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FORUM ITALIANO CALCE News ‐ 9/08 ‐ Dicembre 2008 Newsletter dell’Associazione Forum Italiano Calce ‐ www.forumcalce.it – [email protected] Editoriale Contenuto Dicembre tempo di bilanci anche per i nostro giovane Forum Italiano Calce che chiude, di fatto, il primo vero anno di attività. Lo chiude con successo, con un numero di soci che supera il centinaio e con l’organizzazione del ConvegnoCalce08, svoltosi a Firenze il 4 e 5 dicembre, straordinario per la partecipazione e la qualità degli argomenti proposti dai relatori. Ma andiamo per ordine perché lo scorso è stato un anno intenso, che ci ha visti impegnati su più fronti. Il Sito internet www.forumcalce.it è cresciuto per numero di pagine e visitatori; rappresenta oggi un vero e proprio punto di riferimento del web per chi si occupa e si interessa di calce. Le diverse sezioni sono state via via completate, ed altre se ne sono aggiunte rispetto alla versione iniziale. La nostra Newsletter, spedita a diverse centinaia di iscritti alla mailing list, e tradotta in inglese da Building Lime Forum, si è dimostrato un valido strumento non solo per informare sulle nostre attività, ma soprattutto, grazie ai contributi dei Forumcalce08, Sala Strozzi, Firenze Editoriale 1 Colore e Calce nell’Edilizia Storica 2 Isolanti per l’Architettura con Calce e Lana 6 Storie di calce: Cogoleto 6 Contribuisci alla Newsletter 7 Nota Informativa 7 Le Foto dei Lettori 7 diversi autori, per approfondire temi e argomenti riguardanti produzione e impiego della calce in architettura e nel restauro. Sempre avvalendosi delle opportunità offerte dalla rete, le immagini del mondo delle calce sono oggi disponibili, grazie a coloro che le vogliono condividere, nella pagine di Flikr. Una libreria in continua crescita che raccoglie ogni giorno nuove foto inserite dai nostri soci e amici. Ma la nostra Associazione non vive di solo internet: nel corso dell’anno abbiamo creato diverse occasioni di incontro diretto tra i nostri soci, il già citato Convegnocalce08, di cui verranno presto resi disponibili i testi e le immagini proposte dai relatori, e ancora conferenze, workshop, momenti formativi ecc. Il ‘Programma di Scambio Campioni di Malte Storiche e da Restauro’ ha riunito e impegnato diversi studiosi afferenti ad Università, CNR, laboratori di ricerca italiani e stranieri, nello studio petrografico di campioni preparati ad hoc. Il report finale sarà scaricabile a giorni dal nostro sito e darà avvio ad una nuova fase di studio nel corso del 2009. FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 Dopo le esperienze degli anni scorsi di produzione di calce in piccola scala, condotte nell’Appennino reggiano, quest’anno il corso ‘Il Ciclo della Calce’ si è spostato in Val Camonica a Ono San Pietro, in occasione dell’accensione di un’antica calchera nel centro dell’abitato. Grazie alle ‘sezione camuna’ del Forum, i partecipanti al corso hanno potuto cimentarsi direttamente nello spegnimento in fossa della calce, per ottenere grassello, da utilizzarsi poi in malte, intonaci, pitture murali. Il 2008 ha visto concretizzarsi anche occasioni di scambio scientifico e culturale con altre realtà, quale per esempio l’ “Incontro tra Calce, Gesso e Terra Cruda” promosso in settembre dall’ “Associazione Nazionale Città di Terra Cruda” nella splendida cornice dell’entroterra abruzzese di Casalincontrada. Ed ancora, la firma della convenzione con l’Università di Modena e Reggio Emilia per lo studio delle caratteristiche reologiche della calce in pasta, e del protocollo di intesa con l’AIPAI (Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale) per la catalogazione in ambito nazionale degli antichi forni dal calce. Tutto ciò e molto di più, si è reso possibile grazie all’impegno di tutti i soci del Forum, e di un Consiglio Direttivo che ha saputo interpretare le richieste dei nostri interlocutori e portare a termine gli obiettivi che ci eravamo posti dodici mesi orsono. Nell’augurarvi un felice 2009, e nel ringraziarvi per quanto avete fatto finora, non posso che auspicare che il futuro della Forum Italiano Calce offra a tutti voi, e sempre di più, gli stimoli e le soddisfazioni che vi hanno portato ad avvicinarvi alla nostra Associazione. Soddisfazioni e stimoli che sento ogni volta che incontro o dialogo con qualcuno di voi e che mi hanno portato ad essere un convinto estimatore della calce in architettura e nel restauro. Andrea Rattazzi Presidente del Forum Italiano Calce Colore e Calce nell’Edilizia Storica Testo di Cristina Nadia Grandin Fin dai tempi della sua scoperta, la calce ha rappresentato un materiale di primaria importanza, non solo come ingrediente principale delle malte nella preparazione degli intonaci, ma anche come materiale ad uso pittorico, per tinteggiare gli edifici o decorare superfici murali di pregio. Le varie forme in cui si presenta la calce, si prestano tuttavia ad utilizzi diversi: le calci idrate in fiore e le calci idrauliche, sono più adatte alle costruzioni murarie, mentre il grassello di calce , il latte di calce e l’acqua di calce, sono impiegati per lo più in pittura ( ad affresco e a tempera) e nelle tecniche decorative affini ( marmorini, stucchi, graffiti ecc.). La qualità di partenza del materiale, e cioè di un grassello “grasso” e ben stagionato, influenza molto l’esito artistico delle varie tecniche, soprattutto nella resa cromatica e nella durata dei lavori condotti, agevolando od ostacolando dal principio, gli sviluppi esecutivi perseguiti dagli artisti. Il grassello di calce, sotto forma di pasta soffice e cremosa, è stato usato in passato come colore bianco per eccellenza, essendo l’unico adatto ad essere applicato in muro (foto 1). Nella tavolozza pittorica idonea all’affresco, il “bianco di calce”, assieme al “bianco di sangiovanni” suo stretto parente (entrambi dopo l’invecchiamento, risultano chimicamente dei carbonati di calcio insolubili), primeggiava in maniera quasi assoluta. Secondo un concetto accarezzato a lungo dagli alchimisti del passato, Foto 1: decorazione murale di fine ‘800 con utilizzo di tinte a calce ( Prato, Scuola di Musica “G.Verdi”) 2 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 le mescolanze tra i materiali non erano tutte possibili, il puro non si mescolava mai con l’impuro ed il simile sposava il simile, perciò l’unione del bianco di calce ai vari pigmenti, equivaleva non solo a schiarirne le tinte, ma soprattutto a temprare la loro natura, adattandola all’azione corrosiva della malta fresca. L’affidabilità delle miscele, si limitava tuttavia al solo impiego in affresco, mentre su supporti alternativi, il bianco preferito dagli antichi restava la biacca di piombo, il cui potere coprente superava quello della calce e l’affinità con i pigmenti preziosi, forniva una tavolozza di tinte più brillanti. Il grassello di calce e le sue due forme diluite (latte ed acqua di calce), trovano quindi nell’ambito della pittura murale, utilizzi specifici e conformi, secondo una stratigrafia oggettiva e preferenziale di applicazione. Il latte di calce risulta una stesura bianca e fluida, che il più delle volte si trova a contatto diretto con il suo supporto: usato di frequente per imbiancare pareti di qualsiasi genere, in laterizio o in pietra, con o senza intonaco d’allettamento, rimane il più semplice colorante ed il più antico disinfettante noto. Il forte PH alcalino della calce, veniva sfruttato in passato, per garantire l’effetto battericida nella manutenzione periodica degli ambienti a forte rischio igienico ( stalle, cantine, sepolture, cucine, ospedali) o promiscui ( osterie, refettori, locande ecc.) e rappresentava la comune “scialbatura” sotto il cui velo bianco, si nascondevano anno dopo anno, la sporcizia, i colori passati di moda, i dipinti murali deteriorati (v. foto 2). Lo scialbo a calce, s’incontra spesso nelle stratigrafie degli intonaci affrescati, quando i vecchi decori caduti in disgrazia ‐ per il subentro di nuovi gusti o danni‐ venivano ricoperti con altre pitture o addirittura sepolti sotto un nuovo letto d’intonaco, pronto a suggellare l’arrivo di forme estetiche più gradite. L’osservazione in sezione sottile di una qualunque decorazione murale, dimostra chiaramente come, non solo nei palinsesti più raffinati, ma anche nelle tinteggiature di rivestimento comune, il potere coprente e l’efficacia legante del latte di calce, fossero indistintamente prescelti, per dipingere, rinnovare o mascherare qualunque superficie (v. foto 3). Una sola sostanza possedeva in sé, la virtuosa facoltà di servire a molteplici scopi in duttili frangenti, potendo variare i tempi di lavorazione e le modalità di applicazione nei vari supporti. In qualità di colore bianco, il latte di calce adoperato nella confezione delle tinte per l’edilizia semplice, limitava alquanto la fruizione cromatica in muro: esso rimaneva, per il vecchio imbianchino‐ pittore‐ decoratore, una tinta economica, diluita e pronta per l’uso, in cui a piacere si potevano aggiungere i pigmenti in polvere, ottenendo una gamma di mezzetinte, visibili ancor oggi sugli intonaci dei vecchi edifici (v. foto 4). Le mescolanze accette dalla sospensione lattiginosa in questione, non erano molte in verità, poiché soltanto alcuni pigmenti minerali, come gli ossidi e le terre, potevano sostenere il tormento prolungato dell’idrossido di calcio: terra di Siena naturale e bruciata, ocre rosse e gialle, terre d’ombra, ossidi di ferro rossi e calcinati ( gialli, bruni e neri), ossidi di cromo verdi, ossidi di manganese neri, rappresentano le matrici naturali (derivate per parecchi secoli solo dai minerali macinati, poi dal sec. XVIII, ricavati anche artificialmente ed infine prodotti per sintesi nel XX secolo), da cui provengono quasi tutte le colorazioni storiche esistenti. Il potere colorante degli ossidi e delle terre era diverso tra loro, soprattutto in termini di resa pittorica e di vivacità cromatica: molto elevata per i primi, poco efficace per le seconde, a causa della nutrita presenza dei silicati d’alluminio e di parecchie impurezze. La facile reperibilità in ambito territoriale e geologico, spiega tuttavia l’utilizzo massiccio e prolungato di questi pigmenti, che connotano in maniera tipica tutti gli edifici antichi. Ne deriva che nelle architetture storiche, i colori adatti a ravvivare le superfici, appartenevano a due grandi categorie: una serie cospicua, utilizzata creativamente nelle pitture murali di ogni genere ( affresco, tempera, graffito, olio ecc.), per i palazzi signorili e le dimore prestigiose; una gamma più povera, adatta alle tinteggiature degli intonaci di rivestimento, per le abitazioni più comuni. Per quest’ultima categoria, le peculiarità dei pigmenti utilizzati, non si 3 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 manifestano unicamente attraverso l’aspetto apparente del colore applicato, ma si ricavano dalle qualità petrografiche dei minerali d’origine, identificandosi come quelle “matrici ” e quelle “invarianti cromatiche”, in grado di caratterizzare l’identità storica, paesaggistica ed antropica di ogni luogo abitato. Sotto il profilo operativo, nonostante la dimestichezza nell’uso, qualche difficoltà applicativa ce l’avevano pure le tinte a calce, dovuta alla natura insolubile e tixotropica dei pigmenti di addizione, la cui frequente sedimentazione all’interno della tinta, costringeva il pittore a rimescolare spesso il colore prima dell’uso, facendo ben attenzione che il pennello non pescasse mai dal fondo del secchio, dove giaceva il pigmento depositato. Anche la diluizione in acqua della tinta era molto importante, dovendo restare invariata se, a parità di stesure, si volevano effetti uniformi e vellutati, o aumentare gradualmente se si cercavano velature di finitura. Dipingere poi, equivaleva un po’ come lavorare alla cieca: la trasparenza della calce sull’intonaco umido, impediva di vedere i colori reali al momento della loro applicazione e solo la prolungata esperienza del mestiere, rendeva corretti i rapporti cromatici e tonali, altrimenti invisibili a lungo. Anzitempo, si potevano testare e preparare i colori da usare ‐ancora una volta la basicità della calce era un vantaggio e non un difetto per il colore‐ e ciascun pittore adattava da sé, dosi e quantità, correzioni ed accorgimenti istantanei. La difficoltà maggiore Foto 2: affresco scialbato riscoperto sulla facciata esterna di un palazzo trevigiano nell’utilizzo delle tinte a calce, restava comunque inscritta nei fattori ambientali e nelle condizioni variabili del supporto su cui si operava. E’ noto come le proprietà leganti della calce, si manifestino attraverso una reazione di carbonatazione che interessa ogni pennellata colorata, quando l’idrossido di calcio, reagisce con l’anidride carbonica dell’aria e come questa facoltà si potenzi maggiormente, se il supporto d’accoglienza è saturo d’acqua e traspira bene. Quando una tinta a calce viene stesa correttamente sopra uno strato sottile d’intonaco fresco, la lenta evaporazione dell’acqua contenuta nella malta, favorisce la mineralizzazione delle varie stesure, regalando al colore una resistenza imperitura e secolare; viceversa, se la medesima tinta viene applicata sopra una superficie asciutta, la bagnatura preliminare del sottofondo, diventa un’operazione estremamente necessaria per garantire la resa di qualunque colore introdotto in seguito. Se la pittura “sfarina”, vuol dire che la tinta manca di coesione ed adesione al suo supporto, si è asciugata in modo rapido, carbonatandosi solo in superficie: pulverulenza e pellicolamento del colore, segnalano sempre una debolezza di tipo fisico (stesure plurime e stratificate applicate in modo non corretto) o di tipo chimico( apporto errato d’acqua e/o di leganti), sapendo bene che entrambe le cause, si sommano con l’invecchiamento e si visualizzano nel restauro. La pittura a calce in edilizia, porta con sé infine, il problema dell’uniformità cromatica sulle Foto 3: sezione stratigrafica: notare la stesura a calce che ha mascherato il colore sottostante (foto UNIFI) 4 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 ampie superfici, dovendo gestire le condizioni transitorie del supporto murario, dalla fase iniziale bagnata, a quella conclusiva asciutta. Nei testi relativi alle arti ed alle tecniche del sec. XIX, termini come “mezzo fresco”, “ falso fresco” o “secco rinfrescato”, tentano di definire tutte quelle tipologie, a metà strada tra la pittura a fresco e la tempera a secco, in cui i colori preparati con pigmenti, leganti e quantità variabili di calce, vengono applicati su intonaci asciutti da tempo, ma ripetutamente bagnati con latte o acqua di calce, prima d’essere dipinti (v. foto 5). L’introduzione oculata di determinati leganti organici ( come per es. il latte, le colle animali e le gomme vegetali), serviva ad aumentare la forza adesiva e la saturazione delle tinte, nel caso in cui l’efficacia della carbonatazione su una superficie rigenerata, venisse presto a diminuire. Mancando l’apporto dell’idrossido di calcio, che risulta cospicuo nell’intonaco fresco, la carbonatazione dei pigmenti rimane affidata al solo veicolo di superficie (latte e/o acqua di calce appunto), accorciando drasticamente i tempi di lavoro: il pittore si vede costretto a dipingere con velocità, ora piegandosi a forme stilistiche meno elaborate, ora dimostrando un’eccellente maestria. Il rifiuto dell’intonaco a ricevere le pennellate tardive di colore, veniva arginato mettendo in campo una serie di espedienti tecnici, segreti e personali, che restano ad esclusivo appannaggio dei grandi maestri del passato: dal sapiente ricorso alle “tempere ausiliari”, alla più sbrigativa pratica di rinfrescare il dipinto con limpida acqua di calce. In entrambi i casi, separando le tecniche artistiche a base di calce, da quelle in cui la calce è assente, i riflessi derivanti sulla tavolozza pittorica idonea al muro, risultano identici: i colori non più sopraffatti dalla chiarezza biancheggiante delle mezzetinte, possono finalmente brillare nella saturazione dei pigmenti puri, affidando la loro nuova vivacità, al potere adesivo di leganti più tenaci. Colle forti, olio, cere, tempere grasse ecc. definiscono a partire da una certa epoca, i confini delle diverse tecniche pittoriche, separano i generi, caratterizzano gli stili, individuano le personalità artistiche, fino ad affrancare per sempre nuovi e vecchi pigmenti, dall’invasività della calce. Quando nascono i bianchi fissi (zinco, titanio) e la calce negli intonaci viene via via sostituita dal gesso e dai cementi, si modificano radicalmente anche le tecniche pittoriche più recenti. Oggi il mercato e l’industria delle vernici, fornisce prodotti a base di calce già pronti all’uso, che risparmiano la laboriosa confezione delle tinte e la scrupolosa bagnatura preliminare del supporto, chieste un tempo al vecchio artigiano, ma ciò nonostante anche nell’applicazione moderna, è necessario ricorrere ad una manodopera specializzata per ottenere risultati naturali e non artificiosamente patinati. Quella che attualmente è vista come una finitura decorativa di pregio, in passato non era nemmeno considerata una tecnica artistica Foto 4: colore a calce in uso nell’edilizia storica minore Foto 5: pittura murale a fresco e a tempera in un edificio storico delle 5 Terre 5 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 di qualità, rientrando nel comune esercizio delle arti e dei mestieri, che ogni artigiano svolgeva nel proprio ambito quotidiano. La perdita accelerata della “cultura del saper fare”, assieme alla scomparsa inaccettabile delle tradizioni pittoriche e costruttive locali, non solo cancellano pagine della nostra storia, ma rischiano d’insidiare pericolosamente la qualità dei restauri conservativi, in tutte quelle formule d’intervento edilizio, che si espletano nelle architetture ritenute erroneamente minori. ‐ Fine prima parte ‐ proveniente dalla Val Punteria può essere smaltito senza problemi in caso di demolizione dell’edificio. Inoltre, il nuovo tipo di isolante si rivela particolarmente vantaggioso, visto che i suoi componenti ‐ lana e calce – sono estremamente convenienti. Ulteriori informazioni: [email protected] Cristina Nadia Grandin Il primo documento riguardante la tradizione produttiva della calce a Cogoleto risale al 1414. Ma l’origine di tale attività deve avere radici ben più lontane. Facilitata dalla presenza delle cave di Calcare magnesiaco vicino al mare, e dalla possibilità di ricavare combustibile per le fornaci dai vicini boschi, Cogoleto fondò gran parte della sua fortuna in età moderna ed industriale proprio sulla produzione della calce, commerciata anche a grandi distanze. L’importanza storica ed economica della produzione di calcina è stata notevole nel XIX secolo, quando Cogoleto, con ben 9 fornaci, produceva calce di ottima qualità. La stessa conformazione urbanistica del paese è il frutto del divenire nel tempo delle coltivazioni di calcare e, se le fornaci del centro storico sono ormai inglobate nel tessuto residenziale, le fornaci più periferiche rappresentano ancora, in forma monumentale, l’antica arte della calce. Mentre le notizie indirette sulla civiltà dei Isolanti per l’Architettura con Calce e Lana Si chiama Walter Tasser, è muratore e vive a Falzes, in Val Pusteria. Per anni, nel tempo libero ha cercato di sviluppare un materiale isolante biologico per interni. E ora ci è riuscito, sostenuto nella prima fase di sviluppo del prodotto dal TIS innovation park di Bolzano. Il materiale di lana e calce sviluppato dal signor Tasser, è in grado di raggiungere lo straordinario potere isolante di 0,05 (W/m*K). Questo composto non ha solo una grande capacità isolante, ma riesce addirittura a impedire la formazione di muffe. Il TIS innovation park ha fornito un appoggio a Tasser durante la fase di misurazione del valore isolante e durante la procedura per la brevettazione. Questo tipo di isolate viene utilizzato negli ambienti interni. Prestazioni migliori in termini di isolamento termico si hanno solo con i trucioli di legno e con alcuni isolanti artificiali. Tuttavia, a differenza dei materiali isolanti artificiali, quello biologico Storie di Calce: Cogoleto Fornace di calce a Cogoleto 6 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 calcinaroli sono piuttosto ampie, mancano ormai quasi del tutto le testimonianze dirette, quelle di chi ha effettivamente prodotto la calce e ne conosce davvero i segreti. Se, infatti, scientificamente è relativamente semplice analizzare le malte e conoscerne la composizione chimica, altrettanto semplice non è ricostruire i meccanismi di produzione della calce, poiché solo menti e mani esperte sarebbero in grado di ottenere la migliore qualità, soggetta a continue variabili, dettate ogni volta da diversi fattori contingenti. La calce di Cogoleto, in quanto ottenuta da rocce calcaree contenenti Magnesio ha dimostrato eccellenti qualità idrauliche, come quelle, analoghe, della calce prodotta a Sestri Ponente, studiata nel porto antico di Genova. Proprio il toponimo “Cogoleto”sembra trarre origine dalla locuzione latina “coquere lithos”, vale a dire “cuocere pietre”. Nelle realizzazioni urbanistiche e nelle opere difensive, volute dalla Repubblica di Genova, spesso sono stati sottoscritti contratti per forniture di calce di Cogoleto, particolarmente apprezzata per la buona qualità.da Cogoleto partivano carichi di materiale alla volta del porto di Genova, si trattava di calce destinata ai cantieri di costruzione dell’arsenale, del Palazzo Ducale, sede del Doge e del Governo, delle mura difensive della città, di strutture assistenziali, come l’Albergo dei Poveri di Genova, o difensive. I Cogoletesi per secoli hanno lavorato alla produzione della calce, prodotto finale di un lavoro che iniziava nei boschi e arrivava fino al mare: nei boschi si lavorava per procurare il legname da impiegare quale combustibile nelle fornaci, nelle cave gli operai estraevano il calcare, nelle fornaci i calcinari cuocevano il materiale proveniente dalle cave e lo trasformavano in calce, dalle spiagge partivano i leudi con carichi destinati a porti lontani. La memoria della lavorazione della calce, fondamentale per la economia locale, resta in numerosi documenti, e soprattutto negli edifici stessi, le antiche fornaci ormai cadute in disuso ma ancora presenti sul territorio comunale. Le strutture presenti sono quelle di una volta. Il commercio della calce, fiorente fin dal sec. XV, si è protratto vivo fino alla fine dell’Ottocento, affiancato da una nutrita flottiglia da trasporto che avviava il prodotto sulle rotte che solcavano il Mare Mediterraneo. Fonte: www.comune.cogoleto.ge.it Contatti Forum Italiano Calce Via Tosarelli, 3 ‐ 40128 Bologna Tel. 327.5328288 Fax: 051.364309 Mail: [email protected] Web: www.forumcalce.it Nota Informativa Questa Newsletter è basata sui contributi volontari dei partecipanti, non è finanziata da esterni e non è un periodico. Qualunque testo vi appaia non ha alcun tipo di cadenza predeterminata ne predeterminabile. Non è una testata giornalistica e non esiste editore. Foto dei Lettori I visitatori del sito e lettori della newsletter sono invitati ad spedirci fotografie riguardanti il mondo della calce. La redazione selezionerà le più significative che verranno pubblicate. In questo numero: immagini da Borutta in provinca di Sassari, inviateci da Renzo Solinas. Sull’altopiano di Punta 'e mura numerose furraghes (fornaci) testimoniano la secolare produzione di calce nel territorio. 7 FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008 Furraghes (forni da calce) a Borutta, Sassari 8