizzata. In alternativa l’utente può inserire il coefficiente che ritiene più opportuno.
Nel nostro caso si è supposto di essere nella situazione di media duttilità (DCM), con
un sistema strutturale a telaio (moment resisting frames). Si ottiene pertanto un valore finale di q = 4. Il valore viene inserito direttamente nella casella in modo da sovrascrivere
quanto calcolato automaticamente dal programma, che applica quanto previsto dall’Ordinanza 3431 (figura 5.20), leggermente diverso dall’Eurocodice 8.
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CAPITOLO 5
Figura 5.19 Sezione per l’impostazione dei “Dati struttura”.
Tabella 5.1 Coefficienti per la determinazione dei valori di q0.
Tipologia strutturale
a) Telai incastrati
b) Telai con controventi concentrici
– controventi diagonali
– controventi a V
c) Telai con controventi eccentrici
d) Struttura a pendolo invertito
e) Struttura con nuclei in cemento armato o setti
f) Telaio iperstatico con controventi concentrici
g) Telai iperstatici con tamponamenti
– tamponamenti in cemento armato o muratura
disconnessi in contatto con il telaio
– tamponamenti in cemento armato connessi
– tamponamenti isolati dal telaio iperstatico
(vedi i telai iperstatici)
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Classe di duttilità
DCM
DCH
4
5αu/α
4
2
4
2
Vedi sezione 5
4
2,5
5αu/α
2αu/α
4
4αu/α
2
2
Vedi sezione 7
4
5αu/α
ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
141
Figura 5.20 Determinazione del fattore di struttura q.
Le successive opzioni riguardano il controllo delle eccentricità di piano. Nell’analisi di
un edificio le normative moderne quali l’Eurocodice 8, per tenere conto delle possibili variazioni nelle masse strutturali e nella applicazione delle azioni sismiche, richiedono di
considerare eccentricità artificiali del centro di massa per ogni piano della struttura in direzione perpendicolare a quelle di azione del sisma e pari a una certa percentuale delle dimensioni degli impalcati (di solito il 5%).
Questa richiesta non è di poco conto perché impone di calcolare per ogni piano le dimensioni trasversali della struttura rispetto alla direzione del carico e di realizzare analisi
modali diverse per ogni configurazione di massa “variata”. Questo approccio viene di solito semplificato. Ad esempio l’Eurocodice 8 prevede due possibili approcci:
– considerare un coefficiente moltiplicativo delle azioni a valle di un analisi con centro di
massa non variato,
– adottare un momento torcente aggiuntivo alle azioni sismiche sia che derivino da un analisi statica equivalente sia da un analisi modale.
Questo secondo approccio è quello disponibile nel software ModeSt (3) e per questo
motivo viene messa a a disposizione la scheda relativa ai dati di piano (fig. 5.21). Per ogni
impalcato viene mostrato il valore di eccentricità calcolato automaticamente dal software
ed eventualmente modificabile dall’utente.
Bozza 24 gennaio 2008
142
CAPITOLO 5
Figura 5.21 Dimensioni trasversali dell’edificio ed eccentricità aggiuntive.
5.6.5 Dati di calcolo
Altro gruppo di parametri importanti è quello contenuto nella scheda relativa ai “dati di
calcolo”. Nel caso di analisi sismica dinamica la scheda avrà la configurazione riportata
nella figura 5.22.
Le informazioni che dovremo fornire sono le seguenti:
– la zona sismica e quindi l’accelerazione orizzontale massima,
– la categoria del suolo di fondazione,
– eventuali altri coefficienti moltiplicativi,
– angolo di ingresso del sisma,
– ordinate dello spettro di risposta di progetto,
– numero modi da estrarre,
– numero modi da considerare,
– attivazione dello stato limite di danno,
– attivazione degli stati limite non sismici (per valutare l’effetto dei carichi statici),
– attivazione del momento torcente aggiuntivo per considerare le eccentricità addizionali.
5.6.5.1
Dati base per l’analisi sismica
Nell’esempio considerato, l’edifico è sito in Zona 3, il terreno è classificato di tipo A, con
un angolo di ingresso di 0° (con anche il valore pari a +90°). Non vi sono coefficienti moltiplicativi di tipo topografico. Il coefficiente di importanza è pari a 1.
5.6.5.2
Forma dello spettro di risposta
L’Eurocodice 8, in presenza di indagini geotecniche poco approfondite, suggerisce di
considerare due differenti tipi di spettro, uno di tipo 1 e l’altro di tipo 2. Questi spettri differiscono tra loro per la forma e la sequenza dei valori dei periodi che definiscono la curva
dello spettro stesso. Nella tabella 5.2 sono riportati a titolo di esempio i valori dei periodi
base che definiscono lo spettro per le varie categorie di terreno A,B,C,D,E. Nell’esempio
in esame la categoria del suolo considerata è la A. Lo spettro è quello di tipo 1.
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ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
143
Figura 5.22 Dati di calcolo per analisi sismica statica.
Tabella 5.2 Valori dei periodi base per uno spettro di tipo 1, secondo l’Eurocodice 8.
5.6.6
Modalità di combinazione delle azioni sismiche
Per quanto riguarda la fase di estrazione degli autovalori in generale esistono diverse
tecniche utilizzabili. In questa sede non si vuole entrare nel merito dei diversi approcci ma
possiamo menzionare come i due tipici metodi correntemente utilizzati prendono il nome
di “metodo di iterazione nel sottospazio” e “metodo di Lanczos”. Il primo è uno dei primi
metodi sviluppati storicamente ed è certamente il più utilizzato tra i vari software di calcolo agli elementi finiti. Il secondo presenta un’approccio matematico più esteso, utile anche
Bozza 24 gennaio 2008
144
CAPITOLO 5
per risolvere problemi con matrici non simmetriche o a termini complessi, e inoltre garantisce una maggiore rapidità di convergenza.
Nel caso del software ModeSt (3)-Xfinest (4) sono disponibili entrambe le tecniche.
L’utente, attraverso la finestra delle opzioni del solutore (fig. 5.23), può accedere ad opzioni che possiamo definire di secondo livello e decidere quale tecnica utilizzare. È opportuno precisare come queste opzioni di controllo avanzato del calcolo siano accessibili
rapidamente dall’operatore e ben documentati a livello della manualistica a corredo al
software.
Figura 5.23 Opzioni avanzate di controllo del solutore Xfinest (4).
A valle dell’estrazione dei modi di vibrare il software procederà alla combinazione dei
singoli modi. L’Eurocodice 8 propone due tipi di combinazione, quella denominata SRSS
(square root of the sum of the square) in cui la risposta sismica complessiva è calcolata
come la somma dei valori assoluti delle singole risposte modali e la combinazione del tipo
CQC (Complete Quadratic Combination Method) che a differenza del metodo precedente
consente di tener conto del segno delle singole componenti modali. La generica componente uk della risposta sismica è data da una combinazione quadratica delle componenti uk,j
(j=1, N modi) in cui i coefficienti di combinazione fra due modi distinti dipendono dai coefficienti di smorzamento dei due modi e dal rapporto fra le due frequenze. Questo metodo
risulta più preciso del metodo SRSS nel caso di strutture che presentano modi di vibrare
molto vicini tra loro.
Per quanto riguarda invece il numero di modi da estrarre e da considerare in fase di
combinazione, l’Eurocodice 8 prevede due diversi possibili criteri:
– un numero di modi tale da movimentare almeno l’85% delle masse in ogni direzione,
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ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
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– solo i modi di vibrare che partecipano come massa per almeno il 5% in ogni direzione.
Questi vincoli pongono l’utente in una situazione problematica in quanto deve stabilire
delle opzioni prima del calcolo quando queste saranno note solo a valle dello stesso. Per
questo è importante che il solutore, durante la fase di calcolo esegua un controllo su questi
limiti e nel caso in cui essi non siano rispettati procederà ad aumentare la base di autovalori da considerare prolungando la fase di estrazione degli autovalori stessi. Nel caso in cui la
struttura non consente di rispettare tali richieste il solutore dovrà evidenziare un messaggio
di errore e terminare il calcolo. Quanto appena descritto è quanto viene svolto dal solutore
Xfinest (4).
Nel nostro caso, trattandosi di un semplice edificio intelaiato si sono considerati 15
modi di vibrare, lasciando attivo il vincolo della percentuale di massa minima pari all’85%,
come richiesto dall’Eurocodice 8.
Per quanto riguarda la modalità di combinazione delle azioni sismiche nel caso dell’
Eurocodice 8 dovremo considerare o la formula di combinazione quadratica o la regola del
30%. Entrambe le formule sono disponibili in ModeSt (3). I valori massimi della risposta
ottenuti da ciascuna delle due azioni orizzontali applicate separatamente potranno essere
combinati sommando, ai massimi ottenuti per l’azione applicata in una direzione, il 30%
dei massimi ottenuti per l’azione applicata nell’altra direzione. L’aspetto importante consiste non solo nelle particolari formule di combinazione ma nel fatto che l’azione sismica
viene considerata comunque come un azione risultante rispetto a due direzioni.
Figura 5.24 Opzioni per l’accoppiamento dei carichi variabili.
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5.6.7
CAPITOLO 5
Ambienti di carico
Nella scheda successiva (Figura 5.24) si entra nella fase di gestione delle combinazioni di
carico. Nel caso di generazione di combinazioni agli stati limite i software in generale forniscono diversi strumenti logici utili alla generazione ed al controllo delle combinazioni
stesse a partire da quelle base. Nel caso di ModeSt (3) l’utente ha a disposizione due schede, una denominata “Ambienti” l’altra denominata “Combinazioni”.
La scheda relativa agli ambienti di carico rappresenta lo strumento con il quale controllare:
a) rispetto a quali stati limite generare le combinazioni,
b) la gestione degli accoppiamenti tra i carichi variabili definiti.
Volendo rispettare le richieste dell’Eurocodice 1 e 8 verranno generate le seguente tipologie di combinazione:
– combinazione per lo stato limite ultimo sismico considerando con e senza eccentricità,
– combinazione per lo stato limite ultimo statico,
– combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni rare,
– combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni frequenti,
– combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni quasi permanenti.
La gestione dei carichi variabili è essenziale perché da questa dipende in massima parte
il numero finale delle combinazioni di carico. Abbiamo già visto come in fase di definizione dei carichi elementari, per ognuno di questi, è possibile stabilire il tipo di sicurezza e la
variabilità. Oltre a queste informazioni possiamo aggiungerne un’altra e cioè se tra i carichi variabili definiti esiste una sorta di correlazione (accoppiamento).
Ad esempio le condizioni di carico elementari dovute alla neve potrebbero essere definite entrambe come “ambigue”, ossia sia di base sia indipendenti, ma sarà opportuno imporre, nella scheda di gestione degli ambienti, che siano tra loro disaccoppiate. Al contrario se per motivi di convenienza di modellazione un certo carico (ad esempio l’accidentale
di solaio) è stato diviso in due o più condizioni di base diverse occorrerà imporre che le
due condizioni base siano considerate, cioè accoppiate, in quanto concettualmente rappresentano una sola condizione di carico.
Facendo riferimento al nostro esempio avendo generato quattro carichi variabili dello
stesso tipo ed un carico accidentale tipo neve imporremo al programma di considerare i
carichi variabili relativi ai solai come carichi “accoppiati” in fase di generazione delle
combinazioni di carico. Il carico neve è invece considerato “disaccoppiato” rispetto agli
altri carichi variabili.
5.6.8
Combinazioni di carico
A seguito di questa scelte potremo accedere all’ultima scheda per generare le combinazioni
di carico. il numero delle combinazioni totali generate per il nostro esempio è riportato nella figura 5.25.
Si noti la successione nelle diverse tipologie di combinazione nella tabella della figura
5.25. Le prime (dalla 1 alla 8) sono quelle relative allo stato limite ultimo in presenza di
sisma, in cui è stata considerata anche l’eccentricità aggiuntiva gestita dal software tramite
un carico torcente di tipo statico; l’altro gruppo, dalla combinazione numero 9 alla 16, è
relativo allo stato limite di danno (sempre con il torcente aggiuntivo). Seguono poi le combinazioni (dal numero 17 al 18) relative alle verifiche di resistenze per soli carichi statici
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ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
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ed infine le combinazioni per le verifiche in esercizio per situazioni rare (R, numeri 19 e
20), frequenti (Q, numeri 21 e 22) e quasi permanenti (Q, numero 23). Esaminando le colonne, quelle numerate da 1 a 7 rappresentano le condizioni di carichi elementari con i relativi coefficienti. La colonna Mt rappresenta il contributo del carico statico torcente aggiuntivo, infine le colonne SX ed SY rappresentano l’effetto del sisma secondo le direzioni
principali X e Y della struttura.
Questa finestra rappresenta per l’utente un importante momento di controllo prima di
eseguire il calcolo. È chiaro che trattandosi di analisi in regime elastico lineare le modifiche alle combinazioni possono ovviamente essere eseguite anche a valle del calcolo.
Figura 5.25 Combinazione di carico generate dal programma.
5.6.9 Autodiagnostica del solutore
Prima di iniziare il calcolo è opportuno ritornare alla finestra di gestione delle opzioni del
solutore per evidenziare un aspetto di non poco conto. Tra le possibili opzioni che Xfinest
(4) consente di attivare vi sono anche i possibili messaggi di warning che potrebbero nascere a seguito di problemi durante la fase di analisi. Queste opzioni hanno l’obiettivo di
aiutare l’utente in quella procedura che ormai le normative moderne prescrivono come necessaria per la validazione del calcolo strutturale. Attraverso segnalazioni evidenziabili a
video e su file il software aiuta l’utente nell’individuare situazioni critiche di analisi che
per strutture complesse sarebbe moto difficile se non impossibile intercettare o prevedere.
Abbiamo visto come la modellazione di una struttura è un operazione piuttosto complessa perché porta alla realizzazione di un modello composto da numerosi elementi finiti
tra di loro differenti nel comportamento e nella formulazione matematica. Nella fase di soluzione del sistema matriciale possono verificarsi alcune criticità di calcolo che possono
essere evidenziate solo dal solutore tramite opportuni messaggi di warning. Se necessario il
solutore stesso dovrà interrompere l’elaborazione.
Riassumiamo di seguito i principali punti critici nei quali è essenziale il ruolo della
messaggistica da parte del solutore:
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a)
b)
c)
d)
CAPITOLO 5
problemi di labilità,
i gradi di libertà inattivi
problemi di “malcondizionamento” strutturale,
problemi legati ad elementi bidimensionali distorti.
a) I problemi legati alla mancanza di vincoli o all’eccesso di svincolamenti interni sono
sicuramente i più evidenti perché portano all’interruzione del calcolo. In realtà è opportuno
evidenziare come alcuni solutori in presenza di configurazioni labili ma in cui i moti rigidi
rimasti liberi non vengono direttamente attivati dai carichi possono comunque arrivare alla
soluzione. Questa situazione è decisamente pericolosa perché porta l’utente ad interpretare
la conclusione del calcolo come indicatore di correttezza del modello. È chiaro che un primo esame, sempre fondamentale, della deformata toglierebbe ogni dubbio sull’esito del
calcolo ma la situazione richiederebbe un intervento a monte del solutore che in questi casi
non dovrebbe portare a termine il calcolo. Nel caso dei gradi libertà inattivi (già presentati
precedentemente) non bloccati dall’utente, il solutore dovrà segnalare l’anomalia.
b) I gradi di libertà inattivi rappresentano situazioni in cui nella struttura non sono presenti veri e propri movimenti, ma solo spostamento di alcuni nodi. Questo accade ad esempio quando si ha la connessione tra elementi a differente numero di gradi di libertà (connessione tra elemento truss ed elemento beam svincolato). Queste pseudo labilità se non intercettate dall’utente in fase di modellazione e/o in fase di calcolo dal solutore possono portare a
risultati inaccettabili e l’utente deve conoscere come poter procedereper risolverli ma soprattutto conoscere se il solutore interviene in suo aiuto ed in che modo. In generale sarebbe opportuno che durante l’analisi in presenza di tali situazioni il solutore interrompa il calcolo segnalando chiaramente la presenza di un problema-. L’utente potrà decidere di proseguire
nell’analisi ma dovrà comunque intervenire a valle di essa per rivedere il modello.
c) Il problema del “malcondizionamento” strutturale è legato alle situazioni in cui si
hanno strutture che presentano zone in cui la differenza di rigidezza è molto elevata. Il
malcondizionamento della soluzione comporta che le soluzioni trovate possono essere enormemente” sensibili a perturbazioni sui dati iniziali, vale a dire che ModeSt (3) e variazioni dei dati iniziali comportano grande differenze nei risultati, cosa chiaramente non accettabile. Una efficace modalità di ricerca di situazioni di questo tipo è quella relativa al
controllo sui pivot , cioè il valore dei termini posti sulla diagonale principale della matrice
di rigidezza rispetto ai quali vengono eseguite le operazioni di fattorizzazione della matrice
di rigidezza della struttura.
In fase di calcolo il rapporto tra i pivot massimi e minimi viene raffrontato ad un opportuno valore di tolleranza che dipende dalla precisione della macchina. Nel caso tale rapporto sia molto piccolo si possono distinguere i seguenti casi: nel modello ho una rigidezza
molto piccola quindi la soluzione è legata ad una scelta progettuale oppure ho una rigidezza nulla (labilità) che per motivi numerici è ancora un numero molto piccolo. Non è possibile distinguere a priori in quale dei due casi ci si trova, è compito quindi dell’utente capire
se il problema è legato al modello o alla scelta progettuale. Senza voler entrare in dettagli
tecnici, è opportuno che il software in questa situazione evidenzi un messaggio di attenzione che risulti come un “campanello d’allarme” sul modo in cui si è modellata la struttura o
sulle scelte progettuali stesse. Nel caso di Xfinest (4) per esempio vi è un controllo di questo tipo. Se questo rapporto supera il grado di precisione massimo del computer il solutore
genera un messaggio di warning.
d) Uno dei problemi tipici è quello legato alla qualità delle mesh di elementi finiti bidimensionali. In fase di meshatura può capitare che, di fronte a forme molto irregolari,
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ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
149
vengano generate mesh con elementi molto distorti in cui per esempio gli angoli tra i lati di
alcuni elementi finiti della mesh superano i 180° oppure vi sono elementi triangolari molto
allungati. In generale è consigliabile non introdurre elementi con angoli interni superiori a
180° o molto allungati. L’utente può disporre di strumenti di controllo più o meno accurati
già in fase di modellazione oppure individuare in modo manuale i punti critici, perlomeno
nel caso di modelli semplici. In presenza di modelli di grandi dimensioni e con mesh fitte
tale controllo risulta molto difficoltoso. Diviene allora importante, in questo caso, disporre
di adeguati warning da parte del solutore in fase di calcolo.
5.6.10 Analisi dei risultati
Dopo avere eseguito il calcolo e prima di passare alla fase di progettazione e verifica degli
elementi strutturali in calcestruzzo armato, l’utente deve svolgere una serie di indagini numeriche per comprendere il comportamento della struttura modellata.
Le prime verifiche riguardano i controlli relativi alla regolarità strutturale. Il tema della
regolarità è un argomento tipico delle normative moderne. I requisiti di regolarità riguardano la distribuzione della massa e della rigidezza all’interno della struttura muovendosi in
pianta e attraversi i vari piani. Questi controlli servono per prevenire comportamento irregolari nei confronti di azioni orizzontali con il rischio di portare alla crisi elementi strutturali che in condizioni statiche non avrebbero alcun problema.
L’Eurocodice 8 distingue tra regolarità in pianta e regolarità in elevazione.
Nella prima convergono requisiti quali:
– simmetria nella distribuzione delle rigidezza e delle masse per forze orizzontali,
– geometria compatta della struttura lungo i diversi piani,
– rigidezza di piano molto più alta di quella flessionale,
– controllo nel valore della snellezza in pianta,
– confronto tra i valori di “eccentricità strutturale” e “raggio torsionale”.
Nella seconda dovremmo rispettare i seguenti limiti:
– nessuna interruzione lungo l’altezza di pilastrate, setti, ecc.,
– variazione della rigidezza e della massa di tipo costante o graduale,
– presenza di arretramenti nelle forma della struttura che rispettino le limitazioni imposte.
Molti di questi requisiti possono essere verificati attraverso semplici considerazioni geometriche e di forma della struttura.
Allo scopo di dare qualche prima indicazione su queste tematiche per quanto riguarda
la simmetria in termini di rigidezza laterale e di massa molto utile è l’analisi dei primi modi di vibrare. In presenza di una struttura regolare ci aspettiamo che i primi due modi siano
flessionali. Nel nostro caso la cosa è confermata dalla rappresentazione grafica delle deformate modali dei primi due modi di vibrare (fig. 5.26) e dalla figura 5.27 che riassume i
valori numerici delle percentuali di massa coinvolte nei singoli modi. Per i primi due modi
la massa coinvolta è nettamente di tipo flessionale.
Per quanto riguarda invece la distribuzione delle masse in elevazione ModeSt (3) fornisce un comando che descrive numericamente la variazione di masse attraverso i piani. La
figura 5.28 mostra il dettaglio numerico.
Una volta identificato il livello di regolarità strutturale l’utente potrà procedere alla fase
di analisi. In questa fase gli strumenti a disposizione saranno sia di tipo numerico (tipicamente tabelle) sia grafico (mappe di colore ecc).
A titolo di esempio e per concludere la descrizione di questo esempio, si riportano alcuni risultati utili alla comprensione del comportamento strutturale.
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CAPITOLO 5
Figura 5.26 Deformata per il primo modo di vibrare.
Figura 5.27 Tabella con i valori delle percentuali di massa per singolo modo di vibrare.
È opportuno considerare come ognuno dei risultati sarò in generale relativo a una sola
delle combinazioni di carico definite. Questo per facilitare la comprensione dei risultati. È
chiaro che in fase di progettazione delle armature e quindi di verifica, il programma procederà a considerare tutte le combinazioni definite, cioè l’inviluppo.
Un primo risultato importante sarà l’analisi della configurazione deformata in presenza
di carichi verticali più il sisma e in presenza dei soli carichi verticali.
La deformata per la combinazione di carico 1 relativa ad un telaio trasversale è riportata nella figura 5.29.
La deformata, che è sdoppiata in quanto il sisma viene considerato con doppio segno e
relativa al sisma in direzione X, mostra chiaramente il comportamento a telaio con i pilastri
doppiamente incastrati alle estremità.
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ELABORAZIONE ELETTRONICA NEL CALCOLO DELLE STRUTTURE IN C.A.
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Figura 5.28 Variazione in % della massa lungo l’altezza.
Figura 5.29 Deformata per la combinazione di carico 1.
Altro interessante risultato è quello relativo all’andamento delle pressioni sul terreno. Il
diagramma riportato nella figura 5.30 è quello relativo alla combinazione di carico numero
20, relativa al caso dei carichi per combinazione rara.
Infine si riporta un altro interessante diagramma relativo ad una delle travi in elevazione. Per esempio nella figura 5.31 è riportato il diagramma per l’asta 206 (asta 6 del secondo impalcato) per la combinazione allo stato limite ultimo 4, relativa alla somma dei carichi statici e del carico sismico agente in direzione Y più il 30% di quello agente in direzione X. Come è possibile verificare dalle figure 5.32 e 5.33 l’asta appartiene a un telaio interno posto in direzione Y globale. Lungo l’asta sono riportati valori minimi agli estremi ed
il valore massimo in campata. Si noti come il programma visualizza i valori di momento
separando la parte derivante dai carichi statici da quella derivante dai carichi sismici. Questa modalità di output non è l’unica disponibile ma è utile perché consente un’utile valutazione dell’incremento di sollecitazione per effetto del sisma.
Quanto spiegato in questo capitolo ha solo lo scopo di riassumere alcune tipiche operazioni che vengono di solito svolte dagli utenti che desiderano impostare un calcolo strutturale secondo le indicazioni di normative agli stati limite.
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CAPITOLO 5
Figura 5.30 Diagramma delle pressioni sul terreno.
Figura 5.31 Diagramma dei momenti per la trave 206.
È opportuno precisare che a valle dell’analisi si apre la fase importante e delicata relativa alla verifica degli elementi strutturali. Questa fase presuppone da un lato il recupero
delle azioni derivanti dal calcolo dall’altra l’introduzione di nuovi parametri legati alle caratteristiche delle armature (ferri longitudinali, staffe ecc) che il progettista ritiene di considerare. Un’ulteriore complicazione per l’utente sarebbe poi quella legata alla necessità,
nel caso di progettazione ad alta duttilità, di modificare le azioni derivanti dal calcolo.
Questo approccio consentirebbe di seguire il cosiddetto principio di “gerarchia delle resistenze” ma impone operazioni molto complesse ad oggi difficili dall’essere risolte in modo
esaustivo anche da software automatici di calcolo.
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Figura 5.32 Posizione del telaio rispetto alla struttura (evidenziato in colore rosso).
Figura 5.33 Vista piana del telaio contenente la trave numero 206.
5.7 Note sull’installazione ed uso della versione Free
del software Modest
La versione Modest Free inclusa nel testo rappresenta una versione limitata ma perfettamente funzionante del software per la progettazione strutturale Modest, che fa uso del solutore Xfinest. Questa versione è completamente gratuita ed è rilasciata allo scopo di dimostrare le potenzialità del programma e permetterne l'utilizzo per il calcolo e la progettazione di piccole strutture. Le limitazioni di questa versione sono:
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CAPITOLO 5
– massimo 100 nodi;
– progetto armatura muri e solai disabilitato;
– progetto e verifica elementi in acciaio e legno disabilitati.
Tutte le altre funzionalità sono identiche a quelle della versione commercializzata.
Per l’installazione di ModeSt Free occorre cliccare sul link “installazione Modest Free”
presente sul menù principale del CD seguendo le indicazioni a video. La licenza d’uso gratuita di ModeSt Free viene concessa da Tecnisoft ad avvenuta registrazione del prodotto.
Tale richiesta può essere svolta collegandosi al sito www.tecnisoft.it. In seguito alla
richiesta di registrazione verrà inviata per e-mail la conferma contenente il codice di registrazione che rimarrà valido anche per le future versioni del programma.
Una volta installato il programma sarà possibile caricare il progetto e la struttura descritti in questo capitolo seguendo le seguenti indicazioni:
– dal menù file del programma selezionare il comando Apri Progetto
– selezionare il progetto denominato TELAIO e premere pulsante aprile
L’apertura del progetto caricherà automaticamente la struttura denominata TELAIO_1.
L’utente dovrà solo attivare una finestra di modellazione (per i dettagli dei comandi Modest si veda il tutorial della versione Free).
5.8 Ringraziamenti
Si ringrazia l’ing. Luca Ferrari e l’ing. Paolo Odorizzi della società Harpaceas, l’ing. Paolo
Papi e l’ing. Bernardo Daddi della Società Tecnisoft per avere messo a disposizione il software ModeSt, l’ing. Bruno Becci e l’ing. Pierangelo Felotti della Società Ce.A.S. per aver
messo a disposizione il software Xfinest.
5.9 Bibliografia
1. Ghersi, A. Perretti, P.Sattamino, A. Brenna, La validazione del calcolo strutturale eseguito con il computer, Maggioli, 2006.
2. K.J. Bathe, Finite Element Procedures in Engineering Analysis, Prentice-Hall, 1982.
3. Guida in linea, ModeSt, Tecnisoft, versione 7.10, ottobre 2006.
4. Manuale Utente, Xfinest, Ce.A.S, novembre 2005.
5. Eurocodice 8, Design of structures for earthquake resistance – Part 1: General rules,
seismic actions and rules for buildings.
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