il paese del Boom eConomiCo e degli ultimi degli ultimi
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il paese del Boom eConomiCo e degli ultimi degli ultimi
dicembre 2007 Il presidente mozambicano Guebuza in Italia incontra istituzioni, imprenditori e società civile il paese del boom economico e degli ultimi degli ultimi Amici e amiche, sostenitori e sostenitrici, agli inizi di novembre il presidente del Mozambico, Armando Emilio Guebuza, è stato in Italia per rafforzare i rapporti con il nostro Paese ma anche per attrarre investimenti verso il Mozambico che in questi ultimi anni vanta indicatori di sviluppo economico particolarmente significativi. Secondo la Banca Mondiale gli indicatori dello sviluppo in Africa (ADI African Development Indicators 2007) parlano di un trend di crescita medio dello 5.4% con il Mozambico che, in particolare, si colloca nelle primissime posizioni tra i paesi africani con un tasso di crescita annuo del 7,9%. In questo quadro economico si collocano pertanto tutti gli incontri con Prodi, gli imprenditori, le istituzioni e la società civile trentina che da anni ha rapporti di cooperazione con il Mozambico, prima con l’invio di missionari, poi con la cooperazione decentrata. A Guebuza, il nostro presidente del Consiglio ha assicurato continuità ai nostri impegni sul piano dell’assistenza e della collaborazione economica “che – ha poi dichiarato pubblicamente- sono resi anche più spontanei per il grande livello di progresso e di maturazione democratica che ha fatto il Mozambico’’. Due giorni dopo, incontrando gli operatori economici e commerciali italiani, Guebuza ha potuto illustrare potenzialità ed opportunità offerte dal Paese africano alle aziende italiane: infrastrutture, costruzioni, agro-industria, sviluppo energetico, telecomunicazioni, servizi ambientali, settore metallurgico-siderurgico e turismo. Quindi era inviato a Trento dalle organizzazioni della società civile trentina, tra cui anche il Consorzio Associazioni con il Mozambico ed il Tavolo Trentino con il Mozambico, due organismi che promuovono il programma di cooperazione comunitaria in Mozambico di cui come Mlal Trento siamo cofondatori e aderenti. In questa cornice abbiamo potuto approfittare della visita italiana anche noi. Al presidente mozambicano abbiamo potuto illustrare alcuni progetti in atto nel distretto di Caia, nord della provincia di Sofala, con cui si fornisce un appoggio continuo alle istituzioni locali e alle comunità negli ambiti di Educazione, Salute, Agricoltura, Microcredito e Pia- nificazione Territoriale. Complessivamente questa visita, e i discorsi ufficiali o semiufficiali che ne sono seguiti, ci hanno raccontato di un Paese sicuramente in crescita economica. Di un Paese dove “potere investire economicamente”. Di un Paese “in via di sviluppo economico”! Purtroppo, accanto a tutto ciò, la situazione reale, quella cioè delle persone che in questo Paese vivono, non mostra segni di miglioramento sostanziale. Soprattutto per quanto riguarda le persone che vivono nelle campagne. E in questo senso anche il governo mozambicano ha indicato il tema della riduzione della povertà come condizione imprescindibile di promozione dello sviluppo umano e dunque come prioritario per il prossimo quinquennio. Nonostante questa crescita economica, per questi milioni di mozambicani, la situazione di povertà rimane tra le più critiche al mondo poiché le differenze sociali ed economiche continuano a collocare il Paese agli ultimi posti. Sono queste le persone che popolano in prevalenza le carceri nelle quali siamo impegnati a lavorare come Progetto, per provare a offrire minime opportunità di una vita migliore a chi, una volta scontata la pena o trascorsi i mesi di carcerazione preventiva, vorrà tornare a vivere! Buon Natale anche a tutti loro. Cristiano Bolzoni Responsabile Programmi Mozambico Intervista del nostro sociologo a uno dei tanti giovani condannati a scontare una lunga pena per una serie di reati più o meno gravi Issufo, oggi detenuto modello del carcere di nampula porre ancora la mia vita a questi rischi. Ho scelto di rubare, uccidere e commettere altri reati per avere un’occupazione che mi desse da vivere. Perché non avevo altra scelta.” Issufo è nato nel distretto di Angoche, nei dintorni del villaggio di pescatori di Angoche. Orfano di padre si è molto presto dedicato al crimine abbandonando quasi subito la scuola. Per questo è stato più volte ospite delle celle dei Posti di Polizia, ma era stato sempre rilasciato per la sua giovane età e per l’aspetto gracile che non lo facevano poi apparire come troppo pericoloso… Anche se di lui dicevano già allora che fosse “privo di scrupoli” e che, nonostante Issufo ha 22 anni ed é detenuto nel carcere Penitenziario di Nampula dove deve scontare una lunga pena. Attualmente partecipa ai corsi di scultura del carcere e afferma che, terminata la pena, vorrebbe che questa professione gli permettesse di auto-sostenersi nella società e che per questo è molto contento di avere la possibilità di frequentare corsi professionali all’interno della prigione che potrebbero permettergli di crearsi le condizioni per cambiare “vita” una volta libero. Nella lunga intervista raccolta in carcere, Issufo ha mostrato pentimento per quello che ha fatto e ha dichiarato: “Non tornerò più a rubare. Non voglio sotto- Diritti umani in Mozambico i l co n t e s to La repubblica del Mozambico é una democrazia costituzionale con una popolazione di 19 milioni circa di abitanti. Qualunque stato che si dichiari democratico e di giustizia sociale, deve poter conformare la propria politica con la creazione degli strumenti più efficaci per la protezione e la promozione dei diritti umani. Il rispetto per la dignità umana deve risultare cioè in cima alle priorità di governo. E in effetti, negli ultimi anni, il Mozambico ha fatto passi fondamentali in questo senso soprattutto a livello politico. In appena due decenni il Paese ha approvato e ratificato strumenti giuridici importanti, quali il Patto Internazionale dei Diritti Civili e politici e il suo Secondo protocollo addizionale, La carta Africana dei diritti degli Uomini e dei Popoli, la Convenzione Internazionale dei Diritti del Bambino, la Carta Africana dei diritti e del benestare dei Bambini, la Convenzione Internazionale per la Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione contro la donna, la Convenzione contro la Tortura e altri trattamenti crudeli. Tale sforzo politico si scontra con la realtà. Da un lato non esiste una volontà politica per l’attuazione dei principi riportati nei documenti, e dall’altro manca quasi completamente una società civile “forte e impegnata” che possa accompagnare il cambiamento a partire dalla base. Due componenti fondamentali se pensiamo che ciascuna è formata da una volontà politica accompagnata da un’istanza civile. I maggiori osservatori internazionali sui diritti umani nel Paese (con particolare riferimento a Nazioni Unite e alla relazione annuale della Lega dei diritti umani), sono ancora numerosi gli ambiti nei quali il diritto umano non viene rispettato. Risultano ad esempio ancora “deboli” le applicazioni riguardo il diritto ad una alimentazione adeguata (il Mozambico il 10º Paese più carente a livello di alimentazione), il diritto all’educazione (il 52% della popolazione è di analfabeta) e il diritto alla salute (si stima 1 medico ogni 40000 abitanti, il 50% di donne assistite da personale non qualificato e un altissimo tasso di morte durante il parto), il diritto al lavoro (mancata osservanza della relativa legislazione). Inoltre, vengono registrati ancora come molto sensibili e largamente diffusi episodi di violenza domestica generalizzata e di discriminazione contro le donne; di abuso, sfruttamento dei bambini e della prostituzione infantile; di condizioni di detenzione classificate come “inumane”; di discriminazione contro portatori di deficienze e nei confronti dei malati di HIV/ SIDA; di sfruttamento del lavoro infantile forzato. Stefano Fontana capoprogetto Programma “Diritti in carcere” l’età, si fosse reso protagonista di numerosi episodi di violenza. L’episodio che ha però messo fine alla carriera di Issufo è stata una rapina commessa a Nampula, nel quartiere di Namicopo, uno dei bairros periferici della città e con un alto tasso di criminalità. Issufo era a capo della banda di sei uomini che aveva assaltato una coppia per rubare soldi e l’auto sulla quale viaggiavano. Le vittime avevano resistito alla rapina, reagendo con alte grida che avevano richiamato l’attenzione degli abitanti e dunque fatto accorrere la polizia. Gli stessi abitanti del quartiere, accorsi sul posto, avevano cominciato a picchiare a sangue Issufo, ed era stato proprio l’intervento della polizia a sottrarlo alla morte e a garantirgli le prime cure in ospedale dove era stato trasportato per una ferita alla testa. Fu in quell’occasione che le forze dell’ordine accertarono che Issufo era diventato un delinquente pericoloso e che sul suo capo pendeva anche l’accusa di avere assassinato un agente del servizio di vigilanza privata, di furto di un’arma a un agente di polizia e di essere responsabile di numerosi altri macabri reati commessi nella zona di Angoche. Una perquisizione eseguita nella sua casa aveva portato alla scoperta di un notevole quantitativo di refurtiva, tra cui un’arma tipo AKM (piccolo fucile) e una pistola, oltre a televisori, telefoni cellulari, computer ed altri beni. Al processo Issufo aveva confessato di essere a capo della banda arrestata. Così, raccogliendo le accuse mosse dalla polizia, il giudice lo ha alla fine dichiarato colpevole e sufficientemente “recidivo” per essere condannato anche a una pena partico- larmente severa. Anche se lo stesso Issufo non ne conosce l’esatta durata. Albernaz Vasco João sociologo, Equipe ProgettoMondo Mlal Mozambico dalla sezione femminile Innocentemente prigioniere Mariana Cajabo ha 32 anni ed è residente nel bairro di Namicopo. E’ finita in carcere perché accusata di aver ucciso il marito dopo una lunga e violenta lite scatenata dal costante stato d’ebbrezza in cui l’uomo era solito rincasare. Liti che peraltro erano all’ordine del giorno in quella casa. E’ stata reclusa per 8 mesi e due settimane in attesa di giudizio, fintanto che l’avvocato che si è interessato alla sua causa non ha potuto accertare che la polizia l’aveva tratta in arresto unicamente sulla deposizione della vicina di casa, l’amante della vittima. La signora Cajabo è stata così assolta dal giudice perché la morte del marito è infatti risultata come “naturale”, in quanto conseguenza diretta dell’eccesso d’alcool assunto dall’uomo. Oggi Mariana tenta di ricominciare una nuova vita ma l’esperienza l’ha lasciata profondamente amareggiata e appare molto sfiduciata nei confronti del prossimo. Clotilde, 23 anni, era stata accusata di aver ucciso la madre. Solo dopo una detenzione preventiva di 11 mesi e 20 giorni, è stata assolta dal Tribunale per insufficienza di prove. L’esperienza fatta in carcere l’ha molto traumatizzata, anche perché si è trovata reclusa, senza possibilità di difendersi, per quasi un anno. Dal giorno del rilascio, viene assistita dalla sua famiglia nel tentativo di reinserirla nel suo ambiente. Ma Clotilde non si stanca di ripetere che la sua vita, dopo tanta sofferenza patita in carcere, non ha più alcun valore. Danilo Mangamela avvocato e patrocinatore volontario delle due cause la storia Giovane donna a 22 anni ha ucciso il proprio figlio Moglie, madre e omicida l B RE V I o “Erano anni che mio marito mi maltrattava, per tutto e per nulla. Per questa ragione ultimamente avevo perso ogni stima in me stessa e la volontà di vivere. Così dopo averci pensato tanto sono arrivata alla conclusione che l’unica via di scampo per liberarmi di quell’uomo fosse togliere la vita a mio figlio”. Così Marta giustifica il suo tragico gesto. Un gesto difficile da comprendere, specie per chi non conosce il contesto in cui è maturato. Dopo avere a lungo lavorato a creare con la giovane donna un clima di confidenza, ci siamo fatti raccontare tutto quello che è successo: Marta ci ha confermato di aver tolto la vita al figlio per “fermare i maltrattamenti” a cui era sottomessa da molto tempo per mano del marito ventinovenne. “L’ho fatto – ci ha detto - per provare a cambiare la mia vita cosa che, con il figlio di quell’uomo, difficilmente avrei potuto avere”. Il giorno dell’omicidio, al suo rientro a casa, il marito aveva trovato il proprio figlio morto e la moglie in fin di vita ricoverata in ospedale. Dopo aver commesso l’omicidio, la donna si era infatti immediatamente pentita e, presa dai sensi di colpa, si era procurata in una officina meccanica della zona un litro di acido solforico. La donna, evidentemente sconvolta per l’accaduto, si era recata a casa della madre dove aveva ingerito un bicchiere di acido solforico con l’obiettivo di togliersi a sua volta la vita. Ma anziché morire, la ragazza era stata colta da forti convulsioni e la famiglia, spaventata, l’aveva trasportato in ospedale. Considerando la quantità d’acido ingerito dalla vittima, e l’effetto altamente velenoso del prodotto, si può dire che Marta è scampata alla morte “per miracolo”. Malgrado il suo gesto le abbia provocato seri danni di salute, Marta non si dice pentita di aver tentato il suicidio. Anzi. “Il tentativo di suicidio –ci ha spiegato- é il corollario di varie ingiustizie che ho sofferto per colpa di mio marito. Mi umiliava in tutto e per nulla. Non voleva che ricevessi visite dalle mie amiche, dai miei familiari, non voleva che frequentassi i corsi di alfabetizzazione. Non avevo nemmeno la possibilità di imparare un qualche mestiere possibile per una donna, come lavori di sartoria o preparare dolci, perché mio marito mi controllava in modo esagerato e mi aggrediva sempre perché era geloso. Mi proibiva perfino di ascoltare la musica che mi piaceva.” Cosi Marta ci ha descritto la sua vita famigliare e il contesto in cui é poi maturato l’omicidio. Marta è oggi molto triste perché non ha potuto partecipare al funerale del figlio e non sa nemmeno il posto dove è stato sepolto. Dimessa dall’ospedale, infatti, è stata condotta direttamente in carcere dove dovrà scontare 8 anni di detenzione. Albernaz Vasco João sociologo, equipe del progetto “Diritti in carcere” [ Finanziamenti e finanziatori. Un sentito grazie a tutti coloro che hanno dato il loro sostegno per assicurare continuità e fondi alle attività del Progetto. In particolare, siamo riconoscenti alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Verona per l'importante finanziamento destinato all'ampliamento degli ambienti e alla ristrutturazione delle aule per le attività di formazione; al Comitato Lecchese (Provincia di Lecco e Comuni di Barzanò, Bulciago, Casatenovo, Cremella e Malgrate), alla Diocesi di Bolzano e alla Provincia Autonoma di Trento che, più specificatamente, ha offerto un contributo mirato all’allestimento di un ambulatorio medico – dentistico interno al carcere. viale Palladio 16, 37138 Verona, tel. 045 8102105, e-mail: [email protected], www.progettomondomlal.org Versamenti (intestati a ProgettoMondo Mlal): - c/c postale 12808374 - c/c bancario 512960, Banca Etica (ABI 5018 CAB 12101), Causale «progetto diritti in carcere»