Il Serpente di Fango

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Il Serpente di Fango
Le parole della bellezza
progetto di scrittura e narrazione
Il Serpente di Fango
racconto di Luigi Dal Cin
scritto con la
Classe III A
Scuola Primaria
dell’Istituto Comprensivo ‘Cesare Pavese’
di Santo Stefano Belbo (CN)
Coordinato da Francesca Spissu per l’Associazione Culturale Imago Mundi Onlus
Santo Stefano Belbo - Monumenti Aperti 2014
I
l Belbo è sempre stato un luogo di allegria, di giochi, di nuotate, di pesci da pescare, di sole da raccogliere sulla pelle.
Ma una volta è accaduto qualcosa di diverso.
Una volta quel fiume è come se avesse cambiato faccia: e mi sono
chiesto il perché.
Perché un fiume così bello un giorno è diventato così terribile?
Ma era veramente il fiume a cambiare faccia, oppure è stato qualcos’altro?
Io credo sia stato qualcos’altro.
Quella notte la pioggia ha cominciato a cadere forte, sempre più
forte, e la terra non è più stata in grado di assorbire tutta quell’acqua. E chiedeva aiuto, la terra, anche perché era stata in parte ricoperta di cemento, e non ce la faceva più. Ma la voce della terra è lieve
lieve, non si impone: la sente solo chi vuole ascoltare.
L’acqua saliva, saliva, e così piano piano raggiunse l’apertura della
tana del Serpente di Fango, che viveva addormentato nelle viscere della terra, e lo risvegliò.
Chi era il Serpente di Fango?
C’era una volta una masca che, molto tempo fa, viveva nella grotta di una delle grandi colline che circondano il fiume Belbo. Era una
masca pigra e così un giorno decise di usare i suoi poteri per creare
con il fango un piccolo serpente perché le facesse da servo.
Per farlo vivere scrisse con il dito sulla sua fronte di fango una
parola: ‘Potere’. E in effetti subito il piccolo serpente prese forza e
vita.
In breve tempo però nacque un inconveniente: il serpente così creato
diventava ogni giorno più potente e più grande, e la masca capì che
stava perdendo il controllo del gigantesco Serpente di Fango, che
aveva cominciato a mangiare tutto ciò che incontrava.
La masca pensò che era necessario far addormentare il Serpente di
Fango, ma non sapeva come fare perché non riusciva a cancellare la
parola ‘Potere’ che ormai gli aveva scritto in fronte: la testa del Serpente stava ora molto più in alto di lei.
Nella sua grotta la masca allora pretese che il Serpente di Fango, pur
sempre suo servo, le togliesse le scarpe, e nel mentre gli cancellò dalla fronte la parola ‘Potere’ e gliela sostituì con la parola ‘Fiducia’.
Il Serpente di Fango si addormentò come un cagnolino fiducioso,
la masca abbandonò la grotta, e affidò alle colline la custodia di quel
suo errore.
Quella notte di novembre del 1994 l’acqua continuava a salire, ed
entrò nella grotta che era anche la tana del Serpente di Fango... l’acqua in breve tempo cancellò la parola ‘Fiducia’ scritta sulla fronte del
Serpente di Fango che, così, si risvegliò.
Affamato, nel buio della notte, si gettò nel Belbo e divorò ogni
cosa che trovava: alberi, automobili, case, mordeva le strade
che correvano lungo la riva del fiume creando voragini, e crebbe,
crebbe sempre di più, diventando ancor più gigantesco.
“Uffa! Ma quando smetterà di piovere?” Marco si affaccia alla finestra e scruta il cielo, sperando di vedere un raggio di sole.
Davanti a lui un telo di nuvole grigiastre: da quattro giorni piove
incessantemente, senza interruzioni.
Marco ne ha abbastanza: da mercoledì non mette il naso fuori di
casa se non per andare a scuola. Giovedì ha perfino saltato l’allenamento di calcio annullato dal mister perché il campo è ridotto a
un acquitrino, ieri niente compleanno di Luisa, rimandato a causa
della pioggia! E oggi è sabato: passarlo in casa con Giulia a giocare
con le bambole è una vera penitenza!
Marco, sconsolato, segue la corsa di due gocce d’acqua sul vetro
della finestra facendo la gara a chi arriva prima, poi sferra un pugno
sul marmo del davanzale e si sfoga con rabbia: “Che stufìa questa
pioggia!”.
Ecco che si apre la porta: la mamma e Giulia entrano nella sua camera. La mamma ha un’espressione seria e gli dice: “Marco, vieni
in cucina, che papà e io vi dobbiamo parlare”.
Marco pensa che tutto questo non prometta nulla di buono: “Quando mamma parla con questo tono sta succedendo qualcosa di grave…”.
In cucina c’è il papà che li aspetta, con un viso ancora più scuro di
quello della mamma. Le sue parole sono dure e pesanti: “Bambini, ascoltatemi bene, soprattutto tu, Marco, che sei il più grande.
Questa pioggia è una fonte di pericolo e di paura! Ora la mamma e io usciamo per controllare la situazione: voi non muovetevi di
casa per nessun motivo!”.
La mamma si reca al suo negozio di alimentari che ha le serrande
abbassate perché qualche altro negoziante le aveva consigliato di
non aprire; invece il papà va col suo amico Vittorio sul ponte, per
controllare il livello dell’acqua del Belbo.
Marco e Giulia restano a casa da soli. Vorrebbero obbedire ai genitori, ma la curiosità vince!
“Giulia, non sei curiosa di andare a vedere che cosa succede? Non
diciamo niente ai nostri genitori e andiamo anche noi!” propone
Marco.
“Ma come facciamo a uscire? - replica Giulia - La mamma e il papà
hanno chiuso la porta a chiave”.
“Io ho una soluzione: so dove si trova un’altra chiave!”.
Detto fatto: ombrello, impermeabile, stivali… e mettiamoci in marcia!
I due bambini non vanno sul ponte, dove c’è una grande folla attenta e preoccupata. Per non farsi vedere dal papà vanno in Piazza San Rocco.
Attraversando la piazza, Giulia vede tantissimi topi che scorrazzano qua e là: “Guarda Marco: che cosa sono quelle bestiacce?”.
Marco abbassa lo sguardo sui topi, umidi e sporchi di fango: “Giulia,
quelli non sono topi: sono nutrie! E scappano dal Belbo!”.
“Marco torniamo a casa… adesso mamma e papà saranno già arrivati!”.
La sorellina è terrorizzata, ma Marco risponde: “Hai per caso paura?
Prima andiamo a vedere il Belbo, se no siamo venuti qui per niente!”.
La vista del Belbo è lo spettacolo più pauroso, sorprendente e
drammatico che i bambini abbiano mai visto: il torrente è diventato enorme, gigantesco e ha occupato tutto l’argine; la corrente è velocissima e potente: pare una scossa elettrica; le acque
scorrono violente e impetuose, agitate e di color marrone scuro. Nell’aria c’è uno sgradevole odore di gasolio, marciume e
animali morti. Ma la cosa più terrificante è il rumore di quella
massa d’acqua che scorre con violenza: a Marco sembra che un
serpente di fango si sia impossessato del Belbo!
In quell’istante, Marco capisce che quel frastuono scuro, inquietante e spaventoso, non lo dimenticherà mai più.
I bambini vorrebbero tornare a casa, ma sono ipnotizzati, paralizzati dallo spettacolo del Belbo.
Una voce li riscuote: “Bambini, cosa fate lì? Tornate a casa: sta arrivando la piena!”. Marco e Giulia rincasano, per fortuna i genitori
non sono ancora rientrati.
Poco dopo torna la mamma: è più che preoccupata! Quel cielo
scuro e gonfio di nuvole avvolge tutto il paese.
“E papà?”.
Ecco pesanti passi di corsa: “È lui!”. Sale le scale correndo e lancia
l’allarme a tutto il palazzo: “Il Belbo è uscito! La piena sta arrivando! Andate ai piani alti!”.
È ormai buio: quella notte nessuno la potrà mai dimenticare.
Da quel momento cominciano la paura, il terrore, l’incubo…
Il papà si salva per un pelo:
“È appena entrato in casa, che la furia dell’acqua sfonda il portone
al pianterreno. L’acqua scura, gelida, violenta, invade l’ingresso e
arriva su per le scale, fin quasi al primo piano.
Marco, Giulia, i suoi genitori, tutti gli abitanti del palazzo, sono spaventati, terrorizzati… non sanno cosa fare e non immaginano che
cosa possa accadere ancora”.
Il responsabile di tutto questo disastro, noi lo conosciamo bene: il
colpevole è Frosen!
L’acqua della piena è entrata nella grotta dove il serpente dormiva,
l’ha risvegliato e ha cancellato la parola “Fedeltà” dalla sua fronte.
Il serpente, affamato, cavalca il Belbo infuriato e scende in paese in
cerca di cibo. Saranno tanti, quella notte, i danni e le sofferenze che
il Serpente di Fango provocherà agli abitanti della vallata.
“Per le vie del paese, lo spettacolo è straziante: fango sulla strada e
sui marciapiedi, macchine spinte dalla forza dell’acqua contro le case
e le piante, persone disperate nel vedere tutto quel fango penetrare
nei negozi e nelle case. In ogni angolo, in ogni locale, in ogni edificio,
Frosen trova qualcosa per la sua infinita fame”.
“Una ragazza stava rincasando: non riuscì a raggiungere la sua abitazione perché la strada si era tramutata in un fiume. Dall’interno di una
casa, si sentivano i rumori spaventosi di mobili che sbattevano
contro le pareti, piatti, bicchieri e oggetti vari che si frantumavano.
Frosen stava consumando il pasto”.
“Si cammina con molta difficoltà, il fango si appiccica agli stivali e fa
da ventosa; nell’aria si avverte uno sgradevole e penetrante odore
di fango, gasolio e marciume che non lascia respirare. Un’anziana
signora è sul balcone nel momento in cui il fiume ha invaso le strade:
lo spavento è tale che si sente svenire. Frosen sogghigna felice”.
“All’interno di un sugherificio, già parzialmente invaso dall’acqua,
con un forte boato scoppia il pavimento: dalla voragine, un’esplosione di acqua e fango invade il locale! Frosen ha divorato un condotto della fognatura che scorreva proprio sotto il capannone!”.
“Il titolare del sugherificio si salva per un pelo! Decide allora di avvisare i parenti del pericolo, sale in auto e cerca di raggiungerli. A
Canelli, in fondo a viale Indipendenza, viene raggiunto dall’acqua e
deve abbandonare l’auto semisommersa! Prosegue a piedi in preda
al panico con l’acqua gelida che gli arriva alle ginocchia, nel buio.
Sente le urla, le richieste di aiuto dei giostrai. Frosen ha divorato le
giostre!”.
“Il Belbo invade strade, garages, cortili. Qualcuno, per tranquillizzare
le persone care, dice: “È impossibile che l’acqua arrivi fin lì!” ma nel
giro di mezz’ora, l’acqua arriva a pochi centimetri dai balconi dei primi
piani. Una signora abitava al primo piano: aveva paura! In quel tempo era incinta del suo primo figlio e la sua preoccupazione era tanta!”.
“Cominciai ad avere paura: dai vetri appannati vedevo l’acqua invadere il cortile di casa mia. I cassonetti dell’immondizia galleggiavano e sbattevano contro i portoni, sfondandoli. L’auto del nostro
vicino sbatteva contro il soffitto del garage, interamente invaso
dall’acqua, crepando il pavimento della nostra camera da letto che
si trovava proprio sopra!”.
“Si sentiva il tintinnio delle bottiglie frantumate che il fiume aveva
rubato in una casa. Mio marito scese in cantina per salvare qualche
oggetto: in pochi secondi, l’acqua gelida gli arrivò alle ginocchia. Per
poco non rimase intrappolato!”.
“L’acqua cominciava a filtrare dalla porta-finestra della cucina. Fummo costretti ad evacuare l’abitazione! Abbandonare la nostra casa,
dove eravamo entrati da poco, appena sposati, fu molto doloroso
per me e per mio marito: passammo la notte a casa di mia sorella,
una notte lunga e insonne”.
“ Il mattino dopo, all’alba, tornammo a casa, l’appartamento e il negozio erano invasi da quell’acqua torbida e da fanghiglia unta:
c’era odore di fango, di muffa, di umido”.
Frosen sta divorando il paese: ha dormito per secoli, la sua fame è
infinita e insaziabile.
Scorrendo nel fiume, il serpente inghiotte tronchi d’albero, pezzi di
ringhiera, silos, cassonetti della spazzatura, auto e qualsiasi mezzo
di trasporto, mobili, ponti, case intere. Frosen ha persino divorato un pezzo di strada: guardandola, sembra che il Mostro l’abbia
morsicata! Ma Frosen, per placare la sua fame, non si accontenta
di oggetti, vuole anche persone e animali.
“Quel giorno piansi nel vedere che l’album delle foto del mio matrimonio era piena di fango. L’acqua era entrata nel guardaroba, rovinando il mio abito da sposa! Il cielo era grigio, minaccioso, nuvoloni neri si rincorrevano, riprese a piovere. Frosen pareva non voler mai
terminare il suo pasto”.
“Ero molto preoccupata perché mia sorella era andata a mangiare la
pizza. Per fortuna non le successe nulla, solo tanto spavento. Il centro
del paese non fu risparmiato: persino la biblioteca di Cesare Pavese è stata cancellata dal fango. Frosen non ha rispetto per niente e
per nessuno!”.
“Dal paese arriva su in collina il rumore assordante del fiume in
piena, che trascinava con sé auto, tronchi d’albero e qualsiasi cosa
trovasse sul suo percorso: il pasto di Frosen era molto rumoroso!”.
“Il giorno dopo andammo a vedere che cosa rimaneva del ponte:
quel che vidi fu sconcertante! Tronchi d’albero ovunque, un enorme
buco al fondo del ponte dove prima c’era una casa, persino un camion rovesciato nel Belbo”.
“Una ragazza che era uscita per portare soccorso a qualcuno cadde in
un tombino che era rimasto scoperchiato e non segnalato: il fango
le arrivava alla vita!”
E Frosen divorava la tangenziale di Asti.
“Mio papà tornava a casa, finì con l’auto in mezzo all’acqua. Raggiunse un punto più elevato, dove c’erano altre persone bloccate. Ricorda il rumore dell’acqua che scorreva con velocità, portando detriti di
ogni genere”.
“Dalla finestra, nella penombra, vedevo l’ondata di acqua invadere
la piazza: il ricordo più impressionante è il rumore dell’acqua, e
vedere auto, mobili, tronchi, galleggiare”.
Sembra che il paese non esista più. Pare che il Serpente di Fango
non debba più finire di mangiare!
Intanto Frosen sghignazza e diventa sempre più grande.
Pare che nessuno sia in grado di fermarlo.
Marco e Giulia si affacciano alla finestra terrorizzati, con panico crescente: non credono ai lori occhi e non riescono a staccare lo sguardo da quel gigantesco rettile di fango che striscia per le strade
divorando tutto ciò che trova sul suo cammino.
La gente era abbattuta, e il Serpente diventava sempre più grande perché si nutriva anche della disperazione e dei ricordi delle
persone. Mangiò persino i libri preziosi della biblioteca, i racconti, gli
scritti autografi di Cesare Pavese, perché la gente fosse ancora più
disperata.
Finché accadde un fatto piccolo, ma straordinario: il primo gesto
di solidarietà.
Un signore anziano è immerso nell’acqua e non riesce ad entrare
dal cancello: la corrente sta per travolgerlo. Il suo vicino lo vede
dalla finestra, e lo raggiunge immergendosi nell’acqua, gli apre il
cancello e lo aiuta ad entrare in casa e mettersi in salvo.
Dopo questo episodio la parola ‘Fiducia’ cominciò a ricomparire piano piano sulla fronte del Serpente, e ad ogni gesto di fiducia, di
bontà, di altruismo, di aiuto, di solidarietà, ad ogni preghiera
per gli altri, la scritta diventava sempre più netta e il Serpente cominciava a rimpicciolire...
“Mancava l’acqua in casa, era andata via la luce, eravamo al freddo.
Il paese era triste, segnato da tante ferite. Scoraggiati, si cercava di
salvare il salvabile tra quelle montagne di fango. Vedevo la gente in
lacrime spalare silenziosamente fango da mattina a sera”.
“Il mattino dopo quella notte d’apocalisse, quando siamo usciti per
le strade, si presentava ai nostri occhi increduli uno spettacolo allucinante”.
“Giovannino, il mio vicino di casa di ottant’anni, piangeva nel trascinare la sua auto fuori dal garage: era un blocco di fango! La casa
canonica e l’oratorio con le aule per il catechismo sono andati distrutti”.
“I primi soccorritori sono stati i contadini. Sono scesi dalle colline
con ruspe e trattori e hanno cominciato a spalare il fango!”.
“Fin dal mattino di lunedì arrivarono persone da tutta Italia: sconosciuti che erano venuti a dare una mano per spirito di SOLIDARIETÀ”.
“Naturalmente, arrivarono anche i soldati, i carabinieri, la protezione
civile, la polizia”.
Marco e Giulia vedono, con grande stupore, che la Bestia si ritira e
comincia a rimpicciolirsi.
“Io non riuscivo a raggiungere la mia abitazione: i miei vicini mi hanno ospitato per tutta la notte”.
“Io ho aiutato una ragazza che era caduta in un tombino: l’ho tirata
fuori di persona!”.
“Il mio vicino anziano non riusciva più ad aprire il cancello, sepolto
dal fango… l’ho aiutato a spalare!”.
“Ho aiutato il mio vicino a spalare il fango nel suo magazzino!”.
“Ero finito con l’auto in mezzo all’acqua: l’auto non poteva più muoversi! I vigili del fuoco mi hanno tratto in salvo con il loro mezzo anfibio!”.
Ad ogni gesto di solidarietà, Frosen sembrava perdere potere e rimpiccioliva sempre di più!
Giulia, esultante si rivolge a Marco: “Guarda, Marco! Il Serpente si
sta ritirando!”.
“Noi poliziotti abbiamo bloccato gli sciacalli, che volevano entrare
nelle case abbandonate per rubare!”
“Io ho salvato una signora che era appesa al balcone e stava per
cadere”.
“Io, per parecchi giorni, mi sono occupato di preparare i pasti per
gli sfollati: sono un volontario!”.
“Io avevo la casa completamente allagata e piena di fango: i soccorritori mi hanno aiutato a ripulire e mi hanno anche dato conforto e
consolazione!”.
“Il mio negozio era totalmente pieno di fango e detriti trasportati dalla piena: un gruppo di angeli del fango mi hanno dato una mano a
ripulire tutto!”.
Ad ogni gesto di solidarietà, piccolo o grande, il Serpente si ritira
e si fa sempre più ridotto… fino a scomparire completamente dalla
vista.
“Mamma! Papà! Guardate: il Serpente se ne sta andando!”.
A poco a poco, il Belbo torna nel suo letto, gli abitanti del paese ripuliscono dal fango ogni cosa, con grande fatica, aiutati da amici
e volontari.
Il Serpente di Fango era già ritornato piccolo piccolo a dormire nella
sua tana come un cagnolino, con scritta sulla fronte la parola ‘Fiducia’, con intorno le grandi colline che lo nascondono e ci proteggono da lui.
Così, potremo dire ancora insieme: “Ho rivisto la luna d’agosto tra
ontani e canneti/sulle ghiaie del Belbo e riempirsi d’argento/ogni
filo di quella corrente./Sapevo che intorno/tutt’intorno s’alzavano le
grandi colline” (Cesare Pavese).
Frosen ritorna a dormire nella sua caverna, ma… ATTENZIONE!
Egli non è morto, sta solo dormendo.
Sta a noi non risvegliarlo dal suo sonno.
Anno Scolastico 2013/2014
Scuola Primaria
dell’Istituto Comprensivo ‘Cesare Pavese’
di Santo Stefano Belbo (CN)
Classe III A
Beatrice Assolino
Sindi Becolli
Emanuela Camileri
Alice Canaparo
Ilaria Molinari
Matilde Pia
Luigi Cavallero
Riccardo Careddu
Jean De Magistris
Lorenzo Di Bella
Gabriele Guandalini
Valentino Kitanov
Martin Krestev
Giovanni Lazzarino
Lorenzo Lazzarino
Francesco Montanaro
Riccardo Scanavino
Maestri
Alessandro De Zolt
Cristina Rizzola
Eliana Meinardi
18^ edizione