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02 marzo 2010 delle ore 10:05 essai_mostre Tim mani di grafite Il nerd dai sogni bislacchi, l'enfant prodige del cinema gothic, il più accorato cultore (prima di Quentin Tarantino) dei B-movie, della fantascienza anni ‘50 e dei mostri giapponesi, apre gli archivi e illustra il backstage della propria immaginazione. In una mostra imponente e inedita che gli dedica il MoMA, insieme alla retrospettiva completa dei suoi film. È Tim Burton, naturalmente. Di cui domani esce nelle sale italiane Alice in Wonderland... Tim Burton (Burbank, California, 1958) è un regista di culto, Leone d'Oro a Venezia, vincitore di alcuni premi Oscar per trucchi e scenografie, e vanta ormai 27 anni di carriera costruita sulle spalle di una fanciullezza dai toni sinistri e irriverenti, espressa e alimentata dal cinema, dai molti progetti editoriali (tra i quali spicca Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie, pubblicato in Italia per Einaudi) e da una mole imponente di disegni che ora il MoMA espone in una mostra che narra le origini e gli sviluppi di un visionario adolescente cresciuto leggendo Edgar Allan Poe, guardando i film con Vincent Price e “studiando” Ed Wood, “il peggior regista di tutti i tempi”, come lui stesso lo definirà nel 1995 in un film stralunato, non privo di contatti con la propria persona. Tim Burton è un disegnatore d'eccezione. Oltre 700 pezzi raccontano la sua vita intellettuale di sognatore (o, meglio, incubatore di piccoli incubi) di professione, autore di un dramma perpetuo che elegge il mondo a teatro popolato di maschere e la vita a danza macabra, eseguita da figure che sono il risultato di un incontro ideale tra Bosch, i fumetti di fantascienza degli esordi, il surrealismo e le maschere del circo. Burton è ossessionato dai personaggi, ne disegna in continuo. Negli anni crea delle serie, come si usa in fotografia (Trick and Treat, Cartoons, Boy Series, Girl Series, True Love, Alien series, Dream Factory, The Black Cauldron, Clown Series, Creature Series). Sono carrellate di corpi deformi, di occhi fuori dalle orbite, di pance enormi sorrette da gambe lunghissime e fini che si perdono fra teste gonfie di espressioni grottesche e brutali, ma spesso venate da una malinconia sottile. Burton giunge al cinema d'autore dalla “porta di servizio”, dall'animazione. L'adolescenza inquieta passata nella natia Burbank, città di provincia nella contea di Los Angeles, alimenta un desiderio di fuga che trova il suo mezzo più sbrigativo ed economico nella Super8. Come narra la mostra, Burton approccia l'immagine in movimento partendo da un atteggiamento pseudo-punk, che predilige l'invenzione sulla produzione. L'autarchia del dilettante appassionato si realizza nel giardino di casa utilizzato come set; un paio di amici recitano le parti della donna insidiata o del concorrente di gare, in cortometraggi costruiti con la tecnica dello stop motion, in cui presto eccellerà. Burton è l'eroe dei propri corti: in uno di essi viene aggredito dal proprio piumino da letto trasformatosi in un blob. La mostra va alla radice dell'identità di un maestro del cinema, tenuta finora in un archivio personale. Burton studia grazie a una borsa di studio ottenuta dalla Disney, diventa animatore, ma in fondo la Disney non fa per lui: loro non possono capirlo e lui non può adattarvisi, poiché è il rimosso del mondo disneyano, è il lato oscuro, la forza perturbante. Non di meno ottiene dalla casa 60mila dollari per produrre il suo primo cortometraggio animato, Vincent (1982), al cui successo di critica segue il finanziamento del lungometraggio Frankenweenie (1984). bocca di clown zannuta e ghignante, le avventure animate del malinconico Stainboy prodotte per il web, le grandi polaroid dark e sadiche (relegate al piano interrato), una gigantesca scultura al piano terra e la cover video creata per il MoMA concludono, con la retrospettiva cinematografica, una mostra sold out che farà tappa a Melbourne e a Toronto durante il 2010. articoli correlati Il Leone d’Oro a Venezia nel 2007 nicola davide angerame mostra visitata il 21 novembre 2009 essai è una rubrica diretta da christian caliandro dal 21 novembre 2009 al 26 aprile 2010 Tim Burton a cura di Ron Magliozzi MoMA - The Museum of Modern Art 11 West 53rd Street - 10019 New York Orario: da mercoledì a lunedì ore 10.30-17.30; venerdì ore 10.30-20 Ingresso: intero $ 20; ridotto $ 16/12 (mostra); intero $ 10; ridotto $ 8/6 (film) Info: tel. +1 2127089400; www.moma.org indice dei nomi: Nicola Davide Angerame, Quentin Tarantino, Edgar Allan Poe, Ron Magliozzi, Tim Burton Disney lo utilizza come esperto della tecnica dello stop motion, ma rifiuta il cuore del suo lavoro, progetti espressi in decine di disegni in cui l'artista offre al regista le sue prestazioni di ritrattista di personaggi, caratteri, espressioni e corpi d’ogni genere e fattezza. C'è un forte tratto sperimentale, ma anche una precisione chirurgica nel tratteggio di queste figure che sembrano appartenere a un mondo ulteriore, in cui fiaba e fantascienza si incontrano in un circo grottesco, buffo, insidioso. Sono le maschere di un carnevale perpetuo, dentro il quale l'immaginazione di Burton sembra sospesa e alimentata. Intriganti i disegni relativi alle prime animazioni affiancati dai film. La mostra non perde occasione di esporre una sezione di memorabilia appartenenti ai film del maestro: dalla statua lifesize di Manidiforbici alle maschere di Batman o le teste di Mars Attacks! Più interessanti sono però i suoi quaderni di appunti, in cui si legge la nascita della moglie cadavere e di altri personaggi. Un vero capolavoro è poi la sua recente installazione Carousel (2009), una giostra fantasma e fosforescente che ruota al suono di una nenia elettronica, fredda, tagliente e ipnotica come la luce ultravioletta che la irradia. L'ingresso della mostra a forma di enorme pagina 1