n.222-GL-2007.06.25-Sp.G8 -DEF - BB.pub
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Anno 6 - n° 222 W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M 25 giugno 2007 G iustizia e L ibertà Periodico Politico Indipendente Distribuzione telematica Copia gratuita Sp. IL G8 di GENOVA Genova 2001 e la storia italiana di BLICERO di Marco Immarisio (a pagina 6, 7) Ipotesi di reato .. di Marco Preve e Massimo Calandri (a pagina 8, 9) Istigò l’ex-questore ... di Marco Immarisio (a pagina 9, 10) Un poliziotto di razza ... di Giovanni Biancone (a pagina 10, 11) … il poliziotto “buono” mette... (a pagina 12, 13) “Alla Diaz fu una nottata… di Carlo Bonini (a pagina 13, 14) … sembrava una macelleria da La Repubblica (a pagina 14, 15) UIPS fiducia ... di Francesco Polese (a pagina 15) Sui fatti di Genova da WEB (a pagina 16 - 18) ...super perizia su 6 pistole da La Repubblica (a pagina 18 - 19) La perizia dei Giuliani da www.rainews24.rai.it (a pagina 19, 20) G8 “soffiate”, polverone … di A. Boschi e A. Mantovani (a pagina 32 - 33) Testo integrale intervista di Placanica da www.carta.org di Luigi Barbato (a pagina 2 - 5) Ho urlato ... di Marco Immarisio Sul G8 di Genova del 2001 (a pagina 21 - 24) Finalmente ! La verità su Genova 2001 (a pagina 25, 26) Non sono bastati i dubbi (che poi erano certezze), le incongruenza, gli assurdi testimoniati da giornalisti di tutte le maggiori testate mondiale su quanto era tristemente avvenuto a Genova in quei giorni di maggio del 2001. Ne è stata sufficiente la misteriosa comparsa-scomparsa dei “black Block” che, nonostante la stretta “cintura sanitaria” istituita molt per tempo con PS, Carabinieri, GdF etc. intorno a Genova, sono riusciti ad entrare in città ed a trasformare la manifestazione di protesta dei “no global” in un bagno di sangue. “Black block”, come testimoniano le diecine di riprese cinematografiche e televisive, private, fatte durante quella sarabanda che si è svolta nelle strade del capoluogo ligure, comparivano e scomparivano nei posti più diversi, come fantasmi. E poi, come se non bastasse: la morte del giovane Carlo Giuliani, ad opera del presunto assassino: “l’agente di polizia Mario Placanica”, causata da un colpo di pistola che sarebbe stato esploso da costui “mentre, nel Defender, si è visto assalito dal Giuliani armato di un estintore”. Per non parlare di quella vera e propria “bufala” rappresentato dalle varie “perizie” predisposte ad arte per dimostrare che era stato proprio il colpo sparato (??) dal Placanica ad aver ucciso Carlo Giuliani. (Proiettile che -a sentire le perizie- avrebbe avuto una traiettoria che può solo paragonarsi al “terzo” proiettile sparato dal Manlicher-Carcano a Dallas per uccidere JF Kennedy.) E sono anche da ricordare quegli autentici scempi compiuti nella caserma di Bolzaneto, trasformata per l’occasione in una via di mezzo tra una camera di tortura della cosiddetta “Santa Inquisizione” e la “camera degli interrogatori” delle SS di via Tasso a Roma. Tutto il resto è stato compiuto dalla “disinformatjia” medianica in auge, su 5 reti televisive su 6, durante il quinquennio berlusconiano. Si è dovuto attendere la caduta della Cdl, la vittoria dell’Ulivo, un governo di CentroSinistra perché la testimonianza del vice questore Michelangelo Fournier assurgesse agli onori della cronaca con il rilievo che meritava, fosse debitamente ripresa dai maggiori organi della stampa internazionale, e venisse a galla la relazione sulla “macelleria messicana” -agli atti gia dal novembre 2002- e “dimenticata” da tutti, per ben 5 anni e 4 mesi. A questo punto cosa si può dire della moralità, del senso dello Stato del Presidente del Consiglio dell’epoca, del suo vicepresidente (Fini) che tanti testimoni vorrebbero fosse presente a Genova, e -non dimentichiamolo- del GuardaSigilli dell’epoca. ♦ MARAMOTTI, da L’Unità, - 2007.06.22 2 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Genova 2001 e la storia italiana di Blicero (www.informationguerrilla.org) I fatti del G8 di Genova entrano di diritto nelle tormentate storia e identità culturale italiane. In questi giorni di Mio Fratello è Figlio Unico e di interventi di giornalisti americani che cercano di spiegare ai loro figli nati in Italia le matrici culturali del Bel Paese (v. ultimi numeri di Internazionale), c'è un evento forse unico nella nostra storia recente che ha le caratteristiche per costituire un ulteriore capitolo nella formazione della memoria importante per tutti colocollettiva del popolino ro che lo hanno vissuto italico. direttamente o indirettamente e per la storia non Ciò che accadde il 20 e 21 solo del paese, ma anche luglio 2001 a Genova in- e soprattutto dei conflitti fatti è un muro contro politici a livello internail quale si infrange l'iden- zionale, sta andando intità di ognuno di noi: di- contro a una sconfitta fendere i manifestanti, sempre più netta. accusare la polizia, difendere lo Stato, accusare i E' pure vero che per ora teppisti, disegnare com- sui manuali di storia delle plotti da un lato o dall'al- superiori troviamo pagine e pagine per giustificare tro. l'11 settembre e le guerre Fortunatamente il tentati- che ne sono state l'inevivo disperato da parte di tabile reazione (o origine, media e istituzioni forse siamo noi che non culturali e politiche del abbiamo capito nulla!), paese di far calare il sipa- mentre non troviamo nerio su un evento così anche un paragrafo sul G8 di Genova. Ma la memoria delle persone è diventata più viva negli ultimi anni, anche grazie al lavoro di molti gruppi, collettivi e individualità che non si sono stancate di seguire ciò che è rimasto di quegli eventi: i processi. Seguire i processi di Genova non è un hobby molto raffinato, anzi è qualcosa che ti costringe a ingoiare quintali di bile mesi un nuovo G8 verrà ospitato nell'isola della Maddalena, nascosto da tutto e da tutti, all'interno di una base militare (e magari con qualche avanzo di armamento giusto per stare tranquilli). e di delusioni, di ghigni dietro le spalle di avvocati difensori che credono di aver capito tutto della vita e di chi sono i vincenti (loro) e chi i perdenti (noi), di tribunali che si compiacciono alla sola visione di un dirigente delle forze dell'ordine e che ti costringono ai salti mortali per dimostrare loro anche le cose più banali. Non è molto divertente, ma per alcuni è un'attivit à necessaria per evitare che la memoria collettiva perda pezzi, subendo l a violenza della spugna aggressiva e arrogante di chi esercita il potere e la forza in maniera esclusiva nella “democrazia italiana”. Sono passati ormai sette anni dai giorni di Genova, e tra ventiquattro Intanto i processi vanno avanti: decine di processi civili per arresti illegali, pestaggi gratuiti, presunte resistenze che si rivelano semplici giustificazioni per una manganellata inutile e violenta. Ma anche cinque importantissimi processi penali, molti dei quali vedranno la loro conclusione nell'arco del 2008. Proviamo a fare il punto della situazione su questi ultimi. Da un lato abbiamo due processi contro i manifestanti. Il primo processo è indi(Continua a pagina 3) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 3 Genova 2001 e la storia italiana (Continua da pagina 2) ziario definito Processo al Sud Ribelle”, con sede Cosenza, unica città nella quale i carabinieri dopo aver girato per mezza Italia hanno trovato un pm compiacente. Il processo, che coinvolge anche nomi famosi e meno famosi del movimento, è un autentico delirio privo di alcuna ancora a fatti reali: le persone sono processate per mail e comunicazioni che delineerebbero presunti piani eversivi, ma senza che questi possano essere collegati a un qualsiasi evento concreto e reale. Il processo va avanti da anni e continua nel silenzio e nel ridicolo generale. La speranza è che presto finisca per scoppiare come la bolla di sapone che ne potrebbe essere il simbolo. Il secondo processo contro i manifestanti è quello che vede 25 persone (di ogni area politica) imputate di “devastazione e saccheggio”, un reato risalente all'immediato dopoguerra e che, rimasto impigliato nelle briglie senza tempo del codice penale sempre più da rifare, è diventato la punizione esemplare perfetta da pensare per chi si macchia di reati politici. Non è un caso che dopo Genova i principali eventi politici sfociati in scontri di piazza abbiano trovato pubblici ministeri che hanno provato con decisione a usare un reato così grave. Chiunque disponga di un minimo senso di osservazione si chiede come mai contemporaneamente pm di Torino, Genova, Milano, Roma decidono di rievocare un reato di cui nessuno sentiva parlare da decenni. A pensar male si fa peccato, ma raramente si sbaglia, no ? In Italia purtroppo esistono già 18 persone condannate per l'articolo 419 c.p.: manifestanti presenti al presidio che l'11 marzo 2006 a Milano si è trasformato in mezz'oretta di scontri con la polizia, e che sono stati condannati estendendo il concetto di concorso morale a quello di concorso per presenza. Non è un caso che Canepa e Canciani (i pm genovesi titolari del processo ai 25 per i fatti del G8) abbiano giocato tutto sul concetto di compartecipazione psichica agli eventi per condannare i manifestanti imputati dei disordini durante le giornate del G8. Della serie: unisci i puntini. te a Genova quel giorno. Se il processo si concluderà con una condanna, finalmente lo Stato attraverso un tribunale avrà sancito che opporsi alle forme conclamate di potere transnazionale è un reato che va duramente represso e schiacciato. A Genova rischiamo di vedere reiterare una condanna che non ha nulla di giuridico ma molto di politico: venerdì 22 giugno 2007 andrà in scena l'ultima testimonianza del processo ai 25, e dopo le arringhe, in autunno, assisteremo alla sentenza, che potrebbe significare una pena dagli 8 a 15 anni per tutti gli imputati. Su quel banco potrebbe esserci chiunque di noi, una qualsiasi delle persone che si sono trova- Eravamo in 300 mila in quei giorni a pensarlo: dovremmo essere altrettanti adesso a chiedere di assolvere i venticinque o di condannarci tutti. Ovviamente nel mondo delle telenovelas politiche, dei Mastella e delle pantomime sulle intercettazioni, dei “Berlusconi uber alles”, assistiamo anche al tragicomico corso di processi che cercano di sancire con una sentenza quello che la storia già conosce: le responsabilità delle forze dell'ordine nella repressione selvaggia del 20 e (Continua a pagina 4) 4 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Genova 2001 e la storia italiana molti lettori), e di aver falsificato il verbale di arresto accusandoli di resistenza aggravata. La sentenza di questo processo sembra essere scritta, ma nella vita italiana non si sa mai: non è certo l'ultimo mistero buffo ad essere stato trasferito nel cestino della Le prime vittime del pro- storia senza alcuna verità. prio hubris militare sono i sei agenti della DIGOS Il secondo grande proimplicati nel cosiddetto cesso nei confronti delle processo Perugini (dal forze dell'ordine è quello nome dell'allora vice ca- per le torture di Bolzanepo della DIGOS e più to, la caserma nella quale illustre imputato, nonché più di 300 persone furono protagonista dell'evento portate per essere identicentrale per cui gli impu- ficate subendo vessaziotati sono a processo): Del ni, minacce e botte per tre G i a c c o , R a s c h e l l à , giorni filati. Perugini, Mantovani, Pin- 47 persone tra medici, zone, De Rosa sono accu- agenti della penitenziaria, sati di lesioni, falso carabinieri e poliideologico e calunnia. De ziotti sono imputati Rosa ha scelto il rito ab- per abuso d'ufficio e (solo breviato ed è già stato l e s i o n i condannato a un anno e in alcuni casi). otto mesi di reclusione, Il processo ha visto sospesi per la condiziona- snocciolare impress i o n a n t i le. testimonianze che Gli altri attendono l'esito hanno fatto rimpiandel processo che li accusa gere l'inesistenza di aver pestato a sangue del reato di tortura freddo una decina di ra- (ma quello di devagazzini (tra cui MM, 16 stazione e saccheganni, il cui viso con lo gio esiste, e non si zigomo fuori posto di vede all'orizzonte la qualche centimetro è si- possibilità di vedercuramente nella mente di lo eliminato dal no(Continua da pagina 3) 21 luglio 2001, la tradizione della polizia e dei carabinieri in Italia a nascondere e falsificare prove, ad autoassolversi, a pensare sempre di poter evitare di essere giudicati come tutti gli altri in un aula di tribunale. stro codice pena- In effetti verranno le...). ritrovate due bottiglie molotov (oltre a molto L'ultimo grande materiale di un cantiere processo che vede che era presente nella imputati metà degli scuola e che verrà addeattuali v e r t i c i bitato alle persone arredella Polizia Italiana state), che però si scoprie un discreto nume- ranno essere state poste ro di dirigenti del all'interno della scuola VII N u c l e o dagli stessi dirigenti della del Reparto Mobile polizia: un video di Pridi Roma, è quello mo Canale immortala inper il pestaggio san- fatti Gratteri, Luperi e guinario e l'arresto molti altri dirigenti con in di 93 persone che mano un sacchetto azzurdormivano nella ro contenente le bottiglie scuola Diaz a Geno- molotov all'esterno della va, di fronte al mediacen- scuola. ter di Indymedia e GSF. La testimonianza del vice La notte del 21 luglio 20- questore aggiunto Pa01, il VII Nucleo capeg- squale Guaglione, che ha giato da Vincenzo Canteri- ritrovato quelle stesse bot ni e Michelangelo Fournier tiglie sul lungomare nel guida l'irruzione nella pomeriggio non lascia scuola Diaz, decisa in dubbio a pm e sani di Questura dai vertici della mente in tutta la penisola: polizia e dagli esperti del- la polizia aveva bisogno la DIGOS genovese d i un'operazione (Mortola, n'est pas ?): la che bilanciasse le figuracpolizia afferma di aver ce rimediate nei due giordovuto fronteggiare una ni, e piena di rabbia e pesantissima resistenza, di voglia di vendetta si è di cui non c ' è scagliata in una scuola traccia nei filmati a di- menando gente a caso e sposizione e che cozza quasi ammazzando quatcon la molta gente aggre- tro persone. dita nei propri sacchi a Il tutto convinti della gepelo, e di essere interve- nerale impunità che la nuta per la certezza di v i o l e n z a d i s t a t o trovare pericolosissime (esplicita o fatta realizzaarmi all'interno della re da terzi come nel caso (Continua a pagina 5) scuola. 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 5 Genova 2001 e la storia italiana questi nodi che cercano in un aula di tridelle bande neofasciste di bunale di acquisire eletanta parte degli anni set- menti che possano corrotanta) ha sempre goduto. borare i libri di storia con (Continua da pagina 4) Il processo continua e le tesi sopra esposte non sono più una supposizione di un partigiano come me, ma verità che tutti, dalle vittime fino all'ex vice capo della polizia Andreassi e allo stesso Fournier (che hanno confermato la natura "compensatrice" dell'operazione e l'uso spropositato e gratuito della forza da parte delle forze dell'ordine), sono venuti a raccontare in aula per il raccapriccio della corte e di chi le ha volute ascoltare e leggere. Tutti questi processi, tutti il suggello dell'ufficialità istituzionale, potrebbero vedere la loro fatidica sorte nel corso del 2008. E se è vero che la nostra memoria è il migliore libro di storia, uno che si può tramandare attraverso le parole, le sensazioni e le certezze di chi ha vissuto quei giorni, è altrettanto vero che Genova non sarà un capitolo di storia fino a quando que- ste vicende non vedranno una conclusione. Rimarrà un pezzo della nostra vita che alimenta quello che facciamo e costruiamo tutti i giorni, nel timore che prima o poi venga gettato nell'oblio da chi cerca di convincerci che resistere e lottare non è un'opzione percorribile. Genova è tutti i giorni, Genova è di tutti noi, Genova non è finita, Genova è la verità sotto la pelle dello Stato. Blicero www.informationguerrilla.org 6 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Haidi Giuliani e gli incappucciati «Ho urlato: fermatevi. Volevano distruggere» Non la riconoscono, non sanno chi è, e quelli che lo sanno le fanno del male urlandole in faccia che deve scansarsi: «Levati stronza» di Marco Imarisio (Corriere della Sera, 10 giugno 2007) «E levati, stronza». Il ragazzino con il cappuccio non le lascia neppure il tempo di farlo. Prende la rincorsa e le salta davanti per lanciare una bottiglia che si infrange sugli scudi della polizia. Non la riconoscono, non sanno chi è, e quelli che lo sanno le fanno un male cane urlandole in faccia che deve scansarsi, «sono 'sti bastardi che hanno ammazzato tuo figlio», come se lei fosse una traditrice, ora che si è piazzata sulla traiettoria dei sassi, dei bastoni, dei cocci di bottiglia per dire loro di fermarsi. Quella donna piccola, minuta, vestita con una camicetta e sandali neri, che ha provato a mettersi in mezzo a questo delirio di un'ora che ha sporcato una giornata di tranquillo dissenso, si chiama Haidi Giuliani. Volava di tutto, i passanti si rifugiavano sotto ai tavolini dei bar della vie che portano a Campo de' Fiori, si attaccavano ai muri per levarsi dalla traiettoria dei lanci. Ci voleva del fegato per mettersi in mezzo, tentare qualcosa che non fosse mettersi le mani sulla testa e scappare. Haidi è avanzata con le mani alzate, quasi si stesse consegnando a quel furore senza senso. «Fermatevi, per favore, fermatevi». Scansati, vattene. Non è servito a nulla. Ma qualcuno che aveva presente la situazione in realtà c'era. Andava dai più esagitati e li eccitava ancora di più». Li chiama infiltrati, «ma ai miei tempi si diceva provocatori». Chissà cosa penseranno, quei ragazzi, nel sentire la madre di Carlo che loda la polizia. «Non ha caricato, ed era difficile non farlo. Devo dire che il prefetto Serra è stato di parola. Si sono evitati ulteriori danni». E adesso che tutti sono andati via e di questa giornata sembra che restino soltanto i cocci delle fioriere intorno a piazza Navona, l'amarezza di Haidi diventa un sussurro. «Lo so che scriverete soltanto di questo. Come al solito. Quelli volevano diI suoi amici l'hanno struggere una splenpresa di peso per por- dida giornata. E ci tarla dietro al cordone sono riusciti». di polizia, temevano Si doveva parlare d'alche si facesse male. «Non capivano nien- tro, con la senatrice te, neppure quello che Haidi. gli dicevo. Non vole(Continua a pagina 7) vano sentire ragioni. G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Giustizia e Libertà 7 «Ho urlato: fermatevi. Volevano distruggere» (Continua da pagina 6) Dei giovani che indossano la maglietta con la foto del cartello di piazza Alimonda cancellato dalla scritta «Carlo Giuliani, ragazzo». Della sua consapevolezza che quegli abbracci da persone mai viste sono un segno di deferenza, lei è la mamma di Carlo, e dell'effetto che le fa. «Non sono io, è mio figlio che dice ancora qualcosa. Io mi limito a girare l'Italia per tenerne vivo il ricordo». Intorno a lei, nell'interminabile attesa della partenza del corteo, era come se ci fosse una bolla. Dal carro dei Giovani comunisti lanciavano gavettoni a quelli sotto, ma facendo ben attenzione a non centrarla. Un'icona, contro sua volontà. Movimento, che ormai cammina sempre più in ordine sparso, ognuno per sé, al punto che il termine viene usato ormai soltanto dai media. «In qualche modo a Genova, nel 2001, è finito qualcosa. Un percorso comune, la costruzione di qualcosa che tenesse insieme realtà tanto diverse. Anche per questo sono qui e dopo andrò all'altra manifestazione. Trovo sbagliato che ci si disperda». la Perché Haidi nel quadretto della madre addolorata che le viene periodicamente costruito addosso non vuole starci, sente che si tratta comunque di un'intromissione indebita. «Il dolore è mio, ed è una cosa privata. Nessuno mi ha mai visto piangere in pubblico». In questo lento pomeriggio, Haidi Giuliani raccontava del suo stupore, della voglia di rimozione che ogni tanto entra in circolo e rende questo Paese così particolare. «Perché in Italia non si parla dei processi sui fatti del G8? Non capisco, davvero. I giornali inglesi e tedeschi ne par lano. Noi, Si doveva parlare del muti». Era stato un colloquio a tappe forzate, interrotto a ripreso più volte. C'era da fare spazio alle persone che vogliono salutarla, le propongono di partecipare a manifestazioni, raduni, iniziative, da Viterbo a Prato, da Venezia a Forlì. Haidi scherzava sulla sua nuova vita. «Sono una senatrice precaria». filo di apprensione. «Le parti si sono invertite, è lei che si preoccupa per me». Di questo, e di altro ancora, si doveva parlare, durante una camminata resa pesante solo dal caldo. Poi il corteo è arrivato in corso Vittorio. I ragazzi che stavano dietro lo striscione che precedeva il suo hanno tirato cappucci e passamontagna fuori dallo zaino. Haidi ha provato a fermarli. Si è trovata dentro scene che le hanno inevitabilmente ricordato altro, per questo alla fine della giornata era ancora scossa. «Mi ha colpito questa rabbia cieca. Volevano solo distruggere. Un gruppo di ragazzi male informati, che non sapevano nulla. Hanno rovinato tutto. E adesso le uniche immagini che si vedranno sono quelle degli scontri, il resto non conta». E confessava che non le piace, l'Italia che vede sui banchi del Senato. «Io ho sempre avuto grande rispetto per le istituzioni. Ma le istituzioni lo mettono a dura prova. Noto uno scollamento totale tra politica e socie- Detto con molta rassegnazione, perché Haidi tà». lo sa bene, è così che Ogni venti minuti, Hai- va. E un altro mondo di rispondeva alle tele- non è ancora possibile. fonate della figlia, che voleva sapere come ♦ stava andando, con un 8 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Il capo della Polizia iscritto dopo una testimonianza dell'ex questore Colucci L'ipotesi di reato è quella di istigazione alla falsa testimonianza Gianni De Gennaro indagato nell'inchiesta sul G8 di Genova - Il capo della Polizia avrebbe suggerito una sua versione dei fatti della Diaz Un piano preparato a tavolino per scagionare alcuni dirigenti di Marco Preve e Massimo Calandri (La Repubblica, 14.06.2007) GENOVA Induzione e istigazione alla falsa testimonianza. La recente iscrizione nel registro degli indagati del prefetto Gianni De Gennaro sarebbe legata ad un'indagine aperta nel corso del processo per lo sciagurato blitz nella scuola Diaz, durante il G8 di Genova. Un'indagine tesa a dimostrare che i vertici della Polizia di Stato si sarebbero messi d'accordo per raccontare in tribunale un'altra "verità", molto più comoda, sulla sanguinaria irruzione del 21 luglio 2001. Un piano a tavolino per scagionare alcuni e scaricare le colpe sui rimanenti. Le accuse della locale Procura a De Gennaro sono conseguenza del fascicolo per la "falsa testimonianza" di Francesco Colucci, che sei anni fa era questore nel capoluogo ligure. Lo scorso 3 maggio Colucci era stato interrogato in aula, e di fronte alle domande dei pm era caduto in un'imbarazzante serie di contraddizioni, "non ri cordo" e silenzi. Cambiando versione rispetto a quanto dichiarato subito dopo il G8 aveva indirettamente alleggerito la posizione del prefetto, che da Roma sembrava non aver avuto alcun ruolo nell'operazione. Alcuni giorni più tardi il questore ha ricevuto un avviso di garanzia per le presunte bugie raccontate. Bugie che gli sarebbero state suggerite dallo stesso De Gennaro. Il mese passato i pubblici ministeri avevano in programma di ascoltare anche il capo della polizia sul blitz alla Diaz, ma all'improvvi- so l'appuntamento in tribunale era saltato. Con il senno di poi, è facile ritenere che non abbiano voluto convocare in pubblico il prefetto perché sarebbero stato costretti a rivelargli che era ufficialmente indagato in un altro procedimento. L'avviso di garanzia gli è comunque arrivato l'undici giugno- perché gli inquirenti hanno deciso di sentirlo nei loro uffici, assistito da un avvocato: De Gennaro ha chiesto e ottenuto di differire l'incontro a data ancora da destinarsi. Tutto ruoterebbe intorno alla presenza alla scuola Diaz, quella notte da dimenticare, dell'uomo che allora era l'addetto stampa del capo della polizia: Roberto Sgalla. Interrogato dai pm Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca, nell'ottobre del 2001 Francesco Colucci raccontò che subito dopo aver deciso la perquisizione dell'istituto -e prima ancora di farvi irruzione- ricevette una telefonata da De Gennaro, che durante il vertice non si era mosso da Roma: "Mi disse di avvertire Sgalla". Era mezzanotte, l'addetto stampa a sua volta chiamò giornali e televisioni: c'era aria di arresti, di riscatto. Dopo due giorni di guerriglia urbana le forze dell'ordine volevano dimostrare di avere ripreso in pugno la situazione. E il prefetto coordinava l'operazione. Interrogato nel dicembre 2002 dalla Procura di Genova, De Gennaro smentisce la versione del questore: "Prendo atto che il dottor Colucci ha riferito che (Continua a pagina 9) G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Giustizia e Libertà 9 L'ipotesi di reato è quella di istigazione alla falsa testimonianza avrei dato disposizioni di avvisare il dottor Sgalla. Credo che ricordi male. Ricordo bene invece che raccomandai il giorno dopo misura, prudenza e sobrietà nel dare notizia sull'evento". Sei anni più tardi, nel corso del processo che vede imputati 25 tra agenti e superpoliziotti, Colucci ci ripensa: "Fui io a chiamare Sgalla: lo giuro davanti a Dio e allo Stato italiano". Scatta l'iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonianza. Poco dopo l'apertura del nuovo fascicolo, ecco il secondo indagato: Gianni De Gennaro, accusato di aver istigato e indotto un suo su- balterno a raccontare l'"altra" verità sulla Diaz. Marco Preve e Massimo Calandri La Repubblica 14.06.2007 I pm su De Gennaro "Istigò l'ex questore a dire il falso sulla Diaz" «Lo avrebbe convinto a ritrattare». La difesa: non ci sono stati reati Marco Imarisio Corriere della Sera, 21 giugno 2007 Dal nostro inviato GENOVA L'accusa è infamante, soprattutto per un uomo che di mestiere fa il capo della polizia. Aver tentato di manipolare un testimone che deponeva al processo che vede imputati per falso alcuni dei suoi uomini di fiducia. Lo scorso 11 giugno Gi anni De Gennaro ha ricevuto un avviso di garanzia dalla procura di Genova nel quale gli viene contestato il reato di istigazione a rendere falsa testimonianza. In dettaglio: condotte alla scuola Diaz e in particolare ai contatti fra loro avuti e alle informazioni e richieste reciprocamente passate e formulate allorquando Colucci rivestiva la carica di questore di Genova». I magistrati mettono anche in risalto il ruolo pubblico e di potere del prefetto De Gennaro, e lo considerano ovviamente come una responsabilità in più: «Fatto aggravato per aver determinato a commettere il reato persona a lui sottoposta, e con abuso della funzione pubblica da lui esercitata quale direttore generale del Dipartimento di pubblica sicurezza ». L'avviso di garanzia conteneva anche la convocazione per l'interrogatorio. Doveva essere il 16 giugno. De Gennaro non si è presentato. «Per aver determinato Colucci Francesco mediante istigazione, o comunque induzione, a deporre durante l'esame testimoniale reso il 3 maggio circostanze non corrispondenti al vero, anche ritrattando sue precedenti dichiarazioni in relazione ai fatti vertenti sulla fase di preparazione, svolgimen- La notte della to e conclusione delle scuola Diaz operazioni di polizia Come una maledizione, per il capo della Polizia e i suoi uomini. Un avviso di garanzia che dopo tanta tensione sotterranea segna in modo definitivo il conflitto con la procura ligure, convinta che in questi anni (sei, da quel 21 luglio 2001) da De Gennaro, via questura di Genova, sia arrivato solo una forma sorda di ostruzionismo, fino a questo atto finale, che lascia intravedere la convinzione che le difese degli imputati siano state gestite da un'unica regia. Urge riassunto: Francesco Colucci è l'ex questore di Genova ai tempi del G8. Lo scorso 3 maggio si presenta in aula, chiamato a deporre dall'accusa. A sorpresa, contraddice e ribalta molte delle dichiarazioni rese in istruttoria. Tanti «non ricordo», «la mia affermazione di allora forse è stata superficiale», ma quello è il meno. A insospettire i magi- strati, sono le circostanze che Colucci mostra di ricordare. Nella sua ricostruzione di quella notte disgraziata, i dettagli inediti riguardano le sue comunicazioni con il vertice della polizia, oltre a una nuova definizione della catena di comando che gestì l'irruzione nella scuola dei no global, che «esclude» alcuni imputati cari a De Gennaro e tira in ballo altri nomi, segnatamente quello di Lorenzo Murgolo, vicequestore di Bologna che al G8 fungeva da vice di Ansoino Andreassi, il «superpoliziotto», all'epoca fu questa la definizione, che gestì la preparazione al G8 genovese. È certo che dopo la deposizione di Colucci, i magistrati rinunciano all'audizione del teste successivo: Gianni De Gennaro. L'avvocato Franco Coppi, suo difensore, indica qual è a suo avviso l'unica discrepanza: (Continua a pagina 10) 10 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 "Istigò l'ex questore a dire il falso sulla Diaz" «Da un primo esame delle carte, l'unica contraddizione di Colucci è che in istruttoria disse di aver chiamato Sgalla (capo dell'ufficio Pubbliche relazioni del Dipartimento) su indicazione di De Gennaro, mentre in aula dice di averlo fatto su sua iniziativa. Non mi sembra un'enormità Il fatto poi che De Gennaro sia l'istigatore dell'eventuale falsa testimonianza mi pare frutto di una pura congettura». C'era un'aria strana, ieri all'udienza del processo sulla Diaz. I difensori degli imputati, che hanno rifiutato l'esame in aula, hanno attaccato l'inchiesta parallela su Colucci, sostenendo che «la sua deposizione, che l'accusa sospetta di falso, viene sottratta al vaglio del tribunale con indagini di un altro procedimento». Che ci fosse qualcosa di importante, nelle carte della nuova indagine, era ormai ben più di un sospetto. I pm di Genova hanno in mano altri elementi, oltre alla deposizione di Colucci, il quale non è mai stato ritenuto un «fedelissimo» del capo, anzi. L'ex questore potrebbe aver rivelato qualcosa durante una telefonata intercettata dalla procura. È indagato dal 22 maggio, e la cosa divenne subito nota, al punto che anche Andreassi si lasciò scappare un riferimento alla nuova inchiesta durante l'audizione come teste. Andreassi è l'uomo chiave del processo, perché fa da contraltare alla versione di De Gennaro e dei suoi. Nel 2002 disse di essere stato estromesso e «delegittimato», spiegando come la Diaz «fu il frutto di un mutamento di linea d'azione». De Gennaro negò. Non venne mai indagato. Lo è oggi, per un reato che -se l'ipotesi d'accusa fosse confermatasarebbe uno sfregio alla sua storia di uomo e poliziotto. La notte della Diaz, come un maledizione. Marco Imarisio Corriere della Sera 21 giugno 2007 Gianni De Gennaro / Il personaggio Un poliziotto di razza e le sue ragioni Da Falcone alle nuove Br: una carriera lunga 30 anni di Giovanni Bianconi Corriere della Sera, 21 giugno 2007 ROMA Giuliano Amato parlava e Gianni De Gennaro annuiva, ieri al Viminale, mentre il ministro dell'Interno spiegava l'evoluzinoe della criminalità in Italia. I magistrati sospettano che il capo della polizia abbia tentato di manipolare un testimone (l'ex questore di Genova, Francesco Colucci) che deponeva al processo nel quale sono imputati per falso alcuni dei suoi uomini di fiducia. E quando una giornalista ha chiesto perché ci sono ancora tanti omicidi irrisolti, Amato ha passato la parola al capo della polizia, che ha risposto che si tratta della fisiologia delle indagini, «a volte il concreto sospetto non basta a far trovare le prove. Ma non credo che sia una peculiarità italiana». Come dire che è normale che di non tutti i crimini si scoprano i colpevoli, succede dappertutto. L'importante è provarci sempre, con impegno e con tutte le forze a disposizione. È fatto così, Gianni De Gennaro, 59 anni ad agosto, «sbirro» di razza, appassionato di barca e di cavalli. Ragiona e tenta di far ragionare, spiega e si fa spiegare, cerca soluzioni. Lo faceva da commissario della squadra narcotici della questura di Roma, più di trent'anni fa. Poi al fianco del giudice Falcone nelle indagini antimafia degli anni Ottanta, e ai vertici di squadre investigative di venute famose: il Ser vizio Centrale Operativo e la Dia. Infine al secondo piano del Viminale, dove è entrato (Continua a pagina 11) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 11 Un poliziotto di razza e le sue ragioni nel 1994 come vicecapo responsabile della Criminalpol, poi vicario e dal 2000 capo della polizia. Tredici anni sempre al fianco -«al servizio», dice lui- dei ministri responsabili della sicurezza, di qualunque coalizione: Maroni, Napolitano, Russo Jervolino, Bianco, Scajola, Pisanu e infine Amato. Ministri di tutti i colori e di tutti i generi. È fatto così. altri problemi, come gli capita da diversi lustri; da ultimo la visita di Bush a Roma con manifestazione annessa. Perché la «macchia» del G8 genovese c'è e ora ha pure l'arredo giudiziario che difficilmente si fa mancare in questi casi, ma la storia del poliziotto più famoso d'Italia è legata ad altri episodi che restano e resteranno. C'è il lavoro svolto a fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il pentimento di Tommaso Buscetta e di molti altri, ma c'è anche quello che De Gennaro non avrebbe mai voluto fare: l'indagine, seguita passo dopo passo da capo della Dia e poi della Criminalpol, sui mafiosi assassini di Falcone e Borsellino, arrestati e condannati (compresi latitanti «storici» come Brusca, Bagarella e Aglieri) nel giro di pochi anni. Fino alla cattura del Grande fuggitivo, quel Provenzano che l'11 aprile 2006 è caduto nelle mani dei poliziotti cresciuti alla scuola di De Gennaro e della sua «squadra»: da Antonio Manganelli ad Alessandro Pansa, da Nicola Cavaliere a Francesco Gratteri e tanti altri, investigatori cresciuti con lui e saliti a posizioni di responsabilità nella polizia italiana. Ostenta la calma e il distacco del ragionatore anche quando sa che mentre presenta col ministro il nuovo «rapporto sulla criminalità», alla Camera il presidente del Consiglio sta dicendo che il governo considera concluso il suo mandato. E lui ha in tasca un avviso di garanzia ricevuto una settimana fa dalla Procura di Genova. Avviso che certo non ha gradito, al quale ha risposto non presentandosi alla convocazione. Non per mancanza di rispetto, ma perché prima di rispondere e spiegare è bene capire, ragionare. Come aveva fatto in vista della testimonianza proprio al processo per le violenze alla scuola Diaz in quel maledetto G8, e invece alla vigilia della deposizione i magistrati gli comunicarono che la sua testimonianza non era più necessaria. Nel frattempo le emerPerché ? genze si accavallavano. Con l'avviso di garan- Prima e durante gli anzia probabilmente il ni dell'antimafia -offucapo della polizia qual- scati dalle stragi ordiche risposta se l'è data. nate da Cosa nostra sul Ma nel frattempo ha continente nel '93, andovuto pensare a mille ch'esse svelate e punite almeno nella manovalanza mafiosa- c'erano stati i sequestri di persona. Dopo è tornata improvvisa l'emergenza del terrorismo brigatista: niente a che vedere col sangue versato tra i Set tanta e gli Ottanta, solo qualche sparo nel buio che però ha mietuto vittime, più pericoloso e inafferrabile 7 proprio perché «fuori tempo». Pure gli assassini di Massimo D'Antona e Marco Biagi sono finiti in carcere, grazie alla morte dell'ispettore della Polfer Emanuele Petri e alle inchieste svolte con De Gennaro alla guida della polizia. E poi i sospetti terroristi islamici, espulsi se non condannati, con un sistema di prevenzione che è riuscito a evitare attentati. «Finora», ripete sempre lui, col sorrisetto disincantato di chi sa che non tutto è prevedibile e non tutte le indagini, come le ciambelle, riescono col buco. E siccome la polemica politica non risparmia nessuno, sono cominciate le risse tra partiti che da tempo, a intermittenza, accompagnano la carriera di De Gennaro. Soprattutto quando i suoi uomini hanno svolto indagini «scomode», senza fermarsi davanti a nomi importanti o palazzi ingombranti. Perché è vero che a causa del G8 Rifondazione comunista chiede da un anno la rimozione del capo della polizia, ma è anche vero che in quel partito non ci sono solo Agnoletto e Caruso, ma pure il presidente dell'Antimafia Forgione o il presidente della Puglia Vendola, che hanno conosciuto De Gennaro e la sua «squadra», maturando convinzioni diverse da altri compagni. E nel centrodestra che ieri si stracciava le vesti dopo l'annuncio di Prodi c'è pure chi voleva allontanarlo dal Viminale già nel '94, perché considerato troppo vicino ai «magistrati comunisti»; magari spedendolo a fare il prefetto di Palermo, dov'era immaginabile che l'aspettasse qualche chilo di tritolo, come rivelò l'ex ministro Maroni che invece lo tenne al suo fianco. Adesso che il governo annuncia il ricambio, si verifica ciò che De Gennaro disse al presidente del Consiglio l'inverno scorso, quando furono avvicendati i vertici dei servizi segreti e «l'autorità politica» gli anticipò che anche per la sua poltrona sarebbe arrivato il tempo del ricambio. Chissà chi brinderà davvero, al momento E lui, col solito sorri- del cambio. setto: «Tra poco saranno sette anni, figu- Giovanni Bianconi Corriere della Sera riamoci». 21 giugno 2007 Ora quel tempo sembra arrivato. 12 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 La «macelleria messicana» alla scuola Diaz era agli atti dal novembre 2002 G8: il funzionario «buono» mette nei guai il «duro» Canterini Michelangelo Fournier, il primo «pentito» della polizia, è un funzionario che gode di grande reputazione di Marco Imarisio (Corriere della Sera, 14 giugno 2007) La “macelleria messi- ta. che colleziona dischi cana” era agli atti dal Michelangelo Fournier di vinile e ha la vocanovembre 2002. non è un ex poliziotto zione dell'istruttore. senza più nulla da per- Quattro anni fa si prese Il vice questore ag- dere. elogio dai vertici giunto Michelangelo Fo È un funzionario che un della per come urnier usò questa defi- gode di grande reputa- guidò polizia i suoi uomini nizione nel suo primo zione nel suo settore, durante gli scontri di interrogatorio, e fu uun derby romano n'immagine che colpì, finito con cariche al punto che nella loro ripetute in tribuna richiesta di rinvio a Tevere, in una giudizio, datata settemsituazione classibre 2004, i magistrati ca da guerriglia genovesi la evocarono da stadio. per contrapporla alle versioni ufficiali seguiA Genova era il te all'irruzione nella capo del Nucleo scuola che ospitava i Sperimentale no global. Antisommossa, «Quale valutazione un corpo creato scrivevano- aveva por apposta per il G8. tato a trasformare la Nei fatti, era il scena da “mcelleria vice di Vincenzo messicana” descritta Il vice-questore Canterini, l'uomo dal dottor Fournier Michelangelo Fournier che esce peggio nelle "evidenti e predalla sua deposigresse contusioni e ferite" del comunica- quello dell'ordine pub- zione. Fournier è il poliziotto to ufficiale diramato blico. dalla Questura di Ge- Soltanto sabato scorso che quella notte gridò è stato lui a «gestire» «basta» agli agenti nova ?» gli agenti costretti a che ad irruzione ormai È anche una questione stare fermi sotto il di- conclusa stavano infiedi scelta dei vocaboli, luvio di bottiglie e pie- rendo su una no glotre lanciate contro di bal. evidentemente. Perché, ripetute in au- loro dagli anarchici nel È accusato soltanto di la, le parole di Fournier centro di Roma. lesioni e non di quel hanno sollevato un pureato di falso (le moloIl giorno dopo, era sin- tov posticce) che costitiferio. E l'ammissione di aver ceramente felice nel tuisce il cuore del promentito durante gli in- leggere dei compli- cesso Diaz. terrogatori per spirito menti alla polizia giun- Ha messo in difficoltà di appartenenza, ne- ti dalla sinistra radica- soprattutto la linea di gando di aver mai vi- le, compresi quelli di difesa del suo capo, il sto aggressioni, inevi- Paolo Cento, del quale quale ha sempre sostetabilmente farà di lui il è stato compagno di nuto che alla Diaz hanprimo «pentito» di scuola. no picchiato soltanto questa storia, anche se È un uomo piccolo, altri colleghi, ma non la definizione è forza- dallo sguardo vispo, gli uomini del suo Reparto mobile. Le famose persone con casco e pettorina che nessuno è mai riuscito ad identificare. Disse Canterini: «Noi c'eravamo solo perché dovevamo mettere in sicurezza l'edificio, non possiamo aver fatto quelle cose perché siamo addestrati a controllare i nervi». Ieri Fournier, pur ribadendo l'intervento violento di altri agenti, ha ammesso «molti eccessi» commessi dagli uomini suoi e di Canterini. Due versioni inconciliabili, così come diversi sono gli uomini. Calmo e riflessivo Fo urnier, piuttosto irruento Canterini. La deposizione di Fournier ha avuto l'effetto di riaccendere le luci sulla vicenda della Diaz, ma non incide sui temi più delicati del processo, i falsi e la composizione della catena di comando che gestì quella disastrosa irruzione. I magistrati potranno chiedersi, e lo faranno in aula, quanti altri funzionari abbiano mentito «per spirito di appartenenza». (Continua a pagina 13) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 13 G8 di Genova, dopo il racconto di Fournier al processo parla l'allora comandante del reparto celere. Il questore Canterini: "C'era una macedonia di polizia. Quando entrai era tutto finito: vidi sangue ovunque" "Alla Diaz fu una notte cruenta ma il macellaio non sono io" di Carlo Bonini (La Repubblica, 15.06.2007) La voce del questore Vincenzo Canterini arriva da Bucarest. Il Viminale ce lo ha spedito due anni fa a occuparsi di traffico di organi ed esseri umani presso una struttura Interpol, mettendo il mare tra lui e il Reparto Celere di Roma, tra lui e la scuola "Diaz" di Genova, dove, la notte del 21 luglio del 2001, agli uomini che allora G8: il funzionario «buono» mette nei guai il «duro» Canterini (Continua da pagina 12) Ma le ammissioni del vice questore, che all'interno del Reparto mobile di Roma ricopre ancora gli stessi incarichi di sei anni fa, non portano rivelazioni clamorose. Si è solo aggravata la posizione di chi ha sempre negato che vi siano stati pestaggi alla Diaz. Con quell'esotico «macelleria messicana», Fournier ha semplicemente ricordato a tutti quel che accadde sei anni fa in una scuola di Genova. Chi c'era, chi arrivò subito dopo, sa che è una buona definizione. Marco Imarisio Corriere della Sera 14 giugno 2007 comandava venne ordi- dappertutto". nato di fare irruzione. Ha visto poliziotti Sessantatrè feriti. Una picchiare donne e "macelleria messica- uomini inermi ? na", per usare le parole "No". del vicequestore Michelangelo Fournier, che di E Fournier, allora ? Canterini era il vice. Ha ammesso di a"Io un macellaio non ver visto e interrotlo sono mai stato", to il pestaggio di una ragazza a terra. dice lui. Insiste: "Capito ? Chi Si è scusato per aparla non è mai stato ver taun macellaio. E' un c i u t o signore che è in poli- sei anni zia da 41 anni, fa sin- q u e s t a dacato con il c i r c o "Consap" e vive in stanza. Romania, dove l'Am- Lui ha ministrazione gli ha visto e chiesto di andare. Det- lei no ? to questo, sapete quan- "Premes che do Fournier ha parlato so di "macelleria messi- F o u r è cana"? Dieci giorni nier dopo quella notte. E come un sapete con chi ? Con f i g l i o l o il Procuratore di Ge- per me, io e lui dicianova dove si era pre- mo in fondo la stessa sentato spontanea- cosa". mente per riferire quel che aveva visto. "In fondo", lei ha E sapete chi lo aveva appena detto di accompagnato dal non aver visto nesprocuratore ? Vincen- sun pestaggio. zo Canterini. Dunque, "Come ho ripetuto sono un macellaio per tredici ore al processo di Genova, coio ?". me spiegai nell'immeDunque, la macelle- diatezza dei fatti alla Commissione di inria c'è stata "Il termine è folclori- chiesta e appunto al stico. Ma non c'è dub- procuratore di Genobio che è stata una va dove andai insieme a Fournier, quando notte cruenta". entrai nella "Diaz" Il sangue lo ha vi- era tutto finito. Cominciai a salire le scasto anche lei ? "Certo che l'ho visto. le della scuola e mi Ne ho visto tanto e fermai al primo pia- no, proprio quando sentii le urla di Fournier". Cosa vide ? "Fournier era vicino a una ragazza ridotta malissimo. E mi diedi da fare per far soccorrere lei come gli altri feriti che erano nella scuola". Qualcuno la testa l'aveva rotta a quella ragazza. "Non gli uomini del mio reparto. Non a caso, Fournier dice di essersi dovuto togliere il casco e di aver gridato "Basta !" a chi la stava picchiando. Se fossero stati i nostri ragazzi, Fournier non avrebbe avuto necessità di togliersi il casco, perché il nostro intero reparto era connesso da interfono. Avrebbe usato quello". Dunque, lei arriva a cose fatte e né (Continua a pagina 14) 14 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 25 giugno 2007 "Alla Diaz fu una notte cruenta ma il macellaio non sono io" (Continua da pagina 13) quella notte, né successivamente, riesce a venire a capo di chi si è comportato da macellaio. È così ? "Quella notte, dentro la Diaz, c'era una macedonia di polizia". Una "macedonia ?" "Come si vede dai filmati, nella scuola entrarono almeno in 3 cento. I miei uomini erano solo 70. Poi c'erano colleghi di altri reparti celeri, identici a noi per abbigliamento se si eccettua il cinturone bianco. C'erano agenti con l'Atlantica (camicia a maniche corte ndr.), agenti delle squadre mobili con pettorina e casco, poliziotti dell'Anticrimine. Di tutto, insomma". Insisto. La notte della "Diaz" le ha cambiato la vita. Da due anni vive a Bucarest, e in tutto questo non è riuscito a venire a capo di chi si abbandonò alle violenze. "Che vuole che le dica? È così. Che devo fare? Appena rientrai a Roma, chiesi tutte le relazioni di servizio di chi era stato nella scuola quella notte. Ma non seppi allora e non so oggi chi si è reso responsabile delle violenze". lato una relazioncina di servizio al questore di 15 righe sui fatti di quella notte che non sarebbe stata veritiera". Nella "Diaz" i suoi uomini rimasero a braccia conserte ? "Ma no. Non dico questo. È ovvio che qualche manganellata l'avranno data. Ma so per certo che nessuno dei miei uomini ha mai picchiato una donna o un uomo a terra. Né ha mai ricevuto ordini di questo genere. E non lo dico solo io". Tacere la verità non è un vanto per un funzionario di polizia. "Io non ho taciuto un bel niente. Io riferii al Questore quello che avevo visto. Avevo visto la pettorina e il giubbotto di uno dei miei squarciato da una coltellata e la perizia del tribunale, al contrario di quel che affermò inizialmente il Ris dei carabinieri, ha stabilito che quella coltellata fu inferta. Ho visto venire giù di tutto dai piani alti della scuola e infatti tredici dei miei sono finiti in ospedale. Quali bugie ho detto?". Chi altro lo dice ? "Evidentemente non lo sa nessuno, ma soltanto su 2 dei 78 tonfa (i manganelli ndr.) in uso al mio reparto quella notte, le perizie del Ris dei carabinieri hanno trovato tracce di sangue. E quei due tonfa erano in dotazione a due agenti rimasti feriti, Ivo e Parisi. Dunque, è molto probabile che il sangue sia il loro. Dico di più. A Genova, Vincenzo Canterini è imputato di un solo presunto reato. Non violenze, non pestaggi. Ma di aver sti- A distanza di sei anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte. O no ? "Mi rimprovero di non essere riuscito a imporre una soluzione diversa da quella che poi fu adottata. Ma è anche vero che non ne ebbi modo". Quale soluzione diversa ? "Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all'interno della scuola qualcuno dei potenti lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E di aspettare che chi era dentro uscisse. Ma non ci fu verso". A chi lo suggerì ? "All'allora vicecapo della polizia e capo dell'Antiterrorismo Arnaldo La Barbera". Arnaldo La Barbera è morto. Non può né confermare, né smentire. "E infatti faccio a fatica e mi dispiace doverne parlare. Ma queste cose le ho dette già sei anni fa, quando il povero Arnaldo, un amico, era ancora vivo. Io non so con chi si consultò a sua volta La Barbera. So cosa venne deciso e so che quando l'irruzione cominciò io rimasi fuori dalla scuola e il mio reparto passò sotto il comando di due funzionari della Digos di Genova". Carlo Bonini La Repubblica 15.06.2007 Genova, la testimonianza del vicequestore, uno dei 28 poliziotti imputati per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz G8, Fournier: "Sembrava una macelleria" "Non dissi nulla per spirito di appartenenza" da La Repubblica, 14.06.2007) GENOVA "Sembrava una macelleria messicana": è con queste parole che Michelangelo Fournier, all'epoca del G8 del 2001 a Genova vicequestore aggiunto del Primo Reparto Mobile di Roma, descrive quello che vide al mo- mento dell'irruzione nella scuola Diaz. Una descrizione ben diversa da quella che Fournier, uno dei 28 poliziotti imputati per la vicenda, fornì inizialmente. "Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un com(Continua a pagina 15) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 15 G8, Fournier: "Sembrava una macelleria" portamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di ha appartenenza", confessato oggi in aula a Genova, rispondendo alle domande del pm Francesco Cardona Albini. Nelle dichiarazioni rese inizialmente da Four nier ai pubblici ministeri Zucca e Cardona Albini, il poliziotto aveva raccontato di aver trovato a terra persone già ferite e non pestaggi ancora in atto. "Arrivato al primo piano dell'istituto -ha detto- ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana". "Sono rimasto terrorizzato e basito -ha spiegato- quando ho visto a terra una ragazza con la testa rot- ta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: 'basta basta' e cacciai via i poliziotti che picchiavano", ha raccontato ancora Fournier. scuola c'erano persone che hanno fatto resistenza, issato barricate, per cui non mi sento di dare la patente di santità a tutti gli occupanti dell'istituto". "Non posso escludere in modo assoluto che Sollecitato dalle do- "Ho invitato però la qualche agente del mande del Pm Cardona giovane -ha racconta- mio reparto abbia picchiato", ha detto ancora. Albini, ha aggiunto: "Intorno alla ragazza per terra c'erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambu- lanze". Fournier ha poi raccontato di aver assistito la ragazza ferita fino all'arrivo dei militi con l'aiuto di un'altra manifestante che aveva con sè una cassetta di pronto soccorso. to- a non muovere la ragazza ferita perché per me la ragazza stava morendo". In merito poi all'episodio del vice questore Troiani, il poliziotto che avrebbe portato le due bottiglie molotov nella scuola, come prova a carico dei 93 no global, poi arrestati, Fournier ha raccontato di aver visto il collega vicino alla camionetta con addosso il casco del Reparto Mobile di Roma. "Casco e cinturone del nostro reparto ha spiegato- erano stati distribuiti in occasione del G8 anche ad altri reparti mobili". Fournier però ha anche cercato di ridimensionare in parte le responsabilità dei poliziotti: La Repubblica "Sicuramente nella 13 giugno 2007 COMUNICATO STAMPA 21 Giugno 2007 De Gennaro UIPS fiducia in magistratura, no a speculazioni politiche da Francesco Polese Riceviamo e pubblichiamo "Esprimiamo fiducia nell'operato della magistratura che sta indagando sulla vicenda del G8 di Genova. Se dalle indagini do- vesse essere accertata la responsabilità dei singoli, questa non potrà in nessun modo intaccare l'immagine e il senso del dovere dell'istituzione Polizia di Stato, che non può, come sta accadendo in queste ore, essere oggetto di speculazioni politiche o di giochi di parte che dovrebbero essere estranei a queste vicende, dal momento che la sicurezza è un bene di tutti." cato di Polizia Uilps che aggiunge: "chi ha sbagliato paghi, ma non bisogna strumentalizzare questi fatti per altri obiettivi." Lo dichiara in una nota Sebastiano Di Cordialità Luciano, segretario Francesco Palese genarale del sinda- 333/52.41.891 16 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Sui fatti di Genova 2001 Vorremmo proporre alcune riflessioni sintetiche relative alla vicenda G8 e a ciò che la riguarda da http://images.google.it/imgres?imgurl=http://mondooggi.free.fr/img/giuliani. jpg& imgrefurl=http://mondooggi.free.fr/global/G8Ge2001. php&h=450&w=374&sz =24&hl= it&start=13&tbnid=wXJko5XFq_WY4M:&tbnh=127&tbnw=106&prev=/images%3Fq% 3Dgenova%2B2001%26gbv%3D2%26svnum%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DG decisione di chiudere una zona di Genova, Senza dubbio esiste un una volta che una leproblema, meglio una segittima autorità prende rie di problemi, legata al una decisione legittima fenomeno della globalizin democrazia tutti sozazione. Questa serie di no tenuti a rispettarla problemi va affrontata (salvo una contestaziocon serietà di atteggiane nelle sedi legittime, mento, articolazione di con strumenti legittiargomenti e concretezza mi: carta bollata e non di proposte, come ricormazze ferrate). dava, nei giorni caldi del G8, un intelligente antiglobal quale è Franco 3) Ipocrita perciò appare il lamento di non aver Cardini. voluto provocare violenze. Sottoscriviamo 2) No a deleghe in pieno quanto ha detsconsiderate to Giancarlo Cesana: Il cosiddetto Genoa So"a Genova si è procial Forum, che ha rivenbabilmente evidendicato il titolo di rappreziato il massimo di sentanza degli antiglobairrigidimento ideololizzatori (non si capisce gico, che ha trascinabene con che titolo di leto lo scontento e il gittimità) non pare proribellismo giovanile prio abbia affrontato il verso la violenza di tema della globalizzaziogruppi piccoli, ma ne con tali requisiti. con un elevato potenziale distruttivo di sé 3) è mancata infatti una e degli altri. L'ideoloseria analisi del problegia e l'astrazione gema, che spiegasse con nerano sempre vioconvincente chiarezza lenza. A chi è più aquali siano i cardini dulto le scene viste in della interpretazione tv ricordano gli sconantiglobal, così come è tri degli anni Settanmancato una enunciata. Non esistono cenzione chiara e univoca tomila dimostranti di obbiettivi concreti buoni e mille cattivi da raggiungere. che spaccano tutto quello che incontra2) per non parlare dei no. Come diceva Plamezzi scelti: stride (e tone, i cattivi fanno dimostra non serietà) quello che i buoni socon la proclamata vognano. Soprattutto i lontà pacifista l'istiga«buoni» che educano, zione a delinquere, che informano, che pubblicamente fatta dal predicano non debcosiddetto leader del bono sovrapporre i GSF, ad esempio allorloro sogni alla realtà. ché ha istigato a Dopo il secolo delle "sfondare" la zona ideologie, questo è un rossa, che la legittima arbitrio inescusabile: autorità di p.s. aveva abbiamo tutti la revietato alle manifestasponsabilità di comzioni. Ora, giusta o batterlo." (LA sbagliata che fosse la 1) Premessa STAMPA, giovedì 26 Luglio 2001, “da qui citeremo anche sotto)." 4) Che cosa dunque pensare? Vi sono tre grandi punti: a) un giudizio sulla globalizzazione; un giudizio sul b) metodo di come essa debba essere gestita; e c) il problema di come avanzare richieste di cambiamento, o contestazioni. 5) Primo punto: la globalizzazione Si tratta di un fenomeno complesso e ambiguo. In larga misura inevitabile. Dunque occorre una modalità di approccio concreto che tenga conto di questa complessità e non usi l'accetta dell'astrazione ideologica. Diamo ancora la parola a Cesana: "Contro i raduni del G8 sta montando da tempo una polemica ostile e, come abbiamo visto, violenta, centrata su un aprioristico «no alla globalizzazione». Con tale «no» si intende l'opposizione alla estensione dello sfruttamento capitalistico e alla distruzione delle identità nazionali e culturali. Esponenti estremi di tale opposizione sono personaggi e movimenti che coltivano nostalgie o utopie marxiste e anarchiche. Costoro sbagliano (...) perché se la globalizzazione produce gli effetti negativi sopra menzionati, ne produce anche di positivi quali un obiettivo miglioramento delle condizioni economiche e di libertà della maggioranza dei Paesi del mondo. La globalizzazione, pertanto, è un fenomeno ambiguo, come tutte le cose umane, e per essere adeguatamente affrontata tutto richiede eccetto che l'irrigidimento ideologico." In particolare la globalizzazione è un fenomeno che precede ed eccede i vertici del G8: non c'è globalizzazione perché ci sono i vertici del G8, ma ci sono i vertici del G8 perché c'è la globalizzazione. E questa è un dato anzitutto economico, che si sviluppa da secoli. La dirigenza politica dei G8 è una piccola punta di un iceberg che ha le sue leggi, ha una sua forza immensa. La politica può cercare di gestire, ma non può certo avere presunzioni demiurgiche nei riguardi del mondo dell'economia. Appare perciò ingannevole prendersela con i G8, come se fossero i dittatori del mondo: non sono i vertici politici ad avere né la totalità del potere, né le vere redini ultime, ma semmai i potenti dell'economia, la quale ha delle sue leggi in qualche modo naturali. 5) Secondo punto: chi la deve gestire ? Si sente spesso dire, anche da alcuni preti: non ci deve essere un G8, ma un G88 (o metteteci la cifra che volete), infatti non è giusto che otto decidano per tutti. Nessuno però spiega che (Continua a pagina 17) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 17 Sui fatti di Genova (Continua da pagina 16) significato logicamente comprensibile abbia questa affermazione, per sé lapalissiana. Violano forse gli otto grandi la sovranità di altri stati ? Vengano denunciati allora alle Nazioni Unite ! E dove la violano ? Quali decisioni hanno adottato che violerebbero la sovranità di altre nazioni ? Do ancora la parola a Cesana: "I capi, democraticamente eletti, dei paesi più progrediti del mondo hanno tenuto il loro incontro periodico per affrontare almeno alcuni degli innumerevoli e gravi problemi che affannano la vita del pianeta. All'incontro, per la prima volta, sono stati invitati anche i rappresentanti dell'Onu e di un certo numero di Paesi poveri. Rispetto a questi sono stati presi alcuni provvedimenti non risolutivi, ma che sono certamente un piccolo passo verso la remissione del debito e un possibile miglioramento delle condizioni di salute. Tutto ciò è positivo. Come ha richiamato anche il Papa nel messaggio al summit, che i grandi della Terra si incontrino è un contributo alla pace e alla soluzione dei problemi che più assillano il mondo. Se non si incontrassero e si guardassero in cagnesco, sarebbe assai peggio: non vi sarebbe luogo per il confronto e la costruzione su questioni rilevanti come la pace, la povertà, la salute e l'ambiente." Cesana pone un problema di opportunità, salutando come positivo il già avvenuto allargamento del vertice: che resta, in sé, assolutamente legittimo e non impugnabile, essendo la libera scelta di governi democraticamente eletti. Opportunità e non legittimità. D'altro canto aggiunge che è positivo che i grandi si incontrino, ricordando che è lo stesso Papa a dirlo. Si dirà: ma non sarebbe meglio aprire il G8 a tutti gli stati ? C'è già una cosa simile: si chiama ONU. Non è colpa mia se l'ONU riesce a decidere ben poco. Il fatto è che che la densità decisionale è inversamente proporzionale alla estensione della base decisionale. Per questo esistono assemblee rappresentative e da nessuna parte esiste una vera e totale democrazia diretta. Qui si gioca un punto essenziale della partita: accettare o non la democrazia. Il presupposto degli antiglobal (almeno nella loro ... globalità) è proprio il rifiuto della democrazia: in questo si rivelano orfani di Lenin, loro che negano legittimità ai rappresentanti democraticamente eletti, e proclamano se stessi, che nessuna elezione ha nominato, infallibili rappresentanti del "bene del popolo", araldi del luminoso avvenire e insindacabili interpreti del senso della storia. 6) Terzo punto: come apportare un contributo costruttivo. Certo, anche chi è stato democraticamente eletto non è immune da errori e le sue scelte non sono insindacabili. Tali scelte, con cui non si concorda, possono essere "contestate" in due modi: "in negativo", con manifestazioni e simili, e "in positivo", con opere costruttive che pongano dei correttivi. a) Primo modo. Giustamente si parla del diritto di manifestare pubblicamente il proprio disaccordo. Purché a) non si contesti alla radice il principio di democrazia, ossia la accettazione della volontà popolare che si esprime nelle elezioni, e b) non si adottino delle forme di contestazione intolleranti e violente. Tanto più per un cristiano accettare la violenza come strumento per ottenere dei fini anche buoni è negativo. Come scrivevo prima del G8 di Genova: "Davvero non capisco come può chi crede in Cristo riporre la propria speranza in un metodo di lotta preso in prestito da ideologie estranee alla fede. Come possa accettare di sfilare in piazza sotto bandiere che recano i simboli in nome dei quali milioni di loro fratelli nella fede sono stati martirizzati. Come possa far confluire la propria protesta in un fiume, in cui si riversano con abbondanza le torbide acque della violenza, violenza non solo contro la grandi compagnie multinazionali, ma anche contro inermi e ignari esseri umani, che hanno come unico torto quello di abitare nel centro di Genova." Purtroppo molti, anche tra cristiani "impegnati", sono rimasti impigliati dalla logica della violenza "buona": a loro ricordiamo le parole del Papa, il 22 luglio 2001, nell'Angelus a Castel Gandolfo: «A Lui vogliamo oggi affidare i risultati della riunione dei Capi di Stato e di Governo che si sta concludendo a Genova, non senza esprimere dolore e amarezza per le ostilità che là sono esplose, purtroppo con gravi conseguenze. La violenza non è la strada per giungere ad un’equa soluzione dei problemi esistenti.» Occorre privilegiare la concretezza: come ha detto Vittadini il problema è «avere rivendicazioni precise, altrimenti appelli generici anticapitalistici lasciano spazio a persone che hanno come unico scopo la violenza». Obiettivi precisi. Come il debito estero o il rilancio della cooperazione, «per battaglie di lungo periodo nella chiarezza dell'identità culturale cattolica». Vittadini dice, con Paolo VI, che «il primo nome della pace è lo sviluppo, e non le campagne di contraccezione o aborto di stile occidentale e imperialista come quelle della fondazione Rockfeller. Anche questa è violenza». E la Cdo punta il dito sulla fetta cattolica del "movimento antiglobal": «Si mutuano analisi e metodi dal marxismo e non dall'esperienza delle nunziature apostoliche che nei summit internazionali di Pechino o Istanbul sono state alleate con i Paesi poveri». Un anticomunismo antemuro ? «No, non è un discorso passatista. È il Papa a dire che marxismo e capitalismo hanno una matrice comune. Quando Bush dice che basta arricchirsi di più per distribuire ricchezza ai Paesi poveri, è lo stesso di chi declama "cambiamo il sistema"». Vittadini riconosce che il suo è anche «un rimprovero fraterno a quella parte dell'associazionismo cattolico che dimentica che il primo annuncio da fare è quello della liberazione dell'uomo». b) Ma è soprattutto sul versante positivo che i cristiani devono dare il loro contributo, senza (Continua a pagina 18) G8 di GENOVA 2001 18 Giustizia e Libertà 25 giugno 2007 Sui fatti di Genova (Continua da pagina 17) andare a rimorchio di ideologie estranee alla fede. Cito ancora Cesana: "La storia insegna che non vi è giustizia senza carità, ovvero senza la coscienza che il bene dei singoli e dei popoli si realizza solo quando l'uomo riconosce il proprio limite e la necessità di esserne, letteralmente, salvato. Ne ha parlato Giovanni Paolo II nell' Angelus di domenica, quando ha affidato i risultati del G8 a Cristo: «È Lui che comprende il cuore dell'uomo. È Lui che può colmare le sue speranze e le sue attese come pure dare risposta alle preoccupazioni e alle difficoltà che l'odierna umanità affronta nel suo cammino quotidiano». Realismo contro astrazione. A questo proposito, la realtà è una grande maestra. Le nostre «fedi» debbono rispondere adeguatamente a essa, affermando un senso della vita capace di tenere conto di tutti i fattori che la compongono, incluse quelle contraddizioni che vorremmo, troppo in fretta, eliminare. Invece proprio nella contraddizione dobbiamo vivere con un senso intero della persona e della dignità umana, che, tra l'altro, è il primo modo di combattere gli effetti negativi della globalizzazione. Da cristiani, in particolare nella tensione educativa che sempre ha caratterizzato il compito missionario della Chiesa nel mondo, dobbiamo contrastare l'accusa di Nietzsche: «Sono dei salvati senza averne la faccia»." §§§§§ Abbiamo scritto, in una lettera del 30 luglio: "Una domanda ci sembra fondamentale e decisiva: cui prodest, a chi giova (che le cose siano andate come sono andate) ? Potrebbe forse giovare all'attuale maggioranza, al governo ? Ha forse un governo interesse a che lo si accusi di incapacità nel gestire l'ordine pubblico, e addirittura di tentazioni "cilene" ? Vi è un solo possibile motivo che spiegherebbe come il governo potesse avere qualche interesse a una piega violenta degli eventi: se esso si fosse concepito non come governo italiano (interessato, se non altro per il suo buon nome, ad arginare la violenza), ma come un tassello di una diabolica internazionale del capitale, interessata a screditare il "pacifico popolo di Seattle" col rende- re impossibile ogni distinzione tra un'ala pacifica e l'ala oltranzista e violenta. Se Berlusconi si fosse concepito, prima e piuttosto che come capo del governo italiano, come emissario di questo, potente e ramificato, sistema di potere economicopolitico, egli avrebbe avuto interesse a dar libero spazio alle frange violente, onde poter poi dire "sono tutti così" (dunque chiunque contesti il capitalismo mondiale è violento). Sono incline a non credere vera questa ipotesi, se non forse per una frazione infinitesimale. Se non altro per il fatto che, data la situazione italiana, immolare il proprio interesse a quello di questa, largamente fantomatica, internazionale del capitale, sarebbe un suicidio, un lusso che Berlusconi non può permettersi. Non giova al governo, quindi, quello che è successo. Giova piuttosto all'opposizione. Non gode infatti l'opposizione di poter scagliare contro il governo le accuse che infatti sta scagliando (...) ? Certo una opposizione davvero democratica e responsabile non trarrebbe pretesto da una possibile disfunzione, per attaccare complessivamente un governo, col fine, malcelato, di impedirgli di governare, di delegittimarlo, di provocare una traumatica interruzione del- la legislatura. Una opposizione davvero democratica e responsabile non lo farebbe: la nostra invece, egemonizzata da forze di matrice leninista, che non accetta con sincerità e convinzione il responso delle urne, la nostra lo fa. “Prepariamoci a cinque anni (..) di campagne pretestuose di strumentalizzazione, dove i disordini di piazza saranno il luogo privilegiato di questa sinistra regressiva, che dopo aver cercato per sette anni di darsi una immagine occidentale e democratica, pare percorsa da un fremito neosessantottino." http:// images.google.it/ imgres?imgurl=http://mondooggi.free.fr/img/giuliai.jpg&imgrefurl=http:// mondooggi.free.fr/ global/G8Ge2001. php&h=450&w=374 &sz=24&hl=it&start =13&tbnid=wXJk o XFq_WY4M:&tbnh= 127&tbnw=106&pre v=/images%3Fq%3 Dgenova%2B2001% 26gbv%3D2%26svn um%3D10%26hl%3 Dit%26sa%3DG L'esame servirà a stabilire se altri colpi furono sparati contro il giovane ucciso a Genova durante il G8 Morte Giuliani, superperizia su sei pistole dei carabinieri Il dubbio degli investigatori è su un secondo bossolo trovato in terra "non compatibile" con l'arma del militare Placanica da La Repubblica, 17.12.2001 GENOVA O qualcun altro esplose so a Genova ? Per ri- balistica su sei pistole è Solo Placanica sparò almeno un colpo contro spondere a queste do- stata ordinata oggi dal contro Carlo Giuliani ? il giovane rimasto ucci- mande una superperizia (Continua a pagina 19) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 19 Morte Giuliani, superperizia su sei pistole dei carabinieri (Continua da pagina 18) pm Silvio Franz per scoprire quale arma sparò il 20 luglio in piazza Alimonda a Genova, quando venne ucciso il giovane Giuliani durante il G8, oltre alla pistola di ordinanza del carabiniere di leva Mario Placanica. L'incarico è stato affidato ad esperti della polizia scientifica di Palermo. Delle sei pistole che verranno inviate in Sicilia, tre appartengono ai carabinieri, tra cui Placanica, che erano a bordo della camionetta da cui partì lo sparo mortale per Giuliani, mentre le altre tre sono quelle sequestrate in questi giorni ad altrettanti militari che hanno ammesso di aver sparato in aria a scopo intimidatorio nel corso della guerriglia urbana vicino piazza Alimonda, tra corso Torino e via Tolemaide. La prima perizia, ese- guita dal perito d'ufficio Valerio Cantarella solo sull'arma di Placanica, aveva infatti stabilito, a sorpresa per gli stessi inquirenti, che i due bossoli, uno trovato all'interno della camionetta dei carabinieri, l'altro per terra vicino piazza Alimonda, erano stati sparati da ma del carabiniere di leva. L'altro invece no. Mario Placanica, accusato di omicidio volontario per la morte di Giuliani, nel corso degli interrogatori aveva ammesso di aver sparato con la sua Beretta calibro 9 due colpi di pistola. La perizia, escludendo due pistole diverse, anche se entrambe del tipo in dotazione ai militari. Solo il bossolo trovato all'interno della camionetta era infatti risultato compatibile con l'ar- che a sparare i due colpi fosse stata la stessa arma, cioè quella di Placanica, aveva aperto un nuovo filone di indagine tesa a scoprire chi quel giorno in piaz- za, oltre a Placanica, aveva sparato. Per gli inquirenti "la nuova superperizia è stata affidata solo nell'ottica di una completezza di indagini". "Il bossolo trovato all'interno della camionetta dei carabinieri - dicono- è risultato compatibile con l'arma di Placanica, mentre il secondo bossolo, raccolto a circa due metri di distanza dal cadavere di Giuliani, era comunque in posizione compatibile con la traiettoria". Il dubbio degli inquirenti è che il secondo bossolo non è risultato compatibile con la pistola di Placanica forse perché calpestato dai manifestanti durante l'assalto alla camionetta e agli scontri che poi ne seguirono. Varie testimonianze infatti hanno sempre parlato solo di due colpi di pistola. La perizia della famiglia Giuliani: nessun rimbalzo da www.rainews24.rai.it È racchiusa in 36 pagine l'altra verità sulla morte di Carlo Giuliani. La perizia dei consulenti di parte, incaricati dalla famiglia del ragazzo ucciso a Genova, arriva a conclusioni opposte rispetto alla tesi degli esperti scelti dalla Procura. La consulenza è stata consegnata questa mattina al pm Silvio Franz da Lia Vinci, avvocato difensore della fami- glia insieme con Giuliano Pisapia. La firmano Claudio Gentile, fisico dell'Uni(Continua a pagina 20) 20 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 La perizia della famiglia Giuliani: nessun rimbalzo (Continua da pagina 19) versità di Messina, Giorgio Accardo, del Centro restauri di Roma e gli esperti di immagini Ferdinando Provera e Roberto Ciabattoni. Il calcinaccio frantumato Per loro Carlo Giuliani sarebbe stato colpito direttamente dalla pistola del carabiniere Mario Placanica e non di rimbalzo, come sostiene il pool di esperti della Procura: il giovane, dice la perizia, "si trovava a 3,30 metri dalla bocca della pistola e non ad una distanza inferiore come era stato inizialmente ipotizzato". Le prove La frantumazione del calcinaccio, mostrata dal filmato del collettivo 'Luna Rossa', non sarebbe infatti stata provocata dal proiettile dall'arma d'ordinanza di Placanica, perché, affermano i periti, l'immagine della frantumazione arriva dopo 16 centesimi di secondi dalla registrazione del suono dello sparo. Sarebbe stato invece l'impatto tra il calcinaccio lo spigolo posteriore superiore del Defender, a causarne la polverizzazione. fotografiche Altre riserve vengono poi sollevate sull'attendibilità delle ricostruzione del tragico avvenimento: le macchine fotografiche e le telecamere impiegate nella perizia della Procura sarebbero diverse da quelle che hanno registrato le immagini di piazza Alimonda. Questo procedimento dicono i consulenti avrebbe portato a risultati difformi dalla verità. Il proiettile ai raggi X Due le ipotesi avanzate dal professor Claudio Gentile sulla questione della che il proiettile abbia toccato un corpo interposto lungo la traiettoria, ma senza che ciò abbia comportato un rimbalzo o deviazione sensibile, oppure che la struttura stessa del proiettile abbia di per sé provocato la fessurazione della pallottola. Per chiarire la dinamica, dicono gli esperti, saranno necessari nuovi approfondimenti e non sono esclusi altri esami metallografici. ♦ Sul G8 «soffiate» polveroni e bugie Fuga di notizie in attesa della perizia: Giuliani sarebbe stato raggiunto «di rimbalzo» da un colpo sparato in alto. Pisapia protesta. Il perito precisa: «Queste voci non vengono da noi». di AUGUSTO BOSCHI - ALESSANDRO MANTOVANI (Il Manifesto, giugno 2002) Mancano pochi giorni al deposito dell'ultima, decisiva perizia sui fatti di piazza Alimonda. E c'è qualcuno che l'attende con ansia, troppa ansia, al punto di far circolare indiscrezioni e «soffiate» che avvelenano il clima e rendono ancor più difficile il lavoro dei periti. Secondo voci diffuse ieri a Genova il proiettile che ha ucciso Carlo Giuliani avrebbe rimbalzato, prima, su qualcos'altro. E potrebbe trattarsi del famoso estintore che il ventitreenne genovese aveva raccolto un attimo prima di essere ucciso. Lo confermerebbero, nell'ordine, una traccia di vernice rossa trovata sulla pallottola e un minuscolo frammento di piombo puro rinvenuto sulla parte posteriore del passamontagna di Giuliani, in corrispondenza cioè del foro d'uscita. Di qui l'idea del colpo «di rimbalzo»: Mario Placanica, il carabiniere che ammette di aver fatto fuoco e invoca la legittima difesa, avrebbe quindi indirizzato la pallottola verso l'alto e, se Giuliani è stato colpito allo zigomo, è tutta colpa del suo estintore. Precisa, perfetta ricostruzione. Commenta l'avvocato Umberto Pruzzo, legale di Placanica: «Se la perizia dice questo il quadro cambia radicalmente. Ci era stato contestato l'omicidio volontario, ma se si dimostra che il carabiniere ha sparato verso l'alto e il colpo è stato deviato anche l'ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa diventa insostenibile». Ma la perizia non dice questo, quando sarà depositata lo vedremo. «Queste informazioni non provengono da noi, stiamo ancora lavorando», ha spiegato ieri sera un po' seccato Paolo Romanini, il perito balistico al di sopra di qualunque sospetto nominato dal pm Silvio Franz. Romanini, il medico legale Carlo Torre e gli altri due specialisti, Pietro Benedetto e Nello Balossino, avrebbero dovuto consegnare ieri la perizia, risultato della ricostruzione sul posto ordinata dal magistrato ed eseguita il 20 aprile. Ma hanno chiesto altro tempo. In settimana annunciano - arriveranno al pm Franz le due sintetiche risposte ai quesiti proposti, che riguardano la distanza tra la pistola e Carlo Giuliani e il campo visivo che il carabiniere (Continua a pagina 21) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 21 Sul G8 «soffiate» polveroni e bugie re, insomma, non era Placanica aveva a di- quasi dentro la jeep cosposizione dal retro me sembrerebbe dalle foto prese dal retro con della jeep. il teleobiettivo. Giuliano Giuliani, il pa- E non solo. pà di Carlo, non vuole A quanto si è appreso commentare: «Tutti l'esame autoptico fa quelli che emettono acqua da tutte le parti: sentenze fanno uno sarebbe perfino scomparso -cioè sarebbe sport sbagliato». Claudio Gentile, il peri- stato buttato via- un to nominato da Giuliano frammento del proiettiPisapia legale della fa- le, che invece è ben vimiglia Giuliani, ha ta- sibile nella tac eseguita gliato corto: «Di rim- sul cadavere. balzi non si parla proprio. C'è solo l'ipotesi Aggiunge Pisapia: «La che abbia sfiorato pistola che sarebbe qualcosa che non ne- poi risultata in dotacessariamente ha zione al Placanica cambiato la traietto- mostra una serie di manomissioni che ria». rendono ancora più Ma Pisapia stavolta l'ha anomala la vicenda. E presa male: «Mi ero la Land Rover, pur imposto il più totale essendo sotto sequeriserbo fino al deposi- stro, è stata manoto ufficiale delle con- messa e modificata in sulenze. Rimango alcune parti fondasconcertato di fronte a mentali». una fuga di notizie del tutto parziale e inesat- Gli interventi sulla pita». stola potrebbero spiegare la frantumazione Le indiscrezioni, «rim- del proiettile, quelli balzi» a parte, sono sulla jeep potrebbero tante. addirittura indicare che I periti avrebbero infatti alcune delle lesioni riaccertato che tra la jeep portate da Placanica e e Carlo Giuliani c'erano dagli altri carabinieri poco meno di tre metri: non erano state provoil ragazzo con l'estinto- cate dai manifestanti: (Continua da pagina 20) mancherebbe una maniglia metallica che prima c'era; mancherebbe sul paraurti qualsiasi «ricordo» del doppio impatto con il cassonetto che bloccò la Land Rover in piazza Alimonda. Giuliano Giuliani insiste: «Continuo a vedere sempre la stessa foto Reuters che non dà l'idea della distanza tra mio figlio e la jeep». E a proposito di disparità di trattamento, gli avvocati del Genoa Legal Forum sono scesi in aperta polemica con la procura di Genova e con il presidente dell'ordine degli avvocati di Genova, Aurelio Dirella. In un comunicato mettono in evidenza «l'evidente politica dei due pesi e delle due misure attuata nei confronti dei reati attribuiti ai manifestanti e agli esponenti delle forze dell'ordine». Sotto accusa il pressappochismo delle indagini nell'immediatezza, in particolare il ritardo nel sequestro dei locali della scuola Diaz e la mancata acquisizione dei filmati che la polizia prese dall'elicottero in volo sulla scuola la notte del 21 luglio. E denunciano il pericolo che la perizia del Ris sulla presunta coltellata ricevuta dall'agente Massimo Nucera all'interno della scuola, coltellata che la perizia dimostrerebbe essere una messinscena, non venga presa in considerazione dagli inquirenti. Nei confronti del presidente dell'ordine degli avvocati l'accusa è di avere avvallato il provvedimento firmato dal procuratore capo sul differimento dei colloqui con i difensori dei giovani arrestati, permettendo di fatto cha a Bolzaneto accadessero episodi di violenza e sopraffazione. I legali del Glf chiederanno chiarimenti Augusto Boschi e Alessandro Mantovani Il Manifesto giugno 2002 Testo integrale del’intervista a Placanica da ww.carta.org Pubblichiamo il testo integrale dell'intervista a Mario Placanica che il quotidiano CalabriaOra ha pubblicato oggi. Per la prima volta, il carabiniere catanzarese che era sulla jeep defender in piazza Alimonda, nelcorso dei drammatici giorni del G8 genovese del 2001, afferma esplicitamente di essere "un capro espiatorio usato per coprire qualcuno" e di non avere ucciso lui Carlo Giuliani. Alcuni particolari sono raccapriccianti, come le reazioni en(Continua a pagina 22) 22 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Testo integrale del’intervista a Placanica tusiaste dei colleghi di Placanica dopo la morte di Carlo. E poi Placanica si pone queste domande: "Perché alcuni militari hanno 'lavorato' sul corpo di Giuliani ? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra ?". E poi, sempre per la prima volta, ricostruisce l'incidente automobilistico che ha avuto qualche anno fa. "Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare", afferma. In questi anni, Placanica, dopo essere stato assolto dall'accusa di omicidio [secondo i giudici, aveva sparato "per legittima difesa"] è stato congedato per problemi comportamentali dall'Arma, hacercato di candidarsi alle amministrative con Alleanza nazionale [che era il partito a cui era iscritto: poi si è candidato con una lista civica]. Le rivelazioni di Placanica confermano la necessità di fare chiarezza su ciò che è avvenuto a Genova nel luglio 2001: sulla catena di comando delle forze dell'ordine, sulle responsabilità dei politici che stavano nella sala operativa, sugli abusi commessi sulle centinaia di migliaia di cittadini che manifestavano liberamente. E sulla morte di Carlo Giuliani, un ragazzo. Mario Placanica rompe il silenzio e racconta la sua verità. Il G8 visto da un'altra "inquadratura". Anche questa purtroppo incompleta. Solo un tassello in più nel quadro a tinte fosche di quel luglio genovese. Sono passati cinque anni e quattro mesi dal 20 luglio del 2001, dalla morte di Carlo Giuliani. Mario Placanica, il carabiniere che sparò a piazza Alimonda, si è sposato, è diventato padre e non è più carabiniere. L'Arma lo ha ritenuto non idoneo, congedato per "disturbo dell'adattamento con ansia ed atipie del pensiero". Lui però non ci sta. Si è sottoposto ad altre visite che lo hanno dichiarato sano, ha fatto ricorso al Tar e ora ha deciso di non tacere più. Dice di non aver più paura della verità. Non ha una versione alternativa su quei terribili momenti, ma di una cosa appare certo: non è stato lui a uccidere il giovane manifestante. ww.carta.org Quando sei arrivato a Genova ? Siamo arrivati il 17 luglio A quale reparto eri stato assegnato ? Ero con il dodicesimo battaglione Sicilia Da quanto tempo eri nel battaglione ? Da dicembre del 2000 Avevi già svolto compiti di controllo dell'ordine pubblico ? Sì, un banale servizio d'ordine allo stadio di Palermo Arrivato a Genova che clima hai trovato ? Eravamo stanchi. Le operazioni di sistemazione sono state lunghe e snervanti. Tra i colleghi vi confrontavate ? C'era una tensione indescrivibile Gli ufficiali tentavano di tranquillizzarvi ? I superiori gridavano sempre Che ordini vi sono stati impartiti per le giornate del G8 ? Ci dicevano che le situazioni sarebbero state un po' particolari, non come semplice ordine pubblico ma qualcosa di più In che senso? Ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi ter- roristici. La sensazione era come se dovessimo andare in guerra Si è detto che per tenersi carichi alcuni fecero uso di droga. Che io sappia no. Certo che c'era un'agitazione fuori dalla norma. Può darsi anche questo. Io non ne ho mai fatto uso. Quella mattina del 20 luglio dove sei stato dislocato ? Ci hanno posizionato vicino la "Fiera" insieme ad alcuni poliziotti. Ci sono state delle cariche sul lungomare, ma solo di alleggerimento. Abbiamo partecipato alle cariche in cui venne dato alle fiamme il blindato dei carabinieri. In quella situazione mi è stato affidato il compito di sparare i lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Però dopo un po' il maggiore Cappello mi ha preso il lanciagranate perché diceva che non ero capace. Io stavo sparando a "parabola", così come mi è stato insegnato, e invece lui ha iniziato a sparare ad altezza d'uomo, colpendo in faccia le persone. Cose allucinanti. Quando hai iniziato a sentirti male ? Io dovevo togliere il nastro ai lacrimogeni e passarli al maggiore Cappello. (Continua a pagina 23) 25 giugno 2007 G8 di GENOVA 2001 Giustizia e Libertà 23 Testo integrale del’intervista a Placanica (Continua da pagina 22) Quando si toglie il nastro fuoriesce un po' di gas e quindi ho iniziato a sentirmi male. Così sono stato accompagnato in una via che conduce a piazza Alimonda. Sulla strada ho visto di tutto, ho visto picchiare a sangue dal colonnello Truglio e dal maggiore Cappello alcune persone con la macchina fotografica. Ho iniziato a vomitare e mi hanno fatto salire sulla camionetta. Chi eravate sul Defender ? C'eravamo io, Cavataio, carabiniere in ferma biennale e, Raffone, un ausiliario seduto dietro insieme a me Nessuno che avesse esperienza ? Sì, eravamo solo noi Accanto avevate un'altra camionetta ? Si, c'era un altro defender con a bordo il colonnello Truglio. Il responsabile del nostro mezzo era il maggiore Cappello C'erano altri colleghi ? C'era il plotone dei carabinieri davanti a noi che ci faceva da scudo. Dalle immagini si vede partire la carica dei manifestanti, tu cosa hai visto ? I carabinieri sono scappati, ci hanno superato, noi abbiamo fatto retromarcia e siamo rimasti incastrati contro un cassonetto della spazzatura. Cosa ti ricordi di quei momenti ? Solo un rumore infernale. Quando vi siete incagliati cosa hai pensato ? Ci hanno lasciato soli, ci hanno abbandonato. Potevano intervenire perché c'erano i carabinieri e anche gli agenti della polizia. Potevano fare una carica per disperdere i manifestanti e invece non hanno fatto niente. Quel momento è durato una vita. Quando hai estratto la pistola ? Quando mi sono visto il sangue sulle mani. Ero stato colpito alla testa. Ho tolto la pistola e ho caricato Cosa vedevi davanti a te ? Non vedevo praticamente nulla, ero quasi steso, solo Raffone era un po' più alzato. Mi è arrivato l'estintore sullo stinco, scalciando con i piedi l'ho ributtato giù. Loro continuavano con questo lancio di oggetti, io ho gridato che avrei sparato. Poi ho sparato in aria. Sei convinto di aver sparato in aria ? Sono convinto di aver sparato in aria, non ho preso mira, è la verita Quanti colpi hai sparato ? Due colpi, tutti e due in aria Eri seduto ? Ero steso, con il braccio alzato verso l'alto, all'interno del defender. La mano era sopra la ruota di scorta del Defender. Hai sentito solo i tuoi due colpi ? Sì. Dopo i due spari sul defender è salito un altro carabiniere che si chiama Rando di Messina e ha messo lo scudo sul vetro che avevano rotto. Davanti è salito un maresciallo dei Tuscania di cui non ricordo il nome. E siamo partiti. Eravamo di- retti all'ospedale ma abbiamo dovuto allungare il percorso perché sulla strada c'erano i manifestanti, quelli di Agnoletto, che non volevano farci passare. Al pronto soccorso mi hanno ricoverato perché avevo perso molto sangue Non vi siete accorti di quello che era successo a piazza Alimonia ? No. Ho saputo della morte di Carlo Giuliani alle 23 quando sono venuti in ospedale i carabinieri con un maggiore. Però non mi hanno comunicato la notizia in ospedale. Mi hanno fatto dimettere, mi hanno fatto firmare la cartella e mi hanno portato in caserma. Lì mi hanno detto che avevo ucciso un manifestante. Come ti sei sentito in quel momento ? Mi è caduto il mondo addosso. Io sapevo di aver sparato però ero convinto anche di aver sparato in aria. Mi hanno fatto l'interrogatorio, mi hanno messo sotto pressione e io ho risposto quello che potevo rispondere. Hanno cercato di farmi dire qualcosa in più, ma io l'ho detto che non avevo sparato direttamente. Quanto è durato l'interrogatorio ? Un'ora circa, intorno a mezzanotte E dopo cosa è successo ? Mi hanno riportato alla fiera di Genova. Mi hanno fatto dare sette giorni di prognosi Che ambiente hai trovato quando sei rientrato in caserma ? Mi chiamavano il killer. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un basco dei Tuscania, "benvenuto tra gli assassini" mi hanno detto. I colleghi erano contenti di quello che era capitato ? Si, erano contenti. Dicevano morte sua vita mia, cantavano canzoni. Hanno fatto una canzone su Carlo Giuliani Tu come ti sentivi ? Io ero assente, non volevo stare con nessuno, mi sentivo troppo male. Dopo tre giorni ti hanno mandato a Palermo Ero felice di lasciare quel posto. Però appena arrivato in Sicilia sceso dall'autobus il colonnello mi ha preso a schiaffi Perché ? Forse per scrollarmi un po', ma non lo so A Palermo come ti hanno accolto i colleghi ? Tutti mi chiedevano, si informavano. Non ti dico che pressione psicologica Ma a casa quando sei tornato ? Dopo una settimana che ero a Palermo mi hanno dato trenta giorni di convalescenza. Però mi hanno mandato nella caserma di Sellia e i miei genitori non potevano entrare. Mio padre tra l'altro era ricoverato in ospedale a Catanzaro. Io uscivo di nascosto, ma a Catanzaro non sono riuscito a salire. Che idea ti sei fatto, era per proteggerti o perché non volevano che parlassi all'esterno ? Non lo so se mi proteggevano o avevano paura di qualcosa. Anche perché subito in quei giorni mi (Continua a pagina 24) 24 Giustizia e Libertà G8 di GENOVA 2001 25 giugno 2007 Testo integrale del’intervista a Placanica (Continua da pagina 23) hanno messo gli psicologi per farmi controllare. Ma io che malattia avevo. Certo che accettare di aver ucciso un ragazzo. Ma io non ero sicuro di averlo ucciso. Mi venivano i dubbi perché se io ho sparato in aria come fanno a dire che l'ho colpito in faccia, che sono un cecchino. Avevi sparato prima di quel giorno ? Tre volte al poligono e non ti dico i risultati, non ne ho preso uno. Non ero buono con la pistola anche per questo mi hanno mandato al battaglione. Alle stazioni mandano quelli più bravi, gli altri vanno nei battaglioni. Dopo Sellia ritorni in Sicilia. Lì sono iniziati i problemi. Perché tutte quelle domande erano uno stress incredibile. Insomma ho iniziato a marcare visita. Mi hanno trasferito a Catanzaro al reparto comando, poi sono andato a un corso integrativo in Sardegna. Ma anche lì continuavano le domande e non ho neanche finito il corso. Sono tornato in Calabria e per due anni ho iniziato a lavorare a singhiozzo. In questo periodo ti capita un altro episodio che ha fatto discutere. Ti salvi quasi miracolosamente da un incidente stradale. Ho perso improvvisamente il controllo del veicolo. Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare. Dopo questo periodo difficile però inizi a sentirti meglio e il 22 novembre 2004 ti sottoponi a una visita psichiatrica all'ospedale militare per tornare in servizio Era parecchio che non lavoravo, mi sentivo di voler riprendere, ero più sereno, mi ero appena fidanzato. Il dottore Pagnotta dell'ospedale militare dopo avermi esaminato mi dice che ero idoneo. Porto il certificato in commissione medica e invece i tre ufficiali della commissione non ne tengono conto e mi dicono che mi fanno fare un'altra visita. Perché un'altra visita Non me lo hanno detto. Mi hanno mandato dalla dottoressa Vittorina Palazzo. Secondo me avevano già deciso di congedarmi. Con la dottoressa ci eravamo già visti a Villa Bianca. Io ero andato perché prendevo delle gocce per dormire. Lei invece, senza visitarmi, mi ha fatto prendere l'Aldol. Dormivo venti ore al giorno, mi ha rovinato, non me lo doveva dare. Fai quest'altra visita il 13 dicembre del 2004 e cosa succede ? La dottoressa mi ha dichiarato non idoneo. Mi è caduto il mondo addosso Potevi però chiedere di essere destinato agli uffici ? Me lo hanno consigliato loro di fare domanda e io l'ho fatto. Non l'hanno accolta perché non ero inquadrato nella forza dell'Arma, perché ero ancora in ferma volontaria. I quattro anni però erano già scaduti, ma non ne hanno tenuto conto. Hai presentato ricorso al Tar ? Ma dicono che è innamissibile il mio rientro, hanno prodotto la mia domanda per i ruoli civili sostenen- do che io ero già consapevole di voler andare in ufficio, quando invece sono stati loro a consigliarmi di farla. E non hanno tenuto conto della mia causa di servizio, a me spetta il ruolo civile. Perché non ti vogliono più ? Sono un capro espiatorio usato per coprire qualcuno. Le porte sono chiuse per Placanica A logica però sarebbe stato più conveniente tenerti buono e non lasciarti solo ? Però se vengo congedato per problemi psichici chi mi crede ! Per anni mi hanno sottoposto a uno stress psichico insopportabile. Mi hanno detto che i no global mi avrebbero ammazzato. Sono arrivati a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie quando era incinta. Con il congedo che mi hanno dato chi mi darà un lavoro? Eppure c'è una terza perizia. Ho chiesto una perizia di parte effettuata da Mauro Notarangelo che ha certificato che io sto bene. Sono riuscito a ripulirmi da tutti i farmaci che mi hanno fatto prendere A distanza di cinque anni quale è il tuo pensiero su questa vicenda ? Credo che mi sono trovato in un ingranaggio più grande di me. Che ero nel posto sbagliato, non si potevano mandare ragazzi inesperti e armati in quella situazione Secondo te si è detta tutta la verità sul G8 di Genova ? No. Cosa è rimasto all'oscuro ? Ci sono troppe cose che non sono chiare. A cosa ti riferisci ? A quello che è successo dopo a piazza Alimonda. Perché alcuni militari hanno "lavorato" sul corpo di Giuliani ? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra ? Hai posto queste domande ai tuoi superiori ? Una volta ho telefonato al maggiore Cappello. Lui mi ha detto che non dovevo avere dubbi. Però lui mi disse di aver saputo quanto successo la sera alle 20 e invece nelle immagini che ho rivisto si vede lui accanto al corpo di Giuliani. Io non ho sentito altri spari, però anche i colleghi che erano dentro al defender non hanno sentito i miei colpi. Ritengo che cremare il corpo di Giuliani sia stato un errore, forse si sarebbe potuto scoprire di più, qualcosa sul corpo forse c'era. Sei alla ricerca della verità Si. Come fanno a dire che l'ho sparato in faccia. Non è vero. È impossibile. on potevo colpire Giuliani. Ho sparato sopra la ruota di scorta del defender. Perché hai deciso di parlare solo adesso ? Perché ci vuole coraggio e io finalmente l'ho trovato. Merito anche dell'avvocato a cui mi sono rivolto, Antonio Ludovico, che mi ha sempre sostenuto e mi ha consigliato di non aver paura della verità. da ww.carta.org 25 giugno 2007 Giustizia e Libertà 25 Finalmente ! La Verità su Genova 2001 da http://www.carta.org/editoriali/2007/070615.htm Abbiamo aspettato sulla riva del fiume per sei anni. Ma non siamo stati inerti. Da subito dopo il G8 di Genova, inchiesta dopo inchiesta, abbiamo chiesto le dimissioni di Gianni De Gennaro e l'apertura di un esame collettivo, interno alle forze dell'ordine e nella società, che aiutasse a capire cosa è andato storto, tanto da ottenere quel risultato: Diaz, Bolzaneto, Piazza Alimonda, ma anche i processi di Cosenza, e prima ancora i pestaggi a Napoli e mille altri episodi di "malapolizia" tutt'altro che fisiologici o giustificabili con la teoria delle "mele marce". Con sei anni di ritardo, i cosiddetti "grandi" giornali si sono lanciati, oggi, sulle spoglie dell'ex potente che finora avevano difeso in ogni occasione possibile, fedeli a un perverso patto di mutuo soccorso che ha impedito di arrivare prima, e con meno danni per la democrazia, alla soluzione ovvia: dimissioni del capo della polizia e commissione d'inchiesta parlamentare: quella che l'Unione aveva promesso nel suo programma elettorale e che ora chiede l'appello che pubblichiamo qui. I sette anni di regno di Gianni De Gennaro, finiti nel modo peggiore per un "poliziotto di razza" (come scrive ancora oggi il Corriere della sera), non si spiegano con la teoria delle "due vite" su cui si arrampica Giuseppe D'Avanzo sulla Repubblica. Ci sono stati molti segnali, in questi anni, e ci sono molte, moltissime cose da chiarire, sui legami politici che hanno permesso a De Gennaro di promuovere impunemente tutti i (presunti, ancora) responsabili delle violenze genovesi; che hanno evitato che la gestione dell'ordine pubblico fosse sottoposta a una verifica pubblica; che hanno consentito altre e continue violazioni dei diritti umani, dal trattamento dei migranti nei Cpt alle indagini indiscriminate e alle espulsioni facili di presunti terroristi, poi riconosciuti innocentii; fino alla reazione muscolare a una lunga serie di lotte sociali e territoriali degli ultimi anni, dalla Valle di Susa occupata all'epoca di Venaus alla discarica di Serre che si voleva aprire a mano armata, dalle reazioni alle azioni delle reti dei precari a quelle alle occupazioni di case, ai continui rigurgiti di proibizionismo, cioè di caccia al "drogato". Un delirio sulla sicurezza: smentito per altro, proprio in questi giorni, dai dati sulla criminalità in generale calante, a parte le mafie colluse con i poteri, nel nostro paese. La responsabilità penale è di certo personale, e De Gennaro saprà come risponde(Continua a pagina 26) 26 Giustizia e Libertà INTERNI 25 giugno 2007 Finalmente La Verità su Genova 2001 (Continua da pagina 25) re alle accuse che gli muovono i pm genovesi: quelle infamanti di aver orchestrato le false testimonianze dei funzionari di polizia su quel che accadde davvero alla Diaz e chi lo decise. Anche nel fare quel mestiere si deve avere un'etica: nel caso di De Gennaro avrebbe dovuto essere quella di tutelare l'onore della polizia di Stato, la sua trasparenza, la sua capacità di fare pulizia dentro se stessa, invece che sacrificarle a un interesse privato e a alleanze con questo o quel potere. La responsabilità politica però è collettiva, istituzionale, sociale perfino, se i media fossero, come dovrebbero essere, uno degli anticorpi che impediscono che il potere, qualsiasi potere, degeneri in abuso. Questa responsabilità non cade in prescrizione. Da qui dovrebbe partire ora più che mai la commissione d'inchiesta. Non una generica indagine sui "fatti di Genova", ma una minuziosa ricostruzione di cosa, chi e perché nell'organizzazione e nella gestione dell'ordine pubblico ha prodotto il risultato disastroso di sei anni fa. Da qui, però, dovrebbe partire anche la possibilità di creare una "rottura" culturale dentro la stessa polizia. Al contrario di quelle che sembrano essere le indicazioni del Viminale e della maggioranza, quel che occorre non è un avvicendamento "naturale" da De Gennaro con il suo vice Antonio Manganelli. Ci vorrebbe, piuttosto, una scelta coraggiosa, che consenta di ricucire lo strappo creato sei anni fa tra la polizia e ampie porzioni della società italiana. Questa maggioranza non ci ha abituato a scelte coraggiose. E sul terreno delle politiche securitarie porta impresse scelte profondamente sbagliate, compiute nella seconda metà degli anni novanta. L'addio a De Gennaro dovrebbe essere un addio anche a tutto questo. ♦ Se vuoi firmare l'appello, invia un’email a : [email protected] Guarda chi ha già firmato: http://www.carta.org/editoriali/ Giustizia e Libertà Periodico Politico Indipendente Autorizzazione Tribunale di Roma n° 540/2002 del 18.09.2002 Proprietà: L. Barbato Redazione: Via Monte di Casa, 65 -00138– Roma E-Mail: [email protected] Fax: (+39) 06.6227.6293 Direttore Responsabile: Luigi Barbato Vice Direttore: Paolo Di Roberto Redattore Capo: Fernando Esposito