Proprio così. Per l`artista Roberto Benigni, le minoranze
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Proprio così. Per l`artista Roberto Benigni, le minoranze
L'opinione Diritti umani? Napolitano celebra il Benigni che insulta le minoranze linguistiche. Proprio così. Per l'artista Roberto Benigni, le minoranze linguistiche della Repubblica, tutelate all'art. 6 dei Principi Fondamentali della Costituzione, sono declassate al rango di dialetti. Nella terz'ultima fase del suo intervento tenuto al festival di Sanremo, afferma che esse possono fare solo canzonette, ma solo le lingue invece possono scrivere la “critica della ragion pura” e la “divina commedia”. Si sarà scordato d'altra parte che la “critica della ragion pura” fu scritta dal tedesco (prussiano) Immanuel Kant, in lingua tedesca. La stessa lingua che dentro la Repubblica di recente ha deciso di non partecipare ai festeggiamenti del 150° anniversario dell'unità d'Italia: Durnwalder, presidente della Provincia Autonoma di Bolzano, nonostante le critiche, ha infatti spiegato le sue ragioni al Capo di Stato in quanto esponente della minoranza Austriaca. Con i soldi dell'Autonomia non si può ovviamente comprare una nazionalità diversa da quella d'origine. In RAI abbiamo assistito ad un condensato del peggior razzismo ottocentesco di sabauda memoria. Una parte dei cittadini di questa Repubblica dunque paga il canone del servizio radiotelevisivo per farsi insultare. E poco contano il moralismo satirico ed il cachet di Benigni devoluto in beneficenza davanti alla plateale assenza di rispetto verso migliaia di telespettatori. Il tutto mentre in Québec la politica francofona chiede un riassetto del sistema delle telecomunicazioni rispetto al Canada anglofono e mentre Bolzano chiede il trasferimento di una sede RAI nel territorio al fine di sviluppare una seria comunicazione rispettosa del pluralismo e dell'integrazione tra le comunità piuttosto che la loro assimilazione al provincialismo italiano. L'Italia è infatti uno dei pochi Stati al mondo rimasti a temere una concreta apertura verso le altre culture, confondendo il concetto di Stato con quello di Nazione. Pensiamo invece al Regno Unito, dove convivono 4 nazioni con diversi livelli di Autonomia. I ritardi culturali del volgo italiano, replicati anche dai mass-media centralisti, persistono nel velato tentativo di ghettizzare e subordinare le culture minoritarie a quella dominante. Secondo la studiosa Pretceille, non ci può essere identità senza relazione ma non c'è relazione senza identità*. Concetto sostenuto anche dal Consiglio d'Europa e per il quale, a supporto della tesi, la docente di pedagogia dei diritti dell'uomo presso la cattedra UNESCO di Bergamo, Stefania Gandolfi, così argomentava la condizione del rispetto interculturale**: Occorre sradicare il giudizio di valore che determina una gerarchia fra le culture (“la nostra è la prima e le altre vengono poi”) E' il modus operandi da rigettare. Un principio certamente infranto nelle parole di un Benigni il quale ha intessuto una retorica patriottarda italiana in cui persino l'antico generale romano Scipione, avversario del cartaginese Annibale, è stato elevato al rango di italiano (in senso nazionalistico più che geografico) quando all'epoca di “nazione” italiana non vi era neppure l'ombra. Come ha giustamente affermato il Premio “Grazia Deledda” 2010 in Lingua Sarda Gianfranco Pintore, quanto accaduto ricorda vagamente quelle scuole colonialiste francesi che in Algeria insegnavano agli algerini che i “loro antenati” erano gli alti e biondi popoli Gallici. Sul palco dell'Ariston si è unicamente verificata una triste esibizione sciovinista tipicamente comune nel periodo fascista, quando il regime mussoliniano ergeva l'impero romano dell'antichità come progenitore della “nazione” italiana, eradicando le diversità, e come l'autoritario Franco in Spagna cercava una continuità del suo regime con i fasti del “siglo de oro”. L'inno d'Italia fu scritto in un epoca romanticistica nella quale nacquero alcuni degli stati-nazione che in seguito porteranno ai più grandi lutti del '900, basti osservare l'autoritarismo nazista. E dire che lo stesso Benigni (confondendo il nazionalismo con lo sciovinismo), nella sua presunta “lectio magistralis” poneva l'accento sulla pericolosità dell'eccesso di sentimento patriottico da cui ogni buon uomo dovrebbe guardarsi. Del festival di Sanremo ci siamo inoltre stupiti nel sentire le parole di Antonio Gramsci sull'indifferenza, utilizzate a corredo dell'imminente celebrazione del centocinquantenario. Probabilmente molti non conoscono la critica gramsciana alle modalità con cui fu effettuata l'unità d'Italia, al grido di “briganti!” verso quei meridionali che furono soffocati nel sangue mentre difendevano la loro terra dall'invasione piemontese. Uccisioni che ben prima dell'unità non risparmiarono neppure la vita di centinaia di Sardi desiderosi di riscattarsi dal giogo feudale della monarchia per rimodernare una terra da cui, ancora oggi, siamo ridotti a dover lasciare per emigrare. La discriminazione linguistica a cui sono sottoposti i sardofoni non ha precedenti: la nostra lingua non interagisce con la Pubblica Amministrazione, non entra nel commercio, nella scuola, non ha ampia diffusione nella cultura e quindi nell'evoluzione delle dinamiche interculturali, ancora meno trova riscontro nei mass-media. Esistono migliaia di Sardi socialmente ermarginati in casa propria e nel mondo, costretti spesso a mediare con terze persone di lingua italiana il loro accesso alla vita pubblica, che ne limita la formazione e la crescita individuale e collettiva (sia giovani che anziani). Senza considerare la perdita della nostra specialità e del nostro valore aggiunto in tutti coloro i quali non hanno potuto integrare con l'idioma Sardo la propria cittadinanza e quella continuità, unitariamente allo sviluppo, di una memoria storica spesso marginalizzata. E la Regione Sarda che dice? Con Benigni oltre al danno si è aggiunta la beffa, che è stata persino elogiata dal Presidente Napolitano, evidentemente scordatosi del suo ruolo di garante tra le comunità della Repubblica. *Martine Pretceille, Pluralisme et ecole – Institut Québecois de recherche sur la culture, 1988. **Stefania Gandolfi, Intercultura: gli orientamenti del Consiglio d'Europa – Rubbettino, 2009. Di Adriano Bomboi, 19-02-2011. U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi www.sanatzione.eu [email protected]