seduta antimeridiana di mercoledi`3 ottobre 2007
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seduta antimeridiana di mercoledi`3 ottobre 2007
Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 1 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 3 OTTOBRE 2007 COMMISSIONE XIII AGRICOLTURA RESOCONTO STENOGRAFICO INDAGINE CONOSCITIVA 7. SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 3 OTTOBRE 2007 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPINA SERVODIO INDICE PAG. Sulla pubblicità dei lavori: Servodio Giuseppina, Presidente ................ 3 INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE VITIVINICOLO Audizione delle associazioni nazionali di produttori del vino (Federvini, Federdoc, Unione italiana vini): Servodio Giuseppina, Presidente ..... 3, 4, 9, 10, 14 PAG. Cagiano De Azevedo Ottavio, Direttore generale della Federvini .................................. 6, 12 Fiorio Massimo (Ulivo) ............................... 9 Ricci Curbastro Riccardo, Presidente della Federdoc ........................................................ 4, 11 Sabellico Alberto, Rappresentante della Unione italiana vini .................................... 3, 14 N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: L’Ulivo: Ulivo; Forza Italia: FI; Alleanza Nazionale: AN; Rifondazione Comunista-Sinistra Europea: RC-SE; UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro): UDC; Lega Nord Padania: LNP; Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo: SDpSE; Italia dei Valori: IdV; La Rosa nel Pugno: RosanelPugno; Comunisti Italiani: Com.It; Verdi: Verdi; Popolari-Udeur: Pop-Udeur; DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI: DCA-NPSI; Misto: Misto; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Movimento per l’Autonomia: Misto-MpA; Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori: Misto-RLR; Misto-La Destra: Misto-Destra. PAGINA BIANCA Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 3 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPINA SERVODIO La seduta comincia alle 9,45. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sulla pubblicità dei lavori. PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l’attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati. Audizione delle associazioni nazionali di produttori del vino (Federvini, Federdoc, Unione italiana vini). PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul settore vitivinicolo, l’audizione delle associazioni nazionali di produttori del vino (Federvini, Federdoc, Unione italiana vini). Sono presenti il dottor Ottavio Cagiano De Azevedo, direttore generale della Federvini, il dottor Riccardo Ricci Curbastro, presidente della Federdoc, il dottor Pasquale De Meo, rappresentante della Federdoc, e il dottor Alberto Sabellico, rappresentante dell’Unione italiana vini. Ringrazio cordialmente i nostri ospiti per aver accolto l’invito della Commissione; questa non è la prima volta che ci incontriamo e che dibattiamo sul tema oggetto dell’odierna audizione. Ricordo che la Commissione ha deliberato, nella seduta del 28 giugno scorso, di svolgere un’indagine conoscitiva, al fine 3 OTTOBRE 2007 di seguire attentamente la definizione della riforma del mercato vitivinicolo a livello comunitario e, in una fase successiva, di valutarne l’impatto a livello nazionale, anche sotto il profilo normativo. Come è stato segnalato nella lettera di invito, l’audizione è finalizzata, in particolare, ad acquisire le vostre valutazioni sulla proposta di regolamento comunitario relativo alla riforma dell’organizzazione del mercato vitivinicolo, presentata dalla Commissione europea il 4 luglio scorso. Do ora la parola agli auditi, che ringrazio di nuovo. Al loro intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati, alle quali gli auditi potranno replicare. ALBERTO SABELLICO, Rappresentante dell’Unione italiana vini. Sono Alberto Sabellico, rappresentante dell’Unione italiana vini. Senza scendere nei dettagli, la Confederazione ritiene, in linea di massima, che l’impostazione della nuova OCM vino predisposta dalla Commissione europea sia idonea a realizzare l’equilibrio del mercato vitivinicolo a livello europeo e a rilanciare il settore in campo internazionale. Si nutrono, tuttavia, perplessità per quanto concerne l’aspetto relativo alla designazione, cioè all’etichettatura, in quanto non si condivide la previsione di indicare la varietà di vite per i vini da tavola generici. Se si dovesse verificare tale previsione, si creerebbero notevoli interferenze con la categoria dei vini da tavola a indicazione geografica, che attualmente riscuotono un notevole successo da parte dei consumatori. D’altro canto, indicare la varietà di vite nei vini da tavola generici presenterebbe anche notevoli difficoltà ai fini del controllo, in quanto risulterebbe molto arduo accertare se effettivamente Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 4 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL quel vino provenga dalla varietà di vite indicata nell’etichettatura, non essendo la tracciabilità nel settore dei vini da tavola molto marcata, a differenza delle categorie dei vini ad indicazione geografica tipica e a denominazione di origine controllata. In conclusione, in via generale, si concorda con l’impostazione data dalla Commissione europea alla nuova realizzazione dell’OCM vino, si nutrono perplessità per quanto concerne l’indicazione della varietà di vite sui vini da tavola generici e si è possibilisti nel prevedere per quest’ultima categoria di vini, cioè i vini da tavola generici, che sia riportata l’annata di raccolta. PRESIDENTE. La ringrazio, anche per la sinteticità. RICCARDO RICCI CURBASTRO, Presidente della Federdoc. Ringrazio la Commissione per l’attenzione che ci sta dimostrando in questi mesi, in una fase in cui oggettivamente siamo molto preoccupati. Siamo tutti d’accordo che sia necessaria una riforma della OCM vino, molto meno concordi sui risultati che la proposta della Commissione europea stessa potrebbe portare nel nostro settore e, in particolare, per quanto riguarda i vini a denominazione di origine controllata, che sono per l’Italia uno dei più importanti pilastri. Voglio ricordare che quando si parla, come nei giorni scorsi sui giornali, di grande successo dei vini italiani, il primato, in America, spetta al Pinot grigio del Veneto, che è un vino ad indicazione geografica tipica. Quindi, dobbiamo porre grande attenzione ad un meccanismo che fino adesso ci ha permesso di conseguire notevoli successi. Mi riferirò essenzialmente alla relazione dell’onorevole Castiglione, perché siamo in fase di discussione, e credo sia importante ricordare a tutti noi che entro il 18 ottobre sarà possibile presentare emendamenti, che saranno discussi in sede di Commissione agricoltura dell’Unione europea e, successivamente, a dicembre, in sede plenaria presso il Parlamento di Strasburgo. Il budget attuale (mi riferirò agli 3 OTTOBRE 2007 articoli per semplificare il mio intervento) deve restare, riguardo all’articolo 17 (concordiamo in proposito con l’onorevole Castiglione), nel primo pilastro, evitando che possa trasferirsi al secondo pilastro, diventando un budget generico, non più destinato al settore vitinicolo. Questo è un passaggio fondamentale, perché rischiamo di perdere fondi che sono fondamentali per la viticoltura europea. Gli articoli 7 e 9 riguardano le misure di sostegno. Le attuali previsioni di programmi di sostegno con promozione e conoscenza sul mercato comunitario, come sapete, sono assolutamente risibili: un budget di tre milioni di euro, per un mercato che rappresenta il 67 per cento del mercato mondiale del vino, significa lasciare il mercato europeo in mano ai nostri concorrenti più agguerriti. Anche in questo caso, la proposta dell’onorevole Castiglione, che prevede una migliore distribuzione dei fondi, con campagne anche di informazione ed educazione al consumo di vino in Europa, ci trova assolutamente favorevoli. Sosteniamo anche l’idea che sui mercati terzi si debbano promuovere essenzialmente i vini ad indicazione geografica, quindi quelli a denominazione di origine e indicazione geografica. Gli articoli 20 e 26 concernono le pratiche enologiche. Condividiamo la proposta dell’onorevole Castiglione di respingere quanto scritto dalla Commissione. Non è possibile immaginare un sistema duale di pratica enologica, cioè pratiche enologiche ammesse per i vini che si producono per i Paesi terzi e pratiche enologiche ammesse per i vini che si producono per il mercato interno: un meccanismo di questo genere è incontrollabile. Ben venga una lista positiva di pratiche enologiche unica, però non controllata dalla Commissione (che in passato, soprattutto con gli accordi bilaterali con gli Stati Uniti, ha creato tanti problemi in questo settore), ma che continui ad essere gestita dal Consiglio. L’articolo 26-bis riguarda le prestazioni viniche. Giustamente, la proposta Castiglione ripristina la pratica nella misura del 10 per cento dell’alcol contenuto nel vino. Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 5 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL Sottolineo che questo passaggio è fondamentale, non soltanto per una questione qualitativa (si tratta di evitare la sovrappressione dei prodotti dell’uva nella produzione del vino, quindi è una misura di qualità), ma soprattutto pensando alla destinazione dei sottoprodotti, vinacce e feccie, i quali, se non andassero alla distillazione, diventerebbero rifiuti speciali, di cui non sapremmo cosa fare, nelle nostre cantine, con conseguenti costi esorbitanti di smaltimento. Quindi, si tratta di un passaggio che ha una duplice funzione: destinare questi prodotti alla distillazione significa renderli inattivi dal punto di vista ambientale, il che non va assolutamente sottovalutato. Questa è una misura che ha una duplice valenza, di cui sottolineo con forza la seconda. L’articolo 27 riguarda la denominazione di origine. La proposta Castiglione definisce in modo corretto la denominazione di origine, chiarendo che non solo l’origine delle uve, ma anche la trasformazione, l’elaborazione e l’imbottigliamento debbono avvenire in una zona geografica delimitata. Questo è un passaggio che la Commissione aveva completamente obliterato e che avrebbe reso possibile (noi lo abbiamo detto in termini provocatori) che si producesse un Chianti a Stoccolma. Ciò non ci avrebbe fatto assolutamente piacere, anche perché si perderebbe quel rapporto con il territorio e con le pratiche enologiche che ben conoscete. L’articolo 28 parla di disciplinare. Si prevede una descrizione del vino, le principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche. Ciò va benissimo, inclusa la delimitazione geografica della zona di produzione, però bisogna fare attenzione, perché nel meccanismo messo in piedi dalla Commissione (questo non è previsto nella proposta Castiglione) le DOC passerebbero automaticamente al sistema DOP e le IGP passerebbero automaticamente al sistema IGP. Questo significa che anche per le IGT e IGP future sarebbe previsto un disciplinare molto più restrittivo di quello attuale. Il grande vantaggio ricordato prima a 3 OTTOBRE 2007 proposito del Pinot grigio del Veneto – e sottolineo ancora una volta questo meccanismo – sarebbe vanificato. Il grande vantaggio del sistema italiano è quello di avere due binari: da una parte, dei disciplinari più restrittivi, che riguardano i vini a denominazione di origine, dall’altra, dei vini moderni, anche più facili da produrre, per grandi masse, con i quali abbiamo ottenuto un grande successo. Non vorremmo che il disciplinare di questi vini diventasse la fotocopia di quello degli altri, perché ciò ostacolerebbe queste produzioni di grande successo. Ribadisco questo passaggio, rispetto al quale stiamo studiando cosa scrivere nel testo legislativo. Sottolineo (non è scritto nel documento che vi lasceremo, ma credo sia condiviso anche dal mondo industriale) che corriamo il rischio di produrre due vini molto simili, e non ne abbiamo bisogno. Oggi noi viaggiamo su due binari ben distinti, entrambi di grande successo. L’articolo 37 riguarda i marchi commerciali. Anche a questo proposito, ci sembra che la proposta Castiglione vada nella giusta direzione: è lo Stato membro che procede alla registrazione delle denominazioni; non è possibile premiare un marchio privato nella fase di registrazione di una denominazione. Con il meccanismo attuale e con i tempi di Bruxelles, sarebbe stato facilissimo presentare un marchio privato nella fase istruttoria di una futura ed eventuale denominazione. Per non essere frainteso, chiarisco che non avverto la necessità di nuove denominazioni, anzi sono tra coloro che vorrebbero fossero diminuite, ma evidentemente dobbiamo tenere presente questo tipo di problema: non possiamo premiare il marchio privato che va a coprire un nome di denominazione. L’articolo 50 concerne l’etichettatura. Siamo, come nella proposta Castiglione, contrari all’indicazione di annata e vitigno sui vini da tavola, per il semplice fatto – lo ha ricordato chi mi ha preceduto – che non è possibile dare garanzie al consumatore riguardo all’origine di questi vini. Non essendoci una garanzia di origine, diventa impossibile dare una garan- Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 6 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL zia relativamente ad annata e vitigno. Oltretutto, sempre parlando del sistema binario italiano, le nostre IGT sono di fatto dei vini da tavola che riescono a garantire queste indicazioni geografiche, perché hanno un minimo di disciplinare e quindi di tracciabilità. L’articolo 55 è relativo alle organizzazioni interprofessionali. L’emendamento Castiglione prevede una diversa definizione delle organizzazioni interprofessionali, che condividiamo interamente perché chiarisce cosa si intende, soprattutto nel nostro Paese, quando si parla di organizzazioni interprofessionali. L’articolo 80 riguarda i diritti di reimpianto. La proposta Castiglione prevede il divieto di impianto solo per le superfici vitate a denominazione e la libertà di impianto per le superfici vitate da tavola. Vorrei sottolineare che siamo abbastanza spaventati da questa ipotesi, perché riteniamo che i vigneti da tavola verrebbero impiantati in vaste zone di produzione a denominazione, con il rischio che con il tempo si tenti di travasare queste produzioni all’interno delle denominazioni. D’altra parte, siamo, come tutti, favorevoli a trovare un sistema che dia maggiore libertà alle imprese per crescere. Riteniamo che, almeno fino al 2014, il sistema potrebbe prevedere la massima liberalizzazione dello spostamento dei diritti di reimpianto all’interno dell’Unione europea. Questo dovrebbe permettere una crescita adeguata a quelle imprese e a quelle zone che sono in grado di crescere, per poi fare una valutazione della situazione nel 2014. Il meccanismo dei diritti di reimpianto è evidentemente molto delicato; non sappiamo con esattezza che cosa succederà, nessuno di noi riesce a fare delle previsioni precise. Quindi, forse questa sarebbe una strada più prudente, che, allo stesso tempo, soddisferebbe la richiesta di liberalizzazione da parte di alcune imprese. Nell’allegato V, vi sottolineo questo passaggio: laddove si parla di arricchimento, acidificazioni e disacidificazioni in alcune zone viticole, le regole proposte non tengono assolutamente conto della specificità dei vini spumanti. I vini spumanti sono 3 OTTOBRE 2007 una categoria molto importante per il nostro Paese, hanno la caratteristica di avere oggi, sempre e comunque, indipendentemente dalla buona o cattiva annata, un arricchimento di due gradi. L’ipotesi di un arricchimento massimo di un grado renderebbe impossibile la produzione di questi vini, che sono caratterizzati essenzialmente dalla necessità di essere raccolti prima della maturazione, in modo da garantire acidità più alte. Essi, quindi, hanno bisogno di un arricchimento nell’ordine dei due gradi, che non può essere legato all’annata, ma che è un fatto strutturale di questi vini: è sempre stato cosı̀ e continuerà ad esserlo. Questo è un passaggio fondamentale, sul quale vi chiediamo la massima attenzione, perché, se non preserviamo l’attuale lettera H dell’allegato V del regolamento CEE 1493/99, con una piccola modifica (che tra l’altro vi ho indicato per iscritto), rischiamo di perdere la produzione spumantistica nel nostro Paese. OTTAVIO CAGIANO DE AZEVEDO, Direttore generale della Federvini. Devo innanzitutto motivare l’assenza del presidente Piero Mastroberardino, che è bloccato nel traffico sull’ autostrada tra Napoli e Roma e si scusa per non poter essere presente. Mi permetterò, vista l’attenta e precisa presentazione di chi mi ha preceduto, che condivido per tantissime parti, di ripercorrere solo i vari punti, in modo da completare il quadro e guadagnare tempo nell’esposizione. Parto proprio dall’ultima considerazione, quella sui vini spumanti, non fosse altro perché sono un prodotto per brindisi e quindi devono essere sempre pronti per poter brindare ai successi, come l’emanazione di un buon regolamento. È positivo porre attenzione sulla richiesta presentata e anche su un’altra piccola considerazione, per la quale la professione italiana si batte da anni: eliminare la categoria dei cosiddetti prodotti gassificati. Oggi, nel regolamento, tali prodotti sono presenti; si parla continuamente di vino frizzante gassificato, di vino spumante gassificato. Non vi è ragione di utilizzare Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 7 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL promiscuamente dei termini riferiti a categorie di prodotti per i quali le tecniche spontanee e naturali sono complesse e un prodotto è gassificato, cioè ottenuto per semplice addizione di anidride carbonica. È un dettaglio, ma è un dettaglio di rilievo proprio in questo processo di semplificazione, oltre che di migliore e maggiore tutela del consumatore. Mi soffermo quindi a ritroso, per comodità di memorizzazione, sui temi toccati da chi mi ha preceduto, partendo proprio dalla liberalizzazione degli impianti o cosiddetti diritti di rimpianti. È un tema sul quale è difficilissimo avanzare delle ipotesi su quanto avverrà, ma che non può neanche essere affrontato in termini di principi: liberalizzazione sı̀ o liberalizzazione no. Partiamo dall’esame di ciò che ha portato al blocco degli impianti dei vigneti nella vitivinicoltura europea e in quella italiana. Credo, purtroppo, che non possiamo non verificare che ciò ha creato molta distorsione, perché lo abbiamo considerato uno strumento utile, ipotizzando che il vigneto e il mercato del vino nel mondo fossero solo quelli europei. Il resto del mondo è andato avanti con altre regole, con altre produzioni, che sono proprio quelle che, ad un certo punto, hanno creato squilibri sul mercato finale. In più, ha creato complicazioni alla produzione, perché non dobbiamo dimenticare che molte delle denominazioni di origine italiane (probabilmente quelle meno note, quelle che comunque oggi fanno parte di un sistema difficile da gestire e da accreditare al consumatore) sono nate o per aggirare il divieto, quando esso in un primo momento riguardava solo i vini da tavola e non quelli DOC, o per aggirare gli obblighi di distillazione, quando questi riguardavano i vini da tavola e non quelli DOC. Se non dimentichiamo questa stortura iniziale, probabilmente riusciremo a fare un’analisi, pur difficile e complessa, su ciò che può essere la liberalizzazione. Come rappresentanza di imprese, affermiamo che la liberalizzazione è necessaria, non può esistere un settore con un vincolo cosı̀ forte all’origine, al punto di 3 OTTOBRE 2007 partenza, quello delle materie prime, lasciando poi una liberalizzazione completa sul mercato. Non siamo cosı̀ sciocchi, ma possiamo anche dire cose peggiori; visto che parlo della mia persona, non sono cosı̀ sciocco da non ritenere che alla liberalizzazione si debba arrivare con un volano, con una serie di misure che siano attente agli equilibri. Se non si farà questo percorso, se non si imboccherà questa strada, chi soffrirà di più saranno proprio le vitivinicolture tradizionali, in primis quella italiana, che si rivolge ad un territorio complesso come quello italiano. Anche qui una piccola notazione rispetto a tutte le altre vitivinicolture europee: Spagna, Francia, Portogallo, Germania, i maggiori Paesi produttori vinicoli hanno, nel proprio ambito, aree estesissime di produzione viticola, hanno delle zone vocate. Noi abbiamo un sistema Paese vocato: non c’è regione, non c’è provincia, non c’è comune che non abbia una parte del territorio impegnata a vite. È una differenza fondamentale, importantissima, sulla quale chiediamo di valutare con attenzione come possa incidere il processo delle liberalizzazioni degli impianti. Per quanto riguarda la questione delle denominazioni di origine, siamo favorevoli all’impianto previsto dalla Commissione riguardo all’evoluzione del sistema di tutela. Cerco di spiegarmi meglio. L’attuale sistema di protezione delle denominazioni è un sistema efficace ma non troppo, come abbiamo visto nel 1999, quando molte delle nostre denominazioni tradizionali sono state giudicate non tutelabili; comunque, è un sistema efficace all’interno dell’Unione europea. All’interno dell’Unione europea non c’è possibilità di « sgarrare »: il Chianti deve essere Chianti, il Frascati deve essere Frascati, la IGT Sicilia deve essere IGT Sicilia. Purtroppo, cosı̀ non è in campo internazionale. Ci sono delle denominazioni che vengono usurpate, che non sono sufficientemente tutelate. Segnalo quello che da una parte è uno strumento efficace di tutela, ma dall’altra è un’aberrazione del sistema, cioè l’essere stati costretti a ricorrere, sui mercati internazionali, al deposito come marchio Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 8 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL delle nostre denominazione più importanti. Ritengo sia un sistema efficace, perché la legge sui marchi è la più forte in campo internazionale, ma lo considero un’aberrazione, perché un marchio, per quanto collettivo, è uno strumento di natura privatistica, è uno strumento di tutela particolare. Una denominazione, che è un bene nazionale, non può sottostare a questo vincolo, a parte l’onerosità e a parte che la protezione deve essere garantita nel tempo. Non si tratta solo di registrarla ogni « tot » anni, ma anche di opporsi agli usi impropri: alla onerosità della registrazione si aggiunge l’onerosità della protezione. Da questo punto di vista, auspichiamo che la proposta della Commissione faccia un passo in avanti e fornisca gli strumenti per proteggere le denominazioni in ambito internazionale. È un lavoro difficile; tecnicamente, ci sono spazi (e al riguardo condivido pienamente l’intervento del presidente Ricci Curbastro) per migliorare le norme, ma l’obiettivo finale, quello di uscire da un sistema di tutela che è stato efficace solo all’interno dell’Unione europea per andare verso un sistema di tutela che guardi il mondo, noi lo condividiamo, lo sposiamo e lo riconosciamo come un obiettivo fondamentale di questa nuova riforma. Sulle questioni più tecniche, le pratiche enologiche e l’etichettatura, esprimiamo un giudizio critico sulla liberalizzazione della possibilità di indicare il vitigno e l’annata svincolati dal riferimento geografico. Il riferimento geografico deve rimanere l’elemento principale di riferimento; se andassimo verso la sola indicazione del vitigno, probabilmente faremmo perdere al settore non solo uno degli elementi fondanti dell’economia, ma anche il prestigio, cioè il legame con le sue radici. Quindi, da questo punto di vista, ripeto, ci opponiamo e concordiamo con la proposta dell’onorevole Castiglione. Anche in materia di pratiche enologiche dobbiamo essere cauti. Il sistema duale, cioè una lista di pratiche enologiche per il mercato europeo ed una per il mercato nazionale, non può funzionare; 3 OTTOBRE 2007 però non può neppure funzionare che noi accettiamo, riceviamo e consumiamo produzioni ottenute con tecniche non invasive, che in Europa potrebbero anche essere utilizzate serenamente, ma non si usano a causa di preoccupazioni di poco conto rispetto della tradizione o, peggio, di tipo salutistico. Se beviamo un vino perché, in virtù del commercio internazionale, lo abbiamo ricevuto da altri Paesi, che hanno già valutato queste caratteristiche, credo sia giusto che anche l’Europa limiti un poco la sua supponenza, che la porta a considerarsi più brava nel tutelare la salute dei propri cittadini. Quindi, non due liste di pratiche enologiche, non due pesi e due misure, ma una lista unica, sulla quale poi ogni Stato possa introdurre le sue limitazioni, perché lo Stato membro avrà sempre la facoltà di disciplinare diversamente e in maniera più restrittiva le proprie norme e le proprie produzioni. Tuttavia, una lista di riferimento esiste, e quindi in questo caso il riferimento all’organizzazione internazionale della Vigne et du Vin (un organismo intergovernativo che opera anche con la collaborazione di comitati di esperti in tutte le discipline, non solo in enologia, ma anche in medicina e in tossicologia) ci sembra corretto e riteniamo sia un giusto faro per l’elenco che la Commissione deve adottare. Infine, l’insieme di problemi che, anche se diversi nei contenuti e nelle materie, considero un tutt’uno: gli interventi di mercato, il saccarosio e le prestazioni viniche. Perché li considero un tutt’uno pur essendo ben diversi ? Perché qui bisogna « smascherare » la Commissione. Questa proposta, al di là delle dichiarazioni, che condividiamo (e mi ha fatto piacere ascoltare un’analoga condivisione da parte di chi mi ha preceduto), deve risolversi in una riforma incisiva, che vada in profondità. Ma non possiamo fare solo una riforma a costo zero (la riforma delle pratiche, la riforma del concetto di denominazione di origine), quando sappiamo che tutte le misure, dal saccarosio alle prestazioni viniche, agli interventi di mercato, alla promozione, richiedono un Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 9 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL certo budget, e qui tale budget non c’è. Quello che c’è, al momento, è un budget improprio. Questo perché, come è emerso chiaramente dopo la prima riunione del Consiglio dei ministri dell’Unione europea (nella quale 22 Stati su 27 si sono opposti), non c’è un equilibrio che faccia immaginare che sia possibile trovare delle formule di compromesso (noi invece lo chiediamo in tutti i modi). Nel momento in cui, in deroga, verrà reintrodotto il saccarosio, tutto il bilancio ne risentirà. Dovremmo riavere gli aiuti ai mosti per compensazione, altrimenti avremo dei sistemi vitivinicoli sperequati e, quando andremo a dragare le risorse per l’aiuto ai mosti, salteranno la promozione e le prestazioni vinicole (che peraltro sono già saltate). Ma qui non aggiungo nulla rispetto alle considerazioni già espresse dal presidente Ricci Curbastro. Dal momento che Ferdevini segue anche altri settori, prima delle preoccupazioni ambientali, mi preoccupo del venir meno della materia prima per la nostra grappa, che è un’altra bella bandiera. Le vinacce sono per noi una materia prima e, essendo la grappa un’acquavite di vinaccia, la vinaccia non potrà e non dovrà mai essere un rifiuto. Ritornando al punto, con riguardo a tutta questa parte delle misure, o « smascheriamo » subito la Commissione, obbligandola a fare un bilancio corretto, oppure rischiamo di trovarci all’ultimo giorno con una riforma a metà o, peggio, con una riforma zoppa. Ritengo che ciò sia fondamentale perché, oltre alla questione dei mosti e a quella delle prestazioni viniche, che sono fondamentali per la nostra enologia, dobbiamo considerare il tema della promozione, per noi altrettanto vitale, visto che siamo il Paese europeo con il maggior valore di esportazioni. Abbiamo necessità di promozione e, al riguardo, apprezzo molto il passaggio della relazione dell’onorevole Castiglione in cui si parla di promozione e comunicazione. Quando promuoviamo il vino, promuoviamo anche la cultura, la tradizione, il territorio, un modello di consumo e tante altre cose, non 3 OTTOBRE 2007 solo il vino. Promuoviamo, in un certo senso, la saggezza di determinati comportamenti. Tutto ciò si potrà portare avanti se il quadro finanziario sarà adeguato agli obiettivi. Quindi, la commissaria deve superare le sue esitazioni o le sue caute attenzioni politiche e dire chiaramente: ho perso sul saccarosio (ci dispiacerà, perché siamo stati tra i settori più convinti), ma questo mi impone di riscrivere tutto il piano finanziario della riforma. Se cosı̀ non sarà, rischiamo, all’ultimo minuto dell’ultima riunione, di fare il solito gioco delle voci. Questo è un rischio enorme perché, lo ripeto, la nostra è una enologia fondamentale e di grande rilevanza per l’immagine europea. Mi scuso per la prolissità del mio intervento, ma, dato che la Commissione è sempre molto attenta, ne ho approfittato per esprimere nel modo migliore le mie opinioni. Vi ringrazio. PRESIDENTE. Siamo noi a ringraziarla. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni. MASSIMO FIORIO. Ringrazio i rappresentanti delle associazioni di produttori di vino per il loro contributo. Da qualche settimana siamo impegnati in questa indagine conoscitiva sul settore vitivinicolo nel suo complesso. Ci interessa anche alla questione relativa alla legge n. 164 del 1992, ma è evidente che la « madre » di tutte le leggi, in questo momento, è l’OCM, da cui, « a cascata », discenderà il resto. Siamo quindi inevitabilmente concentrati su questo fronte. Vi ringrazio per la dovizia delle puntualizzazioni, che credo sia utile al lavoro che stiamo svolgendo. Questa Commissione ha già votato, all’unanimità, un documento relativamente alla prima proposta, il 14 febbraio 2007. Poi, quella proposta ha avuto un’evoluzione; ne conosciamo i contenuti, alcuni dei quali sono positivi. La battaglia, nella prima parte, si è concentrata sulla questione delle estir- Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 10 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL pazioni; dimezzata quella, abbiamo ritenuto che questo fosse già di per sé un risultato in qualche modo positivo. Cerchiamo di mantenere alcune linee di fondo che tengano compatto tutto l’impianto. Sono d’accordo con voi sul fatto che, eliminando alcune misure (penso in primis allo zuccheraggio), tutto l’impianto rischierebbe di crollare e la stessa filosofia del documento verrebbe meno. Se l’obiettivo è quello di destinare risorse non a misure di settore, ma a sostegno del settore nel suo complesso, per renderlo competitivo sul mercato, il venir meno di quell’elemento farebbe saltare tutto l’impianto. Dico questo anche rispetto al lavoro di elaborazione del nostro documento; ci confronteremo anche con gli europarlamentari, ma, ad oggi, la valutazione della proposta non può che essere positiva, pur sottolineando alcuni aspetti. Penso alle prestazioni viniche, aspetto per noi altrettanto fondamentale; è inutile parlare dei costi ambientali di quella misura e del rischio di pratiche fraudolente. Noi esprimeremo un giudizio positivo e terremo l’acceleratore premuto sulla questione dello zuccheraggio, anche se sembra che ai 22 Stati membri che si oppongono, in questi giorni, se ne stiano aggiungendo altri, il che rende la questione sempre più difficile. Ritengo che, rispetto a quanto è emerso in queste settimane, dobbiamo essere compatti nel concordare in modo fermo sul divieto dello zuccheraggio. Credo che questo sarà l’elemento trainante della nostra posizione; gli altri saranno dei corollari su cui andremo a proporre delle modifiche. Ritengo che altrettanto strategico sia il tema delle indicazioni in etichetta e che il passaggio di regime tra DOC e IGP sia fonte di preoccupazioni. Su questo tema daremo, altresı̀, dei segnali. Altra questione sul tappeto è quella dell’indicazione del vitigno e dell’annata sui vini da tavola. Mi chiedevo, e ho chiesto ai vostri colleghi nelle precedenti audizioni, se si possa evitare che a tale misura siano sottoposti i vitigni autoctoni. Mi sembra che da parte degli Stati membri a questo riguardo vi sia una minore op- 3 OTTOBRE 2007 posizione, e che quindi si possa costruire una posizione più positiva, che venga incontro alle nostre esigenze. Vorrei sapere da voi se questo potrebbe già essere un elemento oppure se tale ipotesi debba essere contrastata del tutto. Ripeto, le condizioni politiche sono differenti rispetto a quelle relative alle altre misure. Mi interessa saperlo per capire quale posizione, in concreto, possiamo assumere. PRESIDENTE. Vorrei fare alcune osservazioni. Condivido le preoccupazioni e le proposte che il collega Fiorio ha sottoposto alla Commissione, dopo il dibattito che si è svolto qualche mese fa. Vorrei capire meglio il ruolo delle organizzazioni interprofessionali, perché nel documento che ci avete consegnato (e di cui vi ringrazio), all’articolo 55, sono contenute modifiche molto importanti. Vorrei capire se queste modifiche sono legate al modello delle nostre organizzazioni interprofessionali, o se tengono conto anche di come queste sono organizzate in altri Paesi dell’Unione europea. Credo che le organizzazioni interprofessionali stiano diventando per l’Unione europea un luogo, accanto alle istituzioni pubbliche, per fare politica, nel senso più positivo. Abbiamo incontrato altri esperti, anche istituti di ricerca; ritengo di poter affermare che, al di là del contenuto positivo del documento, siamo preoccupati circa la questione dello zuccheraggio (ed io, venendo dal Mezzogiorno d’Italia, pur non essendo un produttore, soffrirò a maggior ragione per questa misura). Siamo molti Paesi e dobbiamo trovare su tutte le politiche un equilibrio fra le varie esigenze; tuttavia, la misura relativa allo zuccheraggio mi sembra una forzatura, perché nega la vocazione dei territori. Da questo punto di vista, essa farebbe venire meno il significato profondo che attualmente ha questo documento, il quale si collocherebbe in una fase difensiva dell’Europa e non in una fase di attacco, di salto di qualità. Ciò mi preoccupa molto, non tanto perché piegherebbe anche economicamente il nostro sistema, ma soprat- Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 11 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL tutto perché darebbe l’idea di un’Europa che vuole omologare: l’Europa dell’omologazione. Ciò che si può fare in Puglia, forse, non si può fare in Norvegia, ciò che si può fare in Sicilia non si può fare in Svizzera; il non rispetto delle vocazioni, che significa non rispetto delle culture, ma anche dell’ambiente, del clima e delle tradizioni economiche e produttive, è un elemento che, al di là del settore, mi preoccupa molto. L’altro tema che vorrei approfondire è quello della liberalizzazione degli impianti, con la conseguente preoccupazione che questo possa incidere sulla qualità. A me sembra, obiettivamente, un po’ strano che si parli di estirpazione e di liberalizzazione. Ritengo che nel documento (sperando anche nell’intelligente posizione dei nostri europarlamentari, che in questo settore ci garantiscono) sia contraddittoria la linea, la metodologia, perché, se è vero che produciamo troppo vino, è altrettanto vero che, se non si chiarisce in quali termini avverrà la liberalizzazione, mi sembra che questi due strumenti opereranno in maniera « strabica ». Vi ringrazio nuovamente per il vostro contributo e per la documentazione che ci avete consegnato, che ci dà analiticamente la misura ed il profilo degli emendamenti che vi augurate siano approvati, anche se noi non possiamo emendare il documento, ma solo formulare un atto di indirizzo. Do la parola agli auditi per la replica. RICCARDO RICCI CURBASTRO, Presidente della Federdoc. Comincio, per dovere di ospitalità, rispondendo al presidente. Estirpazione e liberalizzazione: è evidente che esiste una contraddizione in termini. Dobbiamo però anche dirci con estrema franchezza che in Europa vi sono alcune aree coltivate a vigneti che, fino ad oggi, hanno prodotto non per il mercato, ma per le misure di sostegno. Credo che questo, soprattutto in camera caritatis, dovremmo dircelo e che dovremmo essere molto attenti in questo passaggio: probabilmente, in alcune zone, qualche estirpa- 3 OTTOBRE 2007 zione può essere utile, ed è evidente che debba essere accompagnata da misure di mercato. L’aspetto della promozione diventa fondamentale per dare sbocchi ai mercati, perché, nel momento in cui vietiamo la distillazione, dobbiamo essere coscienti che abbiamo del vino che deve essere promosso e commercializzato, anche in termini qualitativi. Chi ha prodotto fino ad ora per la distillazione deve far crescere il proprio vino; ripeto, per noi sono microaree, se parlassi davanti al Parlamento spagnolo, dove, invece, gli interessi in questo senso sono molto più forti, direi altre cose. Quanto all’articolo 55, le integrazioni che abbiamo fatto sono funzionali alle due leggi italiane di riferimento, la n. 164 del 1992 e la n. 256 del 1997, perché purtroppo la nostra interpretazione dell’organismo interprofessionale è leggermente diversa da quella di altri Paesi. Di conseguenza, con queste integrazioni, riprendiamo integralmente quanto già previsto dalle due leggi nazionali, alle quali fino ad oggi abbiamo fatto riferimento. La preoccupazione di fondo è quella (se guardate l’ultimo emendamento; mi riferisco al n. 13) del contributo della gestione alla denominazione. Ovviamente, è un’interpretazione di parte, lo riconosco; è il presidente della Federdoc che sta parlando, ma per noi è fondamentale che siano gli organismi in loco a gestire, insieme alla regione, eventuali strumenti di produzione: aumenti di produzione, diminuzioni di produzione, tutti gli strumenti che sappiamo di avere nella nostra legislazione. Per quanto riguarda la vocazione produttiva delle zone, questo riferimento, presidente, è bellissimo, però credo che anche in questo caso dobbiamo essere molto pratici. Non possiamo dire una cosa del genere ad un collega francese; voi sapete che la Francia è spaccata a metà sulla questione dello zuccheraggio e sceglierà la strada del sı̀ allo zucchero, per evitare una rivoluzione interna (i francesi sono bravi a fare le rivoluzioni, e le fanno anche tagliando le teste, quindi sono pericolosi) tra Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 12 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL Alsazia e Champagne. Possiamo permetterci di dire che zone come l’Alsazia e lo Champagne, e in parte anche la Borgogna, non hanno una vocazione produttiva ? Credo che questo non si possa dire. Certamente, possiamo affermare, con molta chiarezza, che ci siamo forse lasciati un po’ andare, abbiamo ritenuto che questi due gradi di arricchimento fossero una cosa normale, forse non ci siamo sforzati abbastanza in vigna per esprimere quel potenziale che pure ci deve essere anche in quelle zone. Questo è l’aspetto politico della questione; c’è però un aspetto molto pratico, in sede di trattativa, che mi preoccupa moltissimo. Sottolineo le parole dette prima dal dottor Cagiano: nel momento in cui noi dovessimo perdere questa battaglia, ci troveremmo al tavolo della trattativa con la richiesta di ritornare al nostro sistema, che è quello dell’uso dell’MCR. Questo sistema costa 120 milioni di euro, la nostra envelope è di 130-140 milioni, se il ministro sarà bravo a portare a casa tutta l’envelope. Attenzione: non può entrare nell’envelope, diciamocelo con franchezza, altrimenti tutte le altre misure saltano. È evidente che questa nostra posizione peserà sul tavolo delle trattative, se vi sarà una posizione di non chiarezza da parte della Commissione prima di arrivare al tavolo del Consiglio dei ministri. Peserà enormemente perché è facile immaginare che gli altri 26 Paesi diranno al nostro ministro: « Che altro vuoi, hai appena avuto 120 milioni per l’MCR e vuoi ancora qualcos’altro ? » Quindi, attenzione a questo passaggio; dobbiamo veramente forzare la Commissione nel fare chiarezza. Scusate se l’ho brutalizzato con i numeri, ma credo sia importante che ci diciamo le cose in questi termini. La questione dello zucchero rischia per noi di essere una battaglia di principio, corretta, sacrosanta, ma che ci può far perdere tutte le altre battaglie. Per questo motivo, va giocata con molta astuzia. Probabilmente, l’astuzia sarà quella di dire all’ultimo momento che siamo d’accordo per lo zuccheraggio, ma in cambio vo- 3 OTTOBRE 2007 gliamo certe cose, cioè dovremo fare finta di vendere qualche cosa che, di fatto, è già decisa. Però, non possiamo neanche tardare troppo in questo senso, perché il giorno in cui sarà chiaro che la battaglia è persa, gli altri non crederanno che gli abbiamo fatto un piacere. Con questo, credo di aver risposto anche in parte all’onorevole Fiorio. La questione del vitigno autoctono e dell’annata non è legata alla tipologia del vitigno, bensı̀ alla possibilità di garantire al consumatore che quanto è scritto sull’etichetta sia reale, e la fiducia che ci ha consentito di essere il primo produttore al mondo di vino è legata al fatto che abbiamo sempre dimostrato che quanto scrivevamo sulle nostre bottiglie corrispondeva alla realtà. Non possiamo perdere questo aspetto in nessuna maniera, sia che si tratti di vitigni autoctoni, sia che si tratti di vini che hanno solo la denominazione, sia che si tratti di vitigni internazionali. Il passaggio fondamentale è il seguente: chi compra un vino DOC o IGT oggi sa che ha un’origine, e quanto meno c’è un albo vigneto e alcune regole produttive, quindi un minimo di tracciabilità. Per il vino da tavola questo non è possibile, che si chiami autoctono, internazionale o in qualsiasi altro modo. OTTAVIO CAGIANO DE AZEVEDO, Direttore generale della Federvini. Vorrei esulare solo per pochi secondi dalla OCM ma, poiché si è fatto più volte riferimento alla legge n. 164 del 1992, chiedo alla Commissione di sollecitare in qualche la riforma di tale legge, non ultimo perché il Comitato per la tutela delle denominazioni di origine dei vini (a seguito di un decreto del Presidente della Repubblica pubblicato nel mese di giugno, che rientra in una più ampia disciplina di tutta la pubblica amministrazione) è oggi soggetto alla spada di Damocle di una relazione che valuti la perdurante utilità dei singoli organismi e della conseguente eventuale proroga della loro durata, comunque non superiore a tre anni. Se il massimo organo che abbiamo per il riconoscimento delle denominazioni di origine e per le loro regole di produ- Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 13 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL zione è soggetto ad una disposizione che ne deve giustificare l’esistenza in vita ogni tre anni, credo non solo che vi sia stata una disattenzione a danno del settore vitivinicolo italiano, ma che si possa creare un danno d’immagine. Il nostro diventerebbe un settore a scadenza, che crea un prodotto alimentare che ogni « tot » giorni deve essere verificato e tolto dalle offerte del supermercato. Mi scuso per questo inciso, ma credo che, nell’ambito delle riflessioni, sia altrettanto strategico per l’immagine italiana. Riguardo ai temi della liberalizzazione e dell’espianto, apparentemente essi sono in contrasto tra loro, ma rappresentano anche strumenti d’intervento, se la decisione politica e strategica è effettivamente quella di attuare un intervento forte ed incisivo. Nelle tecniche di restauro o di ripristino di un appartamento si possono seguire due strade: la semplice lucidatura del parquet e l’imbiancatura delle pareti oppure la messa a norma degli impianti. Quando si fanno delle messe a norma, ci possono essere delle piccole distruzioni, degli spostamenti di tramezzi o il loro abbattimento. Questo non vuol dire che si perda qualcosa nel disegno finale. Cosı̀, si ritorna all’impianto e al convincimento della commissaria. Quando ha fatto la prima comunicazione, a febbraio, quella che commentava l’onorevole Fiorio, ha detto certe cose, e noi ci siamo convinti che stesse facendo un’analisi corretta. La cartina di tornasole di questa sua determinazione ad incidere profondamente l’abbiamo individuata proprio nella proposta del saccarosio, che interveniva dopo quarant’anni di gestione sempre un po’ incerta e nebulosa di questo tema da parte dell’Europa: la sua chiarezza era il simbolo di una determinazione. Quindi, non si tratta soltanto di un venir meno della vocazione del territorio, perché c’erano gli strumenti per riconoscere situazioni territoriali tradizionali come quelle francesi. Nessuno nega la tradizionalità dell’Alsazia o della Champagne, ma non si poteva andare contro tanti nuovi Paesi nella fase in cui l’obiettivo politico era quello dell’adesione, dell’allar- 3 OTTOBRE 2007 gamento, giustamente rilevante, che ha fatto passare sopra tante piccole « tesserine », una delle quali è stata lo zuccheraggio, che molti Paesi hanno vinto nel pacchetto di adesione. Questo era il segnale di cambiamento, che purtroppo vacilla, in maniera cosı̀ pesante da far temere un crollo. È opportuno essere pronti anche a contrattare e a dire: se crolla lı̀, è la credibilità stessa della proposta che ne risente, ci devono essere degli strumenti per restituire credibilità al disegno politico, per una riforma incisiva e forte. Due ultime considerazioni, la prima sul vitigno. Non è facile, tutte le soluzioni e tutte le riflessioni sono utili, ma il problema è, da un lato, quello del controllo e, dall’altro, quello della considerazione della nostra base ampelografica, europea e italiana. Se passassimo all’idea di escludere i vitigni autoctoni, limitandoci solo ad una elencazione di alcune tipologie, sicuramente andremmo contro l’ampelografia europea, ma soprattutto contro l’ampelografia italiana. I cosiddetti vitigni internazionali, che potrebbero essere quelli con un regime più flessibile (qui mi rivolgo al presidente della Federdoc, che sui numeri gioca molto meglio di me !), in Italia sono al di sotto del 10 per cento. Un’ultima considerazione riguardo alle interprofessioni. Il presidente Ricci Curbastro ha detto di essere consapevole che ci possono essere delle diversità di vedute: gli do soddisfazione nel dire che abbiamo idee diverse. L’interprofessione la dobbiamo guardare in base all’esperienza internazionale. L’esperienza del mondo francese non ha mai avuto eguali in altri Paesi, né in Spagna, né in d’Italia, è un’interprofessione complessa ma anche rispettata, cui si affidano importanti incarichi e attenzioni. Ci sono delle regole di composizione, delle regole di maggioranza e minoranza, delle regole chiare su chi sta dal lato viticolo e chi dal lato vinicolo, cioè su chi segue, e fino a dove, le uve e le loro prime trasformazioni e chi, invece, fa parte del mondo del vino, della sua commercializzazione e distribuzione. Camera dei Deputati XV LEGISLATURA — — XIII COMMISSIONE — 14 — Indagine conoscitiva – 7 SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 3 OTTOBRE 2007 Il modello francese era alla base delle riflessioni che hanno portato agli articoli di legge italiani, ma in Italia non ha mai trovato applicazione perché l’interprofessione esiste solo in alcuni ambiti locali, in cui si è sviluppata, certamente per l’interesse economico di valorizzare la produzione vitivinicola, ma anche per la grande sensibilità di tutti gli operatori presenti in loco. Ma queste sono « perle », non realtà. Riprendere oggi questo schema attraverso previsioni normative ci lascia molto perplessi, ma non ci impedisce di tornare a riflettere. ramente un vino proveniente dalla varietà di vitigno Pinot grigio. Nei vini da tavola, infatti, non c’è la tracciabilità, a differenza di quelli ad indicazione geografica tipica e dei vini a denominazione di origine controllata, rispetto ai quali dal vigneto si può arrivare fino alla bottiglia e, a ritroso, con la rintracciabilità, dalla bottiglia si può arrivare fino al vigneto: c’è tutta una documentazione ben precisa, che garantisce il consumatore. Per i vini da tavola generici non esiste questa garanzia. Quindi, l’Unione italiana vini è nettamente contraria a questa proposta. ALBERTO SABELLICO, Rappresentante dell’Unione italiana vini. Vorrei rimarcare le difficoltà che verrebbero a presentarsi qualora si avverasse la previsione di indicare la varietà di vite nei vini da tavola generici. Come è stato dimostrato da chi mi ha preceduto, non c’è possibilità di controllo, quindi il consumatore non è tutelato. Se il consumatore compra un vino da tavola generico la cui etichetta reca la scritta « Pinot grigio », non ha la garanzia che quella bottiglia contenga ve- PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l’audizione La seduta termina alle 10,50. IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE DOTT. COSTANTINO RIZZUTO Licenziato per la stampa il 9 novembre 2007. STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO PAGINA BIANCA € 0,30 *15STC0006100* *15STC0006100*