1 ELEZIONI EUROPEE 2014: PRIME VALUTAZIONI Premessa Tra il

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1 ELEZIONI EUROPEE 2014: PRIME VALUTAZIONI Premessa Tra il
E LEZIONI EUROPEE 2014: P RIME V ALUTAZIONI
Premessa
Tra il 22 e il 25 maggio scorso si sono tenute le elezioni europee per il rinnovo del Parlamento
europeo per la legislatura 2014-2019. Il tasso di partecipazione nei 28 Paesi membri dell’UE è stato
del 43,09%, praticamente lo stesso registrato nel 2009 (43%). I paesi con maggiore affluenza sono
stati Belgio e Lussemburgo, con circa il 90% di votanti, mentre quello con minore affluenza è stata la
Slovacchia, con il 13% . In Italia hanno votato il 58.69% degli aventi diritto.
I 751 nuovi deputati europei avranno delle responsabilità imprescindibili. Oltre ad essere
colegislatore, insieme al Consiglio, su quasi tutte le norme europee, il Parlamento europeo svolgerà
un ruolo determinante anche in rapporto al rinnovo dell’esecutivo comunitario, essendo i
neodeputati chiamati ad approvare la nomina del Presidente designato della Commissione europea e
poi del Collegio dei Commissari nel suo insieme.
Prime considerazioni sulla composizione del nuovo Parlamento europeo
Per quanto riguarda la composizione del Parlamento europeo, il gruppo dei Socialisti e Democratici
(S&D) non ha avuto successo nel loro dichiarato intento di diventare il primo gruppo politico, anzi
escono dalle urne ridimensionati, anche se di poco (190 seggi contro i 196 del 2009). Come prima
conseguenza, il socialista tedesco Martin Schultz non può considerarsi candidato del Parlamento per
la Presidenza della Commissione europea. Dall’altra parte, il gruppo PPE non può dirsi del tutto
vincitore delle elezioni, in quanto pur rimanendo il gruppo politico più numeroso, con 213 seggi,
perde ben 57 seggi rispetto al risultato del 2009.
Come considerazione generale, è lecito affermare che le urne mostrano un voto sanzionatorio
rispetto agli appartenenti ai partiti politici dominanti a livello europeo. Tale voto si è manifestato
attraverso una conferma del sostegno ai due gruppi euroscettici di centro destra ECR e EFD
(rispettivamente con 46 e 38 seggi) e un rafforzamento del gruppo GUE (estrema sinistra). Inoltre, il
numero dei Non Iscritti (costituiti in gran parte da deputati euroscettici e anti euro) o altri che
potrebbero dare luogo alla nascita di nuovi gruppi parlamentari euroscettici, compie un deciso balzo
in avanti, passando da 33 a 106. Per quanto riguarda, infine, il gruppo liberale (ALDE) nonostante il
risultato negativo in Italia e in Gran Bretagna, a livello europeo il ridimensionamento è più contenuto
di quello previsto dai sondaggi: il gruppo avrà 64 deputati, contro gli 83 del 2009.
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Si può quindi concludere che a livello aggregato gli equilibri interno all’assemblea di Strasburgo non
subiranno particolari stravolgimenti, anche se la polarizzazione del voto porterà a una maggiore
spinta a trovare il consenso tra i due principali gruppi politici, ognuno dei quali non sembra essere
nelle condizioni di poter costruire maggioranze alternative senza l’appoggio dell’altro, o almeno di
una parte di esso.
Ripercussioni a livello nazionale
Mentre, come detto in precedenza, il risultato aggregato non lascia trasparire un radicale
cambiamento dello scenario politico europeo, i risultati analizzati a livello nazionale fanno emergere,
in diversi Stati membri, conseguenze importanti negli equilibri politici, che con ogni probabilità
avranno importanti conseguenze sulle politiche attuate dai Governi nazionali, quando non addirittura
sulla composizione dei Governi stessi.
Questo è il caso in primis della Francia (dove il Front National è diventato il primo partito, con il 25%
dei voti, mentre i socialisti sono scesi al 14%, e l’UMP al 20.7%) ma anche della Danimarca (dove il
partito nazionalista è al primo posto, con il 26.6%) dell’Ungheria (dove il partito nazionalista al
governo ha ottenuto il 51% dei voti) della Polonia (dove il partito nazionalista, membro dell’ECR, è il
secondo partito con il 31% dei voto, a pochi voti di distanza dal partito popolare polacco, con il 32%)
e della Grecia, dove la coalizione di estrema sinistra è il primo partito con il 26,5%, e Alba Dorata
(estrema destra) è il terzo).
E’ interessante notare come nella maggior parte dei Paesi europei, gli elettori abbiano premiato i
partiti politici che hanno dichiarato di mirare a una revisione dei trattati, che vada però nel senso di
una riduzione delle competenze europee, e di un conseguenze ridimensionamento dell’influenza
delle istituzioni europee nelle scelte nazionali.
Sulla base di questi dati, è possibile prevedere che i Governi nazionali cercheranno di riguadagnare
terreno mostrandosi più autonomi rispetto alle indicazioni provenienti dalla Commissione europea.
Risultati in Italia
Il dato italiano è in aperta controtendenza rispetto a quanto sopra descritto: gli elettori italiani, unici
in Europa, hanno massicciamente premiato il principale partito politico al Governo, tradizionalmente
a favore di una maggiore integrazione europea. Sulla base di quanto uscito dalle urne, la delegazione
italiana del PD sarà la più numerosa all’interno del proprio gruppo politico (S&D) e come tale sarà la
prima a scegliere, all’interno del suo gruppo, quando si tratterà di distribuire le cariche interne al
Parlamento europeo. Si dice che stasera Matteo Renzi rivendicherà per Gianni Pittella, forte delle sue
230.000 preferenze, la presidenza del Parlamento europeo.
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Sul fronte popolare, la delegazione italiana passerà da 34 a 17 deputati (13 di Forza Italia, 3 del NCDUDC e un deputato SVP) e sarà la quarta delegazione, a pari merito della Spagna, dopo quelle di
Germania (37) Polonia (23) Francia (18). Per quanto riguarda la Lega Nord, i deputati passano da 9 a
5.
Inoltre, l’Italia non sarà più rappresentata nel gruppo ALDE, mentre tornerà ad essere presente nel
gruppo GUE, grazie ai tre deputati eletti con la lista Tsipras. Infine, salvo future decisioni contrarie, i
17 neoeletti del M5S siederanno tra i banchi dei Non Iscritti.
Possibili implicazioni nell’iter di rinnovo della Commissione europea
Come è noto, i principali Gruppi politici del Parlamento europeo avevano identificato il proprio
candidato alla Presidenza della Commissione europea, legando la scelta finale del Parlamento
europeo all’esito delle elezioni, e facendo intendere che un’indicazione diversa da parte del Consiglio
potrebbe comportare una bocciatura del candidato da parte del Parlamento.
Nel dibattito immediatamente successivo alla chiusura dei seggi, davanti alle prime proiezioni, il
candidato del PPE, il lussemburghese Jean-Claude Junker, ha dichiarato di esser il candidato
“naturale” del Parlamento alla Presidenza della Commissione, in quanto espressione del Gruppo di
maggioranza relativa, mentre il candidato socialista, Schultz, ha indicato che l’indicazione del
candidato del Parlamento dovrà comunque essere oggetto di negoziato. Appare significativo che il
candidato del gruppo liberale, il belga Guy Verhofstadt, ha dichiarato che comunque il futuro
Presidente della Commissione europea dovrà essere scelto tra i cinque candidati indicati dalle
famiglie politiche rappresentante al Parlamento europeo, chiudendo la porta a qualsiasi soluzione al
di fuori di tale rosa di nomi. Alla “legittimità” del voto popolare si oppone la “legalità” dei trattati,
che prevedono che la designazione del candidato Presidente sia appannaggio esclusivo dei Capi di
Stato e di Governo. Martedì 27 una prima riunione del Consiglio europeo affronterà la questione.
Pare che David Camerun si incarichi di rivendicare tali prerogative, e nel “toto nomi” figurano l’ex
premier finlandese Jyki Katainen, quello polacco Donald Tusk, nonché la direttrice del FMI, Christine
Lagarde.
Infine, durante la Conferenza stampa della Commissione europea successiva ai risultati, è stata
evocata la possibilità che i sostituti dei Commissari eletti (tra i quali Antonio Tajani) non vengano
nominati subito, ma a settembre, in modo da fare avanzare il più velocemente possibile la nomina
della prossima Commissione, il che farebbe slittare anche per l’Italia la designazione del nuovo
Commissario.
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