1. il contesto

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1. il contesto
1. IL CONTESTO
di Elena Mortola
Da Portofino ci si aspettano notizie sull'ultimo divo sbarcato, sull'ultima griffe che espone le
sue merci con grande eleganza, sul panfilo più grande e costoso.
In polemica con questa
visione stereotipata e, dicia- molo pure, un po' vecchiotta, gli studenti del master PISM, sotto
la guida dei loro docenti, hanno affrontato il difficile problema della riqualificazione di Portofino
sotto tutti gli aspetti: dal recupero degli spazi naturali e costruiti alle azioni dirette a
contrastare il decremen- to demografico e a migliorare il contesto socio-cultura- le. In altri
termini, gli studenti non si sono limitati ad osservare ed analizzare la bellezza della famosa
piaz- zetta e degli altri spazi celebrati, ma hanno anche e soprattutto cercato di identificare le
ragioni di un decli- no in atto e i possibili rimedi.
Nelle estati del 2002 e del 2003, per due settimane, hanno affrontato il problema del futuro di
Portofino intervistando gli abitanti e osservandone le attività lavorative (vedi Appendice A1).
Hanno analizzato i documenti e le antiche mappe per studiare l'evoluzio- ne storica del borgo
e hanno indagato gli antichi mestieri dei suoi abitanti per individuare quelli che, ancora oggi,
potrebbero essere vitali e contribuire ad arginare la "fuga" dei giovani (e il conseguente calo
demografico). Hanno formulato ipotesi che potrebbe- ro essere di un qualche interesse per
imprenditori, pro- fessionisti, artisti, ecc. interessati a investire in un'at- tività che, pur collegata
con il resto del mondo per via telematica, potrebbe giovarsi del fatto di svolgersi in un luogo
bello, a scala umana, lontano dal traffico e dal rumore.
Gli studenti hanno anche realizzato al computer un modello tridimensionale per verificare
l'impatto dei nuovi progetti ed elaborato alcune proposte dirette a migliorare l'ambiente
naturale e costruito: tra questi vanno annoverate in particolare le proposte di riquali- ficazione
di piazza della Libertà, alcune delle quali pre- vedono una sede diversa per il Municipio in
luogo di quella attuale, collocata sopra il parcheggio multipia- no1. Inoltre, sulla base del
Piano del Traffico approva- to a suo tempo dalla Regione Liguria2, hanno formula- to alcune
ipotesi che prevedono nuove modalità di accesso al borgo (con minibus elettrici, taxi collettivi,
biciclette, ecc) e un diverso utilizzo degli spazi per la sosta (parcheggio riservato agli abitanti
e ai lavoratori).
1.1 Un linguaggio di pattern per Portofino
L’idea di attivare un seminario a Portofino nell'ambito del PISM è nata a margine del
Seminario Internazionale intitolato Progettare con la comunità, organizzato dalla Facoltà di
Architettura dell'Università Roma Tre in collaborazione con l'USPEL (Ufficio Speciale per la
Partecipazione e Laboratori di quartie- re) del Comune di Roma, che si è svolto a Roma nell'aprile dell'anno 2000.
Al seminario hanno partecipato, tra gli altri, due stret- ti collaboratori di Christopher Alexander
che, con i loro interventi, hanno focalizzato l’interesse dei presenti su un approccio
partecipativo che consente agli abitan- ti/utenti di progettare i loro spazi di vita in modo inno vativo e democratico: A Pattern Language (Christopher Alexander et al, A Pattern Language.
Town - Buildings - Construction, Oxford University Press , New York, 1977)
Come vedremo meglio in seguito (cfr. paragrafo 2.1.3 pag. 61), un pattern è la descrizione di
"un problema che si presenta in modo ricorrente nel nostro ambien- te, del quale viene fornito
il nucleo della soluzione in modo tale che sia possibile usare questa stessa solu- zione un
milione di volte senza mai realizzarla allo stesso modo" (Alexander et al, 1977). Alexander ha
rintracciato nelle diverse epoche ed aree geografiche "nuclei" di soluzione dello stesso
problema: "nuclei" che rappresentano una sorta di minimo comune deno- minatore di tutte le
sue soluzioni reali, attuali o poten- ziali. Esse differiscono peraltro sia per gli aspetti che
dipendono dal contesto (ambientale, sociale, storico, culturale, economico), sia per la
"memoria" dei signifi- cati che esse veicolano: una "memoria" che non può che essere
specifica del luogo.
A Portofino gli studenti del PISM avrebbero trovato l’ambiente giusto per riflettere sui pattern
specifici di quel contesto e soprattutto sulle loro relazioni. La par- ticolare conformazione
architettonico-ambientale di Portofino, alcune oculate decisioni amministrative tra cui la
costituzione dell’Ente Autonomo del Parco (1935)3 , la formazione del Piano Paesistico del
Monte (1958) e del Piano Regolatore Generale di Portofino (1957), nel quale furono prese
alcune decisioni impor- tanti come quelle di vietare l'accesso e la sosta delle automobili nella
piazzetta e di adottare il principio che nessuna costruzione nuova fosse visibile dal mare4 e
da specifici punti strategici5, nonché il verificarsi di altre circostanze favorevoli, hanno
contribuito alla conservazione dei numerosi pattern che definiscono il "linguaggio" che ancora
oggi è possibile identificare e leggere nella struttura spaziale e architettonica di Portofino.
1.2 Evoluzione del borgo (cenni storici)
L’analisi delle poche mappe storiche del borgo che è stato possibile reperire e delle vecchie
foto (alcune risalgono alla fine ottocento) ha permesso di studiare l’evoluzione del linguaggio
dei pattern specifico di Portofino.
La forma del borgo non si è modificata sostanzialmente, ma l’uso attuale dei suoi spazi è
sostanzialmente diverso da quello dei tempi passati. Le trasformazioni sono tuttavia avvenute
secondo una logica incrementale che ha preservato la qualità dell’insieme.
Un esempio interessante è quello della salita S. Giorgio che inizia a piazza Martiri dell’Olivetta
e termina in corrispondenza della terrazza sul mare dove è ubicata la chiesa di S. Giorgio. La
salita fu costruita a metà del 1600, quando la cappella di S. Giorgio fu trasformata in chiesa6.
Lungo la salita sono avvenute molte trasformazioni, dall'origine ai giorni nostri: ad esempio,
un giardino è stato trasformato in un museo all’aperto con sculture moderne.
I pattern presenti lungo la salita saranno descritti in dettaglio e analizzati in seguito: per ora ci
interessa solo mettere in evidenza che grazie a una modalità incrementale di progettazione è
possibile mettere in atto processi di trasformazione che rispettano sia il linguaggio locale dei
pattern di un luogo, sia i caratteri del paesaggio sia la qualità dell'ambiente costruito in termini
di rapporti dimensionali, di utilizzo dei materiali, dei colori, ecc.
L’analisi delle mappe storiche è stata molto importante anche per analizzare in dettaglio
l’evoluzione temporale dei pattern. Ad esempio, lo slargo di vico del Pozzo, che ospitava un
tempo un pozzo e due piccoli portici, svolgeva la funzione di spazio pubblico, una funzione
che in parte è stata recuperata con la realizzazione del Teatrino avvenuta negli anni ’80,
anche se questo spazio è stato successivamente ridotto a seguito dell’occupazione e della
parziale chiusura di un adiacente portico da parte di un ristorante.
1.3 Lettura delle carte storiche e delle antiche foto
Le carte antiche e le vecchie foto (le foto più antiche sono quelle di Noack e risalgono al
1870) hanno consentito di individuare le trasformazioni fisiche ed i cambiamenti di
destinazione d'uso che furono attuati nel tempo nel borgo di Portofino. La lettura di questi
documenti ha permesso di identificare i pattern che esistevano un tempo e che oggi sono
parzialmente scomparsi: anche quando gli spazi mantengono la dimensione e la forma
originarie, il loro uso è stato spesso modificato. In alcuni casi il cambiamento della
destinazione d'uso ha comportato anche una parziale trasformazione dello spazio costruito.
La prima carta analizzata è stata redatta dal francese Jacques Ayrouard nella prima metà del
‘7007 . La carta, denominata “Plan de Portofin”, non è "scientifica" ed è stata realizzata
esclusivamente quale strumento d'ausilio alla navigazione. Si tratta di una carta molto interessante, anche se di difficile decifrazione. La sua legenda è riportata qui di seguito.
A.B. = nota il cipresso B, avvistato dalla sommità di una casa del molo C, per non avanzare
ulteriormente all'interno;
D.O. = altra nota la strada O. tutta aperta dal punto D. per non
avanzare più verso la fine del porto;
T.P. = altra annotazione la cappella P. viene avvistata dalla montagna dov'è il forte per
ancorarsi con i venti contrari in T.
(traduzione a cura di Oriele Orlando)
La carta sembra essere stata redatta tra il 1740 e il 1755, anche se esistono alcuni indizi che
la farebbero risalire ad un'epoca antecedente. Per esempio, S. Giorgio è raffigurato nella
carta come cappella, mentre si sa che all'epoca essa avrebbe già dovuto essere stata
trasformata in chiesa, come pure avrebbe dovuto essere già stata costruita la strada di
accesso8; che nella carta non è riportata.
L'ipotesi è che Ayrouard abbia utilizzato come base una carta redatta in epoca precedente
secondo le modalità di rappresentazione della cartografia iconografica, una forma di
rappresentazione poi sostituita dalla cartografia scientifica che si è affermata soprattutto a
partire dalla metà del '700.
Nella carta è riconoscibile la struttura del paese, la palazzata orientata a sud con il suo molo,
la chiesa del Divo Martino, la struttura del "tridente" 9 con le strade rivolte a levante e con il
piccolo rivo che attraversa la piazzetta e sfocia nel mare.
Nella mappa è identificata anche la sorgente d’acqua che è presente ancora oggi nella
spiaggia del Canòne10. Un altro elemento interessante è la forma del porto, più allargata
rispetto a quella attuale 11.
La carta in questione differisce notevolmente da quella del cartografo della Serenissima,
Matteo Vinzoni, che risale al 1773 (cfr. M. Vinzoni, Il dominio della Serenissima Repubblica di
Genova in terraferma, Levanto, 2 agosto 1773, ristampa del 1955)12. Innanzi tutto appare
molto diversa la parte orientata a nord/nord-est. Entrando nel porto è ben visibile un grande
edificio, o meglio, un complesso dominante rispetto al resto dell'ambiente costruito. La sua
forma è molto diversa da quella del complesso presente nella mappa redatta dal pilote royal
Ayrouard, che non dà nessuna indicazione in proposito.
Uno studente del master PISM ha tentato di sovrapporre questa mappa alla cartografia
attuale per cercare di individuarne la localizzazione precisa.
La presenza di una forte
stratificazione storica nel borgo, dovuta ad interventi effettuati in epoche successive, sembra
anche confermata dalla presenza di un capitello, probabilmente tardo romano, semicoperto
dal tendone di una famosa griffe, nonché da un ossario rinvenuto in un deposito a piano terra
dell’ex-palazzo Serra, poi Baratta, poi Barbagelata, 197813 .
Sono del 1770 i profili delle case ed una veduta della costiera verso Mezzogiorno (F.M.
Acinelli, Atlante o sia del Dominio della Repubblica di Genova, Biblioteca Berio, Genova. A.2.
cf.II).
La seconda carta analizzata (1773), che rappresenta la baia e il promontorio di Portofino,
appartiene all’Atlante Vinzoniano (M. Vinzoni, Il Dominio della Serenissima Re p u b l i c a d e
G e n o v a i n T e r r a f e r m a , m s . 1 7 7 3 , Biblioteca Berio, Genova, A.2. cf.2.)14.
Nella legenda di questa bellissima carta sono indicate alcune emergenze: la chiesa di S.
Martino, l’Oratorio di S. M. Assunta (edificato nel 1300), il Castello, l’Oratorio di S. Giorgio, il
Castelletto, la Torre, la Batteria. L’edificato tra l’attuale Molo Umberto I e la salita S. Giorgio
(che era una cordonata) appare molto diverso da quello illustrato nella precedente mappa: è
molto più simile a quello attuale, anche se la sua forma appare diversa in corrispondenza del
Palazzo Serra. La sistemazione a fasce coltivate ad ulivo nelle vallette che lambiscono il
borgo a nord e a sud s'integrano bene con il costruito. La sistemazione ad orti copre
interamente gli spazi vuoti tra le case e la zona del Fondaco. La mappa riporta in dettaglio
tutte le parti porticate.
Questa carta bene rappresenta il carattere "domestico" del borgo (la piccola scala) ma anche
la gerarchia degli spazi, come le piccole piazze interne che guidano verso uno spazio
esterno, ovverosia la piazzetta che affaccia sul mare.
La lettura della mappa ha consentito di mettere in evidenza alcuni elementi di rilevante
interesse bioclimatico alla scala sia dell'impianto urbano sia dei singoli edifici. La palazzata15
è in gran parte orientata a sud e le strade principali sono orientate in modo da incanalare i
venti provenienti da levante. Gli alloggi della palazzata hanno un orientamento nord-sud e la
collina alle spalle della palazzata li proteggeva dal vento del nord (cfr. carta dei venti
dominanti a pag. 119). La costruzione della SS (1870) rende meno efficace questa protezione e distrugge sostanzialmente il rapporto tra le abitazioni e le "fasce" coltivate disposte
sul retro della palazzata.
Questa mappa è molto importante ai fini progettuali perché illustra in modo esemplare il
rapporto e l’integrazione tra architettura e natura: la sistemazione a fasce coltivate ad ulivo
nelle vallette a nord e a sud che lambiscono il borgo e s'integrano con il costruito. La
sistemazione ad orti copre integralmente gli spazi vuoti tra le case e la parte verso il Fondaco
non ancora
Carta di Jacques Ayrouard (prima metà del ‘700)
Carta di M. Vinzoni, 1773
Carta di E. Marengo, 1792
costruita. Interessanti sono i giardini pensili lungo la salita S.Giorgio, il molo Umberto I e nel
Vicolo Canonica (collegato alla chiesa).
Questa carta ha costituito un riferimento costante per
l'elaborazione del progetto di piazza della Libertà che ne prevede l’articolazione in tre piazze
di dimensioni minori: la piazza del Mercato, la piazza del (nuovo) Municipio e la piazza dei
Portali, tutte collegate al Monte attraverso specifici percorsi.
La terza carta, di poco posteriore risale al 1792 e non si discosta molto dalla precedente. Si
tratta del cosiddetto Piano Geometrico di Portofino (E) B14bis di E. Marengo.
“Interessante la pianta che dettagliatamente raffigura le costruzioni addensate nel fondo
dell'insenatura, con l’indicazione dei porticati e delle scale esterne d’accesso. Abbozzati
appena le alture e i terrazzi lungo i pendii, accennate le rocce e la vegetazione. E’ tracciato
grossolanamente solo il contorno del promontorio; uno scoglio è visibile all’interno
dell’insenatura. Il tracciato a matita su cui si basa la rappresentazione, consiste in linee
disposte nel senso dell’orientazione che s’incrociano su un reticolo di quadrati. E’ delineata, a
matita, la strada che congiunge San Giorgio al Castello. Sul verso, oltre la pianta del Castello,
già citata dal Marengo (a scala di palmi 100 = mm 103), è interessante uno schizzo che
attesta che sono state prese a vista le distanze da alcuni punti situati sulla strada che
conduce alla piazza di Portofino.” (M.C. Giuliani, S.Margherita e Portofino, appunti di
geografia urbana, Annali di Ricerca Storica Geografica, XV (1959), pp. 215-247)
La quarta carta risale alla fine dell'ottocento ed è stata aggiornata nel 1904. E’ una carta
catastale: in essa non è presente nessuna descrizione degli aspetti paesaggistici.
Ai fini del progetto è molto importante la forma finale di via Roma (già vicolo delle Anime) qui
rappresentata con i due percorsi che si diramano attorno al lotto in cui era presente allora un
edificio. Attualmente via Roma, dopo la demolizione del suddetto edificio, si apre ad imbuto su
piazza della Libertà creando uno spazio vuoto (il cui carattere sarà giudicato "non positivo" in
sede di progetto).
1.4 Caratteri del paesaggio naturale e agricolo (Portofino e dintorni)
I caratteri del paesaggio sono bene illustrati dai due testi che seguono .
“Questa illustre Borgata (....) tiene a tergo, come per corona, deliziose vallette tutte messe ad
oliveti e vigne, seminate di villereccie e cittadine abitazioni; alle falde di queste valli
cominciano i boschi di alti pini che bellamente incoronano i sovrastanti monticelli, i quali
vengono poi quasi signoreggiati dal gran monte, che tra verdeggiante e rossastro sovra essi
s’innalza.” (da Salvatore Bagnasco, Saggio storico di Portofino, 1876).
“La natura del Promontorio, con terreni scoscesi, in costante pendenza anche nelle zone più
basse, la struttura alta e rocciosa delle coste, la quasi globale, plurisecolare proprietà degli
Abati di San Fruttuoso, restii alle innovazioni agricole e alle colture intensive, avevano
pressoché mantenuto, sino alle soglie del 1900, lo sfruttamento delle risorse agricole in uno
stato di conduzione medievale, puramente manuale, artigianale. (...) In linea di massima, le
coltivazioni dal XV secolo alla seconda metà del XIX secolo non subirono grandi mutamenti,
finché gli inglesi (come Lord Carnavon e il Console Brown, che vi giunsero dal mare e
scelsero di situare proprio su quel solitario e bellissimo promontorio le loro ville residenziali)
non introdussero piante e seminati esotici. Durante i secoli, i contadini avevano continuato
nelle zone ben esposte al clima caldo-umido, adatto a culture più delicate del castagno, a
dissodare boschi e a terrazzare colline per guadagnare terreni alle loro coltivazioni di olivo,
vite, cereali, frutteti e orti.” (F.Giannini 1997, Paesaggio, Università di Genova, Edizioni del
disegno, Genova).
I due disegni a pag. 10 illustrano la vegetazione del Promontorio alla fine del XIX secolo e la
vegetazione allo stato attuale, rilevato in base a una foto di Alfredo Noack del 1987).
Il disegno in alto a pag. 10 illustra l’uso del suolo prima della metà del XIX secolo,
prevalentemente agricolo, delle proprietà facenti capo alla villa Molfino (l'attuale Hotel
Splendido). Si notano le diverse colture: in prevalenza ulivo, seguito dalla vite (a cui sovente è
consociato), dal castagno e dal seminativo. (cfr. il Piano delle strade di Portofino e terre del
sig. F.M. Molfino Pino delle Celle, conservato presso la Biblioteca della Società Economica di
Chiavari). La figura a pag. 10 in basso rappresenta l’uso del suolo attuale.
Come osserva
Magnaghi (Il territorio degli abitanti, 1998, Dunod Masson, Milano) il paesaggio è creato dal
territorio, “organismo vivente ad alta complessità composto da luoghi (...) dotati di storia,
carattere, strutture di lunga durata, che formano i 'tipi' territoriali e urbani, attraverso processi
di co-evoluzione tra insediamento e ambiente”. E prosegue: “E’ possibile (...) concepire il
parco come nucleo iniziale di riqualificazione del territorio (...). Il parco agricolo può funzionare
da motore per la conversione economica, culturale, produttiva dell’agricoltura. Dobbiamo
pensare ad una prospettiva futura in cui la richiesta di cibi di qualità, di una diversa
alimentazione, di un diverso rapporto col paesaggio, indurrà processi produttivi che
richiederanno una diversa qualità ambientale. Ovviamente ci sono molte difficoltà in questo
processo di conversione, poiché una nuova cultura del mondo rurale non nasce dai vecchi
agricoltori di montagna, ma da una popolazione urbana che riscopre determinati valori, e che
fonda quelli che ho definito altrove 'monasteri laici'; riprendendo l’immagine suggestiva della
civilizzazione dei monasteri in epoca medievale, quando l’attività era incentrata non solo
sull’innovazione agricola, sulla bonifica del territorio, ma anche sulla trasmissione e
l’irradiamento di cultura verso le città. Esistono già diversi esempi di simili strutture, che
hanno finalità non solo agricole, ma anche etiche, sociali, culturali, connesse in rete in circuiti
urbani e internazionali" (cfr. anche Appendice A7 a pag. 49).
In questa ottica può essere vista la proposta della piccola cooperativa Giardino del Borgo di
S.Fruttuoso di Capodimonte (cfr. Appendice A3 a pag. 29), nata alcuni anni fa per avviare il
recupero dell’attività agricola a S. Fruttuoso, che non vuole essere “un tentativo nostalgico di
riportare i terreni di San Fruttuoso all’antico splendore, bensì il desiderio di un gruppo di uomini e donne di ipotizzare e realizzare un progetto compatibile con l’ambiente, scommettendo
ancora sul rapporto diretto con le risorse naturali al fine di produrre prodotti di qualità, cultura,
e servizi per un turismo consapevole e d’incontro. (...) Da qui (S. Fruttuoso, n.d.r.) i monaci
benedettini diffusero l’olivicoltura in tutto il levante ligure. Il recupero dell’oliveto (circa 6 ha), la
produzione di miele di erica, corbezzolo e altre essenze della macchia, la produzione di
piante officina- li per l’erboristeria e la fitocosmesi sono gli obiettivi della cooperativa.”
I membri
della cooperativa considerano importante anche l’attività di comunicazione ed educazione
rivolta alle scuole e ai turisti. “L’oliveto con il frantoio tradizionale, il laboratorio di piante
officinali e il lavoro di studio e recupero delle conoscenze tradizionali ad esso collegate,
l’apicoltura, diventeranno laboratori reali, interattivi, dove mettere in pratica l’indispensabile
pro- tezione della vitalità, della diversità e bellezza della terra.16” (A. Leverone e L. Sacchetti,
Il recupero agroecologico dei terreni a San Futtuoso, in 'Scelte ecocompatibili per San
Fruttuoso di Camogli', Atti del seminario, Comune di Camogli, 24 maggio 2000 .
1.5 Un'immagine letteraria di Portofino (da un testo di Salvatore Gotta)
“La piazza declina e finisce nell’acqua del porto; su di essa, come sui margini di una spiaggia,
i pescatori traggono in secca i loro gozzi e le loro barchette; tutt’attorno, sotto i portichetti dagli
archi a sesto acuto, i fruttivendoli e il tabaccaio, i chincaglieri, il barbiere, il falegname,
attendono ai loro commerci, ai loro lavori entro le buie botteghe; le varie boutiques mettono in
mostra la loro merce di lusso; i ristoranti espongono i loro tavolini e attraggono i buongustai di
passaggio, gente di tutto il mondo. I bimbi seminudi strillano e ruzzano nel selciato; le donne,
sedute accanto alle loro bancarelle lievi di pizzi, fanno saltellare fra le dita i garruli rocchetti
del tombolo.” (Gotta, Portofino, manoscritto non datato, risalente probabilmente agli anni ‘50).
1.6 Il contributo dell'architettura: due esempi (S. Fruttoso e Portofino)
Arrivando in barca a S. Fruttuoso (vedi le foto a pag. 13, in alto) il primo edificio con il
sottostante arco che si vede è quello ispirato al progetto di Luigi Vietti del 1937; subito dopo
appare la bellissima abbazia. In una vecchia foto di S. Fruttuoso si vede la situazione antecedente l’alluvione del 1915. Nell’immagine che segue (a pag. 13, in basso a destra) è
illustrato il progetto di Vietti per un albergo. Nelle foto della situazione attuale si possono
notare alcune differenze tra progetto e realizzazione. Nel progetto di Vietti appare interessan-
te la soluzione che prevedeva l'apertura sul sagrato
Alfredo Noack, veduta della penisola
Vegetazione del Promontorio alla fine del XIX Vegetazione allo stato attuale
della Chiesa e la quota ribassata del filo del nuovo edi- ficio rispetto alle case esistenti, oggi
totalmente alterato. Meno riusciti appaiono gli archi non previsti dal progetto di Vietti, che
sostituiscono i rampicanti tra i pilastri che sostengono il percorso interno. Il percorso interno
che porta dall’imbarcadero alla chiesa, con aperture visuali sul mare, è molto interessante
nella sua semplicità.
Altrettanto interessante é il percorso di villa Puddinga a Portofino (1955) a punta Cajega. “Si
tratta di individuare ciò che il sito è pronto ad accettare, evitanto crisi di rigetto o stridori
chiassosi (...). Definire uno stile mediterraneo significa (...) rispondere al problema di creare
un’architettura possibile, dove l’inserimento nel paesaggio circostante non contraddica la
funzione della casa che è, principalmente, quella di fornire il maggior conforto possibile a chi
la abiti.” (S. Barisione e V. Scelsi, Luigi Vietti. Architetture liguri, Erga Edizioni, 1999). La villa
si vede bene solo dal mare. Il materiale usato è la puddinga e il legno delle pergole costruite
con tronchi naturali. Sembra proseguire i volumi e le t e r r a z z e c h e a f f a c c i a n o s u l l
a p i cc o l a s p i a g g i a d e l Canòne. Potremmo chiamarla "architettura del mare", perché
nasce vicino al mare e si integra perfettamente con la roccia e la valorizza: un riuscitissimo
dialogo con la natura nel quale vediamo realizzati molti pattern, tutti regolati da una struttura
gerarchica, che generano uno spazio esterno positivo.
NOTE
1 Questa collocazione lascia perplessi, perché inadatta a "rendere efficace il controllo politico (della comunità) sulle funzioni
locali" (Alexander 1977 p. 240): l'attuale sede non occupa un "luogo centrale", è priva di uno spazio in cui si possano
svolgere i dibattici pub- blici ("arena") e non possiede spazi da destinare ai progetti comuni- tari.
2 Il Piano Territoriale di Coordinamento dell’Accessibilità di Portofino (P.T.C.A. di Portofino) è stato approvato con
deliberazione n°57 del 24.05.94 del Consiglio Regionale. Tale strumento intende proporre soluzioni alternative alle questioni
del traffico veicolare privato
3 La preoccupazione, illustrata dai documenti dell’epoca, era quella di poter arginare il nascente sviluppo edilizio di una
costiera ancora incontaminata, sviluppo che sarebbe esploso a seguito della realizza- zione di una strada litoranea lungo il
promontorio. L’azione dell’Ente Autonomo del Monte di Portofino, le difficoltà tecniche e soprattutto
la guerra, fecero
naufragare per sempre il progetto della strada.
4 Il Piano Paesistico prevedev a l’edificabilità in lotti del suolo del monte fino a un massimo di 1/30 della superfice del lotto e
con un massimo di due piani, nella zona estensiva a villini, mentre nella
zona immediatamente retrostante P.zza della Libertà
era prevista una zona semiintensiva con una superfice edificabile pari a 1/8 del lotto e con un’altezza massima di tre piani.
5 I
punti strategici erano la Chiesa di S. Giorgio, la chiesa del Divo Martino, Piazza Martiri dell’Olivetta, Piazza della Libertà, le
due Calate, Punta Cajega.
6 Dall’Annuario 2001 della Curia Diocesana di Chiavari.
7 Alcune osservazioni in merito alla mappa: la mappa è una carta nautica, tutti gli interessi di chi l’ha elaborata sono rivolti a
problemi di navigazione. Importante sembra essere l’edificio a sinistra della spiaggia, in posizione centrale per chi entra in
porto. Si è fatta l’ipo- tesi di un edificio per la quarantena o di un edificio di servizio ai naviganti, ad esempio un magazzino.
Sono state fatte più ipotesi di localizzazione (elaborate da Giusy Caldarera, partecipante al works- hop 2003) sulla base della
mappa alla scala 1:500. Le ipotesi di loca- lizzazione potrebbero indurre gli studiosi di storia e restauro a fare alcuni saggi.
Sul molo Umberto è visibile un capitello in marmo che potrebbe far parte di questo edificio o di edifici ancora più antichi.
8
Secondo la testimonianza del parroco Andrea Ceronio, che risale alla metà del XVIII secolo, “l’antica cappella fu distrutta e fu
costrui- ta una chiesa più ampia e adeguata; fu pure costruita la strada di accesso”.
9 In altri termini, da via Roma sono
leggibili alcuni segni che rappre- sentano il vicolo delle Anime, il vico Drito e il vico Nuovo.
10 L'analisi di questa spiaggia,
come vedremo, ci aiuterà a compren- dere quella che può essere chiamata "l’architettura del mare", cioè quella serie di
sistemazioni architettoniche dell’attacco al mare che saranno realizzate in epoca successiva, dopo la costruzione della strada
SS (1870).
11 Ciò ha suggerito una serie di approfondimenti sull’edificato tra molo Umberto I e salita S.Giorgio (vedi oltre).
12 Cfr. anche M.F. Acinelli, Atlante ligustico, Genova, 1774, pp. 58 - 61 (rist. anast. Genova, 1984).
13 Il palazzo localizzato in Piazza dei Martiri dell’Olivetta è stato acquistato da Agostino Barbagelata alla fine del 1700
(cadastro 1798). Il proprietario precedente era Ignazio Sera, un ecclesiastico. La proprietà del Palazzo è stata in seguito
suddivisa tra i due figli Domizio e Pietro nel 1866. Il primo piano è rimasto di proprietà degli eredi Barbagelata fino agli anni
‘50. Il mio piccolo appartamento fa parte della proprietà di questi eredi Barbagelata).
14 Secondo lo storico genovese F.M. Acinelli (Memorie storiche sacro-profane di Genova) l’epoca di edificazione di questa
chiesa è il 986, fu successivamente rimaneggiata (vedi la foto del 1878, quando la chiesa era addossata ancora alla parete di
puddinga. Per approfon- dimenti vedi Valdemaro Boggiano Pico, La chiesa di Portofino attraverso i secoli, SAGEP, Genova,
1971.
15 Le palazzate di Portofino sono formate da una lunga schiera di case larghe mediamente 4/5 metri ma profonde non meno
di 15 metri. Originariamente ogni casa era abitata da una sola famiglia: adibita a ricovero per l’imbarcazione a piano terra e
talvolta adibita a magazzino al primo piano, l’alloggio vero e proprio si sviluppava ai piani superiori su uno o due livelli, tutto
collegato da una ripida scala con funzione anche di collegamento tra il porto e gli orti retrostanti. Gli elementari alloggi
originali avevano una forma allungata con una finestra o due sulla piazzetta e una finestra sul fondo. Il soggiorno affaccia va
sulla finestra. Le stanze da letto er ano sistemate dopo il soggiorno tutte senza finestre. A volte nel soggiorno potev ano
essere sistemati dei letti in alcova, coperti da una tenda. Altre volte la zona letto era divisa dal soggiorno da un arco coperto
da una tenda. Normalmente la cucina era sistemata nell’ultimo ambiente verso la montagna, nel quale era ricavato un
“loegu”, un piccolo gabinetto. Tutte le facciate sono decorate da affreschi multicolori che vanno dalla semplice partitura dei
piani intercalati da una fascia bianca fino alla composita decorazione neo-gotica figurata dell’ultima costruzione della
palazzata rivolta a mezzogiorno.
16 L’incontro tra gli studenti del Master e i membri della cooperativa presso il Teatrino nonché la breve visita all’oliveto (2003)
sono stati molto stimolanti ai fini dell’elaborazione del progetto (vedi oltre). In particolare hanno suggerito agli studenti
l'introduzione di vegetazione autoctona nella piccola area verde orientata a sud che dovrà far parte integrante di piazza della
Libertà. Ai fini del progetto si è rive- lata utile anche la carta dell’uso del suolo di F. Giannini (1997).
Per ulteriori
approfondimenti può essere utile consultare “Beni e ter- reni di pertinenza dell’Abazzia di S.Fruttuoso dao 1739 al 1870”,
Carte e Cartografi in Liguria, Sagep, Genova, 1986, E’ interessante consultare alcune vedute storiche:
1668 – “Veduta di
Portofino”, attribuita a P.M.Baldi, è conservata nella Biblioteca Laurenziana di Firenze
1700 – “Veduta della Costiera di Portofino v erso Mezzogiorno”, Disegni dell’Atlante Lingustico settecentesco dell’Acinelli
(Conservazione Berio, Genova).
S. Fruttuoso oggi
S. Fruttuoso in una vecchia foto, prima del restauro a seguito dell’alluvione del 1915
Progetto di Luigi Vietti per un piccolo albergo a S. Fruttuoso. La realizzazione si discosta parzialmente dal progetto
Piazza della Libertà. Aerofotogrammetrico
Carta IGM del territorio di Portofino
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Foto dall’archivio Alinari (1930 circa)
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Elaborazione digitale tridimensionale e rendering dello stato attuale della palazzata esposta a Nord (arch. Tatjana
Todorovic)
Elaborazione digitale tridimensionale e rendering dello stato attuale di piazza della Libertà (arch. Vincenzo
Guadagno)