n.222-GL-2007.06.25-Sp.G8 -DEF - BB.pub

Transcript

n.222-GL-2007.06.25-Sp.G8 -DEF - BB.pub
Anno 6 - n° 222
W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M
25 giugno 2007
G iustizia e L ibertà
Periodico Politico Indipendente
Distribuzione telematica
Copia gratuita
Sp. IL G8 di GENOVA
Genova 2001 e la
storia italiana
di BLICERO
di Marco Immarisio
(a pagina 6, 7)
Ipotesi di reato ..
di Marco Preve e Massimo Calandri
(a pagina 8, 9)
Istigò
l’ex-questore ...
di Marco Immarisio
(a pagina 9, 10)
Un poliziotto di
razza ...
di Giovanni Biancone
(a pagina 10, 11)
… il poliziotto
“buono” mette...
(a pagina 12, 13)
“Alla Diaz fu
una nottata…
di Carlo Bonini
(a pagina 13, 14)
… sembrava una
macelleria
da La Repubblica
(a pagina 14, 15)
UIPS fiducia ...
di Francesco Polese
(a pagina 15)
Sui fatti di Genova
da WEB
(a pagina 16 - 18)
...super perizia
su 6 pistole
da La Repubblica
(a pagina 18 - 19)
La perizia dei
Giuliani
da www.rainews24.rai.it
(a pagina 19, 20)
G8 “soffiate”,
polverone …
di A. Boschi e A. Mantovani
(a pagina 32 - 33)
Testo integrale
intervista
di Placanica
da www.carta.org
di Luigi Barbato
(a pagina 2 - 5)
Ho urlato ...
di Marco Immarisio
Sul G8 di Genova del 2001
(a pagina 21 - 24)
Finalmente !
La verità su
Genova 2001
(a pagina 25, 26)
Non sono bastati i dubbi (che poi erano certezze), le incongruenza,
gli assurdi testimoniati da giornalisti di tutte le maggiori testate
mondiale su quanto era tristemente avvenuto a Genova in quei
giorni di maggio del 2001.
Ne è stata sufficiente la misteriosa comparsa-scomparsa dei “black
Block” che, nonostante la stretta “cintura sanitaria” istituita molt per tempo
con PS, Carabinieri, GdF etc. intorno a Genova, sono riusciti ad entrare in città ed a trasformare la manifestazione di protesta dei “no global” in un bagno
di sangue.
“Black block”, come testimoniano le diecine di riprese cinematografiche e
televisive, private, fatte durante quella sarabanda che si è svolta nelle strade
del capoluogo ligure, comparivano e scomparivano nei posti più diversi, come
fantasmi.
E poi, come se non bastasse: la morte del giovane Carlo Giuliani, ad opera
del presunto assassino: “l’agente di polizia Mario Placanica”, causata da un
colpo di pistola che sarebbe stato esploso da costui “mentre, nel Defender, si
è visto assalito dal Giuliani armato di un estintore”.
Per non parlare di quella vera e propria “bufala” rappresentato dalle varie
“perizie” predisposte ad arte per dimostrare che era stato proprio il colpo sparato (??) dal Placanica ad aver ucciso Carlo Giuliani.
(Proiettile che -a sentire le perizie- avrebbe avuto una traiettoria che può solo
paragonarsi al “terzo” proiettile sparato dal Manlicher-Carcano a Dallas per
uccidere JF Kennedy.)
E sono anche da ricordare quegli autentici scempi compiuti nella caserma di
Bolzaneto, trasformata per l’occasione in una via di mezzo tra una camera di
tortura della cosiddetta “Santa Inquisizione” e la “camera degli interrogatori” delle SS di via Tasso a Roma.
Tutto il resto è stato compiuto dalla “disinformatjia” medianica in auge, su 5
reti televisive su 6, durante il quinquennio berlusconiano.
Si è dovuto attendere la caduta della Cdl, la vittoria dell’Ulivo, un governo di
CentroSinistra perché la testimonianza del vice questore Michelangelo Fournier assurgesse agli onori della
cronaca con il rilievo che meritava, fosse debitamente ripresa
dai maggiori organi della
stampa internazionale, e venisse a galla la relazione sulla
“macelleria messicana” -agli
atti gia dal novembre 2002- e
“dimenticata” da tutti, per
ben 5 anni e 4 mesi.
A questo punto cosa si può
dire della moralità, del senso
dello Stato del Presidente del
Consiglio dell’epoca, del suo
vicepresidente (Fini) che tanti
testimoni vorrebbero fosse presente a Genova, e -non dimentichiamolo- del GuardaSigilli
dell’epoca.
♦
MARAMOTTI, da L’Unità, - 2007.06.22
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Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
Genova 2001 e la storia italiana
di Blicero (www.informationguerrilla.org)
I fatti del G8 di Genova entrano di diritto
nelle tormentate storia
e
identità culturale italiane. In questi giorni
di Mio Fratello è Figlio Unico e di interventi di giornalisti americani che cercano
di spiegare ai loro figli
nati in Italia le matrici
culturali del Bel Paese
(v. ultimi numeri di
Internazionale), c'è un
evento forse unico nella nostra storia recente
che ha le caratteristiche per costituire un
ulteriore capitolo nella
formazione della memoria importante per tutti colocollettiva del popolino ro che lo hanno vissuto
italico.
direttamente o indirettamente e per la storia non
Ciò che accadde il 20 e 21 solo del paese, ma anche
luglio 2001 a Genova in- e soprattutto dei conflitti
fatti è un muro contro politici a livello internail quale si infrange l'iden- zionale, sta andando intità di ognuno di noi: di- contro a una sconfitta
fendere i manifestanti, sempre più netta.
accusare la polizia, difendere lo Stato, accusare i E' pure vero che per ora
teppisti, disegnare com- sui manuali di storia delle
plotti da un lato o dall'al- superiori troviamo pagine
e pagine per giustificare
tro.
l'11 settembre e le guerre
Fortunatamente il tentati- che ne sono state l'inevivo disperato da parte di tabile reazione (o origine,
media e istituzioni forse siamo noi che non
culturali e politiche del abbiamo capito nulla!),
paese di far calare il sipa- mentre non troviamo nerio su un evento così anche un paragrafo sul
G8 di Genova.
Ma la memoria delle persone è diventata più viva
negli ultimi anni, anche
grazie al lavoro di molti
gruppi, collettivi e individualità che non si sono
stancate di seguire ciò che
è rimasto di quegli eventi:
i processi.
Seguire i processi di Genova non è un hobby
molto raffinato, anzi è
qualcosa che ti costringe
a ingoiare quintali di bile
mesi un nuovo G8
verrà ospitato nell'isola della Maddalena, nascosto da tutto
e da tutti, all'interno
di una base militare
(e magari con qualche avanzo di armamento giusto per stare tranquilli).
e di delusioni, di ghigni
dietro le spalle di avvocati difensori che credono di aver capito tutto
della vita e di chi sono i
vincenti (loro) e chi i
perdenti (noi), di tribunali che si compiacciono
alla sola visione di un
dirigente delle forze dell'ordine e che ti costringono ai salti mortali per
dimostrare loro anche le
cose più banali.
Non è molto divertente,
ma per alcuni è un'attivit
à
necessaria per
evitare che la
memoria collettiva
perda
pezzi, subendo
l
a
violenza della
spugna aggressiva e arrogante di chi esercita il potere e
la forza in maniera esclusiva
nella “democrazia italiana”.
Sono
passati
ormai sette anni dai giorni di
Genova, e tra
ventiquattro
Intanto i processi
vanno avanti: decine
di processi civili per
arresti illegali, pestaggi gratuiti, presunte resistenze che
si rivelano semplici
giustificazioni per
una manganellata
inutile e violenta.
Ma anche cinque importantissimi processi penali,
molti dei quali vedranno
la loro conclusione nell'arco del 2008.
Proviamo a fare il punto
della situazione su questi
ultimi.
Da un lato abbiamo due
processi contro i manifestanti.
Il primo processo è indi(Continua a pagina 3)
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G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
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Genova 2001 e la storia italiana
(Continua da pagina 2)
ziario definito Processo
al Sud Ribelle”, con sede
Cosenza, unica città nella
quale i carabinieri dopo
aver girato per mezza Italia hanno trovato un pm
compiacente.
Il processo, che coinvolge
anche nomi famosi e meno famosi del movimento, è un autentico delirio
privo di alcuna ancora a
fatti reali: le persone sono
processate per mail e comunicazioni che delineerebbero presunti piani
eversivi, ma senza che
questi possano essere collegati a un qualsiasi evento concreto e reale.
Il processo va avanti da
anni e continua nel silenzio e nel ridicolo generale. La speranza è che presto finisca per scoppiare
come la bolla di sapone
che ne potrebbe essere il
simbolo.
Il secondo processo contro i manifestanti è quello
che vede 25 persone (di
ogni area politica) imputate di “devastazione e
saccheggio”, un reato
risalente all'immediato
dopoguerra e che, rimasto
impigliato nelle briglie
senza tempo del codice
penale sempre più da rifare, è diventato la
punizione esemplare perfetta da pensare per chi si
macchia di reati politici.
Non è un caso che dopo
Genova i principali eventi
politici sfociati in scontri
di piazza abbiano trovato
pubblici ministeri che
hanno provato con decisione a usare un reato così grave. Chiunque disponga di un minimo senso di osservazione si
chiede come mai contemporaneamente pm di Torino, Genova, Milano,
Roma decidono di rievocare un reato di cui nessuno sentiva parlare da
decenni. A pensar male si
fa peccato, ma raramente
si sbaglia, no ?
In Italia purtroppo esistono già 18 persone condannate per l'articolo 419
c.p.: manifestanti presenti
al presidio che l'11 marzo
2006 a Milano si è trasformato in mezz'oretta di
scontri con la polizia, e
che sono stati condannati
estendendo il concetto di
concorso morale a quello
di concorso per presenza.
Non è un caso che Canepa e Canciani (i pm genovesi titolari del processo
ai 25 per i fatti del G8)
abbiano giocato tutto sul
concetto di compartecipazione psichica agli eventi
per condannare i manifestanti imputati dei
disordini
durante le
giornate del
G8. Della
serie: unisci
i puntini.
te a Genova quel giorno.
Se il processo si concluderà con una condanna,
finalmente lo Stato
attraverso un tribunale
avrà sancito che opporsi
alle forme conclamate di
potere transnazionale è
un reato che va duramente represso e schiacciato.
A Genova
rischiamo
di vedere
reiterare una condanna che non
ha nulla di
giuridico
ma molto di
politico: venerdì 22 giugno 2007 andrà in scena
l'ultima testimonianza del
processo ai 25, e dopo le
arringhe, in autunno, assisteremo alla sentenza, che
potrebbe significare una
pena dagli 8 a 15 anni per
tutti gli imputati.
Su quel banco potrebbe
esserci chiunque di
noi, una qualsiasi delle
persone che si sono trova-
Eravamo in 300 mila in
quei giorni a pensarlo:
dovremmo essere altrettanti adesso a chiedere di
assolvere i venticinque o
di condannarci tutti.
Ovviamente nel mondo
delle telenovelas politiche, dei Mastella e delle
pantomime sulle intercettazioni, dei “Berlusconi
uber alles”, assistiamo
anche al tragicomico corso di processi che cercano di sancire con una
sentenza quello che la
storia già conosce: le responsabilità delle forze
dell'ordine nella repressione selvaggia del 20 e
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Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
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Genova 2001 e la storia italiana
molti lettori), e di aver
falsificato il verbale di
arresto accusandoli di
resistenza aggravata.
La sentenza di questo
processo sembra essere
scritta, ma nella vita italiana non si sa mai: non è
certo l'ultimo mistero
buffo ad essere stato trasferito nel cestino della
Le prime vittime del pro- storia senza alcuna verità.
prio hubris militare sono i
sei agenti della DIGOS Il secondo grande proimplicati nel cosiddetto cesso nei confronti delle
processo Perugini (dal forze dell'ordine è quello
nome dell'allora vice ca- per le torture di Bolzanepo della DIGOS e più to, la caserma nella quale
illustre imputato, nonché più di 300 persone furono
protagonista dell'evento portate per essere identicentrale per cui gli impu- ficate subendo vessaziotati sono a processo): Del ni, minacce e botte per tre
G i a c c o , R a s c h e l l à , giorni filati.
Perugini, Mantovani, Pin- 47 persone tra medici,
zone, De Rosa sono accu- agenti della penitenziaria,
sati di lesioni, falso carabinieri e poliideologico e calunnia. De ziotti sono imputati
Rosa ha scelto il rito ab- per abuso d'ufficio e
(solo
breviato ed è già stato l e s i o n i
condannato a un anno e in alcuni casi).
otto mesi di reclusione, Il processo ha visto
sospesi per la condiziona- snocciolare impress i o n a n t i
le.
testimonianze che
Gli altri attendono l'esito hanno fatto rimpiandel processo che li accusa gere l'inesistenza
di aver pestato a sangue del reato di tortura
freddo una decina di ra- (ma quello di devagazzini (tra cui MM, 16 stazione e saccheganni, il cui viso con lo gio esiste, e non si
zigomo fuori posto di vede all'orizzonte la
qualche centimetro è si- possibilità di vedercuramente nella mente di lo eliminato dal no(Continua da pagina 3)
21 luglio 2001, la tradizione della polizia e dei
carabinieri in Italia a nascondere e falsificare prove, ad autoassolversi, a
pensare sempre di poter
evitare di essere giudicati
come tutti gli altri in un
aula di tribunale.
stro codice pena- In effetti verranno
le...).
ritrovate due bottiglie
molotov (oltre a molto
L'ultimo
grande materiale di un cantiere
processo che vede che era presente nella
imputati metà degli scuola e che verrà addeattuali
v e r t i c i bitato alle persone arredella Polizia Italiana state), che però si scoprie un discreto nume- ranno essere state poste
ro di dirigenti del all'interno della scuola
VII
N u c l e o dagli stessi dirigenti della
del Reparto Mobile polizia: un video di Pridi Roma, è quello mo Canale immortala inper il pestaggio san- fatti Gratteri, Luperi e
guinario e l'arresto molti altri dirigenti con in
di 93 persone che mano un sacchetto azzurdormivano nella ro contenente le bottiglie
scuola Diaz a Geno- molotov all'esterno della
va, di fronte al mediacen- scuola.
ter di Indymedia e GSF. La testimonianza del vice
La notte del 21 luglio 20- questore aggiunto Pa01, il VII Nucleo capeg- squale Guaglione, che ha
giato da Vincenzo Canteri- ritrovato quelle stesse bot
ni e Michelangelo Fournier tiglie sul lungomare nel
guida l'irruzione nella pomeriggio non lascia
scuola Diaz, decisa in dubbio a pm e sani di
Questura dai vertici della mente in tutta la penisola:
polizia e dagli esperti del- la polizia aveva bisogno
la DIGOS genovese d i
un'operazione
(Mortola, n'est pas ?): la che bilanciasse le figuracpolizia afferma di aver ce rimediate nei due giordovuto fronteggiare una ni, e piena di rabbia e
pesantissima resistenza, di voglia di vendetta si è
di
cui
non
c ' è scagliata in una scuola
traccia nei filmati a di- menando gente a caso e
sposizione e che cozza quasi ammazzando quatcon la molta gente aggre- tro persone.
dita nei propri sacchi a Il tutto convinti della gepelo, e di essere interve- nerale impunità che la
nuta per la certezza di v i o l e n z a d i s t a t o
trovare pericolosissime (esplicita o fatta realizzaarmi all'interno della re da terzi come nel caso
(Continua a pagina 5)
scuola.
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Giustizia e Libertà
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Genova 2001 e la storia italiana
questi nodi che
cercano in un aula di tridelle bande neofasciste di bunale di acquisire eletanta parte degli anni set- menti che possano corrotanta) ha sempre goduto. borare i libri di storia con
(Continua da pagina 4)
Il processo continua e le
tesi sopra esposte non sono più una supposizione
di un partigiano come me,
ma verità che tutti, dalle
vittime fino all'ex vice
capo della polizia Andreassi e allo stesso
Fournier (che hanno confermato la natura
"compensatrice" dell'operazione e l'uso spropositato e gratuito della forza da parte delle forze
dell'ordine), sono venuti a
raccontare in aula per il
raccapriccio della corte e
di chi le ha volute ascoltare e leggere.
Tutti questi processi, tutti
il suggello
dell'ufficialità istituzionale, potrebbero vedere la
loro fatidica sorte nel corso del 2008.
E se è vero
che la nostra
memoria è il
migliore libro
di storia, uno
che si può
tramandare
attraverso le
parole,
le
sensazioni e
le certezze di
chi ha vissuto
quei giorni, è
altrettanto
vero che Genova non sarà
un capitolo di
storia fino a
quando que-
ste vicende non vedranno
una conclusione. Rimarrà
un pezzo della nostra vita
che alimenta quello che
facciamo e costruiamo
tutti i giorni, nel timore
che prima o poi venga
gettato nell'oblio da chi
cerca di convincerci che
resistere e lottare non è
un'opzione percorribile.
Genova è tutti i giorni,
Genova è di tutti noi, Genova non è finita, Genova
è la verità sotto la pelle
dello Stato.
Blicero
www.informationguerrilla.org
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Giustizia e Libertà
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Haidi Giuliani e gli incappucciati
«Ho urlato: fermatevi.
Volevano distruggere»
Non la riconoscono, non sanno chi è, e quelli che lo sanno le fanno
del male urlandole in faccia che deve scansarsi: «Levati stronza»
di Marco Imarisio (Corriere della Sera, 10 giugno 2007)
«E levati, stronza».
Il ragazzino con il cappuccio non le lascia
neppure il tempo di farlo.
Prende la rincorsa
e le salta davanti
per lanciare una
bottiglia che si infrange sugli scudi
della polizia.
Non la riconoscono, non sanno chi
è, e quelli che lo
sanno le fanno un
male cane urlandole in faccia che deve
scansarsi,
«sono 'sti bastardi che hanno ammazzato tuo figlio», come se lei
fosse una traditrice, ora che si è
piazzata
sulla
traiettoria dei sassi, dei bastoni, dei
cocci di bottiglia
per dire loro di fermarsi.
Quella donna piccola, minuta, vestita con una camicetta e sandali neri,
che ha provato a
mettersi in mezzo
a questo delirio di
un'ora che ha sporcato una giornata
di tranquillo dissenso, si chiama Haidi
Giuliani.
Volava di tutto, i passanti si rifugiavano sotto ai tavolini dei bar
della vie che portano a
Campo de' Fiori, si attaccavano ai muri per
levarsi dalla traiettoria
dei lanci.
Ci voleva del fegato
per mettersi in mezzo,
tentare qualcosa che
non fosse mettersi le
mani sulla testa e scappare.
Haidi è avanzata con le
mani alzate, quasi si
stesse consegnando a
quel furore senza senso.
«Fermatevi, per favore, fermatevi».
Scansati, vattene.
Non è servito a nulla.
Ma qualcuno che aveva presente la situazione in realtà c'era.
Andava dai più esagitati e li eccitava
ancora di più».
Li chiama infiltrati, «ma ai miei
tempi si diceva
provocatori».
Chissà cosa penseranno, quei ragazzi, nel sentire
la madre di Carlo
che loda la polizia.
«Non ha caricato, ed era difficile non farlo. Devo dire che il
prefetto Serra è
stato di parola.
Si sono evitati
ulteriori danni».
E adesso che tutti
sono andati via e
di questa giornata sembra che
restino soltanto i
cocci delle fioriere intorno a piazza Navona, l'amarezza di Haidi
diventa un sussurro.
«Lo so che scriverete soltanto
di questo. Come
al solito. Quelli
volevano
diI suoi amici l'hanno struggere una splenpresa di peso per por- dida giornata. E ci
tarla dietro al cordone sono riusciti».
di polizia, temevano
Si doveva parlare d'alche si facesse male.
«Non capivano nien- tro, con la senatrice
te, neppure quello che Haidi.
gli dicevo. Non vole(Continua a pagina 7)
vano sentire ragioni.
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«Ho urlato: fermatevi. Volevano distruggere»
(Continua da pagina 6)
Dei giovani che indossano la maglietta con la
foto del cartello di piazza Alimonda cancellato
dalla scritta «Carlo Giuliani, ragazzo».
Della sua consapevolezza che quegli abbracci da persone mai
viste sono un segno di
deferenza, lei è la
mamma di Carlo, e dell'effetto
che le fa.
«Non sono
io, è mio
figlio che
dice ancora qualcosa. Io mi
limito
a
girare l'Italia per
tenerne
vivo il ricordo».
Intorno a
lei, nell'interminabile
attesa della
partenza
del corteo,
era come
se ci fosse
una bolla.
Dal carro
dei Giovani comunisti lanciavano gavettoni
a quelli sotto, ma facendo ben attenzione a
non centrarla.
Un'icona, contro
sua volontà.
Movimento, che ormai
cammina sempre più in
ordine sparso, ognuno
per sé, al punto che il
termine viene usato ormai soltanto dai media.
«In qualche modo a
Genova, nel 2001, è
finito qualcosa. Un
percorso comune, la
costruzione di qualcosa che tenesse insieme
realtà tanto diverse.
Anche per questo sono qui e dopo andrò
all'altra manifestazione. Trovo sbagliato
che ci si disperda».
la
Perché Haidi nel quadretto della madre addolorata che le viene
periodicamente costruito addosso non vuole
starci, sente che si tratta
comunque di un'intromissione indebita.
«Il dolore è mio, ed è
una cosa privata. Nessuno mi ha mai visto
piangere in pubblico».
In questo lento pomeriggio, Haidi Giuliani
raccontava del suo stupore, della voglia di
rimozione che ogni
tanto entra in circolo e
rende questo Paese così
particolare.
«Perché in Italia non
si parla dei processi
sui fatti del G8? Non
capisco, davvero. I
giornali inglesi e tedeschi ne par lano. Noi,
Si doveva parlare del muti».
Era stato un colloquio
a tappe forzate, interrotto a ripreso più volte.
C'era da fare spazio
alle persone che vogliono salutarla, le propongono di partecipare
a manifestazioni, raduni, iniziative, da Viterbo a Prato, da Venezia
a Forlì.
Haidi scherzava sulla
sua nuova vita.
«Sono una senatrice
precaria».
filo di apprensione.
«Le parti si sono invertite, è lei che si
preoccupa per me».
Di questo, e di altro
ancora, si doveva parlare, durante una camminata resa pesante solo dal caldo.
Poi il corteo è arrivato
in corso Vittorio.
I
ragazzi
che stavano
dietro
lo
striscione
che precedeva il suo
hanno tirato cappucci
e
passamontagna
fuori dallo
zaino. Haidi
ha provato
a fermarli.
Si è trovata
dentro scene che le
hanno inevitabilmente ricordato
altro,
per
questo alla
fine della
giornata
era ancora
scossa.
«Mi ha colpito questa
rabbia cieca. Volevano solo distruggere.
Un gruppo di ragazzi
male informati, che
non sapevano nulla.
Hanno rovinato tutto.
E adesso le uniche immagini che si vedranno sono quelle degli
scontri, il resto non
conta».
E confessava che non
le piace, l'Italia che vede sui banchi del Senato. «Io ho sempre avuto grande rispetto
per le istituzioni. Ma
le istituzioni lo mettono a dura prova. Noto
uno scollamento totale tra politica e socie- Detto con molta rassegnazione, perché Haidi
tà».
lo sa bene, è così che
Ogni venti minuti, Hai- va. E un altro mondo
di rispondeva alle tele- non è ancora possibile.
fonate della figlia, che
voleva sapere come ♦
stava andando, con un
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Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
Il capo della Polizia iscritto dopo una testimonianza dell'ex questore Colucci
L'ipotesi di reato è quella di istigazione
alla falsa testimonianza
Gianni De Gennaro indagato nell'inchiesta sul G8 di Genova - Il capo
della Polizia avrebbe suggerito una sua versione dei fatti della Diaz
Un piano preparato a tavolino per scagionare alcuni dirigenti
di Marco Preve e Massimo Calandri (La Repubblica, 14.06.2007)
GENOVA
Induzione e istigazione
alla falsa testimonianza.
La recente iscrizione
nel registro degli indagati del prefetto Gianni
De Gennaro sarebbe
legata ad un'indagine
aperta nel corso del
processo per lo sciagurato blitz nella scuola
Diaz, durante il G8 di
Genova.
Un'indagine tesa a dimostrare che i vertici
della Polizia di Stato si
sarebbero messi d'accordo per raccontare in
tribunale
un'altra
"verità", molto più
comoda, sulla sanguinaria irruzione del 21
luglio 2001.
Un piano a tavolino per
scagionare alcuni e
scaricare le colpe sui
rimanenti.
Le accuse della locale
Procura a De Gennaro
sono conseguenza del
fascicolo per la "falsa
testimonianza"
di
Francesco Colucci, che
sei anni fa era questore
nel capoluogo ligure.
Lo scorso 3 maggio
Colucci era stato interrogato in aula, e di
fronte alle domande dei
pm era caduto in un'imbarazzante serie di
contraddizioni, "non ri
cordo" e silenzi.
Cambiando versione
rispetto a quanto dichiarato subito dopo il
G8 aveva indirettamente alleggerito la posizione del prefetto, che
da Roma sembrava non
aver avuto alcun ruolo
nell'operazione.
Alcuni giorni più tardi
il questore ha ricevuto
un avviso di garanzia
per le presunte bugie
raccontate.
Bugie che gli sarebbero
state suggerite dallo
stesso De Gennaro.
Il mese passato i pubblici ministeri avevano
in programma di ascoltare anche il capo della
polizia sul blitz alla
Diaz, ma all'improvvi-
so l'appuntamento in
tribunale era saltato.
Con il senno di poi, è
facile ritenere che non
abbiano voluto convocare in pubblico il prefetto perché sarebbero
stato costretti a rivelargli che era ufficialmente indagato in un altro
procedimento.
L'avviso di garanzia gli
è comunque arrivato l'undici giugno- perché
gli inquirenti hanno
deciso di sentirlo nei
loro uffici, assistito da
un avvocato: De Gennaro ha chiesto e ottenuto di differire l'incontro a data ancora da
destinarsi.
Tutto ruoterebbe intorno alla presenza alla
scuola Diaz, quella
notte da dimenticare,
dell'uomo che allora
era l'addetto stampa del
capo della polizia: Roberto Sgalla.
Interrogato dai pm
Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca,
nell'ottobre del 2001
Francesco Colucci raccontò che subito dopo
aver deciso la perquisizione dell'istituto -e
prima ancora di farvi
irruzione- ricevette una
telefonata da De Gennaro, che durante il
vertice non si era mosso da Roma:
"Mi disse di avvertire
Sgalla".
Era mezzanotte, l'addetto stampa a sua volta chiamò giornali e
televisioni: c'era aria di
arresti, di riscatto.
Dopo due giorni di
guerriglia urbana le
forze dell'ordine volevano dimostrare di avere ripreso in pugno la
situazione.
E il prefetto coordinava
l'operazione.
Interrogato nel dicembre 2002 dalla Procura
di Genova, De Gennaro
smentisce la versione
del questore: "Prendo
atto che il dottor Colucci ha riferito che
(Continua a pagina 9)
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Giustizia e Libertà
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L'ipotesi di reato è quella di istigazione alla falsa testimonianza
avrei dato disposizioni di avvisare il dottor
Sgalla. Credo che ricordi male. Ricordo
bene invece che raccomandai il giorno dopo
misura, prudenza e
sobrietà nel dare notizia sull'evento".
Sei anni più tardi, nel
corso del processo che
vede imputati 25 tra
agenti e superpoliziotti,
Colucci ci ripensa:
"Fui io a chiamare
Sgalla: lo giuro davanti a Dio e allo Stato italiano".
Scatta l'iscrizione nel
registro degli indagati
per falsa testimonianza.
Poco dopo l'apertura
del nuovo fascicolo,
ecco il secondo indagato: Gianni De Gennaro,
accusato di aver istigato e indotto un suo su-
balterno a raccontare
l'"altra" verità sulla
Diaz.
Marco Preve e
Massimo Calandri
La Repubblica
14.06.2007
I pm su De Gennaro
"Istigò l'ex questore a dire il falso
sulla Diaz"
«Lo avrebbe convinto a ritrattare». La difesa: non ci sono stati reati
Marco Imarisio Corriere della Sera, 21 giugno 2007
Dal nostro inviato
GENOVA
L'accusa è infamante,
soprattutto per un uomo che di mestiere fa il
capo della polizia.
Aver tentato di manipolare un testimone che
deponeva al processo
che vede imputati per
falso alcuni dei suoi
uomini di fiducia.
Lo scorso 11 giugno Gi
anni De Gennaro ha ricevuto un avviso di garanzia dalla procura di
Genova nel quale gli
viene contestato il reato
di istigazione a rendere
falsa testimonianza.
In dettaglio:
condotte alla scuola
Diaz e in particolare
ai contatti fra loro avuti e alle informazioni e richieste reciprocamente passate e formulate
allorquando
Colucci rivestiva la carica di questore di
Genova».
I magistrati mettono
anche in risalto il ruolo
pubblico e di potere del
prefetto De Gennaro, e
lo considerano ovviamente come una responsabilità in più:
«Fatto aggravato per
aver determinato a
commettere il reato
persona a lui sottoposta, e con abuso della
funzione pubblica da
lui esercitata quale
direttore generale del
Dipartimento di pubblica sicurezza ».
L'avviso di garanzia
conteneva anche la
convocazione per l'interrogatorio.
Doveva essere il 16
giugno. De Gennaro
non si è presentato.
«Per aver determinato Colucci Francesco
mediante istigazione,
o comunque induzione, a deporre durante
l'esame testimoniale
reso il 3 maggio circostanze non corrispondenti al vero, anche
ritrattando sue precedenti dichiarazioni in
relazione ai fatti vertenti sulla fase di preparazione, svolgimen- La notte della
to e conclusione delle scuola Diaz
operazioni di polizia Come una maledizione,
per il capo della Polizia
e i suoi uomini.
Un avviso di garanzia
che dopo tanta tensione
sotterranea segna in
modo definitivo il conflitto con la procura
ligure, convinta che in
questi anni (sei, da quel
21 luglio 2001) da De
Gennaro, via questura
di Genova, sia arrivato
solo una forma sorda di
ostruzionismo, fino a
questo atto finale, che
lascia intravedere la
convinzione che le difese degli imputati siano state gestite da un'unica regia.
Urge riassunto:
Francesco Colucci è
l'ex questore di Genova
ai tempi del G8.
Lo scorso 3 maggio si
presenta in aula, chiamato a deporre dall'accusa.
A sorpresa, contraddice
e ribalta molte delle
dichiarazioni rese in
istruttoria.
Tanti «non ricordo»,
«la mia affermazione
di allora forse è stata
superficiale», ma quello è il meno.
A insospettire i magi-
strati, sono le circostanze che Colucci mostra di ricordare.
Nella sua ricostruzione
di quella notte disgraziata, i dettagli inediti
riguardano le sue comunicazioni con il vertice della polizia, oltre
a una nuova definizione della catena di comando che gestì l'irruzione nella scuola dei
no global, che «esclude» alcuni imputati cari a De Gennaro e tira
in ballo altri nomi, segnatamente quello di
Lorenzo Murgolo, vicequestore di Bologna
che al G8 fungeva da
vice di Ansoino Andreassi, il «superpoliziotto», all'epoca fu questa
la definizione, che gestì
la preparazione al G8
genovese.
È certo che dopo la deposizione di Colucci, i
magistrati rinunciano
all'audizione del teste
successivo: Gianni De
Gennaro.
L'avvocato Franco Coppi, suo difensore, indica qual è a suo avviso
l'unica
discrepanza:
(Continua a pagina 10)
10 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
"Istigò l'ex questore a dire il falso sulla Diaz"
«Da un primo esame
delle carte, l'unica
contraddizione di Colucci è che in istruttoria disse di aver chiamato Sgalla (capo dell'ufficio Pubbliche relazioni del Dipartimento)
su indicazione di De
Gennaro, mentre in
aula dice di averlo fatto su sua iniziativa.
Non mi sembra un'enormità Il fatto poi
che De Gennaro sia l'istigatore dell'eventuale falsa testimonianza
mi pare frutto di una
pura congettura».
C'era un'aria strana, ieri
all'udienza del processo
sulla Diaz.
I difensori degli imputati, che hanno rifiutato
l'esame in aula, hanno
attaccato l'inchiesta parallela su Colucci, sostenendo che «la sua
deposizione, che l'accusa sospetta di falso,
viene sottratta al vaglio del tribunale con
indagini di un altro
procedimento».
Che ci fosse qualcosa
di importante, nelle
carte della nuova indagine, era ormai ben più
di un sospetto. I pm di
Genova hanno in mano
altri elementi, oltre alla
deposizione di Colucci,
il quale non è mai stato
ritenuto un «fedelissimo» del capo, anzi.
L'ex questore potrebbe
aver rivelato qualcosa
durante una telefonata
intercettata dalla procura.
È indagato dal 22 maggio, e la cosa divenne
subito nota, al punto
che anche Andreassi si
lasciò scappare un riferimento alla nuova inchiesta durante l'audizione come teste.
Andreassi è l'uomo
chiave del processo,
perché fa da contraltare
alla versione di De Gennaro e dei suoi.
Nel 2002 disse di essere stato estromesso e
«delegittimato», spiegando come la Diaz
«fu il frutto di un mutamento di linea d'azione». De Gennaro negò.
Non venne mai indagato.
Lo è oggi, per un reato
che -se l'ipotesi d'accusa fosse confermatasarebbe uno sfregio alla
sua storia di uomo e
poliziotto.
La notte della Diaz, come un maledizione.
Marco Imarisio
Corriere della Sera
21 giugno 2007
Gianni De Gennaro / Il personaggio
Un poliziotto di razza e le sue ragioni
Da Falcone alle nuove Br: una carriera lunga 30 anni
di Giovanni Bianconi Corriere della Sera, 21 giugno 2007
ROMA
Giuliano Amato parlava
e Gianni De Gennaro
annuiva, ieri al Viminale, mentre il ministro
dell'Interno spiegava
l'evoluzinoe della criminalità in Italia. I magistrati sospettano che
il capo della polizia abbia tentato di manipolare un testimone (l'ex
questore di Genova,
Francesco Colucci) che
deponeva al processo
nel quale sono imputati
per falso alcuni dei
suoi uomini di fiducia.
E quando una giornalista ha chiesto perché ci
sono ancora tanti omicidi irrisolti, Amato ha
passato la parola al capo della polizia, che ha
risposto che si tratta
della fisiologia delle
indagini, «a volte il
concreto sospetto non
basta a far trovare le
prove. Ma non credo
che sia una peculiarità italiana».
Come dire che è normale che di non tutti i
crimini si scoprano i
colpevoli, succede dappertutto.
L'importante è provarci
sempre, con impegno e
con tutte le forze a disposizione.
È fatto così, Gianni De
Gennaro, 59 anni ad
agosto, «sbirro» di
razza, appassionato di
barca e di cavalli.
Ragiona e tenta di
far ragionare, spiega e si fa spiegare,
cerca soluzioni.
Lo faceva da commissario
della
squadra narcotici
della questura di
Roma, più di trent'anni fa.
Poi al fianco del
giudice
Falcone
nelle indagini antimafia degli anni
Ottanta, e ai vertici
di squadre investigative di venute
famose: il Ser vizio Centrale Operativo e la Dia.
Infine al secondo
piano del Viminale, dove è entrato
(Continua a pagina 11)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
11
Un poliziotto di razza e le sue ragioni
nel 1994 come vicecapo responsabile della
Criminalpol, poi vicario e dal 2000 capo della polizia.
Tredici anni sempre al
fianco -«al servizio»,
dice lui- dei ministri
responsabili della sicurezza, di qualunque coalizione: Maroni, Napolitano, Russo Jervolino,
Bianco, Scajola, Pisanu
e infine Amato.
Ministri di tutti i colori
e di tutti i generi.
È fatto così.
altri problemi, come gli
capita da diversi lustri;
da ultimo la visita di
Bush a Roma con manifestazione annessa.
Perché la «macchia»
del G8 genovese c'è e
ora ha pure l'arredo
giudiziario che difficilmente si fa mancare in
questi casi, ma la storia
del poliziotto più famoso d'Italia è legata ad
altri episodi che restano e resteranno.
C'è il lavoro svolto a
fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il pentimento di
Tommaso Buscetta e di
molti altri, ma c'è anche quello che De Gennaro non avrebbe mai
voluto fare: l'indagine,
seguita passo dopo passo da capo della Dia e
poi della Criminalpol,
sui mafiosi assassini di
Falcone e Borsellino,
arrestati e condannati
(compresi
latitanti
«storici» come Brusca,
Bagarella e Aglieri) nel
giro di pochi anni.
Fino alla cattura del
Grande fuggitivo, quel
Provenzano che l'11
aprile 2006 è caduto
nelle mani dei poliziotti cresciuti alla scuola
di De Gennaro e della
sua «squadra»: da Antonio Manganelli ad Alessandro Pansa, da
Nicola Cavaliere a Francesco Gratteri e tanti
altri, investigatori cresciuti con lui e saliti a
posizioni di responsabilità nella polizia italiana.
Ostenta la calma e il
distacco del ragionatore anche quando sa che
mentre presenta col ministro
il
nuovo
«rapporto sulla criminalità», alla Camera il
presidente del Consiglio sta dicendo che il
governo considera concluso il suo mandato.
E lui ha in tasca un avviso di garanzia ricevuto una settimana fa dalla Procura di Genova.
Avviso che certo non
ha gradito, al quale ha
risposto non presentandosi alla convocazione.
Non per mancanza di
rispetto, ma perché prima di rispondere e
spiegare è bene capire,
ragionare.
Come aveva fatto in
vista della testimonianza proprio al processo
per le violenze alla
scuola Diaz in quel maledetto G8, e invece
alla vigilia della deposizione i magistrati gli
comunicarono che la
sua testimonianza non
era più necessaria.
Nel frattempo le emerPerché ?
genze si accavallavano.
Con l'avviso di garan- Prima e durante gli anzia probabilmente il ni dell'antimafia -offucapo della polizia qual- scati dalle stragi ordiche risposta se l'è data. nate da Cosa nostra sul
Ma nel frattempo ha continente nel '93, andovuto pensare a mille ch'esse svelate e punite
almeno nella manovalanza mafiosa- c'erano
stati i sequestri di persona.
Dopo è tornata improvvisa l'emergenza del
terrorismo brigatista:
niente a che vedere col
sangue versato tra i Set
tanta e gli Ottanta, solo
qualche sparo nel buio
che però ha mietuto
vittime, più pericoloso
e inafferrabile 7 proprio perché «fuori
tempo».
Pure gli assassini di
Massimo D'Antona e
Marco Biagi sono finiti
in carcere, grazie alla
morte
dell'ispettore
della Polfer Emanuele
Petri e alle inchieste
svolte con De Gennaro
alla guida della polizia.
E poi i sospetti terroristi islamici, espulsi se
non condannati, con un
sistema di prevenzione
che è riuscito a evitare
attentati.
«Finora», ripete sempre lui, col sorrisetto
disincantato di chi sa
che non tutto è prevedibile e non tutte le indagini, come le ciambelle, riescono col buco.
E siccome la polemica
politica non risparmia
nessuno, sono cominciate le risse tra partiti
che da tempo, a intermittenza, accompagnano la carriera di De
Gennaro.
Soprattutto quando i
suoi uomini hanno
svolto
indagini
«scomode», senza fermarsi davanti a nomi
importanti o palazzi
ingombranti.
Perché è vero che a
causa del G8 Rifondazione comunista chiede
da un anno la rimozione del capo della polizia, ma è anche vero
che in quel partito non
ci sono solo Agnoletto
e Caruso, ma pure il
presidente dell'Antimafia Forgione o il presidente della Puglia Vendola, che hanno conosciuto De Gennaro e la
sua «squadra», maturando convinzioni diverse da altri compagni.
E nel centrodestra che
ieri si stracciava le vesti dopo l'annuncio di
Prodi c'è pure chi voleva allontanarlo dal Viminale già nel '94, perché considerato troppo
vicino ai «magistrati
comunisti»;
magari
spedendolo a fare il
prefetto di Palermo,
dov'era immaginabile
che l'aspettasse qualche
chilo di tritolo, come
rivelò l'ex ministro Maroni che invece lo tenne al suo fianco.
Adesso che il governo
annuncia il ricambio, si
verifica ciò che De
Gennaro disse al presidente del Consiglio
l'inverno scorso, quando furono avvicendati i
vertici dei servizi segreti e «l'autorità politica» gli anticipò che
anche per la sua poltrona sarebbe arrivato il
tempo del ricambio.
Chissà chi brinderà
davvero, al momento
E lui, col solito sorri- del cambio.
setto: «Tra poco saranno sette anni, figu- Giovanni Bianconi
Corriere della Sera
riamoci».
21 giugno 2007
Ora quel tempo sembra
arrivato.
12 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
La «macelleria messicana» alla scuola Diaz era agli atti dal novembre 2002
G8: il funzionario «buono» mette
nei guai il «duro» Canterini
Michelangelo Fournier, il primo «pentito» della polizia, è un funzionario che gode di grande reputazione
di Marco Imarisio (Corriere della Sera, 14 giugno 2007)
La “macelleria messi- ta.
che colleziona dischi
cana” era agli atti dal Michelangelo Fournier di vinile e ha la vocanovembre 2002.
non è un ex poliziotto zione dell'istruttore.
senza più nulla da per- Quattro anni fa si prese
Il vice questore ag- dere.
elogio dai vertici
giunto Michelangelo Fo È un funzionario che un
della
per come
urnier usò questa defi- gode di grande reputa- guidò polizia
i
suoi
uomini
nizione nel suo primo zione nel suo settore, durante gli scontri
di
interrogatorio, e fu uun
derby
romano
n'immagine che colpì,
finito con cariche
al punto che nella loro
ripetute in tribuna
richiesta di rinvio a
Tevere, in una
giudizio, datata settemsituazione classibre 2004, i magistrati
ca da guerriglia
genovesi la evocarono
da stadio.
per contrapporla alle
versioni ufficiali seguiA Genova era il
te all'irruzione nella
capo del Nucleo
scuola che ospitava i
Sperimentale
no global.
Antisommossa,
«Quale valutazione un
corpo creato
scrivevano- aveva por
apposta per il G8.
tato a trasformare la
Nei fatti, era il
scena da “mcelleria
vice di Vincenzo
messicana” descritta
Il vice-questore
Canterini, l'uomo
dal dottor Fournier
Michelangelo Fournier
che esce peggio
nelle "evidenti e predalla sua deposigresse contusioni e
ferite" del comunica- quello dell'ordine pub- zione.
Fournier è il poliziotto
to ufficiale diramato blico.
dalla Questura di Ge- Soltanto sabato scorso che quella notte gridò
è stato lui a «gestire» «basta» agli agenti
nova ?»
gli agenti costretti a che ad irruzione ormai
È anche una questione stare fermi sotto il di- conclusa stavano infiedi scelta dei vocaboli, luvio di bottiglie e pie- rendo su una no glotre lanciate contro di bal.
evidentemente.
Perché, ripetute in au- loro dagli anarchici nel È accusato soltanto di
la, le parole di Fournier centro di Roma.
lesioni e non di quel
hanno sollevato un pureato di falso (le moloIl giorno dopo, era sin- tov posticce) che costitiferio.
E l'ammissione di aver ceramente felice nel tuisce il cuore del promentito durante gli in- leggere dei compli- cesso Diaz.
terrogatori per spirito menti alla polizia giun- Ha messo in difficoltà
di appartenenza, ne- ti dalla sinistra radica- soprattutto la linea di
gando di aver mai vi- le, compresi quelli di difesa del suo capo, il
sto aggressioni, inevi- Paolo Cento, del quale quale ha sempre sostetabilmente farà di lui il è stato compagno di nuto che alla Diaz hanprimo «pentito» di scuola.
no picchiato soltanto
questa storia, anche se È un uomo piccolo, altri colleghi, ma non
la definizione è forza- dallo sguardo vispo,
gli uomini del suo Reparto mobile.
Le famose persone con
casco e pettorina che
nessuno è mai riuscito
ad identificare.
Disse Canterini: «Noi
c'eravamo solo perché dovevamo mettere in sicurezza l'edificio, non possiamo aver fatto quelle cose
perché siamo addestrati a controllare i
nervi».
Ieri Fournier, pur ribadendo l'intervento violento di altri agenti, ha
ammesso «molti eccessi» commessi dagli
uomini suoi e di Canterini.
Due versioni inconciliabili, così come diversi sono gli uomini.
Calmo e riflessivo Fo
urnier, piuttosto irruento Canterini.
La deposizione di
Fournier ha avuto l'effetto di riaccendere le
luci sulla vicenda della
Diaz, ma non incide
sui temi più delicati
del processo, i falsi e
la composizione della
catena di comando che
gestì quella disastrosa
irruzione.
I magistrati potranno
chiedersi, e lo faranno
in aula, quanti altri
funzionari
abbiano
mentito «per spirito
di appartenenza».
(Continua a pagina 13)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
13
G8 di Genova, dopo il racconto di Fournier al processo parla l'allora comandante del reparto celere. Il questore Canterini: "C'era una macedonia di polizia. Quando entrai era
tutto finito: vidi sangue ovunque"
"Alla Diaz fu una notte cruenta ma il
macellaio non sono io"
di Carlo Bonini (La Repubblica, 15.06.2007)
La voce del questore
Vincenzo Canterini arriva da Bucarest.
Il Viminale ce lo ha
spedito due anni fa a
occuparsi di traffico di
organi ed esseri umani
presso una struttura Interpol, mettendo il mare tra lui e il Reparto
Celere di Roma, tra lui
e la scuola "Diaz" di
Genova, dove, la notte
del 21 luglio del 2001,
agli uomini che allora
G8: il funzionario
«buono» mette nei
guai il «duro» Canterini
(Continua da pagina 12)
Ma le ammissioni del
vice questore, che all'interno del Reparto
mobile di Roma ricopre ancora gli stessi
incarichi di sei anni fa,
non portano rivelazioni clamorose. Si è solo
aggravata la posizione
di chi ha sempre negato che vi siano stati
pestaggi alla Diaz.
Con
quell'esotico
«macelleria messicana», Fournier ha semplicemente ricordato a
tutti quel che accadde
sei anni fa in una
scuola di Genova. Chi
c'era, chi arrivò subito
dopo, sa che è una
buona definizione.
Marco Imarisio
Corriere della Sera
14 giugno 2007
comandava venne ordi- dappertutto".
nato di fare irruzione.
Ha visto poliziotti
Sessantatrè feriti. Una picchiare donne e
"macelleria messica- uomini inermi ?
na", per usare le parole "No".
del vicequestore Michelangelo Fournier, che di E Fournier, allora ?
Canterini era il vice.
Ha ammesso di a"Io un macellaio non ver visto e interrotlo sono mai stato", to il pestaggio di
una ragazza a terra.
dice lui.
Insiste: "Capito ? Chi Si è scusato per aparla non è mai stato ver taun macellaio. E' un c i u t o
signore che è in poli- sei anni
zia da 41 anni, fa sin- q u e s t a
dacato
con
il c i r c o "Consap" e vive in stanza.
Romania, dove l'Am- Lui ha
ministrazione gli ha visto e
chiesto di andare. Det- lei no ?
to questo, sapete quan- "Premes
che
do Fournier ha parlato so
di "macelleria messi- F o u r è
cana"? Dieci giorni nier
dopo quella notte. E come un
sapete con chi ? Con f i g l i o l o
il Procuratore di Ge- per me, io e lui dicianova dove si era pre- mo in fondo la stessa
sentato
spontanea- cosa".
mente per riferire
quel che aveva visto. "In fondo", lei ha
E sapete chi lo aveva appena detto di
accompagnato
dal non aver visto nesprocuratore ? Vincen- sun pestaggio.
zo Canterini. Dunque, "Come ho ripetuto
sono un macellaio per tredici ore al processo di Genova, coio ?".
me spiegai nell'immeDunque, la macelle- diatezza dei fatti alla
Commissione di inria c'è stata
"Il termine è folclori- chiesta e appunto al
stico. Ma non c'è dub- procuratore di Genobio che è stata una va dove andai insieme
a Fournier, quando
notte cruenta".
entrai nella "Diaz"
Il sangue lo ha vi- era tutto finito. Cominciai a salire le scasto anche lei ?
"Certo che l'ho visto. le della scuola e mi
Ne ho visto tanto e fermai al primo pia-
no, proprio quando
sentii le urla di Fournier".
Cosa vide ?
"Fournier era vicino
a una ragazza ridotta
malissimo. E mi diedi
da fare per far soccorrere lei come gli
altri feriti che erano
nella scuola".
Qualcuno la testa
l'aveva rotta a quella ragazza.
"Non gli uomini del
mio reparto. Non a
caso, Fournier dice di
essersi dovuto togliere
il casco e di aver gridato "Basta !" a chi
la stava picchiando.
Se fossero stati i nostri ragazzi, Fournier
non avrebbe avuto
necessità di togliersi il
casco, perché il nostro
intero reparto era
connesso da interfono. Avrebbe usato
quello".
Dunque, lei arriva a
cose fatte e né
(Continua a pagina 14)
14 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
Giustizia
e Libertà
25 giugno
2007
"Alla Diaz fu una notte cruenta ma il macellaio non sono io"
(Continua da pagina 13)
quella notte, né
successivamente,
riesce a venire a
capo di chi si è
comportato da macellaio. È così ?
"Quella notte, dentro
la Diaz, c'era una macedonia di polizia".
Una "macedonia ?"
"Come si vede dai filmati, nella scuola entrarono almeno in 3
cento. I miei uomini
erano solo 70. Poi c'erano colleghi di altri
reparti celeri, identici
a noi per abbigliamento se si eccettua il
cinturone bianco.
C'erano agenti con
l'Atlantica (camicia a
maniche corte ndr.),
agenti delle squadre
mobili con pettorina e
casco, poliziotti dell'Anticrimine. Di tutto, insomma".
Insisto. La notte
della "Diaz" le ha
cambiato la vita. Da
due anni vive a Bucarest, e in tutto
questo non è riuscito a venire a capo di chi si abbandonò alle violenze.
"Che vuole che le dica? È così. Che devo
fare? Appena rientrai
a Roma, chiesi tutte le
relazioni di servizio di
chi era stato nella
scuola quella notte.
Ma non seppi allora e
non so oggi chi si è
reso responsabile delle violenze".
lato una relazioncina
di servizio al questore
di 15 righe sui fatti di
quella notte che non
sarebbe stata veritiera".
Nella "Diaz" i suoi
uomini rimasero a
braccia conserte ?
"Ma no. Non dico
questo. È ovvio che
qualche manganellata
l'avranno data. Ma so
per certo che nessuno
dei miei uomini ha
mai picchiato una
donna o un uomo a
terra. Né ha mai ricevuto ordini di questo
genere. E non lo dico
solo io".
Tacere la verità non
è un vanto per un
funzionario di polizia.
"Io non ho taciuto un
bel niente. Io riferii al
Questore quello che
avevo visto. Avevo
visto la pettorina e il
giubbotto di uno dei
miei squarciato da
una coltellata e la perizia del tribunale, al
contrario di quel che
affermò inizialmente
il Ris dei carabinieri,
ha stabilito che quella
coltellata fu inferta.
Ho visto venire giù di
tutto dai piani alti
della scuola e infatti
tredici dei miei sono
finiti in ospedale.
Quali bugie ho detto?".
Chi altro lo dice ?
"Evidentemente non
lo sa nessuno, ma soltanto su 2 dei 78 tonfa
(i manganelli ndr.) in
uso al mio reparto
quella notte, le perizie
del Ris dei carabinieri
hanno trovato tracce
di sangue. E quei due
tonfa erano in dotazione a due agenti rimasti feriti, Ivo e Parisi. Dunque, è molto
probabile che il sangue sia il loro. Dico di
più. A Genova, Vincenzo Canterini è imputato di un solo presunto reato.
Non violenze, non pestaggi. Ma di aver sti-
A distanza di sei
anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte.
O no ?
"Mi rimprovero di
non essere riuscito a
imporre una soluzione diversa da quella
che poi fu adottata.
Ma è anche vero che
non ne ebbi modo".
Quale soluzione diversa ?
"Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all'interno della scuola
qualcuno dei potenti
lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E
di aspettare che chi
era dentro uscisse.
Ma non ci fu verso".
A chi lo suggerì ?
"All'allora vicecapo
della polizia e capo
dell'Antiterrorismo
Arnaldo La Barbera".
Arnaldo La Barbera
è morto. Non può
né confermare, né
smentire.
"E infatti faccio a fatica e mi dispiace doverne parlare. Ma
queste cose le ho dette
già sei anni fa, quando il povero Arnaldo,
un amico, era ancora
vivo. Io non so con
chi si consultò a sua
volta La Barbera. So
cosa venne deciso e so
che quando l'irruzione cominciò io rimasi
fuori dalla scuola e il
mio reparto passò
sotto il comando di
due funzionari della
Digos di Genova".
Carlo Bonini
La Repubblica
15.06.2007
Genova, la testimonianza del vicequestore, uno dei 28 poliziotti imputati per la
sanguinosa irruzione nella scuola Diaz
G8, Fournier: "Sembrava una macelleria"
"Non dissi nulla per spirito di appartenenza"
da La Repubblica, 14.06.2007)
GENOVA
"Sembrava una macelleria messicana": è
con queste parole che
Michelangelo Fournier,
all'epoca del G8 del
2001 a Genova vicequestore aggiunto del
Primo Reparto Mobile
di Roma, descrive
quello che vide al mo-
mento dell'irruzione
nella scuola Diaz.
Una descrizione ben
diversa da quella che
Fournier, uno dei 28
poliziotti imputati per
la vicenda, fornì inizialmente.
"Durante le indagini
non ebbi il coraggio
di rivelare un com(Continua a pagina 15)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
15
G8, Fournier: "Sembrava una macelleria"
portamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di
ha
appartenenza",
confessato oggi in aula
a Genova, rispondendo
alle domande del pm
Francesco Cardona Albini.
Nelle dichiarazioni rese inizialmente da Four
nier ai pubblici ministeri Zucca e Cardona
Albini, il poliziotto aveva raccontato di aver
trovato a terra persone
già ferite e non pestaggi ancora in atto.
"Arrivato al primo
piano dell'istituto -ha
detto- ho trovato in
atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti,
due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti
inermi a terra. Sembrava una macelleria
messicana".
"Sono rimasto terrorizzato e basito -ha
spiegato- quando ho
visto a terra una ragazza con la testa rot-
ta in una pozza di
sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: 'basta
basta' e cacciai via i
poliziotti che picchiavano", ha raccontato
ancora Fournier.
scuola c'erano persone che hanno fatto
resistenza, issato barricate, per cui non mi
sento di dare la patente di santità a tutti
gli occupanti dell'istituto".
"Non posso escludere
in modo assoluto che
Sollecitato dalle do- "Ho invitato però la qualche agente del
mande del Pm Cardona giovane -ha racconta- mio reparto abbia
picchiato", ha detto
ancora.
Albini, ha aggiunto:
"Intorno alla ragazza
per terra c'erano dei
grumi che sul momento mi sembrarono
materia cerebrale. Ho
ordinato per radio ai
miei uomini di uscire
subito dalla scuola e
di chiamare le ambu-
lanze".
Fournier ha poi raccontato di aver assistito la
ragazza ferita fino all'arrivo dei militi con
l'aiuto di un'altra manifestante che aveva con
sè una cassetta di pronto soccorso.
to- a non muovere la
ragazza ferita perché
per me la ragazza stava morendo".
In merito poi all'episodio del vice questore
Troiani, il poliziotto
che avrebbe portato le
due bottiglie molotov
nella scuola, come prova a carico dei 93 no
global, poi arrestati,
Fournier ha raccontato
di aver visto il collega
vicino alla camionetta
con addosso il casco
del Reparto Mobile di
Roma.
"Casco e cinturone
del nostro reparto ha spiegato- erano stati distribuiti in occasione del G8 anche ad
altri reparti mobili".
Fournier però ha anche
cercato di ridimensionare in parte le responsabilità dei poliziotti: La Repubblica
"Sicuramente
nella 13 giugno 2007
COMUNICATO STAMPA 21 Giugno 2007
De Gennaro UIPS fiducia in magistratura, no a speculazioni politiche
da Francesco Polese
Riceviamo
e
pubblichiamo
"Esprimiamo fiducia
nell'operato
della
magistratura che sta
indagando sulla vicenda del G8 di Genova.
Se dalle indagini do-
vesse essere accertata la responsabilità
dei singoli, questa
non potrà in nessun
modo intaccare l'immagine e il senso del
dovere dell'istituzione Polizia di Stato,
che non può, come
sta accadendo in
queste ore, essere oggetto di speculazioni
politiche o di giochi
di parte che dovrebbero essere estranei
a queste vicende, dal
momento che la sicurezza è un bene di
tutti."
cato di Polizia Uilps
che aggiunge: "chi
ha sbagliato paghi,
ma non bisogna
strumentalizzare
questi fatti per altri
obiettivi."
Lo dichiara in una
nota Sebastiano Di Cordialità
Luciano, segretario Francesco Palese
genarale del sinda- 333/52.41.891
16 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
Sui fatti di Genova 2001
Vorremmo proporre alcune riflessioni sintetiche relative alla vicenda G8
e a ciò che la riguarda
da http://images.google.it/imgres?imgurl=http://mondooggi.free.fr/img/giuliani. jpg&
imgrefurl=http://mondooggi.free.fr/global/G8Ge2001. php&h=450&w=374&sz =24&hl=
it&start=13&tbnid=wXJko5XFq_WY4M:&tbnh=127&tbnw=106&prev=/images%3Fq%
3Dgenova%2B2001%26gbv%3D2%26svnum%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DG
decisione di chiudere
una zona di Genova,
Senza dubbio esiste un
una volta che una leproblema, meglio una segittima autorità prende
rie di problemi, legata al
una decisione legittima
fenomeno della globalizin democrazia tutti sozazione. Questa serie di
no tenuti a rispettarla
problemi va affrontata
(salvo una contestaziocon serietà di atteggiane nelle sedi legittime,
mento, articolazione di
con strumenti legittiargomenti e concretezza
mi: carta bollata e non
di proposte, come ricormazze ferrate).
dava, nei giorni caldi del
G8, un intelligente antiglobal quale è Franco 3) Ipocrita perciò appare
il lamento di non aver
Cardini.
voluto provocare violenze. Sottoscriviamo
2) No a deleghe
in pieno quanto ha detsconsiderate
to Giancarlo Cesana:
Il cosiddetto Genoa So"a
Genova si è procial Forum, che ha rivenbabilmente
evidendicato il titolo di rappreziato il massimo di
sentanza degli antiglobairrigidimento ideololizzatori (non si capisce
gico, che ha trascinabene con che titolo di leto lo scontento e il
gittimità) non pare proribellismo giovanile
prio abbia affrontato il
verso la violenza di
tema della globalizzaziogruppi piccoli, ma
ne con tali requisiti.
con un elevato potenziale distruttivo di sé
3) è mancata infatti una
e degli altri. L'ideoloseria analisi del problegia e l'astrazione gema, che spiegasse con
nerano sempre vioconvincente chiarezza
lenza. A chi è più aquali siano i cardini
dulto le scene viste in
della interpretazione
tv ricordano gli sconantiglobal, così come è
tri degli anni Settanmancato una enunciata. Non esistono cenzione chiara e univoca
tomila
dimostranti
di obbiettivi concreti
buoni
e
mille
cattivi
da raggiungere.
che spaccano tutto
quello che incontra2) per non parlare dei
no. Come diceva Plamezzi scelti: stride (e
tone, i cattivi fanno
dimostra non serietà)
quello che i buoni socon la proclamata vognano. Soprattutto i
lontà pacifista l'istiga«buoni» che educano,
zione a delinquere,
che informano, che
pubblicamente fatta dal
predicano non debcosiddetto leader del
bono sovrapporre i
GSF, ad esempio allorloro sogni alla realtà.
ché ha istigato a
Dopo il secolo delle
"sfondare" la zona
ideologie, questo è un
rossa, che la legittima
arbitrio inescusabile:
autorità di p.s. aveva
abbiamo tutti la revietato alle manifestasponsabilità di comzioni. Ora, giusta o
batterlo."
(LA
sbagliata che fosse la
1) Premessa
STAMPA, giovedì 26
Luglio 2001, “da qui
citeremo anche sotto)."
4) Che cosa dunque pensare? Vi sono tre
grandi punti: a) un
giudizio sulla globalizzazione; un giudizio sul b) metodo di
come essa debba essere gestita; e c) il
problema di come
avanzare richieste di
cambiamento, o contestazioni.
5) Primo punto:
la globalizzazione
Si tratta di un fenomeno
complesso e ambiguo. In
larga misura inevitabile.
Dunque occorre una modalità di approccio concreto che tenga conto di
questa complessità e non
usi l'accetta dell'astrazione ideologica.
Diamo ancora la parola a
Cesana: "Contro i raduni del G8 sta montando da tempo una
polemica ostile e, come
abbiamo visto, violenta,
centrata su un aprioristico «no alla globalizzazione».
Con tale «no» si intende l'opposizione alla
estensione dello sfruttamento capitalistico e
alla distruzione delle
identità nazionali e culturali. Esponenti estremi di tale opposizione
sono personaggi e movimenti che coltivano
nostalgie o utopie marxiste e anarchiche. Costoro sbagliano (...) perché se la globalizzazione produce gli effetti
negativi sopra menzionati, ne produce anche
di positivi quali un obiettivo miglioramento
delle condizioni economiche e di libertà della
maggioranza dei Paesi
del mondo. La globalizzazione, pertanto, è un
fenomeno ambiguo, come tutte le cose umane,
e per essere adeguatamente affrontata tutto
richiede eccetto che l'irrigidimento ideologico."
In particolare la globalizzazione è un fenomeno
che precede ed eccede i
vertici del G8: non c'è
globalizzazione perché ci
sono i vertici del G8, ma
ci sono i vertici del G8
perché c'è la globalizzazione.
E questa è un dato anzitutto economico, che si
sviluppa da secoli. La
dirigenza politica dei G8
è una piccola punta di un
iceberg che ha le sue leggi, ha una sua forza immensa. La politica può
cercare di gestire, ma non
può certo avere presunzioni demiurgiche nei
riguardi del mondo dell'economia.
Appare perciò ingannevole prendersela con i
G8, come se fossero i dittatori del mondo: non sono i vertici politici ad avere né la totalità del potere, né le vere redini ultime, ma semmai i potenti
dell'economia, la quale ha
delle sue leggi in qualche
modo naturali.
5) Secondo punto:
chi la deve gestire ?
Si sente spesso dire, anche da alcuni preti: non ci
deve essere un G8, ma un
G88 (o metteteci la cifra
che volete), infatti non è
giusto che otto decidano
per tutti.
Nessuno però spiega che
(Continua a pagina 17)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
17
Sui fatti di Genova
(Continua da pagina 16)
significato logicamente
comprensibile abbia questa affermazione, per sé
lapalissiana.
Violano forse gli otto
grandi la sovranità di altri
stati ?
Vengano denunciati allora alle Nazioni Unite !
E dove la violano ?
Quali decisioni hanno
adottato che violerebbero
la sovranità di altre nazioni ?
Do ancora la parola a Cesana: "I capi, democraticamente eletti, dei paesi più progrediti del
mondo hanno tenuto il
loro incontro periodico
per affrontare almeno
alcuni degli innumerevoli e gravi problemi
che affannano la vita
del pianeta. All'incontro, per la prima volta,
sono stati invitati anche
i rappresentanti dell'Onu e di un certo numero
di Paesi poveri. Rispetto
a questi sono stati presi
alcuni
provvedimenti
non risolutivi, ma che
sono certamente un piccolo passo verso la remissione del debito e un
possibile miglioramento
delle condizioni di salute. Tutto ciò è positivo.
Come ha richiamato
anche il Papa nel messaggio al summit, che i
grandi della Terra si
incontrino è un contributo alla pace e alla soluzione dei problemi
che più assillano il mondo. Se non si incontrassero e si guardassero in
cagnesco, sarebbe assai
peggio: non vi sarebbe
luogo per il confronto e
la costruzione su questioni rilevanti come la
pace, la povertà, la salute e l'ambiente."
Cesana pone un problema
di opportunità, salutando
come positivo il già avvenuto allargamento del
vertice: che resta, in sé,
assolutamente legittimo e
non impugnabile, essendo la libera scelta di governi democraticamente
eletti.
Opportunità e non legittimità.
D'altro canto aggiunge
che è positivo che i grandi si incontrino, ricordando che è lo stesso Papa a
dirlo.
Si dirà: ma non sarebbe
meglio aprire il G8 a tutti
gli stati ?
C'è già una cosa simile:
si chiama ONU.
Non è colpa mia se l'ONU riesce a decidere ben
poco. Il fatto è che che la
densità decisionale è inversamente proporzionale alla estensione della
base decisionale. Per
questo esistono assemblee rappresentative e da
nessuna parte esiste una
vera e totale democrazia
diretta.
Qui si gioca un punto essenziale della partita: accettare o non la democrazia.
Il presupposto degli antiglobal (almeno nella loro ... globalità) è proprio
il rifiuto della democrazia: in questo si rivelano
orfani di Lenin, loro che
negano legittimità ai rappresentanti democraticamente eletti, e proclamano se stessi, che nessuna
elezione ha nominato,
infallibili rappresentanti
del "bene del popolo",
araldi del luminoso avvenire e insindacabili interpreti del senso della storia.
6) Terzo punto: come apportare un
contributo
costruttivo.
Certo, anche chi è stato
democraticamente eletto
non è immune da errori e
le sue scelte non sono
insindacabili.
Tali scelte, con cui non si
concorda, possono essere
"contestate" in due modi: "in negativo", con
manifestazioni e simili, e
"in positivo", con opere
costruttive che pongano
dei correttivi.
a) Primo modo.
Giustamente si parla del
diritto di manifestare
pubblicamente il proprio
disaccordo. Purché a) non
si contesti alla radice il
principio di democrazia,
ossia la accettazione della
volontà popolare che si
esprime nelle elezioni, e
b) non si adottino delle
forme di contestazione
intolleranti e violente.
Tanto più per un cristiano
accettare la violenza come strumento per ottenere dei fini anche buoni è
negativo. Come scrivevo
prima del G8 di Genova:
"Davvero non capisco
come può chi crede in
Cristo riporre la propria speranza in un metodo di lotta preso in
prestito da ideologie estranee alla fede. Come
possa
accettare
di sfilare in piazza sotto
bandiere che recano i
simboli in nome dei
quali milioni di loro fratelli nella fede sono stati
martirizzati. Come possa far confluire la propria protesta in un fiume, in cui si riversano
con abbondanza le torbide acque della violenza, violenza non solo
contro la grandi compagnie multinazionali, ma
anche contro inermi e
ignari esseri umani, che
hanno come unico torto
quello di abitare nel
centro di Genova."
Purtroppo molti, anche
tra cristiani "impegnati", sono rimasti impigliati dalla logica della
violenza "buona": a loro
ricordiamo le parole del
Papa, il 22 luglio 2001,
nell'Angelus a Castel
Gandolfo: «A Lui vogliamo oggi affidare i
risultati della riunione
dei Capi di Stato e di
Governo che si sta concludendo a Genova, non
senza esprimere dolore
e amarezza per le ostilità che là sono esplose,
purtroppo con gravi
conseguenze. La violenza non è la strada per
giungere ad un’equa
soluzione dei problemi
esistenti.»
Occorre privilegiare la
concretezza: come ha
detto Vittadini il problema è «avere rivendicazioni precise, altrimenti
appelli generici anticapitalistici lasciano spazio a persone che hanno
come unico scopo la
violenza».
Obiettivi precisi.
Come il debito estero o il
rilancio della cooperazione, «per battaglie di
lungo periodo nella
chiarezza dell'identità
culturale cattolica».
Vittadini dice, con Paolo
VI, che «il primo nome
della pace è lo sviluppo,
e non le campagne di
contraccezione o aborto
di stile occidentale e
imperialista come quelle della fondazione Rockfeller. Anche questa è
violenza».
E la Cdo punta il dito
sulla fetta cattolica del
"movimento
antiglobal": «Si mutuano analisi e metodi dal marxismo e non dall'esperienza delle nunziature
apostoliche che nei
summit internazionali
di Pechino o Istanbul
sono state alleate con i
Paesi poveri».
Un anticomunismo antemuro ?
«No, non è un discorso
passatista. È il Papa a
dire che marxismo e
capitalismo hanno una
matrice comune. Quando Bush dice che basta
arricchirsi di più per
distribuire ricchezza ai
Paesi poveri, è lo stesso
di
chi
declama
"cambiamo il sistema"».
Vittadini riconosce che il
suo è anche «un rimprovero fraterno a quella
parte dell'associazionismo cattolico che dimentica che il primo
annuncio da fare è
quello della liberazione
dell'uomo».
b) Ma è soprattutto sul
versante positivo che i
cristiani devono dare il
loro contributo, senza
(Continua a pagina 18)
G8 di GENOVA 2001
18 Giustizia e Libertà
25 giugno 2007
Sui fatti di Genova
(Continua da pagina 17)
andare a rimorchio di ideologie estranee alla fede.
Cito ancora Cesana:
"La storia insegna che
non vi è giustizia senza
carità, ovvero senza la
coscienza che il bene dei
singoli e dei popoli si realizza solo quando l'uomo
riconosce il proprio limite
e la necessità di esserne,
letteralmente, salvato.
Ne ha parlato Giovanni
Paolo II nell' Angelus di
domenica, quando ha affidato i risultati del G8 a
Cristo: «È Lui che comprende il cuore dell'uomo. È Lui che può colmare le sue speranze e
le sue attese come pure
dare risposta alle preoccupazioni e alle difficoltà che l'odierna umanità
affronta nel suo cammino quotidiano».
Realismo contro astrazione.
A questo proposito, la
realtà è una grande maestra.
Le nostre «fedi» debbono
rispondere adeguatamente
a essa, affermando un
senso della vita capace di
tenere conto di tutti i fattori che la compongono,
incluse quelle contraddizioni che vorremmo,
troppo in fretta, eliminare.
Invece proprio nella contraddizione
dobbiamo
vivere con un senso intero della persona e della
dignità umana, che, tra
l'altro, è il primo modo di
combattere gli effetti negativi della globalizzazione.
Da cristiani, in particolare nella tensione educativa che sempre ha caratterizzato il compito missionario della Chiesa nel
mondo, dobbiamo contrastare l'accusa di Nietzsche:
«Sono dei salvati senza
averne la faccia»."
§§§§§
Abbiamo scritto, in una lettera del 30 luglio: "Una domanda ci sembra fondamentale e decisiva: cui
prodest, a chi giova (che
le cose siano andate come sono andate) ? Potrebbe forse giovare all'attuale maggioranza, al governo ? Ha forse un governo interesse a che lo si
accusi di incapacità nel
gestire l'ordine pubblico,
e addirittura di tentazioni
"cilene" ? Vi è un solo
possibile motivo che spiegherebbe come il governo
potesse avere qualche
interesse a una piega violenta degli eventi: se esso
si fosse concepito non
come governo
italiano
(interessato, se non altro
per il suo buon nome, ad
arginare la violenza), ma
come un tassello di una
diabolica internazionale
del capitale, interessata a
screditare il "pacifico popolo di Seattle" col rende-
re impossibile ogni distinzione tra un'ala pacifica e
l'ala oltranzista e violenta.
Se Berlusconi si fosse
concepito, prima e piuttosto che come capo del
governo italiano, come
emissario di questo, potente e ramificato, sistema di potere economicopolitico, egli avrebbe avuto interesse a dar libero
spazio alle frange violente, onde poter poi dire
"sono tutti così" (dunque
chiunque contesti il capitalismo mondiale è violento).
Sono incline a non credere
vera questa ipotesi, se non
forse per una frazione infinitesimale. Se non altro per il
fatto che, data la situazione
italiana, immolare il proprio
interesse a quello di questa,
largamente
fantomatica,
internazionale del capitale,
sarebbe un suicidio, un lusso che Berlusconi non può
permettersi.
Non giova al governo, quindi, quello che è successo.
Giova piuttosto all'opposizione.
Non gode infatti l'opposizione di poter scagliare contro
il governo le accuse che
infatti sta scagliando (...) ?
Certo una opposizione davvero democratica e responsabile non trarrebbe pretesto da una possibile disfunzione, per attaccare complessivamente un governo,
col fine, malcelato, di impedirgli di governare, di delegittimarlo, di provocare una
traumatica interruzione del-
la legislatura.
Una opposizione davvero
democratica e responsabile
non lo farebbe: la nostra
invece, egemonizzata da
forze di matrice leninista,
che non accetta con sincerità e convinzione il responso
delle urne, la nostra lo fa.
“Prepariamoci a cinque
anni (..) di campagne pretestuose di strumentalizzazione, dove i disordini
di piazza saranno il luogo
privilegiato di questa sinistra regressiva, che dopo
aver cercato per sette anni di darsi una immagine
occidentale e democratica, pare percorsa da un
fremito
neosessantottino."
http://
images.google.it/
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mondooggi.free.fr/
global/G8Ge2001.
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&sz=24&hl=it&start
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Dit%26sa%3DG
L'esame servirà a stabilire se altri colpi furono sparati
contro il giovane ucciso a Genova durante il G8
Morte Giuliani, superperizia
su sei pistole dei carabinieri
Il dubbio degli investigatori è su un secondo bossolo trovato in terra
"non compatibile" con l'arma del militare Placanica
da La Repubblica, 17.12.2001
GENOVA
O qualcun altro esplose so a Genova ? Per ri- balistica su sei pistole è
Solo Placanica sparò almeno un colpo contro spondere a queste do- stata ordinata oggi dal
contro Carlo Giuliani ? il giovane rimasto ucci- mande una superperizia
(Continua a pagina 19)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
19
Morte Giuliani, superperizia su sei pistole dei carabinieri
(Continua da pagina 18)
pm Silvio Franz per
scoprire quale arma
sparò il 20 luglio in
piazza Alimonda a Genova, quando venne
ucciso il giovane Giuliani durante il G8, oltre
alla pistola di ordinanza del carabiniere di
leva Mario Placanica.
L'incarico è stato affidato ad esperti della polizia scientifica
di Palermo.
Delle sei pistole che verranno inviate
in Sicilia, tre
appartengono
ai carabinieri,
tra cui Placanica, che erano a bordo
della camionetta da cui
partì lo sparo
mortale per
Giuliani,
mentre le altre tre sono
quelle sequestrate in questi giorni ad
altrettanti militari che hanno ammesso
di aver sparato in aria a
scopo intimidatorio nel
corso della guerriglia
urbana vicino piazza
Alimonda, tra corso
Torino e via Tolemaide.
La prima perizia, ese-
guita dal perito d'ufficio Valerio Cantarella
solo sull'arma di Placanica, aveva infatti stabilito, a sorpresa per gli
stessi inquirenti, che i
due bossoli, uno trovato all'interno della camionetta dei carabinieri, l'altro per terra vicino piazza Alimonda,
erano stati sparati da
ma del carabiniere di
leva. L'altro invece no.
Mario Placanica, accusato di omicidio volontario per la morte di
Giuliani, nel corso degli
interrogatori aveva ammesso di aver sparato
con la sua Beretta calibro 9 due colpi di pistola.
La perizia, escludendo
due pistole diverse, anche se entrambe del
tipo in dotazione ai militari.
Solo il bossolo trovato
all'interno della camionetta era infatti risultato compatibile con l'ar-
che a sparare i due colpi fosse stata la stessa
arma, cioè quella di
Placanica, aveva aperto
un nuovo filone di indagine tesa a scoprire
chi quel giorno in piaz-
za, oltre a Placanica,
aveva sparato.
Per gli inquirenti "la
nuova superperizia è
stata affidata solo nell'ottica di una completezza di indagini".
"Il bossolo trovato
all'interno della camionetta dei carabinieri - dicono- è risultato compatibile con
l'arma di Placanica, mentre
il secondo bossolo, raccolto
a circa due
metri di distanza dal cadavere di Giuliani, era comunque in posizione compatibile con la
traiettoria".
Il dubbio degli
inquirenti è che
il secondo bossolo non è risultato compatibile con la
pistola di Placanica
forse
perché calpestato dai manifestanti durante
l'assalto
alla
camionetta
e
agli scontri che poi ne
seguirono.
Varie
testimonianze
infatti hanno sempre
parlato solo di due colpi di pistola.
La perizia della famiglia Giuliani:
nessun rimbalzo
da www.rainews24.rai.it
È racchiusa in 36 pagine l'altra verità sulla
morte di Carlo Giuliani. La perizia dei consulenti di parte, incaricati dalla famiglia del
ragazzo ucciso a Genova, arriva a conclusioni
opposte rispetto alla
tesi degli esperti scelti
dalla Procura.
La consulenza è stata
consegnata questa mattina al pm Silvio Franz
da Lia Vinci, avvocato difensore della fami-
glia insieme con Giuliano Pisapia.
La firmano Claudio
Gentile, fisico dell'Uni(Continua a pagina 20)
20 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
La perizia della famiglia Giuliani: nessun rimbalzo
(Continua da pagina 19)
versità di Messina,
Giorgio Accardo, del
Centro restauri di Roma e gli esperti di immagini
Ferdinando
Provera e Roberto Ciabattoni.
Il calcinaccio frantumato
Per loro Carlo Giuliani
sarebbe stato colpito
direttamente dalla pistola del carabiniere
Mario Placanica e non
di rimbalzo, come sostiene il pool di esperti
della Procura: il giovane, dice la perizia, "si
trovava a 3,30 metri
dalla bocca della pistola e non ad una distanza inferiore come
era stato inizialmente
ipotizzato".
Le prove
La frantumazione del
calcinaccio,
mostrata dal filmato del collettivo 'Luna Rossa',
non sarebbe infatti stata
provocata dal proiettile
dall'arma d'ordinanza
di Placanica, perché, affermano i periti,
l'immagine della frantumazione arriva dopo
16 centesimi di secondi
dalla registrazione del
suono dello sparo.
Sarebbe stato invece
l'impatto tra il calcinaccio lo spigolo posteriore superiore del Defender, a causarne la polverizzazione.
fotografiche
Altre riserve vengono
poi sollevate sull'attendibilità delle ricostruzione del tragico avvenimento: le macchine
fotografiche e le telecamere impiegate nella
perizia della Procura
sarebbero
diverse
da quelle che hanno
registrato le immagini
di piazza Alimonda.
Questo procedimento dicono i consulenti avrebbe portato a risultati difformi dalla verità.
Il proiettile
ai raggi X
Due le ipotesi avanzate dal professor Claudio Gentile sulla questione della che il proiettile abbia toccato un
corpo interposto lungo
la traiettoria, ma senza
che ciò abbia comportato un rimbalzo o deviazione
sensibile, oppure che la struttura stessa del proiettile
abbia di per sé provocato la fessurazione
della pallottola. Per
chiarire la dinamica,
dicono gli esperti, saranno necessari nuovi
approfondimenti e non
sono esclusi altri esami
metallografici.
♦
Sul G8 «soffiate» polveroni e bugie
Fuga di notizie in attesa della perizia: Giuliani sarebbe stato raggiunto
«di rimbalzo» da un colpo sparato in alto. Pisapia protesta.
Il perito precisa: «Queste voci non vengono da noi».
di AUGUSTO BOSCHI - ALESSANDRO MANTOVANI
(Il Manifesto, giugno 2002)
Mancano pochi giorni
al deposito dell'ultima,
decisiva perizia sui fatti di piazza Alimonda.
E c'è qualcuno che l'attende con ansia, troppa
ansia, al punto di far
circolare indiscrezioni
e «soffiate» che avvelenano il clima e rendono ancor più difficile
il lavoro dei periti.
Secondo voci diffuse
ieri a Genova il proiettile che ha ucciso Carlo
Giuliani avrebbe rimbalzato, prima, su qualcos'altro.
E potrebbe trattarsi del
famoso estintore che il
ventitreenne genovese
aveva raccolto un attimo prima di essere ucciso.
Lo confermerebbero,
nell'ordine, una traccia
di vernice rossa trovata
sulla pallottola e un
minuscolo frammento
di piombo puro rinvenuto sulla parte posteriore del passamontagna di Giuliani, in corrispondenza cioè del
foro d'uscita.
Di qui l'idea del colpo
«di rimbalzo»: Mario
Placanica, il carabiniere che ammette di aver
fatto fuoco e invoca la
legittima difesa, avrebbe quindi indirizzato la
pallottola verso l'alto e,
se Giuliani è stato colpito allo zigomo, è tutta colpa del suo estintore.
Precisa, perfetta ricostruzione.
Commenta l'avvocato
Umberto Pruzzo, legale
di Placanica: «Se la
perizia dice questo il
quadro cambia radicalmente. Ci era stato
contestato l'omicidio
volontario, ma se si
dimostra che il carabiniere ha sparato
verso l'alto e il colpo è
stato deviato anche
l'ipotesi di eccesso
colposo di legittima
difesa diventa insostenibile».
Ma la perizia non dice
questo, quando sarà
depositata lo vedremo.
«Queste informazioni
non provengono da
noi, stiamo ancora
lavorando», ha spiegato ieri sera un po' seccato Paolo Romanini, il
perito balistico al di
sopra di qualunque sospetto nominato dal pm
Silvio Franz. Romanini,
il medico legale Carlo
Torre e gli altri due
specialisti, Pietro Benedetto e Nello Balossino,
avrebbero dovuto consegnare ieri la perizia,
risultato della ricostruzione sul posto ordinata dal magistrato ed
eseguita il 20 aprile.
Ma hanno chiesto altro
tempo. In settimana annunciano - arriveranno al pm Franz le due
sintetiche risposte ai
quesiti proposti, che
riguardano la distanza
tra la pistola e Carlo
Giuliani e il campo visivo che il carabiniere
(Continua a pagina 21)
25 giugno 2007
G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
21
Sul G8 «soffiate» polveroni e bugie
re, insomma, non era
Placanica aveva a di- quasi dentro la jeep cosposizione dal retro me sembrerebbe dalle
foto prese dal retro con
della jeep.
il teleobiettivo.
Giuliano Giuliani, il pa- E non solo.
pà di Carlo, non vuole A quanto si è appreso
commentare:
«Tutti l'esame autoptico fa
quelli che emettono acqua da tutte le parti:
sentenze fanno uno sarebbe perfino scomparso
-cioè sarebbe
sport sbagliato».
Claudio Gentile, il peri- stato buttato via- un
to nominato da Giuliano frammento del proiettiPisapia legale della fa- le, che invece è ben vimiglia Giuliani, ha ta- sibile nella tac eseguita
gliato corto: «Di rim- sul cadavere.
balzi non si parla proprio. C'è solo l'ipotesi Aggiunge Pisapia: «La
che abbia sfiorato pistola che sarebbe
qualcosa che non ne- poi risultata in dotacessariamente
ha zione al Placanica
cambiato la traietto- mostra una serie di
manomissioni
che
ria».
rendono ancora più
Ma Pisapia stavolta l'ha anomala la vicenda. E
presa male: «Mi ero la Land Rover, pur
imposto il più totale essendo sotto sequeriserbo fino al deposi- stro, è stata manoto ufficiale delle con- messa e modificata in
sulenze.
Rimango alcune parti fondasconcertato di fronte a mentali».
una fuga di notizie del
tutto parziale e inesat- Gli interventi sulla pita».
stola potrebbero spiegare la frantumazione
Le indiscrezioni, «rim- del proiettile, quelli
balzi» a parte, sono sulla jeep potrebbero
tante.
addirittura indicare che
I periti avrebbero infatti alcune delle lesioni riaccertato che tra la jeep portate da Placanica e
e Carlo Giuliani c'erano dagli altri carabinieri
poco meno di tre metri: non erano state provoil ragazzo con l'estinto- cate dai manifestanti:
(Continua da pagina 20)
mancherebbe una maniglia metallica che
prima c'era; mancherebbe sul paraurti
qualsiasi «ricordo»
del doppio impatto con
il cassonetto che bloccò la Land Rover in
piazza Alimonda.
Giuliano Giuliani insiste: «Continuo a vedere sempre la stessa
foto Reuters che non
dà l'idea della distanza tra mio figlio e la
jeep».
E a proposito di disparità di trattamento, gli
avvocati del Genoa
Legal Forum sono scesi in aperta polemica
con la procura di Genova e con il presidente dell'ordine degli avvocati di Genova, Aurelio Dirella.
In un comunicato mettono
in
evidenza
«l'evidente
politica
dei due pesi e delle
due misure attuata
nei confronti dei reati
attribuiti ai manifestanti e agli esponenti
delle forze dell'ordine».
Sotto accusa il pressappochismo delle indagini nell'immediatezza, in particolare il
ritardo nel sequestro
dei locali della scuola
Diaz e la mancata acquisizione dei filmati
che la polizia prese
dall'elicottero in volo
sulla scuola la notte
del 21 luglio.
E denunciano il pericolo che la perizia del
Ris sulla presunta coltellata ricevuta dall'agente Massimo Nucera all'interno della
scuola, coltellata che
la perizia dimostrerebbe essere una messinscena, non venga presa
in considerazione dagli inquirenti.
Nei confronti del presidente dell'ordine degli avvocati l'accusa è
di avere avvallato il
provvedimento firmato
dal procuratore capo
sul differimento dei
colloqui con i difensori dei giovani arrestati,
permettendo di fatto
cha a Bolzaneto accadessero episodi di violenza e sopraffazione.
I legali del Glf chiederanno chiarimenti
Augusto Boschi e
Alessandro Mantovani
Il Manifesto
giugno 2002
Testo integrale del’intervista a
Placanica
da ww.carta.org
Pubblichiamo il testo integrale dell'intervista a Mario Placanica che il quotidiano CalabriaOra ha pubblicato oggi. Per la
prima volta, il carabiniere catanzarese che era sulla jeep
defender in piazza Alimonda, nelcorso dei drammatici giorni
del G8 genovese del 2001, afferma esplicitamente di essere "un capro espiatorio usato per coprire qualcuno" e di
non avere ucciso lui Carlo Giuliani.
Alcuni particolari sono raccapriccianti, come le reazioni en(Continua a pagina 22)
22 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
25 giugno 2007
Testo integrale del’intervista a Placanica
tusiaste dei colleghi di Placanica dopo la morte di Carlo. E poi Placanica si pone queste
domande: "Perché alcuni militari hanno 'lavorato' sul corpo di Giuliani ? Perché gli
hanno fracassato la testa con una pietra ?".
E poi, sempre per la prima volta, ricostruisce l'incidente automobilistico che ha avuto qualche anno fa. "Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare", afferma.
In questi anni, Placanica, dopo essere stato assolto dall'accusa di omicidio [secondo i giudici, aveva sparato "per legittima difesa"] è stato congedato per problemi comportamentali dall'Arma, hacercato di candidarsi alle amministrative con Alleanza nazionale [che era
il partito a cui era iscritto: poi si è candidato con una lista civica].
Le rivelazioni di Placanica confermano la necessità di fare chiarezza su ciò che è avvenuto a Genova nel luglio 2001: sulla catena di comando delle forze dell'ordine, sulle responsabilità dei politici che stavano nella sala operativa, sugli abusi commessi sulle centinaia di migliaia di cittadini che manifestavano liberamente.
E sulla morte di Carlo Giuliani, un ragazzo.
Mario Placanica rompe il silenzio e racconta la sua verità. Il G8 visto da un'altra
"inquadratura". Anche questa purtroppo incompleta.
Solo un tassello in più nel quadro a tinte fosche di quel luglio genovese.
Sono passati cinque anni e quattro mesi dal 20 luglio del 2001, dalla morte di Carlo Giuliani. Mario Placanica, il carabiniere che sparò a piazza Alimonda, si è sposato, è diventato
padre e non è più carabiniere.
L'Arma lo ha ritenuto non idoneo, congedato per "disturbo dell'adattamento con ansia
ed atipie del pensiero".
Lui però non ci sta.
Si è sottoposto ad altre visite che lo hanno dichiarato sano, ha fatto ricorso al Tar e ora ha
deciso di non tacere più.
Dice di non aver più paura della verità.
Non ha una versione alternativa su quei terribili momenti, ma di una cosa appare certo:
non è stato lui a uccidere il giovane manifestante.
ww.carta.org
Quando sei arrivato a Genova ?
Siamo arrivati il 17 luglio
A quale reparto eri stato assegnato ?
Ero con il dodicesimo battaglione Sicilia
Da quanto tempo eri nel battaglione ?
Da dicembre del 2000
Avevi già svolto compiti di controllo dell'ordine pubblico ?
Sì, un banale servizio d'ordine allo stadio di Palermo
Arrivato a Genova che clima hai trovato ?
Eravamo stanchi. Le operazioni di sistemazione
sono state lunghe e snervanti.
Tra i colleghi vi confrontavate ?
C'era una tensione indescrivibile
Gli ufficiali tentavano di tranquillizzarvi ?
I superiori gridavano sempre
Che ordini vi sono stati impartiti per le giornate del G8
?
Ci dicevano che le situazioni
sarebbero state un po' particolari, non come semplice ordine
pubblico ma qualcosa di più
In che senso?
Ci dicevano di stare attenti, ci
raccontavano che ci avrebbero
tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi ter-
roristici. La sensazione era come se dovessimo
andare in guerra
Si è detto che per tenersi carichi alcuni fecero
uso di droga.
Che io sappia no. Certo che c'era un'agitazione
fuori dalla norma. Può darsi anche questo. Io non
ne ho mai fatto uso.
Quella mattina del 20 luglio dove sei stato dislocato ?
Ci hanno posizionato vicino la "Fiera" insieme ad
alcuni poliziotti. Ci sono state delle cariche sul
lungomare, ma solo di alleggerimento. Abbiamo
partecipato alle cariche in cui venne dato alle
fiamme il blindato dei carabinieri. In quella situazione mi è stato affidato il compito di sparare i
lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Però
dopo un po' il maggiore Cappello mi ha preso il
lanciagranate perché diceva che non ero capace.
Io
stavo
sparando
a
"parabola", così come mi è
stato insegnato, e invece lui
ha iniziato a sparare ad altezza d'uomo, colpendo in faccia
le persone. Cose allucinanti.
Quando hai iniziato a sentirti male ?
Io dovevo togliere il nastro ai
lacrimogeni e passarli al maggiore Cappello.
(Continua a pagina 23)
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G8 di GENOVA 2001
Giustizia e Libertà
23
Testo integrale del’intervista a Placanica
(Continua da pagina 22)
Quando si toglie il nastro fuoriesce un po' di gas e
quindi ho iniziato a sentirmi male. Così sono stato
accompagnato in una via che conduce a piazza
Alimonda. Sulla strada ho visto di tutto, ho visto
picchiare a sangue dal colonnello Truglio e dal
maggiore Cappello alcune persone con la macchina fotografica. Ho iniziato a vomitare e mi hanno
fatto salire sulla camionetta.
Chi eravate sul Defender ?
C'eravamo io, Cavataio, carabiniere in ferma biennale e, Raffone, un ausiliario seduto dietro insieme
a me
Nessuno che avesse esperienza ?
Sì, eravamo solo noi
Accanto avevate un'altra camionetta ?
Si, c'era un altro defender con a bordo il colonnello
Truglio. Il responsabile del nostro mezzo era il
maggiore Cappello
C'erano altri colleghi ?
C'era il plotone dei carabinieri davanti a noi che ci
faceva da scudo.
Dalle immagini si vede partire la carica dei manifestanti, tu cosa hai visto ?
I carabinieri sono scappati, ci hanno superato, noi
abbiamo fatto retromarcia e siamo rimasti incastrati contro un cassonetto della spazzatura.
Cosa ti ricordi di quei momenti ?
Solo un rumore infernale.
Quando vi siete incagliati cosa hai pensato ?
Ci hanno lasciato soli, ci hanno abbandonato. Potevano intervenire perché c'erano i carabinieri e
anche gli agenti della polizia. Potevano fare una
carica per disperdere i manifestanti e invece non
hanno fatto niente. Quel momento è durato una
vita.
Quando hai estratto la pistola ?
Quando mi sono visto il sangue sulle mani. Ero
stato colpito alla testa. Ho tolto la pistola e ho caricato
Cosa vedevi davanti a te ?
Non vedevo praticamente nulla, ero quasi steso,
solo Raffone era un po' più alzato. Mi è arrivato
l'estintore sullo stinco, scalciando con i piedi l'ho
ributtato giù. Loro continuavano con questo lancio
di oggetti, io ho gridato che avrei sparato. Poi ho
sparato in aria.
Sei convinto di aver sparato in aria ?
Sono convinto di aver sparato in aria, non ho preso mira, è la verita
Quanti colpi hai sparato ?
Due colpi, tutti e due in aria
Eri seduto ?
Ero steso, con il braccio alzato verso l'alto, all'interno del defender. La mano era sopra la ruota di
scorta del Defender.
Hai sentito solo i tuoi due colpi ?
Sì. Dopo i due spari sul defender è salito un altro
carabiniere che si chiama Rando di Messina e ha
messo lo scudo sul vetro che avevano rotto. Davanti è salito un maresciallo dei Tuscania di cui
non ricordo il nome. E siamo partiti. Eravamo di-
retti all'ospedale ma abbiamo dovuto allungare il
percorso perché sulla strada c'erano i manifestanti, quelli di Agnoletto, che non volevano farci passare. Al pronto soccorso mi hanno ricoverato perché avevo perso molto sangue
Non vi siete accorti di quello che era successo
a piazza Alimonia ?
No. Ho saputo della morte di Carlo Giuliani alle 23
quando sono venuti in ospedale i carabinieri con
un maggiore. Però non mi hanno comunicato la
notizia in ospedale. Mi hanno fatto dimettere, mi
hanno fatto firmare la cartella e mi hanno portato
in caserma. Lì mi hanno detto che avevo ucciso
un manifestante.
Come ti sei sentito in quel momento ?
Mi è caduto il mondo addosso. Io sapevo di aver
sparato però ero convinto anche di aver sparato
in aria. Mi hanno fatto l'interrogatorio, mi hanno
messo sotto pressione e io ho risposto quello che
potevo rispondere. Hanno cercato di farmi dire
qualcosa in più, ma io l'ho detto che non avevo
sparato direttamente.
Quanto è durato l'interrogatorio ?
Un'ora circa, intorno a mezzanotte
E dopo cosa è successo ?
Mi hanno riportato alla fiera di Genova. Mi hanno
fatto dare sette giorni di prognosi
Che ambiente hai trovato quando sei rientrato
in caserma ?
Mi chiamavano il killer. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un basco dei Tuscania,
"benvenuto tra gli assassini" mi hanno detto.
I colleghi erano contenti di quello che era capitato ?
Si, erano contenti. Dicevano morte sua vita mia,
cantavano canzoni. Hanno fatto una canzone su
Carlo Giuliani
Tu come ti sentivi ?
Io ero assente, non volevo stare con nessuno, mi
sentivo troppo male.
Dopo tre giorni ti hanno mandato a Palermo
Ero felice di lasciare quel posto. Però appena arrivato in Sicilia sceso dall'autobus il colonnello mi
ha preso a schiaffi
Perché ?
Forse per scrollarmi un po', ma non lo so
A Palermo come ti hanno accolto i colleghi ?
Tutti mi chiedevano, si informavano. Non ti dico
che pressione psicologica
Ma a casa quando sei tornato ?
Dopo una settimana che ero a Palermo mi hanno
dato trenta giorni di convalescenza. Però mi hanno mandato nella caserma di Sellia e i miei genitori non potevano entrare. Mio padre tra l'altro era
ricoverato in ospedale a Catanzaro. Io uscivo di
nascosto, ma a Catanzaro non sono riuscito a salire.
Che idea ti sei fatto, era per proteggerti o perché non volevano che parlassi all'esterno ?
Non lo so se mi proteggevano o avevano paura di
qualcosa. Anche perché subito in quei giorni mi
(Continua a pagina 24)
24 Giustizia e Libertà
G8 di GENOVA 2001
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Testo integrale del’intervista a Placanica
(Continua da pagina 23)
hanno messo gli psicologi per farmi controllare.
Ma io che malattia avevo.
Certo che accettare di aver ucciso un ragazzo.
Ma io non ero sicuro di averlo ucciso. Mi venivano
i dubbi perché se io ho sparato in aria come fanno
a dire che l'ho colpito in faccia, che sono un cecchino.
Avevi sparato prima di quel giorno ?
Tre volte al poligono e non ti dico i risultati, non ne
ho preso uno. Non ero buono con la pistola anche
per questo mi hanno mandato al battaglione. Alle
stazioni mandano quelli più bravi, gli altri vanno
nei battaglioni.
Dopo Sellia ritorni in Sicilia.
Lì sono iniziati i problemi. Perché tutte quelle domande erano uno stress incredibile. Insomma ho
iniziato a marcare visita. Mi hanno trasferito a Catanzaro al reparto comando, poi sono andato a un
corso integrativo in Sardegna. Ma anche lì continuavano le domande e non ho neanche finito il
corso. Sono tornato in Calabria e per due anni ho
iniziato a lavorare a singhiozzo.
In questo periodo ti capita un altro episodio
che ha fatto discutere. Ti salvi quasi miracolosamente da un incidente stradale.
Ho perso improvvisamente il controllo del veicolo.
Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare.
Dopo questo periodo difficile però inizi a sentirti meglio e il 22 novembre 2004 ti sottoponi
a una visita psichiatrica all'ospedale militare
per tornare in servizio
Era parecchio che non lavoravo, mi sentivo di voler riprendere, ero più sereno, mi ero appena fidanzato. Il dottore Pagnotta dell'ospedale militare
dopo avermi esaminato mi dice che ero idoneo.
Porto il certificato in commissione medica e invece
i tre ufficiali della commissione non ne tengono
conto e mi dicono che mi fanno fare un'altra visita.
Perché un'altra visita
Non me lo hanno detto. Mi hanno mandato dalla
dottoressa Vittorina Palazzo. Secondo me avevano già deciso di congedarmi. Con la dottoressa ci
eravamo già visti a Villa Bianca. Io ero andato perché prendevo delle gocce per dormire. Lei invece,
senza visitarmi, mi ha fatto prendere l'Aldol.
Dormivo venti ore al giorno, mi ha rovinato, non
me lo doveva dare.
Fai quest'altra visita il 13 dicembre del 2004 e
cosa succede ?
La dottoressa mi ha dichiarato non idoneo. Mi è
caduto il mondo addosso
Potevi però chiedere di essere destinato agli
uffici ?
Me lo hanno consigliato loro di fare domanda e io
l'ho fatto. Non l'hanno accolta perché non ero inquadrato nella forza dell'Arma, perché ero ancora
in ferma volontaria. I quattro anni però erano già
scaduti, ma non ne hanno tenuto conto.
Hai presentato ricorso al Tar ?
Ma dicono che è innamissibile il mio rientro, hanno
prodotto la mia domanda per i ruoli civili sostenen-
do che io ero già consapevole di voler andare in
ufficio, quando invece sono stati loro a consigliarmi di farla. E non hanno tenuto conto della mia
causa di servizio, a me spetta il ruolo civile.
Perché non ti vogliono più ?
Sono un capro espiatorio usato per coprire qualcuno. Le porte sono chiuse per Placanica
A logica però sarebbe stato più conveniente
tenerti buono e non lasciarti solo ?
Però se vengo congedato per problemi psichici
chi mi crede ! Per anni mi hanno sottoposto a uno
stress psichico insopportabile. Mi hanno detto che
i no global mi avrebbero ammazzato. Sono arrivati a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie quando era incinta. Con il congedo che mi hanno dato
chi mi darà un lavoro?
Eppure c'è una terza perizia.
Ho chiesto una perizia di parte effettuata da Mauro Notarangelo che ha certificato che io sto bene.
Sono riuscito a ripulirmi da tutti i farmaci che mi
hanno fatto prendere
A distanza di cinque anni quale è il tuo pensiero su questa vicenda ?
Credo che mi sono trovato in un ingranaggio più
grande di me. Che ero nel posto sbagliato, non si
potevano mandare ragazzi inesperti e armati in
quella situazione
Secondo te si è detta tutta la verità sul G8 di
Genova ?
No.
Cosa è rimasto all'oscuro ?
Ci sono troppe cose che non sono chiare.
A cosa ti riferisci ?
A quello che è successo dopo a piazza Alimonda.
Perché alcuni militari hanno "lavorato" sul corpo
di Giuliani ? Perché gli hanno fracassato la testa
con una pietra ?
Hai posto queste domande ai tuoi superiori ?
Una volta ho telefonato al maggiore Cappello. Lui
mi ha detto che non dovevo avere dubbi. Però lui
mi disse di aver saputo quanto successo la sera
alle 20 e invece nelle immagini che ho rivisto si
vede lui accanto al corpo di Giuliani. Io non ho
sentito altri spari, però anche i colleghi che erano
dentro al defender non hanno sentito i miei colpi.
Ritengo che cremare il corpo di Giuliani sia stato
un errore, forse si sarebbe potuto scoprire di più,
qualcosa sul corpo forse c'era.
Sei alla ricerca della verità
Si. Come fanno a dire che l'ho sparato in faccia.
Non è vero. È impossibile. on potevo colpire Giuliani. Ho sparato sopra la ruota di scorta del defender.
Perché hai deciso di parlare solo adesso ?
Perché ci vuole coraggio e io finalmente l'ho trovato. Merito anche dell'avvocato a cui mi sono
rivolto, Antonio Ludovico, che mi ha sempre sostenuto e mi ha consigliato di non aver paura della verità.
da ww.carta.org
25 giugno 2007
Giustizia e Libertà
25
Finalmente !
La Verità su Genova 2001
da http://www.carta.org/editoriali/2007/070615.htm
Abbiamo aspettato sulla riva del fiume per sei anni.
Ma non siamo stati inerti.
Da subito dopo il G8 di Genova, inchiesta dopo inchiesta, abbiamo chiesto le dimissioni di Gianni De Gennaro e l'apertura di un esame collettivo, interno alle forze dell'ordine e nella società, che aiutasse a capire cosa è andato storto, tanto da
ottenere quel risultato: Diaz, Bolzaneto, Piazza Alimonda, ma anche i processi di
Cosenza, e prima ancora i pestaggi a Napoli e mille altri episodi di
"malapolizia" tutt'altro che fisiologici o giustificabili con la teoria delle "mele
marce".
Con sei anni di ritardo, i cosiddetti "grandi" giornali si sono lanciati, oggi, sulle
spoglie dell'ex potente che finora avevano difeso in ogni occasione possibile, fedeli a un perverso patto di mutuo soccorso che ha impedito di arrivare prima, e
con meno danni per la democrazia, alla soluzione ovvia: dimissioni del capo della
polizia e commissione d'inchiesta parlamentare: quella che l'Unione aveva promesso nel suo programma elettorale e che ora chiede l'appello che pubblichiamo
qui.
I sette anni di regno di Gianni De Gennaro, finiti nel modo peggiore per un
"poliziotto di razza" (come scrive ancora oggi il Corriere della sera), non si
spiegano con la teoria delle "due vite" su cui si arrampica Giuseppe D'Avanzo
sulla Repubblica.
Ci sono stati molti segnali, in questi anni, e ci sono molte, moltissime cose da
chiarire, sui legami politici che hanno permesso a De Gennaro di promuovere impunemente tutti i (presunti, ancora) responsabili delle violenze genovesi; che hanno evitato che la gestione dell'ordine pubblico fosse sottoposta a una verifica pubblica; che hanno consentito altre e continue violazioni dei diritti umani, dal trattamento dei migranti nei Cpt alle indagini indiscriminate e alle espulsioni facili di
presunti terroristi, poi riconosciuti innocentii; fino alla reazione muscolare a una
lunga serie di lotte sociali e territoriali degli ultimi anni, dalla Valle di Susa occupata all'epoca di Venaus alla discarica di Serre che si voleva aprire a mano armata, dalle reazioni alle azioni delle reti dei precari a quelle alle occupazioni di case,
ai continui rigurgiti di proibizionismo, cioè di caccia al "drogato".
Un delirio sulla sicurezza: smentito per altro, proprio in questi giorni, dai dati sulla criminalità in generale calante, a parte le mafie colluse con i poteri, nel nostro
paese.
La responsabilità penale è di certo personale, e De Gennaro saprà come risponde(Continua a pagina 26)
26 Giustizia e Libertà
INTERNI
25 giugno 2007
Finalmente La Verità su Genova 2001
(Continua da pagina 25)
re alle accuse che gli muovono i pm genovesi: quelle infamanti di aver orchestrato le false testimonianze dei funzionari di polizia su quel che accadde davvero alla Diaz e chi lo decise.
Anche nel fare quel mestiere si deve avere un'etica: nel caso di De Gennaro avrebbe dovuto essere quella di tutelare l'onore della polizia di Stato, la sua trasparenza, la sua capacità di fare pulizia dentro se stessa, invece che sacrificarle a un interesse privato e a alleanze con questo o quel potere.
La responsabilità politica però è collettiva, istituzionale, sociale perfino, se i media fossero, come dovrebbero essere, uno degli anticorpi che impediscono che il
potere, qualsiasi potere, degeneri in abuso.
Questa responsabilità non cade in prescrizione.
Da qui dovrebbe partire ora più che mai la commissione d'inchiesta.
Non una generica indagine sui "fatti di Genova", ma una minuziosa ricostruzione di cosa, chi e perché nell'organizzazione e nella gestione dell'ordine pubblico
ha prodotto il risultato disastroso di sei anni fa.
Da qui, però, dovrebbe partire anche la possibilità di creare una "rottura" culturale dentro la stessa polizia.
Al contrario di quelle che sembrano essere le indicazioni del Viminale e della
maggioranza, quel che occorre non è un avvicendamento "naturale" da De Gennaro con il suo vice Antonio Manganelli.
Ci vorrebbe, piuttosto, una scelta coraggiosa, che consenta di ricucire lo strappo
creato sei anni fa tra la polizia e ampie porzioni della società italiana.
Questa maggioranza non ci ha abituato a scelte coraggiose.
E sul terreno delle politiche securitarie porta impresse scelte profondamente sbagliate, compiute nella seconda metà degli anni novanta.
L'addio a De Gennaro dovrebbe essere un addio anche a tutto questo.
♦
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