Carlo Casini: "A Fazio e Saviano risponderei con Madre Teresa `la

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Carlo Casini: "A Fazio e Saviano risponderei con Madre Teresa `la
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Carlo Casini: "A Fazio e Saviano risponderei con Madre Teresa 'la vita è una battaglia,
combattila sempre'"
Carlo Casini: "A Fazio e Saviano risponderei
con Madre Teresa 'la vita è una battaglia,
combattila sempre'"
di Ignazio Dessì
Il terzo appuntamento con Vieni via con me, fortunato programma di Fazio e Saviano, ha
determinato un turbinio di polemiche e la richiesta di far partecipare i comitati per la vita alla quarta
e ultima puntata. Dopo il passaggio in trasmissione di Mina Welby e Beppino Englaro, con la
riproposizione della difficile tematica dell’eutanasia, le reazioni veementi degli esponenti delle
associazioni pro-life hanno impegnato la Rai sulla opportunità di dar voce a chi la pensa
diversamente e ritiene un diritto controbattere. Due le questioni fondamentali: “C’è un problema di
ordine generale (di sostanza) e c’è l’esigenza della completezza dell’informazione” spiega a Tiscali
Carlo Casini, europarlamentare della Udc, magistrato, giornalista e presidente del Movimento per la
vita.
Perché ritenete sbagliato il modo in cui Saviano e Fazio (che per altro si oppongono a una
partecipazione dei comitati pro-vita alla trasmissione) hanno presentato la problematica
dell’eutanasia?
“Quello della difesa della vita è un tema gravissimo che non riguarda solo la fine di essa. Si
potrebbe scrivere un libro sull’argomento e su come si abbia, a volte, anche involontariamente, un
atteggiamento di censura. Diciamo che fondamentalmente i problemi pro life devono essere riferiti
in modo da non poter essere travisati. Bisogna ci sia sempre un confronto vero e reale su una
tematica di cui la questione sul fine vita è solo un aspetto, e nemmeno il più grave”.
L’altra questione?
“In secondo luogo la televisione fa cultura e può uccidere o salvare. Essendo impegnato sulle
questioni della vita e della morte, del diritto alla nascita e del fine vita, posso dire che uno
spettacolo televisivo può condannare a morte un bambino o salvarlo, a seconda delle immagini viste
o dei linguaggi ascoltati. C’è un collegamento fortissimo tra l’informazione e la concezione della
vita. Prendiamo il caso di Eluana: conosco tante famiglie che potrebbero essere incoraggiate o meno
a continuare l’assistenza al loro congiunto da un messaggio televisivo. E poi bisogna rispettare chi
ha fatto scelte diverse. A Firenze, per esempio, c’è un ragazzo in coma da 23 anni, assistito
amorevolmente dalla sua famiglia, nemmeno tanto religiosa. Davanti a certi messaggi questi
genitori dovrebbero sentirsi degli stupidi ad aver cambiato vita, casa e abitudini per assistere il loro
figlio? Voglio dire che ci sono situazioni psicologiche delicate per cui in Tv bisogna far vedere
anche aspetti di rispetto ed accoglienza della vita”.
Insomma, secondo lei è giusto mostrare anche il rovescio della medaglia. Però Fazio e Saviano
fanno notare che il loro programma racconta semplicemente delle storie, non è un talk show o
una Tribuna politica. Di questo passo, per ogni opinione espressa in tv, bisognerebbe
chiamare qualcuno che la pensa al contrario. Non le sembra una sorta di “accanimento
informativo”?
“Il principio fondamentale della democrazia non è solo quello formale di 'ogni testa un voto', bensì
quello sostanziale per cui la dignità umana è uguale per tutti, anche per chi è povero o malato. Sotto
questo aspetto, il principio di uguaglianza è da rispettare sempre, e quando in relazione a certe
tematiche si fa apparire solo un aspetto negativo, è indispensabile far apparire subito pure quello
positivo. Raccontando anche a tal proposito storie vere. Del resto, Fazio e Saviano dicono che si
tratta solo di racconti e non di altro, ma è singolare che tutto venga fuori in un periodo in cui la
legge sul fine vita è alle soglie del dibattito parlamentare".
Sta dicendo che trasmissioni come Vieni via con me hanno un alto tasso di suggestione?
"C’è un modo di discutere che usa la ragione e mette a confronto opinioni diverse sempre sulla base
dei fatti, e c’è un modo di non discutere violando la libertà, operando sulle emozioni attraverso
rappresentazioni di immagini e linguaggi che inducono a sentimenti piuttosto che a ragionamenti.
Se faccio vedere la sofferenza indicibile di una persona, è ovvio che tutti dicano che non la vogliono
far soffrire, e mostrandone l’eroismo ci sarà chi dice che vuole agire nello stesso modo. L’emozione
condiziona anche il modo di ragionare, e non è una cosa estranea al dibattito in corso sulla vita e
sulla morte”.
Parliamo di un argomento di estrema delicatezza, davvero difficile da affrontare. Voi siete
contrari anche al testamento biologico: da questo punto di vista non crede che in uno stato
laico come il nostro ci sia da rispettare anche la libertà di coscienza di chi la pensa
diversamente da voi, e vuole scegliere di porre fine a quella che per lei è ancora vita ma per
altri è solo sofferenza e non-vita?
“E’ una questione di carattere culturale veramente grande. Rispondo come ho già risposto in tanti
scritti, anche a proposito del caso di Eluana. In primo luogo c’è da porsi una domanda: esiste anche
un diritto a morire? Se la risposta è sì dovremmo cambiare molte cose: eliminare l’obbligo del
casco, quello delle cinture di sicurezza, eliminare le norme a tutela degli infortuni sul lavoro quando
l’azione è compiuta non da un dipendente ma da un lavoratore in proprio, consentire il trapianto di
organi tra viventi, eliminare le norme che condannano l’istigazione al suicidio e così via. Esaspero
il discorso per far capire che c’è in definitiva un principio di indisponibilità della vita umana che va
rispettato senza poter ragionare sul perché e sul per come”.
Però onorevole, lei è anche un magistrato e sa benissimo che il nostro ordinamento giuridico
contempla dei casi in cui si fa riferimento alla legittima difesa o allo stato di necessità per
giustificare comportamenti altrimenti condannabili. Allo stesso modo, nei casi in cui un
malato terminale soffre come un cane e non ha speranza, non crede ci sia una situazione che
giustifica il venir meno di principi e doveri altrimenti insormontabili?
“L’osservazione è giusta, tuttavia oggi il dolore fisico lo si combatte efficacemente tramite la
scienza. Altra cosa è il dolore morale che non si controlla. Ma cosa dovremmo dire del ragazzo
abbandonato dalla fidanzata che si ammazza per il dolore intimo insopportabile? Di questo passo si
entra in un campo dove non è più possibile salvare i principi fondamentali dell’ordinamento nel suo
complesso. In ogni caso, nessuno sostiene l’eutanasia, salvo forse Rodotà e i radicali. Il problema è
semmai quello del rifiuto delle cure, un problema più serio. Ma un conto è la persona cosciente che
non può essere portata in ospedale se non vuole, e un altro la persona che non può decidere”.
Anche il cardinal Martini ha ammesso la necessità di rispettare la volontà del malato
auspicando l’eliminazione dell’accanimento terapeutico e l’accettazione della morte
inevitabile.
“Sì certo, in questo caso si alza bandiera bianca e basta. Ma questo è un problema estremamente
complesso che non contempla soluzioni a ricetta, perché ogni caso è un caso a sé. Io però non riesco
a definire tale accanimento. In linea di principio – comunque - noi siamo contro l’accanimento
terapeutico. Ma dare la morte, sia pure con azioni omissive, come sarebbe il non curare l’incapace
di intendere e volere che si presume voglia morire, è un'altra cosa. Il discorso diventa fortemente
impegnativo da un punto di vista intellettuale, e certamente non si risolve spostando l’attenzione su
un singolo caso”.
In una trasmissione come quella di Fazio e Saviano sarebbe disponibile a impegnarsi in
diretta a rispettare la libertà di chi, nei casi limite di cui abbiamo parlato, sceglie di porre fine
alle proprie sofferenze?
“Rispondendo di sì ho paura di cadere in un trabocchetto, perché i casi limite sono difficili da
definire. Nella mia attività mi sono occupato di molti suicidi. In un caso ho assistito anche
personalmente al tentato suicidio di un ragazzo che si è buttato nel fiume ed è stato salvato. Adesso
penso sia contento di aver continuato a vivere. E’chiaro che sono contro l’accanimento terapeutico,
ma se vicino a me c’è uno che dice di non voler più vivere, io cerco di dargli coraggio e gli dico che
c’è sempre speranza. Poi certo, nel momento in cui il medico sentenzia che non c’è nulla da fare, gli
prendo la mano e gli sto vicino facendogli sentire il mio affetto fino alla inevitabile fine, senza
accanimenti. Comunque parliamo di un problema di tale complessità da non consentire risposte
precise”.
Riassumendo, come sintetizzerebbe il suo pensiero?
“Riassumendo direi: certamente no all’accanimento terapeutico, certamente no al diritto di morire,
certamente si alla cura, certamente si a una alleanza terapeutica tra medico e paziente che consenta
di scegliere insieme il da farsi, fermo restando che il medico non è un esecutore di ordini altrui e
non può dare la morte”.
In una trasmissione come quella di Fazio e Saviano, quale sarebbe lo slogan che vorrebbe
lanciare?
“Direi, citando Madre Teresa di Calcutta, Nobel per la pace: la vita è vita, accoglila. La vita è una
battaglia combattila”.
26 novembre 2010
http://notizie.tiscali.it