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FORUM
ITALIANO
CALCE
News
‐
9/08
‐
Dicembre
2008
Newsletter
dell’Associazione
Forum
Italiano
Calce
‐
www.forumcalce.it
–
[email protected]
Editoriale
Contenuto
Dicembre
tempo
di
bilanci
anche
per
i
nostro
giovane
Forum
Italiano
Calce
che
chiude,
di
fatto,
il
primo
vero
anno
di
attività.
Lo
chiude
con
successo,
con
un
numero
di
soci
che
supera
il
centinaio
e
con
l’organizzazione
del
ConvegnoCalce08,
svoltosi
a
Firenze
il
4
e
5
dicembre,
straordinario
per
la
partecipazione
e
la
qualità
degli
argomenti
proposti
dai
relatori.
Ma
andiamo
per
ordine
perché
lo
scorso
è
stato
un
anno
intenso,
che
ci
ha
visti
impegnati
su
più
fronti.
Il
Sito
internet
www.forumcalce.it
è
cresciuto
per
numero
di
pagine
e
visitatori;
rappresenta
oggi
un
vero
e
proprio
punto
di
riferimento
del
web
per
chi
si
occupa
e
si
interessa
di
calce.
Le
diverse
sezioni
sono
state
via
via
completate,
ed
altre
se
ne
sono
aggiunte
rispetto
alla
versione
iniziale.
La
nostra
Newsletter,
spedita
a
diverse
centinaia
di
iscritti
alla
mailing
list,
e
tradotta
in
inglese
da
Building
Lime
Forum,
si
è
dimostrato
un
valido
strumento
non
solo
per
informare
sulle
nostre
attività,
ma
soprattutto,
grazie
ai
contributi
dei
Forumcalce08,
Sala
Strozzi,
Firenze
Editoriale
1
Colore
e
Calce
nell’Edilizia
Storica
2
Isolanti
per
l’Architettura
con
Calce
e
Lana
6
Storie
di
calce:
Cogoleto
6
Contribuisci
alla
Newsletter
7
Nota
Informativa
7
Le
Foto
dei
Lettori
7
diversi
autori,
per
approfondire
temi
e
argomenti
riguardanti
produzione
e
impiego
della
calce
in
architettura
e
nel
restauro.
Sempre
avvalendosi
delle
opportunità
offerte
dalla
rete,
le
immagini
del
mondo
delle
calce
sono
oggi
disponibili,
grazie
a
coloro
che
le
vogliono
condividere,
nella
pagine
di
Flikr.
Una
libreria
in
continua
crescita
che
raccoglie
ogni
giorno
nuove
foto
inserite
dai
nostri
soci
e
amici.
Ma
la
nostra
Associazione
non
vive
di
solo
internet:
nel
corso
dell’anno
abbiamo
creato
diverse
occasioni
di
incontro
diretto
tra
i
nostri
soci,
il
già
citato
Convegnocalce08,
di
cui
verranno
presto
resi
disponibili
i
testi
e
le
immagini
proposte
dai
relatori,
e
ancora
conferenze,
workshop,
momenti
formativi
ecc.
Il
‘Programma
di
Scambio
Campioni
di
Malte
Storiche
e
da
Restauro’
ha
riunito
e
impegnato
diversi
studiosi
afferenti
ad
Università,
CNR,
laboratori
di
ricerca
italiani
e
stranieri,
nello
studio
petrografico
di
campioni
preparati
ad
hoc.
Il
report
finale
sarà
scaricabile
a
giorni
dal
nostro
sito
e
darà
avvio
ad
una
nuova
fase
di
studio
nel
corso
del
2009.
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
Dopo
le
esperienze
degli
anni
scorsi
di
produzione
di
calce
in
piccola
scala,
condotte
nell’Appennino
reggiano,
quest’anno
il
corso
‘Il
Ciclo
della
Calce’
si
è
spostato
in
Val
Camonica
a
Ono
San
Pietro,
in
occasione
dell’accensione
di
un’antica
calchera
nel
centro
dell’abitato.
Grazie
alle
‘sezione
camuna’
del
Forum,
i
partecipanti
al
corso
hanno
potuto
cimentarsi
direttamente
nello
spegnimento
in
fossa
della
calce,
per
ottenere
grassello,
da
utilizzarsi
poi
in
malte,
intonaci,
pitture
murali.
Il
2008
ha
visto
concretizzarsi
anche
occasioni
di
scambio
scientifico
e
culturale
con
altre
realtà,
quale
per
esempio
l’
“Incontro
tra
Calce,
Gesso
e
Terra
Cruda”
promosso
in
settembre
dall’
“Associazione
Nazionale
Città
di
Terra
Cruda”
nella
splendida
cornice
dell’entroterra
abruzzese
di
Casalincontrada.
Ed
ancora,
la
firma
della
convenzione
con
l’Università
di
Modena
e
Reggio
Emilia
per
lo
studio
delle
caratteristiche
reologiche
della
calce
in
pasta,
e
del
protocollo
di
intesa
con
l’AIPAI
(Associazione
Italiana
per
il
Patrimonio
Archeologico
Industriale)
per
la
catalogazione
in
ambito
nazionale
degli
antichi
forni
dal
calce.
Tutto
ciò
e
molto
di
più,
si
è
reso
possibile
grazie
all’impegno
di
tutti
i
soci
del
Forum,
e
di
un
Consiglio
Direttivo
che
ha
saputo
interpretare
le
richieste
dei
nostri
interlocutori
e
portare
a
termine
gli
obiettivi
che
ci
eravamo
posti
dodici
mesi
orsono.
Nell’augurarvi
un
felice
2009,
e
nel
ringraziarvi
per
quanto
avete
fatto
finora,
non
posso
che
auspicare
che
il
futuro
della
Forum
Italiano
Calce
offra
a
tutti
voi,
e
sempre
di
più,
gli
stimoli
e
le
soddisfazioni
che
vi
hanno
portato
ad
avvicinarvi
alla
nostra
Associazione.
Soddisfazioni
e
stimoli
che
sento
ogni
volta
che
incontro
o
dialogo
con
qualcuno
di
voi
e
che
mi
hanno
portato
ad
essere
un
convinto
estimatore
della
calce
in
architettura
e
nel
restauro.
Andrea
Rattazzi
Presidente
del
Forum
Italiano
Calce
Colore
e
Calce
nell’Edilizia
Storica
Testo
di
Cristina
Nadia
Grandin
Fin
dai
tempi
della
sua
scoperta,
la
calce
ha
rappresentato
un
materiale
di
primaria
importanza,
non
solo
come
ingrediente
principale
delle
malte
nella
preparazione
degli
intonaci,
ma
anche
come
materiale
ad
uso
pittorico,
per
tinteggiare
gli
edifici
o
decorare
superfici
murali
di
pregio.
Le
varie
forme
in
cui
si
presenta
la
calce,
si
prestano
tuttavia
ad
utilizzi
diversi:
le
calci
idrate
in
fiore
e
le
calci
idrauliche,
sono
più
adatte
alle
costruzioni
murarie,
mentre
il
grassello
di
calce
,
il
latte
di
calce
e
l’acqua
di
calce,
sono
impiegati
per
lo
più
in
pittura
(
ad
affresco
e
a
tempera)
e
nelle
tecniche
decorative
affini
(
marmorini,
stucchi,
graffiti
ecc.).
La
qualità
di
partenza
del
materiale,
e
cioè
di
un
grassello
“grasso”
e
ben
stagionato,
influenza
molto
l’esito
artistico
delle
varie
tecniche,
soprattutto
nella
resa
cromatica
e
nella
durata
dei
lavori
condotti,
agevolando
od
ostacolando
dal
principio,
gli
sviluppi
esecutivi
perseguiti
dagli
artisti.
Il
grassello
di
calce,
sotto
forma
di
pasta
soffice
e
cremosa,
è
stato
usato
in
passato
come
colore
bianco
per
eccellenza,
essendo
l’unico
adatto
ad
essere
applicato
in
muro
(foto
1).
Nella
tavolozza
pittorica
idonea
all’affresco,
il
“bianco
di
calce”,
assieme
al
“bianco
di
sangiovanni”
suo
stretto
parente
(entrambi
dopo
l’invecchiamento,
risultano
chimicamente
dei
carbonati
di
calcio
insolubili),
primeggiava
in
maniera
quasi
assoluta.
Secondo
un
concetto
accarezzato
a
lungo
dagli
alchimisti
del
passato,
Foto
1:
decorazione
murale
di
fine
‘800
con
utilizzo
di
tinte
a
calce
(
Prato,
Scuola
di
Musica
“G.Verdi”)
2
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
le
mescolanze
tra
i
materiali
non
erano
tutte
possibili,
il
puro
non
si
mescolava
mai
con
l’impuro
ed
il
simile
sposava
il
simile,
perciò
l’unione
del
bianco
di
calce
ai
vari
pigmenti,
equivaleva
non
solo
a
schiarirne
le
tinte,
ma
soprattutto
a
temprare
la
loro
natura,
adattandola
all’azione
corrosiva
della
malta
fresca.
L’affidabilità
delle
miscele,
si
limitava
tuttavia
al
solo
impiego
in
affresco,
mentre
su
supporti
alternativi,
il
bianco
preferito
dagli
antichi
restava
la
biacca
di
piombo,
il
cui
potere
coprente
superava
quello
della
calce
e
l’affinità
con
i
pigmenti
preziosi,
forniva
una
tavolozza
di
tinte
più
brillanti.
Il
grassello
di
calce
e
le
sue
due
forme
diluite
(latte
ed
acqua
di
calce),
trovano
quindi
nell’ambito
della
pittura
murale,
utilizzi
specifici
e
conformi,
secondo
una
stratigrafia
oggettiva
e
preferenziale
di
applicazione.
Il
latte
di
calce
risulta
una
stesura
bianca
e
fluida,
che
il
più
delle
volte
si
trova
a
contatto
diretto
con
il
suo
supporto:
usato
di
frequente
per
imbiancare
pareti
di
qualsiasi
genere,
in
laterizio
o
in
pietra,
con
o
senza
intonaco
d’allettamento,
rimane
il
più
semplice
colorante
ed
il
più
antico
disinfettante
noto.
Il
forte
PH
alcalino
della
calce,
veniva
sfruttato
in
passato,
per
garantire
l’effetto
battericida
nella
manutenzione
periodica
degli
ambienti
a
forte
rischio
igienico
(
stalle,
cantine,
sepolture,
cucine,
ospedali)
o
promiscui
(
osterie,
refettori,
locande
ecc.)
e
rappresentava
la
comune
“scialbatura”
sotto
il
cui
velo
bianco,
si
nascondevano
anno
dopo
anno,
la
sporcizia,
i
colori
passati
di
moda,
i
dipinti
murali
deteriorati
(v.
foto
2).
Lo
scialbo
a
calce,
s’incontra
spesso
nelle
stratigrafie
degli
intonaci
affrescati,
quando
i
vecchi
decori
caduti
in
disgrazia
‐
per
il
subentro
di
nuovi
gusti
o
danni‐
venivano
ricoperti
con
altre
pitture
o
addirittura
sepolti
sotto
un
nuovo
letto
d’intonaco,
pronto
a
suggellare
l’arrivo
di
forme
estetiche
più
gradite.
L’osservazione
in
sezione
sottile
di
una
qualunque
decorazione
murale,
dimostra
chiaramente
come,
non
solo
nei
palinsesti
più
raffinati,
ma
anche
nelle
tinteggiature
di
rivestimento
comune,
il
potere
coprente
e
l’efficacia
legante
del
latte
di
calce,
fossero
indistintamente
prescelti,
per
dipingere,
rinnovare
o
mascherare
qualunque
superficie
(v.
foto
3).
Una
sola
sostanza
possedeva
in
sé,
la
virtuosa
facoltà
di
servire
a
molteplici
scopi
in
duttili
frangenti,
potendo
variare
i
tempi
di
lavorazione
e
le
modalità
di
applicazione
nei
vari
supporti.
In
qualità
di
colore
bianco,
il
latte
di
calce
adoperato
nella
confezione
delle
tinte
per
l’edilizia
semplice,
limitava
alquanto
la
fruizione
cromatica
in
muro:
esso
rimaneva,
per
il
vecchio
imbianchino‐
pittore‐
decoratore,
una
tinta
economica,
diluita
e
pronta
per
l’uso,
in
cui
a
piacere
si
potevano
aggiungere
i
pigmenti
in
polvere,
ottenendo
una
gamma
di
mezzetinte,
visibili
ancor
oggi
sugli
intonaci
dei
vecchi
edifici
(v.
foto
4).
Le
mescolanze
accette
dalla
sospensione
lattiginosa
in
questione,
non
erano
molte
in
verità,
poiché
soltanto
alcuni
pigmenti
minerali,
come
gli
ossidi
e
le
terre,
potevano
sostenere
il
tormento
prolungato
dell’idrossido
di
calcio:
terra
di
Siena
naturale
e
bruciata,
ocre
rosse
e
gialle,
terre
d’ombra,
ossidi
di
ferro
rossi
e
calcinati
(
gialli,
bruni
e
neri),
ossidi
di
cromo
verdi,
ossidi
di
manganese
neri,
rappresentano
le
matrici
naturali
(derivate
per
parecchi
secoli
solo
dai
minerali
macinati,
poi
dal
sec.
XVIII,
ricavati
anche
artificialmente
ed
infine
prodotti
per
sintesi
nel
XX
secolo),
da
cui
provengono
quasi
tutte
le
colorazioni
storiche
esistenti.
Il
potere
colorante
degli
ossidi
e
delle
terre
era
diverso
tra
loro,
soprattutto
in
termini
di
resa
pittorica
e
di
vivacità
cromatica:
molto
elevata
per
i
primi,
poco
efficace
per
le
seconde,
a
causa
della
nutrita
presenza
dei
silicati
d’alluminio
e
di
parecchie
impurezze.
La
facile
reperibilità
in
ambito
territoriale
e
geologico,
spiega
tuttavia
l’utilizzo
massiccio
e
prolungato
di
questi
pigmenti,
che
connotano
in
maniera
tipica
tutti
gli
edifici
antichi.
Ne
deriva
che
nelle
architetture
storiche,
i
colori
adatti
a
ravvivare
le
superfici,
appartenevano
a
due
grandi
categorie:
una
serie
cospicua,
utilizzata
creativamente
nelle
pitture
murali
di
ogni
genere
(
affresco,
tempera,
graffito,
olio
ecc.),
per
i
palazzi
signorili
e
le
dimore
prestigiose;
una
gamma
più
povera,
adatta
alle
tinteggiature
degli
intonaci
di
rivestimento,
per
le
abitazioni
più
comuni.
Per
quest’ultima
categoria,
le
peculiarità
dei
pigmenti
utilizzati,
non
si
3
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
manifestano
unicamente
attraverso
l’aspetto
apparente
del
colore
applicato,
ma
si
ricavano
dalle
qualità
petrografiche
dei
minerali
d’origine,
identificandosi
come
quelle
“matrici
”
e
quelle
“invarianti
cromatiche”,
in
grado
di
caratterizzare
l’identità
storica,
paesaggistica
ed
antropica
di
ogni
luogo
abitato.
Sotto
il
profilo
operativo,
nonostante
la
dimestichezza
nell’uso,
qualche
difficoltà
applicativa
ce
l’avevano
pure
le
tinte
a
calce,
dovuta
alla
natura
insolubile
e
tixotropica
dei
pigmenti
di
addizione,
la
cui
frequente
sedimentazione
all’interno
della
tinta,
costringeva
il
pittore
a
rimescolare
spesso
il
colore
prima
dell’uso,
facendo
ben
attenzione
che
il
pennello
non
pescasse
mai
dal
fondo
del
secchio,
dove
giaceva
il
pigmento
depositato.
Anche
la
diluizione
in
acqua
della
tinta
era
molto
importante,
dovendo
restare
invariata
se,
a
parità
di
stesure,
si
volevano
effetti
uniformi
e
vellutati,
o
aumentare
gradualmente
se
si
cercavano
velature
di
finitura.
Dipingere
poi,
equivaleva
un
po’
come
lavorare
alla
cieca:
la
trasparenza
della
calce
sull’intonaco
umido,
impediva
di
vedere
i
colori
reali
al
momento
della
loro
applicazione
e
solo
la
prolungata
esperienza
del
mestiere,
rendeva
corretti
i
rapporti
cromatici
e
tonali,
altrimenti
invisibili
a
lungo.
Anzitempo,
si
potevano
testare
e
preparare
i
colori
da
usare
‐ancora
una
volta
la
basicità
della
calce
era
un
vantaggio
e
non
un
difetto
per
il
colore‐
e
ciascun
pittore
adattava
da
sé,
dosi
e
quantità,
correzioni
ed
accorgimenti
istantanei.
La
difficoltà
maggiore
Foto
2:
affresco
scialbato
riscoperto
sulla
facciata
esterna
di
un
palazzo
trevigiano
nell’utilizzo
delle
tinte
a
calce,
restava
comunque
inscritta
nei
fattori
ambientali
e
nelle
condizioni
variabili
del
supporto
su
cui
si
operava.
E’
noto
come
le
proprietà
leganti
della
calce,
si
manifestino
attraverso
una
reazione
di
carbonatazione
che
interessa
ogni
pennellata
colorata,
quando
l’idrossido
di
calcio,
reagisce
con
l’anidride
carbonica
dell’aria
e
come
questa
facoltà
si
potenzi
maggiormente,
se
il
supporto
d’accoglienza
è
saturo
d’acqua
e
traspira
bene.
Quando
una
tinta
a
calce
viene
stesa
correttamente
sopra
uno
strato
sottile
d’intonaco
fresco,
la
lenta
evaporazione
dell’acqua
contenuta
nella
malta,
favorisce
la
mineralizzazione
delle
varie
stesure,
regalando
al
colore
una
resistenza
imperitura
e
secolare;
viceversa,
se
la
medesima
tinta
viene
applicata
sopra
una
superficie
asciutta,
la
bagnatura
preliminare
del
sottofondo,
diventa
un’operazione
estremamente
necessaria
per
garantire
la
resa
di
qualunque
colore
introdotto
in
seguito.
Se
la
pittura
“sfarina”,
vuol
dire
che
la
tinta
manca
di
coesione
ed
adesione
al
suo
supporto,
si
è
asciugata
in
modo
rapido,
carbonatandosi
solo
in
superficie:
pulverulenza
e
pellicolamento
del
colore,
segnalano
sempre
una
debolezza
di
tipo
fisico
(stesure
plurime
e
stratificate
applicate
in
modo
non
corretto)
o
di
tipo
chimico(
apporto
errato
d’acqua
e/o
di
leganti),
sapendo
bene
che
entrambe
le
cause,
si
sommano
con
l’invecchiamento
e
si
visualizzano
nel
restauro.
La
pittura
a
calce
in
edilizia,
porta
con
sé
infine,
il
problema
dell’uniformità
cromatica
sulle
Foto
3:
sezione
stratigrafica:
notare
la
stesura
a
calce
che
ha
mascherato
il
colore
sottostante
(foto
UNIFI)
4
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
ampie
superfici,
dovendo
gestire
le
condizioni
transitorie
del
supporto
murario,
dalla
fase
iniziale
bagnata,
a
quella
conclusiva
asciutta.
Nei
testi
relativi
alle
arti
ed
alle
tecniche
del
sec.
XIX,
termini
come
“mezzo
fresco”,
“
falso
fresco”
o
“secco
rinfrescato”,
tentano
di
definire
tutte
quelle
tipologie,
a
metà
strada
tra
la
pittura
a
fresco
e
la
tempera
a
secco,
in
cui
i
colori
preparati
con
pigmenti,
leganti
e
quantità
variabili
di
calce,
vengono
applicati
su
intonaci
asciutti
da
tempo,
ma
ripetutamente
bagnati
con
latte
o
acqua
di
calce,
prima
d’essere
dipinti
(v.
foto
5).
L’introduzione
oculata
di
determinati
leganti
organici
(
come
per
es.
il
latte,
le
colle
animali
e
le
gomme
vegetali),
serviva
ad
aumentare
la
forza
adesiva
e
la
saturazione
delle
tinte,
nel
caso
in
cui
l’efficacia
della
carbonatazione
su
una
superficie
rigenerata,
venisse
presto
a
diminuire.
Mancando
l’apporto
dell’idrossido
di
calcio,
che
risulta
cospicuo
nell’intonaco
fresco,
la
carbonatazione
dei
pigmenti
rimane
affidata
al
solo
veicolo
di
superficie
(latte
e/o
acqua
di
calce
appunto),
accorciando
drasticamente
i
tempi
di
lavoro:
il
pittore
si
vede
costretto
a
dipingere
con
velocità,
ora
piegandosi
a
forme
stilistiche
meno
elaborate,
ora
dimostrando
un’eccellente
maestria.
Il
rifiuto
dell’intonaco
a
ricevere
le
pennellate
tardive
di
colore,
veniva
arginato
mettendo
in
campo
una
serie
di
espedienti
tecnici,
segreti
e
personali,
che
restano
ad
esclusivo
appannaggio
dei
grandi
maestri
del
passato:
dal
sapiente
ricorso
alle
“tempere
ausiliari”,
alla
più
sbrigativa
pratica
di
rinfrescare
il
dipinto
con
limpida
acqua
di
calce.
In
entrambi
i
casi,
separando
le
tecniche
artistiche
a
base
di
calce,
da
quelle
in
cui
la
calce
è
assente,
i
riflessi
derivanti
sulla
tavolozza
pittorica
idonea
al
muro,
risultano
identici:
i
colori
non
più
sopraffatti
dalla
chiarezza
biancheggiante
delle
mezzetinte,
possono
finalmente
brillare
nella
saturazione
dei
pigmenti
puri,
affidando
la
loro
nuova
vivacità,
al
potere
adesivo
di
leganti
più
tenaci.
Colle
forti,
olio,
cere,
tempere
grasse
ecc.
definiscono
a
partire
da
una
certa
epoca,
i
confini
delle
diverse
tecniche
pittoriche,
separano
i
generi,
caratterizzano
gli
stili,
individuano
le
personalità
artistiche,
fino
ad
affrancare
per
sempre
nuovi
e
vecchi
pigmenti,
dall’invasività
della
calce.
Quando
nascono
i
bianchi
fissi
(zinco,
titanio)
e
la
calce
negli
intonaci
viene
via
via
sostituita
dal
gesso
e
dai
cementi,
si
modificano
radicalmente
anche
le
tecniche
pittoriche
più
recenti.
Oggi
il
mercato
e
l’industria
delle
vernici,
fornisce
prodotti
a
base
di
calce
già
pronti
all’uso,
che
risparmiano
la
laboriosa
confezione
delle
tinte
e
la
scrupolosa
bagnatura
preliminare
del
supporto,
chieste
un
tempo
al
vecchio
artigiano,
ma
ciò
nonostante
anche
nell’applicazione
moderna,
è
necessario
ricorrere
ad
una
manodopera
specializzata
per
ottenere
risultati
naturali
e
non
artificiosamente
patinati.
Quella
che
attualmente
è
vista
come
una
finitura
decorativa
di
pregio,
in
passato
non
era
nemmeno
considerata
una
tecnica
artistica
Foto
4:
colore
a
calce
in
uso
nell’edilizia
storica
minore
Foto
5:
pittura
murale
a
fresco
e
a
tempera
in
un
edificio
storico
delle
5
Terre
5
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
di
qualità,
rientrando
nel
comune
esercizio
delle
arti
e
dei
mestieri,
che
ogni
artigiano
svolgeva
nel
proprio
ambito
quotidiano.
La
perdita
accelerata
della
“cultura
del
saper
fare”,
assieme
alla
scomparsa
inaccettabile
delle
tradizioni
pittoriche
e
costruttive
locali,
non
solo
cancellano
pagine
della
nostra
storia,
ma
rischiano
d’insidiare
pericolosamente
la
qualità
dei
restauri
conservativi,
in
tutte
quelle
formule
d’intervento
edilizio,
che
si
espletano
nelle
architetture
ritenute
erroneamente
minori.
‐ Fine
prima
parte
‐
proveniente
dalla
Val
Punteria
può
essere
smaltito
senza
problemi
in
caso
di
demolizione
dell’edificio.
Inoltre,
il
nuovo
tipo
di
isolante
si
rivela
particolarmente
vantaggioso,
visto
che
i
suoi
componenti
‐
lana
e
calce
–
sono
estremamente
convenienti.
Ulteriori
informazioni:
[email protected]
Cristina
Nadia
Grandin
Il
primo
documento
riguardante
la
tradizione
produttiva
della
calce
a
Cogoleto
risale
al
1414.
Ma
l’origine
di
tale
attività
deve
avere
radici
ben
più
lontane.
Facilitata
dalla
presenza
delle
cave
di
Calcare
magnesiaco
vicino
al
mare,
e
dalla
possibilità
di
ricavare
combustibile
per
le
fornaci
dai
vicini
boschi,
Cogoleto
fondò
gran
parte
della
sua
fortuna
in
età
moderna
ed
industriale
proprio
sulla
produzione
della
calce,
commerciata
anche
a
grandi
distanze.
L’importanza
storica
ed
economica
della
produzione
di
calcina
è
stata
notevole
nel
XIX
secolo,
quando
Cogoleto,
con
ben
9
fornaci,
produceva
calce
di
ottima
qualità.
La
stessa
conformazione
urbanistica
del
paese
è
il
frutto
del
divenire
nel
tempo
delle
coltivazioni
di
calcare
e,
se
le
fornaci
del
centro
storico
sono
ormai
inglobate
nel
tessuto
residenziale,
le
fornaci
più
periferiche
rappresentano
ancora,
in
forma
monumentale,
l’antica
arte
della
calce.
Mentre
le
notizie
indirette
sulla
civiltà
dei
Isolanti
per
l’Architettura
con
Calce
e
Lana
Si
chiama
Walter
Tasser,
è
muratore
e
vive
a
Falzes,
in
Val
Pusteria.
Per
anni,
nel
tempo
libero
ha
cercato
di
sviluppare
un
materiale
isolante
biologico
per
interni.
E
ora
ci
è
riuscito,
sostenuto
nella
prima
fase
di
sviluppo
del
prodotto
dal
TIS
innovation
park
di
Bolzano.
Il
materiale
di
lana
e
calce
sviluppato
dal
signor
Tasser,
è
in
grado
di
raggiungere
lo
straordinario
potere
isolante
di
0,05
(W/m*K).
Questo
composto
non
ha
solo
una
grande
capacità
isolante,
ma
riesce
addirittura
a
impedire
la
formazione
di
muffe.
Il
TIS
innovation
park
ha
fornito
un
appoggio
a
Tasser
durante
la
fase
di
misurazione
del
valore
isolante
e
durante
la
procedura
per
la
brevettazione.
Questo
tipo
di
isolate
viene
utilizzato
negli
ambienti
interni.
Prestazioni
migliori
in
termini
di
isolamento
termico
si
hanno
solo
con
i
trucioli
di
legno
e
con
alcuni
isolanti
artificiali.
Tuttavia,
a
differenza
dei
materiali
isolanti
artificiali,
quello
biologico
Storie
di
Calce:
Cogoleto
Fornace
di
calce
a
Cogoleto
6
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
calcinaroli
sono
piuttosto
ampie,
mancano
ormai
quasi
del
tutto
le
testimonianze
dirette,
quelle
di
chi
ha
effettivamente
prodotto
la
calce
e
ne
conosce
davvero
i
segreti.
Se,
infatti,
scientificamente
è
relativamente
semplice
analizzare
le
malte
e
conoscerne
la
composizione
chimica,
altrettanto
semplice
non
è
ricostruire
i
meccanismi
di
produzione
della
calce,
poiché
solo
menti
e
mani
esperte
sarebbero
in
grado
di
ottenere
la
migliore
qualità,
soggetta
a
continue
variabili,
dettate
ogni
volta
da
diversi
fattori
contingenti.
La
calce
di
Cogoleto,
in
quanto
ottenuta
da
rocce
calcaree
contenenti
Magnesio
ha
dimostrato
eccellenti
qualità
idrauliche,
come
quelle,
analoghe,
della
calce
prodotta
a
Sestri
Ponente,
studiata
nel
porto
antico
di
Genova.
Proprio
il
toponimo
“Cogoleto”sembra
trarre
origine
dalla
locuzione
latina
“coquere
lithos”,
vale
a
dire
“cuocere
pietre”.
Nelle
realizzazioni
urbanistiche
e
nelle
opere
difensive,
volute
dalla
Repubblica
di
Genova,
spesso
sono
stati
sottoscritti
contratti
per
forniture
di
calce
di
Cogoleto,
particolarmente
apprezzata
per
la
buona
qualità.da
Cogoleto
partivano
carichi
di
materiale
alla
volta
del
porto
di
Genova,
si
trattava
di
calce
destinata
ai
cantieri
di
costruzione
dell’arsenale,
del
Palazzo
Ducale,
sede
del
Doge
e
del
Governo,
delle
mura
difensive
della
città,
di
strutture
assistenziali,
come
l’Albergo
dei
Poveri
di
Genova,
o
difensive. I
Cogoletesi
per
secoli
hanno
lavorato
alla
produzione
della
calce,
prodotto
finale
di
un
lavoro
che
iniziava
nei
boschi
e
arrivava
fino
al
mare:
nei
boschi
si
lavorava
per
procurare
il
legname
da
impiegare
quale
combustibile
nelle
fornaci,
nelle
cave
gli
operai
estraevano
il
calcare,
nelle
fornaci
i
calcinari
cuocevano
il
materiale
proveniente
dalle
cave
e
lo
trasformavano
in
calce,
dalle
spiagge
partivano
i
leudi
con
carichi
destinati
a
porti
lontani.
La
memoria
della
lavorazione
della
calce,
fondamentale
per
la
economia
locale,
resta
in
numerosi
documenti,
e
soprattutto
negli
edifici
stessi,
le
antiche
fornaci
ormai
cadute
in
disuso
ma
ancora
presenti
sul
territorio
comunale.
Le
strutture
presenti
sono
quelle
di
una
volta.
Il
commercio
della
calce,
fiorente
fin
dal
sec.
XV,
si
è
protratto
vivo
fino
alla
fine
dell’Ottocento,
affiancato
da
una
nutrita
flottiglia
da
trasporto
che
avviava
il
prodotto
sulle
rotte
che
solcavano
il
Mare
Mediterraneo.
Fonte:
www.comune.cogoleto.ge.it
Contatti
Forum
Italiano
Calce
Via
Tosarelli,
3
‐
40128
Bologna
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calce.
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questo
numero:
immagini
da
Borutta
in
provinca
di
Sassari,
inviateci
da
Renzo
Solinas.
Sull’altopiano
di
Punta
'e
mura
numerose
furraghes
(fornaci)
testimoniano
la
secolare
produzione
di
calce
nel
territorio.
7
FORUM ITALIANO CALCE News - 9/08 - Dicembre 2008
Furraghes
(forni
da
calce)
a
Borutta,
Sassari
8