C-RelStorica - Comune di Cremona

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C-RelStorica - Comune di Cremona
Progetto di conservazione e riuso delle
COLONIE PADANE
Via del Sale 60, 26100 Cremona
Comune di Cremona
Piazza del Comune
26100 Cremona
Fondazione Giovanni Arvedi
e Luciana Buschini
Piazza Lodi 7
26100 Cremona
RELAZIONE STORICA
PROGETTO DEFINITIVO
LE “COLONIE CREMONESI DEL PO”
CENNI STORICO-DESCRITTIVI
La colonia dell’Opera Pia “Colonie Cremonesi del Po”, frutto della tradizione assistenziale cremonese e
sostenuta dalle politiche del regime fascista, sorge su un lotto quasi triangolare, i cui cateti si allineano a
via del Sale e al fiume Po. Istituita nel 1915, la colonia viene eretta in Ente Morale nel 1922 e intitolata
alla “Regina Margherita di Savoia”: da questo momento in avanti le sue strutture saranno oggetto di
diversi interventi, prima di conseguire l’assetto definitivo tuttora esistente. La loro prima sede ufficiale
viene collocata verso il vertice del lotto e viene studiata tra il 1921 e il 1922 dai progettisti Davide Vaiani
e Achille Manini. Sorgono così gli chalet in legno e le coperture dei refettori su palafitte in cemento
armato, le cui tracce sono ancora visibili nel basamento degli edifici del campeggio “Parco al Po”, oggi
prossimo ad essere trasferito in altra sede. Una parte del lotto, quella prospiciente via del Sale, rimane
libera.
Frattanto, complice la presenza sul territorio di un importante gerarca fascista, Roberto Farinacci, tutti i
114 comuni della Provincia di Cremona si sono dotati di una propria colonia estiva in muratura,
smontabile in legno o temporaneamente inserita in un edificio preesistente. Nel 1937, dunque, anche il
Comune di Cremona decide di dare alla propria istituzione elioterapica una sede di rappresentanza dopo
che quest’ultima viene citata nella variante al Piano Regolatore della città come motivazione per il
riassetto e l’ampliamento di via del Sale (Comune di Cremona, 1937). Il compito viene affidato
all'ingegnere Carlo Gaudenzi, autore della maggior pare delle colonie della provincia, che progetta un
edificio in calcestruzzo armato di due piani, dominato da un’alta torre dal profilo curvo.
La costruzione è realizzata tra il 1937 e il 1938 dall’impresa cremonese Buschini e Galli.
La pianta è concepita come una semicorona circolare lunga circa 115 metri sull'esterno, interrotta da quattro
giunti di dilatazione e aperta verso il boschetto e il fiume retrostanti. Il telaio strutturale è composto da
pilastri e travi, sorretti da fondazioni a plinto e continue, e disposti lungo raggi distanziati di 5° 30’. Tale
schema consente una grande flessibilità nella sistemazione degli spazi interni e la corretta rispondenza ad ogni
esigenza funzionale; l’uso del telaio puntiforme e l’orientamento della pianta sono inoltre studiati per il
deflusso delle acque durante le inondazioni del fiume. Un secondo volume si protende dal centro della corona
semicircolare verso lo spazio per la ginnastica, oggi sostituito da una vasca d’acqua, seguito da un arco di
trionfo e da due piscine per bambini, oggi svuotate. I due livelli dell’edificio sono collegati da un sistema di
duplici rampe collocate sul fronte dell’edificio, sulle testate della corona semicircolare e su quella del corpo
centrale.
L’effetto spaziale complessivo è efficace e avvolgente, e ravviva la linearità della composizione sottolineata
dall’assenza di travi a vista nei solai del primo piano, fissata fin dal capitolato d’appalto. Una copertura piana
unifica l’intero complesso e termina in una sottile pensilina a sbalzo che accompagna con leggerezza la
sequenza di aperture del primo piano.
Per ottenere questi risultati Gaudenzi adotta i solai Atéro e Bidelta, prodotti dalla locale fornace “Eredi Frazzi”
e collaudati con successo dai laboratori di prove sui materiali del Politecnico di Milano, dislocandoli in
funzione del carico a cui devono essere sottoposti.
L’esterno dell’edificio è caratterizzato da intonaci Terranova in colori contrastanti, mentre all’interno sono
usati i toni del rosa e dell’azzurro per indicare gli spazi femminili e maschili. Le funzioni, infatti, sono
distribuite con estrema razionalità e semplicità: il piano terra del volume semicircolare è diviso
simmetricamente per ospitare docce, spogliatoi, lavandini e asciugatoio da un lato per i maschi, dall’altro per
le femmine, mentre magazzini, dispensa, lavanderia e deposito del carbone sono collocati nel volume
sporgente sul parco. Al primo piano, le infermerie per le visite mediche e i bagni maschili e femminili si
trovano nelle testate della semicorona circolare, mentre l’ampio refettorio comune ne occupa il centro,
direttamente servito dalle cucine poste nel secondo blocco e schermato verso l'ingresso da grandi frangisole
in calcestruzzo armato che riparano anche le scale d'accesso principali.
I pavimenti del piano terra dell’edificio sono originariamente realizzati in cemento battuto e bocciardato,
mentre al primo piano si trovano diverse soluzioni di pavimentazione, costituite da mattonelle esagonali in
grès ceramico bianco e rosso o in graniglia di colore rosa, giallo, bianco e nero, oltre a graniglia gettata per le
soglie e i camminamenti esterni; le carte d’archivio testimoniano che tali scelte sono state accuratamente
ponderate dalla direzione lavori in sede di esecuzione, con attenzione ad igiene, economia e funzionalità in
relazione alle destinazioni assegnate alle diverse parti della struttura.
I serramenti adottati sono prevalentemente di due tipologie, in legno e ferro, declinate secondo varianti
dettate dalle dimensioni e dalla rispondenza alle necessità di aeroilluminazione dei locali: al piano terra sono
impiegati prevalentemente infissi in legno, mentre al primo piano i serramenti sono interamente in ferro.
Entrambe le tipologie sono progettate con semplicità ed accortezza, come emerge dall’esame del capitolato
d’appalto e dalla documentazione di cantiere, in cui sono conservati i disegni esecutivi di progetto sulla base
dei quali l’impresa deve fornire campioni.
Due garitte, oggi scomparse, sottolineano l’accesso allo spazio della colonia in corrispondenza dell’ingresso
principale che si trova lungo via del Sale e che conduce al fabbricato attraverso aiuole ripartite
geometricamente, separate da vialetti che portano ad ingressi secondari. La piantumazione circostante
l’edificio, infatti, è parte integrante del progetto, studiata in funzione della struttura semicircolare di cui
costituisce una sorta di ampliamento disegnato su circonferenze concentriche di filari di piante ad alto fusto.
La specie arborea prevalente negli spazi aperti è costituita da pioppi, di cui si programma il taglio e la vendita
quale fonte di reddito per contribuire al mantenimento dell’intero complesso, che durante gli anni della
guerra e l’immediato dopoguerra vedrà anche l’utilizzo delle aree disponibili attorno agli edifici per la
coltivazione di granoturco, grano, patate.
La Colonia viene inaugurata ufficialmente nell’estate del 1938, con la partecipazione del segretario del partito
Achille Starace, di Farinacci e di altri gerarchi, e costituisce un momento particolarmente significativo per la
città.
Come dimostrano le bellissime fotografie scattate da Ernesto Fazioli nei primi anni quaranta del Novecento ed
oggi conservate presso la Regione Lombardia che documentano sia momenti ufficiali (come la visita del
vescovo Cazzani o dell'onorevole ingegnere Nino Mori) sia momenti quotidiani della vita alla Colonia "Roberto
Farinacci", l'edificio e gli spazi annessi sono vivacemente vissuti, e la permeabilità tra interno ed esterno è
garantita dalla scelta, che caratterizza sopratutto il refettorio che occupa la parte centrale del primo livello
della costruzione, di non inserire setti murari perimetrali o serramenti, limitandone la presenza agli spazi in
cui si rendono necessari (spogliatoi e servizi).
Nel 1944 l’edificio progettato dall’ingegner Gaudenzi esce indenne dai bombardamenti che in luglio
interessano la zona della stazione ferroviaria cittadina e distruggono il vicino ponte sul fiume Po; nello stesso
anno viene occupato da truppe tedesche, che però non introducono modificazioni alla struttura.
La ricerca storica ha messo in evidenza che un'ala del fabbricato, indebolitasi in seguito a cedimenti
causati dall'assestamento, è stata rinforzata mediante l'ispessimento degli spessori murari; i documenti, non
datati, non specificano di quale porzione di edificio si tratti. Dall'osservazione dei rilievi planimetrici appare
plausibile individuare tale rinforzo strutturale nel muro di spina presente nella testata destra del piano terra
sostitutivo del consueto schema a pilastri. Si segnala inoltre che il balcone dell'arengario si trova leggermente
fuori asse, e che la collocazione di alcuni tamponamenti si trova in posizioni differenti rispetto a quelle
previste nel progetto di Gaudenzi.
L’attività della colonia riprende nel dopoguerra gestita dall’ente “Colonie riunite Cremonesi”, e prosegue fino
agli anni settanta del Novecento, quando i fabbricati e l’area circostante sono ceduti al Comune di Cremona
con l‘impegno di mantenerli al servizio della comunità; da questo momento le destinazioni si alternano in
varia maniera, ma rimangono sempre legate allo sport e al tempo libero.
Risale a quest'ultima fase l'inserimento della vasca d'acqua a forma bilobata nello spazio compreso tra
l'edificio e l'arco trionfale verso le piscine, originariamente destinato alla ginnastica e alla musica, come
documentato dalle immagini storiche.
DESCRIZIONE DELLO STATO DI FATTO
Come già precisato, a partire dagli anni settanta del Novecento viene meno per l'edificio la destinazione a
colonia elioterapica, e con il passaggio della proprietà al Comune di Cremona inizia un periodo di semi
abbandono per la struttura, nonostante vari cicli di interventi abbiano in parte rinnovato la funzionalità e le
finiture dei servizi igienici del piano terra, e coinvolto con pressoché totali rifacimenti e ritinteggiature le
superfici intonacate esterne; il parco continua a mantenere la propria funzione di spazio verde aperto al
pubblico.
Dalla metà degli anni novanta del Novecento al primo piano si insedia un locale pubblico, destinazione che
implica una serie di trasformazioni che però, in linea di massima, si sovrappongono all'esistente con
sovrastrutture leggere e reversibili (pannelli in legno e policarbonato per chiudere parte degli spazi e dei
ballatoi del primo piano, pavimenti lignei sopraelevati) senza snaturarlo.
L’articolazione degli ambienti ha quindi subito poche modificazioni, mentre il degrado complessivo di
materiali e strutture è purtroppo avanzato. La situazione del parco è analoga: il sesto di impianto originario è
ancora leggibile, ma in larga parte perduto.
In particolare, gli intonaci Terranova esterni con le relative colorazioni si rivelano presenti in alcune zone
localizzate al di sotto di strati di intonaci cementizi e tinteggiature plastiche a loro volta già fortemente
degradate, che manifestano generalizzata presenza di depositi superficiali, distacchi, erosioni e, soprattutto
nelle parti esposte a nord, attacchi biologici ed efflorescenze saline.
Le strutture in calcestruzzo appaiono generalmente in buono stato di conservazione dove visibili a causa della
mancanza di tutti gli strati di intonaco superficiale; analogamente in varie zone il distacco di tutti gli strati
dell'intonaco dall'intradosso dei solai ha portato alla luce la loro struttura, che manifesta localizzati episodi di
sfondellamento.
Per quanto riguarda i serramenti originari, le finestre lignee del piano terra sono in alcuni punti della struttura
ancora presenti, anche se fortemente degradate: i telai sono deformati, i vetri spesso rotti, mancanti o
sostituiti con lastre di policarbonato. In alcune zone sono già stati sostituiti con serramenti con struttura in
alluminio che ne riprendono la semplice partizione e la originaria tinta blu.
I serramenti di finestre e porte in ferro del primo piano sono in larga parte ancora presenti, seppure
caratterizzati da avanzata ossidazione delle parti metalliche e anche in questo caso parziale mancanza o
sostituzione delle specchiature in vetro.
Analoghi problemi di ossidazione manifestano tutti gli elementi in ferro presenti sulla struttura, quali i
parapetti e le ringhiere di scale e ballatoi.
Le pavimentazioni presentano generalizzati depositi superficiali, erosione superficiale (soprattutto con
riferimento alle graniglie di cemento gettate in opera collocate all'esterno), localizzate mancanze.
Le strutture esistenti nel parco, e in particolare l'arco trionfale e le ex piscine, manifestano problemi di
degrado analoghi a quelli descritti per l'edificio principale: mancanze dell'intonaco, distacchi dello stesso che
lasciano a vista le sottostanti strutture in muratura o in calcestruzzo armato; presenza di depositi superficiali
diffusi sulle superfici con erosione anche profonda degli strati di intonaco e zone caratterizzate dalla presenza
di attacchi biologici; parziale distacco delle pavimentazioni.
La copertura piana è stata oggetto nel tempo di più interventi di rifacimento e riparazione delle guaine di
impermeabilizzazione, che ora si presentano in uno stato di generale degrado caratterizzato dalla presenza di
fessurazioni e imperfezioni che comportano il rischio di infiltrazioni all'interno delle sottostanti strutture.
Per una più puntuale ed approfondita disamina dei materiali in opera e del loro stato di conservazione si
rimanda alle tavole di rilevo materico e dello stato di conservazione e alle relative schede descrittive allegate.
Cremona, 22 aprile 2016
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
A. DANUSSO, G. CERUTI, G. OBERTI, Prove comparative sopra elementi di solai di cemento armato con particolari
casseforme laterizie, in “Il cemento armato. Le industrie del cemento”, n. 11, novembre 1936; ID.,
Determinazioni sperimentali su particolari tipi di solai a struttura mista di cemento armato e laterizi, in “Il
cemento armato. Le industrie del cemento”, n. 2, febbraio 1937.
M. T.
FERABOLI,
Le ex colonie cremonesi del Po: una proposta di riuso e conservazione, tesi di specializzazione
presso la Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti del Politecnico di Milano, a. a. 1998-1999,
relatore prof. A. Grimoldi.
M. T. FERABOLI, Le ex colonie cremonesi del Po: una proposta di riuso e conservazione, in Dialoghi con la
materia dell'architettura. Dieci anni della Scuola di Specializzazione in restauro dei Monumenti, a cura di L.
GALLI, Milano 2001, pp. 403-414.
M. T. FERABOLI, L'ingegner Carlo Gaudenzi: un protagonista del moderno a Cremona, in La scuola classica di
Cremona. Annuario 2001, Cremona 2001, pp. 155-176.
RIFERIMENTI FOTOGRAFICI
Le planimetrie e i disegni qui riprodotti si riferiscono al progetto dell’edificio conservato presso l’Archivio di
Stato di Cremona.
Le fotografie storiche di Ernesto Fazioli sono conservate nel Fondo Fazioli presso la Regione Lombardia e sono
consultabili sul sito http://www.lombardiabeniculturali.it/ricerca/?q=colonie+padane
I PROGETTISTI
arch. Giorgio Palù e arch. Michele Bianchi